Classifica dei 10 animali più pericolosi e velenosi al mondo

Il nostro pianeta è popolato da una quantità elevatissima di specie animali ed è affascinante pensare che ognuna di esse, essere umano per primo, è il risultato di un processo di selezione naturale di milioni di anni. Per sopravvivere ogni specie ha sviluppato specifiche tecniche ed abilità: dal collo lungo della giraffa, alle capacità mimetiche del camaleonte, per arrivare – ovviamente – al veleno, efficace arma offensiva ed intimidatoria usata per difendersi dai predatori o per attaccare la propria preda: in alcuni casi basta un tocco o un morso dall’animale “sbagliato” per rimanere uccisi.
In questa classifica sono elencati i 10 animali più velenosi al mondo.

10 PESCE PALLA

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Non fatevi ingannare dall’aspetto “simpatico” di questo pesce. Sembra innocuo ed è anche una Continua a leggere

Perché il venerdì 17 porta sfortuna? Da dove deriva questa paura?

MEDICINA ONLINE STUDIO STUDIARE LIBRO LEGGERE LETTURA BIBLIOTECA BIBLIOGRA LIBRERIA QUI INTELLIGENTE NERD SECCHIONE ESAMI 30 LODE UNIVERSITA SCUOLA COMPITO VERIFICA INTERROGAZIONE ORALE SCRITTO Library PICTURE HD WALLPAPERIn gergo tecnico si chiama “eptacaidecafobia“, parola che deriva dal greco ἑπτακαίδεκα “diciassette” e φόβος phóbos, “paura”: è la paura superstiziosa del numero 17, specialmente abbinata al quinto giorno della settimana, il venerdì. Non è una paura razionale: non è ovviamente vero che ogni venerdì Continua a leggere

Asfissia: sintomi, cure ed in quanto tempo si muore

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA APNEA STATICA DINAMICA PROFONDA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari A PeneCon “asfissia” in medicina ci si riferisce alla pericolosa condizione nella quale la normale respirazione è impedita a causa di vari fattori diretti o indiretti che impediscono il corretto scambio di gas con l’ambiente. Una asfissia viene generalmente accompagnata da “dispnea” cioè dalla sensazione di Continua a leggere

Meningite: incubazione, fulminante, sintomi, contagio e cura

MEDICINA ONLINE MENINGI MENINGITE CERVELLO SISTEMA NERVOSO CRANIO MIDOLLO SPINALE VIRALE BATTERICA INFEZIONE MENINGISMO IRRITAZIONE INFIAMMAZIONE NERVO ENCEFALO CERVELLO MeningesLa “meningite” è una temibile patologia del sistema nervoso centrale, generalmente di origine infettiva, caratterizzata dall’infiammazione delle meningi, cioè le membrane connettivali che rivestono il sistema nervoso centrale (vedi immagine in alto) ed hanno la Continua a leggere

Wilm Hosenfeld, il nazista che salvò gli ebrei

MEDICINA ONLINE SECONDA GUERRA MONDIALE OLOCAUSTO NAZISTI GIORNATA DELLA MEMORIA Wilm Hosenfeld UFFICIALE CAPITANO Władysław Szpilman IL PIANISTA PIANIST Roman Polanski.jpgWilm Hosenfeld era un capitano delle forze armate tedesche durante la seconda guerra mondiale. Il suo compito era scovare ed uccidere gli ebrei, come i suoi compagni d’armi, ma per lui questa era solo un’apparenza.

Un insegnante delle elementari

Hosenfeld, che aveva già fatto la Prima Guerra Mondiale, era nella vita civile un insegnante delle elementari considerato da tutti generoso, gentile, tenero coi suoi alunni, affettuoso e materno con i bambini in difficoltà. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, di nascosto dagli stessi membri dell’esercito tedesco, compì atti di reale eroismo. In Polonia si sa che salvò un ragazzino dalla fucilazione certa, rischiando la fucilazione a sua volta nel farlo; poi salvò la vita ad un giovane ebreo, Leon Warm, fuggito dal treno dei deportati, assumendolo sotto falso nome al proprio servizio. Era anche noto tra i civili di come lui avesse anche comperato di propria tasca scarpe e cibo per i bambini polacchi. All’inizio dell’occupazione tedesca, Hosenfeld, pregato dalla moglie di Stanislaw Cieciora, soldato polacco fatto prigioniero, lo aveva fatto liberare in segreto ed era diventato amico di questa famiglia, che frequentò a lungo. Salvò anche un prete loro parente, impegnato nella resistenza polacca, e così un loro conoscente, il signor Koschel. E tutto questo lo fece mettendo più volte a rischio la sua stessa vita ed in modo disinteressato.

La cattura e la morte

Catturato il 17 gennaio 1945 dai soldati sovietici a Błonie, non lontano da Varsavia, Hosenfeld fu condannato a 25 anni di lavori forzati per crimini di guerra semplicemente sulla base della sua unità militare d’appartenenza. Nonostante vari ebrei polacchi firmassero petizioni in suo favore, i sovietici continuarono a ritenerlo responsabile di crimini di guerra. Morì il mattino del 13 agosto 1952 per rottura dell’aorta toracica mentre era sottoposto a tortura in un campo di lavoro presso Stalingrado. Durante la prigionia russa, Hosenfeld prima di morire scrisse alla moglie un elenco di ebrei e di polacchi da lui salvati; il quarto nome era quello di un certo Władysław Szpilman.

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Władysław Szpilman

Szpilman non era una “persona qualunque”: all’epoca era un pianista polacco famosissimo per la sua enorme capacità tecnica con lo strumento e per le sue doti interpretative. Quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale la sua carriera si interruppe e dovette nascondersi a lungo dai nazisti, spostandosi in vari rifugi fino al giorno in cui venne trovato dal capitano Hosenfeld che a quel punto avrebbe dovuto catturarlo e farlo fucilare, ma così non andò. Il capitano non solo gli salvò la vita, ma insegnò anzi a Szpilman come meglio nascondersi, gli portò cibo, coperte e vestiti. Gli raccontò di come si vergognava di essere tedesco. Szpilman lo definì in seguito testualmente “l’unico essere umano con indosso l’uniforme tedesca che io abbia mai conosciuto”.  La storia del grande pianista polacco è stata raccontata dal commovente film del 2002 “Il pianistadi Roman Polanski con Adrien Brody, in cui alla fine si fa anche menzione proprio del capitano tedesco Hosenfeld.

Il tentativo di aiuto

Alla fine della guerra Szpilman tentò, nel 1950, di aiutare Hosenfeld, quando seppe che si trovava prigioniero dei sovietici. Si umiliò ad elemosinare l’intervento di Jakob Berman, potente e odiato capo della polizia comunista polacca, al quale raccontò come il capitano tedesco aveva salvato la vita di moltissime persone. Berman effettivamente si attivò, ma gli dovette rispondere che i sovietici non volevano liberarlo e l’eroico capitano morì in carcere. Nel 1995 il nome di Wilm Hosenfeld non compariva ancora nel Viale dei Giusti, a Gerusalemme. Wolf Biermann, cantautore e poeta tedesco, augurò pubblicamente che a piantarlo fosse proprio Władysław Szpilman, il quale però morì nel 2001, all’età di novant’anni, senza averlo piantato. Il figlio di Szpilman, Andrzej, ha successivamente chiesto a lungo che lo Yad Vashem annoverasse Hosenfeld come Giusto tra le nazioni, cosa poi avvenuta nel dicembre del 2008.

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Il diario di Hosenfeld

Durante la sua prigionia il capitano Hosenfeld scrisse una serie di memorie, in parte citate anche nel romanzo autobiografico “Il pianista” (Śmierć miasta) di Władysław Szpilman stesso (da cui è tratto anche il film di Polanski). Alcune frasi tratte dalle memorie di Hosenfeld sono decisamente dure con sé stesso e con l’intera Germania:

“Ora noi abbiamo sulla coscienza sanguinosi crimini a causa delle orribili ingiustizie commesse nell’assassinare i cittadini ebrei” […] “Come siamo codardi a pensare innanzitutto a noi stessi e a permettere che ciò accada. Dovremmo essere puniti per questo” […] “Noi permettiamo che vengano commessi simili crimini, rendendocene complici” […] “Il nazismo è un’onta che non potrà mai essere cancellata, è una maledizione dalla quale non ci libereremo mai. Non meritiamo alcuna pietà. Siamo tutti colpevoli. Provo vergogna ad andare in città. Qualsiasi polacco ha il diritto di sputarci addosso. Ogni giorno che passa mi sento peggio” […] “Perché Dio non interviene?” […] “Quando i nazisti sono saliti al potere non abbiamo fatto nulla per fermarli. Abbiamo tradito i nostri ideali e ora noi tutti dobbiamo accettarne le conseguenze”.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Morte in culla (SIDS): prevenzione, cause, sintomi e percentuale dei casi

MEDICINA ONLINE PARTO PREMATURO PRETERMINA NEONATO BAMBINO INCUBATRICE VENTILATORE SONDINO BAMBINO BIMBO GRAVIDANZA MATERNITA INCINTA Premature_infant_with_ventilatorComunemente viene chiamata “morte in culla” ma il suo nome più preciso è “sindrome della morte improvvisa del lattante” nota anche come “sindrome della morte improvvisa infantile” o “morte inaspettata del lattante” (in inglese Sudden Infant Death Syndrome o SIDS) è un fenomeno che non trova ancora una spiegazione precisa dai ricercatori. La SIDS si manifesta con il decesso improvviso ed inaspettato di un lattante apparentemente sano, spesso in totale assenza di segni premonitori e di cause plausibili. Quasi sempre la morte resta inspiegata anche dopo l’effettuazione di esami post-mortem. Il supporto al dolore per le famiglie affette da SIDS è importante, in quanto la morte dell’infante è improvvisa ed apparentemente senza cause, determinando una tragedia imprevedibile ed inspiegabile, che lascia i genitori in un dolore inconsolabile, resistente anche a lunghe sedute di psicoterapia ed al supporto farmacologico antidepressivo. Essendo la morte in culla senza testimoni, è spesso associata ad un’indagine alla ricerca di eventuale colpa di uno o entrambi i genitori.

Percentuali della morte in culla

La sindrome colpisce i bambini nei primi 12 mesi di vita ed è a tutt’oggi la prima causa di morte dei bambini nati sani nei Paesi industrializzati. In Italia ha avuto un’incidenza dello 0,5 per mille circa nel 2011 (23 bambini sotto i 5 anni, l’1,3% dei decessi totali nel periodo di riferimento). I dati riguardanti gli anni 2004-2011 della regione Piemonte riportano un dato medio di mortalità per SIDS dello 0,09 per 1000. È la causa più comune di morte tra un mese e un anno di età. Circa il 90% dei casi si verifica prima dei sei mesi di età, con il picco di casi tra i due mesi e i quattro mesi di età. La SIDS è più comune nei bambini maschi che nelle femmine. La SIDS rappresenta circa l’80% delle morti infantili improvvise e inattese (SUIDs).

Esistono sintomi “premonitori” della morte in culla?

Molti genitori si chiedono se possibile accorgersi da qualche piccolo segnale che il proprio bambino stia correndo il rischio di essere colpito da questa sindrome, in modo da intervenire in tempo? La risposta purtroppo è negativa. Non sono riscontrabili sintomi della SIDS, i neonati che perdono la vita a causa di tale sindrome non sembrano soffrire per qualche forma di dolore o mostrare evidenze fisiche. Alcuni ricercatori hanno provato ad azzardare una correlazione tra sintomi respiratori simil influenzali, ma la questione è ad oggi estremamente dibattuta. Pur non esistendo cause o sintomi certi, è comunque accertata l’esistenza di comportamenti e condizioni che possono rappresentare fattori di aumento di rischio di SIDS, ed altri che rappresentano al contrario fattori protettivi (che abbassano il rischio).

Fattori che aumentano il rischio di morte in culla del neonato

A fronte dell’impossibilità di determinare una causa univoca, sono stati effettuati studi epidemiologici che hanno rilevato l’esistenza di alcuni fattori di rischio prevenibili e di altri non prevenibili; nessuno di questi è però causa specifica della SIDS. È stato proposto il requisito di una combinazione di fattori tra cui una sensibilità genetica sottostante, un lasso di tempo specifico nello sviluppo del bambino e un fattore ambientale di stress . Questi stress ambientali possono includere dormire sullo stomaco o su un lato, il surriscaldamento e l’esposizione al fumo di tabacco. Può anche avere un ruolo un soffocamento accidentale durante la condivisione del letto (noto anche come co-sleeping) o soffocamento da oggetti morbidi. Un altro fattore di rischio non modificabile sono 39 settimane dalla gestazione. Altre cause includono infezioni, disturbi genetici e problemi cardiaci. Mentre l’abuso infantile sotto forma di soffocamento intenzionale può essere erroneamente diagnosticato come SIDS, si ritiene che questo rappresenti meno del 5% dei casi. Differenze di frequenza sono state riscontrate in correlazione al sesso ed all’età del neonato, all’origine etnica, al livello culturale ed economico dei genitori. Non sono attualmente disponibili metodi che riducano completamente il rischio di SIDS, sebbene vi siano diversi interventi che possono ridurre significativamente l’incidenza della SIDS nei bambini. Numerosi studi dimostrano che tra i fattori principali vi è la posizione nel sonno diversa da quella supina (il rischio è infatti molto più alto se il neonato dorme appoggiato sullo stomaco, o su un fianco). È quindi fortemente consigliato mettere sempre il bambino a dormire supino (dorso della schiena appoggiato al letto, pancia in alto). Si stima che se la più sicura abitudine di far dormire i bambini supini (a pancia in su) invece che proni (a pancia in giù) si fosse diffusa a partire già dagli anni settanta, ovvero da quando erano disponibili le prime evidenze scientifiche e cliniche in merito, si sarebbe potuta salvare la vita di circa 50.000 bambini nei soli paesi occidentali.

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Fattori di rischio modificabili e/o prevenibili della morte in culla del neonato

Tra le condizioni di rischio per la SIDS prevenibili vi sono:

  • fumo di sigaretta nell’abitazione;
  • madre fumatrice durante la gravidanza (analogamente con i cerotti per smettere di fumare);
  • insufficiente alimentazione e cura prenatale;
  • uso di alcool e di eroina;
  • temperatura della stanza troppo elevata;
  • eccessivo abbigliamento;
  • uso eccessivo di coperte;
  • infezioni respiratorie;
  • posizione del sonno diversa da quella supina;
  • intervallo QT lungo (rilevabile con elettrocardiogramma).

Fattori di rischio non modificabili

  • età del neonato (minore di 5 mesi);
  • parto prematuro;
  • stagione invernale.

Condivisione del letto dei genitori

La condivisione del letto dei genitori sembra aumentare l’incidenza della sindrome, in particolare se:

  • uno o entrambi i genitori sono fumatori;
  • uno o entrambi i genitori fanno uso di alcol, droghe, farmaci;
  • uno o entrambi i genitori sono di peso e corporatura imponente;
  • uno o entrambi i genitori hanno il “sonno pesante”;
  • si dorme su poltrone, divani, sofà, superfici morbide in cui ci sia la possibilità di “affondare”.

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Fumo passivo e terziario

Il fumo passivo è correlato alla sindrome: i bambini morti per SIDS tendono ad avere maggiore concentrazione di nicotina e cotinine (fatto che indica cronica esposizione al fumo passivo) nei polmoni rispetto a bambini deceduti per altre cause. Anche il fatto di fumare al di fuori delle mura domestiche, espone comunque il bimbo ad elevate quantità di fumo terziario quindi, per abbattere del tutto il fattore di rischio, è assolutamente consigliabile che i genitori smettano completamente di fumare, fatto che migliorerà la salute di tutti i componenti del nucleo famigliare ed abbasserà anche il rischio che il bimbo, in età adulta, fumi a sua volta.

Per approfondire, leggi: Differenza tra fumo attivo, passivo e terziario

Morte in culla e vaccini: esiste un legame?

I vaccini NON sono un fattore di rischio per la SIDS, anzi secondo alcuni studi in alcuni casi i vacci hanno un effetto protettivo contro la stessa: la vaccinazione antidifterite-tetano-pertosse, ad esempio, risulta correlata con una riduzione della SIDS.

Morte in culla ed aritmie cardiache

Accanto a numerosi studi in merito alla patogenesi della SIDS, hanno sempre più rilevanza quelli che si occupano delle aritmie cardiache su base genetica, ovvero delle canalopatie e in specie della sindrome del QT lungo. Anche se in numero più limitato alcuni casi di SIDS sono stati associati alla sindrome di Brugada, alla sindrome del QT breve e alla tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica.

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Prevenzione della morte in culla del neonato

A fronte dei fattori di rischio vi sono alcune raccomandazioni per ridurre il rischio di SIDS:

  • il bambino deve dormire a pancia in su (supino);
  • non bisogna fumare nell’ambiente in cui soggiorna o dorme e nell’abitazione;
  • l’ambiente dove dorme non deve essere troppo caldo, (il microclima della stanza è ottimale quando la temperatura è compresa tra i 18 °C e i 20 °C e quando un buon ricambio d’aria permette che l’umidità sia intorno al 50%) non deve essere coperto eccessivamente e deve dormire lontano da fonti di calore;
  • in caso di febbre il bambino deve essere coperto di meno;
  • si consiglia di far dormire il bambino nella stanza dei genitori nella sua culla e non nel letto dei genitori;
  • l’uso del succhiotto è considerato oggi un fattore di attenuazione del rischio.

Come organizzare la culla per abbassare il rischio di morte in culla del neonato?

Per diminuire il rischio di SIDS non devono essere presenti nella culla oggetti che possano limitare la respirazione del bambino (ad esempio pupazzi, peluches, cuscini, lenzuola stropicciate). Il lenzuolo non deve essere posto sulla testa del bambino ma deve coprire solo fino al petto e le braccia devono esser scoperte in modo da evitare che il loro movimento possa portare il lenzuolo a coprire la testa e le vie respiratorie.

Succhietto e morte in culla del neonato

Uno studio del 2005 dimostrò che l’uso del ciuccio riduceva del 90% il rischio della sindrome. Ciò sembra dovuto al fatto che il nucleo mesencefalico del trigemino, attivato dall’uso del ciuccio, attiva l’Arousal grazie all’attivazione della formazione reticolare. Ciò consente il controllo delle funzioni vitali del neonato (frequenza cardiaca, respirazione, pH e temperatura del sangue) che altrimenti specie nei neonati immaturi potrebbero venir meno in condizioni di minimo stimolo ambientale (nel sonno). L’effettore di queste funzioni è il neurotrasmettitore Glutammato prodotto, appunto, dal nucleo mesencefalico del trigemino su stimolo, in questo caso, del ciuccio.

Near miss SIDS

Se soccorsi prontamente alcuni neonati vittime di SIDS possono essere rianimati ed in questo caso si parla di “near miss SIDS”, tuttavia, in tal caso, vi è comunque un altissimo rischio di lesioni cerebrali permanenti più o meno gravi, dovute ad anossia con conseguente possibile disabilità.

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Per quali motivi una persona potrebbe desiderare di morire?

MEDICINA ONLINE TRISTE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE VERTIGINE DONNAIl suicidio è a volte un atto impulsivo, scatenato da un aumento improvviso dell’ansia e della disperazione, causato da particolari situazioni e circostanze, mentre altre volte può essere un atto meditato a lungo e visto come l’unica situazione possibile ad una serie di eventi che il soggetto vede come gravi ed irrimediabili. La domanda che ci è stata posta oggi da un giovane lettore ed alla quale cercheremo di dare risposta è la seguente:

“per quali motivi una persona potrebbe desiderare di suicidarsi?”

Caro lettore, i motivi per desiderare la morte sono virtualmente infiniti, come infinito è l’abisso in cui può trovarsi l’animo umano in determinate condizioni, anche perché il destino ha davvero più fantasia di noi e ci si può ritrovare in situazioni drammatiche nell’arco di pochi secondi, insospettabili fino ad un minuto prima. Una mamma tiene in braccio il proprio figlio neonato, gli cade per terra ed il bimbo sbatte la testa e muore: il suicidio non potrebbe apparire tra le possibilità che la madre disperata prenderà in considerazione nei minuti seguenti, nonostante non avesse mai pensato in vita sua di togliersi la vita? In altri casi il suicidio è meno “impulsivo”: appare come l’unica possibilità per sfuggire ad una realtà che non si riesce più a sopportare, magari dopo averci pensato per lunghi periodi. Ci sono innumerevoli situazioni ed eventi che possono spingere più frequentemente un individuo a metter fine alla propria esistenza o comunque a provare a farlo, come ad esempio:

  • una cattiva notizia (come un lutto improvviso, un divorzio, un licenziamento, un aborto, la fine di un rapporto amoroso…);
  • una malattia terminale: la notizia di un cancro all’ultimo stadio può ad esempio far desiderare il suicidio, ma anche malattie fortemente debilitanti come l’AIDS possono instillare sentimenti suicidari;
  • una malattia che determina immobilità per il resto della vita, ad esempio paraplegia o tetraplegia;
  • patologie di interesse psichiatrico, come la depressione o la schizofrenia, possono aumentare il rischio di suicidio;
  • vivere un momento difficile, ad esempio a causa del bullismo a scuola, o perché i propri genitori vanno contro alla proprio omosessualità, o per via dei debiti, o perché si è subito uno sfratto, o perché si hanno scarsi risultati a scuola o all’università, oppure perché si subisce mobbing sul lavoro, o perché si è sommersi dai debiti;
  • motivi religiosi o soprannaturali, come ad esempio il voler raggiungere presto l’aldilà, il volersi reincarnare in un altro essere vivente;
  • il voler immolare la propria vita per un ideale politico e/o religioso;
  • il sentirsi non capiti dai propri genitori o dai propri coetanei;
  • la voglia di inviare una richiesta di aiuto;
  • l’aver compiuto un gesto grave, che può essere “perdonato” solo auto-infliggendosi la morte;
  • un modo per smettere di provare sofferenza fisica e/o psicologica non più sopportabile;
  • un modo di punire determinate persone, ad esempio i genitori.

In generale un suicidio è generalmente uno strumento usato per trovare una sorta di “controllo” di una situazione che in quel momento sta sfuggendo di mano, ad esempio l’unico modo alla nostra portata per risolvere un dato problema che non siamo riusciti a risolvere in altri modi. Un tentativo di suicidio non esprime necessariamente la volontà reale di morire: spesso è solo un atto che serve a richiamare l’attenzione su di sé, anche se non di rado quelli che dovevano, nelle intenzioni del soggetto, essere “solo” dei tentativi di suicidio, si trasformano in suicidi veri e propri, ad esempio perché la persona ha sottovalutato gli effetti di una emorragia auto-inflitta tagliandosi le vene.

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Suicidio: i segnali per capire chi si vuole suicidare

MEDICINA ONLINE DEPRESSIONE TESTIMONIANZA RACCONTO FRASI AFORISMI TRISTEZZA SOLITUDINE TRISTE VITA SPERANZA MORTE MALATTIA SENTIRSI SOLI lonely girl crowdVi anticipo che – purtroppo – non esiste nessun segnale “certo” che una persona abbia intenzione o si stia per suicidarsi. Persone sorridenti ed all’apparenza felici, possono in realtà nascondere all’interno ansia e dolori molto intensi. Il suicidio è inoltre spesso un atto impulsivo, scatenato da un aumento improvviso dell’ansia e della disperazione, causato da particolari situazioni e circostanze. Può capitare ad esempio che una donna che non abbia mai avuto nessun problema di interesse psichiatrico (ad esempio depressione) né che abbia mai avuto in tutta la sua vita nessun idea suicidaria, tenti o realizzi il suicidio nell’apprendere una notizia tragica ed improvvisa, come la morte di un figlio, specialmente se tale notizia viene appresa in certe circostanze, ad esempio mentre è da sola a casa e non c’è nessuno a confortarla, oppure si trova in circostanze che possono indirettamente favorire l’idea suicidaria, ad esempio l’abitare in un piano alto di un palazzo può suggerire alla donna di lanciarsi nel vuoto per evitare di sentire un dolore insopportabile.

Non tutti i suicidi sono imprevedibili

Non tutti i suicidi sono tuttavia del tutto imprevedibili. Un soggetto che ha intenzioni suicidarie – reali o che si limitano alla fantasia – a causa di disagi cronici come ad esempio il subire atti di bullismo nell’ambiente scolastico –  lascia spesso trapelare nel tempo dei segnali che, se ben interpretati, possono permettere a genitori, parenti ed amici di intuire le intenzioni del soggetto e mettere in pratica delle misure che possano impedire l’insano gesto ed eventualmente aiutarlo a superare il momento di difficoltà.

I segnali dell’intenzione suicidaria

Quali possono essere i segnali d’allarme che fanno capire che una persona cara sta pensando al suicidio?

  • tende a parlare di suicidio o della morte in generale;
  • dice di non avere più obiettivi nella vita o che nulla gli interessa più;
  • tende all’apatia o a “lasciarsi andare”;
  • ha poca reattività agli eventi piacevoli o spiacevoli;
  • parla di “andarsene”, di “fare un viaggio lungo” in posti non ben precisati;
  • regala improvvisamente quello che possiede agli altri (soldi, oggetti…);
  • manifesta sentimenti quali disperazione o senso di colpa;
  • subisce spesso umiliazioni in pubblico;
  • la mattina preferisce rimanere a letto e non ha voglia di far nulla;
  • ha da poco avuto notizie spiacevoli o tragiche, come un lutto, un licenziamento o uno sfratto;
  • non ha voglia di uscire né di avere a che fare con familiari o amici;
  • smette improvvisamente di partecipare alle sue normali attività o di dedicarsi ai suoi hobby;
  • cambia rapidamente abitudini alimentari;
  • ha ritmi sonno-veglia alterati, ad esempio insonnia e inversione dei ritmi circadiani (sta sveglia di notte e dorme di giorno);
  • manifesta comportamenti autodistruttivi (ad esempio usa droghe o beve alcolici);
  • ha comportamenti autolesionistici (ad esempio compie atti dove la sua vita è in pericolo o si è procurato volontariamente delle lesioni fisiche).

Ovviamente l’avere uno o più di tali comportamenti non significa necessariamente che una persona stia pensando al suicidio: queste sono solo indicazioni generali.

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