Sclerosi laterale amiotrofica (SLA): cause, sintomi, diagnosi e prognosi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA SLA MORTE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa SLA, Sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta anche come “malattia dei motoneuroni“, “malattia di Lou Gehrig” (dal nome del giocatore di baseball la cui malattia nel 1939 fu portata all’attenzione pubblica) o “malattia di Charcot” (dal cognome del neurologo francese che per la prima volta descrisse questa patologia nel 1860), è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale in grado di regolare l’attività di contrazione dei muscoli volontari. La morte di queste particolari cellule avviene gradualmente, in un lasso di tempo che può andare da diversi mesi a diversi anni, e la gravità può variare molto da un paziente all’altro.

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Che cos’è la malattia dei motoneuroni o sclerosi laterale amiotrofica (SLA)?

Le cause della Sla, descritta per la prima volta nel 1860, sono ancora sconosciute sebbene sia stato ipotizzato un coinvolgimento di diversi fattori. Attualmente sono circa 5.000 i malati in Italia, con una lieve preponderanza nel sesso maschile. Prevalentemente colpisce persone di età compresa fra i 40 e i 70 anni (anche se non mancano casi di soggetti colpiti dalla malattia tra i 17 e i 20 anni, così come tra i 70 e gli 80 anni).
La malattia inizia a manifestarsi quando la perdita dei motoneuroni danneggiati non riesce più a essere compensata dalla presenza dei neuroni superstiti: si arriva così a una progressiva paralisi di tutti i muscoli volontari. La patologia non influisce in nessun modo sulle funzioni sensoriali, sessuali, vescicali e intestinali, che vengono preservate del tutto, e su quelle cognitive: anche nelle fasi più avanzate della patologia tutte le funzioni cognitive restano attive ed efficienti in un corpo che diventa sempre più immobile.

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Quali sono le cause della SLA?

Nonostante le cause di questa malattia siano ancora sconosciute, gli studi effettuati fino a oggi hanno permesso di stabilire che, molto probabilmente, la Sla non origina da una sola causa da ma più fattori (malattia multifattoriale). Tra i fattori riconosciuti come coinvolti nello sviluppo della patologia ci sono:

  • eccesso di glutammato (aminoacido usato dalle cellule nervose come segnale chimico): quando il suo tasso è elevato determina un’iperattività delle cellule nervose che può risultare nociva;
  • predisposizione genetica;
  • carenza di fattori di crescita, il cui ruolo all’interno del nostro organismo è quello di aiutare la crescita dei nervi e facilitare i contatti tra i motoneuroni e le cellule muscolari;
  • fattori tossico-ambientali: esistono diversi elementi (alluminio, mercurio o piombo) e alcune sostanze usate in agricoltura (erbicidi e insetticidi) che possono danneggiare le cellule nervose e i motoneuroni.

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Quali sono i sintomi della SLA?

La malattia inizia a manifestarsi quando la perdita dei motoneuroni danneggiati non riesce più a essere compensata dalla presenza dei neuroni superstiti: si arriva così a una progressiva paralisi di tutti i muscoli volontari. La patologia non influisce in nessun modo sulle funzioni sensoriali, sessuali, vescicali e intestinali, che vengono preservate del tutto, e solo in una modesta percentuale interessa le funzioni cognitive.

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Diagnosi

La diagnosi di Sclerosi laterale amiotrofica non è semplice: ad oggi, infatti, non esiste alcun test o procedura per confermare senza alcun dubbio la diagnosi di Sla. Gli strumenti a disposizione attualmente sono un attento esame clinico ripetuto nel tempo da parte di un neurologo esperto, e una serie di esami diagnostici effettuati per escludere altre patologie.

Trattamenti

Purtroppo ad oggi non esiste alcuna terapia in grado di guarire la Sla: l’unico farmaco approvato è il Riluzolo, che agisce sui livelli di glutammato, la cui assunzione può rallentare la progressione della malattia. L’impiego di alcuni farmaci può però essere di aiuto per migliorare l’autonomia personale, il movimento e la comunicazione.

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Sclerosi multipla: cause, sintomi, diagnosi e prognosi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SCLEROSI MULTIPLA CAUSE MORTE SINTOMI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

La sclerosi multipla è una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla perdita di mielina (la sostanza che riveste le fibre nervose della sostanza bianca) in più aree (da cui il nome “multipla”). Il processo di demielinizzazione può determinare danni o perdita della mielina e la formazione di lesioni (placche) che possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici da cui deriva il termine “sclerosi“.

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Che cos’è la sclerosi multipla?

La sclerosi multipla insorge in ogni età della vita, ma i soggetti maggiormente colpiti risultano essere quelli tra i 20 e i 40 anni; le donne risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini. La prognosi è molto variabile: la forma più comune è caratterizzata da fasi in cui la patologia si manifesta intervallata da fasi di remissione di diversa durata. Nelle prime fasi della malattia la regressione dei segni risulta pressoché completa, ma con il passare del tempo i sintomi persistono sempre più a lungo dando vita a invalidità progressiva.

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Quali sono le cause della sclerosi multipla?

Le cause all’origine della sclerosi multipla sono ancora sconosciute. Attualmente si ritiene che la sclerosi multipla sia una malattia autoimmune: alla base della perdita di mielina c’è infatti un’alterazione nella risposta del sistema immunitario che attaccherebbe la mielina come se fosse un agente esterno da combattere (uno dei principali bersagli della risposta immunitaria alterata è la “proteina basica della mielina”, ovvero uno dei costituenti della mielina stessa).

Diversi i fattori che giocano un ruolo di una certa importanza nell’insorgenza della sclerosi multipla, sui quali si sta ancora studiando:

  • l’ambiente (i Paesi a clima temperato sono a maggior rischio);
  • l’etnia (l’origine caucasica determina una maggiore predisposizione);
  • l’esposizione ad agenti infettivi (virus, batteri), soprattutto nei primi anni di vita;
  • la predisposizione genetica.

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Sintomi e segni

Diversi sono i modi in cui si può presentare la sclerosi multipla. Sebbene i sintomi possano essere diversi da persona a persona, ce ne sono alcuni che risultano più frequenti di altri, in particolare nelle prime fasi della malattia:

  • disturbi visivi (calo rapido e significativo della vista; sdoppiamento della vista; movimenti non controllabili dell’occhio);
  • disturbi della sensibilità: rilevanti e persistenti formicolii; intorpidimento degli arti; perdita di sensibilità al tatto; difficoltà a percepire il caldo e il freddo;
  • fatica e debolezza: difficoltà a svolgere anche le semplici attività quotidiane, perdita di forza muscolare.

Prevenzione

Non essendo ancora note le cause di questa patologia, attualmente non è purtroppo possibile parlare di un percorso di prevenzione.

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Diagnosi

La diagnosi della sclerosi multipla si basa principalmente sull’osservazione dei segni e della sintomatologia riportata dal paziente. Gli esami che possono portare alla diagnosi, sono:

  • la risonanza magnetica, che consente di visualizzare le placche demielinizzate;
  • l’esame dei potenziali evocati (registrazione dell’attività elettrica cerebrale) permettono di ricercare lesioni ancora latenti, stabilendo così il carattere multifocale delle placche demielinizzate tipico della sclerosi multipla;
  • l’esame del liquido cerebrospinale mediante puntura lombare, che può evidenziare la presenza di globuli bianchi e l’aumento delle proteine e degli anticorpi, a testimonianza dell'”attivazione” del sistema immunitario;
  • l’esame del sangue, anche per escludere altre patologie.

Fondamentali, per diagnosticare la sclerosi multipla, risultano essere inoltre la storia clinica del paziente e l’esito della visita neurologica.

Terapie

Attualmente purtroppo non esistono farmaci per di trattare definitivamente la malattia. L’utilizzo combinato di alcuni farmaci è in grado però di ridurre l’incidenza e la severità degli attacchi nella maggior parte dei casi:

  • corticosteroidi, che abbreviano le ricadute e ne riducono la gravità;
  • immunomodulanti e immunosoppressori, che prevengono le ricadute e ritardano la progressione della malattia.

Per massimizzare l’indipendenza del soggetto, ridurre la disabilità e prevenire complicanze secondarie è molto importante anche inserire il paziente all’interno di un percorso riabilitativo (non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico e sociale).

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Malattia di Alzheimer: sintomi delle fasi iniziali e tardive

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MORBO ALZHEIMER SINTOMI FASI INIZIALI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl decorso della malattia di Alzheimer è diviso in quattro fasi, contraddistinte da sintomi diversi:

  1. pre demenza;
  2. fase iniziale;
  3. fase intermedia;
  4. fase finale.

Pre-demenza

I primi sintomi sono spesso erroneamente attribuiti all’invecchiamento o stress. I test neuropsicologici dettagliati possono rivelare difficoltà cognitive lievi fino a otto anni prima che una persona soddisfi i criteri clinici per la diagnosi. I primi sintomi possono influenzare molte attività di vita quotidiana. Uno dei sintomi più evidenti è la difficoltà a ricordare i fatti appresi di recente e l’incapacità di acquisire nuove informazioni. Piccoli problemi d’attenzione, di pianificare azioni, di pensiero astratto, o problemi con la memoria semantica (memoria che collega la parola al suo significato) possono essere sintomatici delle prime fasi dell’Alzheimer. L’apatia, che si osserva in questa fase, è il sintomo neuropsichiatrico più persistente che permane per tutto il decorso della malattia. I sintomi depressivi, irritabilità e la scarsa consapevolezza delle difficoltà di memoria sono molto comuni. La fase preclinica della malattia è stata chiamata “mild cognitive impairment” (MCI). Quest’ultima si trova spesso ad essere una fase di transizione tra l’invecchiamento normale e la demenza. MCI può presentarsi con una varietà di sintomi, e quando la perdita di memoria è il sintomo predominante è chiamato “MCI amnesico” ed è spesso visto come una fase prodromica della malattia di Alzheimer.

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Fase iniziale

La diminuzione della capacità di coordinazione muscolari di piccoli movimenti, come la tessitura, cominciano ad apparire nel paziente Alzheimer nelle fasi iniziali della malattia. Nelle persone con AD la crescente compromissione di apprendimento e di memoria alla fine porta ad una diagnosi definitiva. In una piccola percentuale, difficoltà nel linguaggio, nell’eseguire azioni, nella percezione (agnosia), o nell’esecuzione di movimenti complessi (aprassia) sono più evidenti dei problemi di memoria. L’AD non colpisce allo stesso modo tutti i tipi di memoria. Vecchi ricordi della vita personale (memoria episodica), le nozioni apprese (memoria semantica), e la memoria implicita (la memoria del corpo su come fare le cose, come l’utilizzo di una forchetta per mangiare) sono colpiti in misura minore rispetto a nozioni imparate di recente. I problemi linguistici sono caratterizzati principalmente da un impoverimento nel vocabolario e una diminuzione nella scioltezza, che portano ad un depauperamento generale del linguaggio orale e scritto. In questa fase, la persona con la malattia di Alzheimer è di solito in grado di comunicare adeguatamente idee di base.. Può essere presente una certa difficoltà d’esecuzione in attività come la scrittura, il disegno o vestirsi, coordinazione dei movimenti e difficoltà di pianificare movimenti complessi (aprassia) può essere presente, ma sono comunemente inosservati. Con il progredire della malattia, le persone con AD spesso possono continuare a svolgere molti compiti in modo indipendente, ma potrebbero avere bisogno di assistenza o di controllo per le attività più impegnative cognitivamente.

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Fase intermedia

Il progredire dell’AD ostacola l’indipendenza nei soggetti i quali lentamente non sono più in grado di svolgere le attività quotidiane. Le difficoltà linguistiche diventano evidenti per via dell’afasia, che porta frequentemente a sostituire parole con altre errate nel contesto (parafasie). La lettura e la scrittura vengono lentamente abbandonate. Le sequenze motorie complesse diventano meno coordinate con il passare del tempo e aumenta il rischio di cadute. In questa fase, i problemi di memoria peggiorano, e la persona può non riconoscere i parenti stretti. La memoria a lungo termine, che in precedenza era intatta, diventa compromessa. I cambiamenti comportamentali e neuropsichiatrici diventano più evidenti. Si può passare rapidamente dall’irritabilità al pianto; non sono rari impeti di rabbia o resistenza al “caregiving”. I soggetti perdono anche la consapevolezza della propria malattia e i limiti che essa comporta (anosognosia). Si può sviluppare incontinenza urinaria.

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Fase finale

Durante le fasi finali, il paziente è completamente dipendente dal “caregiver”. Il linguaggio è ridotto a semplici frasi o parole, anche singole, portando infine alla completa perdita della parola. Nonostante la perdita delle abilità linguistiche verbali, alcune persone spesso possono ancora comprendere e restituire segnali emotivi. Anche se l’aggressività può ancora essere presente, l’apatia e la stanchezza sono i sintomi più comuni. Le persone con malattia di Alzheimer alla fine non saranno in grado di eseguire anche i compiti più semplici in modo indipendente; la massa muscolare e la mobilità si deteriorano al punto in cui sono costretti a letto e incapaci di nutrirsi. La causa della morte è di solito un fattore esterno, come un’infezione, spesso una polmonite.

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Quanti caffè devi bere in un giorno per morire?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologia Sessuologia Ecografie Tabagismo Smettere di fumare Bere più di quattro tazze di caffè al giorno aumenta il rischio di decessQuanti caffè puoi bere al giorno, prima di… morire? Calcolalo a questo link.

Caffeine Calculator

Basta inserire “caffè” nel riquadro “enter a drink”, poi il vostro peso e premere “calculate your limits”. Il Caffeine Calculator in realtà non conteggia solo i caffè espresso, ma in generale tutte le bevande che contengono caffeina, l’alcaloide naturale presente appunto nel caffè, ma anche nel tè, nella cola, nel cacao e nel guaranà e quindi in tutti quei prodotti a cui fanno da base per la realizzazione di bevande energetiche di cui facciamo uso ogni giorno. Le proprietà della caffeina la rendono una vera e propria sostanza psicoattiva in grado di stimolarci e attivarci. Ma, come per tutti i prodotti stupefacenti, l’abuso comporta alcuni rischi per la salute. Ansia, sonnolenza, tremori e disturbi intestinali sono infatti solo alcuni dei sintomi del “caffeinismo”, la sindrome dell’eccessivo consumo di caffeina che, come mostra il calcolatore, può portare anche alla morte.

Esempi

Per una una donna media di 50 chili, maggiorenne e in buono stato di salute, la dose letale di caffè espresso è di 97.7 tazzine, mentre la quantità massima consigliata è di 3.9. Per quanto riguarda invece un uomo medio di 80 chili, i caffè assassini sono 156,3, mentre il numero giornaliero massimo consigliato è 6,2, anche in questo caso si considera un uomo maggiorenne in buono stato di salute. Potete sbizzarrirvi a trovare la dose letale di moltissime bevande contenenti caffeina, tra queste ad esempio la Coca Cola e il Cappuccino. Il gioco a cui spinge questo sito è sicuramente interessante, ma ha comunque i suoi limiti visto che non prende in considerazione se si tratti di maschio o femmina, così come non richiede l’età o l’altezza della persona. Ad ogni modo, in questo caso, si sconsiglia di provare per credere.

La migliore selezione di tè, tisane e caffè

Qui di seguito trovate una lista con la migliore selezione di tè, infusi e caffè provenienti da tutto il mondo, di altissima qualità e scelti personalmente da me:

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L’incredibile storia di Diana Bryant che cadde insieme a sua figlia da una scala antincendio

DIANA BRYANT CADDE INSIEME FIGLIA TIARE JONES FOTO CADUTA SCALA ANTINCENDIO STANLEY FORMAN.pngStanley Forman stava lavorando per il Boston Herald americano quando, il 22 Luglio del 1975, ricevette una telefonata che lo avvisava di un incendio in Marlborough Street. Arrivò in tempo per vedere una donna e una bambina su una scala antincendio del quinto piano.

Un vigile del fuoco stava tentando di aiutarle. “Improvvisamente la scala antincendio è crollata”, e Diana Bryant, 19 anni, e la sua figlioccia Tiare Jones, di 2 anni, restarono per qualche attimo sospese in aria.

“Stavo fotografando la scena, ma poi, improvvisamente mi sono voltato, non volevo vedere il tonfo dei corpi a terra. Mi ricordo ancora tutta l’agitazione.”

Bryant è morta per la caduta, il suo corpo ammortizzò il tonfo della bambina, che è sopravvissuta. Mentre l’evento non era diverso da tragedie di routine che riempiono la cronaca locale, la foto di Forman lo era.

Forman era stato in grado di congelare il momento orribile della caduta e l’espressione del viso della bambina. La foto ha ricevuto il premio Pulitzer e ha contribuito a rendere obbligatorie severe norme sulla sicurezza in materia di incendi.

La foto è stata, all’epoca, molto dibattuta: non tutti erano d’accordo sull’opportunità d mostrare scene così forti e inquietanti pubblicamente.

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L’incredibile storia delle fotografie ritrovate di Vivian Maier

MEDICINA ONLINE STORIA FOTO VIVIAN MAIER FOTOGRAFIE.jpgVivian Maier è il nome di una donna che probabilmente non avete mai sentito nominare in vita vostra, tuttavia la sua storia è molto interessante a partire da uno strano fatto: scattò migliaia di foto senza svilupparne nessuna. Per quale motivo? Per difficoltà economiche? Scelta? Non si sa con esattezza. Dopo la sua morte furono trovati i negativi e divenne famosa per foto che quindi lei stessa non aveva mai visto. C’è un bellissimo documentario di Maloof e Siskel che la raccontano.

Vivian Maier è stata una fotografa statunitense, della cui attività artistica si sapeva ben poco fino a pochi anni prima della scomparsa. Come per altri artisti rimasti sconosciuti o semisconosciuti durante la loro vita, Vivian Maier e, soprattutto, la sua vasta quantità di negativi è stata scoperta nel 2007, grazie alla tenacia di John Maloof, anche lui americano, giovane figlio di un rigattiere. Il ragazzo, nel 2007, volendo fare una ricerca sulla città di Chicago, e avendo poco materiale iconografico a disposizione, decise di comprare in blocco per 380 dollari, in un’asta, il contenuto di un box zeppo degli oggetti più disparati, espropriati per legge ad una donna che aveva smesso di pagare i canoni di affitto.

Mettendo ordine tra le varie cianfrusaglie (cappelli, vestiti, scontrini e perfino assegni di rimborso delle tasse mai riscossi), Maloof reperì una cassa contenente centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare. Dopo aver stampato alcune foto, Maloof le pubblicò su Flickr ottenendo un interesse entusiastico e virale e l’incoraggiamento della community ad approfondire la sua ricerca. Pertanto fece delle indagini sulla donna che aveva scattato quelle fotografie: venne a sapere che Vivian non aveva famiglia ed aveva lavorato per tutta la vita come bambinaia soprattutto nella città di Chicago; durante le giornate libere e i periodi di vacanza era solita scattare foto della vita quotidiana di città come New York, Chicago e Los Angeles.

La maggior parte delle sue foto sono “street photos” ante litteram e può essere considerata una antesignana di questo genere fotografico. Inoltre, scattò molti autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l’obiettivo, utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi come superfici riflettenti. Dal momento della sua scoperta, Maloof ha svolto una grande attività di divulgazione della sua opera fotografica, organizzando mostre itineranti in tutto il mondo. Vivian Maier, per scattare le sue immagini, utilizzava una macchina fotografica Rolleiflex e un apparecchio Leica IIIc. La sua vita e il suo lavoro sono stati oggetto di libri e documentari.

 

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David Kirby: la foto che ha cambiato il volto dell’AIDS

MEDICINA ONLINE DAVID KIRBY FOTO PICTURE AIDS IMAGE HIV VIRUS.jpgIl giorno in cui è morto, David Kirby aveva 32 anni. Giaceva sul letto, il suo volto sofferente e il corpo consumato dall’Aids, circondato dalla sua famiglia. Quell’istante in cui l’uomo è spirato, è stato impresso dalla macchina fotografica di Therese Frare, all’epoca una giovane studentessa di foto-giornalismo in un’università dell’Ohio. Frare riuscì a catturare quel momento straziante con freddezza e professionalità, dando un volto umano a quella malattia fino ad allora socialmente stigmatizzata. Nel novembre del 1990, la rivista Life decise di pubblicare quella foto che divenne rapidamente l’immagine simbolo per tutte le persone affette dal virus dell’Hiv.

Dopo lungo tempo, la rivista ha deciso di condividere la storia commovente che si cela dietro quella foto e lo ha fatto attraverso i ricordi di Therese Frere, protagonista in prima persona di quegli strazianti momenti che l’hanno cambiata profondamente. Uno scatto nato casualmente ma che ha permesso alla donna di conquistare visibilità e innumerevoli riconoscimenti. “Avevo iniziato un corso di foto-giornalismo presso l’Università dell’Ohio nel gennaio del 1990”, ha raccontato Therese Frare alla rivista Life. “In quel periodo prestavo anche volontariato presso il Pater Noster House, una struttura che ospitava i malati di Aids a Columbus. Nel mese di marzo ho iniziato a scattare foto lì e ho avuto modo di conoscere il personale, in particolare un volontario di nome Peta che si prendeva cura di alcuni pazienti. Tra loro c’era anche David Kirby”.

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Kirby era nato e cresciuto in una piccola città dell’Ohio. Negli anni Ottanta, l’uomo si era distinto per il suo appassionato attivismo a sostegno dei diritti degli omosessuali. Per questo motivo, Kirby fu costretto a trasferirsi in California e a estraniarsi dalla sua famiglia, ma alla fine degli anni Ottanta scoprì di aver contratto il virus dell’Hiv.
David contattò nuovamente i suoi genitori e domandò loro se potesse far rientro a casa, esaudendo così il suo ultimo desiderio: poter morire circondato dalla sua famiglia. E così avvenne. “Il giorno che David è morto, stavo facendo visita a Peta”, ha raccontato ancora Frare, che oggi vive e lavora a Seattle. “Alcuni infermieri avevano chiamato Peta chiedendogli di far compagnia a David. Lui portò anche me, ma mi fermai fuori dalla stanza di David, assorta nei miei pensieri, quando a un certo punto la madre di David venne fuori e mi disse che volevano una foto che li immortalasse mentre davano l’ultimo saluto al loro figlio”.

“Entrai, rimasi in silenzio in un angolo, l’unica parte del mio corpo che muovevo erano le mani che stringevano la macchina fotografica. Puntai l’obiettivo e scattai. Solo in seguito, ho capito che lì dentro era accaduto qualcosa di veramente incredibile. Ed era avvenuto proprio di fronte a me”. L’immagine aveva restituito un volto umano a quella malattia che stava mietendo migliaia di vittime, molte delle quali morivano in maniera del tutto inconsapevole.
La foto scattata da Tehrese Frare si guadagnò numerosi riconoscimenti, tra cui il World Press Photo Award, quando venne pubblicata sulla rivista Life, ma esplose due anni più tardi quando l’azienda Benetton decise di utilizzarla nella versione a colori per lanciare una campagna pubblicitaria provocatoria.

La scelta di Benetton generò critiche e polemiche, sia tra i gruppi cattolici che avevano ritenuto la foto offensiva perché richiamava alla mente l’immagine classica di Maria che culla Cristo, dopo la sua crocifissione, sia tra gli attivisti impegnati nella sensibilizzazione sul virus dell’Hiv, furiosi perché ritenevano la decisione poco opportuna e fatta a fini esclusivamente commerciali. Al di là delle polemiche, la foto di Therese Frere aveva dato all’opinione pubblica la possibilità di guardare con i propri occhi gli effetti di una malattia di cui ben poco si era parlato in quegli anni, dissipando paure e ignoranza.

La famiglia di Kirby aveva acconsentito al libero utilizzo di quell’immagine, ritenendo che essa potesse contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica piuttosto critica verso i malati affetti da Aids, in un momento in cui il virus falciava le persone in maniera incontrollata e i malati esercitavano pressioni sui governi affinché si accelerasse la messa a punto di nuovi farmaci. “Abbiamo sentito che quello era il momento giusto per mostrare la verità sull’Aids”, ha spiegato la madre di David, Kay Kirby. Ed è quello che hanno fatto permettendo a Therese di scattare quella foto.

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Differenza tra omicidio volontario, colposo e preterintenzionale

MEDICINA ONLINE GIUSTIZIA LEGGE CODICE PENALE CIVILE AVVOCATO LEGISLAZIONE ASSASSIONIO MURDER OMICIDIO PRIMO GRADO SECONDO MURDER MANSLAUGHTER VOLONTARIO PREMEDITATO COLPOSO DOLOSO MORTE GIUDICE.jpgOmicidio volontario (o doloso)

L’omicidio volontario (o doloso) in diritto penale è il delitto previsto dall’articolo 575 del codice penale italiano che consiste nel provocare volontariamente la morte di una persona diversa dal reo, con qualsiasi mezzo/modalità questo venga realizzato, ad esempio usando un’arma da fuoco, un veleno o un’arma da taglio. La sua verifica avviene con l’accertamento del nesso di causalità fra la condotta aggressiva del reo e la morte. Il coefficiente psicologico è il dolo, tale deve sussistere al momento dell’azione e deve perdurare durante tutta la durata della stessa o finché la condotta aggressiva sia controllabile da parte dell’agente. Per dolo si intende la consapevolezza e la volontà di commettere un reato. Il dolo è uno degli elementi essenziali al fine di qualificare ciascun reato, l’art. 42 del c.p. prevede infatti che nessuno può essere punito per un’azione od omissione preveduta come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà. L’omicidio volontario può essere distinto in

  • non premeditato: non pensato, pianificato ed organizzato anticipatamente rispetto all’atto dell’omicidio;
  • premeditato: pensato, pianificato ed organizzato anticipatamente rispetto all’atto dell’omicidio, quindi più grave.

Inoltre, nel caso in cui il reo provochi volontariamente la morte di più persone, si configura il reato di omicidio volontario plurimo o di strage. Ad esempio:

Correttamente il giudice di merito ritiene la sussistenza del delitto di strage e non di quello di omicidio volontario plurimo nel comportamento di appartenenti a un’associazione criminosa che, dopo aver fatto irruzione in un luogo aperto al pubblico, situato nel centro cittadino e frequentato da molte persone, abbia aperto il fuoco in maniera indiscriminata sia contro avversari non preventivamente designati sia contro persone estranee alla cosca avversaria, non rilevando che non si sia fatto ricorso a mezzi di natura tale (bombe o esplosivi) da cagionare la morte di un numero indeterminato di persone.

Cassazione penale sez. VI  20 novembre 1998 n. 3333

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Omicidio preterintenzionale

L’omicidio preterintenzionale è un delitto previsto dall’ordinamento italiano all’art. 584 del c.p. Il reato si consuma quando l’agente cagiona la morte della vittima come conseguenza di un’azione violenta. Si determina uno stato soggettivo di preterintenzione quando si vuole porre in essere un reato, ma le conseguenze della propria azione sono più gravi di quanto previsto (ad esempio, si vuole colpire con un pugno per provocare una percossa e invece si determina la morte della persona colpita). Sussiste il reato di omicidio preterintenzionale quando avviene la morte di un soggetto come conseguenza della condotta di cui agli artt. 581 (reato di percosse) o 582 (reato di lesioni personali). L’unica figura prevista nel nostro ordinamento oltre l’omicidio preterintenzionale, è l’aborto preterintenzionale (art. 18, c. 2, L. 194/1978).

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Omicidio colposo

L’omicidio colposo è un reato, previsto dall’art. 589 del codice penale. Ricorre quando qualcuno, per colpa, determina l’evento-morte di una persona: manca la volontà di determinare un qualsiasi evento costituente reato, ma l’evento si verifica ugualmente per colpa, cioè per negligenza, imprudenza, imperizia o per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (art. 43 c.p.). All’accertamento causale si aggiunge quello sul “nesso colposo“: l’evento dev’essere la concretizzazione della regola cautelare violata. Appartiene alla categoria dei reati comuni di evento a forma libera.  Si tratta di un reato per cui non è configurabile il tentativo. Eventualmente è configurabile il reato di Lesione personale. Rientra nell’omicidio colposo anche la colpa cosciente quando chi commette l’azione prevede la possibilità di un evento, ma che resta, tuttavia, non voluto. Una sottile distinzione separa questa ipotesi dal dolo eventuale: il soggetto che compie l’azione, pur non volendolo, accetta il verificarsi dell’evento lesivo.

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Tentato omicidio

Il tentato omicidio, infine, si verifica quando un soggetto compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di una persona ed è disciplinato dal combinato disposto dall’art. 56 c.p. e l’art. 575 c.p. Il tentativo (art. 56 c.p.), si configura quando un soggetto compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, ma lo stesso non viene compiuto in quanto l’evento voluto dal soggetto non si è verificato, ovvero perché l’azione non è giunta a compimento.

Semplificando

Le differenze fra questi delitti, semplificando, sono le seguenti:

  • nel delitto di omicidio colposo (gravità più bassa) muore una persona ma il reo non voleva in alcun modo ucciderlo (es. investimento di un pedone);
  • nel delitto di omicidio preterinzionale (gravità media) muore una persona, ma in questo caso il reo voleva solo ferirla, non ucciderla (es. aggressione sfociata involontariamente nella morte della persona offesa);
  • nel delitto di omicidio volontario (gravità elevata) muore una persona che il reo voleva volontariamente uccidere, in modo premeditato o non (es. agguato);
  • nel delitto di tentato omicidio, invece, non si verifica la morte di nessuno, anche se il reo in questo caso voleva uccidere la sua vittima ed ha tentato di farlo in modo non equivoco con atti idonei (es. accoltellamento plurimo di una persona).

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