Inserire le calorie sul menu del ristorante: mangeremmo di meno?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO RISTORANTE MANGIARE CUCINA DIETA CIBO COPPIA AMORELe indicazioni delle calorie nei menu aiutano chi mangia fuori casa ad assumere una quantità adeguata di cibo? Dipende dalle condizioni esterne e dal tipo di dicitura riportata. La questione è dibattuta e gli studi condotti finora non hanno fornito risposte univoche: in certi casi il risultato è stato positivo, in altri meno.

Obbligatorio negli stati uniti

Nel frattempo, negli Stati Uniti e in altri paesi, alcune città hanno reso l’indicazione obbligatoria in certe tipologie di locali. Filadelfia dal 2010  obbliga gli esercizi che hanno più di 15 sedi in tutto il paese, ad indicare non solo le calorie ma anche il quantitavo di sodio, i grassi e gli  zuccheri. Per i fast food la norma prevede la diffusione delle calorie, mentre le altre informazioni sono a disposizione, su richiesta del cliente. Questa situazione permette di confrontare  il comportamento dei clienti di una stessa catena alle prese con menù con e senza calorie in chiaro, e tra gli stessi avventori prima e dopo l’entrata in vigore della norma. Gli autori degli studi hanno preso in esame  due tipologie di ristoranti molto diversi: quelli tradizionali, con servizio al tavolo e i fast food. I risultati differiscono ma non sono del tutto in contraddizione tra di loro.

In ristorante mangiamo troppo

Nel primo studio i ricercatori della Drexel University hanno chiesto a quasi 650 clienti di sette ristoranti  due con un menu dove comparivano le calorie e cinque senza), di fornire le ricevute della cena e di riferire che cosa avevano ordinato. Dai calcoli è emerso che  i clienti avevano consumato mediamente 1.600 calorie (1.800c on le bibite). Poiché per un adulto medio si prevede l’assunzione di circa 2.000 calorie al giorno, tutti i clienti hanno mostrato di mangiare troppo ed eccedere rispetto al fabbisogno. Analoghi eccessi si riscontrano  per i singoli ingredienti: il sodio assunto era  pari a 3200 milligrammi, quando il valore medio consigliato è di 2.300,  i grassi saturi 35 grammi, a fronte dei 20 giornalieri consigliati. Bisogna convincere  – dicono gli  autori – chi va a mangiare fuori ad assumere non più di 750 calorie, 750 milligrammi di sodio e 8 grammi di grassi saturi per pasto (valori consigliati dai nutrizionisti).

Leggere le calorie fa mangiare meno

Analizzando tutti i dati, la risposta alla domanda principale della ricerca, pubblicata sull’American Journal of Preventive Medicine, è stata comunque positiva rispetto all’introduzione delle indicazioni. Gli avventori dei ristoranti dove le calorie erano presenti sul menu hanno assunto in media 155 calorie in meno per le bevande  e 151 per i vari piatti, oltre a 224 milligrammi di sodio e 3,7 grammi di grassi in meno rispetto agli altri. Non solo: l’80% circa dei clienti ha riferito di aver notato le diciture e il 26% di aver scelto la pietanza tenendo conto di quanto letto. Quest’indagine mostra che l’informazione sul contenuto dei piatti è efficace, quando il pasto viene consumato in un ristorante a pieno servizio, dove presumibilmente si recano i clienti delle classi sociali meno disagiate e con un livello culturale medio o alto.

Cultura, fast food e calorie

Al contrario, quando la clientela proviene da quartieri e da fasce di popolazione con meno denaro a disposizione la situazione cambia parecchio. Lo ha dimostrato il secondo studio, condotto dai ricercatori del Langone Medical Center e presentato a un congresso della Obesity Society svoltosi nei giorni scorsi ad Atlanta. In questo caso, gli autori hanno raccolto le ricevute di 2.000 clienti di McDonald’s e Burger King di età compresa tra i 18 e i 64 anni prima e dopo l’introduzione dell’obbligo di specificare le calorie e hanno chiesto a ciascuno di loro di rispondere a una breve lista di domande sulle nuove diciture. Solo il 34% circa dei clienti di McDonald’s aveva visto le indicazioni, contro i 49% di quelli di Burger King, a riprova del fatto che non basta obbligare i gestori ad apporre il contenuto calorico sui menu ma, probabilmente, conta anche molto la chiarezza e l’evidenza con cui tale informazioni sono trasmesse. È stato evidenziato inoltre un rapporto diretto tra il livello di alfabetizzazione e l’attenzione alle calorie: coloro che avevano fatto poco o nessun caso alle calorie erano anche quelli provenienti dalle classi sociali più povere e con una bassa scolarità. Inoltre, solo il 10% dei clienti aveva modificato la scelta in base a quanto letto, e la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di mangiare in un fast food più di cinque volte a settimana, e di non aver modificato tale abitudine in seguito ai nuovi menu. Il dato è confermato da altre rilevazioni, che non hanno mai messo in luce una diminuzione della clientela né dei ristoranti né dei fast food tra prima e dopo il 2010. Anche se in questa ricerca non sono state calcolate le calorie assunte, il non avere cambiato le abitudini non depone a favore della normativa sulle indicazioni nutrizionali in chiaro.

Nel fast food non serve

Secondo gli  autori introdurre l’obbligo di indicazione delle calorie nei fast food non serve, se questa è l’unica misura adottata. Per educare i clienti è indispensabile inserire l’iniziativa in un contesto più ampio. Un commento analogo, è stato fatto anche dagli autori del primo studio, che hanno sottolineato come sia necessario abituare le persone che vanno al ristorante a scegliere un pasto adeguato, per esempio riformulando piatti e porzioni, e promuovendo le pietanze più sane.

Ulteriori dati saranno presto disponibili, alla completa attuazione del Patient Protection and Affordable Care Act, il cosiddetto “Obamacare“, il quale prevede che tutti i ristoranti e fast food con più di 20 sedi nei diversi stati forniscano i dati sulle calorie in ogni punto vendita.

FONTE: ilfattoalimentare.it

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Gli integratori anoressizzanti che spengono la fame eccessiva

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE FARMACI FARMACIA FARMACISTA BUGIARDINO BLISTER COMPRESSE CAPSULE PILLOLE FARMACOLOGIA ANTIBIOTICI ANSIOLITICI DROGHE DRUGS TERAPIA CHIMICA EFFETTI COLLATERALIUna delle armi più utilizzate nella lotta contro sovrappeso ed obesità è il ricorso a strategie alimentari antifame, all’uso di farmaci e di integratori antifame di cui oggi farò un rapido spaccato.

Due categorie

Gli integratori antifame si dividono in due grandi categorie, quelli che ricalcano a grandi linee gli effetti dei farmaci anoressizzanti noradrenergici, e quelli ricchi di fibre. I primi agiscono aumentando la secrezione di catecolamine o stimolando i loro recettori, mentre i secondi si rigonfiano nello stomaco stimolando il senso di sazietà.

Gli integratori anoressizzanti noradrenergici

Tra gli integratori anoressizzanti noradrenergici, ricordiamo tutte le fonti di caffeina (mate, cola, guaranà, caffè, tè lasciato a lungo in infusione, cacao), l’efedrina (non più ammessa come integratore), l’arancio amaro e la sinefrina in esso contenuta. L’azione anoressizzante è comunque blanda, mentre prevale l’effetto di stimolo sul metabolismo corporeo. L’uso prolungato o a dosaggi eccessivi può rappresentare un importante fattore di rischio per le patologie del tratto gastrointestinale, cardiovascolare e nervoso (emicrania). Inoltre, il loro effetto dimagrante tende a scemare nel tempo per il fenomeno dell’assuefazione. Per tutti questi motivi, si consiglia di non prolungare l’assunzione oltre le 4-5 settimane, senza eccedere le dosi consigliate. Questi prodotti antifame sono generalmente controindicati per chi soffre di ipertensione, diabete, ipertiroidismo, ulcere peptiche  e disturbi cardiovascolari in genere; inoltre, possono teoricamente potenziare l’effetto dei farmaci anoressizzanti ed ostacolare quello dei medicinali destinati al trattamento dell’ansia e dell’insonnia.

Gli integratori anoressizzanti a base di fibre alimentari

Gli integratori anoressizzanti a base di fibre alimentari, purché assunti insieme a generose quantità di acqua, si rigonfiano all’interno dello stomaco favorendo il senso di sazietà. Inoltre, agiscono a livello intestinale modulando e riducendo l’assorbimento di grassi e carboidrati. Tra questi integratori antifame ricordiamo: crusca, guar e gomma di guar, xantano, gomma karaya, psillio, semi di psillio, agar agar, glucomannano, pectina, farina di Konjac, algina ed acido alginico, carragenina. Gli integratori di fibre non andrebbero assunti prima di coricarsi, in quanto, rigonfiandosi rapidamente, potrebbero causare ostruzioni esofagee con conseguente asfissia notturna. In linea generale se ne sconsiglia l’uso in presenza di ostruzioni o infiammazioni intestinali, stenosi pilorica, megacolon o megaretto, marcato meteorismo e nelle dispepsie funzionali. Un altro interessante integratore antifame è l’acido pinolenico contenuto nell’olio di semi di pino coreano.

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Bloccare la fame con i derivati anfetaminici, i farmaci anoressizzanti più usati

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE FARMACI FARMACIA FARMACISTA BUGIARDINO BLISTER COMPRESSE CAPSULE PILLOLE FARMACOLOGIA ANTIBIOTICI ANSIOLITICI DROGHE DRUGS TERAPIA CHIMICA EFFETTI COLLATERALIAttenzione: questo articolo rappresenta soltanto uno sguardo divulgativo sul mondo dei farmaci anoressizzanti, non vuole assolutamente incitarne l’uso. Consultate il vostro medico prima di assumere questo tipo di farmaco.

I farmaci anoressizzanti più conosciuti, sono i derivati anfetaminici. Molti, come la fenfluramina e la dexfenfluramina, non vengono più utilizzati a tale scopo, per il rischio di gravi effetti collaterali a livello cardiaco e polmonare. Tra gli altri princìpi attivi anfetaminosimili con azione antifame ricordiamo fentermina, fendimetrazina, fenilpropanolamina, ciclazinolo  e mazindolo. Tutti questi farmaci antifame dovrebbero essere utilizzati sotto stretto controllo medico e per periodi molto brevi, non superiori ai tre mesi.

Solo per pazienti con reali problemi di peso

In genere, i farmaci anoressizzanti sono riservati al trattamento di quei pazienti obesi (IMC > 30) in cui gli interventi dietetico-comportamentali non hanno prodotto i risultati sperati. Questo dovrebbe farci riflettere; se infatti per un obeso il rischio di effetti collaterali legati all’uso di tali farmaci è considerato inferiore rispetto alle gravi complicanze dell’obesità, lo stesso discorso non vale per un individuo in leggero sovrappeso, per cui – come si suol dire – il gioco non vale assolutamente la candela.

Dipendenza ed effetti collaterali

Sono farmaci sicuramente molto potenti ed efficaci nel trattare l’obesità, ma c’è un rovescio della medaglia: le anfetamine possono creare dipendenza fisica e psicologica. Inoltre possono produrre diversi effetti collaterali: irritabilità, insonnia, ansia, euforia, depressione, confusione, cefalea, insonnia, tremore, palpitazioni, tachicardia ed aritmie. Farmaci potenti ma che non vanno assolutamente presi alla leggera. Avete visto che succede alla madre di Jared Leto nel film Requiem for a Dream?

Controindicazioni

I farmaci antifame anfetaminosimili sono particolarmente controindicati in presenza di ipertensione, malattie cardiovascolari, ipertiroidismo o instabilità emotiva, e comunque devono essere usati sotto rigoroso controllo medico.

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Dimagrire scientificamente: i fattori che aumentano o rallentano il metabolismo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OBESITA GRASSO SOVRAPPESO DIETA DIMAGRIRE METRO ADDOME PANCIA GRASSOIl metabolismo basale è la quantità minima di energia necessaria all’organismo per l’espletamento delle pure funzioni vegetative nell’arco delle 24 ore, in condizioni di assoluto riposo psichico e fisico, a temperatura ambiente (18-24°C) e a digiuno rigoroso da 12 ore.

Leggi anche: Cosa succede al tuo corpo quando smetti di mangiare pasta e pane

QUANTO E’ IMPORTANTE IL METABOLISMO BASALE?

Il metabolismo basale è importantissimo nel determinare il nostro peso, basti pensare che è il fattore chiave nel determinare il fabbisogno calorico quotidiano. Tale fabbisogno dipende da tre diversi componenti:

  • il metabolismo basale (MB O MBR da:”basal metabolic rate”) responsabile di circa il 70% della spesa energetica quotidiana;
  • la termogenesi indotta dagli alimenti (chiamata anche azione dinamico-specifica degli alimenti) che rappresenta circa il 10% della spesa energetica;
  • l’attività fisica, rappresentante del circa il 20% della spesa energetica quotidiana (anche se i valori possono oscillare molto, specie in negativo).

Da ciò si comprende quanto il metabolismo basale sia importante per il mantenimento della nostra linea. Ma tale componente, diverso da persona a persona, da cosa è influenzato? In parole povere: quali sono i fattori che rendono il metabolismo “veloce” in alcuni soggetti ed invece inesorabilmente “lento” in altri?

METABOLISMO LENTO O METABOLISMO VELOCE: DA COSA DIPENDE?

Il metabolismo basale è influenzato da numerosi fattori. Elenchiamo quelli fondamentali:

Alimentazione: in condizioni di digiuno il metabolismo rallenta anche del 20%.

Allattamento: nella nutrice il metabolismo basale aumenta di circa il 3-6%.

Attività fisica costante: determina un aumento del metabolismo. Il tasso metabolico permane elevato anche al termine dell’impegno fisico.

Clima: l’estate è il momento migliore per dimagrire poiché, quando la colonnina di mercurio supera i 30°C, il metabolismo aumenta leggermente. Anche temperature troppo rigide sortiscono il medesimo effetto.

Composizione corporea: il muscolo è un tessuto molto più attivo metabolicamente rispetto al grasso. Ogni kg di massa muscolare guadagnato innalza il metabolismo corporeo di circa l’1,5%.

Dimensioni corporee:  il metabolismo basale, espresso in termini assoluti, aumenta all’aumentare della superficie corporea. Per questo motivo persone alte e magre hanno un metabolismo più veloce rispetto ad individui di uguale peso ma di statura inferiore.

Età: il metabolismo è massimo nell’infanzia, permane elevato sino alla prima età adulta ed inizia a diminuire dopo i 30 anni. Tra i 60 ed i 90 anni cala di circa l’8% per decade.

Genetica: bisogna comunque, ammetterlo, certe persone nascono con un metabolismo lento, altre con un metabolismo più veloce

Gravidanza: il metabolismo basale rimane stabile nel primo trimestre, sale di circa l’8% al 5° mese e dal 14 al 22% negli ultimi due mesi di gestazione.

Livelli ormonali: molti ormoni intervengono nella regolazione del metabolismo corporeo. I più attivi in questo senso sono quelli prodotti dalla tiroide. Un’eccessiva produzione di tali ormoni (ipertiroidismo) può addirittura raddoppiare il metabolismo basale, mentre un deficit (ipotiroidismo, gozzo) può rallentarlo sensibilmente. Anche l’adrenalina, secreta dalla parte midollare del surrene in risposta a stress psicofisici importanti, innalza leggermente l’attività metabolica. L’ormone della crescita ed il testosterone, aumentando la sintesi proteica, possono elevare in maniera importante il metabolismo basale.

Scopri come il deficit di ormoni tiroidei ti fa ingrassare: Non mangio eppure ingrasso, e se fosse ipotiroidismo?

Sesso: grazie ad una maggiore massa muscolare, nell’uomo il metabolismo basale è più elevato, di circa il 7%, rispetto alla donna. La castrazione lo abbassa del 20-25%.

Stile di vita: le persone sedentarie hanno un metabolismo più lento di quelle attive

Fumo di sigaretta: fumare alza il metabolismo, questo è uno dei motivi per cui chi smette di fumare tende ad ingrassare e ad avere problemi di stitichezza. Assolutamente questo NON è un invito a fumare per aumentare il vostro metabolismo!

Sonno: durante il sonno si assiste ad una temporanea diminuzione del tasso metabolico compresa tra il 6 ed il 13%

Temperatura corporea: negli stati febbrili il metabolismo basale aumenta di circa il 13% per ogni grado di temperatura superiore ai 37°C.

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Da quanto pesi si può prevedere il tuo rischio di sviluppare malattie cardiache

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DIMAGRIRE GRASSO DIETA DIETOLOGIA CALORIE IPOCALORICA OBESO OBESITA SOVRAPPESO KG BILANCIA (2)Dalla misurazione dell’indice di massa corporea e del girovita delle persone in sovrappeso si può, secondo una recente ricerca di scienziati olandesi, prevedere con una certa precisione il rischio di malattie cardiache. Uno studio ad ampio raggio, quello condotto dall’equipe di ricercatori della Heart Foundation olandese, e pubblicato su European Journal of Cardiovascular Prevention and Rehabilitation, che ha preso in considerazione un cospicuo campione di popolazione, 20.500 tra uomini e donne, cui, dal 1993 al 1997 sono stati registrati sia l’indice di massa corporea che il girovita. Comparando i dati raccolti con quelli dei registri ospedalieri in un intervallo di tempo di dieci anni, i ricercatori hanno appurato che più della metà (53%) di tutti i casi mortali dovuti a disturbi cardiaci e circa un quarto (dal 25 al 30%) di tutti i casi non mortali registrati erano occorsi in persone obese e sovrappeso.

L’indice di massa corporea ed il girovita insomma, oltre ad essere già stati individuati come fattori di rischio per le malattie cardiovascolari potrebbero, secondo i ricercatori olandesi, aiutare effettivamente nel prevedere il rischio di sviluppare o di morire di malattie cardiache. Ciò che questo studio dimostra, sostengono i ricercatori, è l’effetto sostanziale che sovrappeso e obesità hanno nei confronti delle malattie cardiovascolari, siano esse mortali o meno. Un motivo in più per evidenziare la necessità di politiche sociali ed interventi di sanità pubblica per prevenire il diffondersi dell’obesità.

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Aloe Vera per aumentare il metabolismo, dimagrire e combattere la cellulite

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO ALOE VERA PIANTA NATURA PIANTE IDRATANTE FOGLIE COSMETICODa sempre nota per le sue proprietà immunostimolanti, l’aloe può essere impiegata con successo anche nei casi di sovrappeso e cellulite. Questa è una pianta preziosa per ripristinare e regolare numerose funzioni essenziali per l’organismo. Inoltre, è antiossidante, rivitalizzante, antiosteoporosi e bruciagrassi. L’integrazione si effettua impiegando il succo e la polpa dell’Aloe arborescens che contengono calcio e fosforo, indispensabili per ossa e denti; potassio, drenante e antiritenzione; zinco, utile per la pelle; magnesio, antifame nervosa; cromo, necessario per regolare i livelli di zuccheri nel sangue e mantenere attivo il metabolismo; vitamina E, antiossidante, permette di assimilare meglio i principi attivi dell’aloe; vitamine del gruppo B, fondamentali per il sistema nervoso; vitamina C, antiossidante e stimolante della produzione del collagene, quindi antirughe; monosaccaridi e polisaccaridi dalle potenti proprietà immunostimolanti; aminoacidi essenziali (che il corpo deve assumere perché non li produce da sé).

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Impieghi terapeutici dell’Aloe Vera nella dieta, nella cosmesi, nelle terapie antitumorali e contro gastrite e colesterolo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO ALOE VERA PIANTA NATURA PIANTE IDRATANTE FOGLIE COSMETICOA volte viene chiamata addirittura “la pianta del miracolo“ oppure “il guaritore naturale”, sto parlando dell’Aloe Vera, una pianta dalle infinite sorprese. Ci sono oltre 200 varietà di Aloe, ma solo l’ Aloe Barbadensis Miller (Aloe Vera) è la pianta che ha maggior utilità per l’uomo grazie alle sue già dimostrate scientificamente proprietà medicinali. Il nome Aloe vera è stato usato per la prima volta da Linneo, come Aloe perfoliata var. vera (1753), tuttavia la descrizione di Linneo dell’Aloe vera come specie a sé stante è successiva alla descrizione di Miller dell’Aloe barbadensis (1768), pur trattandosi sicuramente di esemplari della stessa specie. Inoltre il nome barbadensis venne attribuito da Miller a esemplari raccolti sull’isola di Barbados, nelle Piccole Antille, sicuramente discendenti da qualche pianta di Aloe lasciata sull’isola dai navigatori portoghesi o spagnoli oltre due secoli prima. Per questo motivo, in base alle regole sull’attribuzione dei nomi, deve essere usato il nome Aloe vera Miller, (non: Linneo). Precedentemente alla classificazione binomia introdotta da Linneo, la specie era chiamata Aloe vera vulgo o Aloe vera Vulgaris sive sempervivum marinum, e successivamente Aloe foliis spinosis confertis dentatis, vaginantibus planis maculatis. Questo indica che il nome vera stia a spiegare che la pianta è stata considerata dal “volgo” la vera Aloe.

Cosa c’è nell’aloe vera?

L’aloe è composta essenzialmente da tre gruppi di sostanze:

  • i polisaccaridi (contenuti nel gel);
  • gli antrachinoni (racchiusi tra la scorza e il gel);
  • sostanze nutritive di vario tipo, come vitamine, sali minerali, amminoacidi, acidi organici, fosfolipidi, enzimi, saponine e lignine.

L’Aloe Vera contiene:

  • Vitamine: A,B1, B2, B3, B6, B12, C, E, Acido Folico,  Niacina, Colina.
  • Minerali: Calcio, Fosforo, Magnesio, Sodio, Rame, Ferro, Manganese, Zinco, Potassio, Cromo, Silicio, Boro, Germanio organico.
  • Mono e Polisacaridi: Cellulosa, Glucosio, Mnnosio, Galattosio, Arabinosio, Aldonentosio, L-ramnosio, Acidi urico, Xilosio, Acido glucuronico, Pentosi, Esosi, Saccarosio, Lattosio, Maltosio,Glicogeno, Amido, Acemannano.
  • Aminoacidi Essenziali: Isoleucina, Lisina, Treonina, Valina, Metionina, Leucina, Feilalanina, Triptofano.
  • Enzimi: Fosfatasi, Amilasi, Bradichinasi, Catalasi, Ossidasi, Cellulasi, Creatinfosfochinasi, Lipasi, Alienasi, Transaminasi GOT, Transaminasi GPT, Nucleotidasi, Fosfatasi alcalina, Enzimi proteolitici, Per ossidasi, Acidi grassi insaturi (tra cui l’acido caprilico).
  • Lignina, Saponine, Antrachinoni: Isobarbaloina, Antracene, Emodina, Emodina di Aloe, Acidi cinnamico, Estere di acido cinnamico, Barbaloina, Antraonolo, Acido aleatico, Olio essenziale, Resitanolo, Acido crisofanico.

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Usi e proprietà

L’uso dell’aloe è molto antico, come testimoniato dal testo cuneiforme di alcune tavolette d’argilla ritrovate sul finire dell’Ottocento da un gruppo di archeologi nella città mesopotamica di Nippur, nei pressi di Bagdad, Iraq, e databili attorno al 2000 a.C. Nel testo si legge: «… le foglie assomigliavano a foderi di coltelli». L’aloe era nota e utilizzata anche presso gli egizi (es. citata nel “papiro Ebers” del 1550 a.C.) per i preparati per l’imbalsamazione (da qui “pianta dell’immortalità”) o per la cura e l’igiene del corpo o come cicatrizzante, nonché citata svariate volte nella Bibbia (es. Giovanni 19:39: «… e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre») quale pianta aromatica o per la preparazione degli unguenti prima della sepoltura. Lo studio sistematico di questa pianta ebbe inizio solo nel 1959 grazie al farmacista texano Bill Coats, che mise a punto un processo per stabilizzare la polpa aprendo la strada alla commercializzazione dell’aloe senza più problemi di ossidazione e fermentazione. Parallelamente, il governo americano dichiarò ufficialmente le proprietà curative di questa pianta per il trattamento delle ustioni. Da allora gli studi sull’aloe sono molto attivi in tutto il mondo. Da un punto di vista chimico si possono distinguere tre grandi classi di componenti nell’aloe: gli zuccheri complessi, in particolare glucomannani tra cui spicca l’acemannano, nel gel trasparente interno con proprietà immuno-stimolanti; gli antrachinoni nella parte verde coriacea della foglia ad azione fortemente lassativa e poi svariate altre sostanze come sali minerali, vitamine, aminoacidi, acidi organici, fosfolipidi, enzimi, lignine e saponine. Estratti e preparati a base di aloe vera sono stati finora proposti per le supposte proprietà:

  • Rigeneranti: stimola la crescita dell’epitelio sulle ferite;
  • Proteolitiche e cicatrizzanti: dissolve e assorbe enzimaticamente le cellule morte o danneggiate;
  • Antinfiammatorie: accompagna e aiuta a superare il processo infiammatorio;
  • Umettanti: è idratante e favorisce l’idratazione dei tessuti della pelle;
  • Analgesiche: dà sollievo al dolore;
  • Fungicide: ostacola la crescita dei funghi;
  • Virostatiche: ostacola la crescita dei virus;
  • Antibiotiche: ostacola la crescita dei batteri;
  • Emostatica: riduce la fuoriuscita di sangue nelle lesioni;
  • Lenitive: dà sollievo nel prurito;
  • Disintossicanti: aiuta la disintossicazione del corpo dalle tossine.

L’Aloe Vera si ritrova anche in integratori con funzione lassativa, proprio per il loro contenuto in composti antrachinonici. L’effetto lassativo si manifesta circa 6-7 ore dopo l’assunzione. Ha azione protettiva per l’apparato digerente, contrasta la gastrite e riduce il colesterolo. L’Aloe Vera è utile infine per riattivare il metabolismo, dimagrire e combattere la cellulite, a tal proposito vai a questo articolo cliccando sul link

Controindicazioni, tossicità ed effetti collaterali

Gli estratti a base di Aloe Vera non presentano rilevanti controindicazioni o tossicità. Attenzione a non esagerare con gli integratori ad uso lassativo. Attenzione alle possibile interazione con farmaci che agiscono a livello cardiaco, diuretici ed anticoagulanti piastrinici. Attenzione alle possibili allergie: alcune creme a base di Aloe Vera possono scatenare forti dermatiti.

Un ottimo integratore di Aloe Vera, è questo: https://amzn.to/3wMFyYM

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Il chitosano fa davvero perdere grasso e diminuire il colesterolo?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OBESITA GRASSO SOVRAPPESO DIETA DIMAGRIRE METRO ADDOME PANCIA GRASSOIl chitosano è comunemente conosciuto come un integratore alimentare utile alla perdita di grasso corporeo. Il chitosano è un tipo di fibra alimentare ricavato dalla chetina, che a sua volta è ricavata dal guscio dei crostacei. La chetina in sé è un complesso di proteine e zuccheri che una volta era considerato un prodotto di scarto dell’industria dei crostacei. Ma quando si scoprì che il chitosano mostrava capacità di assorbimento di olio e grasso, trovò una nicchia nelle applicazioni industriali come mezzo per assorbire via l’unto. Questa proprietà non sfuggì all’attenzione dell’industria alimentare naturale che cominciò a commercializzare il chitosano come un “bloccatore di grassi”. La ragione per cui il chitosano riesce ad attrarre le particelle di grasso è che è un composto a carica positiva, mentre il grasso è a carica negativa. Questa differenza elettrochimica fa aderire il grasso al chitosano. Gli originari studi sul chitosano coinvolgevano topi e prendevano in esame la capacità del composto di abbassare il colesterolo. Tutti questi studi hanno indicato che il chitosano abbassa effettivamente il colesterolo, almeno nei roditori. Un problema con questi studi sugli animali è che le dosi di chitosano somministrate agli animali erano di gran lunga maggiori di quelle che qualunque essere umano potrebbe probabilmente ingerire. Quando lo stesso tipo di studi si focalizzava sugli esseri umani, il calo del colesterolo era ben più modesto.

Il chitosano e la perdita di grasso

Ma, il chitosano funziona altrettanto bene nella realtà – ad esempio in un normale organismo umano? Uno studio presentato all’11° Congresso Europeo sull’Obesità, avendo notato le discrepanze nella ricerca esistente sul chitosano, ha cercato di determinare l’efficacia dell’integratore. Lo studio prevedeva un disegno randomizzato, in doppio-cieco, controllato con placebo per assicurare accuratezza scientifica. I soggetti dello studio erano costituiti da 50 donne obese, assegnate a caso o ad un gruppo con chitosano o ad un gruppo con placebo. I soggetti nel gruppo con chitosano ingerivano capsule di chitosano, 2 capsule, tre volte al giorno prima di ogni pasto; ogni capsula conteneva 750 milligrammi di chitosano. Entrambi i gruppi seguivano la stessa dieta, contenente solo 1.000 calorie al giorno. Dopo 6 mesi, i soggetti nel gruppo con chitosano avevano perso 12,3 Kg di grasso corporeo rispetto a 7,4 Kg nel gruppo con placebo. Le donne nel gruppo con chitosano mostravano anche un significativo calo nella pressione sanguigna, che può essere collegato alla generale perdita di peso, sebbene nel gruppo con placebo l’abbassamento della pressione sanguigna fosse considerevolmente più ridotto. Nessuno dei due gruppi registrava alcun cambiamento nella massa magra. Gli autori di questo studio fanno notare che i risultati ottenibili dal chitosano possono dipendere da fattori come la solubilità del prodotto, il peso molecolare e la viscosità. Ciò implica che il chitosano a buon mercato può non funzionare.

Gli studi contrari

L’effetto di blocco del grasso da parte del chitosano è tornato in questione con la pubblicazione di un altro studio più recente che invece sembra aver confermato l’assenza di effetto bloccante sul grasso ad opera di capsule di chitosano. In questo studio, 15 uomini consumavano 5 pasti al giorno per 12 settimane, senza alcuna limitazione energetica: era, cioè, consentito loro mangiare quello che volevano. Durante un periodo di controllo di 4 giorni, gli uomini non assumevano integratori. Durante un periodo di altri 4 giorni, i soggetti ingerivano 2 capsule, cinque volte al giorno contenenti in totale 4,5 grammi di chitosano. Le capsule erano ingerite 30 minuti prima dei pasti.
I soggetti dello studio consumavano in media 132 grammi di grasso al giorno. Secondo i proclami che pubblicizzano il chitosano, i soggetti avrebbero dovuto legare ed espellere 44 grammi di grasso. In realtà, comunque, i soggetti espulsero solo 1,1 grammi di grasso. In base a ciò, la reale capacità del chitosano di legare grasso fu stimata essere di 0,25 grammi di grasso per grammo di chitosano ingerito. Perciò, per ottenere una riduzione del 50% nella digeribilità di grasso, i soggetti avrebbero dovuto ingerire 264 grammi di chitosano, cioè 587 capsule al giorno. Con un’assunzione di 10 capsule di chitosano al giorno, ci vorrebbero 778 giorni per perdere 1 Kg di grasso.

Assorbimento di altri nutrienti

Alcune prove indicano che combinare chitosano con vitamina C lo fa funzionare meglio. D’altra parte, il chitosano può bloccare l’assorbimento delle vitamine liposolubili, come le vitamine A, D, E, e K, così come i carotenoidi quali beta-carotene e licopene. Il chitosano può anche influenzare negativamente l’assorbimento di flavonoidi e zinco. Le persone con qualsiasi allergia ai crostacei di qualunque tipo devono assolutamente evitare di assumere integratori di chitosano. Sommate tutto questo, e potete concludere che l’effetto di perdita di peso fornito dal chitosano è relativamente modesto, così come lo è il suo effetto sull’abbassamento dei lipidi ematici, come il colesterolo. Il problema principale con il chitosano non è la sua efficacia, ma il modo in cui la sostanza è stata super-promossa: il prodotto funziona ma non quanto dicono le pubblicità!

Pubblicità ingannevole

I proclami pubblicitari asseriscono che la semplice assunzione di chitosano prima di un pasto ad alto apporto di grassi “neutralizza” queste calorie grasse, consentendovi così di mangiare quello che volete impunemente. Ma la triste verità è che una simile panacea alimentare non esiste ancora. Non esiste niente, contrariamente a quanto potreste leggere o sentir dire, che sostituisca un’alimentazione corretta unita ad esercizio fisico. Forse un giorno questo tipo di sostanze saranno prodotte, ma nel frattempo l’unico modo conosciuto per liberarsi del grasso corporeo è bruciarlo attraverso il sangue, il sudore e qualche volta le lacrime di un duro, regolare allenamento e regime dietetico.

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Lo Staff di Medicina OnLine

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