Differenza tra trauma contusivo e distorsivo

Trauma

Un “trauma” nel nostro organismo si verifica quando una forza esterna di vario tipo ed intensità colpisce il corpo in un dato punto, ad esempio un trauma cerebrale può essere determinato da qualsiasi forza che agisca a livello del cranio, mentre una frattura dell’osso femore si determina quando una forza esterna agisca a livello appunto del femore. La forza Continua a leggere

Differenza tra trauma e frattura

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Un “trauma” nel nostro organismo si verifica quando una forza esterna di vario tipo ed intensità colpisce il corpo in un dato punto, ad esempio un trauma cerebrale può essere determinato da qualsiasi forza che agisca a livello del cranio, mentre una frattura dell’osso femore si determina quando Continua a leggere

Differenza tra trauma, contusione e trauma contusivo

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Un trauma contusivo in questo caso ha generato un ematoma

Trauma

Un “trauma” nel nostro organismo si verifica quando una forza esterna di vario tipo ed intensità colpisce il corpo in un dato punto, ad esempio un  Continua a leggere

Differenza tra trauma diretto e indiretto

MEDICINA ONLINE ENCEFALOPATIA TRAUMATICA CRONICA FOOTBALL CALCIO FILM CONCUSSION ZONA D'OMBRA URTO DANNO CERVELLO SPORT CONTATTO CAUSEUn trauma nel nostro organismo si verifica quando una forza esterna di vario tipo ed intensità colpisce il corpo in un dato punto, ad esempio un trauma cerebrale può essere determinato da qualsiasi forza che agisca Continua a leggere

Differenza tra fratture patologiche, fisiologiche e da stress

MEDICINA ONLINE FRATTURA OSSO NORMALE FISIOLOGICA TRAUMATICA PATOLOGICA DA STRESS DURATA MICROFRATTURA OSTEOPOROSI METASTASI TUMORE ANZIANO CROLLO VERTEBRA Osteoporose healthy bone pathological fracture.jpgPer frattura si intende l’interruzione della continuità di un segmento osseo. In base alle cause che la generano è possibile differenziare tra due tipologie di frattura: patologica  e fisiologica (anche chiamata “frattura traumatica“). Se la frattura riguarda solo l’osso è detta “isolata”, mentre se coinvolge anche i legamenti è detta “associata”. Le fratture possono inoltre essere “composte” (quando i due monconi ossei risultano allineati tra loro), “scomposte” (in cui i due monconi non sono allineati)o “esposte” (i monconi rompono la cute ed arrivano a comunicare con l’esterno). Il punto preciso di interruzione è detto rima di frattura, mentre l’area circostante è definita focolaio di frattura. La differenza più importante, ai fini dell’argomento di questo articolo, è quella tra frattura di tipo traumatica, patologica o da stress:

  • fratture fisiologiche (o traumatiche): avvengono in un osso sano, con normale resistenza meccanica. Essendo le ossa di un adulto estremamente robuste, generalmente è necessario un trauma che possiede una forza medio-elevata per generare una frattura ossea. Sono le fratture più frequenti, diffuse soprattutto tra individui giovani ed adulti, specie se svolgono attività ad alto rischio di impatti violenti (come gli sportivi);
  • fratture patologiche: avvengono in un osso NON sano, con ridotta resistenza meccanica. Tale minore resistenza può essere determinata da molte patologie locali e sistemiche come osteoporosi, tumore osseo o metastasi ossea che indeboliscono progressivamente l’osso. Sono fratture meno frequenti, generalmente diffuse maggiormente tra gli anziani.

Quindi mentre una frattura fisiologica avviene in un osso sano che è stato sottoposto ad un trauma di potenza medio-alta, una frattura patologica invece avviene in un osso indebolito (a causa di una patologia). Per generare una frattura in un osso così indebolito è sufficiente un trauma di potenza medio-bassa.

Le fratture da stress (chiamate anche “fratture da durata”) avvengono su un osso sano a normale resistenza meccanica e sono causati da microtraumi ripetuti varie volte nel tempo. Tali microtraumi singolarmente sarebbero troppo deboli per generare un frattura traumatica, tuttavia, la loro ripetizione nel tempo, indebolisce progressivamente anche l’osso più robusto e lentamente ma inesorabilmente determinano lesione e frattura dell’osso. E’ tipica degli sportivi.

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Differenza tra frattura di LeFort I, II e III

MEDICINA ONLINE Fratture di LeFort 1 2 3 I II III CRANIO TESTA MAXILLO FACCIALE CHIRURGIA NEUROLOGIA CRANIO EMATOMA TRAUMA INCIDENTE OSSA ROTTURA CERVELLO ENCEFALO TRAUMATOLOGIA INCIDENTE STRADALE DIFFERENZA.pngCon “frattura di LeFort” (anche chiamata “frattura di Le Fort“) in medicina si intende un gruppo di fratture che interessano le ossa del cranio che tipicamente si verificano nei traumi facciali e sono potenzialmente molto pericolose per la sopravvivenza del paziente. Questo tipo di frattura deve il suo nome a René Le Fort, il chirurgo francese che per primo le classificò nella prima metà del ‘900. Il dottor Le Fort individuò la presenza di 3 paia di pilastri di resistenza (pari e simmetrici) che caratterizzano il terzo medio del volto. Questi sono:

  • pilastro anteriore (naso-frontale): inizia dall’apertura piriforme e segue la cornice orbitaria mediale, circondando inferiormente la regione canina;
  • pilastro laterale (zigomatico): dalla regione molare segue la parete laterale dell’orbita;
  • pilastro posteriore (pterigo-mascellare): dalla tuberosità del mascellare si porta ai processi pterigoidei dell’osso sfenoide.

Le linee di frattura nei traumi facciali tendono a presentarsi alla periferia delle zone attraversate da queste traiettorie, andando a determinare i diversi tipi di frattura LeFort.

Cause e fattori di rischio delle fratture di LeFort

Le fratture di LeFort sono determinate nella maggioranza dei casi da traumi diretti al volto ed alla testa in generale, ad esempio negli incidenti stradali, spesso associate a svariati altri traumi che interessano il resto del corpo. Le fratture di LeFort possono essere anche favorite da svariati fattori, come:

  • fattori locali: processi infettivi aspecifici e specifici, tumori maligni e benigni, cisti, ritenzione dentaria;
  • fattori generali: osteomalacia e osteopetrosi, iperparatiroidismo, osteoporosi senile, tossicosi professionali da fosforo o da fluoro.

In questo caso si parla di fratture patologiche, cioè quelle fratture che si verificano su tessuti interessati da cedimento strutturale interno dovuto ad una patologia sottostante che può essere sistemica o locale.

Diagnosi delle fratture di LeFort

La diagnosi delle fratture di LeFort viene effettuata grazie all’esame obiettivo (in cui il palato risulta spesso innaturalmente mobile) supportato da un esame TAC della testa e del collo che nella maggioranza dei casi è capace di mostrare chiaramente il tipo di frattura. Affinché vengano classificate come LeFort, le fratture devono coinvolgere i processi pterigoidei dello sfenoide, questi sono visibili posteriormente ai seni mascellari in una TC assiale, e inferiormente al bordo orbitale in proiezione coronale.

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Frattura di LeFort I (frattura bassa od orizzontale)

Frattura di LeFort I, detta anche bassa o orizzontale, può risultare da una forza diretta verso il basso sul bordo alveolare della mascella. È conosciuta anche come frattura di Guérin, o palato fluttuante, e coinvolge solitamente la porzione inferiore dell’apertura piriforme. La frattura si estende dal setto nasale ai bordi laterali dell’apertura piriforme, si dirige orizzontalmente al di sopra degli apici dentari, incrocia sotto la sutura zigomatico-mascellare e attraversa la sutura sfeno-mascellare fino ad interrompere i processi pterigoidei dello sfenoide. I sintomi di una LeFort I sono principalmente:

  • leggero gonfiore del labbro superiore,
  • ecchimosi presente nel fornice superiore sotto gli archi zigomatici,
  •  malocclusione,
  • mobilità dentaria.

È presente il segno di Guérin, caratterizzato da ecchimosi nella regione dei vasi palatini maggiori. Le fratture LeFort I possono essere quasi immobili, e si può percepire il caratteristico stridore solamente applicando una pressione sui denti dell’arcata superiore. La percussione dei denti dell’arcata superiore rivela un suono detto a pentola fessa.

Alcuni sintomi possono essere presenti sia nella LeFort I che nella LeFort II, come:

  • edema dei tessuti molli nel terzo medio del volto;
  • ecchimosi bilaterale circumorbitale;
  • emorragia bilaterale sottocongiuntivale;
  • epistassi;
  • rinorrea di liquido cerebrospinale;
  • diplopia;
  • enoftalmo.

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Frattura di LeFort II (frattura media o piramidale)

Frattura di LeFort II, detta anche media o piramidale, può risultare da un trauma alla mascella media o inferiore, e di solito coinvolge il bordo inferiore dell’orbita. Tale frattura ha una forma piramidale, e si estende dalla radice del naso, al livello, o appena al di sotto, della sutura naso-frontale, attraversa i processi frontali dell’osso mascellare, si dirige quindi lateralmente e verso il basso attraverso le ossa lacrimali e il pavimento inferiore dell’orbita, riaffiora attraverso o in vicinanza del forame infraorbitario ed inferiormente attraverso la parete anteriore del seno mascellare; procede quindi al di sotto dello zigomo, attraverso la fessura pterigomascellare per terminare sui processi pterigoidei dello sfenoide. I sintomi di una LeFort II sono principalmente:
  • gradino sul bordo infraorbitario;
  • porzione media del volto mobile;
  • anestesia o parestesia della guancia (da danno al nervo infraorbitario);
  • suono a pentola fessa.

Frattura di LeFort III (frattura alta, trasversale o disgiunzione cranio-facciale)

Frattura di LeFort III, detta anche alta, trasversale o anche disgiunzione cranio-facciale, coinvolge solitamente l’arco zigomatico. Può avvenire in seguito ad impatto sulla radice del naso o sulla parte superiore dell’osso mascellare. Questa frattura inizia presso la sutura fronto-mascellaree la naso-frontale, si estende posteriormente lungo la parete mediale dell’orbita attraverso il solco nasolacrimale e l’etmoide. Lo spessore dello sfenoide posteriormente di solito previene la continuazione della frattura nel canale ottico. La frattura prosegue quindi lungo il pavimento dell’orbita, lungo la fessura orbitaria inferiore e continua superiormente e lateralmente attraverso la parete laterale dell’orbita, attraverso la sutura zigomatico-frontale e l’arco zigomatico. All’interno del naso, un ramo della frattura si estende attraverso la base della lamina perpendicolare dell’etmoide, attraverso il vomere e verso i processi pterigoidei alla base dello sfenoide. Questo tipo di frattura predispone maggiormente il paziente alla rinorrea di liquido cerebrospinale rispetto agli altri due. I sintomi di una LeFort III sono principalmente:
  • morbidezza e separazione della sutura zigomatico-frontale;
  • allungamento del volto;
  • depressione dei livelli oculari;
  • enoftalmo;
  • incapacità a mantenere le palpebre aperte;
  • alterazione del piano occlusale.

Terapia delle fratture di LeFort

La terapia prevede la riduzione, la contenzione o interventi chirurgici di osteosintesi o cerchiaggio.

Quale medico si occupa delle fratture di LeFort?

La cura di questo tipo di frattura è principalmente deputato al chirurgo maxillo-facciale, un medico specializzato nella terapia chirurgica di un gran numero di traumi e lesioni che interessano bocca, mascella, mandibola, viso e collo. La cura di una frattura di LeFort, visto anche l’eventuale interessamento di palato, denti, encefalo e – in ultima istanza – le problematiche estetiche nel volto che determina, implica, nelle varie fasi dell’iter terapeutico, un team che comprende un gran numero di specialisti in vari campi sanitari, come neurologi, neurochirurghi, ortopedici, dentisti, otorinolaringoiatri, chirurghi plastici, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti e psicologi.

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Piaghe e lesioni da decubito: l’importanza della prevenzione delle “ferite difficili”

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Piede diabetico

Con “piaga” in medicina ci si riferisce ad un tipo particolare di ferita, caratterizzata dall’interruzione di uno o più tessuti esterni del corpo e provocata dall’ischemia (interruzione dei vasi sanguigni) e conseguente necrosi (morte cellulare) della cute e, in caso di piaga grave, dei tessuti sottostanti. Spesso le piaghe sono definite “ferite difficili” proprio perché – al contrario di ciò che avviene nella maggioranza delle ferite – le piaghe tendono ad essere “ferite croniche”, ovvero che non guariscono entro i 60 giorni dalla loro comparsa.  L’interruzione del flusso sanguigno, che porta alla morte del tessuto ed alla formazione della piaga, può essere determinata da varie cause esterne ed interne al corpo.

Cause di piaga

Una delle cause esterne più frequenti di piaga sono le lesioni da decubito, cioè ferite che compaiono gradualmente in seguito alla pressione del peso del corpo su uno stesso punto della pelle, che viene compressa tra la prominenza ossea, (esempi tipici: anca o tallone) contro il letto o una sedia a rotelle. Le lesioni da decubito sono tipiche di persone che per motivi di disabilità fisica o anche psichica, hanno mobilità limitata o sono costretti a letto per lunghi periodi (coma, paralisi, frattura di femore in anziano…). La causa eziologica principale della piaga in questo caso è la pressione cronica, tuttavia è innegabile che la lesione è favorita da altri fattori, come ad esempio l’età avanzata del paziente o patologie croniche della circolazione.

Insufficienza del circolo e diabete

Altri esempi di causa di piaga sono le insufficienze di arterie e vene, per cui non arriva il corretto apporto di sangue nel tessuto cutaneo, specie negli arti, poiché sono zone dette “periferiche” e la pressione in essi è inevitabilmente minore rispetto alle zone centrali del corpo, più vicine al cuore. Ancora un’altra causa tipica può essere la patologia diabetica, la quale se non curata determina un danno nel microcircolo che porta ad ipoperfusione di parti del tessuto che vanno incontro facilmente ad ulcerazione, tipicamente ai piedi (vedi foto in alto).

L’importanza della prevenzione

La guarigione da una piaga è quindi molto lenta e spesso risulta difficile, se non impossibile, rimuovere la causa che l’ha determinata: ad esempio risulta difficile impedire la formazione di piaghe da decubito in un paziente tetraplegico. Per tale motivo l’attenzione del medico, dell’infermiere e dell’OSS dovrebbe essere focalizzata soprattutto nella prevenzione della comparsa di questo tipo di ferite (ad esempio mobilizzando passivamente periodicamente il paziente) piuttosto che nella cura, spesso molto complessa, specie se la piaga va in profondità e/o si infetta, mettendo in alcuni casi addirittura a rischio la vita del paziente.

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Lo smog fa male alle ossa: aumenta il rischio di osteoporosi e fratture

MEDICINA ONLINE INQUINAMENTO SMOG CANCRO CANCEROGENO FUMO INDUSTRIA SCARTI NUCLEARE TECNOLOGIA METALLI PESANTI PM10 NANOPARTICELLE MOLECOLE INDUSTRIALE OCCIDENTE TUMORE ARIA OSSIGENO.jpgL’inquinamento porta molti danni all’organismo, tra cui l’indebolimento delle ossa, fatto che favorisce l’osteoporosi: è questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health condotto presso la Columbia University’s Mailman School of Public Health. Dalla ricerca emerge che i ricoveri per frattura aumentano al crescere dell’inquinamento atmosferico ed evidenzia che lo smog si associa a perdita di densità ossea (condizione tipica dell’osteoporosi) e ridotta concentrazione di ormone paratiroideo nel sangue (l’ormone che presiede all’assorbimento del calcio e ha un ruolo nella mineralizzazione delle ossa).

Lo studio

La ricerca si è svolta in due tempi: nella prima parte gli esperti hanno studiato 9,2 milioni di ricoveri per fratture legate a osteoporosi e hanno rilevato che anche un piccolo aumento delle concentrazioni di particelle inquinanti (particolato fine) porta a un aumento delle fratture tra gli anziani. Nella seconda parte del lavoro gli esperti hanno studiato 692 individui di mezza età e visto che coloro che vivono in aree più inquinate presentano una minore densità ossea e minore concentrazione dell’ormone paratiroide.

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