Paura: cause, gradi, timore, ansia, fobia, panico, terrore ed orrore

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA IRA PAURA VILENZA ABUSO TERRORE SCARED FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICHIATRIA.jpgLa paura è un’emozione primaria, comune sia al genere umano sia al genere animale. Il Galimberti così la definisce:

“Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga”.

Nelle paure c’è quindi la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza o la nostra integrità biologica o quella delle persone a noi più vicine. L’emozione della paura si proietta nel futuro: qualcosa di brutto accadrà a noi o agli altri, pertanto spinge il soggetto ad aggredire per eliminare o allontanare l’oggetto della paura (condotte aggressive) o al contrario fuggire da questo per evitare il danno che potrebbe procurarci (condotte di evitamento dall’oggetto fobico).

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Reazioni

La paura è un’emozione dominata dall’istinto (cioè dall’impulso) che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una suffragata situazione di pericolo; irrompe ogni qualvolta si presenti un possibile cimento per la propria incolumità, e di solito accompagna ed è accompagnata da un’accelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni fisiologiche difensive.

Principali controffensive alla paura possono essere:

  • intensificazione delle funzioni fisiche e cognitive teoretiche con relativo innalzamento del livello di accortezza;
  • difficoltà di applicazione intellettiva;
  • fuga;
  • protezione istintiva del proprio corpo (cuore, viso, organi genitali);
  • ricerca di aiuto (sia articolato, sia racchiuso);
  • calo della temperatura corporea;
  • sudorazione;
  • aumento adrenalinico;
  • aumento dell’ansia.

La paura è talvolta causa di alcuni fenomeni di modifica comportamentale permanenti, identificati come sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che si possano verificare situazioni, apparentemente normalissime, ma che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. In questo senso, la paura perde la sua funzione primaria, legata alla naturale conservazione della specie, e diventa invece l’espressione di uno stato mentale. La paura di oggetti o contesti può essere appresa; negli animali questo effetto è stato studiato e prende il nome di paura condizionata, che dipende dai circuiti emozionali del cervello.

Gradi della paura

La paura ha differenti gradi di intensità a seconda del soggetto: persone che vivono intensi stati di paura hanno sovente atteggiamenti irrazionali. La paura, come l’ira, può essere una risposta al dolore o alla sua percezione. Se un individuo impaurito è costretto ad attaccare, l’ira può prendere il sopravvento e la paura svanire. In tal senso alcuni atteggiamenti derivanti dagli stati di paura possono essere considerati pericolosi, quando si tramutano in rabbia. La paura può essere descritta con termini differenti a seconda del suo grado di intensità:

  • timore;
  • ansietà;
  • paura;
  • fobia;
  • panico;
  • terrore;
  • orrore.

Timore

Il timore è la forma meno intensa della paura e si determina quando una situazione promette piacere ma, al tempo stesso, anche dolore: c’è la percezione della possibilità di perdere il piacere, ma ci si muove ancora verso di esso.

Ansia

In questo caso la minaccia del dolore e quella del piacere si equivalgono generando una situazione di conflitto nell’attesa di qualche indizio capace di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Paura

La paura emerge quando il contesto è dominato dalla minaccia del dolore o dalla sua percezione: in questo caso si è pervasi dal desiderio di scappare o comunque di allontanarsi dalla fonte di dolore, sia questa reale o immaginaria, di ogni tipo o forma essa sia.

Fobia

Quando l’ansia di fronte a un determinato oggetto, animale o evento è notevole e non può essere controllata dalla ragione si parla di fobia. Questa provoca una reazione notevolmente sproporzionata rispetto alla situazione che si sta affrontando. Per tale motivo il soggetto che presenta delle fobie evita accuratamente tutte le situazioni che potrebbero scatenare la sua ansia. Pertanto la sua vita sociale ne può risentire notevolmente. Ne sono un esempio la claustrofobia, l’agorafobia, la centrofobia.

Panico

Quando la paura è massima ed è carica di un presentimento di morte si definisce panico. Questo per Galimberti U. è un “episodio acuto d’ansia caratterizzato da tensione emotiva e terrore intollerabile che ostacola un’adeguata organizzazione del pensiero e dell’azione.” La situazione di panico è correlata alla claustrofobia.

Terrore

Il terrore è la forma estrema della paura, di intensità ancora maggiore al panico, dove l’impulso a scappare è talmente elevato da ricercare una soluzione immediata: in questo caso l’individuo sceglie di ritirarsi dentro se stesso. Il terrore è una vera propria fuga verso l’interno, la muscolatura si paralizza nel tentativo di ridurre la sensibilità dell’organismo durante l’agonia (immaginata o reale).

Orrore

Per orrore si intende un sentimento di forte paura e ribrezzo destato da ciò che appare crudele e ripugnante in senso fisico o morale. Per estensione, orrore può indicare un fatto, un oggetto o una situazione che desta tale sentimento.

Cause organiche

Secondo la concezione costituzionalistica vi sarebbero delle cause genetiche in quanto vi è una più elevata concordanza del disturbo nei gemelli omozigoti e una più elevata incidenza fra gli ascendenti e collaterali. Le indagini neurochimiche hanno messo in evidenza una disfunzione serotoninergica. Le neuroimmagini suggeriscono una disfunzione dei circuiti striato-talamo-corticali.

Cause affettivo – relazionali

Le paure possono essere legate a un trauma specifico. Ad esempio la paura del cane può essere legata a un episodio aggressivo da parte di questo animale, vissuto dal bambino. Tuttavia buona parte delle paure non sono legate ad alcun trauma specifico. Esse nascono da una sofferenza interiore del bambino, dovuta ad un’educazione non idonea o ad un ambiente particolarmente disturbato, stressante o che presenta o ha presentato in passato, scarsa attenzione e considerazione nei confronti dei suoi bisogni affettivo – emotivi. Questa sofferenza genera in lui un’immagine negativa e quindi paurosa, del mondo che lo circonda.

Le paure, inoltre, possono nascere da un contagio genitoriale o familiare nel senso che le ansie e le paure dei genitori o dei familiari si riversano sui figli generando anche in questi ansie e paure, sia per imitazione sia a causa di un ambiente particolarmente stressante e angoscioso, poco o nulla confacente ad un sano sviluppo nel quale i piccoli sono costretti a vivere.

Per la psicoanalisi le paure nascono quando sono presenti dei pensieri di tipo sessuale o aggressivo che vengono censurati. Questi pensieri minacciano di emergere dall’inconscio, per cui si attivano una serie di meccanismi di difesa, che determinano lo spostamento dell’ansia, dalla pulsione temuta verso un oggetto o una situazione esterna che presenta una qualche connessione simbolica con essa.

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Siete stati cresciuti da un genitore narcisista? Ecco i 6 segni che lo indicano

MEDICINA ONLINE FATHER PADRE SON SONS FIGLIO MAN UOMO GENITORE FAMILY FAMIGLIA MADRE MENTE CERVELLO CRESCITA BAMBINO BIMBO AMORE FAMIGLIARE COMPONENTI MADRE PATRIGNO PROBLEMI ANAFFETTIVOPer gli estranei vostro padre è una sorta di potentissima “calamita sociale” capace di attirare persone delle più svariate estrazioni. Vostra madre è la donna perfetta, che cerca di accontentare tutti e si destreggia tra mille cose con estrema facilità. Ma una volta chiusa la porta di casa, la messinscena sparisce. Solo tu, come figlio, sai cosa significa sopportare la loro freddezza per giorni, magari dovuta a una banale sciocchezza. O tollerare il peso delle loro continue pretese di “perfezione” e dimostrazioni di forza, non sempre appropriate per la tua età. Tu solo sai cosa significa avere dei genitori narcisisti.

Il disturbo narcisistico di personalità è uno dei 10 disturbi di personalità descritto nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tra le più auterevoli guide psichiatriche. I narcisisti tendono ad avere un’autostima esagerata e fondano la loro identità sulle lodi e le approvazioni altrui. Le loro relazioni personali sono superficiali e basate prevalentemente su come le altre persone li vedono, con pochissima (o nessuna empatia) per l’esperienza altrui.

Sono convinti di essere migliori delle altre persone, ma tendono a provare anche un forte senso di vergogna per le critiche che ricevono o per gli errori che commettono. I ricercatori stimano che meno dell’1% della popolazione generale sia affetta dal disturbo “conclamato”, ma il 2-16% delle persone che si rivolgono a uno specialista mostra dei segnali. Di solito sono le persone care a convincerli a cercare aiuto per non rovinare rapporti, carriera o altri aspetti positivi della loro vita, come spiega la psicologa Wendy Behary, fondatrice del centro di Terapia cognitiva del New Jersey e autrice del libro “Disarming the Narcissist: Surviving and Thriving with Self-Absorbed”.

Ma i figli dei narcisisti spesso si trovano in una posizione scomoda e raramente insistono affinché i genitori cerchino aiuto. Anzi, possono anche non comprendere a pieno la natura dei loro genitori finché non sono loro stessi a rivolgersi ad uno specialista, come ha spiegato Behary che aiuta le persone con Disturbo narcisistico di personalità e le loro “vittime”. Mentre i narcisisti sono di diverse “specie” e mostrano sintomi che variano all’interno di uno spettro, la dottoressa Behary sottolinea che ci sono pochi elementi per stabilire se un adulto è stato cresciuto da un genitore narcisista. Nei punti elencati di seguito, insieme allo psicologo Craig Malkin, analizza le caratteristiche di un genitore narcisista suggerendo cosa dovrebbe fare un adulto per interrompere il circolo vizioso delle sue decisioni autolesioniste.

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1) Sei un vero e proprio zerbino

Un genitore narcisista è capace di calpestare un’intera famiglia per soddisfare i suoi desideri, senza dare troppa importanza ai bisogni altrui. Per questo motivo, da adulti, i figli dei narcisisti tendono a “espiare” la colpa dei genitori e si fanno in quattro per assicurarsi che nessuno si accorga del problema. Oppure si sono sentiti dire per una vita intera che i loro bisogni sono irrilevanti. In ogni caso, il risultato è lo stesso: lasciano che la gente li calpesti perché non sono riconoscono le loro necessità e non sanno come esternarle. Non sono capaci di dire “Io conto” oppure “Ho delle esigenze” perché credono sia narcisistico. Come ha spiegato la dottoressa Behary: “Cercando con tutte le forze di non essere narcisisti finiscono per essere calpestati da chiunque”. “Ho avuto clienti con genitori capaci di farli sentire malati, pazzi o egoisti semplicemente perché esplicitavano delle esigenze elementari. Uno dei miei clienti si sentiva così “inutile” e spaventato da essere tormentato dagli incubi. Indietreggiava di fronte a qualsiasi figura autoritaria perché nella sua mente riaffiorava il ricordo del padre”.

Cosa fare: imparate quanto più potete sul narcisismo, così da essere in grado di identificare i messaggi disfunzionali che vi hanno accompagnato durante la crescita ed iniziare a lavorare per sconfiggerli.  “Se incontro una persona cresciuta da un genitore narcisista (o se qualcosa mi lascia intendere che mi trovo di fronte ad un caso simile) è molto importante per me assicurarmi che comprenda il narcisismo in ogni sua sfumatura”, spiega Behary. “Insieme, capiamo il tipo di narcisismo del genitore e soprattutto rintracciamo la parte della personalità del cliente che è state soffocata durante il suo percorso di vita”.

2) Hai paura di essere un narcisista a tua volta

Alcuni bambini credono che l’unico modo per evitare di essere ridicolizzati e maltrattati sia comportarsi come i loro genitori e, negli anni, questa tecnica di sopravvivenza diventa il loro unico approccio verso il mondo. Una volta adulti, i soggetti che hanno adottato questi meccanismi di difesa possono avere atteggiamenti denigratori o offensivi verso gli altri perché temono (sin da bambini) che, se non mostrano la loro forza per primi, saranno schiacciati proprio come accadeva quando erano piccoli, spiega Malkin. “I bambini molto determinati, più estroversi sin dalla nascita, spesso diventano narcisisti. Alla base del loro comportamento c’è il concetto: “Se non puoi sconfiggerli, allora fai come loro”.

Cosa fare: rivolgetevi ad uno specialista che vi aiuti ad abbandonare questo modello comportamentale “abusante”, soprattutto se avete un partner e/o dei figli.  “I figli dei narcisisti, che a loro volta tendono a sminuire e denigrare gli altri, non sono casi disperati ma devono rimboccarsi le maniche e lavorare duramente sul lato emotivo”. Devono essere a loro agio nel sentire ed esprimere anche le emozioni che li mostrano vulnerabili come la tristezza, il senso di solitudine e la paura”

3) Ti senti in competizione con i tuoi fratelli

I narcisisti non sanno porsi dei limiti personali e vedono le altre persone come delle loro estensioni. Nelle famiglie numerose, uno dei figli può essere scelto per “rispecchiare” i pregi del genitore narcisista. Riceve maggiori attenzioni più elogi e supporto, ma è sempre sotto pressione. Di contro, l’altro figlio può essere il bersaglio delle frustrazioni genitoriali e diventa un vero e proprio capro espiatorio, costretto a sopportare il peso di non riuscire mai farne una giusta rispetto al fratello “prescelto”. Si tratta di due diverse proiezioni della personalità narcisitica del genitore, ma il figlio “prediletto” e il capro espiatorio avranno due infanzie molto diverse, cosa che li metterà l’uno contro l’altro anche da grandi.

Cosa fare: condividete con i vostri fratelli quanto avete imparato. Se siete stati i figli prescelti probabilmente nutrite rancore verso i vostri fratelli perché non hanno subito la pressione cui eravate soggetti voi. Ma se siete i “capri espiatori” potreste avercela con i vostri fratelli perché tutti gli elogi e la gloria sono stati riservati a loro, lasciandovi a bocca asciutta. È importante capire che il narcisista mette le persone una contro l’altra allo scopo di soddisfare le proprie esigenze e che questa dinamica non è da ricondurre ad una colpa dei figli.  “I narcisisti amano mettere le persone su un piedistallo, quasi quanto amano buttarle giù. Le persone perfette non deludono, così “idolatrare” i propri figli è un modo per evitare la preoccupazione di essere delusi o feriti. Eleggere i capri espiatori ha lo stesso scopo. Mette il narcisista nelle condizioni di non aspettarsi troppo e di non preoccuparsi di un’eventuale delusione, perché nessuno ripone le proprie speranze in una persona che considera inutile”.  C’è una speranza per i fratelli che hanno ricevuto questo trattamento da bambini, anche se alla fine l’unico collante dovesse rivelarsi la loro esperienza comune alle prese con un genitore narcisista, spiega la dottoressa Behary. “Possono riscoprirsi molto legati l’uno all’altro. Sono come ostaggi che attraversano diverse fasi di tortura”.

4) Ti senti più un ‘partner’ che un figlio

Non tutti i narcisisti hanno una personalità sfrontata e impudente. A qualcuno piace attirare l’attenzione facendo la vittima o descrivendo i propri problemi come più gravi di qualsiasi dilemma altrui. A volte, cercano di controllare le azioni degli altri minacciando di farsi del male se le cose non vanno come dicono loro. Chi ha avuto questa tipologia di genitore narcisista può percepire la propria infanzia come una corsa continua per cercare di spegnere un fuoco dopo l’altro. Come il tentativo perenne di mantenere la pace per non ferire nessuno. Alcuni clienti della dottoressa Behary hanno ammesso di essersi sentiti come dei partner per i loro genitori, ciò significa che erano loro a supportare emotivamente la figura genitoriale e non il contrario. Oppure sentono di aver passato la loro esistenza ad arginare la rabbia del padre nei confronti del resto della famiglia.  “Questi bambini sentono di dover gestire da soli una situazione drammatica. Per farlo, rinunciano a molte delle loro esigenze di bimbi”.

Cosa fare: prendetevi del tempo per riconoscere il bambino che è ancora dentro di voi, che aveva ed ha ancora dei bisogni. La dottoressa Behary invita ad usare il potere dell’immaginazione (magari coadiuvato da foto dell’infanzia) per riconoscere le esigenze emotive che non sono state prese in considerazione e che ancora non vengono soddisfatte dalle figure genitoriali.  “Quel bimbo sta ancora soffrendo ed ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui. Ha bisogno di sentirsi in pace, deve sapere che anche lui ha dei diritti”, spiega la dottoressa Behary.

Leggi anche: Le 8 tattiche usate dai narcisisti per controllare le conversazioni

5) La tua autostima si basa unicamente sui risultati che ottieni

Alcuni figli di narcisisti credono che il solo modo per andare avanti nel mondo sia imitare i propri genitori. La loro autostima deriva da quanto “producono”, dalla loro performance lavorativa e dal risultato ottenuto. Anche se non sono afflitti dalla scarsa autostima e dallo schiacciante senso di vergogna di un vero narcisista, alcuni adulti possono diventare dei veri e propri maniaci del lavoro. Hanno imparato che la loro resa lavorativa è l’unica cosa che può definirli come persone. “Il figlio di un narcisista impara che conta solo quanto produce. È un atteggiamento simile a quello del narcisista vero e proprio, ma i figli spesso non hanno la stessa sfrontatezza e sono più distaccati e introversi”, dice la Behary.

Cosa fare: cercate di empatizzare con le figure genitoriali, suggerisce la dottoressa. Non dovete essere dispiaciuti per loro, ma potrebbe essere utile “entrare” nelle emozioni e nelle scelte di un’altra persona per capire i suoi pensieri e le sue decisioni anche se non siete d’accordo. La dottoressa Behary sa che questi soggetti soffrono anche perché le tecniche di sopravvivenza sviluppate da bambini possono ritorcersi contro di loro in età adulta. Anche se alcuni ricercatori credono che ci sia un fondamento biologico che rende certe persone più esposte al narcisismo, altri affermano che il disturbo derivi da un complesso insieme di fattori, inclusi l’aver ricevuto critiche troppo severe o, al contrario, essere stati troppo elogiati durante l’infanzia. Questo porterebbe il bambino a “proteggere” la scarsa autosima con un’immagine forte, che rasenta la perfezione. Inoltre lo rende particolarmente bisognoso di conferme, ammirazione e complimenti per sentirsi “normale”, rendendolo allo stesso tempo particolarmente sensibile alle critiche. “Tengo molto ai pazienti con cui lavoro perché so che soffrono. Gli altri potrebbero pensare che sono troppo morbida con loro. Anche se li ritengo responsabili dei loro comportamenti negativi, non li incolpo per la formazione che hanno ricevuto”. La dottoressa Behary sa però che, sebbene i suoi pazienti non abbiano colpe per il loro modo di essere, è loro responsabilità (non dei figli) fare qualcosa a riguardo.

6) Non hai alcuna percezione di te stesso, dei tuoi desideri, delle tue esigenze o dei tuoi obiettivi

Un tratto rivelatore di una personalità narcisistica è il senso di superiorità, di grandezza, la convinzione di essere migliore degli altri anche senza avere prove che lo giustifichino. I genitori narcisisti possono considerarsi una specie di “élite”. Spesso però il fatto di non aver raggiunto un certo livello di successi, li porta a vivere “per interposta persona” , attraverso i figli e i loro risultati. Molti figli di narcisisti ammettono: “Non so come ho iniziato questa carriera, non era ciò che volevo davvero”. Oppure: “Mi sono sempre sentito come una sorta di riflesso di mia madre, non come una persona indipendente”.

Cosa fare: prendete in considerazione l’idea di diminuire o eliminare i contatti con i genitori manipolatori. Non tutti i narcisisti sono responsabili di abusi, come spiega Malkin. Ma i genitori che presentano forme estreme di narcisismo hanno il potere di far sentire i loro figli come dei “gusci vuoti”, una volta adulti. Per questo, a volte, la cosa più giusta da fare è limitare il contatto con queste relazioni tossiche, soprattutto se il genitore crede di non avere nulla di cui scusarsi. Malkin spiega che sono tre i segnali che dovrebbero convincere un adulto a valutare questa scelta: l’abuso, la negazione e la presenza di malattie mentali. Nessuno dovrebbe sopportare la violenza mentale o fisica e se i genitori non vogliono ammettere la presenza di un problema, ci sono poche propabilità di cambiare le cose. La malattia mentale (che in questo caso si baserà sulle bugie e su una manipolazione spietata) indica che i genitori non sono solo incapaci di mettersi nei panni altrui, ma probabilmente sono anche incapaci di entrare in empatia con gli altri. Possono perfino arrivare a non avere alcuna coscienza. “Queste persone sono responsabili al 100% della loro violenza e sono i soli che possono fermarla. Fino a quel momento, interagire con loro non è sicuro”, conclude Malkin.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Ipotesi di Sapir-Whorf e determinismo linguistico: esempi e spiegazione

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO Ipotesi di Sapir-Whorf e determinismo linguisticoIn linguistica, l’ipotesi di Sapir-Whorf (in inglese “hypothesis of linguistic relativity” o “Whorfianism” o “Sapir-Whorf hypothesis“, da cui l’acronimo SWH), conosciuta anche come “ipotesi della relatività linguistica” o semplicemente “relatività linguistica“, afferma che Continua a leggere

Debolezza senza perdita completa di coscienza: la lipotimia

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRLa lipotimia è una sensazione di improvvisa debolezza che non comporta la completa perdita della coscienza. Tuttavia esistono altre definizioni di lipotimia come breve e parziale perdita dello stato di coscienza con o senza sintomi neurovegetativi. Inoltre in letteratura è possibile trovare un altro termine “pre-lipotimia” per indicare i sintomi prodromi non seguiti dalla perdita dello stato di coscienza. Per questo motivo le recenti linee guida della Società Italiana di Cardiologia suggeriscono di evitare l’utilizzo di questi due termini, sebbene presente ancora in svariati testi di semeiotica, e di uniformarsi alla terminologia internazionale che distingue la sincope dalla presincope. Per pre-sincope o prodromo sincopale si intende l’insieme dei sintomi prodromi a cui può seguire la sincope ovvero la perdita transitoria dello stato di coscienza dovuta ad una ipoperfusione cerebrale acuta. La sincope può anche non essere preceduta dalla presincope.

Cause

Nella lipotimia si ha una transitoria ridotta ossigenazione del cervello in genere per un abbassamento della pressione arteriosa o della frequenza cardiaca. La causa può essere la stanchezza, il calore eccessivo, scarsa o cattiva ossigenazione nell’ambiente, emorragie, ustioni, traumi fisici o emotivi, ipoglicemia (basso tasso di zuccheri nel sangue) e così via. In generale le cause che possono causare sincope possono causare anche lipotimia. L’eziologia di natura cardiovascolare contraddistingue la lipotimia e la sincope dall’attacco epilettico.

Sintomi

È caratterizzata da segnali premonitori, quali pallore, sudore freddo, vertigini e nausea che vanno ad aggravarsi fino alla breve perdita di coscienza.

Terapia

La terapia si basa sulla diagnosi della causa che ha determinato la lipotimia e la cura di essa.

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Schizofrenia: cause familiari, genetica, ambiente, stupefacenti

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE TRISTE STANCHEZZA PSICOSOMALa schizofrenia è una psicosi cronica caratterizzata dalla persistenza di sintomi di alterazione del pensiero, del comportamento e dell’affettività, da un decorso superiore ai sei mesi, con forte disadattamento della persona ovvero una gravità tale da limitare le normali attività di vita della persona.

Quali sono le cause della schizofrenia?

Una combinazione di fattori genetici e ambientali gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della schizofrenia. Le persone con una storia familiare di schizofrenia e che soffrono di una psicositransitoria hanno una probabilità che va dal 20 al 40% di ricevere una diagnosi entro un anno.

Familiarità e genetica

Le stime di ereditarietà variano a causa della difficoltà a separare gli effetti della genetica da quelli dell’ambiente. Il rischio maggiore di sviluppare la schizofrenia si ha in presenza di un parente di primo grado con la malattia (6,5% di probabilità). Più del 40% dei gemelli omozigoti di pazienti con schizofrenia sono anch’essi colpiti. È probabile che molti geni siano coinvolti, ciascuno con piccoli effetti e con meccanismi di trasmissione e di espressione sconosciuti. Molte possibili cause genetiche sono state proposte, tra cui :

  • specifiche variazioni del numero di copie come per il gene NOTCH4 e loci delle proteine istoniche. Sembra che ci sia una significativa sovrapposizione tra la genetica della schizofrenia e quella del disturbo bipolare;
  • microdelezioni nella regione 22q11 sono associate a un rischio 30 volte superiore al normale di sviluppare la schizofrenia;
  • alcuni studi GWAS hanno trovato un legame tra la proteina 804A zinc finger e la schizofrenia.

Assumendo una base ereditaria, una domanda dalla psicologia evoluzionista è il motivo per cui geni che aumentano il rischio di psicosi si è evoluta, assumendo che la condizione sarebbe stata disadattiva da un punto di vista evolutivo. Un’idea è che tali geni siano coinvolti nell’evoluzione del linguaggio e della natura umana, ma a oggi queste idee rimangono poco più che di natura ipotetica.

Leggi anche: Cause della schizofrenia: fattori psicologici e neurologici

Cause ambientali

I fattori ambientali spesso agiscono come coadiuvanti e mai come principale causa di insorgenza della schizofrenia. Gli studi hanno dimostrato che vivere in un ambiente urbanizzato, durante l’infanzia o in età adulta, è correlato a un rischio doppio di sviluppare schizofrenia, anche prendendo in considerazione l’uso di droghe, il gruppo etnico e la dimensione del gruppo sociale. Altri fattori che giocano un ruolo molto importante sono l’isolamento sociale e le avversità sociali dovute all’immigrazione, la discriminazione razziale, problematiche familiari, la disoccupazione e condizioni abitative precarie. Una ricerca del 2010 ha stabilito che circa due terzi dei pazienti con schizofrenia avevano sperimentato eventi di violenza fisica e/o sessuale durante la loro infanzia.

Leggi anche: Schizofrenia: sintomi iniziali, violenza, test, cause e terapie

Abuso di sostanze stupefacenti

L’assunzione di un certo numero di farmaci è stato associato allo sviluppo della schizofrenia, compresi la cannabis, la cocaina e le anfetamine. Circa la metà di coloro che presentano una diagnosi di schizofrenia fa un uso eccessivo di droghe o alcol. Il ruolo della cannabis potrebbe essere causale, ma altri farmaci possono essere utilizzati dai pazienti schizofrenici come meccanismi di adattamento per affrontare la depressione, l’ansia, la noia, la solitudine. La cannabis è associata a un aumento, dose-dipendente, del rischio di sviluppare un disturbo psicotico. L’utilizzo frequente è correlato a un rischio doppio di sviluppare psicosi e schizofrenia. Mentre la cannabis viene accettata come concausa di schizofrenia da molti, il suo ruolo rimane, tuttavia, controverso. Le anfetamine, la cocaina e, in  misura minore, l’alcol possono portare allo sviluppo di una psicosi che si presenta in modo molto simile alla schizofrenia. Nonostante non si ritenga che possa essere causa della malattia, molte persone con schizofrenia fanno un uso di nicotina molto maggiore rispetto alla popolazione in generale.

Leggi anche: Come riconoscere uno schizofrenico: primi sintomi di schizofrenia

Fattori relativi allo sviluppo

La presenza nella madre di problematiche quali infezioni, ipossia, stress e malnutrizione durante lo sviluppo fetale possono causare un leggero aumento del rischio di sviluppare schizofrenia nel nascituro nel corso della sua vita. Le persone nate in inverno nell’emisfero settentrionale hanno più probabilità di ricevere una diagnosi di schizofrenia; ciò può essere spiegato con l’aumento dei tassi di esposizioni virali in utero. La differenza varia tra circa il 5 e l’8%.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Test di Romberg: cos’è, a che serve, come si esegue

MEDICINA ONLINE Test di Romberg cos'è, a che serve, come si esegue

Il Test di Romberg è un esame diagnostico comunemente adoperato in Neurologia e Otorinolaringoiatria su pazienti che lamentano disordini dell’equilibrio o instabilità (atassia).

Come si esegue il Test di Romberg e cosa indica?

Il medico chiede al paziente di stare in piedi a talloni uniti, con le braccia distese ai fianchi o distese di fronte a se. La posizione deve essere mantenuta per 30 secondi a occhi aperti. Se il paziente riesce a mantenere la posizione e l’equilibrio con gli occhi aperti, si esclude l’atassia cerebellare. Successivamente il paziente deve mantenere la stessa postura per altri 30 secondi, questa volta con gli occhi chiusi. Nel caso in cui il paziente tendesse a barcollare fortemente o cadere nei primi 30 secondi, il test è da intendersi positivo ed indirizza l’esaminatore verso una diagnosi di ATASSIA DI INFORMAZIONE (presenza di deficit di informazione sensitiva propriocettiva e labirintica). Il test sarà invece negativo in caso di ATASSIA CEREBELLARE, in quanto la mancanza di equilibrio non deriva dalla deprivazione del senso della vista (chiusura occhi), in presenza di turbe della sensibilità propriocettiva e labirintica, ma da turbe della funzione cerebellare (il paziente barcolla già ad occhi aperti).

Una lieve oscillazione non è da considerarsi patologica. Non è infrequente il cosiddetto falso positivo, ossia la perdita di equilibrio in pazienti sani ma affetti da disturbi psicologici (ansia, stress). In tali casi il medico, che riconosce facilmente un soggetto ansioso, propone, durante il test, piccoli diversivi o distrazioni, come tracciare dei segni col dito sulla fronte del paziente, oppure fargli tastare coi pollici le altre 4 dita.

Una variante o controprova del test consiste nel far osservare al paziente, sempre in piedi in posizione “d’attenti”, il dito del medico fatto passare velocemente davanti agli occhi, da un lato all’altro. Questo senza che il paziente muova la testa, ma solo gli occhi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Atassia ottica: cos’è e da cosa è causata?

MEDICINA ONLINE CORNEA RETINA LENTE A CONTATTO OCCHIO SECCO EYE EYES PUPILLA COLORE NEO ETEROCROMIA AZZURRI CASTANI FACE FACCIA SGUARDO AMORE TAGLIO MACULA FOVEA GLAUCOMA MIOPIA DIOTTRIA OCCHIALI VISTA VISIONE CECITA CIECOL’atassia ottica è un disturbo della coordinazione visiva che consiste in grossolani errori nel cercare di raggiungere un oggetto visto.

Potrebbe essere causata da una lesione alla cosiddetta via dorsale, ovvero la porzione cerebrale che si estende dal lobo occipitale a quello parietale e che sembra essere coinvolta nella programmazione motoria e dunque nell’elaborazione del movimento da compiere. Nell’atassia ottica si manifesta dunque una particolare difficoltà nell’interazione con un oggetto.

Nel caso dell’atassia ottica il soggetto conserva la capacità di riconoscere l’oggetto (grazie alla via ventrale che risulta dunque integra), ma non è in grado di entrare in interazione con esso a livello motorio.

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Neuropatia diabetica: cause, sintomi, diagnosi e terapia di una complicanza del diabete

MEDICINA ONLINE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA MELLITO TIPO 1 2 CURA TERAPIA FARMACI STUDIO NUOVE TENOLOGIE TERAPIELa neuropatia diabetica (detta “polineuropatia diabetica” quando vengono colpiti più nervi) è una complicanza frequente del diabete che può interessare sia il sistema nervoso periferico, sia il sistema nervoso autonomo. In generale si distinguono due tipologie: neuropatia periferica e neuropatia autonoma. La neuropatia periferica colpisce le fibre nervose che vanno dalla periferia al midollo spinale, mentre quella autonoma coinvolge i funicoli nervosi che controllano le funzioni autonome del corpo, come il cuore e la circolazione, la digestione, gli ormoni, i reni il fegato. Nel caso di neuropatia periferica, generalmente si tratta di una polineuropatia polidistrettuale, di solito simmetrica, distale e più frequentemente interessa gli arti inferiori, più raramente è prossimale. La neuropatia autonomica invece presenta sintomi del tutto diversi.

Diffusione

La neuropatia diabetica interessa quasi 500 milioni di persone nel mondo con prevalenza in continuo aumento. In Italia il 7% della popolazione con più di 50 anni è affetto da neuropatia diabetica ed il 20% della popolazione con più di 70 anni. La prevalenza della neuropatia nei pazienti con diabete è stimata essere tra circa il 25% e il 50%.

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Cause

La neuropatia diabetica può comparire nei pazienti con diabete mellito non trattato. Un livello non controllato ed eccessivo di zuccheri nel sangue danneggia le cellule nervose, causando disfunzioni nervose e sintomi diversi in base ai nervi danneggiati.

Sintomi e segni della neuropatia periferica

Tra i sintomi e segni della neuropatia periferica, vi sono:

  • dolore, che può essere molto intenso e compromettere la qualità della vita del paziente
  • disturbi della sensibilità (parestesie) soprattutto dolorifica

Sintomi e segni della neuropatia autonomica

Tra i sintomi e segni della neuropatia autonomica, vi sono:

  • alterazioni cardiovascolari
    • ipotensione ortostatica, quindi un calo pressorio passando dal clinostatismo all’ortostatismo
    • tachicardia a riposo
    • allungamento del tratto QT all’ECG che predispone all’insorgenza di aritmie o alla morte improvvisa
  • alterazioni gastrintestinali
    • ritardato svuotamento dello stomaco
    • gastroparesi
  • alterazioni urologiche
    • disfunzioni vescicali
    • vescica neurogena.

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Diagnosi

Per diagnosticare una neuropatia occorre rilevare i sintomi, e per questo esistono dei questionari con delle domande che permettono una diagnosi a punteggio, e che costituiscono un sistema semplice e standardizzato per capire se un paziente ha una soglia di rischio di neuropatia. In ogni caso occorre fare un esame neurologico che valuti la sensibilità, i riflessi, e va fatto al momento della diagnosi, soprattutto se si tratta di un paziente con diabete tipo 2 (i diabetici di tipo 2 sono pazienti che molto probabilmente, a differenza di quelli di tipo 1, presentano al momento della diagnosi una o più complicanze), e poi annualmente valutare l’eventuale insorgenza o evoluzione di tale complicanza. Gli esami di approfondimento che studiano la velocità di conduzione nervosa sensitivo-motoria, hanno utilità limitata ad una piccola percentuale dei casi, mentre nella maggioranza dei casi la presenza di neuropatia diabetica si documenta in base ai sintomi clinici e all’uso di metodi diagnostici più semplici, come lo studio di riflessi e sensibilità termica o dolorifica, lo studio dell’ipotensione ortostatica, oppure l’analisi delle variazioni della frequenza cardiaca mediante un elettrocardiogramma.

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Terapia

Non esiste una terapia specifica per la neuropatia diabetica. Il trattamento consiste per prima cosa nell’educare il paziente al rigoso controllo dei livelli di glicemia nel sangue e nell’assunzione di eventuali terapie farmacologiche, in modo da prevenire la neuropatia diabetica o per non far peggiorare la situazione se la neuropatia è già presente. Uno stile di vita salutare con una dieta equilibrata e una moderata attività fisica che aiuti a tenere sotto controllo la glicemia e a mantenere il giusto peso corporeo, escludendo altri fattori di rischio come fumo, eccessivo stress psico-fisico ed alcool, è fondamentale per rallentarne la progressione e prevenirne le complicanze. A seconda dei nervi interessati e quindi dei sintomi, possono essere adottate diverse misure per migliorare la qualità della vita del paziente, tra cui farmaci antinfiammatori per il dolore, uso di plantari e scarpe ortopediache, fisioterapia e – in caso di sintomi psichiatrici come sensazione di forte tristezza e forte ansia – anche la psicoterapia cognitivo-comportamentale e/o la frequentazione di gruppi di auto-aiuto composti da altre persone con le stesse problematiche.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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