Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO.jpgLa contrazione perfettamente sincronizzata delle varie parti del cuore e la corretta frequenza cardiaca, sono determinate da un impulso elettrico che nasce in un dato punto del cuore e si propaga all’interno di esso in modo da contrarre atri e ventricoli in modo adeguato. Tale impulso nasce dal nodo del seno (o senoatriale), il pacemaker naturale del cuore, localizzato in prossimità dello sbocco della vena cava nell’atrio destro, una parte del corpo il cui malfunzionamento determina aritmia e – in alcuni casi – rende necessario l’impianto di un pacemaker artificiale.

L’impulso nato dal nodo del seno viene trasmesso alle strutture vicine attraverso il sistema di conduzione, che attraversa varie zone:

  1. Fascio interatriale: l’impulso viene trasmesso all’atrio sinistro consentendo una contrazione sincrona dei due atri.
  2. Fascio atriale anteriore, medio e posteriore: l’impulso viene trasmesso dal nodo senoatriale al nodo atrioventricolare (AV) localizzato tra atri e ventricoli.
  3. Nodo atrioventricolare: raccoglie l’impulso nervoso proveniente dagli atri e lo trasmette al fascio di His localizzato nel setto interventricolare.
  4. Branca dx e sn: conducono l’impulso, rispettivamente, a livello del ventricolo destro e sinistro permettendone la contrazione.
  5. Fibre del Purkinje: rappresentano il sistema di conduzione più distale ed è caratterizzato da fasci molto sottili e profondi localizzate a livello ventricolare.

Per approfondire, leggi anche: Viaggio dell’impulso cardiaco all’interno del cuore

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L’attività elettrica miocardica è quella che viene rilevata dagli elettrodi dell’elettrocardiogramma. Ad ogni deflessione presente sulla striscia dell’ECG corrisponde un’attività miocardica sottostante:

  1. Lo stimolo parte dal nodo seno-atriale, qui il vettore è il vettore della depolarizzazione atriale; poiché l’impulso viaggia verso il nodo atrio-ventricolare è chiaro che la direzione del vettore è la congiungente dei due nodi e il verso va dal nodo seno-atriale a quello atrio-ventricolare. Il vettore sarà quindi inclinato leggermente verso sinistra e diretto verso il basso. Proiettando il vettore sulla I derivazione otteniamo un’onda positiva, l’onda P (depolarizzazione degli atri).
  2. Arrivato al nodo atrio-ventricolare, l’impulso arriva al setto attraverso il fascio di His. La diffusione dell’impulso avviene, in questa parte del cuore, secondo la direzione endocardio-linea mediana. Nel setto si hanno due depolarizzazioni, una riguarda la parte sinistra, l’altra la parte destra; poiché per l’attività elettrica della parte sinistra è maggiore, le depolarizzazioni non si elidono, ma prevale quella sinistra. Il vettore ha direzione della linea endocardio-linea mediana e verso che va da sinistra verso destra. Proiettando il vettore così ottenuto sulla I derivazione otteniamo un’onda di segno negativo, l’onda Q (depolarizzazione del setto interventricolare).
  3. Lo stimolo è arrivato all’apice del cuore, qui il vettore dovuto alla parte sinistra ha lo stesso verso di quello di destra, conseguentemente si ha la massima estensione del vettore lungo la linea parallela al setto. In questo caso avremo quindi un vettore inclinato verso sinistra e diretto verso il basso con un modulo molto elevato, questo produce in I derivazione un’onda positiva molto ampia, l’onda R (depolarizzazione dell’apice del ventricolo sinistro).
  4. Lo stimolo ha raggiunto le pareti dei ventricoli, anche qui è la parte sinistra che prevale su quella destra, il verso tende quindi a sinistra, mentre il modulo è leggermente diminuito perché, appunto, la parte destra esercita una diminuzione del vettore. In questo caso, in I derivazione, avremo una maggiore escursione dell’onda R. Per apprezzare invece singolarmente questa fase, possiamo vedere che in III derivazione abbiamo una piccola onda negativa, l’onda S (depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro).
  5. Per ultimo ecco arrivare il vettore della ripolarizzazione dei ventricoli che ha un andamento simile a quello della depolarizzazione. Risulterà quindi in I derivazione una piccola onda positiva, l’onda T (ripolarizzazione dei ventricoli).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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ECG: cosa indicano le onde P, T, U, il complesso QRS ed il segmento ST

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO.jpgL’elettrocardiogramma (talvolta abbreviato ECG) a riposo e nella sua variante “sotto sforzo”, è un esame diagnostico che consente la riproduzione grafica, su monitor o su carta, dell’attività elettrica del cuore durante il suo funzionamento, che permette di individuare l’eventuale presenza di una malattia cardiaca o di un disturbo del ritmo (aritmia).

Il tracciato elettrocardiografico e le sue onde

Il tracciato ECG è caratterizzato da diversi tratti denominati onde, positive e negative, che si ripetono ad ogni ciclo cardiaco ed indicano la specifica attività del cuore legata alla propagazione dell’impulso elettrico cardiaco. Il normale tracciato ECG presenta un aspetto caratteristico che varia soltanto in presenza di problemi: una data patologia tende a determinare una specifica alterazione in uno o più punti del tracciato, restituendo onde alterate nell’altezza, nella forma o invertite.

IMPORTANTE: Perché l’interpretazione dell’ECG sia affidabile è necessario che gli elettrodi siano posizionati correttamente: un errore nel posizionamento può portare a risultati falsamente positivi, cioè risultare in onde alterate che indicano patologie che non sono realmente presenti.

Onda P

E’ la prima onda che si genera nel ciclo, e corrisponde alla depolarizzazione degli atri. È di piccole dimensioni, poiché la contrazione degli atri non è così potente. La sua durata varia tra i 60 e i 120 ms, l’ampiezza (o altezza) è uguale o inferiore ai 2,5  mm.

Complesso QRS

Corrisponde alla depolarizzazione dei ventricoli ed è formato da un insieme di tre onde che si susseguono l’una all’altra:

  • onda Q: è negativa e di piccole dimensioni, e corrisponde alla depolarizzazione del setto interventricolare;
  • onda R: è un picco molto alto positivo, e corrisponde alla depolarizzazione dell’apice del ventricolo sinistro;
  • onda S: è un’onda negativa anch’essa di piccole dimensioni, e corrisponde alla depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro. La durata dell’intero complesso è compresa tra i 60 e 90 ms. In questo intervallo avviene anche la ripolarizzazione atriale che però non risulta visibile perché mascherata dalla depolarizzazione ventricolare.

Onda T

Rappresenta la ripolarizzazione dei ventricoli. Non sempre è identificabile, perché può anche essere di valore molto piccolo.

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Onda U

E’ un’onda che non sempre è possibile apprezzare in un tracciato, dovuta alla ripolarizzazione dei muscoli papillari.

Tratto (o segmento) ST

Rappresenta il periodo in cui le cellule ventricolari sono tutte depolarizzate e pertanto non sono rilevabili movimenti elettrici. Da ciò deriva che di norma è isoelettrico, cioè posto sulla linea di base del tracciato, da cui si può spostare verso l’alto o il basso di non più di 1  mm. L’ischemia che si verifica durante un infarto del miocardio, produce tipicamente un sovraslivellamento o un sottoslivellamento del segmento ST, a seconda se la lesione sia intramurale, coinvolga cioè solo la porzione interna del miocardio o transmurale che attraversa l’intero spessore del miocardio. L’ischemia talvolta può non essere associata ad una modificazione immediata del tratto ST nelle prime ore dalla insorgenza sintomatologica per cui l’elemento diagnostico deve essere sempre interpretato da specialisti ed integrato dal dosaggio enzimatico. Il sovra- o sottoslivellamento di ST è spesso associato all’inversione dell’onda T, che rappresenta la “memoria elettrica” della recente ischemia

Intervallo QT

Rappresenta la sistole elettrica, cioè il tempo in cui avviene la depolarizzazione e la ripolarizzazione ventricolare. La sua durata varia al variare della frequenza cardiaca, generalmente si mantiene tra i 350 e i 440ms.

Intervallo RR e frequenza cardiaca

Il tracciato ECG viene compilato su carta millimetrata, che scorre nell’elettrocardiografo ad una velocità di 25 mm al secondo, quindi cinque lati di quadrati da 5 mm rappresentano 1 secondo. È quindi facile immaginare come si possa immediatamente ricavare la frequenza cardiaca, valutando quanto tempo passa tra un ciclo e l’altro (si misura il tempo intercorso tra due picchi R, chiamato intervallo RR). A solo titolo di esempio se abbiamo un complesso ogni 4 quadrati da 5 millimetri, significa che la nostra frequenza è attorno ai 75 battiti al minuto. Ovvero, visto che ogni quadrato da 5 mm corrisponde a 0,2 s e, quindi, 4 quadrati a 0,8 s,basterà dividere 60 s (1 minuto) per 0,8 s per ottenere la frequenza di 75 battiti al minuto, appunto. Oppure, più semplicemente, possiamo dividere 300 per il numero di quadrati da 5 mm fra due picchi R adiacenti. In caso di ritmo irregolare la distanza sarà la media fra 3 distanze RR adiacenti.

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Wolff-Parkinson-White: elettrocardiogramma (ECG) ed alterazioni

MEDICINA ONLINE Sindrome di Wolff-Parkinson-White ELETTROCARDIOGRAMMA ECD DELTA ONDE CUORE CIRCOLAZIONE TRACCIATO.jpgLa diagnosi di sindrome di WPW è clinica ma soprattutto si avvale dell’elettrocadiogramma, che può scovarla anche in un soggetto asintomatico: in questi casi si manifesta come un’onda delta, che corrisponde all’ampliamento della fase di ascesa del complesso QRS associato all’accorciamento dell’intervallo PR. Tutto questo è dovuto al fluire dell’impulso elettrico attraverso la via accessoria piuttosto che attraverso il nodo atrio-ventricolare.
Se il paziente accusa episodi di fibrillazione atriale, l’ECG mostra una tachicardia rapida polimorfica (senza torsione di punta). Questa combinazione di fibrillazione atriale e sindrome di WPW è considerata pericolosa, e molti farmaci antiaritmici sono controindicati.
Quando un soggetto è in normale ritmo sinusale le caratteristiche della sindrome di WPW sono un intervallo PR corto, uno slargamento del complesso QRS (più di 120msec in lunghezza) con ampliamento della fase di ascesa del QRS stesso, e cambiamenti della ripolarizzazione che si riflettono in alterazioni del tratto ST e dell’onda T.
In soggetti affetti l’attività elettrica che inizia nel nodo seno-atriale passa attraverso il fascio accessorio tanto bene quanto nel nodo atrio-ventricolare. Poiché il fascio accessorio non blocca l’impulso quanto il nodo, i ventricoli vengono attivati da questo, e subito dopo dal nodo. Questo causa le alterazioni ECG sopra descritte.

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Elettrocardiogramma: procedure iniziali, posizionamento degli elettrodi dell’ECG, consigli, complicanze

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Procedure iniziali

Se è la prima volta che il paziente esegue un elettrocardiogramma (ECG), il medico e l’infermiere devono spiegargli – con parole adatte al suo livello di comprensione – le fasi e l’utilità dell’elettrocardiogramma.

Prima di procedere con l’elettrocardiogramma, è necessario verificare:

  • l’eventuale presenza di patologie cardiache;
  • quali farmaci assume il paziente;
  • eventuali allergie ai materiali usati per l’esame (ad esempio il gel usato per facilitare la conduzione dei segnali elettrici);
  • la presenza di dispositivi elettronici che potrebbero determinare alterazioni del tracciato (come ad esempio un pacemaker) od oggetti metallici (come catenine e bracciali);
  • l’eventuale necessità di una tricotomia (se il paziente ha troppi peli che impediscono l’adesione degli elettrodi);
  • i parametri vitali del paziente, in particolare pressione arteriosa e frequenza cardiaca.

Si invita il paziente:

  • a scoprirsi torace, caviglie e polsi e ad assumere la posizione supina (pancia in alto) sul lettino, se possibile;
  • a rilassarsi ed a non parlare per qualche minuto.

Nella mezzora precedente l’esame, il paziente dovrebbe aver evitato di fumare ed assumere caffè o alcolici.

Posizionamento dei sei elettrodi

Per posizionare le sei derivazioni precordiali:

  • Individuare dove posizionare l’elettrodo V1 (rosso): posizionati a sinistra del paziente; usando come riferimento la fossa soprasternale (fossetta dove si congiungono le clavicole, si apprezza sulla parte alta dello sterno), posizionarvi sopra il pollice della mano sinistra. Cercare con l’indice il primo spazio intercostale (allungandovi verso destra e un po’ più in basso del pollice), da qui sarà automatico trovare il secondo spazio con il medio, il terzo con l’anulare ed infine con il mignolo troverete il 4° spazio intercostale parasternale di destra: lì sarà posizionato V1.
  • V2 (giallo): giusto a sinistra di V1, parte opposta dello sterno troverete il 4° spazio intercostale parasternale di sinistra, lì dovrete posizionate V2. Importante: lo sterno è largo mediamente non oltre i 4 centimetri, quindi V1 e V2 non dovrebbero essere più distanti di tale misura.
  • Posizionare V3 (verde) e V4 (marrone): prima posizionamo V4, individuate la clavicola sinistra e fissate un punto a metà lungo l’osso. In seguito con il riferimento costale di V2 apprezzate il 5° spazio intercostale con la tecnica del dito. Ora individuate il punto dove posizionare V4 nell’intersezione tra una linea che scende dalla metà della clavicola e che infine incontri il 5° spazio intercostale. Lì posizionate l’elettrodo V4. V3 va posizionato nel punto a metà della linea tra V2 e V4 ovunque questo punto si trovi, anche se nelle donne vi fosse presente del seno (non impedisce la rilevazione del segnale elettrocardiaco).
  • Posizionare V5 (nero): individuate la linea ascellare anteriore, più o meno dove inizia l’incavo ascellare, e lungo tale linea, trovate il 5° spazio intercostale: lì posizionare V5.
  • Posizionare V6 (viola): individuate la linea ascellare media (circa a metà dell’ascella) e lungo tale linea, trovate il 5° spazio intercostale: lì posizionare V6. Tenere conto che V5 e V6 risalgono un poco rispetto a V4, perché le coste sono concave verso l’alto.

Posizionamento delle quattro periferiche

Per posizionare le quattro derivazioni periferiche, si tengo conto del codice colore:

  • Rosso: braccio destro
  • Nero: gamba destra
  • Verde: gamba sinistra
  • Giallo: braccio sinistro

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Verifiche finali

Si eseguono prima di staccare gli elettrodi o, se c’è un monitor, prima di stampare:

  • presenza (ed esattezza) di data e nome;
  • verifica del segnale di calibrazione e della velocità di stampa;
  • qualità del tracciato:
    • presenza di tutte le derivazioni;
    • stabilità della linea isoelettrica;
    • assenza di artefatti da tremori e corrente alternata;
    • ricerca indizi che possano far pensare ad un’errata collocazione degli elettrodi.

In caso di corretto posizionamento degli elettrodi ECG, il tracciato di un paziente sano dovrebbe avere un risultato simile a questo:

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Controllate se vi sono alterazioni elettrocardiografiche non fisiologiche ed in caso contrario modificate la posizione degli elettrodi, oppure ponete il tracciato all’attenzione del medico per una valutazione e diagnosi dello stesso.

Complicanze

Possono a volte insorgere dopo l’uso prolungato degli elettrodi manifestazioni cutanee (ad esempio arrossamenti o prurito della cute) dovute al tempo di applicazione o alla sensibilità della cute.

Consigli

Tener presente i seguenti consigli ed informazioni:

  • l’acqua è il miglior conduttore dell’impulso elettrico, quindi per avere un buon ECG non dovete usare disinfettanti alcolici. Verrà peggio. Se avete calze o collant, bagnate piuttosto abbondantemente le garze (devono sgocciolare) e così vi aiuteranno a condurre l’elettricità;
  • un fattore che migliora la registrazione è il posizionamento degli elettrodi su piani ossei, che conducono meglio del grasso. Per questo nelle periferiche scegliete sempre la tibia e il dorso del polso;
  • posizionare correttamente gli elettrodi, perché da quello dipende l’individuazione di anomalie elettrocardiografiche che possono salvare la vita al paziente. Posizionare male gli elettrodi può condizionare grandemente i risultati di un ECG.

Elettrocardiogramma in paziente con arto amputato

Nei pazienti che hanno subito l’amputazione di uno o più arti, l’elettrodo può essere applicato in un punto qualsiasi del moncone dell’arto o alla radice dello stesso. Ogni arto infatti è considerato dal punto di vista elettrico, un segmento a bassa resistenza per cui il potenziale elettrico è sostanzialmente lo stesso in tutti i suoi punti.

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Differenza tra tachicardia, aritmia, bradicardia e alloritmia

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Aritmie

Con “aritmia cardiaca” (in inglese Cardiac arrhythmia, cardiac dysrhythmia o irregular heartbeat) o più semplicemente “aritmia” si intende l’alterazione del ritmo cardiaco normale, che si riferisce al ritmo che origina dal nodo del seno (un componente del cuore che ne regola autonomamente il battito: il “pacemaker naturale”), regolare per frequenza e conduzione elettrica del cuore. Le aritmie sono rilevabili all’auscultazione del cuore o tramite un elettrocardiogramma.

  • un ritmo è regolare quando la distanza fra i battiti consecutivi non supera i 160 msec;
  • ci si riferisce ad una frequenza normale, nell’adulto a riposo, con una variazione dai 60 ai 100 battiti/min;
  • si parla di una conduzione normale quando all’ECG l’onda P è

Le aritmie sono dovute a:

  • una normale o a un’anomala formazione dell’impulso,
  • un’anomala conduzione dell’impulso,
  • una combinazione di queste.

Possiamo avere:

  • tachiaritmia, ipercardia o tachicardia se il battito aumenta in modo anomalo al di sopra di 100 al minuto;
  • bradiaritmia o bradicardia se il battito rallenta al di sotto dei 60 per minuto. Solitamente diventa sintomatico sotto i 50 battiti per minuto.

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Alloritmia

L’alloritmia è una irregolarità uniforme e continuata del battito cardiaco e del polso. Ciò che la differenzia dall’aritmia è la periodicità, la quale in quest’ultima risulta essere irregolare. Le alloritmie si riscontrano solitamente in pazienti cardiopatici, ma possono comparire anche in soggetti con cuore apparentemente sano. Un caso particolare di alloritmia è il bigeminismo, condizione in cui ad ogni battito segue regolarmente un’extrasistole.

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Bradicardia

La bradicardia – come prima accennato – è una aritmia caratterizzata da riduzione della frequenza cardiaca inferiore al valore di 60 battiti per minuto (bpm). La bradicardia può essere “fisiologica” (bradicardia sinusale) ad esempio negli sportivi, in chi fa yoga o negli anziani, oppure può essere “patologica” (bradiaritmia) come in caso di blocco atrioventricolare di II o III grado, di malattia del nodo del seno o di ipertensione arteriosa. Per approfondire, leggi:

Tachicardia

La tachicardia è una aritmia caratterizzata da aumento della frequenza dei battiti cardiaci e pulsazioni sopra i 100 battiti al minuto a riposo o senza alcuna forma di stress psicofisico. Si classificano principalmente tre forme di tachicardia: sinusale, eterotopa (sopraventricolare e ventricolare) e atriale. Può essere dovuta a cause fisiologiche e non fisiologiche. Tra le cause vi sono:

  • eventi fisiologici o funzionali come gli eventi stressogeni (forti emozioni, eccitazione sessuale, paura) o la gravidanza;
  • sostanze: abuso di caffè, alcol o sostanze stupefacenti;
  • cause direttamente connesse con il cuore come l’arteriosclerosi o l’insufficienza coronarica;
  • varie patologie come l’ipertiroidismo e la febbre.

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Differenza tra ecocardiografia ed elettrocardiogramma

MEDICINA ONLINE DOPPLER ECO COLOR ECOGRAFIA VASI CUORE ATRIO VENTRICOLO VALVOLE PROLASSO INSUFFICIENZA STENOSI SANGUE FLUSSO FLUSSOMETRIA DIREZIONE CALIBRO MISURA DIAGNOSI CARDIOLOGIA FLL’ecocardiografia è una metodica diagnostica che utilizza alcuni tipi di onde sonore, chiamate ultrasuoni, per la formazione di immagini delle strutture del cuore.
L’insieme di queste immagini che viene fuori utilizzando questa tecnica è appunto l’ecocardiogramma.
L’esame ecocardiografico permette al cardiologo di studiare l’anatomia ma anche la funzione di tutte le parti del cuore, cioè muscolo, camere cardiache, valvole, pareti,di cui consente di misurare anche gli spessori. Esso viene sempre abbinato ad uno studio doppler (ecocolordoppler cardiaco) che permette di studiare il flusso del sangue all’interno del cuore ed eventuali riflussi da insufficienza valvolare, stenosi o prolassi.

Come si svolge l’esame?
Il medico passa una sonda cosparsa di gel sul petto del paziente e visiona le immagini del cuore sullo schermo dell’apparecchio.

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L’elettrocardiogramma è un esame diagnostico che consente la riproduzione grafica, su monitor o su carta, dell’attività elettrica del cuore durante il suo funzionamento, registrata dalla superficie del corpo. Mediante il monitoraggio dell’attività di pompaggio del sangue che il cuore esegue mediante contrazioni e rilasciamenti è possibile individuare l’eventuale presenza di una malattia cardiaca o di un disturbo del ritmo (aritmia).
Questo esame può essere eseguito a riposo, mentre il paziente è supino sul lettino, o sotto sforzo, mentre il paziente cammina su un tapis roulant o pedala su una cyclette.
L’elettrocardiogramma a riposo permette di misurare il ritmo del cuore e l’eventuale aumento della dimensione delle camere cardiache, può essere utile per individuare eventuali aritmie.
L’elettrocardiogramma sotto sforzo invece può essere di aiuto per la diagnosi di patologie cardiache latenti.

Come si svolge l’esame?
Il paziente viene invitato a scoprire il petto togliendo gli indumenti. Al paziente vengono applicati sulla pelle alcuni elettrodi, collegati attraverso fili elettrici a un apparecchio chiamato elettrocardiografo. Gli elettrodi e i fili captano e trasmettono l’attività elettrica del cuore all’elettrocardiografo che la elabora e la stampa su carta sotto forma di un tracciato grafico (elettrocardiogramma). Per approfondire: Elettrocardiogramma (ECG) a riposo e sotto sforzo: cos’è ed a che serve?

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Angina pectoris stabile, instabile, secondaria: sintomi, interpretazione e terapia

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE SINTO  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCon “angina pectoris” si intende un dolore al torace retrosternale (posteriore allo sterno, l’osso piatto e centrale del torace). L’angina pectoris non è quindi una vera e propria patologia, bensì un sintomo.

Da cosa è causato il dolore anginoso al petto?
È causato da un temporaneo scarso afflusso di sangue al cuore attraverso le arterie coronariche che determina mancanza di ossigeno al tessuto cardiaco. Il fenomeno prende anche il nome di ischemia; nell’angina pectoris l’ischemia è reversibile e non arriva al punto di provocare danno cardiaco permanente come invece avviene nell’infarto del miocardio. La malattia si manifesta abitualmente con dolore toracico improvviso, acuto e transitorio; sono stati descritti anche: pesantezza a torace e arti superiori, formicolìo o indolenzimento nella stessa sede, affaticamento, sudorazione, nausea. I sintomi possono essere molto diversi da individuo a individuo per intensità e durata.

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Classificazione dell’angina pectoris
L’angina pectoris si distingue in diverse forme:

  • Angina stabile o da sforzo: è innescata da uno sforzo fisico, dal freddo o dall’emozione. In questo caso il sintomo della malattia si manifesta quando si sta svolgendo l’attività fisica, soprattutto se esposti alle basse temperature, o all’apice di uno stress emotivo. È la forma più diffusa e anche quella maggiormente controllabile.
  • Angina instabile: in questo caso il dolore si presenta in maniera imprevista, anche a riposo, o per sforzi fisici modesti. La causa può essere l’ostruzione temporanea di una coronaria da parte di un coagulo, detto anche trombo, che si forma su una malattia aterosclerotica delle pareti vasali. Per questo rappresenta la forma più pericolosa, da trattare tempestivamente, in quanto fortemente associata al rischio di progressione verso un infarto acuto del miocardio. Si può considerare una forma di angina instabile anche l’angina variante o di Prinzmetal. L’angina variante è causata da uno spasmo in una delle coronarie, con restringimento importante, anche se temporaneo, del vaso fino a compromettere in modo significativo il flusso di sangue e causare ischemia associata a dolore toracico. L’angina di Prinzmetal è una malattia abbastanza rara che non è generalmente associata ad aterosclerosi del vaso coronarico interessato dallo spasmo.
  • Angina secondaria: vi rientrano tutte quelle forme di “ischemia” cardiaca che non sono provocate da restringimenti o ostruzioni coronariche, ma da altre patologie quali l’insufficienza aortica, la stenosi mitralica, l’anemia grave, l’ipertiroidismo e le aritmie.

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Quali sono le cause dell’angina pectoris?
L’angina è causata dalla riduzione, temporanea, dell’afflusso di sangue al cuore. Il sangue trasporta l’ossigeno necessario ai tessuti del muscolo cardiaco per vivere. Se il flusso di sangue è inadeguato si creano le condizioni per un’ischemia. La riduzione del flusso può essere prodotta da un restringimento critico delle coronarie (stenosi), tale per cui, in presenza di aumentate richieste di ossigeno da parte del tessuto cardiaco (durante attività fisica, freddo o stress emotivo), non vi è di fatto un apporto sufficiente. Questo avviene più spesso in presenza di aterosclerosi coronarica, malattia che coinvolge le pareti dei vasi sanguigni attraverso la formazione di placche a contenuto lipidico o fibroso, che evolvono verso la progressiva riduzione del lume o verso l’ulcerazione e la formazione brusca di un coagulo sovrastante il punto di lesione. L’ostruzione/restringimento della coronaria può avvenire più raramente anche per spasmo della stessa, solitamente senza alterazioni aterosclerotiche delle pareti vasali. Condizioni che favoriscono lo sviluppo di aterosclerosi sono il fumo, il diabete, l’ipertensione e l’obesità.

Quali sono i sintomi dell’angina pectoris?
I sintomi dell’angina includono:

  • Dolore acuto, pesantezza, formicolio o indolenzimento al torace, che talvolta si può irradiare verso spalle, braccia, gomiti, polsi, schiena, collo, gola e mandibola
  • Dolore prolungato nella parte superiore dell’addome
  • Mancanza di respiro (dispnea)
  • Sudorazione
  • Svenimento
  • Nausea e vomito

Come prevenire l’angina pectoris?
La prevenzione dell’angina pectoris si attua in primo luogo attraverso la prevenzione dell’aterosclerosi coronarica, mettendo in atto tutte le misure volte a controllare i principali fattori di rischio cardiovascolare. È necessario evitare la sedentarietà, effettuare un’attività fisica moderata e regolare; evitare, se si sono avuti episodi di dolore anginoso, sforzi eccessivi e fonti di stress psicofisico; evitare sovrappeso e obesità, seguire una dieta sana, povera di grassi e ricca di frutta e verdura; evitare pasti abbondanti e l’assunzione di alcolici; non fumare o smettere di fumare.
Chi soffre di diabete deve attuare tutte le misure per un controllo adeguato della glicemia. È necessario, inoltre, controllare periodicamente la pressione sanguigna.

Diagnosi ed interpretazione diagnostica
Chi ha un episodio di angina, anche sospetto, dovrebbe riferirlo tempestivamente al medico per gli esami del caso, che includono:

  • Elettrocardiogramma (ECG): registra l’attività elettrica del cuore e consente di individuare la presenza di anomalie suggestive per ischemia miocardica. L’Holter è il monitoraggio prolungato nelle 24 ore dell’ECG: nel caso di sospetta angina consente di registrare l’elettrocardiogramma nella vita di tutti i giorni e soprattutto in quei contesti in cui il paziente riferisce di avere la sintomatologia.
  • Il test da sforzo: l’esame consiste nella registrazione di un elettrocardiogramma mentre il paziente compie un esercizio fisico, generalmente camminando su un tapis roulant o pedalando su una cyclette. Il test viene condotto secondo protocolli predefiniti, volti a valutare al meglio la riserva funzionale del circolo coronarico. Viene interrotto alla comparsa di sintomi, alterazioni ECG o pressione elevata o una volta raggiunta l’attività massimale per quel paziente in assenza di segni e sintomi indicativi di ischemia.
  • Scintigrafia miocardica: è una metodica utilizzata per valutare l’ischemia da sforzo in pazienti il cui solo elettrocardiogramma non sarebbe adeguatamente interpretabile. Anche in questo caso Il paziente può eseguire l’esame con cyclette o tapis roulant. Al monitoraggio elettrocardiografico viene affiancata la somministrazione endovenosa di un tracciante radioattivo che si localizza nel tessuto cardiaco se l’afflusso di sangue al cuore è regolare. Il tracciante radioattivo emana un segnale che può essere rilevato da un’apposita apparecchiatura, la Gamma-camera. Somministrando il radiotracciante in condizioni di riposo e all’apice dell’attività si valuta l’eventuale comparsa di mancanza di segnale in quest’ultima condizione, segno che il paziente manifesta un’ischemia da sforzo. L’esame consente non solo di diagnosticare la presenza di ischemia ma anche di fornire un’informazione più accurata sulla sua sede e sull’estensione. Lo stesso esame può essere effettuato producendo l’ipotetica ischemia con un farmaco ad hoc e non con l’esercizio fisico vero e proprio.
  • Ecocardiogramma: è un test di immagine che visualizza le strutture del cuore e il funzionamento delle sue parti mobili. L’apparecchio dispensa un fascio di ultrasuoni al torace, attraverso una sonda appoggiata sulla sua superficie, e rielabora gli ultrasuoni riflessi che tornano alla stessa sonda dopo aver interagito in modo diverso con le varie componenti della struttura cardiaca (miocardio, valvole, cavità). Le immagini in tempo reale possono essere raccolte anche durante l’esecuzione di un test da sforzo, fornendo in quel caso informazioni preziose sulla capacità del cuore di contrarsi correttamente in corso di attività fisica. Analogamente alla scintigrafia anche l’ecocardiogramma può essere registrato dopo aver somministrato al paziente un farmaco che può scatenare un’eventuale ischemia (ECO-stress), permettendone la diagnosi e la valutazione di estensione e sede.
  • Coronografia o angiografia coronarica: è l’esame che consente di visualizzare le coronarie attraverso l’iniezione di mezzo di contrasto radiopaco al loro interno. L’esame viene effettuato in un’apposita sala radiologica, nella quale sono rispettate tutte le misure di sterilità necessarie. L’iniezione del contrasto nelle coronarie presuppone il cateterismo selettivo di un’arteria e l’avanzamento di un catetere fino all’origine dei vasi esplorati.
  • TC cuore o tomografia computerizzata (TC): è un esame diagnostico per immagini per valutare la presenza di calcificazioni dovute a placche aterosclerotiche nei vasi coronarici, indicatore indiretto di un rischio elevato di patologia coronarica maggiore. Con gli apparecchi attuali, somministrando anche mezzo di contrasto per via endovenosa, è possibile ricostruire il lume coronarico e ottenere informazioni su eventuali restringimenti critici.
  • Risonanza magnetica nucleare (RMN): produce immagini dettagliate della struttura del cuore e dei vasi sanguigni attraverso la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte a un intenso campo magnetico. Permette di valutare la morfologia delle strutture del cuore, la funzione cardiaca ed eventuali alterazioni del movimento di parete secondarie a ischemia indotta farmacologicamente (RMN cardiaca da stress).

Trattamenti
Il trattamento dell’angina è diretto a migliorare la perfusione delle coronarie e a evitare il rischio di infarto e trombosi. La terapia include diverse opzioni, farmacologiche o interventistiche, che vengono valutate dal cardiologo in relazione al quadro clinico:

  • Nitrati (nitroglicerina): è una categoria di farmaci adoperata per favorire la vasodilatazione delle coronarie, permettendo così un aumento del flusso di sangue verso il cuore.
  • Aspirina: studi scientifici hanno appurato che l’aspirina riduce la probabilità di infarto. L’azione antiaggregante di questo farmaco previene infatti la formazione di trombi. La stessa azione viene svolta anche da altri farmaci antipiastrinici (ticlopidina, clopidogrel, prasugrel e ticagrelor), che possono essere somministrati in alternativa o in associazione all’aspirina stessa, secondo le diverse condizioni cliniche.
  • Beta-bloccanti: rallentano il battito cardiaco e abbassano la pressione sanguigna contribuendo in questo modo a ridurre il lavoro del cuore e quindi anche del suo fabbisogno di ossigeno.
  • Statine: farmaci per il controllo del colesterolo che ne limitano la produzione e l’accumulo sulle pareti delle arterie, rallentando lo sviluppo o la progressione dell’aterosclerosi.
  • Calcio-antagonisti: hanno un’azione di vasodilazione sulle coronarie che consente di aumentare il flusso di sangue verso il cuore.

L’opzione interventistica include:

  • L’angioplastica coronarica percutanea, un intervento che prevede l’inserimento nel lume della coronaria, in corso di angiografia, di un piccolo pallone solitamente associato a una struttura metallica a maglie (stent), che viene gonfiato ed espanso in corrispondenza del restringimento dell’arteria. Questa procedura migliora il flusso di sangue a valle, riducendo o eliminando l’angina.
  • Bypass coronarico, un intervento chirurgico che prevede il confezionamento di condotti vascolari (di origine venosa o arteriosa) in grado di “bypassare” il punto di restringimento delle coronarie, facendo pertanto comunicare direttamente la porzione a monte con quella a valle della stenosi. L’intervento viene effettuato a torace aperto, con il paziente in anestesia generale e quasi sempre con il supporto della circolazione extra-corporea.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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