Sindrome di Bloom: cause, sintomi, diagnosi e terapia

SINDROME DI BLOOM CAUSE SINTOMI DIAGNOSI TERAPIA GENETICA FOTO IMMAGINI DNA MALATTIA.jpgLa sindrome di Bloom è una malattia autosomica recesssiva caratterizzata da eritema teleangiectasico del volto, fotosensibilita, nanismo ed altre anomalie.

Segni e sintomi

Le tipiche lesioni cutanee sono teleangiectasiche eritematose, appaiono in infanzia al volto, con tipico aspetto a farfalla, ma occasionalmente si riscontrano anche ai dorsi delle mani e dei piedi. Queste aree sono sensibili al sole, e peggiorano dopo l’esposizione. L’ altra caratteristica fondamentale della malattia e la bassa statura, soprattutto prenatale all’esordio, ma che persiste anche in infanzia e in eta adulta. La maggior parte degli individui rimane al di sotto dei 148 cm.
I maschi sono sterili con azospermia, mentre le femmine possono essere fertili.
Altre caratteristiche sono: macchie caffelatte, microcefalia, dolicocefalia, faccia stretta, naso e/o orecchie prominenti, la tipica tonalita alta della voce, l’ipertrigliceridemia. L’intelligenza e normale. Le infezioni sono frequenti, a causa dell’immunodeficienza, e possono essere minacciose per la vita.

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Storia naturale

La sindrome di Bloom e un disordine genetico che predispone al cancro. Infatti, quasi la meta dei pazienti sviluppano almeno una neoplasia (10% dei quali hanno piu di una neoplasia primitiva, il che e proprio tipico di questa sindrome); l’eta media di insorgenza del primo tumore e di 25 anni (range 2-49 anni).  Dopo i trent’anni si manifestano leucemie acute (ALL e ANLL) nel 15% dei casi e linfomi pure nel 15% dei casi. Carcinomi (una grande varieta di tipi) si sviluppano nel 30% dei casi, perlopiu dopo i 20 anni.
A parte le malattie neoplastiche, le complicanze maggiori dal punto di vista medico sono la malattia polmonare cronica e il diabete mellito (nel 10% dei pazienti).
L’incidenza della sindrome e di circa 2/100.000 nati tra gli Ebrei Ashkenazi e tra i Giapponesi (effetto del fondatore: le persone affette derivano da un antenato comune); per il resto e molto rara.

Eziologia

La sindrome di Bloom e trasmessa con modalita autosomica recessiva. Il gene e stato mappato: location 15q26.

Diagnosi

Fa diagnosi il riscontro (patognomonico) di un alto numero di scambi spontanei di cromatidi fratelli (90 per cellula, piu di 10 volte maggiore che nel normale); in alcuni pazienti, il riscontro di una sottopopolazione con basso numero di scambi suggerisce una ricombinazione tra alleli materni e paterni (con mutazioni differenti), che da origine ad un gene selvaggio funzionante. Gli eterozigoti, invece, non si possono investigare con studi citogenetici.

Terapia

Non esistono cure definitive. L’ormone della crescita è controindicato nelle sindromi in cui vi e un aumentato rischio di rotture cromosomiche, come appunto la sindrome di Bloom. Controlli frequenti assicurano la diagnosi precoce dei tumori associati alla sindrome di Bloom. Gli individui affetti da questa patologia devono evitare i raggi X, gli agenti chemioterapici ed altre esposizioni ambientali che possono provocare danni ai loro cromosomi particolarmente fragili.

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L’incredibile storia di Diana Bryant che cadde insieme a sua figlia da una scala antincendio

DIANA BRYANT CADDE INSIEME FIGLIA TIARE JONES FOTO CADUTA SCALA ANTINCENDIO STANLEY FORMAN.pngStanley Forman stava lavorando per il Boston Herald americano quando, il 22 Luglio del 1975, ricevette una telefonata che lo avvisava di un incendio in Marlborough Street. Arrivò in tempo per vedere una donna e una bambina su una scala antincendio del quinto piano.

Un vigile del fuoco stava tentando di aiutarle. “Improvvisamente la scala antincendio è crollata”, e Diana Bryant, 19 anni, e la sua figlioccia Tiare Jones, di 2 anni, restarono per qualche attimo sospese in aria.

“Stavo fotografando la scena, ma poi, improvvisamente mi sono voltato, non volevo vedere il tonfo dei corpi a terra. Mi ricordo ancora tutta l’agitazione.”

Bryant è morta per la caduta, il suo corpo ammortizzò il tonfo della bambina, che è sopravvissuta. Mentre l’evento non era diverso da tragedie di routine che riempiono la cronaca locale, la foto di Forman lo era.

Forman era stato in grado di congelare il momento orribile della caduta e l’espressione del viso della bambina. La foto ha ricevuto il premio Pulitzer e ha contribuito a rendere obbligatorie severe norme sulla sicurezza in materia di incendi.

La foto è stata, all’epoca, molto dibattuta: non tutti erano d’accordo sull’opportunità d mostrare scene così forti e inquietanti pubblicamente.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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L’incredibile storia delle fotografie ritrovate di Vivian Maier

MEDICINA ONLINE STORIA FOTO VIVIAN MAIER FOTOGRAFIE.jpgVivian Maier è il nome di una donna che probabilmente non avete mai sentito nominare in vita vostra, tuttavia la sua storia è molto interessante a partire da uno strano fatto: scattò migliaia di foto senza svilupparne nessuna. Per quale motivo? Per difficoltà economiche? Scelta? Non si sa con esattezza. Dopo la sua morte furono trovati i negativi e divenne famosa per foto che quindi lei stessa non aveva mai visto. C’è un bellissimo documentario di Maloof e Siskel che la raccontano.

Vivian Maier è stata una fotografa statunitense, della cui attività artistica si sapeva ben poco fino a pochi anni prima della scomparsa. Come per altri artisti rimasti sconosciuti o semisconosciuti durante la loro vita, Vivian Maier e, soprattutto, la sua vasta quantità di negativi è stata scoperta nel 2007, grazie alla tenacia di John Maloof, anche lui americano, giovane figlio di un rigattiere. Il ragazzo, nel 2007, volendo fare una ricerca sulla città di Chicago, e avendo poco materiale iconografico a disposizione, decise di comprare in blocco per 380 dollari, in un’asta, il contenuto di un box zeppo degli oggetti più disparati, espropriati per legge ad una donna che aveva smesso di pagare i canoni di affitto.

Mettendo ordine tra le varie cianfrusaglie (cappelli, vestiti, scontrini e perfino assegni di rimborso delle tasse mai riscossi), Maloof reperì una cassa contenente centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare. Dopo aver stampato alcune foto, Maloof le pubblicò su Flickr ottenendo un interesse entusiastico e virale e l’incoraggiamento della community ad approfondire la sua ricerca. Pertanto fece delle indagini sulla donna che aveva scattato quelle fotografie: venne a sapere che Vivian non aveva famiglia ed aveva lavorato per tutta la vita come bambinaia soprattutto nella città di Chicago; durante le giornate libere e i periodi di vacanza era solita scattare foto della vita quotidiana di città come New York, Chicago e Los Angeles.

La maggior parte delle sue foto sono “street photos” ante litteram e può essere considerata una antesignana di questo genere fotografico. Inoltre, scattò molti autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l’obiettivo, utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi come superfici riflettenti. Dal momento della sua scoperta, Maloof ha svolto una grande attività di divulgazione della sua opera fotografica, organizzando mostre itineranti in tutto il mondo. Vivian Maier, per scattare le sue immagini, utilizzava una macchina fotografica Rolleiflex e un apparecchio Leica IIIc. La sua vita e il suo lavoro sono stati oggetto di libri e documentari.

 

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David Kirby: la foto che ha cambiato il volto dell’AIDS

MEDICINA ONLINE DAVID KIRBY FOTO PICTURE AIDS IMAGE HIV VIRUS.jpgIl giorno in cui è morto, David Kirby aveva 32 anni. Giaceva sul letto, il suo volto sofferente e il corpo consumato dall’Aids, circondato dalla sua famiglia. Quell’istante in cui l’uomo è spirato, è stato impresso dalla macchina fotografica di Therese Frare, all’epoca una giovane studentessa di foto-giornalismo in un’università dell’Ohio. Frare riuscì a catturare quel momento straziante con freddezza e professionalità, dando un volto umano a quella malattia fino ad allora socialmente stigmatizzata. Nel novembre del 1990, la rivista Life decise di pubblicare quella foto che divenne rapidamente l’immagine simbolo per tutte le persone affette dal virus dell’Hiv.

Dopo lungo tempo, la rivista ha deciso di condividere la storia commovente che si cela dietro quella foto e lo ha fatto attraverso i ricordi di Therese Frere, protagonista in prima persona di quegli strazianti momenti che l’hanno cambiata profondamente. Uno scatto nato casualmente ma che ha permesso alla donna di conquistare visibilità e innumerevoli riconoscimenti. “Avevo iniziato un corso di foto-giornalismo presso l’Università dell’Ohio nel gennaio del 1990”, ha raccontato Therese Frare alla rivista Life. “In quel periodo prestavo anche volontariato presso il Pater Noster House, una struttura che ospitava i malati di Aids a Columbus. Nel mese di marzo ho iniziato a scattare foto lì e ho avuto modo di conoscere il personale, in particolare un volontario di nome Peta che si prendeva cura di alcuni pazienti. Tra loro c’era anche David Kirby”.

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Kirby era nato e cresciuto in una piccola città dell’Ohio. Negli anni Ottanta, l’uomo si era distinto per il suo appassionato attivismo a sostegno dei diritti degli omosessuali. Per questo motivo, Kirby fu costretto a trasferirsi in California e a estraniarsi dalla sua famiglia, ma alla fine degli anni Ottanta scoprì di aver contratto il virus dell’Hiv.
David contattò nuovamente i suoi genitori e domandò loro se potesse far rientro a casa, esaudendo così il suo ultimo desiderio: poter morire circondato dalla sua famiglia. E così avvenne. “Il giorno che David è morto, stavo facendo visita a Peta”, ha raccontato ancora Frare, che oggi vive e lavora a Seattle. “Alcuni infermieri avevano chiamato Peta chiedendogli di far compagnia a David. Lui portò anche me, ma mi fermai fuori dalla stanza di David, assorta nei miei pensieri, quando a un certo punto la madre di David venne fuori e mi disse che volevano una foto che li immortalasse mentre davano l’ultimo saluto al loro figlio”.

“Entrai, rimasi in silenzio in un angolo, l’unica parte del mio corpo che muovevo erano le mani che stringevano la macchina fotografica. Puntai l’obiettivo e scattai. Solo in seguito, ho capito che lì dentro era accaduto qualcosa di veramente incredibile. Ed era avvenuto proprio di fronte a me”. L’immagine aveva restituito un volto umano a quella malattia che stava mietendo migliaia di vittime, molte delle quali morivano in maniera del tutto inconsapevole.
La foto scattata da Tehrese Frare si guadagnò numerosi riconoscimenti, tra cui il World Press Photo Award, quando venne pubblicata sulla rivista Life, ma esplose due anni più tardi quando l’azienda Benetton decise di utilizzarla nella versione a colori per lanciare una campagna pubblicitaria provocatoria.

La scelta di Benetton generò critiche e polemiche, sia tra i gruppi cattolici che avevano ritenuto la foto offensiva perché richiamava alla mente l’immagine classica di Maria che culla Cristo, dopo la sua crocifissione, sia tra gli attivisti impegnati nella sensibilizzazione sul virus dell’Hiv, furiosi perché ritenevano la decisione poco opportuna e fatta a fini esclusivamente commerciali. Al di là delle polemiche, la foto di Therese Frere aveva dato all’opinione pubblica la possibilità di guardare con i propri occhi gli effetti di una malattia di cui ben poco si era parlato in quegli anni, dissipando paure e ignoranza.

La famiglia di Kirby aveva acconsentito al libero utilizzo di quell’immagine, ritenendo che essa potesse contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica piuttosto critica verso i malati affetti da Aids, in un momento in cui il virus falciava le persone in maniera incontrollata e i malati esercitavano pressioni sui governi affinché si accelerasse la messa a punto di nuovi farmaci. “Abbiamo sentito che quello era il momento giusto per mostrare la verità sull’Aids”, ha spiegato la madre di David, Kay Kirby. Ed è quello che hanno fatto permettendo a Therese di scattare quella foto.

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Papà single e truccato: la polemica sulla pubblicità del latte

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PAPA SINGLE TRUCCATO FAMIGLIA SUL LATTE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneSuscita polemiche la campagna pubblicitaria della Centrale del Latte di Brescia. La società, a partecipazione pubblica, ha diffuso l’immagine di un uomo truccato da donna assieme ad una bambina con lo slogan, “la famiglia ha un nuovo formato” (vedi foto).

Il riferimento è alla nuova bottiglia del latte più piccola rispetto alle precedenti, ma l’allusione è ai nuovi modelli di famiglia e non è piaciuta all’associazione Generazione famiglia che è nell’orbita No Gender e che ha condannato l’iniziativa. Sulla questione l’ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Brescia Mario Labolani ha chiesto pubblicamente di boicottare l’azienda, mentre il centrodestra in Comune a Brescia è pronto a presentare un’interrogazione al sindaco della città Emilio Del Bono.

La mia personale opinione a riguardo è che questa foto mi regala un sorriso e tanta simpatia per un padre che farebbe di tutto per far divertire la propria figlia, anche farsi truccare il viso… almeno io ci vedo questo! In ogni caso siamo nel 2016, il mondo è cambiato, la società è cambiata, la famiglia e cambiata ed a chi se la prende per queste cose dico: forse è il caso di adeguarsi!

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Ti regalo un fiore

 

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TI REGALO UN FIORE PACE GUERRA VIETNAM Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgUna donna manifesta di fronte alla polizia militare di guardia al Pentagono durante una manifestazione contro la guerra in Vietnam.

Ti regalo un fiore

Arlington, Virginia, Stati Uniti d’America, 21 ottobre 1967, foto scattata dal sergente Albert R. Simpson

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Rarissimi bimbi nati senza rompere il sacco amniotico [FOTO]

Ecco una serie di strabilianti immagini che mostrano un evento estremamente raro: la nascita di un bimbo che avviene senza rottura delle acque (rottura del sacco amniotico). L’espressione “nato con la camicia”, che nel linguaggio comune significa “essere fortunati”, deriva proprio da questo rarissimo evento.

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