Strabismo rotuleo: cause, sintomi e rimedi

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo SPASMI MUSCOLARI MIOCLONIE CONTRAZIONI Muscolo Dieta Chirurgia Medicina Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia Grasso Dietologo Cellulite Calorie Peso Pancia Sessuologia Pene Laser Filler Rughe Botulino 1Lo strabismo rotuleo, conosciuto anche come disallineamento dell’apparato estensore o dolore rotuleo, è una patologia del ginocchio che dipende da un disallineamento della rotula rispetto all’asse femorale che tende a deviare verso l’interno o verso l’esterno. Questo malfunzionamento della rotula provoca una pressione della rotula sul femore e uno stiramento dei legamenti che provocano dolore soprattutto quando si salgono o si scendono le scale oppure quando si resta a lungo fermi in una stessa posizione (seduti, accovacciati, inginocchiati).
Lo strabismo rotuleo si differenzia per quattro livelli di gravità in base alla tipologia di disallineamento:

  • Grado I: iperpressione esterna;
  • Grado II: sublussazione;
  • Grado III: lussazione ricorrente e abituale;
  • Grado IV: lussazione cronica.

E’ una patologia che è molto diffusa e colpisce soprattutto le giovani donne e coloro che soffrono di obesità perché dipende molto dal livello del tono muscolare che, nelle due categorie più colpite, risulta essere poco sviluppato. Altre patologie che spesso colpiscono la rotula sono:

  • CONDROPATIA ROTULEA;
  • INSTABILITA’ DELLA ROTULA;
  • TENDINITE DEL ROTULEO;
  • IPERPRESSIONE ROTULEA.

Cause
Le cause che possono provocare lo strabismo rotuleo sono diverse e tutte, a lungo andare, inducono un mal funzionamento dei movimenti della rotula. Tra i diversi fattori, ricordiamo:

  • ginocchio valgo (patologia comunemente conosciuta come  “ginocchia a X”);
  • piede pronato (patologia in cui il piede tende ad inclinarsi verso l’interno);
  • rotula alta che provoca un’instabilità del ginocchio;
  • displasia del quadricipite;
  • torsione del femore;
  • tono muscolare basso.

Sintomi
La patologia tende a manifestarsi quando si rimane a lungo fermi in una stessa posizione o quando si salgono/scendono le scale. Il primo sintomo è un dolore lieve localizzato intorno alla rotula, nella parte anteriore. Lo strabismo rotuleo, se non curato adeguatamente,  con il passare del tempo, tende a peggiorare con un aumento progressivo del dolore accompagnato da bruciori e rumori localizzati (come schiocchi o crepitii). Quando si mette sotto sforzo l’arto, oltre al dolore, il ginocchio può gonfiarsi. Questo sintomo si può verificare a seguito di lunghe camminate, dopo una corsa in bicicletta oppure, quando la patologia colpisce gli sportivi, può manifestarsi bruscamente a seguito di intensi allenamenti. Nei casi più gravi si può verificare il cedimento del ginocchio oppure può bloccarsi completamente.

Rimedi
Lo strabismo rotuleo se non curato adeguatamente, tende a peggiorare con il passare del tempo. E’ importante fare una diagnosi adeguata al livello di gravità della patologia in modo da evitare di incorrere in un’artrosi femoro-rotulea.

Tra i possibili rimedi vanno menzionati:

  • trattamento riabilitativo;
  • utilizzo della ginocchiera (soprattutto per gli sportivi);
  • somministrazione di antidolorifici ed antinfiammatori per attenuare il dolore;
  • utilizzo del ghiaccio sulla parte dolorante.

Quando la riabilitazione non ha effetti positivi e nei casi più gravi in cui è previsto lo sviluppo di un’artrosi, è necessario intervenire chirurgicamente per correggere la causa scatenate della patologia. Per questo motivo ogni intervento chirurgico si differenzierà l’uno dall’altro. Parte della sintomatologia dolorosa riferita al ginocchio e alle articolazioni può essere prevenuta o alleviata con un trattamento mirato ed è consigliato utilizzare delle scarpe e delle solette adatte a dare dei benefici al ginocchio e alle articolazioni.

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Differenza tra sciatalgia e finta sciatalgia

 

MEDICINA ONLINE MUSCOLO PIRIFORME SINDROME SCIATICA NERVO SCIATICO DIFFERENZE ANATOMIA FUNZIONI PATOLOGIE INFIAMMAZIONEUna sciatica è tipicamente causata da un’ernia del disco: il nervo sciatico è composto da più radici che hanno origine nel foro tra due vertebre lombari; se una parte del disco fuoriesce e comprime una di queste radici, si proverà dolore o formicolio lungo il percorso del nervo che origina dalla radice compressa.
Le sciatalgie, inoltre, possono essere causate da:

  • problemi metabolici (es. diabete);
  • scompensi nutrizionali;
  • problemi circolatori;
  • molto più raramente, infezioni del nervo, osteofiti (artrosi) o tumori.

Quando la sciatalgia non è sciatalgia

Gli stessi sintomi di una sciatalgia possono essere causati dalla sindrome del piriforme, ovvero una contrattura del muscolo piriforme, situato tra osso sacro e femore, che comprime il vicino nervo sciatico, a tal proposito leggi: Sindrome del piriforme: sintomi, esercizi, cura e recupero

Spesso, invece, vengono diagnosticati come sciatalgie dolori che sono invece da attribuirsi a una postura o deambulazione scorrette, a causa delle quali i muscoli delle gambe devono lavorare in maniera asimmetrica: se una gamba si sforza più dell’altra, i suoi muscoli inizieranno a un certo punto a “lamentarsi”, producendo sintomi simili a quelli di una sciatalgia vera e propria. Anche la tensione della dura madre può produrre una trazione sulle radici nervose, creando sintomi simili. Infine, vi è il fattore iatrogenico: alcuni medicinali (ad esempio le statine contro il colesterolo) danneggiano il metabolismo cellulare dei muscoli, i quali possono diventare dolenti, spesso in un arto, mimando così i sintomi di una sciatalgia.

La sindrome della cauda equina

In rari casi, un’ernia del disco può essere centrale e comprimere quindi non solo i nervi che raggiungono le gambe: questa eventualità si chiama sindrome della cauda equina ed è caratterizzata da sciatalgia in entrambe le gambe con perdita della ritenzione urinaria e intestinale: questa sindrome costituisce un’emergenza chirurgica e in questo caso bisogna rivolgersi immediatamente al pronto soccorso.
Ora sai che quando avverti il tipico dolore da sciatalgia, potrebbe anche trattarsi di un altro tipo di patologia. Per questo, il nostro consiglio è quello di rivolgerti subito al tuo medico o a un esperto di chiropratica, invece di rimanere a letto in compagnia degli antidolorifici.

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Femore: anatomia, funzioni e muscoli in sintesi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FEMORE NATOMIA FUNZIONI SINTESI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl femore (dal latino “femur” che significa “coscia”; in inglese “femur“) è un osso dell’arto inferiore che costituisce lo scheletro della coscia ed anche parte dell’anca e del ginocchio. È l’osso più lungo, voluminoso e resistente dello scheletro umano.

Funzioni
Il femore ha varie funzioni:

  • rappresenta lo scheletro della coscia, che unisce l’anca al ginocchio;
  • insieme alle altre ossa e muscoli del bacino e dell’arto inferiore, permette la deambulazione umana;
  • è fondamentale per la ripartizione del peso corporeo lungo tutto l’arto inferiore;
  • entra nella costituzione delle articolazioni dell’anca e del ginocchio;
  • è sede di inserzione per molti muscoli della coscia e della gamba.

Anatomia
Il femore è formato da:

  • un corpo (diafisi);
  • 2 estremità (epifisi), delle quali quella prossimale si articola con l’osso dell’anca formando l’articolazione coxofemorale, mentre quella distale si articola con la rotula e la tibia, formando l’articolazione del ginocchio. Ciascuna porzione ha una particolare anatomia e possiede alcune zone specifiche, che fungono sia da punto d’origine sia da punto d’inserzione per muscoli e legamenti.

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Epifisi prossimale
L’estremità prossimale del femore è la porzione ossea più vicino al tronco. Del resto, nel linguaggio medico-anatomico, il termine prossimale significa “più vicino al centro del corpo” o “più vicino al punto d’origine” (N.B: per convenzione, il punto d’origine di qualsiasi osso che diparte dal tronco è il tronco stesso).
L’estremità prossimale presenta una morfologia tale, che le permette di unirsi perfettamente all’acetabolo del bacino (l’acetabolo è una concavità, simile a una ciotola) e formare l’articolazione dell’anca.
Le componenti strutturali rilevanti dell’estremità prossimale sono 6:

  • La testa: è la parte più prossimale del femore. Proiettata in direzione mediale, ha le sembianze di una sfera, precisamente di un 2/3 di sfera. Possiede una superficie liscia e una piccola depressione (fovea capitis), che funge da punto d’inserzione per il legamento rotondo. Il legamento rotondo è uno dei legamenti più importanti dell’articolazione dell’anca: un suo capo è legato alla testa del femore e l’altro suo capo all’acetabolo.
  • L’acetabolo è un incavo di natura ossea, con sede nel bacino, il cui ruolo è accogliere la testa del femore.
  • Il collo: è la breve sezione di osso femorale che collega la testa al corpo del femore. Dall’aspetto molto simile a un cilindro, è leggermente piegato in direzione mediale: questa piegatura, nell’essere umano adulto, forma un angolo di circa 130° con il collo.
    L’angolo in questione è particolarmente importante, in quanto permette all’articolazione dell’anca di godere di un notevole range di movimento.
  • Il grande trocantere: è un processo osseo (o proiezione ossea) che origina dal corpo e si colloca lateralmente, rispetto al collo. Ha forma quadrangolare e un’anatomia particolare, che gli permette di accogliere i capi terminali di numerosi muscoli, coinvolti nel movimento dell’anca e della coscia (muscolo piriforme, muscolo otturatore esterno, muscolo otturatore interno, muscoli gemelli, muscolo piccolo gluteo e muscolo medio gluteo).
  • Il grande trocantere è palpabile: il lettore può apprezzarne la presenza al tatto, toccando il lato esterno-alto di una delle sue due cosce.
    Il piccolo trocantere: è un processo osseo di dimensioni inferiori al grande trocantere, che ha origine sul corpo del femore, in una zona con posizionamento postero-laterale. Dalla forma conica e tozza, sporge appena sotto il collo e ha un orientamento opposto a quello del grande trocantere (quindi “punta” verso l’interno, cioè in direzione mediale).
    Il piccolo trocantere serve come punto d’inserzione per le porzioni terminali dei tendini dei muscoli grande psoas e iliaco (che combinati insieme prendono il nome di ileo-psoas).
  • La linea intertrocanterica anteriore: situata sulla superficie anteriore del femore, è una cresta ossea con orientamento infero-mediale (cioè va verso il basso e verso l’interno), che unisce tra loro i due grandi trocanteri.
  • La linea intertrocanterica anteriore rappresenta il punto d’inserzione per il legamento iliofemorale, uno dei legamenti più importanti e resistenti dell’articolazione dell’anca.
    La cresta intertrocanterica posteriore: situata sulla superficie posteriore del femore, è una cresta ossea con orientamento infero-mediale, che collega tra loro i due trocanteri.
    Lungo il suo breve percorso, presenta un tubercolo arrotondato, chiamato tubercolo quadrato, che accoglie il capo terminale del muscolo quadrato del femore.

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Diafisi
La diafisi, o corpo del femore, risulta caratterizzata da tre facce: una faccia anteriore, una postero-mediale e una postero-laterale. Le due facce posteriori sono divise da una linea sporgente, la linea aspra. Questa, in corrispondenza della metafisi prossimale si biforca, dando origine alla tuberosità glutea (vi si inserisce il muscolo grande gluteo) e alla linea pettinea (vi si inserisce il muscolo pettineo). La biforcazione in prossimità della metafisi distale dà origine ad una regione depressa, chiamata faccia poplitea. In prossimità di questa faccia scorrono i vasi poplitei, che hanno la caratteristica di avere le arterie più superficiali rispetto alle vene.

Epifisi distale
L’epifisi distale del femore presenta, posteriormente, due grosse superfici ossee convesse, i condili femorali (uno mediale, l’altro laterale). I condili, rivestiti di cartilagine articolare, fanno parte della complessa articolazione del ginocchio. Tra i due condili vi è uno spazio, la fossa intercondiloidea. Anteriormente, i due condili convergono nel formare la superficie patellare, per l’articolazione con la patella. Sui condili prendono inserzione i due legamenti crociati (anteriore e posteriore), e due menischi (mediale e laterale), in quanto non vi è perfetta corrispondenza tra i condili del femore e le superfici condiloidee della tibia. I menischi si dispongono a contornare i due condili, mentre i legamenti crociati si incrociano all’interno dello spazio intercondiloideo.

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Muscoli relativi al femore
La tabella sottostante riporta l’elenco dei 22 muscoli che originano o terminano in corrispondenza del femore.

Muscolo Capo terminale o capo iniziale Sede di contatto sul femore
Muscolo iliaco Capo terminale Piccolo trocantere
Muscolo grande psoas Capo terminale Piccolo trocantere
Muscolo grande gluteo Capo terminale Tuberosità glutea
Muscolo medio gluteo Capo terminale Superficie laterale del grande trocantere
Muscolo piccolo gluteo Capo terminale Parte anteriore del grande trocantere
Muscolo piriforme Capo terminale Margine superiore del grande trocantere
Muscolo gemello superiore Capo terminale Grande trocantere
Muscolo otturatore interno Capo terminale Superficie mediale del grande trocantere
Muscolo gemello inferiore Capo terminale Grande trocantere
Muscolo quadrato femorale Capo terminale Cresta intertrocanterica posteriore
Muscolo otturatore esterno Capo terminale Fossa trocanterica (piccola depressione in prossimità del grande trocantere; si veda la figura del grande trocantere).
Muscolo pettineo Capo terminale Linea pettinea
Muscolo adduttore lungo Capo terminale Parte mediale della linea aspra
Muscolo adduttore breve Capo terminale Parte mediale della linea aspra
Muscolo grande adduttore Capo terminale Parte mediale della linea aspra e tubercolo adduttore
Muscolo vasto laterale Capo iniziale Grande trocantere e parte laterale della linea aspra
Muscolo vasto intermedio Capo iniziale Superficie frontale e laterale del femore
Muscolo vasto mediale Capo iniziale Sezione distale della linea intertrocanterica e parte mediale della linea aspra
Bicipite femorale Capo iniziale Parte laterale della linea aspra
Muscolo popliteo Capo iniziale Sotto l’epicondilo laterale
Muscolo gastrocnemio Capo iniziale Dietro il tubercolo adduttore, sopra l’epicondilo laterale.
Muscolo plantare Capo iniziale Sopra il condilo laterale

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Caviglia slogata (distorsione) e gonfia: cosa fare? Fasciatura ed altri rimedi

MEDICINA ONLINE CAVIGLIA SLOGATA DISTORSIONE STORTA DOLORE FASCIATURA GONFIA RIMEDI TERAPIA FARMACI.jpgPer distorsione – che è sinonimo di “slogatura” o, più popolarmente, “storta” – intendiamo una lesione a carico di un’articolazione o delle strutture a essa connesse.
Nel caso della caviglia, la distorsione interessa l’articolazione tibio-peroneo-astragalica detta anche tibio-tarsica o talo-crurale. Le ossa chiamate in causa sono la tibia, il perone e l’astragalo. Le strutture associate a questa articolazione che possono essere interessate dalla slogatura sono i vari legamenti.
Dal punto di vista fisiologico, la distorsione è causata da un movimento fuori dall’ordinario, che comunque non avrà comportato dislocazioni o sublussazioni.
La distorsione si può verificare come primo episodio oppure come recidiva, se c’è già stato un evento traumatico. Infine, ci sono i casi di lassità croniche, dove, a causa di un’eccessiva mobilità dell’articolazione (dovuta, per esempio, a un trattamento inadeguato di una slogatura precedente), si è spesso soggetti a distorsione.
Tra i sintomi più comuni della patologia ci sono, oltre al dolore, il gonfiore, la presenza di ematomi e, nelle circostanze più gravi, l’impossibilità di camminare.
Ora che abbiamo fatto maggiore chiarezza su cosa sia una distorsione, vediamo insieme quali sono le sue diverse tipologie.

Le tipologie di distorsione e le cure consigliate
Ci sono 3 tipi di distorsione, che si differenziano tra loro per la gravità del trauma:

  • distorsione di primo grado: si verifica una deformazione elastica a carico del legamento, che però, per fortuna, non riporta lesioni;
  • distorsione di secondo grado: qui la faccenda si complica un po’, perché si ha una lesione parcellare (parziale) del legamento. Ciò può predisporre a recidive;
  • distorsione di terzo grado: in questo caso, il peggiore, avremo la completa lesione del legamento e potrebbe rivelarsi necessario agire con la chirurgia.
    Terapie consigliate per la distorsione di primo grado
    Se hai subìto una distorsione di primo grado le cure a cui dovrai sottoporti sono: riposo, uso della borsa del ghiaccio, tenere la caviglia sollevata, utilizzo della cavigliera elastica, fisiokinesiterapia. Si prevedono 7 giorni di prognosi.

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Terapie consigliate per la distorsione di primo grado
Nei casi più lievi, quando c’è solo un lieve arrossamento della zona interessata basta del ghiaccio, messo più volte al giorno e una fasciatura leggera, oltre ovviamente al riposo. La fasciatura più essere eseguita anche personalmente purché sia salda ma allo stesso tempo non stretta. E’ sbagliato credere che più si stringe prima si risolve la torsione. La fasciatura deve essere ben salda, ma leggera, in modo da far respirare la pelle e non impedire la circolazione, è anche inutile fare una fasciatura larga perché totalmente inutile allo scopo. L’arto non deve essere costretto eccessivamente, ma deve essere mobile. Nei casi più lievi la situazione si risolve in uno o due giorno, solo se c’è del dolore si può prendere anche un farmaco analgesico, ma è sempre meglio farne a meno. Quando al momento della slogatura sono evidenti fin da subito rigonfiamenti, deformazioni e irregolarità nell’arto, in questo caso bisogna rivolgersi prontamente al medico. Solo il medico può decidere come procedere, soprattutto se sulla caviglia sono presenti anche lividi ed ematomi. In alcuni casi la fasciatura va rimandata di qualche ora o anche di un paio di giorni, in modo da far riassorbire eventuali liquidi. Nel caso di una slogatura seria la fasciatura da preferire è quella a spirale. Il bendaggio va eseguito con delle fasce larghe e compatte, che avvolgono prima la caviglia nella parte alta del collo del piede e poi a livello trasversale in entrambi i lati. La forma finale deve essere quella di tante “x” sovrapposte e poi tenute insieme o da una spilla o da adesivo. In ogni caso qualora la fasciatura non sia sufficiente è preferibile anche fare delle radiografie per escludere la presenza anche di fratture. In caso affermativo quando a essere coinvolti sono anche i legamenti è sempre il medico che valuterà la possibilità di un intervento o di un bloccaggio completo mediante ingessatura. Non ci sono svantaggi nel fasciare la caviglia quando è slogata, a patto che lo si faccia in modo adeguato e preciso, senza essere troppo avventati. Il vantaggio è quello di bloccare la lesione e dare al piede il riposo necessario per ristabilirsi. Una buona fasciatura, va ripetuta almeno ogni due o tre giorni. Bisogna sempre chiedere al medico quando toglierla, se il caso è più complicato.

Terapie consigliate per la distorsione di secondo grado
Per evitare il rischio di recidive è importante che i trattamenti prescritti dal tuo medico siano seguiti per filo e per segno. Anche qui troviamo riposo e borsa del ghiaccio, cui si aggiungono stampelle, bendaggio funzionale/cavigliera elastica e riabilitazione fisiokinesiterapica.

Terapie consigliate per la distorsione di terzo grado
Di certo sarà necessaria, oltre ai sempre utili riposo, ghiaccio e cavigliera elastica, l’immobilizzazione. La prognosi media è di 30 giorni e bisognerà procedere con la fisiokinesiterapia. Nei casi più gravi potrebbe rendersi necessario un intervento chirurgico.

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Formicolio alle mani, piedi, braccia e gambe: cause e cure

MEDICINA ONLINE FORMICOLIO MANI DOLORE MANO DITA PIEDI BRACCIA GAMBE SANGUE CIRCOLAZIONE TUNNE CARPALE DIABETE TEMPORANEO CRONICO OCCASIONALE.jpgIl formicolio può essere associato ad un’ampia varietà di condizioni, tra cui pressione prolungata a carico di un nervo, carenze di minerali, sclerosi multipla (malattia che colpisce il sistema nervoso causando debolezza, difficoltà di coordinazione ed equilibrio e altri problemi), e ictus, tra le molte altre.

Che cos’è il formicolio alle mani?

Il formicolio alle mani, scientificamente detto parestesia, è una sensazione anomala che colpisce gli arti superiori, ma che comunemente può riguardare anche piedi, braccia e gambe. Questa condizione può essere associata a una alterata sensibilità causata da disturbi delle vie nervose, oppure a una sorta di intorpidimento. Il formicolio può essere temporaneo o cronico.

Cause di formicolio temporaneo:

Cause di formicolio persistente o cronico:

  • diabete;
  • sciatica;
  • tunnel carpale;
  • una qualsiasi condizione in grado di danneggiare il sistema nervoso, come un ictus, sclerosi multipla o, in casi estremamente rari, un tumore al cervello:
  • esposizione a sostanze tossiche, ad esempio piombo o radiazioni;
  • alcuni farmaci;
  • malnutrizione;
  • carenza di vitamina B12;
  • carenze di minerali;
  • danni ai nervi causati da infezioni, lesioni o utilizzo eccessivo (per esempio nei casi di utilizzo professionale di martelli pneumatici o strumenti simili);
  • abuso di alcol;
  • spondilosi cervicale;
  • pressione su un nervo, per esempio in caso di ernia del disco;
  • Herpes zoster (in caso di nevralgia post-erpetica);
  • danni al microcircolo, causati per esempio da aterosclerosi, geloni o infiammazioni;
  • livelli anomali degli elettroliti (calcio, potassio, sodio) nel sangue;
  • morsi e punture di insetti.

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Cosa porta avere formicolio alle mani?

La sensazione di intorpidimento alle mani, e in generale il formicolio ai piedi, alla testa e il formicolio alle gambe o ad altre parti del corpo, è in genere correlato a una serie di condizioni quali:

  • carenze di vitamine o minerali;
  • nervo compresso per lungo tempo;
  • sclerosi multipla;
  • ictus.

Altre cause possono includere lesioni al collo o alla testa, ridotto afflusso sanguigno a una zona specifica del corpo. Il formicolio alle mani può quindi comportare diverse problematiche, alcune di lieve entità e altre più gravi. Può inoltre essere il primo sintomo di condizioni gravissime, per le quali è bene allertare un medico.

Quali sono le complicazioni del formicoio alle mani?

Il formicolio è un segnale che indica che  uno o più nervi non stanno funzionando in maniera corretta. Le complicazioni connesse al formicolio possono variare in base alla causa scatenante. Dal momento che il formicolio può essere causato anche da gravi patologiei, trascurare questo sintomo e non prendere provedimenti può favorire la comparsa di complicazioni gravi e danni permanenti. Dopo aver individuato la causa di fondo, è bene seguire scrupolosamente i trattamenti suggeriti dal medico, al fine di ridurre il rischio di complicazioni, quali:

  • coma o incoscienza;
  • amputazione dell’arto;
  • riduzione o perdita della vista;
  • paralisi;
  • perdita di forza e debolezza;
  • estensione del tumore.

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Quali sono le cause del formicolio?

Il formicolio può essere causato da un’ampia varietà di condizioni come ad esempio una lesione da compressione, tra cui:

  • frattura o lussazione che causano la compressione di un nervo;
  • ernia discale che causa la compressione di un nervo;
  • lesione al collo o alla schiena che comprime o lede il midollo spinale o un nervo;
  • sindrome del tunnel carpale;
  • lesione alla testa che causa pressione o gonfiore;
  • pressione a carico di un nervo dovuta ad una massa crescente o ad un tumore;
  • permanere nella medesima posizione per troppo tempo, causando quindi la compressione di un nervo.

Cause relative a malattie possono essere:

  • diabete;
  • tiroide inattiva o ipoattiva (ipotiroidismo);
  • infezioni come l’herpes zoster;
  • emicrania;
  • sclerosi multipla;
  • fenomeno di Raynaud;
  • crisi epilettiche o convulsioni;
  • ictus;
  • attacco ischemico transitorio.

Altre cause includono:

  • abuso di alcolici o tabacco;
  • carenza o eccesso di vari minerali come calcio, sodio o potassio;
  • avvelenamento da metalli pesanti;
  • effetti collaterali o interazioni di determinati farmaci;
  • esposizione a radiazioni o radioterapia;
  • carenza di vitamina B12.

Quali sono i sintomi associati al formicolio?

Il formicolio può accompagnare altri sintomi tipici della causa scatenante, tra cui:

  • pelle bluastra o fredda nella medesima zona o nell’area circostante il punto interessato;
  • debolezza muscolare;
  • intorpidimento nella medesima zona o nell’area circostante il punto interessato;
  • dolore nella medesima zona o nell’area circostante il punto interessato;
  • eruzione cutanea, specie ad un solo lato del tronco;
  • crisi epilettiche o convulsioni;
  • improvvisi cambiamenti a carico della vista, perdita della vista o dolore oculare.

Cosa comporta avere formicolio al braccio sinistro?

Il formicolio alla mano sinistra e il formicolio al braccio sinistro devono essere valutati con attenzione, poiché potrebbero essere i primi sintomi di un infarto. In questo senso generalmente il formicolio alla mano destra genera meno preoccupazioni. Questo tipo di formicolio è tuttavia piuttosto comune ed è bene non saltare a conclusioni affrettate poiché può avere anche cause meno gravi. La maggior parte dei casi di formicolio alla mano e al braccio sinistro sono dovuti a un eccessivo utilizzo e affaticamento di questa parte o anche alla sindrome del tunnel carpale. Tra le altre cause di intorpidimento alla mano e al braccio sinistro troviamo poi la sindrome dello stretto toracico e l’ernia del disco cervicale.

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Cosa comporta avere formicolio alla testa?

Il formicolio ala testa può avere una serie eterogenea di cause, che a loro volta richiedono diversi tipi di interventi e rimedi. Il formicolio alla testa il più delle volte può essere generato da condizioni di forte stress, cervicale o dall’ansia. Tra le cause più comuni ci può anche essere una lesione per compressione, a carico della schiena o del collo, che viene a danneggiare il midollo spinale. Tra le cuase più gravi di un perdurante formicolio alla testa possono invece essere annoverati il tumore o un ictus.

Cosa comporta avere formicolio ai piedi?

La parestesia o formicolio ai piedi in genere è un sitomo che non deve destare grande preoccupazione. Può essere infatto dovuto a una compresisone dei nervi della zona, che a sua volta causa una riduzione del flusso sanguigno. In altri casi il formicolio ai piedi opuò essere connesso a disturbi più gravi: si può infatti verificare in pazienti affetti da diabete, oppure essere una conseguenza di infiammazioni al fegato o ai reni.

Cosa comporta avere formicolio alle gambe?

formicolii alle gambe sono piuttosto diffusi e comuni e possono essere il sontomo di varie patolgie, di differente gravità ed entità. Le forme più innocue di formicolio agli arti inferiori tendono in genere a regredire spontaneamente e sono dovute spesso a posture scorrette assunte per periodi eccessivi di tempo. Una condizione frequente di intorpidimento e formicolio alle gambe, abbinato talvolta a una sensazione pungente di fastidio o dolore, può essere la spia di problematiche diverse quali, per esempio:

  • ernia discale;
  • ictus cerebrale;
  • danni neurologici;
  • compressione di un nervo;
  • sindrome delle gambe senza riposo;
  • sclerosi multipla;
  • sciatica;
  • embolia arteriosa.

Come si diagnostica il formicolio?

Il formicolio si diagnostica mediante un’anamnesi completa (raccolta delle informazioni del paziente e dei suoi sintomi) e da un esame obiettivo (visita vera e propria con raccolta dei segni) da parte del medico. La diagnosi può servirsi di molti altri strumenti diagnostici più o meno invasivi, che variano in base alla malattia che si suppone determini il formicolio, tra cui: esami del sangue, radiografie, tac, risonanze magnetiche, ecografie, ecografie con colordoppler, biopsie.

Quali sono i trattamenti per il formicolio?

La cura del formicolio dipende dalla causa a monte che l’ha determinato, che – come abbiamo visto – può essere estremamente varia, passando dal diabete fino alla ernia del disco: non è quindi possibile in questa sede parlare di una singola terapia che vada bene per ogni situazione. Il medico indagherà sulla causa del formicolio e – una volta individuata e se possibile curata – quest’ultimo dovrebbe diminuire o sparire del tutto.

Quali sono le complicanze del formicolio?

La presenza di formicolio prolungato potrebbe indicare che esso sia causato da cause anche gravi, quindi è importante intervenire tempestivamente per evitare, in alcuni fortunatamente rari casi:

  • amputazione;
  • coma o stato di incoscienza;
  • perdita della vista e cecità;
  • paralisi;
  • estensione del cancro;
  • perdita di forza;
  • decesso.

Prodotti contro il formicolio

Alcuni prodotti che, in alcuni casi, potrebbero diminuire il formicolio, sono:

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Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine

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Prima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, leggi anche: Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

Conseguenze a breve termine delle fratture di femore:

  • Infezioni. Se la frattura è esposta, ossia se in seguito al trauma i tronconi dell’osso hanno lacerato i tessuti e sono fuoriusciti all’esterno, è elevato il rischio di infezioni. L’osteomielite è la più comune ed anche la più difficile da curarsi.
  • Gravi lesioni dei tessuti come vasi sanguigni, nervi, capsule articolari. Le complicanze possono essere immediate con gravi emorragie che se non ridotte immediatamente possono comportare la morte dell’infortunato. Possono però comportare anche delle complicanze successive come nel caso delle fratture sottocapitate che, poiché generalmente danneggiano la vascolarizzazione della capsula articolare e della testa del femore che è già scarsamente irrorata, possono provocare necrosi della testa dell’osso.
  • Emorragie interne. Anche se la frattura non è esposta possono aversi forti emorragie e conseguenti shock per il ridotto volume sanguigno in circolo.
  • Shock neurogeno causato dal fortissimo dolore.
  • Embolia (ostruzione di un’arteria causata da un coagulo di sangue o da una bolla d’aria). In conseguenza della rottura dell’osso i midolli ossei possono introdursi attraverso la rottura di un vaso nel torrente sanguigno e bloccarsi negli alveoli polmonari o nel cervello.
  • Sindrome compartimentale. In seguito al trauma la muscolatura potrebbe essere interessata da un’importante tumefazione che riempie i compartimenti muscolo/osso. Se non sottoposta ad opportune cure la sindrome può evolversi in necrosi muscolare. Può capitare che la sindrome compartimentale sia particolarmente acuta ed allora bisogna con urgenza intervenire chirurgicamente praticando incisioni verticali nei compartimenti interessati per alleviare la pressione.
  • Lesioni da decubito, tipiche dei pazienti anziani immobilizzati a letto per lunghi periodi durante la riabilitazione; a tale proposito leggi anche: Lesioni da decubito: prevenzione, stadi, classificazione e trattamento

Conseguenze a lungo termine delle fratture di femore:

  • problemi connessi con un incompleto recupero della funzionalità dell’arto,
  • disturbi derivanti dall’allettamento (pazienti anziani): piaghe di decubito, trombo flebiti, insufficienze cardiorespiratorie, infezioni urinarie.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari 

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Femore rotto: riabilitazione, profilassi antitrombotica e controllo del dolore

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma 109 ANNI ROMPE FEMORE DANTE PARLANI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, leggi anche: Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

Come si effettua la riabilitazione dopo una frattura di femore e relativo intervento?
Dopo circa una settimana dall’intervento chirurgico il soggetto inizia a camminare con le stampelle o con un girello e dopo circa due mesi può iniziare a camminare normalmente; ovviamente esistono enormi differenze individuali nei tempi di recupero, relative a età del soggetto, patologie correlate e condizioni generali. In questo periodo è necessario un percorso riabilitativo che consenta il ritorno della persona alla normale attività ed efficienza fisica, da effettuare in una struttura specializzata se il paziente è anziano. La riabilitazione comprende una serie di terapie mirate ad evitare che il trauma risulti invalidante e che insorgano conseguenze. Inizialmente il paziente dovrà fare esercizi di respirazione e ripetute variazioni della postura a letto necessari per evitare complicazioni polmonari ed edemi, flebiti e piaghe da decubito. Successivamente sono necessari esercizi per camminare impostando una corretta postura per un equa distribuzione dei pesi, e nel contempo altri esercizi in acqua o con l’utilizzo di cyclette e tapis roulant volti a migliorare il tono muscolare.

Profilassi antitrombotica post intervento
I pazienti con frattura di femore sono a rischio elevato per TVP. Il tasso di TVP totale e distale dopo frattura di femore in assenza di profilassi è rispettivamente del 50 % e del 27% (Chest, 2008). TVP sintomatica si riscontra dall’1,3% all’8% di pazienti sottoposti a profilassi nei tre mesi successivi al trauma (Chest, 2008). EP fatale si verifica in una percentuale dei pazienti che varia dallo 0,4% al 7,5% nei tre mesi successivi al trauma. Fattori favorenti sono l’età avanzata e il ritardo dell’intervento. Il rischio tromboembolico è significativamente ridotto tra i pazienti che ricevevano una profilassi farmacologica. Il rischio di EP fatale diminuisce se l’intervento avviene entro 24 ore dal trauma. Uno dei farmaci più usati nel periodo riabilitativo è l’enoxaparina sodica (Clexane).

Leggi anche: Ho dimenticato di assumere l’anticoagulante, cosa fare?

Controllo del dolore durante la riabilitazione
Il controllo del dolore è parte integrante del percorso terapeutico. È necessario rilevare il dolore secondo una delle scale abituali (VAS, NRS, faccette nei casi di pazienti con fragilità cognitive) e registrarlo in cartella. La terapia con analgesici va prescritta al bisogno utilizzando preferibilmente paracetamolo ed oppioidi deboli. Si deve porre estrema attenzione ai FANS, che possono causare sanguinamenti gastrici o insufficienza renale e possono causare problemi di sanguinamento in soggetti anziani in terapia con antiaggreganti e anticoagulanti come sono quelli in riabilitazione post intervento.

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Artrosi del ginocchio: cause, sintomi e trattamenti

MEDICINA ONLINE LESIONE LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE POSTERIORE DIFFERENZE LATERALE MEDIALE GINOCCHIO TENDINI MUSCOLI ORTOPEDIA ANATOMIA FUNZIONI GAMBA COSCIA MOVIMENTOL’artrosi del ginocchio è una patologia estremamente diffusa nel mondo occidentale, seconda per numeri solo a quella che coinvolge le vertebre. Consiste nella progressiva degenerazione della cartilagine articolare e colpisce più frequentemente la popolazione femminile e coloro che hanno più di  50 anni.

L’artrosi del ginocchio può, a grandi linee, essere suddivisa in:

  • Primitiva, cioè non dovuta a cause specifiche.
  • Secondaria, vale a dire causata da un’altra patologia come deformità scheletriche, fratture, infezioni o patologie reumatologiche.

L’artrosi primitiva colpisce tutti i settori del ginocchio (pan-artrosi) ed è spesso associata ad altre localizzazioni della patologia come le mani, le anche o la colonna vertebrale. L’artrosi secondaria, invece, privilegia una parte specifica dell’articolazione.

Sia l’artrosi primitiva, sia quella secondaria, possono essere aggravate da due condizioni parafisiologiche: il ginocchio varo ed il ginocchio valgo. Queste due conformazioni particolari dell’articolazione, che si differenziano per il diverso orientamento tra il femore e la tibia, possono quindi essere considerate dei veri elementi di rischio. L’artrosi è condizionata da alcuni fattori come l’entità del varismo o del valgismo (misurabile in gradi), il peso corporeo, l’attività lavorativa, l’età e da alcune condizioni endocrine.

Un altro modo di classificare l’artrosi del ginocchio si basa sulla localizzazione dell’usura cartilaginea (versante interno, esterno, femoro-rotuleo). Nel caso in cui l’usura sia circoscritta ad un solo versante si parla di artrosi “monocompartimentale”. Spesso questo è anche il modo in cui esordisce la patologia che coinvolgerà gli altri settori del ginocchio solo successivamente.

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Diagnostica

La diagnosi dell’atrosi del ginocchio si effettua tramite:

  • Radiografie (possibilmente eseguite “sottocarico”, cioè in piedi).

Trattamenti

La chirurgia protesica del ginocchio comprende:

  • Impianto protesi del ginocchio monocompartimentale;
  • Impianto protesi del ginocchio totale.

Siamo ora in grado con terapie mediche, chirurgiche e riabilitative adeguate, di migliorare notevolmente la qualità della vita dei pazienti colpiti da questa patologia ed anche di svolgere una prevenzione nei casi diagnosticati precocemente.

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