Le carote, e altri vegetali come albicocche, pomodori, spinaci e rape, sono ricchi di β carotene, la quale è una lunga molecola di 40 atomi di carbonio, alcuni dei quali organizzati a formare due cicli a sei. Ha la caratteristica di possedere molti legami insaturi (doppi legami), tutti in conformazione trans, Continua a leggere
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Sindrome locked-in: cause, riabilitazione, respirazione, cure
La sindrome locked-in (o “sindrome del chiavistello”, “disconnessione cerebromedullospinale”, “stato de-efferentato”, “pseudocoma”, o “sindrome ventrale pontina”) è un insieme di segni e sintomi che descrivono la condizione di un individuo pienamente cosciente e sveglio, ma totalmente impossibilitato a muoversi (tetraplegia) ed a parlare a causa della Continua a leggere
Fotorecettori: differenza tra coni e bastoncelli
Con “fotorecettori” in medicina si fa riferimento ad un tipo particolare di neuroni altamente specializzati che si trovano sulla retina di entrambi gli occhi. Tali neuroni hanno la funzione di “tradurre” luce che dall’esterno arriva sul fondo dell’occhio e convertirla in segnali bioelettrici, inviati alla corteccia visiva del cervello attraverso il nervo ottico. I fotorecettori sono di due tipi:
Coni
I coni si concentrano nella zona centrale della retina (chiamata “fovea”) mentre restano proporzionalmente più rarefatti spostandosi nelle aree periferiche. I coni sono deputati alla visione dei colori (visione “fotopica”) ed alla visione distinta e nitida; consentono la visione centrale (con cui si legge, si guida, si riconoscono i volti, ecc.) e, se l’acuità visiva è buona, garantiscono un’elevata risoluzione dell’immagine. Esistono almeno tre tipi diversi di coni, rispettivamente per il rosso, il verde e il blu. In totale se ne contano circa 10 – 12 milioni, cioè 5 – 6 milioni per occhio, una quantità molto più bassa rispetto ai bastoncelli. Il lavoro dei coni è “individuale” nel senso che ciascuno di essi genera un impulso che è avviato al cervello indipendentemente. I coni hanno una sensibilità alla luce decisamente minore rispetto ai bastoncelli.
Bastoncelli
I bastoncelli si concentrano nella zona periferica della retina e sono più sensibili alla visione degli oggetti in movimento, oltre ad essere impiegati soprattutto per la visione al buio (visione “scotopica”). Il lavoro dei bastoncelli è “di gruppo”: diverse migliaia di elementi convergono su un singolo interneurone e l’impulso che viene avviato al cervello emerge dalla sommatoria di tutti i singoli impulsi. I bastoncelli sono circa 4000 volte più sensibili alla luce rispetto ai coni: la loro sensibilità è talmente elevata che un numero esiguo di fotoni è sufficiente per eccitarli o secondo altri studi, è sufficiente addirittura un unico fotone. Il numero dei bastoncelli in ogni occhio è compreso tra i 75 ed i 150 milioni, mediamente circa 100 milioni in ogni occhio, un numero decisamente più elevato rispetto ai coni.
Struttura dei fotorecettori
Nella struttura di entrambi i tipi di fotorecettori si possono identificare tre parti fondamentali:
- un segmento esterno: caratterizzato da strutture membranose (chiamate “dischi”), su cui sono posizionati i pigmenti che reagiscono allo stimolo dei fotoni (luce che arriva in “pacchetti” detti quanti). Sui dischi rintracciamo la rodopsina (una proteina che funge da pigmento visivo) e la trasducina (un enzima); queste molecole, se stimolate dall’energia elettromagnetica (luce), vengono attivate a cascata. Il segmento esterno è in contatto con l’epitelio pigmentato, lo strato più esterno della retina che contiene un’elevata quantità di melanina per assorbire la luce che non è stata trattenuta dalla retina. Inoltre, ha la funzione di risintetizzare i pigmenti visivi e di facilitare il ricambio dei dischi;
- segmento interno: caratterizzato dalla presenza degli organelli interni come mitocondri, apparati di Golgi, ecc., indispensabili per il metabolismo cellulare e il nucleo;
- terminazione sinaptica: permette la trasmissione dei segnali dal fotorecettore alle cellule bipolari mediante sinapsi ossia per trasmissione biochimica tra cellule nervose (grazie a molecole dette neurotrasmettitori).
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Differenza tra corteccia visiva primaria, secondaria e terziaria
La percezione visiva è un fenomeno che dipende dalla stimolazione luminosa dei fotorecettori posti sulla retina che inviano segnali – tramite il nervo ottico – alla corteccia visiva, cioè quella parte della corteccia cerebrale che si occupa della visione e dell’interpretazione delle immagini viste. La corteccia visiva ha sede nel lobo occipitale del cervello, il lobo più posteriore, nella zona del labbro superiore e del labbro inferiore della scissura calcarina. Il lobo occipitale è composto da due zone:
- zona posteriore: è la più estesa, nella quale si presentano le fibre nervose che arrivano dalle due fovee retiniche, la parte della retina in cui l’acuità visiva è massima,
- zona anteriore: è la più piccola, nella quale si imprimono le fibre nervose provenienti dalle restanti emiretine.
La corteccia visiva è divisa in varie porzioni:
La “corteccia visiva primaria” o area 17 di Brodman, è la regione che si incarica dell’elaborazione delle informazioni sugli oggetti statici ed in movimento: è responsabile della visione. È la prima zona in cui si dirigono le fibre che giungono dal nucleo genicolato laterale e contiene una mappa estremamente dettagliata dell’intero campo visivo. È la prima stazione del sistema visivo in cui compaiono cellule che ricevono informazioni da entrambi gli occhi, le cellule binoculari. L’area visiva primaria invia informazioni alle aree visive secondarie.
La corteccia visiva secondaria, o area 18 di Brodman, e la corteccia visiva terziaria, o area 19 di Brodman, sono definite “aree associative della visione” o “aree di associazione visiva” in quanto implicate nell’analisi, nel riconoscimento e nell’interpretazione delle immagini elaborate nella corteccia visiva primaria. In pratica mentre la corteccia visiva primaria ci permette di vedere, le altre cortecce visive ci permettono di interpretare e dare un significato a quanto visto, confrontandolo con il “database” di informazioni contenuto nella nostra memoria di oggetti visti nella nostra vita. Ad esempio guardando un bicchiere:
- la corteccia primaria ci permette di vedere il bicchiere;
- le cortecce associative ci permettono di capire che quello che stiamo guardando è un bicchiere, cioè un oggetto che possiamo usare per bere un liquido.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Differenza tra retinoblastoma ereditario e sporadico
Con “retinoblastoma” si indica il tumore maligno (cancro) oculare più frequente in età pediatrica: colpisce annualmente la retina di un bambino ogni ventimila nati vivi. I primi segni e sintomi sono riscontrati in bambini di età inferiore ai 3 anni. Nel 40% dei casi ha un’origine ereditaria. Può svilupparsi sia ad entrambi gli occhi che – più spesso – ad un occhio soltanto (forma sporadica di retonoblastoma). Il retinoblastoma è causato da una mutazione del gene oncosoppressore del retinoblastoma (RB) che codifica per una specifica proteina. L’alterata funzione di tale proteina comporta la proliferazione incontrollata di cellule e lo sviluppo del tumore all’interno dell’occhio. La mutazione può essere trasmessa per via ereditaria o insorgere spontaneamente (mutazione sporadica) dando luogo a due tipi di patologia:
- retinoblastoma ereditario (o “famigliare”);
- retinoblastoma sporadico.
Differenza nella diffusione
Il retinoblastoma ereditario rappresenta il 40% circa dei casi totali di retinoblastoma, mentre il retinoblastoma sporadico rappresenta il 60% dei casi totali. La forma ereditaria è quindi la più diffusa.
Differenza nella localizzazione
Il retinoblastoma ereditario è più frequentemente bilaterale (colpisce entrambi gli occhi), mentre il retinoblastoma sporadico è più frequentemente monolaterale (interessa un occhio soltanto).
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Differenza nella velocità di progressione
Il retinoblastoma ereditario ha generalmente una diffusione più rapida, mentre il retinoblastoma sporadico ha di solito una diffusione più lenta. La forma ereditaria può determinare metastasi in tempi più brevi rispetto alla forma sporadica.
Retinoblastoma: età di insorgenza
Il retinoblastoma ereditario tende a manifestarsi tra i 2 e i 6 mesi di vita; il retinoblastoma sporadico tende invece a manifestarsi tra i 2 e i 4 anni dopo la nascita. La forma ereditaria è quindi più precoce.
Retinoblastoma ereditario
Il retinoblastoma ereditario è determinato dall’eredità di un allele mutato del gene oncosoppressore RB1, 13q14 (alterazione genetica ereditata da un genitore di tipo autosomica dominante), per cui gli individui colpiti hanno una forte predisposizione genetica e sono maggiormente a rischio di sviluppare la patologia in tempi più brevi e nella forma bilaterale (cioè a entrambi gli occhi): in altre parole è loro necessaria e sufficiente una ulteriore unica mutazione per sviluppare la malattia. Evidentemente nel corso della vita di ogni individuo è altamente probabile che avvengano molteplici mutazioni somatiche indipendenti in cellule diverse; se il background in cui si verificano è già alterato, ognuna di queste darà luogo ad un tumore. È un esempio di penetranza incompleta: si è calcolata per un valore di circa 90%; 9 individui su 10 portatori del gene manifestano questa malattia.
Retinoblastoma sporadico
Il retinoblastoma sporadico non è influenzato da alcuna componente genetica famigliare. Colpisce solitamente un solo occhio e il suo decorso è generalmente più lento rispetto al retinoblastoma ereditario. In quest’ultimo, occorre che in un’unica cellula entrambi gli alleli siano mutati: in altre parole occorrono due mutazioni, che statisticamente richiedono un tempo molto maggiore.
Sintomi di retinoblastoma
In entrambe le forme il retinoblastoma può essere asintomatico, cioè non determina alcun sintomo, né “premonitore” né “precoce” e proprio per questo motivo viene purtroppo diagnosticato tardivamente. La sintomatologia si presenta generalmente entro i primi 5 anni di vita. Il segno più frequente è la leucocoria , ovvero, un riflesso bianco nella pupilla simile a una piccola macchia, dovuto alla massa tumorale che si sviluppa all’interno della camera vitrea. Frequente è anche il verificarsi di strabismo (la deviazione di uno o entrambi gli occhi verso l’interno o verso l’esterno dovuta a perdita di fissazione dell’occhio affetto).
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Diagnosi di retinoblastoma
In entrambe le forme, la diagnosi si fa inizialmente attraverso l’esame del fondo oculare, mentre in seconda battuta è fondamentale che i bambini siano sottoposti ad ecografia oculare. Talvolta, nei centri ad alta specializzazione vengono sottoposti anche a fluorangiografia. È importante sempre che gli esami siano eseguiti in tutti e due gli occhi, in quanto anche le forme inizialmente unilaterali possono poi determinare interessamento dell’altro occhio. Il bambino deve essere sottoposto, se possibile, a TAC e risonanza magnetica per valutare il coinvolgimento del nervo ottico o la presenza di eventuali metastasi.
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Cura del retinoblastoma
In entrambe le forme, attualmente esistono dei protocolli terapeutici stabiliti dalla comunità scientifica che impongono determinati trattamenti a seconda dello stadio di malattia. I trattamenti locali includono:
- laser fotocoagulazione;
- crioterapia;
- termoterapia transpupillare;
- brachiterapia (applicazione di placche radioattive).
A questi trattamenti viene associata attualmente una chemioterapia per via sistemica. Negli ultimi tempi si sta affermando l’utilizzo di chemioterapia per via arteriosa, attraverso l’arteria oftalmica. Purtroppo nelle forme più avanzate di malattia è necessario rimuovere chirurgicamente il bulbo oculare malato.
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Glaucoma: cos’è, sintomi premonitori, tipi, cure e terapia
Il glaucoma è una malattia degenerativa e progressiva che colpisce il nervo ottico, deputato alla trasmissione delle immagini dall’occhio al cervello. Il glaucoma può essere acquisito o congenito ed in generale è associato ad una pressione intraoculare elevata. Con “glaucoma” in realtà non si indica una sola patologia, bensì è un termine che raggruppa vari tipi di patologie: glaucoma ad angolo chiuso e ad angolo aperto, glaucoma a pressione normale e glaucoma pigmentario. Tutte queste forme hanno come denominatore comune il progressivo danno al nervo ottico e – se non trattate – possono portare a cecità permanente.
Cause del glaucoma
Per comprendere le cause di glaucoma, è necessario un breve ripasso sulla fisiologia dell’occhio. L’umor acqueo è un particolare liquido presente nell’occhio che viene continuamente prodotto e riassorbito, il che permette di mantenere una pressione stabile e fisiologica nel bulbo oculare. In condizioni normali questo ciclo continuo di produzione e riassorbimento consente di mantenere sempre una pressione positiva all’interno dell’occhio, indispensabile per garantire le corrette condizioni adatte ai processi di rifrazione e per rendere ottimale la visione: la pressione intraoculare favorisce infatti il mantenimento della corretta forma del bulbo oculare e protegge quest’ultimo da alcune deformazioni che potrebbero essere causate dalle palpebre, dai muscoli oculari o da altre strutture limitrofe. Se il normale circolo dell’umor acqueo viene ad essere alterato per una qualche ragione, la pressione intraoculare può salire oltre il normale valore di 21 mmHg e rappresentare un rischio per la vista del soggetto, dal momento che può danneggiare il nervo ottico e determinare appunto il glaucoma.
Altri fattori di rischio per il glaucoma
Oltre all’ipertensione oculare, esistono altri fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di soffrire di glaucoma:
- Età avanzata: la frequenza della malattia nella popolazione aumenta sensibilmente dopo i 40 anni di età e non si avvertono differenze tra un sesso e l’altro. È fortemente consigliato effettuare una visita oculistica dopo i 40 anni. Prima per i soggetti con familiarità o altri fattori di rischio. Oltre i 60 anni il rischio di glaucoma è doppio, oltre i 70 anni aumenta fino a cinque volte.
- Familiarità: chi ha un parente di primo grado affetto dalla malattia, come ad esempio un genitore, corre un rischio da 4 a 10 volte maggiore di manifestarla. Sono stati già individuati alcuni geni sicuramente legati alla comparsa del glaucoma.
- Fattori sistemici: pazienti affetti da malattie croniche sistemiche come il diabete o ipertensione sistemica hanno più possibilità di sviluppare il glaucoma.
- Stile di vita: vita sedentaria, scarsa attività fisica, fumo di sigaretta, dieta ricca di cibi grassi e povera di vitamine e minerali, disidratazione, sono tutti fattori di rischio per il glaucoma.
Ipotesi eziopatologiche
Pur essendo ormai certo il ruolo dell’ipertensione intraoculare nel danneggiare il nervo ottico e determinare glaucoma, negli anni sono state proposte varie ipotesi relative a questa patologia:
- Ipotesi meccanica: il danno glaucomatoso è una diretta conseguenza dell’ipertensione oculare. Si ha una diminuzione del deflusso dell’umor acqueo con conseguente modificazione della lamina cribrosa, blocco del flusso assoplasmatico e danno del soma della cellula gangliare.
- Ipotesi meccanico-vascolare: l’ipertensione causa la compressione dei piccoli vasi della porzione laminare della testa del nervo ottico e dei vasi coroideali da cui originano scatenando ischemia con sofferenza e distruzione del tessuto nervoso.
- Ipotesi danno primitivo neurodegenerativo: esiste anche un’ipotesi inerente ad un danno primitivo neurodegenerativo delle cellule ganglionari, questo vale per il glaucoma ad angolo aperto, soprattutto nei casi dove la pressione non è poi così alta. La compromissione si pensa quindi sia dovuta ad un danno iniziale di tipo neurologico come si ha ad esempio nella malattia di Alzheimer.
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Glaucoma primario e secondario
Nel glaucoma primario – per ragioni ancora sconosciute – l’aumento del tono oculare è provocato da una produzione di umore acqueo superiore al normale oppure più facilmente dall’ostruzione delle vie di deflusso. Nei casi in cui il glaucoma fosse provocato invece da affezioni oculari in evoluzione, traumi o prolungata terapia con farmaci cortisonici si parla di glaucoma secondario.
Glaucoma primitivo
Ci sono diverse specie di glaucoma primitivo:
- glaucoma congenito;
- glaucoma ad angolo di filtrazione aperto;
- glaucoma cronico semplice;
- glaucoma giovanile;
- glaucoma da cortisone;
- glaucoma pigmentario;
- glaucoma esfoliativo;
- glaucoma ad angolo di filtrazione chiuso;
- glaucoma acuto;
- glaucoma subacuto;
- glaucoma cronico;
- glaucoma assoluto.
Glaucoma secondario
- glaucoma secondario ad uso di steroidi;
- glaucoma secondario ad episclerite/uveite;
- glaucoma secondario facogenetico;
- glaucoma secondario a lussazione del cristallino;
- glaucoma secondario afachico;
- glaucoma secondario neovascolare;
- glaucoma secondario a neoplasie.
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Sintomi iniziali e tardivi di glaucoma e di ipertensione oculare
L’ipertensione intraoculare, che rappresenta il primo “step” della malattia, è subdola perché risulta spesso asintomatica, cioè non determina alcun segno o sintomo, come dolore o altro, specie nelle fasi iniziali e se l’alterazione è di pochi mmHg oltre il limite dei 21 fisiologici: basti pensare che addirittura il 50% dei malati di glaucoma attualmente non sa di avere la malattia. Nelle fasi avanzate l’ipertensione oculare potrebbe invece determinare la comparsa di alcuni sintomi relativi al glaucoma, come:
- comparsa di aloni;
- buftalmo;
- dolore oculare;
- fotofobia;
- occhi arrossati;
- restringimento del campo visivo;
- riduzione della vista.
Il glaucoma conclamato determina un progressivo peggioramento del campo visivo, che, al contrario di altre patologie oculari come la maculopatia, avviene a partire dalle zone più periferiche fino alla parte centrale, a seconda dell’entità del danno che il nervo ottico ha subito. Gli scotomi (zone cieche) vengono notati solo quando diventano estesi ed il danno al nervo ottico è già considerevole. Per questo motivo è fondamentale scoprire il glaucoma in tempo.
Diagnosi di glaucoma
Pur essendo un importante indizio di glaucoma, la pressione intraoculare più elevata del normale (misurata con un tonometro ad applanazione di Goldmann o con un tonometro a soffio), non giustifica necessariamente la diagnosi di glaucoma: esistono infatti molti casi di ipertensione oculare che non determinano la patologia in questione. Lo stato della papilla ottica (testa del nervo ottico) e lo studio del campo visivo potrebbero evidenziare o meno danni al nervo ottico e sciogliere ogni eventuale dubbio, di conseguenza la mera misurazione della pressione intraoculare è da sola completamente insufficiente a definire una diagnosi certa di tale patologia. Esistono esami specifici (GDX-OCT e RTA-TALIA) che aiutano a diagnosticare la malattia nelle fasi iniziali, quando la malattia è sicuramente più controllabile e gestibile. L’esame OCT del nervo ottico fornisce informazioni prevalentemente sulla morfologia della papilla ottica, mentre l’esame GDX mostra la funzionalità delle fibre nervose. Gli esami elettrofunzionali, come i potenziali evocati visivi (PEV) e l’elettroretinogramma (ERG), misurano la risposta di un nervo ottico a uno stimolo sensoriale a differenti frequenze d’onda. Entrambi prevedono una variazione di contrasto e luminanza costante, ottenuta attraverso uno stimolo pattern a scacchi o a griglia sinusoidale, verticale od orizzontale. Un altro esame importante è la gonioscopia, ovvero lo studio del cosiddetto angolo iridocorneale, quella struttura responsabile del deflusso dell’umore acqueo dall’occhio. La gonioscopia viene eseguita dal medico oculista dopo instillazione di collirio anestetico e mediante lenti apposite (a contatto).
Per approfondire le tecniche diagnostiche, leggi anche:
- esame dell’acuità visiva (esame della vista);
- esame del campo visivo;
- esame del fondo oculare;
- tomografia ottica computerizzata (OCT);
- esame alla lampada a fessura (o biomicroscopia);
- retinografia tradizionale e a fluorescenza;
- autorefrattometria;
- fluorangiografia retinica;
- potenziali evocati visivi;
- elettrooculografia (EOG);
- elettroretinografia (ERG);
- ecografia oculare;
- tavole di Ishihara;
- tonometria.
Terapia del glaucoma
Le aree del campo visivo perse a causa dei danni provocati al nervo ottico non possono essere recuperate con nessuna terapia attualmente: le cure hanno funzione esclusivamente conservativa o preventiva nei confronti di un ulteriore danno della visione ed evitare la perdita della vista completa e permanente. Tutte le terapie attuali hanno fondamentalmente lo scopo di abbassare la pressione intraoculare facilitando il deflusso dell’umor acqueo in vari modi, ad esempio rimuovendo una eventuale ostruzione al suo circolo.
Terapia chirurgica
La terapia del glaucoma ha vari tipi di approcci, sia medici che chirurgici come l’intervento al laser o la scleroplastica. La prima metodica è la più diffusa, mentre la seconda è tendenzialmente adottata solo per i casi più gravi. La trabeculoplastica selettiva (SLT-Selective Laser Trabeculoplasty) sembrerebbe dare i migliori risultati nei pazienti non ancora sottoposti a trattamento farmacologico. Di solito la terapia farmacologica è incentrata sulla somministrazione di appositi colliri mentre l’intervento consiste in una trabeculectomia (letteralmente: “taglio del trabecolato”, che è il canale di fuoriuscita dell’umor acqueo). L’utilità della parachirurgica è limitata a pochi casi mentre l’SLT è indicata in tutti i casi di glaucoma ad angolo aperto.
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Terapia medica
La terapia medica attuale è basata essenzialmente sull’uso di colliri che hanno la funzione di ridurre la produzione di umor acqueo o aumentarne l’eliminazione; il capostipite è stata la pilocarpina che per circa un secolo è rimasta l’unico presidio possibile, ma oggi è poco usato a causa di alcuni fastidiosi effetti collaterali. Attualmente sono usati maggiormente i betabloccanti, gli inibitori dell’anidrasi carbonica (fra cui l’acetazolamide e la diclofenamide), gli alfa stimolanti e le prostaglandine con il capostipite latanoprost. In alcuni casi si è assistito alla riduzione della pressione oculare con la marijuana e la cocaina, droghe il cui uso terapeutico è ancora considerato illegale per questa patologia.
Utili consigli per diminuire la pressione intraoculare ed abbassare il rischio di glaucoma e di sua progressione sono lo svolgere periodicamente attività fisica, smettere di fumare, assumere molta acqua durante il giorno, alimentarsi con una dieta ricca di vitamine e minerali e povera di grassi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Metodi infallibili per capire se una persona ti sta mentendo
Tutti noi abbiamo avuto a che fare con qualcuno che ci ha mentito e quando lo abbiamo scoperto ci siamo sentiti veramente male: perché non imparare quindi a smascherare facilmente i bugiardi? Seguite i nostri consigli e ci riuscirete!
Individuare le bugie nel viso e negli occhi
Cerca le microespressioni
Sono quelle espressioni facciali che compaiono sul volto di una persona per una frazione di secondo e rivelano le sue vere emozioni, sotto il velo di menzogna. Alcune persone riescono a riconoscerle naturalmente, ma tutti possono imparare a individuarle. Di solito, le persone che mentono mostrano microespressioni di disagio, caratterizzate dalle sopracciglia che si alzano verso il centro della fronte, provocando la comparsa di rughe.
Nota se la persona si tocca il naso o si copre la bocca
Le persone hanno la tendenza a toccarsi di più il naso quando mentono. Questo forse è dovuto alla scarica di adrenalina nei capillari del naso, che provoca prurito. Chi mente, spesso si copre la bocca con le mani oppure le tiene vicine a essa, come se volesse nascondere le bugie che sta per dire. Se la bocca del tuo interlocutore sembra tesa e le sue labbra sono arricciate, probabilmente è nervoso.
Nota i movimenti degli occhi della persona
Spesso puoi capire se una persona sta cercando di ricordare o inventare qualcosa sulla base dei suoi movimenti degli occhi. Quando ricordiamo un dettaglio, i nostri occhi si muovono in alto e a sinistra; quando invece inventiamo qualcosa, gli occhi si muovono in alto e a destra (per i mancini vale l’opposto). Le persone hanno anche la tendenza a sbattere le palpebre più rapidamente quando mentono. Un altro segnale di falsità, più comune negli uomini che nelle donne, è strofinarsi gli occhi. Osserva le palpebre: quando una persona vede o sente qualcosa con cui non è d’accordo, spesso chiude le palpebre più a lungo di quanto fa normalmente. Questo può essere un cambiamento quasi impercettibile, perciò devi conoscere le abitudini di chi stai esaminando per fare un confronto accurato. Se porta le mani o le dita agli occhi, probabilmente è un altro segnale che sta cercando di “bloccare” la verità. Fai attenzione quando cerchi di valutare la veridicità di un’affermazione sulla base dei soli movimenti degli occhi. Degli studi scientifici recenti hanno fatto emergere dei dubbi sull’ipotesi che guardare in una direzione specifica sia un chiaro indicatore di una menzogna. Molti scienziati ritengono che la direzione degli occhi sia un segnale poco rilevante dal punto di vista statistico per stabilire la sincerità di un’affermazione
Non usare il contatto visivo o la mancanza di esso come unico indicatore per riconoscere una bugia
Contrariamente a quanto si crede, i bugiardi non evitano sempre il contatto visivo. Le persone possono distogliere lo sguardo naturalmente e osservare oggetti inanimati per riuscire a concentrarsi e ricordare. Un bugiardo potrebbe guardarti volontariamente negli occhi per sembrare più sincero; è possibile allenarsi in questa tecnica fino a superare ogni disagio e usarla come metodo per “provare” di dire la verità. In effetti, è stato dimostrato che alcuni bugiardi hanno la tendenza a guardare di più le persone negli occhi, consci del fatto che gli investigatori considerano spesso la mancanza di contatto visivo come segnale sospetto. Per questo, devi considerare che una persona che distoglie lo sguardo sta semplicemente dimostrando il proprio disagio perché deve rispondere a una domanda difficile.
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Individuare le bugie nelle risposte verbali
Fai attenzione alla voce della persona
Si tratta di un buon indicatore di sincerità. Il tuo interlocutore potrebbe incominciare improvvisamente a esprimersi più rapidamente o più lentamente del normale, oppure la tensione potrebbe portarlo ad alzare il tono o a parlare in modo incerto. Anche chi balbetta o si mangia le parole potrebbe mentire.
Fai attenzione ai dettagli esagerati
Nota se una persona ti sembra raccontare troppi particolari, specie se non li hai richiesti e specie se lo fa in modo rapido e concitato. Troppi dettagli possono indicare quanto una persona desideri disperatamente farti credere a ciò che dice, specie se normalmente è molto “povera” di descrizioni approfondite. Sia raccontare pochi particolari evasivi, che raccontarne troppi e iper-particolareggiati… è sospetto.
Considera le reazioni emotive impulsive
Il tempismo e la durata di una reazione sono spesso fuori luogo quando una persona mente. Questo perché ha provato già la sua risposta (o si aspetta di ricevere domande) oppure perché è disposta a dire qualunque cosa pur di riempire il silenzio. Se poni una domanda a qualcuno e la sua risposta arriva appena hai finito di parlare, c’è la possibilità che stia mentendo. Questo perché i bugiardi spesso provano in anticipo le loro risposte o pensano già a cosa dire per levarsi un peso. Un altro segno rivelatore è l’omissione di particolari rilevanti sui tempi, ad esempio: “Sono andato al lavoro alle 8:00 e quando sono tornato a casa alle 17:00, l’ho trovato morto”. In questo esempio, tutto ciò che è accaduto tra le azioni descritte è stato tralasciato.
Fai molta attenzione alla reazione di una persona alle tue domande
Chi dice la verità non sente il bisogno di difendersi, perché non ha niente da nascondere. Chi mente, invece, può provare a compensare per il proprio inganno andando all’attacco, deviando la discussione o usando altre tattiche di stallo. Chi è sincero spesso risponde con spiegazioni ancora più dettagliate alle espressioni di incredulità di chi ascolta la sua storia. Chi invece cerca di ingannare non è pronto a rivelare molto altro, ma continua a ripetere ciò che ha già detto. Ascolta e cerca delle brevi esitazioni nelle risposte. Una risposta sincera arriva rapida alla memoria. Le bugie richiedono una veloce revisione mentale delle altre menzogne che sono state dette per evitare incongruenze e inventare nuovi dettagli. Nota che quando le persone guardano verso l’alto per ricordare, non significa che stanno mentendo — può essere il loro istinto naturale.
Fai attenzione all’uso delle parole del tuo interlocutore
Le espressioni verbali possono darti degli indizi per capire se una persona sta mentendo. Questi indizi includono:
- Ripetere le tue esatte parole quando risponde a una domanda.
- Tattiche di stallo, come chiedere che una domanda sia ripetuta. Altre strategie includono dire che si tratta di un’ottima domanda, usare parole e frasi come “In pratica…” o “Ciò che è accaduto è…”, dire che non è possibile rispondere alla domanda con un semplice sì o no, oppure risposte conflittuali quali “Dipende da cosa intendi per X” oppure “Dove hai saputo questa informazione?”.
- Evitare di usare abbreviazioni e scandire con freddezza ogni parola. Questi sono tentativi da parte del bugiardo di far capire chiaramente, oltre ogni dubbio, ciò che sta dicendo.
- Pronunciare frasi convolute che non hanno senso; i bugiardi spesso si fermano a metà delle frasi, ripartono e non finiscono i concetti che esprimono.
- Usare l’umorismo e il sarcasmo per evitare l’argomento.
- Usare frasi come “A essere sincero”, “Francamente”, “Per essere del tutto sincero”, “Sono stato educato a non mentire mai”, ecc. Queste espressioni possono essere segnali di malizia.
- Rispondere troppo rapidamente con un’affermazione negativa. Ad esempio rispondere a “Hai lavato male queste tazzine?” con “No, non ho lavato male quelle tazzine”, come tentativo di evitare di ritardare la propria difesa.
Nota quando una persona ripete delle frasi
Se il sospetto usa quasi sempre le stesse parole, probabilmente sta mentendo. Quando qualcuno inventa una bugia, spesso cerca di ricordare una frase che sembri convincente. Quando gli sarà chiesto di spiegare nuovamente la situazione, il bugiardo userà ancora la stessa frase “convincente”.
Nota i salti a metà di una frase
Questo avviene quando un astuto bugiardo tenta di distogliere l’attenzione da sé interrompendosi a metà di una frase e parlando di qualcos’altro. Il tuo interlocutore potrebbe cercare di cambiare argomento in questo modo intelligente: “Stavo andando — ehi, hai un nuovo taglio di capelli?” Fai particolare attenzione ai complimenti. I bugiardi sanno che le persone reagiscono bene ai complimenti e che spesso grazie ad essi possono evitare un interrogatorio. Fai attenzione a chi ti rivolge un apprezzamento inatteso.
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Individuare le bugie grazie al linguaggio non verbale
Controlla la sudorazione
Le persone hanno la tendenza a sudare di più quando mentono. In effetti, la misurazione del sudore prodotto è uno dei segnali rilevati dal test del poligrafo (la “macchina della verità” che si vede in molti film) per determinare se una persona sta mentendo. Considera però che, se preso da solo, questo fattore non è un segnale inequivocabile di una bugia. Alcune persone possono iniziare a sudare molto perché sono nervose, sono timide o soffrono di altre condizioni che le portano a sudare più del normale. Si tratta di un indicatore da valutare insieme a molti altri segnali, come tremolio, arrossamento e difficoltà a deglutire
Osserva quando la persona annuisce
Se il tuo interlocutore annuisce o scuote la testa in contrasto con ciò che sta dicendo, questo può essere un segnale rivelatore. Questo particolare comportamento è detto “incongruenza”. Ad esempio, potrebbe dire “Ho pulito quelle tazzine benissimo” mentre scuote la testa, rivelando che in realtà quelle tazzine sono state appena sciacquate. Solo le persone bene addestrate sono in grado di evitare questo errore inconscio e tale risposta fisica rivela spesso la verità. Inoltre, una persona potrebbe esitare prima di annuire quando risponde. Chi dice la verità spesso annuisce per sostenere la propria affermazione nello stesso momento in cui la pronuncia; chi cerca di ingannarti, invece, può esitare.
Fai attenzione ai movimenti delle mani
Spesso chi mente giocherella con il proprio corpo o con oggetti casuali intorno a sé. Questo comportamento nasce dalle energie nervose prodotte dalla paura di essere scoperti. Per rilasciare questa tensione, i bugiardi spesso toccano la propria sedia, un fazzoletto o una parte del corpo.
Osserva il livello di imitazione
Le persone hanno la tendenza naturale a imitare i comportamenti di coloro con i quali interagiscono. Si tratta di un modo per stabilire un rapporto e dimostrare il proprio interesse. Quando una persona mente, potrebbe smettere di imitarti perché si sta concentrando sul creare una realtà fittizia. Ecco alcuni esempi di questo atteggiamento che possono suggerirti che qualcosa non va:
- Inclinarsi indietro. Quando una persona dice la verità o non ha niente da nascondere, spesso si sporge verso chi la ascolta. Un bugiardo, invece, resta spesso seduto indietro, perché non vuole rivelare più informazioni di quanto sia necessario. Inclinarsi indietro può anche indicare disprezzo o disinteresse. La persona vuole uscire dalla situazione in cui si trova.
- Le persone che dicono la verità spesso imitano i movimenti della testa e i gesti del corpo di chi li ascolta, per creare un legame; invece, chi cerca di ingannarti potrebbe essere riluttante a farlo, perciò, se noti questo particolare, il tuo interlocutore forse cerca di nascondere qualcosa. Potresti persino notare un’azione volontaria per spostare una mano in una certa posizione o per girarsi in un’altra direzione.
Osserva la gola della persona
Chi mente prova spesso a lubrificare la gola deglutendo, ingoiando la saliva o schiarendosi la voce. Il nervosismo stimola la produzione di adrenalina, che provoca un aumento della salivazione. Quando la persona sente troppa saliva in bocca, potrebbe deglutire. Quando la saliva non è più così abbondante, potrebbe schiarirsi la voce.
Controlla la respirazione della persona
Chi mente ha la tendenza a respirare velocemente, con una serie di brevi respiri seguiti da uno più profondo. Può anche avere la bocca secca (e per questo schiarirsi la voce), perché si sente stressato, ha il battito cardiaco accelerato e, di conseguenza, ha bisogno di più aria nei polmoni.
Nota i movimenti di altre parti del corpo
Osserva le mani, le braccia e le gambe della persona. In una situazione rilassata, le persone si sentono a proprio agio e riempiono molto spazio con movimenti ampi di braccia e mani, oppure allargando le gambe. Chi mente invece ha la tendenza a compiere movimenti limitati, rigidi e vicini al corpo. Potrebbe toccarsi il volto, le orecchie o la nuca con le mani. Le braccia conserte, le gambe incrociate e la mancanza di movimenti delle mani sono segnali di una persona che non vuole rivelare informazioni. I bugiardi spesso evitano di gesticolare con le mani come fanno normalmente. Con alcune eccezioni, quasi tutti i bugiardi evitano di indicare, di esporre i palmi aperti e di unire le dita a triangolo, ecc. Controlla le nocche. I bugiardi che stanno fermi spesso stringono i lati della propria sedia o un altro oggetto fino a far diventare bianche le nocche, senza neppure rendersene conto. I bugiardi spesso sistemano il proprio aspetto, ad esempio giocando con i capelli, aggiustandosi la cravatta o toccando nervosamente la manica della camicia. Due eccezioni da ricordare:
- I bugiardi possono tenere volontariamente una postura rilassata per apparire a proprio agio. Sbadigliare e mostrarsi annoiati possono essere segnali di una persona che cerca di essere troppo naturale per nascondere la verità. Solo perché una persona sembra rilassata, non significa che non stia mentendo.
- Ricorda che questi segnali possono indicare nervosismo e non malizia. Non sempre il tuo interlocutore è agitato perché sta mentendo.
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Individuare le bugie con un “interrogatorio”
Non farti trarre in inganno
Pur se è possibile capire quando una persona mente o è disonesta, partiamo dal fatto che però è anche possibile vedere un inganno dove questo non è presente. Molti fattori possono dare l’impressione che una persona stia mentendo, quando, in realtà, i segnali che vedi possono essere provocati da imbarazzo, timidezza, vergogna o senso di inferiorità. Chi è sotto stress può spesso sembrare un bugiardo, perché alcune manifestazioni della tensione imitano gli indicatori delle menzogne. Per questa ragione è importante formulare la propria valutazione sulla sincerità di una persona su una serie di comportamenti ingannevoli e non su un solo segnale rivelatore.
Considera il contesto
Quando analizzi il linguaggio del corpo, le risposte verbali e gli altri segnali che indicano che una persona sta mentendo, valuta i seguenti fattori:
- La persona è generalmente stressata, non solo a causa della situazione in cui si trova?
- Sono coinvolti dei fattori culturali? Forse il comportamento della persona è appropriato in una cultura, ma è considerato disonesto in un’altra.
- Hai dei pregiudizi nei confronti della persona? Vuoi che questa persona menta? Fai attenzione a non cadere in questa trappola!
- La persona ha dei precedenti di disonestà? Ha esperienza nel mentire?
- La persona ha un buon motivo per mentire?
- Sei abile nell’individuare le bugie? Hai considerato l’intero contesto e non ti sei focalizzato solo su uno o due possibili indicatori
Trova il tempo per stabilire un rapporto con il presunto bugiardo e per creare un’atmosfera rilassata
Per farlo, non dare l’impressione di avere dei sospetti nei suoi confronti e impegnati a imitare il suo linguaggio del corpo e il suo ritmo di conversazione. Quando gli fai delle domande, comportati in modo comprensivo e non aggressivo. Questo approccio ti aiuterà a far abbassare la guardia al tuo interlocutore e a interpretare con più chiarezza i suoi comportamenti.
Stabilisci un riferimento di base
Devi capire come si comporta una persona quando non mente; questo ti sarà utile per capire se il tuo interlocutore si comporta in modo diverso da come fa normalmente. Inizia facendo la sua conoscenza e continua da lì – le persone spesso rispondono con sincerità alle domande semplici su di loro. Se conosci già la persona con cui stai parlando, per creare un riferimento puoi porle delle domande di cui sai già la risposta.
Impara a individuare i tentativi di deviazione
Di solito, quando una persona mente, racconta storie vere, ma che non rispondono direttamente alla tua domanda. Se la risposta del tuo interlocutore alla domanda “Hai mai picchiato tua moglie?” è “Amo mio moglie, perché dovrei picchiarla?”, il sospetto sta tecnicamente dicendo la verità, ma sta evitando di rispondere alla tua domanda originaria. Questo può indicare che sta mentendo o che sta cercando di nascondere la verità.
Chiedi alla persona di ripetere la sua versione dei fatti da capo
Se non sei sicuro che qualcuno sia sincero, chiedigli di ripetere la sua storia molte volte. È difficile tenere traccia delle informazioni inventate: durante la ripetizione della storia, un bugiardo spesso dice qualcosa di incoerente, di falso o che rivela il suo inganno. Chiedi alla persona di raccontare la sua storia al contrario. Questo è molto difficile da fare, soprattutto quando è importante non perdere dei dettagli. Persino un bugiardo professionista può avere difficoltà a non tradirsi.
Osserva il presunto bugiardo con uno sguardo incredulo
Se sta mentendo, in breve tempo si sentirà a disagio. Se invece ti sta dicendo la verità, spesso proverà rabbia o frustrazione (terrà le labbra unite, le sopracciglia abbassate, le palpebre superiori tese e abbassate).
Usa il silenzio
È molto difficile per un bugiardo evitare di riempire il silenzio. Vuole convincerti che le menzogne che ha detto sono vere; non parlando non gli permetti di capire se hai abboccato alla sua storia. Essendo paziente e restando in silenzio, spingerai molte persone disoneste a parlare, aggiungendo dettagli alla propria storia e magari tradendosi, senza neppure dover fare alcuna domanda! I bugiardi cercano di capire se credi a ciò che hanno detto. Se non mostrerai alcun segnale degno di nota, li metterai a disagio. Le persone più brave ad ascoltare evitano di interrompere il proprio interlocutore, un’ottima tecnica per lasciare che lui racconti tutta la sua storia. Esercitati a non interrompere gli altri se hai la tendenza a farlo; questo ti aiuterà non solo a individuare le menzogne, ma anche a migliorare le tue capacità di ascolto.
Approfondisci quanto viene detto
Se ne hai la possibilità, controlla la veridicità di ciò che sostiene il bugiardo. Un abile bugiardo può inventare delle ragioni per le quali non dovresti parlare con la persona che può confermare o negare la sua storia. Probabilmente anche quelle sono menzogne, perciò può valere la pena di superare la tua riluttanza e chiedere informazioni alla persona in questione. Dovresti controllare sempre tutti i fatti che puoi verificare.
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Consigli per smascherare i bugiardi
- Guarda programmi televisivi come il telefilm Lie to Me per fare pratica, può sembrare un consiglio stupido ma non lo è affatto visto che alcune tecniche usate dal protagonista sono vere tecniche psicologiche.
- Fidati del tuo istinto ma non lasciarti irrazionalmente trascinare da ipotetiche ed improbabili idee istintive.
- Dovresti controllare se ciò che ti viene detto ha senso. Chi mente spesso si sente nervoso e inventa storie prive di una coerenza logica. Anche chi rivela troppi dettagli può mentire. Chiedi al tuo interlocutore di ripetere più volte la sua storia e assicurati che mantenga una coerenza accettabile.
- Non dubitare se non ne sei sicuro: potresti rovinare un rapporto per nulla di concreto.
- Meglio conosci una persona, più diventerai bravo a riconoscere il suo modo di pensare e meglio riuscirai a individuare le sue bugie.
- I bugiardi possono usare gli oggetti intorno a loro per ispirarsi ad aggiungere dettagli alle loro bugie. Per esempio, se c’è una penna sul tavolo, questa persona potrebbe inserirla nella storia.
- Chi mente spesso cambia argomento o fa dell’ironia. Può anche assumere un atteggiamento difensivo, distogliere lo sguardo da te oppure provare a convincerti guardandoti dritto negli occhi. In alcuni casi comincerà a farti domande per distrarti. Alcuni sono bugiardi davvero abili e non mostrano alcun segno rivelatore; in questi casi puoi fare affidamento solo al tuo istinto.
- Alcuni comportamenti tipici di un bugiardo possono coincidere con quelli di una persona che, in realtà, non sta mentendo. Le persone nervose, timide, spaventate o soggette ai sensi di colpa sono molto sensibili alla pressione e hanno un grande senso di onestà e giustizia. Di conseguenza, sebbene possa sembrare che stiano mentendo, sono solo sotto shock.
- Se pensi che una persona stia mentendo, chiedile maggiori dettagli. Se lei esita o si tocca il volto, potrebbe mentire!
- Alcune persone hanno la reputazione di mentire. Ricordalo, ma non lasciare che i pregiudizi offuschino la tua valutazione. Le persone possono cambiare e dovresti sempre concedere a chi ha sbagliato in passato la possibilità di voltare pagina. La reputazione precedente non è tutto — così come i segnali dati da una persona che mente, devi considerare sempre tutto il contesto, caso per caso. Troppo spesso a chi ha una reputazione di disonestà sono attribuite le colpe di altri.
- È più facile capire se sta mentendo una persona che conosci bene.
- La maggior parte delle persone dice spesso la verità e preferisce che la propria reputazione si basi sui fatti. I bugiardi tendono invece a creare da soli la propria reputazione per sembrare più credibili o desiderabili di quello che siano davvero.
- Alcune persone sono semplicemente timide; non mentono quando giocano nervosamente con le dita e non ti guardano negli occhi. Considera sempre questa possibilità.
- Alcune persone sono esperte bugiarde, riescono a inventare storie perfettamente credibili e impeccabili. In realtà, i nostri ricordi sono restaurati un po’ ogni volta che li raccontiamo di nuovo, quindi aggiungere particolari per ingannare se stessi non è così raro.
- I bugiardi non parlano molto. Se chiedessi: “Sei stato tu?”, risponderebbero con un semplice sì o no. Fai attenzione.
Avvertenze per non scambiare gli “onesti” per “bugiardi”!
- Alcune persone non perdono il contatto visivo con l’interlocutore solo perché si sono allenate a farlo o perché pensano che sia segno di cortesia.
- Fai attenzione a quanto spesso valuti l’onestà degli altri. Se cerchi sempre di scoprire le bugie, le persone potrebbero evitarti per paura di subire un interrogatorio. Essere aggressivo e sospettare di tutti non significa essere vigile — è un segnale di mancanza di fiducia ossessiva nel prossimo.
- Il linguaggio del corpo è un indicatore ma non un fatto. Non punire qualcuno solo perché i movimenti del suo corpo non coincidono con le sue parole. Cerca sempre delle prove prima di trarre conclusioni. Se da un lato hai il diritto di sentirti tradito o ferito, dall’altro non ti conviene gridare allo scandalo. Essere sempre alla ricerca di bugie, stare sulla difensiva e sospettare di tutti sono tendenze che dimostrano una mancanza ossessiva di fiducia nei confronti del prossimo.
- Un sorriso forzato indica che il tuo interlocutore sta cercando di fare una buona impressione su di te e mostrarti rispetto.
- Alcune persone hanno spesso la gola secca e deglutiscono in modo spontaneo o si schiariscono la gola spesso.
- Alcune persone giocano nervosamente con le dita quando devono andare in bagno o hanno troppo caldo o troppo freddo.
- Esistono studi che dimostrano che gli interrogatori dei sospetti dovrebbero sempre essere effettuati nella lingua madre dell’imputato poiché, quando si parla un idioma straniero, non si hanno le stesse reazioni, sia dal punto di vista dei termini pronunciati che da quello del linguaggio del corpo.
- Considera le disabilità del tuo interlocutore. Una persona disabile interagisce in modo diverso, perciò non utilizzare gli standard che cerchi nelle altre persone per valutare il suo comportamento. Scopri che atteggiamento ha normalmente e cerca di notare dei cambiamenti. Non accusare mai queste persone se non sei assolutamente certe che stiano mentendo.
- Le persone autistiche (incluse coloro che soffrono della sindrome di Asperger) possono giocherellare ed evitare il contatto visivo come parte del loro linguaggio del corpo.
- L’ansia (in particolare l’ansia sociale e il disturbo da stress post-traumatico) può dare l’impressione che una persona stia mentendo; chi soffre di questo problema evita il contatto visivo, rifugge le persone ed è nervoso.
- Le persone non udenti o dall’udito molto debole devono guardarti le labbra e non gli occhi per capire ciò che dici.
- I sintomi del disturbo bipolare (disturbo maniaco-depressivo) includono la locuzione accelerata durante un episodio maniacale.
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Monitor del pc: a che distanza per evitare danni agli occhi?
A che altezza e distanza dagli occhi va posto il monitor del pc per avitare danni agli occhi? La medicina del lavoro dà istruzioni ben precise relativamente a ciò. Nel Decreto Legislativo 626/94, poi trasfuso nel Testo unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008, in seguito integrato e modificato), sono indicate tutte le caratteristiche che il posto di lavoro deve avere e che il datore è tenuto a far rispettare affinché si abbia il massimo comfort. Questa normativa prevede il rispetto di alcune importanti regole d’interesse oculare che possono essere applicate anche quando si usa il computer a casa. Esse riguardano in particolare:
- La distanza visiva adeguata, che per schermi di dimensioni standard (17 pollici) deve essere variabile indicativamente tra i 50 e gli 80 cm; ovviamente, maggiore sarà la grandezza dello schermo e più elevata dovrà essere la distanza.
- L’altezza dello schermo, che deve essere posizionato leggermente più in basso rispetto all’altezza degli occhi (di 15-20°) e, se possibile, a una distanza di almeno un metro e mezzo dalle finestre.
Consigli per non affaticare la vista:
- Posizionare la tastiera sul tavolo di lavoro in modo che ci sia lo spazio sufficiente per appoggiare gli avambracci.
- Non ci dovrebbero essere fonti luminose poste a meno di 30° rispetto alla direzione del vostro sguardo per evitare di essere abbagliati o infastiditi.
- È importante che siano sempre indossati gli occhiali eventualmente prescritti dall’oculista quando si svolge un’attività di fronte allo schermo. Fate sapere all’oculista che lavorate al videoterminale; potrà, quindi, tenerne conto nella scelta degli occhiali.
- Il contrasto e la luminosità dei monitor devono essere ben regolati, in modo tale da non dare fastidio. Fate delle prove per trovare la vostra condizione ottimale per svolgere confortevolmente le attività al computer.
- Evitate che ci siano riflessi sullo schermo che rendono difficoltosa la lettura: in genere il monitor va collocato a 90 gradi rispetto alla fonte di luce naturale o, comunque, in modo tale che la leggibilità sia ottimale. Inoltre anche il piano di lavoro dovrebbe avere una superficie chiara, possibilmente non di colore bianco e, in ogni caso, non riflettente.
- Fate una pausa della durata di 15 minuti ogni due ore (oppure di cinque minuti ogni tre quarti d’ora o, ancora, di venti secondi ogni venti minuti secondo lo standard americano), cercando di guardare oggetti posti a una distanza di almeno sei metri: questo permette agli occhi di riposarsi.
- Usate un carattere ben leggibile (almeno corpo 12), preferibilmente in colore scuro su sfondo chiaro. Sono, comunque, da evitare i seguenti abbinamenti cromatici: rosso e blu; giallo e violetto; giallo e verde. Come sfondo di prassi non vanno usati il rosso, il giallo, il verde e l’arancione.
- Quando siamo concentrati sul monitor (ad esempio quando leggiamo un testo) diminuiamo involontariamente la frequenza con cui sbattiamo le palpebre (ammiccamento). Ciò comporta una minore protezione per la superficie anteriore dell’occhio (cornea); per evitare che si incorra in secchezza oculare può essere utile prestare attenzione a non ridurre l’ammiccamento e, se necessario, ricorrere alle lacrime artificiali.
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Uso prolungato del monitor: quali problemi visivi si rischiano?
L’utilizzo prolungato del monitor del pc (ma anche degli smartphone e dei tablet) può comportare la comparsa di disturbi oculari quali bruciore, arrossamento, lacrimazione o secchezza oculare, fastidio alla luce (fotofobia), senso di affaticamento e annebbiamenti visivi transitori (complessivamente indicati in inglese con l’espressione Computer Vision Syndrome). Tutti questi fastidi possono essere controllati riducendo il tempo trascorso davanti allo schermo, facendo pause più frequenti o arrivando a sospenderne l’uso per un periodo di tempo proporzionale alla gravità dei disturbi (è consigliabile, in questo caso, evitare temporaneamente l’eventuale impiego di lenti a contatto e fare uso di occhiali dotati di lenti antiriflesso). È, comunque, sempre consigliabile sottoporsi a una visita oculistica se i disturbi persistono. Quando si è affetti da congiuntiviti, cheratiti e altre patologie oculari a carattere infiammatorio (specialmente in forma acuta) potrebbe essere opportuno ridurre al minimo l’attività svolta di fronte al monitor oppure di sospenderla del tutto per un breve periodo.
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