La profilassi è un’azione medica di prevenzione atta ad eliminare o almeno ridurre gli effetti dovuti a determinati fattori di rischio o ad una certa patologia principalmente infettiva e consiste in vaccini, antibiotici, disinfettanti e norme igieniche di base. La profilassi può essere: Continua a leggere
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Influenza 2017/2018: sintomi, virus, vaccino, quanto dura e rimedi
Anche questo autunno/inverno non tarderà ad arrivare, ma la sua virulenza dipenderà in buona misura dalle condizioni meteorologiche. La stagione scorsa, secondo i dati dell’Osservatorio InfluNet dell’Istituto Superiore di Sanità, erano stati 5.441.000 i casi accertati, con un picco di contagi registrato nell’ultima settimana del 2016. Quest’anno si parla nuovamente di 4-5 milioni di casi di influenza, ai quali vanno sommati gli 8-10 milioni di sindromi parainfluenzali. Quindi saranno dai 12 ai 15 milioni gli italiani costretti a letto dai virus influenzali.
Il nuovo virus
Se l’inverno dovesse essere lungo e freddo, sicuramente si avranno molti più pazienti influenzati. Se al contrario dovesse essere più mite, si può prevedere che ad avvantaggiarsene saranno i virus parainfluenzali, con sintomi meno marcati. A livello di ceppi, l’unica novità prevista per questa stagione sarà l’H1N1 A/Michigan, variante che sostituirà l’H1N1 California. Gli altri saranno gli stessi del 2016/17, cioè l’H3N2 A/Hong Kong e i due virus B/Brisbane e B/Phuket. Quindi il totale dei virus circolanti sarà di quattro.
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Vaccino trivalente e quadrivalente
La raccomandazione dell’OMS di realizzare un vaccino quadrivalente non pare aver avuto un grande seguito: lo scorso anno solo un’azienda l’ha messo sul mercato e quest’anno se ne è aggiunta solo una seconda. Ma per il virologo anche i vaccini trivalenti, soprattutto se adiuvati, sono efficaci, pur non assicurando una copertura totale. Il quadrivalente è raccomandato per bambini e adulti, mentre il trivalente può essere sufficiente per gli anziani, che hanno già incontrato più volte i virus, e hanno quindi in genere sintomi più attenuati. Gli anziani comunque sono quelli che più di altri dovrebbero vaccinarsi, soprattutto se hanno problemi cardiaci, respiratori(BPCO), se sono immunodepressi o dializzati. Certo, il vaccino non protegge dalle 262 varianti di virus parainfluenzali, quindi l’iniezione fatta a inizio stagione non garantisce di passare l’intero inverno lontani da termometri e fazzoletti. Evita però le forme più toste e quindi più pericolose per chi ha già qualche problema di salute. La vaccinazione antinfluenzale gratuita è stata pensata dalle autorità sanitarie con lo scopo di coprire almeno il 75% della popolazione over 65. Ma in seguito al ‘flop’ della prevista pandemia, e a qualche allarme rivelatosi poi ingiustificato degli anni passati, c’è stato un crollo delle vaccinazioni. Un’indagine di Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione), ha appurato che in media si vaccina tutti gli anni solo il 14% della popolazioneitaliana. Restringendo il campo ai soli anziani, il dato sale ma non quanto dovrebbe, ed è fermo al 45%.
A tenere lontani gli italiani dal vaccino antinfleunzale non è la diffidenza, quella che, per intenderci, caratterizza molti genitori che non vaccinano i propri figli contro malattie come il morbillo o la meningite (problema ora bypassato dal decreto Lorenzin). Meno del 5% degli italiani ritiene il vaccino antinfluenzale pericoloso, ma più di 2 su 3 dichiarano di non avervi mai fatto ricorso, e il 32,8% lo ritiene non necessario. Purtroppo però si tratta in genere di virus particolarmente contagiosi, dai quali quindi serve più che mai proteggersi: “Un solo starnuto”, ricorda Pregliasco, “può contenere circa 40.000 micro goccioline, che possono viaggiare a oltre 300 km all’ora”.
Sintomi
Mentre le sindromi parainfluenzali possono presentarsi a vari livelli di intensità, la vera influenza si presenta con i classici sintomi, principalmente: febbre alta (oltre 38), dolori muscolari/articolari e sintomi respiratori come tosse, naso che cola, congestione nasale o mal di gola.
Quanto dura l’influenza?
Nella maggioranza degli individui adulti (escludendo bambini ed anziani), l’influenza tende a scomparire entro 6/7 giorni giorni.
Cosa fare se ci si ammala?
Quando si è colpiti, va bene utilizzare farmaci senza obbligo di ricetta (Assosalute fa sapere che lo fanno 57 italiani su 100) per abbassare i sintomi ma espone il paziente a rischi: azzerare la febbre ed andare a lavorare come se nulla fosse, fa il gioco del virus perché si contagiano altri e si rischia di prolungare il periodo di malattia. Utili suffumigi ed aerosol. Quanto all’uso degli antibiotici, che ha senso solo in presenza di un coinvolgimento batterico, assolutamente vietato il fai-da-te, quindi no all’impiego di farmaci vecchi rimasti nell’armadietto delle medicine. Consultare sempre il medico, che normalmente li prescriverà solo se i sintomi persistono per oltre 4/5 giorni.
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Prevenzione del contagio
Alcuni semplici comportamenti possono aiutare a prevenire il passaggio del virus. Oltre a cercare di evitare il contatto con persone malate, è buona norma lavarsi spesso le mani, evitare di toccarsi naso, occhi e bocca (chi si mangia le unghie ha un rischio più elevato di contagio, perché sono le mani il veicolo principale). Anche disinfettare le superfici di casa o dell’ufficio, specialmente se qualche membro della famiglia o qualche collega si è ammalato, non è una cattiva idea, a cominciare dai telefoni. Evitare il fumo, che abbassa le difese immunitarie, e bere molta acqua, che favorisce l’eliminazione delle tossine. Poi come sempre, dieta sana e attività fisica, per mantenere l’organismo nella forma migliore, quindi più pronto ad affrontare gli agenti esterni.
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Tubercolosi: prognosi, vaccino e strategie di prevenzione
La progressione da infezione tubercolare a malattia TBC conclamata si verifica quando i bacilli superano le difese del sistema immunitario e iniziano a moltiplicarsi. Nella malattia primaria (1-5% dei casi), questo si verifica subito dopo l’infezione iniziale. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, una infezione latente si verifica senza sintomi evidenti. Questi bacilli dormienti producono tubercolosi attiva nel 5-10% dei casi latenti, spesso molti anni dopo l’infezione.
Il rischio di riattivazione aumenta se vi è una situazione di immunosoppressione, come nel caso di infezione da HIV. Negli individui con coinfezione da M. tuberculosis e HIV, il rischio di riattivazione aumenta del 10% l’anno. Gli studi che utilizzano il DNA fingerprinting, un metodo di comparazione del DNA, su ceppi di M. tuberculosis hanno dimostrato che le reinfezioni avvengono più frequentemente di quanto si pensasse rispetto alla riattivazione. La possibilità di morte per un caso di tubercolosi è di circa il 4%, al 2008, in calo rispetto all’8% del 1995.
Prevenzione della tubercolosi
La prevenzione e controllo della TBC ha due approcci paralleli. Nel primo, le persone con la TBC e le persone a loro vicine vengono identificate e trattate. L’identificazione delle infezioni spesso implica l’esame dei gruppi ad alto rischio per la TBC. Nel secondo approccio, i bambini vengono vaccinati per proteggerli dalla TBC. Sfortunatamente nessun vaccino disponibile provvede una protezione affidabile per gli adulti. Tuttavia, nelle aree tropicali dove i livelli di altre specie di micobatteri sono elevati, l’esposizione a micobatteri non tubercolari dà una parziale protezione alla TBC.
Per approfondire:
- Tubercolosi: trasmissione, sintomi, diagnosi e cure in sintesi
- Tubercolosi: cause e patogenesi della malattia
- Mycobacterium tuberculosis: il batterio che causa la tubercolosi
- Sintomi della tubercolosi polmonare ed extrapolmonare
- Come si trasmette la tubercolosi?
- Tubercolosi: diagnosi e progressione della malattia
- Test cutaneo della tubercolina: Test di Mantoux per la tubercolosi
- Trattamento farmacologico per la tubercolosi
- Trattamento della tubercolosi resistente ai farmaci
Vaccini
Dopo il “Vaccino Maragliano”, sviluppato da Edoardo Maragliano e utilizzato sull’uomo fin dai primi anni del Novecento, costituito da micobatteri uccisi al calore, i primi esperimenti per ottenere un vaccino costituito da micobatteri vivi attenuati di tubercolosi di razza bovina furono sviluppati da Albert Calmette e Camille Guerin all’Istituto Pasteur in Francia tra il 1908 e il 1921. Fu chiamato “BCG” (Bacillo di Calmette-Guérin). Il vaccino BCG venne usato sull’uomo nel 1921 in Francia, ma non ricevette diffusione e consenso negli Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania fino alla seconda guerra mondiale.
Molte nazioni utilizzano il BCG come parte dei loro programmi di controllo della TBC, specialmente per i bambini. L’efficacia protettiva del BCG per prevenire forme gravi di TBC (per esempio la meningite) nei bambini è maggiore dell’80%; la sua efficacia protettiva per prevenire TBC polmonare negli adolescenti e negli adulti varia dallo 0 all’80%.
In Sudafrica, il paese con la più alta concentrazione di TBC, il vaccino viene dato a tutti i bambini sotto i tre anni. Tuttavia il BCG è meno efficace in aree dove i micobatteri sono meno prevalenti, quindi il BCG non viene distribuito all’intera popolazione di queste nazioni. Negli Stati Uniti per esempio, il vaccino BCG non è raccomandato tranne che per persone con specifiche caratteristiche:
- Bambini con risultati del test cutaneo negativi che sono continuamente esposti a pazienti non trattati o trattati con inefficacia, o che saranno continuamente esposti a TBC multiresistente.
- Operatori di assistenza sanitaria considerati individualmente che lavorano in luoghi in cui è stata riscontrata un’alta percentuale di pazienti con TBC multiresistente, in cui la trasmissione della TBC multiresistente è probabile o dove il controllo contro la TBC non è risultato efficace.
Il BCG protegge parzialmente contro alcune forme gravi di TBC pediatrica, ma si è dimostrato inefficace contro la TBC polmonare adulta, che compone la maggior parte dei casi mondiali. Attualmente ci sono più casi di TBC sul pianeta di quanti ce ne siano stati in qualunque altra epoca storica, e molti concordano nell’urgenza dello sviluppo di un nuovo vaccino più efficace, che prevenga tutte le forme di TBC, compresi i ceppi resistenti, in ogni fascia d’età, e tra le persone affette da HIV.[125]
Strategie di sanità pubblica
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato, nel 1993, la tubercolosi una “emergenza sanitaria globale” e nel 2006, la Stop TB Partnership ha sviluppato un piano globale per fermare la tubercolosi, che mira a salvare 14 milioni di vite tra il suo lancio e il 2015. Tuttavia il numero prefissato non potrà essere raggiunto entro il 2015, principalmente a causa dell’aumento della tubercolosi associata all’HIV e all’emergere di molteplici tubercolosi resistenti ai farmaci (MDR-TB). Un sistema di classificazione sviluppato dalla American Thoracic Society viene utilizzato comunemente nei programmi di salute pubblica.
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Differenza tra vaccini vivi ed attenuati: vantaggi e svantaggi
Con “vaccino” in medicina si intende una preparazione artificiale costituita da agenti patogeni (o parti di essi) opportunamente trattati somministrata con lo scopo di consentire al corpo di sviluppare un sistema di difesa contro quel patogeno ancor prima di venire a contatto con esso, in modo che il corpo sia “già addestrato” a combattere il patogeno corrispondente, se e quando attaccherà. Il vaccino può essere costituito principalmente da patogeni vivi o morti.
Che cos’è un vaccino attenuato?
Un vaccino attenuato consiste nell’utilizzo di un agente infettivo (vaccini monovalenti) o diversi (vaccini polivalenti) vivo/i e omologo/i a quello che produce la malattia, ma la cui virulenza sia stata attenuata, in modo da indurre immunità duratura contro l’agente omologo virulento senza produrre lesioni secondarie nell’animale.
Generalmente, questo tipo di vaccini è realizzato a partire, o da ceppi omologhi a quelli virulenti, ma attenuati in modo naturale, o da isolamenti virulenti, i quali mediante metodi di attenuazione sono attenuati in modo stabile. Il sistema di attenuazione più utilizzato attualmente, si basa sulla realizzazione di un gran numero di passaggi o riprove del virus o batterio virulento in linee cellulari (virus) o terreni di coltura (batteri), in modo che i microrganismi perdano la loro virulenza e non producano nessun tipo di lesione all’animale, ma continuino ad avere la capacità di replicarsi o moltiplicarsi sufficientemente da poter essere processati dal sistema immunitario.
Il principale problema di questo tipo di vaccini è che l’attenuazione può non essere stabile, e si possa così ritornare a forme virulente. La stabilità dell’attenuazione è il fattore più critico in questi vaccini. Un’altro aspetto critico – e costoso – di questi vaccini è che, essendo formati da microrganismi vivi, hanno bisogno di essere permanentemente conservati con la catena del freddo, per evitare che il microrganismo muoia parzialmente o totalmente.
In genere, i vaccini vivi attenuati inducono una risposta immunitaria superiore ai vaccini inattivi o morti, questo succede nel caso dei virus, che infettando le cellule ospite inducono tutti i meccanismi immunitari, sia di presentazione antigenica legati a linfociti CD4+ e al SLA II, sia di attivazione citotossica legati ai linfociti CD 8+ e SLA I, oltre alla liberazione di diverse citochine.
Cos’è un vaccino morto o inattivato?
I vaccini morti o inattivati sono formati dal o dai microrganismi completi ma inattivati da qualche metodo fisico o chimico, oppure da parti di tali microrganismi. Questi vaccini presentano come principali vantaggi, rispetto ai vaccini attenuati, la stabilità e sicurezza, oltre al sistema di conservazione. Tuttavia, inducono, solitamente, una risposta immunitaria minore rispetto ai vaccini attenuati, fondamentalmente legata ai linfociti CD 4+ con produzione di anticorpi.
I metodi per realizzare l’inattivazione degli antigeni vaccinali più utilizzati attualmente si basano su trattamenti chimici o fisici che non producono modificazioni nelle proteine per non alterare la risposta immunitaria. I più utilizzati oggi sono: la formaldeide e gli agenti chelanti come: ossido di etilene, propiolattoni, etilenomina, ecc. Questi agenti, producono unioni incrociate nelle catene degli acidi nucleici, inattivando il microrganismo ma senza alterare le sue proteine. I vaccini inattivati o morti sono stati anche prodotti a partire da esotossine batteriche inattivate, come nel caso dei tetani, con notevole successo.
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Vaccini: servono davvero? Tutte le verità scientifiche
Quando si rompe un tubo in casa, io chiamo il professionista dei tubi, cioè il mio idraulico di fiducia. Se lui mi dice che devo effettuare un certo lavoro, io lo faccio perché io sono un medico e di tubi non ci capisco… un tubo! L’esperto è lui: ad ognuno il suo lavoro. Penso che questo valga un po’ per chiunque. Mi chiedo perché invece, quando si tratta una cosa un pelino più importante – la nostra salute – ognuno diventa esperto, anche se si occupa di edilizia, di vendere immobili o di software per computer. Gente che non saprebbe dire manco la differenza non dico tra una glicoproteina CD4 ed una glicoproteina CD8, ma neanche tra un virus ed un batterio, improvvisamente diventa esperta di biologia molecolare ed esprime giudizi netti sui vaccini, condannandoli. Ma il problema non è tanto se un trentenne pensa che i vaccini siano il male assoluto: il problema è che non vaccina i suoi figli, bambini inermi che subiscono le scelte scellerate dei genitori. E’ proprio a questi genitori sono dedicate le prossime verità scientifiche.
Cosa sono i vaccini ed a cosa servono?
I vaccini sono preparati somministrati all’organismo per prevenire alcune malattie infettive. Stimolano il sistema immunitario affinché si difenda contro specifici germi, contenuti al loro interno in forma inattiva, ovvero incapaci di provocare la malattia ma in grado di stimolare la produzione di anticorpi per contrastarla.
Quali malattie si possono prevenire?
Le malattie che ad oggi i vaccini prevengono sono numerose: difterite, epatite A, epatite B, herpes zoster, influenza, meningiti, sepsi, polmoniti, morbillo, tumori e malattie dovute a papilloma virus, parotite, pertosse, poliomielite, rosolia, diarree infantili da rotavirus, tetano, varicella.
Perché dovremmo vaccinarci?
Perché i vaccini ci proteggono dalle malattie infettive. Pertanto più individui della comunità sono vaccinati, meno probabile è il contagio. Ne consegue una riduzione notevole del numero di persone malate.
A chi sono destinate le vaccinazioni?
Esistono vaccini di varie tipologie, la maggior parte dei quali sono destinati a bambini ed adolescenti. Tuttavia ci sono vaccinazioni per tutte le età, consigliate soprattutto alle “categorie a rischio” ovvero più deboli per età, stato di salute o particolari condizioni come la gravidanza. Esistono poi vaccini specifici per chi viaggia in paesi a rischio.
Perché bisognerebbe vaccinare da subito i bambini?
Perché vaccinarli nei primi mesi di vita consente di proteggerli fin da subito da eventuali malattie infettive. Ciò è possibile perché il sistema immunitario risponde bene ai vaccini anche in tenera età.
Le vaccinazioni sono obbligatorie?
No, ma sono raccomandate per l’alto valore preventivo individuale e collettivo, in base alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Ministero della Salute.
Le vaccinazioni comportano effetti collaterali?
Gli effetti collaterali delle vaccinazioni, sempre che si manifestino, sono molto lievi e di breve durata: da febbre moderata a leggere reazioni infiammatorie intorno all’iniezione. Eventuali reazioni allergiche sono rarissime e si manifestano subito, ragion per cui si deve attendere una ventina di minuti prima di lasciare l’ambulatorio.
No, non si possono prevedere né prevenire tramite accertamenti di laboratorio ma il medico curante o il personale dei centri vaccinali può identificare eventuali situazioni a rischio.
Come e quando vanno effettuate le vaccinazioni?
Le vaccinazioni si effettuano negli ambulatori vaccinali del Sistema Sanitario Regionale e le prime vaccinazioni infantili vengono comunicate con lettera postale accompagnata da opuscolo informativo e calendario. Il genitore viene quindi invitato a un colloquio per firmare l’adesione alla vaccinazione. E’ invece il medico curante a proporre le vaccinazioni per le categorie a rischio, che possono essere eseguite da lui stesso o presso gli ambulatori.
I vaccini servono davvero?
Certamente si, ne sono così convinto che ho vaccinato mio figlio e credo che basti a farvi capire la fiducia che ho in essi.
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Tubercolosi in Italia: si sta diffondendo non solo tra gli stranieri
In molti pensavano che la tubercolosi fosse una malattia infettiva ormai “superata”, ed invece la TBC non è affatto scomparsa, anzi. La tubercolosi (anche chiamata tisi o poriformalicosi) è molto più diffusa di quanto si pensi e solo in Italia fa registrare 10 nuovi casi al giorno. La malattia infettiva causata dal Mycobacterium tuberculosis (chiamato anche Bacillo di Koch) rappresenta nuovamente una emergenza globale, come indicato dal nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), dal titolo emblematico: “Azioni globali e investimenti cadono molto al di sotto di quel che serve per far finire l’epidemia globale di Tbc”.
L’epidemia di tubercolosi ha raggiunto praticamente ovunque livelli superiori alla soglia auspicata. “Nel mondo il tasso di declino dell’incidenza della tubercolosi rimane a solo 1,5% tra il 2014 e il 2015. Bisogna accelerare questa diminuzione al 4-5% su base annua per raggiungere la tappa del 2020” si legge nel rapporto dell’Oms. Nel 2015 i nuovi casi stimati sono stati 10,4 milioni: 5,9 milioni tra gli uomini, 3,5 milioni tra le donne e 1 milione tra i bambini. Il 60% di tutti i casi di tubercolosi in un anno si concentra in sei stati: India, Indonesia, Cina, Nigeria, Pakistan e Sud Africa.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo gli ultimi dati forniti al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie di Stoccolma, ogni giorno si registrano 10 nuovi casi di tubercolosi, per un totale di 3.769 casi notificati. Di questi 120 sono di tubercolosi multiresistente, la più difficile da curare. Il 50% dei pazienti è italiano, in gran parte anziani, e il 50% straniero. Ancora troppi i morti: oltre 350 all’anno, circa uno al giorno. Ma è possibile che l’emergenza sia più diffusa. “Il problema della sorveglianza e dei dati con i casi notificati è assolutamente prioritario. Serve, per tutti i Paesi, un migliore sistema digitalizzato, essenziale per un accesso alla diagnostica, una pronta identificazione della malattia e l’utilizzo di cure adeguate” ha dichiarato Ginevra Mario Raviglione, direttore del Global Tb Program.
Per approfondire:
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Al via un nuovo test su un vaccino anti HIV: una speranza per l’umanità
Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV, sigla dell’inglese Human Immunodeficiency Virus) è il tristemente famoso responsabile dell’AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita). In Italia il virus colpisce maggiormente gli uomini delle donne e i giovani tra i 25 e i 29 anni, con circa 4000 nuovi casi all’anno (con un’incidenza pari a 6,1 nuovi casi di sieropositività ogni 100 mila abitanti dati del Centro operativo Aids (Coa) dell’Istituto superiore di sanità). Dall’inizio dell’epidemia nel 1982 a oggi sono stati segnalati nella nostra penisola oltre 67 mila casi di AIDS, con circa 43 mila pazienti ormai deceduti. Negli ultimi anni moltissimo si è provato a fare per contrastare questo famigerato retrovirus, senza troppi progressi. Ora un nuovo vaccino contro l’Hiv sarà presto testato in Sud Africa in un trial su larga scala.
La sperimentazione
La sperimentazione, chiamata HVTN 702, prenderà in esame un campione di 5.400 uomini e donne tra i 18 e i 35 anni. Si tratta della più vasta ricerca mai portata avanti nel paese, dove vengono infettate 1.000 persone al giorno. “Se i risultati saranno positivi, un vaccino sicuro ed efficace potrebbe essere l’ultimo elemento per sconfiggere l’Hiv – spiega Anthony Fauci, direttore dell‘National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) statunitense – . Questo naturalmente senza dimenticare le terapie già esistenti. Anche un vaccino ‘moderatamente efficace’ potrebbe essere un’arma utile per far diminuire il numero di morti nei paesi, come il Sud Africa, dove l’infezione è molto diffusa”.
Vaccino già sperimentato
Il vaccino HVTN 702 è già stato sperimentato in Thailandia nel 2009 e si è rivelato efficace come strumento di prevenzione nel 31,2% di casi. I pazienti sono stati seguiti per 3 anni e mezzo. Ora la nuova versione di questa vaccinazione è stata adattata al sottotipo del virus Hiv che domina in Sud Africa. “L’Hiv ha un effetto devastante in Sud Africa. Questa sperimentazione potrebbe cambiare il corso delle cose ed è una grande promessa per il nostro paese – spiega Glenda Gray, responsabile del South African Medical Research Council – . Se un vaccino contro l’Hiv dovesse essere efficace in Sud Africa, potrebbe frenare l’epidemia”. In Sud Africa 6,8 milioni di individui convive con il virus dell’Hiv. Le persone coinvolte nel trial riceveranno il vaccino o un placebo in 5 diverse dosi. Coloro, che nel corso della sperimentazione, verranno infettate dal virus verranno monitorate dalle autorità sanitarie. I risultati della sperimentazione dovrebbero arrivare nel 2020.
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Vaccini anti meningite: quanti sono, quando farli, quali sono indispensabili, effetti collaterali
La meningite è un’infezione grave delle meningi, le membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale, ed è provocata nella maggior parte dei casi – ma non esclusivamente -da un batterio denominato Neisseria Meningitidis, detto anche meningococco. Può colpire a qualunque età, ma è più diffusa sotto i cinque anni e in particolare nei bambini con meno di un anno di età, e tra i 12 e i 21 anni. Pur non essendo una malattia molto diffusa (meno di 1000 casi all’anno in Italia di meningite batterica), si tratta di un’infezione severa, con una rapida evoluzione, una mortalità del 10-15% (dovuta in genere a sepsi o setticemia), e un rischio dell’11-19% di complicanze serie,
Per approfondire leggi anche: Meningite batterica e virale: sintomi, profilassi, cura e vaccini
Come prima accennato, la meningite può essere causata da batteri diversi. Per questo le vaccinazioni sono più d’una, e spesso tra i miei pazienti c’è un po’ di confusione su quali fare e quando. Facciamo un po’ chiarezza
Quanti vaccini esistono per la meningite?
In Italia sono disponibili quelli contro Haemophilus influenzae di tipo b, pneumococco, meningococco C, meningococco ACWY e meningococco B.
- Il vaccino contro il Meningococco C (MenC)
Disponibile già da parecchi anni, è inserito tra le vaccinazioni raccomandate dal Piano nazionale per la prevenzione vaccinale. Poiché è stato introdotto nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) è gratuito in tutta Italia. Questo ha consentito di vaccinare sempre più bambini e di avere una significativa riduzione dei casi di meningite C, con il risultato che attualmente il sierotipo B è il più frequente in Italia. Il Piano nazionale vaccini 2012-2014 (l’ultimo in vigore) prevede la somministrazione del MenC a tutti i bambini di età compresa tra 13 e 15 mesi, in concomitanza con il vaccino MPR(Morbillo, Parotite, Rosolia) e agli adolescenti non precedentemente immunizzati. - Il vaccino tetravalente A,C,W135,Y (Mcv4)
Disponibile da poco tempo e non inserito nel calendario vaccinale 2012-2014, il vaccino tetravalente antimeningococco A, C, W 135, Y è stato finora raccomandato in Italia prevalentemente per i viaggiatori che si recano in Paesi dove sono presenti tali sierotipi di meningococco e a coloro che desiderano una protezione maggiore, tenendo presenti le frequenti opportunità di spostamento legate alla globalizzazione. - Il vaccino contro il meningococco B (MenB)
È stato autorizzato solo nel 2013, per questo non era incluso nel piano vaccinale 2012-2014 e non rientra nei LEA. Il vaccino, tuttavia, è presente nel nuovo Piano nazionale vaccini 2016-2018, che attente ancora l’approvazione definitiva. Al momento in alcune regioni è a pagamento, mentre in altre è offerto gratuitamente. Il vaccino protegge contro quasi il 90 per cento dei ceppi di meningococco B e si può fare a partire dai 2 mesi, anche in concomitanza con gli altri vaccini previsti nei primi anni di età. Il numero di dosi da somministrare varia a seconda dell’età in cui si comincia la somministrazione. Non si hanno ancora dati certi sulla durata della protezione, pertanto in futuro potrebbe essere necessario introdurre un’ulteriore dose in età prescolare. Si può fare a partire da 2 anni ai bambini che non hanno ancora effettuato il MenC o agli adolescenti di 12-16 anni già vaccinati con MenC, a completamento della copertura. È anche possibile anticipare la vaccinazione, in soggetti a più alto rischio, con tre dosi a 3, 5 e 11 mesi. Sopra i 12 mesi, invece, è sufficiente una dose singola.
A che età bisogna vaccinarsi?
Il piano vaccinale in vigore raccomanda il vaccino contro l’Haemophilus influenzae di tipo b tra i tre e i 12 mesi. La copertura è buona: in Italia oggi si registrano meno di dieci casi all’anno fra i non vaccinati. Alla stessa età, ci si può proteggere anche dallo pneumococco. La vaccinazione contro il meningococco C si fa attorno ai 12 mesi, e necessita di un richiamo dopo dieci anni. Queste vaccinazioni sono gratuite.
Quali sono indispensabili?
Di sicuro quelle incluse nel programma vaccinale. Inoltre, è preferibile eseguire il richiamo per il meningococco C con il vaccino quadrivalente ACWY, che protegge anche da altri ceppi. Il nuovo piano ministeriale, ancora in discussione, potrebbe rendere gratuito anche il vaccino contro il meningococco B, da fare entro i due anni. Alcune regioni già lo offrono; nelle altre la decisione per ora spetta ai genitori, tenendo presente che in Italia si registrano 60-80 casi all’anno.
Perché il vaccino contro la meningite C rientra tra le vaccinazioni raccomandate e non tra quelle obbligatorie?
Se i vaccini MenB e Mcv4 non rientrano ancora nel calendario vaccinale, il Men C rientra tra le vaccinazioni raccomandate e non tra quelle obbligatorie. Perché? “In Europa ci sono stati che raccomandano i vaccini e altri stati in cui i vaccini sono tutti obbligatori. La situazione attuale italiana causa confusione poiché sembra che ci siano differenze tra i gruppi di vaccini, quelli obbligatori e quelli raccomandati” dice Silvia Declich, direttore del Reparto di Epidemiologia delle malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. “In realtà, tutti i vaccini inseriti nel calendario vaccinale sono importanti e andrebbero fatti sia per la protezione del vaccinato sia per la protezione di chi gli sta intorno, poiché più è alta la copertura vaccinale, minore è la circolazione della malattia. I vaccini più recenti sono raccomandati anziché obbligatori perché l’orientamento è stato quello di considerare il vaccino non più come obbligo formale, ma come importante opportunità di protezione per sé stessi e per gli altri. In altre parole, la tendenza è quella di superare l’obbligatorietà a favore di un’adesione consapevole alla vaccinazione”.
I possibili effetti collaterali dei vaccini contro la meningite
Gli effetti indesiderati più comuni dei vaccini contro la meningite sono rossore, gonfiore, e dolore nel sito di iniezione, che durano 1-2 giorni. Le reazioni sistemiche sono più rare e comprendono febbre lieve, sonnolenza, mal di testa, nausea e malessere generale, che si risolvono in 2-3 giorni. Per il vaccino contro il meningococco B c’è un maggiore riscontro di febbre, che si verifica circa nel 70-80% dei casi, soprattutto se il vaccino viene fatto in concomitanza con altri. Come per qualsiasi altra vaccinazione, anche i vaccini contro il meningococco possono causare reazioni allergiche di varia entità fino allo shock anafilattico, anche se sono situazioni estremamente rare.
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