Fluoxetina (Fluoxeren): uso in gravidanza ed allattamento

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACI EFFETTI COLLATERALI INDICAZIONI CONTROINDICAZIONI EFFETTO DOSE DOSAGGIO PILLOLE CREMA PASTIGLIE SUPPOSTE SIRINGA INIEZIONE EMIVITA FARMACOCINETICAFluoxetina cloridrato – comunemente fluoxetina – è un principio attivo appartenente alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina usato, al pari degli altri SSRI, per il trattamento di disturbi psichiatrici come depressione maggiore, disturbi d’ansia (attacchi di panico, ansia generalizzata, disturbi ossessivi-compulsivi) e bulimia.

Gravidanza ed allattamento

Per la Food and Drug Administration la fluoxetina è un farmaco da gravidanza di classe C, ovvero i cui studi sugli animali hanno rilevato effetti dannosi sul feto oppure per i quali non sono disponibili studi controllati, né su esseri umani né su animali. Di conseguenza la somministrazione di tali farmaci in gravidanza ed allattamento è sconsigliata oppure raccomandata solo dopo un’attenta analisi dei potenziali benefici per la paziente rispetto ai potenziali rischi per il feto ed il neonato.

La depressione può arrivare a colpire fino al 20% delle donne in stato di gravidanza ed è associata a ritardo di crescita uterina e a basso peso del nascituro. La depressione materna non trattata può inoltre alterare il rapporto madre-neonato (scarsa capacità genitoriale).

Il passaggio transplacentare degli SSRI può provocare emorragie nel neonato. Non sono noti gli effetti dovuti all’esposizione in gravidanza agli SSRI sullo sviluppo neurocomportamentale dei bambini tuttavia ci sono evidenze di aumentato rischio di autismo e aumentata probabilità di depressione in età adolescenziale.

Gli studi clinici relativi all’impiego degli SSRI (intesi come classe terapeutica) hanno evidenziato un basso rischio di anomalie congenite. L’esposizione agli SSRI durante il terzo trimestre di gravidanza può provocare nel neonato la comparsa della sindrome da astinenza da SSRI e ipertensione polmonare persistente.

Sindrome da astinenza

I sintomi più frequenti relativi alla sindrome da astinenza del farmaco in gravidanza includono agitazione, irritabilità, ipo/ipertonia, iperriflessia, sonnolenza, problemi nella suzione, pianto persistente. Più raramente si sono manifestati ipoglicemia, difficoltà respiratoria, anomalie della termoregolazione e convulsioni.

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Disturbo d’ansia generalizzato: sintomi, diagnosi e terapia

MEDICINA ONLINE CERVELLO TELENCEFALO MEMORIA EMOZIONI CARATTERE ORMONI EPILESSIA STRESS RABBIA PAURA FOBIA SONNAMBULO ATTACCHI PANICO ANSIA VERTIGINE LIPOTIMIA IPOCONDRIA PSICOLOGIA DEPRESSIONE  DROGA DONNA.jpgIl disturbo d’ansia generalizzato, detto anche DAG o GAD, secondo la formula inglese, è una forma clinica dei disturbi d’ansia. È un problema che interessa prevalentemente le donne (1,5:1), ed è stato stimata una prevalenza nel 3-5% della popolazione. Molto spesso sottovalutato, non solo dai pazienti ma anche dai medici, può – ma solo ed esclusivamente in casi del tutto estremi – anche comportare un aumento del rischio di suicidio. Come implica il nome, l’ansia che caratterizza il disturbo non è concentrata o elicitata da un particolare oggetto o situazione (ovvero, è aspecifica). Nel commentare le sue difficoltà il paziente è di solito assai preciso e appropriato nel riconoscere per primo la discrepanza tra dimensione reale delle difficoltà da affrontare e quota d’ansia che queste evocano, ma non riesce a fare a meno di preoccuparsi.
Il disturbo è cronico: di solito si presenta in età precoce, tanto che il paziente riferisce di essere ansioso “da sempre”.

Leggi anche: Attacchi di panico: cosa sono, come riconoscerli e curarli

Sintomi

I sintomi caratteristici sono quelli degli stati d’allarme, contraddistinti da una condizione psichica di generale attesa apprensiva, e da numerosi segni e sintomi fisici di attivazione vegetativa (hyperarousal): si può presentare emicrania, palpitazioni, vertigini e insonnia, difficoltà a concentrarsi, tensione muscolare, irrequietezza. Oltre a questi sintomi, prettamente “fisici” se ne possono accompagnare di cognitivi quali ad esempio: sensazione di testa vuota, derealizzazione e depersonalizzazione. Possono esservi associati disturbi del sonno, come interruzioni o risvegli precoci; a volte i soggetti affetti si svegliano a metà della notte e rimangono in uno stato di tensione, riuscendo con difficoltà a riprendere il sonno.

Diagnosi

I criteri diagnostici (DSM 5 – 2013) sono:

  • Eccessiva ansia e preoccupazione, che si verificano nella maggioranza dei giorni, per almeno 6 mesi, riguardo numerosi eventi o attività (lavoro, scuola, vita sociale).
  • L’individuo trova difficile controllare la preoccupazione
  • L’ansia e la preoccupazione sono associati a 3 o più dei seguenti sintomi:
    • Irrequietezza
    • Facile affaticabilità
    • Difficoltà di concentrazione
    • Irritabilità
    • Tensione muscolare
    • Turbe del sonno
  • L’ansia, la preoccupazione o i sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o ostacolano le aree di funzionamento sociale o lavorativo.
  • Il disturbo non è attribuibile ad effetti fisiologici di sostanze o altra condizione medica.
  • Il disturbo non è meglio spiegato da sintomi di altri disturbi psichici

Terapia

La terapia si è avvalsa per molti anni delle benzodiazepine; per quanto farmaci sicuri e con pochi effetti collaterali, il loro limite è rappresentato dall’insorgenza di tolleranza e dipendenza nell’uso a lungo termine. Per tali motivi recentemente si utilizzano con discreto successo gli SSRI. Il buspirone, ansiolitico della classe degli azapironi, ha nel GAD una delle sue indicazioni elettive. È un agonista serotoninergico (5-HT1A) e antagonista dopaminergico presinaptico. Rispetto alle BZD ha come vantaggi la selettiva azione ansiolitica, l’assenza di effetti di sommazione con l’alcol, l’assenza di sedazione e miorilassamento, l’assenza di depressione respiratoria e l’impossibilità di dare dipendenza. L’effetto ansiolitico del buspirone ha però una latenza di circa 10-15 giorni.

Per approfondire: Disturbo d’ansia generalizzato: avere sempre ansia ma non capire per cosa

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Dispnea ansiosa, notturna e cardiaca: sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE SONNO UOMO DIVANO DORMIRE INSONNIA STANCHEZZA STRESS ASTENIA ABBIOCCO SONNELLINO PISOLINO.La dispnea o fame d’aria, (in inglese dyspnea o shortness of breath) è un sintomo caratterizzato da respirazione difficoltosa. La dispnea può essere fisiologica (cioè normale) quando si manifesta nel compiere uno sforzo pesante, specie in soggetti non particolarmente allenati allo sforzo. La dispnea è patologica (cioè indicare la presenza di una patologia) se si verifica in situazioni in cui il corpo non viene sottoposto a sforzo (a riposo) o quando viene sottoposto a sforzi molto lievi. Le cause più comuni sono: asma bronchiale, polmonite, ischemia cardiaca, malattia polmonare interstiziale, insufficienza cardiaca congestizia, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), stenosi laringo-tracheale o cause psicogene. I fattori di rischio includono l’età avanzata, la vita sedentaria, l’obesità, il fumo (attivo, passivo e terziario), l’ipertensione, l’iperlipidemia, il diabete e l’inquinamento ambientale.

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Dispnea ansiosa o da stati depressivi

La dispnea ansiosa è un disturbo che, negli ultimi anni, sembra colpire un numero sempre maggiore di persone, crescita che va di pari passo con l’aumentare delle persone affette da stati d’ansia (più o meno gravi), crisi di panico e altri disturbi di questo genere ma comunque afferenti la dimensione psicologica. La prima cosa da fare in caso si sospetti dispnea ansiosa è assicurarsi che il disturbo non sia in realtà il sintomo di un’altra patologia a carico del cuore o dei polmoni; una volta escluse motivazioni più gravi è piuttosto comune constatare che la dispnea sia di tipo ansioso, dipenda quindi da uno stato d’ansia, da un problema psicologico che, una volta risolto, permetterà di superare anche la dispnea. Come intuibile, la diagnosi di dispnea ansiosa si fa per esclusione, cioè escludendo cause organiche di dispnea. La dispnea ansiosa può essere curata in maniera efficace prima di tutto grazie ad un sostegno psicologico teso a identificare le ragioni scatenanti dell’ansia e all’affrontare queste ragioni: un aiuto psicoterapico è certamente il più consigliato.

Sintomi legati alla dispnea ansiosa

La dispnea ansiosa ha una sintomatologia abbastanza facile da identificare, oltre ovviamente al sintomo principe della dispnea, cioè la “fame d’aria” dovuta alla difficoltà a respirare, quella di tipo ansioso risulta accompagnata da frequenti stati d’ansia o comunque da un diffuso malessere di tipo psicologico (caratterizzato da stress eccessivo, attacchi di panico, etc) tale che è lo stesso paziente, in condizioni normali, a ricondurre le ragioni della dispnea a motivazioni di carattere psicologico. La dispnea ansiosa, oltre all’ansia, può essere accompagnata da sintomi quali:

  • dolore: frequentemente i pazienti con dispnea ansiosa riferiscono di una sensazione di dolore o comunque “oppressione” a livello toracico;
  • aritmia: questo tipo di sintomo è quello che causa più preoccupazioni ai pazienti, l’aritmia, frequentemente accompagnata da palpitazioni, associata alla fame d’aria tipica della dispnea può indurre i pazienti ad ipotizzare problemi di tipo cardiaco quando in realtà si tratta di sintomi abbastanza tipici di un forte stato d’ansia;
  • iperidrosi: la sudorazione eccessiva è un altro sintomo che accompagna un forte stato d’ansia, compare quindi frequentemente nei pazienti con problemi di dispnea ansiosa.

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Dispnea notturna e di origine cardiaca

La “dispnea parossistica notturna” (anche chiamata “asma cardiaco“) è l’improvvisa comparsa di difficoltà respiratoria nel corso della notte che tende a presentarsi quando il soggetto permane per un certo periodo di tempo in posizione coricata (clinostatismo) a causa del riposo notturno. La causa di questo tipo di dispnea è risiede nell’incapacità del cuore a garantire la sua normale funzione contrattile (funzione di pompa), situazione questa che configura il quadro dell’insufficienza cardiaca del ventricolo sinistro. Su questa, l’aumento dell’afflusso di sangue al cuore in posizione coricata (aumento del ritorno venoso) rappresenta la concausa che scompensa acutamente il precario compenso cardiaco. Come conseguenza di tale deficit funzionale cardiaco, il sangue tende a ristagnare all’interno dei capillari polmonari (microscopici vasi sanguigni polmonari che rendono possibili gli scambi dei gas respiratori ossigeno e anidride carbonica nei polmoni) determinando in tale sede un aumento della pressione che rende più difficoltoso lo scambio dei gas respiratori (edema interstiziale) e provoca la concomitante stimolazione meccanica dei recettori di tosse presenti nel torace e la compressione dei bronchioli con aumento delle resistenze delle vie aeree (di qui il termine asma cardiaco). Questa situazione si può verificare occasionalmente anche di giorno.

Quali sono i sintomi della dispnea parossistica notturna?

Il principale sintomo della dispnea parossistica notturna è ovviamente la dispnea (fame d’aria da difficoltà respiratoria) la quale, avendo come principale caratteristica quella di comparire in clinostatismo (posizione coricata) e tendendo a risolversi nel momento in cui il paziente assume la posizione eretta (ortostatismo), viene indicata con il termine ortopnea (cioè quella dispnea che insorge da sdraiati ed obbliga all’ortostatismo per non farla verificare). All’ortopnea si possono associare:

  • tosse secca e insistente;
  • sibili espiratori;
  • tachicardia;
  • ansietà;
  • tendenza del paziente a ricercare sollievo, oltre che con l’assunzione della posizione seduta, respirando anche a bocca aperta ed a volume maggiore o aprendo una finestra per respirare aria fresca.

Cura della dispnea notturna e cardiaca

La dispnea parossistica notturna può essere risolta migliorando il labile compenso funzionale cardiaco che ne è alla base e riducendo l’eccessivo afflusso di sangue alla regione toracica favorito, nel corso della notte, dalla posizione coricata. Un semplice accorgimento preventivo può essere rappresentato dall’aumentare il numero e lo spessore dei cuscini o nel mantenere una posizione semi-assisa nel corso del riposo notturno. Nel caso in cui si presenti un episodio acuto notturno, lo stesso tenderà a risolversi tanto più rapidamente quanto più prontamente il paziente sarà in grado di assumere una posizione seduta nel letto mantenendo le gambe a penzoloni o, meglio ancora, ponendosi addirittura in piedi in quanto la rapidità con la quale il sangue tenderà a portarsi verso le regioni più declivi del corpo consentirà di ridurre più velocemente la congestione di sangue al torace ed a risolvere lo scompenso clinico.

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Farmaco Lyrica (Pregabalin): indicazioni ed effetti collaterali

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACI EFFETTI COLLATERALI INDICAZIONI CONTROINDICAZIONI EFFETTO DOSE DOSAGGIO PILLOLE CREMA PASTIGLIE SUPPOSTE SIRINGA INIEZIONE EMIVITA FARMACOCINETICA.jpgLYRICA® è il nome comune commerciale per l’Italia di un medicinale che contiene il principio attivo (cioè la sostanza che esplica l’azione terapeutica) Pregabalin, ed è disponibile sotto forma di compresse di colore bianco da 25, 50 e 150 mg, di colore bianco e arancione da 75, 225 e 500 mg, di colore arancione da 200 mg e in soluzione orale da 20 mg/ml.

Indicazioni:

Lyrica viene usato, da solo o in combinazione con altri farmaci, come antiepilettico-anticonvulsivante e trova indicazione specifica nel trattamento di:

  • epilessia;
  • disturbo d’ansia generalizzato (GAD);
  • dolore neuropatico centrale;
  • dolore neuropatico periferico causato da complicanze dell’algodistrofia (o distrofia simpatica riflessa).

Importante: Se ti è stato prescritto il farmaco, e nel corso del trattamento, ritieni che il medicinale ti stia causando  malessere o effetti “collaterali” indesiderabili, o pensi che non stia funzionando, parlane con il tuo medico o con il farmacista.

Cosa è necessario sapere prima di iniziare il trattamento

LYRICA può essere controindicato in alcune persone. È’ importante che il medico che prescrive il farmaco conosca la tua storia medica completa, ed in particolare è necessario che sappia:

  • se sei allergico o hai avuto una reazione allergica ad uno qualsiasi degli ingredienti inclusi nel medicinale
  • se sei allergico o hai avuto intolleranza verso il pregabalin o preparati che lo contengono
  • se hai problemi epatici (al fegato)
  • se sei allergico ad altre sostanze /ingredienti particolari (anche in alimenti e cibi) /sostanze ambientali. Assicurati di raccontare al medico più elementi che puoi
  • Ci possono essere interazioni con altri farmaci: riferisci la lista completa di ciò che assumi al medico o al farmacista.

Non utilizzare LYRICA nei seguenti casi: 

  • se hai verificato, dalle osservazioni precedenti, di essere allergico ad uno o a più componenti del medicinale;
  • se hai un’età inferiore ai 18 anni;
  • se sei in stato di gravidanza;
  • se stai allattando.

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LYRICA può avere interazioni con alcuni medicinali

Le interazioni, ovvero “interferenze” che possono alterare l’azione terapeutica, possono causare reazioni avverse (ADRs) o comprometterne l’efficacia terapeutica. Informa il medico o il farmacista se stai assumendo uno o più tra i seguenti medicinali:

  • Ossicodone – (utilizzato come analgesico);
  • Lorazepam – (utilizzato per il trattamento dell’ansia).

Esistono anche altri farmaci che hanno dimostrato interazioni con Pregabalin, ma la valutazione dei rischi, rispetto al beneficio che consegue al trattamento terapeutico con Pregabalin verrà valutato dal tuo medico. Informa pertanto il medico o il farmacista sulla eventuale lista di farmaci che stai assumendo

Dieta o bevande particolari

Dieta: alcuni farmaci possono interagire con alcuni alimenti. In alcuni casi, questo può comportare conseguenze rischiose o comunque alterare l’efficacia terapeutica ed il medico può consigliare di evitare certi alimenti. Nel caso di PREGABALIN, il medico non ritenga di darti indicazioni specifiche, puoi continuare con la tua dieta abituale.

Come agisce LYRICA

Il principio attivo di Lyrica, Pregabalin, è simile nella struttura al “neurotrasmettitore” dell’organismo acido gamma-ammino butirrico (GABA), ma ha effetti biologici molto diversi. I neurotrasmettitori sono sostanze chimiche che permettono alle cellule nervose di comunicare tra di loro. Le precise modalità d’azione di pregabalin non sono del tutto note, ma si ritiene che pregabalin influisca sul modo in cui il calcio penetra nelle cellule nervose. In questo modo si riduce l’attività di alcune cellule nervose nel cervello e nel midollo spinale, con conseguente riduzione del rilascio di altri neurotrasmettitori che intervengono nel dolore, nell’epilessia e nell’ansia.

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Come va assunto Lyrica?

Le capsule devono essere inghiottite intere con acqua. Nei pazienti con problemi ai reni il dosaggio è minore.

In che dosaggio va assunto Lyrica?

La dose iniziale raccomandata di Lyrica è di 150 mg al giorno, suddivisa in due o tre dosi. Dopo tre-sette giorni, la dose può essere aumentata a 300 mg al giorno. Le dosi possono essere aumentate gradatamente – se il medico curante lo ritiene – fino ad un dosaggio maggiore del doppio finché si raggiunge la dose più efficace. La dose massima è di 600 mg/giorno, ma alcuni pazienti traggono giovamento da una terapia che non raggiunge tale dosaggio.

Come sospendere Lyrica?

La sospensione del trattamento con Lyrica deve avvenire in modo graduale, nell’arco di almeno una settimana, dimezzando le dosi. NON interrompere completamente la terapia senza una graduale diminuzione.

Ti potranno essere proposte modalità leggermente differenti da quelle appena citate: attieniti a quanto ti prescrive esattamente il tuo medico, senza affidarti al “fai da te”: non modificare MAI da solo la terapia.

Quali sono gli effetti indesiderati o avversi (“effetti collaterali”) più comuni che può provocare LYRICA?

  • capogiri;
  • stanchezza;
  • aumento dell’appetito;
  • confusione;
  • disorientamento;
  • vertigini;
  • gonfiore del corpo;
  • aumento di peso;
  • difficoltà nell’erezione.

Se il farmaco viene assunto le prime volte in quantità eccessiva, senza rispettare una certa gradualità di dose in aumento, si potrebbero verificare episodi di particolare euforia.

Se il farmaco viene cessato improvvisamente, senza rispettare una certa gradualità di dose in diminuzione, si potrebbero verificare episodi di particolare malessere e stanchezza.

Se noti segni di effetti o disturbi che influiscono marcatamente sul tuo stato di salute, o se ritieni che il medicinale non sia efficace come ti aspetteresti, ti raccomandiamo di segnalarlo al tuo medico o al farmacista, o al medico ospedaliero che ti sta assistendo. Questi valuterà, anche insieme a te il problema: si potrà proseguire la terapia, se comunque ritenete che il beneficio curativo/terapeutico superi il rischio (l’entità) dell’effetto avverso o “fastidioso”, oppure si potrà decidere di compilare ed inviare al Ministero della Salute un breve report, ovvero una scheda che viene indicata con il nome   di “Segnalazione di Farmacovigilanza”: questo è utile sia alla ricerca medica che alla società, al fine di consolidare le conoscenze e riconoscere nuovi, o non ancora conosciuti, o poco frequenti ma pericolosi effetti avversi provocati dai medicinali. Il medico o il farmacista ti potranno spiegare in modo approfondito cosa è e perché è utile la Farmacovigilanza.

Fai attenzione anche ad evitare di guidare o di usare a lavoro apparecchi potenzialmente pericolosi se ti senti molto affaticato.

Utilizzo di sostanze “complementari”, prodotti omeopatici, naturali o altri medicinali “alternativi”: 

Molte persone sono solite ricorrere all’automedicazione o al ricorso di sostanze che rientrano in qualche modo nella cosiddetta “Medicina alternativa”. Queste sostanze non sempre sono utili a curare la tua malattia, e molto spesso invece possono interagire o compromettere l’efficacia dei medicinali effettivamente efficaci prescritti dal tuo medico per curare la tua malattia. Anche il farmacista può darti preziosi consigli su un utilizzo appropriato di queste sostanze, o comunicarti quando sono controindicate.

Nel caso di LYRICA informa il tuo medico o il farmacista per:

  • qualsiasi altro prodotto erboristico o “integratore” che stai utilizzando o che intendi utilizzare;
  • qualsiasi altro prodotto “omeopatico” che stai utilizzando o intendi utilizzare, consultati con il farmacista.

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Paura: cause, gradi, timore, ansia, fobia, panico, terrore ed orrore

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“Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia. La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga”.

Nelle paure c’è quindi la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza o la nostra integrità biologica o quella delle persone a noi più vicine. L’emozione della paura si proietta nel futuro: qualcosa di brutto accadrà a noi o agli altri, pertanto spinge il soggetto ad aggredire per eliminare o allontanare l’oggetto della paura (condotte aggressive) o al contrario fuggire da questo per evitare il danno che potrebbe procurarci (condotte di evitamento dall’oggetto fobico).

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Reazioni

La paura è un’emozione dominata dall’istinto (cioè dall’impulso) che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una suffragata situazione di pericolo; irrompe ogni qualvolta si presenti un possibile cimento per la propria incolumità, e di solito accompagna ed è accompagnata da un’accelerazione del battito cardiaco e delle principali funzioni fisiologiche difensive.

Principali controffensive alla paura possono essere:

  • intensificazione delle funzioni fisiche e cognitive teoretiche con relativo innalzamento del livello di accortezza;
  • difficoltà di applicazione intellettiva;
  • fuga;
  • protezione istintiva del proprio corpo (cuore, viso, organi genitali);
  • ricerca di aiuto (sia articolato, sia racchiuso);
  • calo della temperatura corporea;
  • sudorazione;
  • aumento adrenalinico;
  • aumento dell’ansia.

La paura è talvolta causa di alcuni fenomeni di modifica comportamentale permanenti, identificati come sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che si possano verificare situazioni, apparentemente normalissime, ma che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. In questo senso, la paura perde la sua funzione primaria, legata alla naturale conservazione della specie, e diventa invece l’espressione di uno stato mentale. La paura di oggetti o contesti può essere appresa; negli animali questo effetto è stato studiato e prende il nome di paura condizionata, che dipende dai circuiti emozionali del cervello.

Gradi della paura

La paura ha differenti gradi di intensità a seconda del soggetto: persone che vivono intensi stati di paura hanno sovente atteggiamenti irrazionali. La paura, come l’ira, può essere una risposta al dolore o alla sua percezione. Se un individuo impaurito è costretto ad attaccare, l’ira può prendere il sopravvento e la paura svanire. In tal senso alcuni atteggiamenti derivanti dagli stati di paura possono essere considerati pericolosi, quando si tramutano in rabbia. La paura può essere descritta con termini differenti a seconda del suo grado di intensità:

  • timore;
  • ansietà;
  • paura;
  • fobia;
  • panico;
  • terrore;
  • orrore.

Timore

Il timore è la forma meno intensa della paura e si determina quando una situazione promette piacere ma, al tempo stesso, anche dolore: c’è la percezione della possibilità di perdere il piacere, ma ci si muove ancora verso di esso.

Ansia

In questo caso la minaccia del dolore e quella del piacere si equivalgono generando una situazione di conflitto nell’attesa di qualche indizio capace di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Paura

La paura emerge quando il contesto è dominato dalla minaccia del dolore o dalla sua percezione: in questo caso si è pervasi dal desiderio di scappare o comunque di allontanarsi dalla fonte di dolore, sia questa reale o immaginaria, di ogni tipo o forma essa sia.

Fobia

Quando l’ansia di fronte a un determinato oggetto, animale o evento è notevole e non può essere controllata dalla ragione si parla di fobia. Questa provoca una reazione notevolmente sproporzionata rispetto alla situazione che si sta affrontando. Per tale motivo il soggetto che presenta delle fobie evita accuratamente tutte le situazioni che potrebbero scatenare la sua ansia. Pertanto la sua vita sociale ne può risentire notevolmente. Ne sono un esempio la claustrofobia, l’agorafobia, la centrofobia.

Panico

Quando la paura è massima ed è carica di un presentimento di morte si definisce panico. Questo per Galimberti U. è un “episodio acuto d’ansia caratterizzato da tensione emotiva e terrore intollerabile che ostacola un’adeguata organizzazione del pensiero e dell’azione.” La situazione di panico è correlata alla claustrofobia.

Terrore

Il terrore è la forma estrema della paura, di intensità ancora maggiore al panico, dove l’impulso a scappare è talmente elevato da ricercare una soluzione immediata: in questo caso l’individuo sceglie di ritirarsi dentro se stesso. Il terrore è una vera propria fuga verso l’interno, la muscolatura si paralizza nel tentativo di ridurre la sensibilità dell’organismo durante l’agonia (immaginata o reale).

Orrore

Per orrore si intende un sentimento di forte paura e ribrezzo destato da ciò che appare crudele e ripugnante in senso fisico o morale. Per estensione, orrore può indicare un fatto, un oggetto o una situazione che desta tale sentimento.

Cause organiche

Secondo la concezione costituzionalistica vi sarebbero delle cause genetiche in quanto vi è una più elevata concordanza del disturbo nei gemelli omozigoti e una più elevata incidenza fra gli ascendenti e collaterali. Le indagini neurochimiche hanno messo in evidenza una disfunzione serotoninergica. Le neuroimmagini suggeriscono una disfunzione dei circuiti striato-talamo-corticali.

Cause affettivo – relazionali

Le paure possono essere legate a un trauma specifico. Ad esempio la paura del cane può essere legata a un episodio aggressivo da parte di questo animale, vissuto dal bambino. Tuttavia buona parte delle paure non sono legate ad alcun trauma specifico. Esse nascono da una sofferenza interiore del bambino, dovuta ad un’educazione non idonea o ad un ambiente particolarmente disturbato, stressante o che presenta o ha presentato in passato, scarsa attenzione e considerazione nei confronti dei suoi bisogni affettivo – emotivi. Questa sofferenza genera in lui un’immagine negativa e quindi paurosa, del mondo che lo circonda.

Le paure, inoltre, possono nascere da un contagio genitoriale o familiare nel senso che le ansie e le paure dei genitori o dei familiari si riversano sui figli generando anche in questi ansie e paure, sia per imitazione sia a causa di un ambiente particolarmente stressante e angoscioso, poco o nulla confacente ad un sano sviluppo nel quale i piccoli sono costretti a vivere.

Per la psicoanalisi le paure nascono quando sono presenti dei pensieri di tipo sessuale o aggressivo che vengono censurati. Questi pensieri minacciano di emergere dall’inconscio, per cui si attivano una serie di meccanismi di difesa, che determinano lo spostamento dell’ansia, dalla pulsione temuta verso un oggetto o una situazione esterna che presenta una qualche connessione simbolica con essa.

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Come sconfiggere la paura del tradimento

MEDICINA ONLINE CHEATING TRADIMENTO AUMENTARE QUANTITA SPERMA EIACULAZIONE FORZA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA AMORE ANSIA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE PAURA FOBIALe relazioni d’amore comportano tante emozioni, stati d’animo e sensazioni molto forti ma non sempre sono di natura positiva. Solitamente le persone vivono la relazione interpersonale con il proprio partner con il costante timore del tradimento. Questa pauraha un’origine molto profonda e deve essere posta in relazione sia a fattori ambientali e culturali che a fattori personali. In questa guida analizzeremo insieme come poter sconfiggere questa paura in modo tale da migliorare sia il benessere della vita di coppia, sia quello psicofisico e mentale.

Come prima cosa, bisogna esaminare attentamente le cause scatenanti di questa forte paura. Innanzitutto, tra le prime cause troviamo una bassa autostima. Per coloro che sono sfiduciati nei confronti delle proprie abilità, hanno vergogna del proprio aspetto esteriore, o hanno il timore di non essere all’altezza del partner, generalmente tenderanno maggiormente ad avere paura di un tradimento. Il soggetto in questione non è in grado di comprendere in prima persona quali siano le cause per cui il proprio partner abbia deciso di stare con lui, temendo che improvvisamente lo capisca e scelga di cambiare strada. Questo porta ad uno stato di ansia e di angoscia che spinge il soggetto a scagliarsi contro il partner, attraverso grosse scenate e liti e col passare del tempo, determina la fuga dell’oggetto d’amore.

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Nei casi leggermente più gravi, il soggetto che teme il tradimento soffre di disturbi riguardanti la personalità. Per fare un esempio, il narciso il quale ha paura perché associa l’idea del proprio compagno ad una stampella che lo aiuta a restare in piedi nella propria immagine sociale. In questo caso, teme particolarmente il tradimento perché gli causerebbe un danno molto forte alla sua immagine. Un altro caso da analizzare è quello del diffidente, il quale successivamente ad esperienze riguardanti la sua infanzia, tende caratterialmente a diffidare dalle persone. In questo modo, più il coinvolgimento emotivo si evolve e più aumenta la paura del tradimento. La sua angoscia risiede nel fatto di aver investito un forte carico emotivo inutilmente.

La paura del tradimento non sempre è legata a disturbi della personalitàriconducibili a se stessi, solitamente, colui che ne soffre è il proprio partner. In questa situazione è particolarmente difficoltoso riuscire a donare fiducia senza provare alcun sospetto o dubbio. La relazione affettiva profonda, è l’appellativo dato dalla psicologia sociale alla storia d’amore, destinata a terminare rapidamente. Ad esempio, nel caso in cui il partner è un sesso-dipendente sarà faticoso poter gestire la propria natura, in quanto in queste situazioni è motivata. Quindi, è fondamentale individuare le situazioni in cui vi è realmente il rischio di un eventuale tradimento, a differenza delle situazioni in cui non esiste.

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Abbattere la paura del tradimento non è una cosa impossibile, ma sfortunatamente non in tutte le circostanze. Se la paura è dettata da ostacoli causati dalla scarsa autostima, bisogna agire sul valore che ci si aggiudica. Provare a dare la priorità a noi stessi piuttosto che assecondarsi con delle briciole. Naturalmente, se noi per primi non possediamo un’idea ed una quantità del nostro valore come possiamo pensare che gli altri se ne rendano conto e lo apprezzino? Quando i disturbi della personalità sono la causa principale della paura, un suggerimento sarebbe quello di rivolgersi ad uno specialista o, nel caso in cui non fosse possibile, cercare di lanciarsi in un dialogo aperto con il proprio partner. In casi eccessivi come quello sopracitato del sesso-dipendente, è scontato che con l’assenza di un supporto psicologico è praticamente impossibile uscire dall’incubo della paura. Solitamente la migliore cura è costruire un rapporto d’amore fondato sulla fiducia reciproca. La gelosia in quantità equilibrata è il succo dell’amore, quando invece è in quantità esagerata causa stati d’animo negativi ed ansia che vanno a nuocere il benessere dello stesso rapporto. Sforzatevi di osservare obiettivamente la situazione in cui vi trovate e capirete se la vostra è una paura motivata o meno. Solo così saprete qual’è la giusta direzione da prendere per superare questa paura.

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Antipsicotici (neurolettici): classificazione, usi e meccanismo di azione

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA AEROSOL ASMA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS INTRAMUSCOLO PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICA EFFETTI COLLATERALI CONTROINDICAZIONII farmaci neurolettici (anche chiamati “antipsicotici“) sono un gruppo di psicofarmaci che agiscono su precisi target neurotrasmettitoriali (principalmente utilizzati tipicamente per il trattamento delle psicosi, schizofrenia, disturbo bipolare e nel disturbo depressivo cronico. Non sono indicati per il trattamento dell’insonnia in quanto non vi sono evidenze cliniche a favore del loro impiego.

Usi medici

Schizofrenia

L’effetto principale di un trattamento con antipsicotici è quello di ridurre i cosiddetti sintomi “positivi” della schizofrenia, ovvero deliri e allucinazioni. Tuttavia gli studi indicano che conseguentemente all’assunzione di neurolettici peggiorano gli episodi di apatia, mancanza di affetto emotivo, mancanza di interesse nelle interazioni sociali (sintomi negativi della schizofrenia) mentre dal punto di vista cognitivo si possono avere effetti come pensieri disordinati e una ridotta capacità di pianificare ed eseguire attività. In generale, l’efficacia del trattamento con antipsicotici nella schizofrenia sembra aumentare con la gravità dei sintomi di base. Le applicazioni di questi farmaci nel trattamento della schizofrenia includono il trattamento del primo episodio di psicosi, la successiva terapia di mantenimento e trattamento di episodi ricorrenti di psicosi acuta. È doveroso ricordare che i neurolettici non curano il disturbo all’origine, bensì dovrebbero attenuare i sintomi esteriori della malattia, quali deliri, allucinazioni e disforia.

Disturbo bipolare

Gli antipsicotici sono usati comunemente nel trattamento di prima linea negli episodi maniacali e misti associati a disturbo bipolare, spesso in combinazioni con stabilizzanti dell’umore come litio o valproato. Ill motivo di questa combinazione è il ritardo terapeutico degli stabilizzatori dell’umore di cui sopra (per ottenere gli effetti terapeutici del valproato sono di solito necessari circa cinque giorni dall’inizio del trattamento, mentre il litio solitamente richiede almeno una settimana prima di dare gli effetti terapeutici). Alcuni antipsicotici atipici (Lurasidone, Olanzapina e Quetiapina) si ritiene che abbiano l’efficacia nel trattamento della depressione bipolare come monoterapia, senza l’aggiunta di altri farmaci di supporto.

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Altri utilizzi

Oltre alle predette finalità gli antipsicotici possono essere usati come farmaci di seconda scelta nella cura del disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress, disturbi della personalità, la sindrome di Tourette, autismo e agitazione in quelli con demenza, ma solo nel caso in cui i farmaci di prima scelta non abbiano avuto effetto. Le prove scarseggiano sull’utilizzo di antipsicotici atipici in disturbi del comportamento alimentare. Risperidone può essere utile per disturbo ossessivo-compulsivo.

Meccanismo di azione

Gli antipsicotici presentano un’azione prevalentemente antidelirante e antiallucinatoria. Vengono impiegati prevalentemente per la terapia della schizofrenia e di altre manifestazioni psicotiche: possono essere somministrati per via orale, intramuscolare o endovenosa: a dosaggi adeguati riducono il delirio, le allucinazioni, le anomalie comportamentali degli psicotici, favorendone il reinserimento sociale. Se assunti da un soggetto non psicotico, non producono uno stato di sedazione quanto piuttosto una estrema indifferenza agli stimoli ambientali e un fortissimo appiattimento emotivo (effetto atarassizzante). I siti d’azione principali dei farmaci antipsicotici sono le vie dopaminergiche, più in particolare quelle che da livello mesencefalico si proiettano verso l’area del pensiero situata nella corteccia. I bersagli sono i recettori della dopamina che vengono inibiti, in particolare è il blocco dei recettori D2 post sinaptici a generare i maggiori effetti terapeutici (gli altri target dopaminergici sono i recettori D1, D3, D4).

Classificazione

  • Antipsicotici tipici o di prima generazione

    • butirrofenoni
      • Aloperidolo, molto potente ed efficace, associa all’effetto terapeutico un’alta incidenza di effetti collaterali extrapiramidali
      • Droperidolo
    • fenotiazine
      • Alifatiche
        • Clorpromazina
        • Prometiazina
        • Acepromazina, utilizzata in ambito veterinario
      • piperaziniche
        • Perfenazina
        • Porcloperazina
        • Tioproperazina
        • Trifluoperazina
      • Piperidiniche
    • Tioxanteni
      • Zuclopentixolo
      • Clopentixolo
      • Tioxitene
  • Antipsicotici atipici o di seconda generazione

    • Benzammidi sostituite
      • Amisulrpide, associa l’antagonismo D2 (a basse dosi preferenzialmente presinaptico), all’agonismo per il recettore GHB.
      • Sulpiride, simile al composto correlato amisulpride.
      • Tiapride, mostra affinità preferenziale per il sistema limbico rispetto a quello striatriale
      • Varelipride, utilizzata però in ambito veterinario.
    • Dibenzodiazepine
      • Quetiapina, ha struttura simil dibenzodiazepinica, è considerato quello a maggior potenziale sedativo.
      • Clozapina, considerato un farmaco di seconda linea per i potenziali effetti collaterali anche gravi.
      • Olanzapina
    • Scheletro simil Azapironi
      • Lurasidone
      • Risperidone
      • Paliperidone, principale metabolita del risperidone
      • Ziprasidone, causa un minore aumento di peso rispetto ad altri antipsicotici
      • Perospirone
  • Terza generazione

    • Aripiprazolo, agonista parziale dei recettori D2 e di alcuni sottotipi serotoninergici. La sua efficacia è ancora oggetto di approfondimento.

Altri composti che non sono chimicamente o farmacologicamente correlati agli antipsicotici hanno mostrato in diversi studi potenziale neurolettico, tra questi ci sono farmaci approvati per altri disturbi psichiatrici (come il tofisopam) o composti di derivazione naturale come la sarcosina.

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Antidepressivi triciclici: tipici effetti collaterali dei farmaci

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICI triciclici (TCA) sono una classe di farmaci antidepressivi che agiscono attraverso l’inibizione non selettiva (o, in alcuni casi selettiva per la noradrenalina) della ricaptazione dei neurotrasmettitori monoamine. Sono usati principalmente nel trattamento dei disturbi dell’umore come depressione maggiore, distimia e disturbi bipolari, in particolare nelle varianti resistenti al trattamento, in molti casi non sono più, infatti, i farmaci di prima scelta. Possono essere impiegati anche nel trattamento di numerosi disordini tra cui i casi di ansia, fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo, panico, disturbo post traumatico da stress, cefalea ed emicrania.

Effetti collaterali

Molti effetti collaterali sono correlati alle proprietà antimuscariniche dei TCA. Questi effetti sono piuttosto comuni e possono includere secchezza delle fauci, naso asciutto, visione sfuocata, motilità gastrointestinale ridotta o costipazione, ritenzione urinaria, difetti di memoria o cognitivi ed aumento della temperatura corporea.

Altri effetti collaterali possono includere ansietà, confusione, apatia, debolezza muscolare, variazioni nel peso e nell’appetito, ipersensibilità, disfunzioni sessuali, debolezza, nausea e vomito, ipotensione e tachicardia riflessa e, raramente, aritmie. Convulsioni, allucinazioni, deliri e coma sono alcuni degli effetti tossici causati da un sovradosaggio. Sono stati riportati rari casi di rabdomiolisi dovuti a questa classe di farmaci. Se il trattamento viene continuato spesso si sviluppa tolleranza nei confronti degli effetti collaterali. L’insorgenza di effetti collaterali, poi, può essere ridotta se il trattamento è iniziato con basse dosi, gradualmente aumentate fino a raggiungere le concentrazioni terapeutiche, sebbene ciò possa ritardare la comparsa degli effetti benefici.

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