Fimosi serrata, non serrata, congenita ed acquisita: cause, conseguenze e cure

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Reumatologo FIMOSI SERRATA NON CONGENITA Medicina Estetica Luce Pulsata Depilazione Macchie Capillari Mappatura Nei Dietologo Roma  Radiofrequenza Cavitazione Cellulite PelleDi fimosi avevo già parlato in questo articolo, tuttavia, essendo questo un argomento che desta molto interesse soprattutto tra i lettori di sesso maschile ed Continua a leggere

Riattaccata la testa ad un bimbo di 16 mesi “decapitato” in un incidente

MEDICINA ONLINE Jackson Taylor decapitazione interna testa collo vertebre incidente operazione decapitato head.jpgGrazie ad un intervento chirurgico estremamente complesso, ad un bambino australiano è stata riattaccato il cranio, staccatasi internamente dal Continua a leggere

A cosa serve la milza e che significa “rottura della milza”?

MEDICINA ONLINE DOVE SI TROVA LA MILZA A CHE SERVE LA MILZA FUNZIONI SANGUE IMMUNITRARIO ROTTURA MILZA CHIRURGIA SPLENECTOMIA CONSEGUENENZE.jpgTutti sanno (più o meno) a cosa serve il cuore, o il polmone o lo stomaco, ma in pochi sanno a cosa serva la milza. Un organo meraviglioso nella sua semplicità, eppure sempre molto sottovalutato! Merita sicuramente un approfondimento, così da oggi anche voi saprete rispondere a questa domanda:

Cos’è la milza?

La milza è un organo interno, linfoide secondario, parenchimatoso, impari (significa che nel corpo ne abbiamo solo una), dalla forma ovoidale, di colore rosso scuro e consistenza molle. L’assenza congenita della milza è un’anomalia molto rara, mentre circa una persona su dieci ha una o più milze accessorie, spesso senza neanche saperlo.

Dove si trova la milza?

La milza è situata nella regione posteriore della cavità addominale sulla sinistra, più in particolare è localizzata nel quadrante superiore sinistro dell’addome, appena sotto il diaframma, protetta dalle ultime coste dell’emitorace sinistro, vicino a stomaco e pancreas.

Leggi anche: Apparato digerente: cos’è, com’è fatto, a che serve e come funziona?

Com’è fatta la milza?

È un organo color rosso porpora, di consistenza elastica e molle, Ha una lunghezza di circa 12 centimetri, una larghezza di 7/8 e uno spessore di 3/5. La milza pesa mediamente di 200 grammi nell’uomo e 168 nella donna. Il peso ed il  volume della milza diminuiscono con la vecchiaia, mentre aumentano durante particolari patologie cardiovascolari o infettive (come la mononucleosi).

A che serve la milza?

Quale organo vascolare sanguigno e linfatico, provvede al metabolismo del ferro, è sede di formazione (emopoiesi), accumulo e distruzione (emocateresi) delle cellule del sangue. Essa inoltre distrugge i batteri e ogni particella inerte che le vengono convogliati dalla corrente sanguigna; accumula poi grandi quantità di piastrine che riversa in circolo in caso di necessità (per esempio in presenza di sforzi o forti stress). Le funzioni appena elencate sono svolte dalla milza durante la fase adulta, invece durante lo sviluppo embrionale, la milza produce globuli rossi e bianchi. Dopo la nascita tale funzione è assunta dal midollo osseo e la milza limita la sua attività alla produzione di certi tipi di globuli bianchi e alla distruzione dei globuli rossi senescenti e ormai inefficienti. Per ricapitolare ecco nel dettaglio le funzioni della milza:

  • permette la maturazione degli elementi della serie rossa: nella milza si completa la maturazione ed il modellamento dei reticolociti (globuli rossi di recente formazione);
  • funzione ematopoieitica: permette la sintesi delle cellule ematiche, tipica della vita fetale, può riattivarsi anche nell’adulto in caso di emergenza, per esempio dopo abbondanti emorragie;
  • rimozione degli eritrociti: i macrofagi presenti nella milza rimuovono dal circolo sanguigno i globuli rossi invecchiati o malfunzionanti; questa funzione, sia quantitativa che qualitativa, è chiamata emocateresi ed è estesa anche ai linfociti e alle piastrine.
  • funzione linfopoietica: produce globuli bianchi);
  • funzione anticorpopoietica: produce anticorpi IgM e IgG (la milza ha quindi un ruolo immunitario di primordine e contribuisce ad accrescere le difese dell’organismo);
  • sintesi di opsonine: la milza produce macromolecole che facilitano l’attività macrofagica “etichettando” e segnalando come dannose determinate sostanze estranee, altrimenti difficilmente riconoscibili dal sistema immunitario;
  • magazzino ematico: la milza funge da “serbatoio” di sangue, al quale l’organismo può attingere in caso di necessità. Questa funzione diventa importante solo in condizioni patologiche (splenomegalia). Nella milza vengono depositati anche il ferro, le piastrine ed alcune popolazioni linfocitarie.

La milza è un organo indispensabile? Cosa succede se viene asportata?

A causa di tutte le mansioni appena elencate, i pazienti che hanno subìto un intervento di asportazione possono andare incontro ad alcune condizioni particolari. Per approfondire leggi: La milza è un organo indispensabile? Se viene asportata cosa può succedere?

Per approfondire sulla terapia chirurgica che consiste nella rimozione della milza, leggi questi articoli:

Cosa succede quando la milza non funziona?

Tra le patologie a carico della milza ricordiamo la sindrome ipersplenica, quando l’organo funziona troppo (con sintomi come anemia, leucopenia, piastrinopenia e splenomegalia, che si manifesta anche in caso di neoplasie, problemi a livello di circolazione del sangue e alcune malattie infettive e parassitarie come toxoplasmosi, mononucleosi, epatite, endocardite, tifo, sifilide e malaria), mentre la complicanza più grave è la rottura della milza, che può essere causata da un trauma.

Cosa indica il dolore alla milza?

Avvertire dolore nella zona della milza tende a spaventare i pazienti, tuttavia la maggior parte delle volte, tale dolore non indica patologia. E’ il caso ad esempio del dolore durante lo sport intenso. Solitamente quando si fa uno sforzo fisico prolungato si prova un dolore alla milza anche intenso, che non necessariamente indica la presenza di patologie di altra natura. Questo disturbo solitamente scompare quando lo sforzo finisce e il corpo ritorna a riposo. Ma per quale motivo si sente il dolore alla milza durante gli sforzi? L’ipotesi più plausibile a riguardo è che il dolore sia legato ad un’ischemia splenica transitoria, legata al temporaneo dirottamento di sangue dalla milza ai muscoli in attività. L’organismo nel tempo tende comunque ad adattarsi all’allenamento ed il soggetto tende a non sentire più dolore durante lo sforzo intenso.

Leggi anche: Dove si trova il pancreas ed a che serve?

La milza contiene moltissimo sangue

La milza è un organo ad elevato contenuto di sangue, la cui irrorazione è affidata all’arteria splenica, mentre il deflusso ematico avviene attraverso la vena splenica (afferente alla vena porta). L’organo si può quindi considerare come un grosso filtro che, al contrario di quello renale (abile nel setacciare ioni e molecole di piccole dimensioni), provvede ad eliminare le cellule e le macromolecole dannose o presenti in eccesso. In presenza di un incremento ematico la milza aumenta di dimensioni (splenomegalia = milza ingrossata) e può arrivare a trattenere due litri di sangue. Tale condizione può essere legata a modificazioni del flusso sanguigno interno (ipotonia del distretto arterioso intrasplenico) o ad ostacoli che ne impediscano l’uscita (come si verifica in caso di ipertensione portale conseguente a cirrosi epatica). La milza appare ingrossata anche in caso di malattie emolitiche, quando accumula eccessive quantità di glucosio o di lipidi (tesaurismosi) o a causa di processi neoplastici, comunque rari. Infine, la splenomegalia è tipica anche di alcune malattie infettive e parassitarie (toxoplasmosi, mononucleosi, epatite, endocardite, tifo, sifilide e malaria).

Rottura della milza

Quali sono le cause di rottura della milza, cosa si prova quando accade e come si cura? Per rispondere a queste domande, vi invito a leggere: Rottura della milza: cosa si prova e qual è la terapia?

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Il bambino con tre peni

MEDICINA ONLINE CHIRURGO CHIRURGIA OPERAZIONE CHIRURGICA TERAPIA ASPORTAZIONE BISTURI SALA OPERATORIA TUMORE CANCRO SUTURA MASSA TUMORALE STADIAZIONE MAMMELLA POLMONI TECNICA GENERALE PANCREAS ANESTESIAUn bambino indiano di due anni è stato operato per risolvere la sua rara malformazione: è nato con tre peni. Questa malformazione prende il nome di “diphallia”, anche se in questo specifico caso si potrebbe parlare di “trifallia”. I dottori hanno definito i peni in esubero come masse “fatte di ossa e pelle”, l’urina infatti passa solo da uno. Il bimbo è stato operato e sottoposto anche ad una colostomia, cioè un abboccamento chirurgico tra colon e parete addominale per permettere alle feci di fuoriuscire attraverso una via alternativa all’ano. I medici hanno corretto la malformazione rimuovendo uno dei tre peni e unito tra loro gli altri due. “Desideravamo solo che il nostro bambino avesse una vita normale – hanno dichiarato i familiari del piccolo – e siamo grati ai dottori per aver portato a termine con successo l’intervento chirurgico”. La “diphallia” è una malformazione estremamente rara: il primo caso è stato registrato nel 1609 e, da allora, la letteratura medica ne ha registrati appena un centinaio. Se vuoi sapere qualcosa di più su questa malformazione, leggi anche: Diphallia: l’uomo nato con due peni [FOTO]

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Insufficienza venosa e vene varicose: cause, prevenzione e trattamenti

MEDICINA ONLINE INSUFFICIENZA VENOSA CAUSE VENA VENE VALVOLE VARICI GAMBE CHIRURGIA TRATTAMENTI DOLORE FASTIDIO SANGUE CIRCOLAZIONE MICROCIRCOLO.jpg
Il termine “insufficienza venosa” definisce una condizione patologica dovuta ad un difficoltoso ritorno del sangue venoso al cuore. L’insufficienza venosa degli arti inferiori innesca un aumento di pressione nei capillari, con successiva formazione di edema, ipossia generalizzata e lattacidemia (eccessiva presenza di acido lattico nel sangue).
L’insufficienza venosa richiede un intervento terapico, farmacologico e/o medico: quando non trattata o trascurata, la condizione può degenerare in una sindrome progressiva contraddistinta da dolore, gonfiore, alterazioni cutanee e, nei casi più gravi, varicoflebite (formazione di un trombo secondario insorto su varici).

Incidenza

L’insufficienza venosa costituisce una condizione patologica particolarmente diffusa nei Paesi Occidentali ed industrializzati, mentre nelle aree poco sviluppate, come i Paesi poveri di Africa ed Asia, il fenomeno si presenta in misura molto minore.
L’insufficienza venosa è una realtà attuale: in genere, le donne sono molto più colpite rispetto al sesso forte. In Italia, ad esempio, si stima che il 30% della popolazione femminile ed il 15% di quella maschile sia affetto da insufficienza venosa di entità variabile.
Da quanto riportato sulla rivista European journal of vascular and endovascular surgery si possono ricavare interessanti stime:

  • In età giovanile, l’insufficienza venosa colpisce il 10% dei maschi e il 30% delle femmine
  • Dopo i 50 anni, il fenomeno vascolare si manifesta nel 20% dei maschi e nel 50% delle donne.

Da questi dati si comprende non solo che l’insufficienza venosa colpisce prevalentemente il gentil sesso, ma anche e soprattutto che l’incidenza del disturbo aumenta proporzionalmente all’età.

Leggi anche: I 12 segni che indicano una cattiva circolazione da non sottovalutare

Cause e classificazione

In base alla causa scatenante, l’insufficienza venosa può essere classificata in due macrogruppi:

  1. INSUFFICIENZA VENOSA ORGANICA: causata da alterazioni patologiche delle vene. In questa categoria rientrano:
    • Dermatite da stasi: persistente infiammazione della cute degli arti inferiori, generata da una stasi vascolare. La dermatite da stasi è una condizione patologica tipica dei pazienti affetti da disturbi circolatori nelle vene delle gambe; il disturbo si presenta con edema cronico agli arti inferiori, prurito, escoriazioni ed essudazione.
    • Sindrome delle gambe senza riposo (RLS): alcuni pazienti affetti da questa sindrome sviluppano successivamente insufficienza venosa.
    • Trombosi venosa profonda: condizione patologica dovuta all’ostruzione di una vena a causa di un trombo (grumo di sangue). Una simile ostruzione del circolo profondo è responsabile, a sua volta, del difficoltoso ritorno venoso; si parla pertanto di insufficienza venosa profonda.
    • Varici: le vene varicose sono dilatazioni anomale e permanenti di vene ed arterie, espressione di un’alterazione dell’efficienza delle valvole venose.
  1. INSUFFICIENZA VENOSA FUNZIONALE: condizione dovuta ad un sovraccarico funzionale delle vene che, pur in piena salute, sono sottoposte ad un lavoro eccessivo rispetto alle loro possibilità.
    • Linfedema: il ristagno di linfa nei vari distretti dell’organismo, che caratterizza il linfedema, è dovuto ad una compromissione del sistema linfatico. Il linfedema richiede un superlavoro da parte delle vene, pertanto può favorire l’insufficienza venosa.
    • Ridotta mobilità degli arti (tipico dei soggetti che rimangono in posizione statica per lungo tempo → edema da immobilizzazione). Anche le anomalie posturali (piede piatto, alterazioni della morfologia del rachide ecc.) costringono le vene ad uniperlavoro, che può sfociare nell’insufficienza venosa.
Classificazione clinica dell’insufficienza venosa
Classe 0 Assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa
Classe 1 Presenza di teleangectasie o vene reticolari
Classe 2 Presenza di vene varicose
Classe 3 Presenza di edema
Classe 4 Turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczema, ipodermite
Classe 5 Come classe 4 con ulcere cicatrizzate
Classe 6 Come classe 4 con ulcere in fase attiva

Fattori di rischio

Alcuni pazienti sono più predisposti all’insufficienza venosa rispetto ad altri.Quali sono i fattori di rischio?

  • Assunzione di una postura statica per lungo tempo
  • Gravidanza
  • Ipertensione
  • Obesità
  • Lavori in ortostatismo (che richiedono di rimanere in piedi e fermi per lungo tempo)
  • Predisposizione genetica
  • Fumo di tabacco
  • Pregressa storia di trombosi venosa profonda
  • Sesso femminile
  • Statura: i soggetti alti sono più a rischio di insufficienza venosa
  • Terapia ormonale estrogenica.

Leggi anche: Vene varicose: sintomi iniziali e come curarle ed eliminarle

Sintomi e segni

I sintomi e segni di insufficienza venosa sono molto variabili, tuttavia spesso sono i seguenti:

  • Ulcere cutanee
  • Vene varicose
  • Gambe gonfie e pesanti
  • Caviglie gonfie
  • Ispessimento della pelle
  • Porpora 
  • Prurito
  • Comparsa di macchie scure
  • Crampi ai polpacci
  • Dilatazione delle vene superficiali
  • Dolore in corrispondenza di una vena varicosa
  • Edema persistente 
  • Flebite
  • Formicolio alle gambe
  • Teleangectasie
  • Trombosi venosa profonda.

Leggi anche: Formicolio alle mani, piedi, braccia e gambe: cause e cure

Gravità

In base alla gravità, esistono sette classi di insufficienza venosa:

  • Classe 0 assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa
  • Classe 1 teleangectasie o vene reticolari
  • Classe 2 vene varicose
  • Classe 3 edema
  • Classe 4 turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczema, ipodermite
  • Classe 5 Come classe 4 ulcere cicatrizzate
  • Classe 6 Come classe 4 ulcere in fase attiva.

Complicanze

L’insufficienza venosa può determinare, direttamente o indirettamente:

  • cellulite batterica;
  • distrofie cutanee;
  • ischemia e necrosi della pelle;
  • setticemia;
  • embolia polmonare;
  • ulcerazioni cutanee;
  • infezioni cutanee;
  • varicoflebite.

Diagnosi

La diagnosi di insufficienza venosa consiste inizialmente nell’anamnesi e nell’esame obiettivo. Possono poi essere necessari vari esami, come ad esempio TC, ecografie con colordoppler ed esami del sangue.

Diagnosi differenziale

L’insufficienza venosa va distinta da altre patologie per alcuni versi simili, tra cui:

  • Manifestazioni cutanee di patologie cardiache/renali
  • Teleangectasie
  • Ulcere d traumi
  • Vene varicose
  • Allergia da contatto
  • Carcinoma basocellulare
  • Cellulite batterica
  • Dermatite da stasi
  • Erisipela.

Leggi anche: Differenza tra massaggio drenante e massaggio linfodrenante

Terapie

La cura dipende dalla causa specifica che ha determinato a monte l’insufficienza venosa. In genereale è utile:

  • eliminare il fumo;
  • perdere peso se obesi;
  • praticare esercizio fisico costante e regolare (anche una semplice camminata di mezz’ora al giorno);
  • seguire una dieta sana e bilanciata;
  • bere molta acqua;
  • utilizzare calze elastiche/bende a compressione;
  • evitare di rimanere in posizioni statiche per lunghi periodi;
  • evitare di rimanere in posizione eretta per lungo tempo;
  • evitare di rimanere in ambienti caldi;
  • applicare creme o pomate ad azione capillaro-protettiva, antiedemigena e decongestionante;
  • muovere spesso le gambe;
  • rialzare il letto nella zona in corrispondenza dei piedi;
  • non indossare scarpe con tacchi alti;
  • non indossare abiti troppo aderenti;
  • evitare di assumere la pillola anticoncezionale;
  • non sporsi per lunghi periodi al sole o fare bagni molto caldi;
  • seguire corsi di rilassamento e yoga.

Sono utili gli integratori a base di:

  • Vitis vinifera
  • Ginkgo biloba
  • Ippocastano
  • Rutina
  • Amamelide
  • Diosmina
  • Luteina
  • Esperidina.

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I farmaci più indicati sono:

  • farmaci anticoagulanti ad applicazione topica;
  • scleroterapia;
  • farmaci flebotonici;
  • farmaci profibrinolitici.

Nei casi più gravi, si ricorre alla chirurgia, tramite:

  • valvuloplastica;
  • rimozione della vena interessata;
  • laserterapia;
  • ablazione con radiofrequenza.

Sia l’ablazione con radiofrequenza che la terapia laser possono creare effetti collaterali fastidiosi, anche se reversibili: piccoli ematomi, ustioni cutanee, formicolii alle gambe e lievi lesioni dei nervi. Entrambi gli interventi producono risultati eccezionali nel trattamento dell’insufficienza venosa.

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Primo trapianto di cuore da donatore cadavere in Europa

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO OSPEDALE CHIRURGIA SALA OPERATORIA OPERAZIONE CHIRURGICAE’ avvenuto alcuni giorni fa il primo trapianto di cuore “fermo” (non più battente) in Europa: l’intervento, di cui danno notizia i principali quotidiani inglesi, è stato portato a termine al Papworth Hospital nel Cambridgeshire su un uomo di 60 anni che ha ricevuto un cuore fermo, ed è perfettamente riuscito. Fino ad ora era stato possibile trapiantare cuori ancora in funzione da pazienti in stato di morte cerebrale. Ma i chirurghi britannici hanno dimostrato che anche un cuore fermo può essere riattivato. Il primo intervento è stato portato a termine un mese fa, ed il paziente che ha ricevuto il nuovo cuore si sta riprendendo bene. Huluseyin Uca, il ricevente, ha dichiarato: “Sto bene. Prima del trapianto riuscivo a malapena a camminare, la mia vita era difficilissima. Ora mi sento ogni giorno più forte ed oggi sono andato a piedi in ospedale per un controllo senza nessun problema”.

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Cosa si nasconde sotto il vestito rosso?

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Senologia Mammografia Tumore Cancro Seno Mammella Diagnosi Mastectomia Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione  Dietologo Roma Cellulite Sessuologia EcografieLa bellissima e giovane ragazza bionda che vedete in QUESTA FOTO, dal fisico magro e in forma, sotto al suo vestito rosso nasconde un segreto che ha voluto svelare al mondo per sensibilizzare la società su di un tema che tutti invece vorrebbero segregare nella parte più nascosta di noi. Scopriamo di cosa si tratta.

Un vestito rosso

“Under the Red Dress” (Sotto il vestito rosso) è il titolo della serie della fotografa Nadia Masot che ha ritratto il corpo di Beth Whaanga, una giovane donna di origini australiane che, a 32 anni, ha scoperto di avere un cancro al seno. Di conseguenza, ha subito una doppia mastectomia e una ricostruzione chirurgica di entrambi i seni. Inoltre le è stata diagnosticata la presenza del gene BRCA2, che aumenta le probabilità del cancro alle ovaie, e ha perciò subito una isterectomia completa preventiva (cioè asportazione dell’intero utero nelle sue parti: corpo, fondo e collo. Ciò determina l’impossibilità di avere figli).

Mostrare per sensibilizzare

Insomma il suo corpo è stato martoriato dal bisturi e così pure la sua sensibilità tagliuzzata dagli eventi che si sono susseguiti. Beth ha visto il suo corpo cambiare e trasformarsi portandosi addosso le cicatrici della sua dura battaglia. Ha così deciso, con estremo coraggio, di mostrarle al mondo per sensibilizzare le donne sulla prevenzione e la cura del cancro. Per questo motivo, e con questo intento, è nata la serie “Under the Red Dress” che è stata pubblicata sull’account Facebook di Beth.

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Tiroide, tumori in crescita a causa dell’inquinamento

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Pressoterapia  Massaggio Linfodrenante Dietologo Roma Cellulite Amore Sessuologia Sesso PSA Pene Ecografia TUMORI TIROIDE CRESCITA INQUINAMENTOI tumori della tiroide sono aumentati negli ultimi 20 anni di quasi tre volte, e fra le cause di questo boom ci sono anche quelle ambientali. Lo hanno affermato gli esperti dell’Associazione Italiana tiroide (Ait) durante il loro congresso annuale in corso a Roma.
Secondo gli ultimi dati disponibili in Italia ci sono circa 14mila nuovi casi di tumori che coinvolgono la ghiandola tiroidea l’anno, di cui poco solo più di 3mila riguardano gli uomini. ”Quello della tiroide, i cui casi sono quasi triplicati in 20 anni, rappresenta il 2 per cento di tutte le diagnosi tumorali che si fanno in Italia” ha spiegato Paolo Vitti, segretario Ait . “L’aumento è considerevole, e dipende sia da un miglioramento delle capacità di diagnosi, sia da fattori tossici ambientali, come l’esposizione a sostanze tossiche o la carenza di iodio. Per fortuna con i mezzi attuali è possibile fare una diagnosi precoce e curare in tempo questi tumori. Non a caso anche se l’incidenza è aumentata la mortalita è rimasta costante”.

I fattori di rischio

Uno studio italiano fatto in Sicilia ha confermato che vivere in zone vulcaniche aumenta il rischio, mentre il legame tra inquinanti e questi tipi di cancro non ha ancora prove definitive. ”I rifiuti tossici sono fortemente sospettati, ma ancora non c’è una prova definitiva” afferma Vitti “anche perché mancano i registri dei tumori per poter trarre conclusioni”.
Tra le cause accertate di aumento del rischio c’è l’esposizione a radiazioni, comprese quelle derivanti da alcuni test diagnostici. ”Per alcuni esami come la Tac, un piccolo aumento c’è, e bisogna tenerne conto ad esempio se i pazienti sono bambini, ma non bisogna fare allarmismi” ha spiegato massimo Salvatori dell’università Cattolica di Roma durante la sessione del congresso dedicata a questo tema.
Per un certo periodo è finita sotto accusa anche la mammografia, mentre poi è emerso che l’aumento del rischio è così piccolo che ci vogliono un miliardo di donne che fanno il test per avere 56 casi in più”.

I problemi dei pazienti

Liste d’attesa troppo lunghe, differenze nelle comunicazioni da parte dei dottori, e l’arrivo di un farmaco generico su cui però ci sono forti dubbi sull’effettiva equivalenza con l’originale. Queste sono le principali preoccupazioni delle persone con malattie della tiroide. ”Le liste d’attesa sono in alcune zone insopportabili” ha spiegato Anna Maria Biancifiori, presidente del Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini “per una ecografia ad esempio si possono aspettare fino a 20 mesi nelle strutture pubbliche, oppure si è costretti ad andare a pagamento, ma questo vale anche per molti altri esami e per le stesse terapie radiologiche”.
Un altro problema emerso è la differenza tra le indicazioni dei medici su terapie, necessità di ricovero, protezione dalle radiazioni. ”Da una indagine fatta sui social media sono emerse notevoli differenze – ha sottolineato Paola Polano dell’Associazione Atta Lazio. “Mancano indicazioni precise e univoche persino su cosa fare dei vestiti usati mentre si segue la terapia con i radiofarmaci. Questo sconcerta i pazienti, che poi si rivolgono a noi con delle domande a cui forse dovrebbero rispondere gli esperti. Inoltre anche sulle esenzioni abbiamo registrato diverse disparità”.

L’equivalente della tiroxina

Preoccupazione inoltre è stata espressa per l’arrivo dell’equivalente (quello che prima veniva chiamato “farmaco generico”) della tiroxina, il farmaco usato per l’ipotiroidismo da almeno 6 milioni di italiani, che secondo diverse associazioni di endocrinologi del mondo potrebbe dare problemi. ”Effettivamente non ci sono ancora prove scientifiche dell’equivalenza, e in queste condizioni è meglio aspettare prima di cambiare farmaco” afferma Biancifiori. “Si tratta di una terapia che ha un costo molto basso, ci sono altri modi per risparmiare. Inoltre le prime segnalazioni dei pazienti sul generico che abbiamo avuto non sono positive”.

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