Malformazioni artero-venose cerebrali: sintomi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MALFORMAZIONI ARTERO VENOSE CEREBRALI SINTOMIRiabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Pene.jpgLe malformazioni artero-venose cerebrali sono patologie complesse che consistono in anomalie vascolari in cui le arterie, spesso ipertrofiche, confluiscono in una o più vene di scarico saltando il letto capillare (che fisiologicamente riduce la pressione). Il trattamento è spesso multidisciplinare: endovascolare, neurochirurgico e radiochirurgico.

Che cosa sono le malformazioni artero-venose (MAV)?

Le MAV sono patologie complesse che consistono in anomalie vascolari in cui le arterie, spesso ipertrofiche confluiscono in una o più vene di scarico saltando il letto capillare (che fisiologicamente riduce la pressione). Per tale motivo gli scarichi venosi sono sottoposti a un regime pressorio anomalo con tutte le conseguenze del caso. Possono essere cerebrali o spinali.

Quali sono le cause delle malformazioni artero-venose (MAV)?

Le MAV sono dovute al confluire delle arterie, spesso ipertrofiche (quindi più grosse rispetto al corrispettivo fisiologico), in una o più vene di scarico. Il letto capillare che fisiologicamente riduce la pressione, viene saltato e ciò comporta un regime pressorio anomalo a carico degli scarichi venosi che possono andare incontro a rottura o trombosi.

Quali sono i sintomi delle malformazioni artero-venose (MAV)?

In alcuni casi le MAV sono asintomatiche, cioè non danno alcun sintomo. Nel 50% dei casi, le MAV determinano una cefalea. Spesso le MAV possono provocare crisi epilettiche. Talvolta le malformazioni sanguinano dando segno di sé con sintomi correlati alla sede dell’ematoma.

Quali sono i rischi legati alle malformazioni artero-venose (MAV)?

Le MAV sono un fattore di rischio per emorragie cerebrali, crisi epilettiche, cefalee, trombosi, ictus cerebrali. Alcune di queste patologie, se non trattate, possono essere mortali.

Diagnosi

Spesso riscontro occasionale in risonanza magnetica encefalo eseguite per altri motivi. La RM rappresenta il primo livello diagnostico, permettendo una corretta valutazione della sede e dell’architettura della malformazione.
L’esame angiografico è fondamentale perché essendo “dinamico” permette di conoscere il flusso, valutare gli scarichi venosi e preventivare un trattamento endovascolare di embolizzazione.

Trattamenti

Il trattamento delle MAV è spesso multidisciplinare: endovascolare, neurochirurgico e radiochirurgico. Il tipo di trattamento dipende dalla sede, dalle dimensioni della MAV, dalla sintomatologia e dall’età del paziente.

Il trattamento microchirurgico consiste nell’isolare il nidus (il gomitolo di vasi anomali) chiudendo le afferenze a partenza dai vasi normali. La progressiva riduzione di sangue determina un lento “spegnimento” della MAV. Una volta circoscritto il nidus si chiudono le vene di scarico e si asporta la lesione. Bisogna sottolineare che all’interno della MAV non si trova tessuto cerebrale “funzionante”. Il trattamento microchirurgico si avvale delle più moderne tecniche di monitoraggio elettrofisiologico e di neuro navigazione che permettono una significativa riduzione della morbidità soprattutto in zone eloquenti (regioni motorie, della parola etc).

Il trattamento endovascolare di embolizzazione consiste nel passare con un catetere a livello inguinale, attraverso l’arteria femorale, fino a raggiungere gli apporti arteriosi della MAV. Si iniettano materiali in grado di ottenere una riduzione progressiva del flusso in rapporto al “planning multidisciplinare”. Il trattamento può essere mirato a una embolizzazione pre-chirurgia o pre-radiochirurgia. Solo in MAV piccole è possibile ottenere una completa chiusura della MAV con il solo trattamento endovascolare.

Il trattamento radiochirurgico: si tratta di raggi x o gamma che, tramite collimatori, raggiungono una “precisione chirurgica”. Previa angiografia cerebrale si esegue un piano di trattamento (in una singola seduta o in più sedute) che mira a chiudere nel tempo le afferenze arteriose e il nidus creando una “iperplasia” (un ispessimento progressivo della parete del vaso fino alla sua completa chiusura).
Per la radiochirurgia esiste un limite di volume della MAV. Se superiori a 3 cm hanno un alto rischio di recidiva. Per una completa obliterazione della MAV sono necessari fino a due anni, quindi nel frattempo il rischio di sanguinamento rimane invariato. Esiste anche un rischio di radio necrosi (effetti secondari dei raggi a livello del tessuto sano cerebrale) che risulta dose dipendente.

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Emorragia subaracnoidea: cause, sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma EMORRAGIA SUBARACNOIDEA CAUSE SINTOMI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgL’emorragia subaracnoidea (anche abbreviata ESA e chiamata subarachnoid hemorrhage in inglese) è un’emorragia – ovvero una fuoriuscita più o meno copiosa di sangue da un vaso leso – che si produce all’interno dello spazio subaracnoideo (lo spazio tra le meningi in cui scorrono le arterie cerebrali). Tra le cause più frequenti all’origine di questo tipo di emorragia ci sono aneurismi intracranici, malformazioni artero-venose (MAV), angiomi cavernosi, neoplasie, traumatismi.

Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus cerebrale, leggete immediatamente questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare

Quali sono le cause dell’emorragia subaracnoidea?

Tra le cause più frequenti all’origine di questo tipo di emorragia ci sono gli aneurismi intracranici (responsabili dell’80% di questo tipo di emorragia); il 5% dei casi è invece dovuto a malformazioni artero-venose (MAV), nel restante 15% dei casi trovano spazio altre cause, come i traumi cerebrali e le neoplasie cerebrali.

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Quali sono i sintomi dell’emorragia subaracnoidea?

In caso di emorragia subaracnoidea il quadro clinico può essere di gravità variabile, a seconda dell’entità del sanguinamento. Nei casi meno gravi può essere caratterizzato dal solo mal di testa che insorge improvvisamente e in modo violento (descritto come un mal di testa “diverso” mai avuto prima, spesso ad insorgenza nucale), mentre nei casi più severi può comportare intolleranza alla luce (fotofobia), nausea e/o vomito, comparsa di importanti deficit neurologici, fino a portare al coma. Infine in alcuni casi l’emorragia subaracnoidea può determinare morte improvvisa. Il 50% di tutte le emorragie sub aracnoidee andrà incontro a morte o gravi/medi deficit neurologici permanenti.

Prevenzione

Ad oggi, purtroppo, non sono noti procedure o comportamenti in grado di prevenire lo sviluppo dell’emorragia subaracnoidea se non il controllo della pressione in noti aneurismi non rotti.

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Diagnosi

È di fondamentale importanza avere il sospetto dell’emorragia subaracnoidea. La diagnosi di emorragia subaracnoidea viene effettuata mediante TAC encefalo (tomografia assiale computerizzata) che mostra il sangue a livello degli spazi subaracnoidei. Nei centri specializzati, una volta evidenziata l’emorragia subaracnoidea, si effetua una AngioTAC encefalo che prevede il mezzo di contrasto e permette una visualizzazione della causa del sanguinamento nella maggior parte dei casi.
Se anche l’AngioTAC è negativa viene eseguita l’angiografia cerebrale. Attraverso l’arteria femorale si raggiungono le carotidi dove viene iniettato il mezzo di contrasto che permette il riscontro di eventuali malformazioni.
In caso di TAC negativa, ma con una sintomatologia clinica fortemente sospetta e convincente, si può effettuare una puntura lombare per evidenziare la presenza di sangue nel liquido cerebro-spinale.

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Trattamenti

Il trattamento endovascolare non è un’alternativa a quello microchirurgico, ma una scelta di intervento vera e propria. Alcuni aneurismi infatti hanno un’indicazione alla chirurgia, altri al trattamento endovascolare. Sarà il team a valutare in base a ciascun caso il trattamento d’elezione. Il trattamento microchirurgico consiste nell’escludere la sacca aneurismatica mediante il posizionamento di una o più “clip” (piccole mollette) a livello del colletto della malformazione. Viene eseguito con l’ausilio delle più moderne tecnologie:

  • Microscopio operatorio
  • Fluoroangiografia intraoperatoria
  • Monitoraggio Neurofisiologico intraoperatorio
  • Endoscopia 3D
  • Microdoppler intraoperatorio

I rischi sono contenuti ricordando che i vasi cerebrali sono appoggiati sulla superficiedell’encefalo e non dentro, quindi l’intervento microchirurgico agisce sulla superficie senza superare il tessuto cerebrale. Fondamentale è l’uso dei monitoraggi intraoperatori per la valutazione motoria e sensitiva del paziente durante il corso del trattamento.
Il trattamento endovascolare è una normale procedura, angiografia cerebrale, che consiste nel raggiungere i vasi cerebrali attraverso l’arteria femorale e nel riempire la sacca aneurismatica con piccoli filamenti in titanio, o posizionando stent (piccoli cilindri di materiali malleabili) che escludono l’aneurisma dall’area cerebrale.
I rischi sono correlati alla possibilità di avere eventi ischemici transitori o permanenti(più alti nello stent che nelle spirali) e nella possibile rottura dell’aneruisma intraprocedurale.
I risultati del trattamento endovascolare possono non essere definitivi e necessitano di follow up seriati negli anni.

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Emorragia cerebrale: cause, sintomi premonitori, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS SANGUE EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA MORTE COMA PROFONDO STATO VEGETATIVODECUBITO RECUPERO SUBARACNOIDEA PARALISI.jpgL’emorragia cerebrale (in inglese conosciuta come intracranial hemorrhage, intracranial bleed o ICH), corrisponde ad una fuoriuscita più o meno abbondante di sangue da un vaso arterioso o venoso, spesso sclerotico, dell’encefalo. Solitamente risulta associata a ipertensione ed aneurisma. L’emorragia cerebrale è caratterizzata dalla comparsa acuta di deficit neurologici dovuti alla rottura di un vaso arterioso cerebrale e al conseguente stravaso di sangue all’interno del cervello stesso.

Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus o emorragia cerebrale, leggete immediatamente questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare

Fattori di rischio e cause di emorragia cerebrale

La causa principale di emorragia cerebrale è l’ipertensione arteriosa, responsabile in modo diretto o indiretto di quasi il 70% dei casi. Elevati valori pressori cronici sono responsabili di importanti modificazioni strutturali a carico delle pareti delle arteriole cerebrali che possono predisporle alla rottura. Un’altra causa all’origine delle emorragie cerebrali è attribuita alla deposizione di sostanza amiloide all’interno delle pareti vasali (angiopatia amiloide). Altre cause e fattori di rischio di sanguinamento cerebrale sono:

  • traumi cerebrali (ad esempio da incidenti stradali o sportivi);
  • malformazioni vascolari (come gli aneurismi e le malformazioni artero-venose);
  • coagulopatie;
  • neoplasie;
  • alcuni farmaci (come gli anticoagulanti);
  • patologie delle pareti dei vasi sanguigni;
  • dieta sbilanciata ricca di grassi e sale;
  • ipercolesterolemia;
  • sovrappeso e obesità;
  • fumo di sigaretta;
  • precedenti eventi ischemici;
  • uso cronico di sostanze stupefacenti;
  • stress psicofisici prolungati;
  • famigliarità.

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Sintomi di emorragia cerebrale

I sintomi di norma compaiono all’improvviso e possono evolvere anche molto rapidamente. I “sintomi premonitori” possono non essere presenti o, in caso contrario, essere aspecifici, come mal di testa, stato di malessere generale e stanchezza: il paziente tende quindi a sottostimarli. Durante l’emorragia il paziente può presentare uno dei seguenti segni e sintomi:

  • cefalea intensa ed improvvisa (descritta spesso come un colpo di pugnale alla testa);
  • vomito;
  • nausea;
  • astenia (stanchezza);
  • facile affaticabilita;
  • letargia;
  • sudorazione elevata;
  • compromissione del controllo degli sfinteri;
  • emiparesi o emiplegia;
  • disturbi del linguaggio (disartria o afasia);
  • disturbi della sensibilità (ad esempio visione offuscata);
  • disturbi della coordinazione;
  • compromissione parziale dello stato di coscienza;
  • sincope (perdita della coscienza associata all’incapacità di mantenere la posizione eretta: il paziente tende a cadere).

Il decorso poi può essere complicato da:

  • tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
  • tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
  • irregolarità respiratorie;
  • crisi comiziali (epilessia);
  • instabilità o aumento della pressione arteriosa;
  • anomalie della temperatura corporea che peggiorano la prognosi del paziente.

Ai danni diretti provocati dalla mancata perfusione ematica, si associano i danni provocati da dalla comparsa di ematoma ed edema cerebrale che, per compressione in una regione inestensibile com’è il cranio, determinano un peggioramento del quadro neurologico fino al coma. Per approfondire leggi: Pressione intracranica e pressione di perfusione cerebrale

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Prevenzione dell’emorragia cerebrale

Ad oggi purtroppo non sono note procedure dirette in grado di evitare lo sviluppo dell’emorragia cerebrale, tuttavia, essendo tale patologia favorita da un numero elevato di fattori di rischio, si può prevenire efficacemente intervenendo su tutti quei fattori di rischio modificabili che ne aumentano il rischio, ad esempio:

  • mantenere la pressione arteriosa entro limiti accettabili;
  • curare l’eventuale ipertensione arteriosa con farmaci antipertensivi;
  • evitare una dieta sbilanciata ricca di grassi, seguire invece una dieta normocalorica ricca di frutta e verdura;
  • idratarsi bevendo adeguate quantità di acqua;
  • se si è sovrappeso o obesi, mettere in pratica comportamenti per perdere peso, ad esempio seguire una dieta ipocalorica e fare attività fisica;
  • prevenire l’ipercolesterolemia con una alimentazione adeguata e curarla con farmaci adeguati;
  • evitare stress psicofisici prolungati;
  • evitare fumo di sigaretta, alcolici e sostanze stupefacenti;
  • prevenire traumi cerebrali stradali e sportivi grazie a specifiche precauzioni;
  • diagnosticare precocemente malformazioni vascolari a rischio (aneurismi e malformazioni artero-venose);
  • curare in modo adeguato eventuali coagulopatie o patologie delle pareti dei vasi sanguigni;
  • fare attenzione al dosaggio dei farmaci anticoagulanti.

Tutti questi comportamenti sono ancor più raccomandati in quegli individui che hanno famigliarità con la patologia, ad esempio genitori e fratelli che hanno avuto ictus cerebrale o altri eventi ischemici come l’infarto del miocardio, oppure nei pazienti che hanno avuto precedenti episodi ischemico-emorragici.

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Diagnosi di emorragia cerebrale

Per la diagnosi di emorragia cerebrale, oltre ad anamnesi ed esame obiettivo, il medico usa generalmente i seguenti esami diagnostici per immagini:

  • tomografia computerizzata (TCTAC) cerebrale con o senza mezzo di contrasto, che permette di visualizzare il sanguinamento e permette la diagnosi differenziale nei confronti di un ictus ischemico;
  • risonanza magnetica dell’encefalo, con gadolinio come mezzo di contrasto: viene utilizzata per escludere la presenza di malformazioni sottostanti, pregresse emorragie e microsanguinamenti (che possono suggerire la presenza di angiopatia amiloide);
  • lo studio angiografico con angio-TC, angio-RM permette infine di evidenziare eventuali malformazioni vascolari;
  • esami ematici eseguiti su sangue venoso ed arterioso.

Trattamenti dell’emorragia cerebrale

Il primo obiettivo del personale medico, di fronte ad un paziente con emorragia cerebrale, è salvaguardare le sue funzioni vitali: ad esempio ventilazione meccanica e nutrizione enterale o parenterale. In alcuni casi è necessario un tempestivo intervento chirurgico che ha l’obiettivo di impedire ulteriore sanguinamento e ridurre l’ematoma. Nei pazienti per i quali non è necessario l’intervento chirurgico è fondamentale un attento e continuo monitoraggio dello stato neurologico e dei parametri vitali: particolare attenzione deve essere rivolta al controllo dell’ipertensione arteriosa, dal momento che un picco pressorio potrebbe peggiorare nettamente la situazione. In caso di importante edema cerebrale può essere richiesta la somministrazione di diuretici osmotici. In caso di emorragia cerebrale in concomitanza con una terapia anticoagulante si fa solitamente uso di preparati in grado di ripristinare rapidamente la normale coagulazione del sangue (vitamina K, protamina, concentrati piastrinici).

Dopo una emorragia cerebrale

Gli esiti di una emorragia cerebrale sono estremamente vari in base a molti fattori, tra i quali:

  • gravità dell’emorragia;
  • tempi di intervento del personale sanitario;
  • età del paziente (gli anziani recuperano con più difficoltà);
  • stato di salute generale del paziente (la presenza di ipertensione, obesità, infezioni estese, diabete peggiorano la prognosi).

In base a questi ed altri fattori, il paziente colpito da emorragia cerebrale può tornare ad una vita del tutto normale o, più spesso, avere lesioni cerebrali che determinano danni permanenti relativamente al comparto motorio e/o sensitivo (ad esempio difficoltà a parlare e/o a muoversi) che solo in parte possono migliorare grazie ad adeguato intervento fisioterapico. Nei casi più gravi il paziente può entrare in uno stato di coma che generalmente dura circa uno/due mesi e successivamente evolve nel suo decesso, oppure in uno stato vegetativo o di minima coscienza che hanno durata estremamente variabile. A tal proposito, leggi:

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Sinapsi chimica ed elettrica: cosa sono ed a che servono?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SINAPSI CHIMICA ELETTRICA COSO SONO SERV Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.gif

Una sinapsi chimica

La sinapsi (synapse in lingua inglese) è una struttura altamente specializzata che consente la comunicazione dei neuroni tra loro con altri tipi di cellule. Attraverso la trasmissione sinaptica, l’impulso nervoso (potenziale d’azione) può viaggiare da un neurone all’altro o da un neurone ad una fibra p. es. muscolare (giunzione neuromuscolare). La sinapsicazione può essere di vario tipo, si possono distinguere:

  • sinapsi asso-dendritiche in cui l’assone di un neurone contatta l’albero dendritico di un altro neurone;
  • sinapsi asso-assoniche in cui due assoni sono a contatto;
  • sinapsi asso-somatiche, che si stabiliscono tra l’assone di un neurone e il corpo cellulare (soma) di un secondo neurone;
  • autosinapsi: l’assone di un neurone forma una sinapsi con il dendrite o il soma dello stesso neurone.

Dal punto di vista funzionale, esistono due tipi di sinapsi: le sinapsi elettriche e le sinapsi chimiche. Nell’uomo prevalgono le sinapsi di tipo chimico.

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Sinapsi elettrica
Nella sinapsi elettrica, una cellula stimolabile e un neurone sono tra loro connesse mediante una giunzione comunicante detta anche gap junction. Le giunzioni comunicanti consentono il rapporto tra cellule per passaggio diretto di correnti elettriche da una cellula all’altra, quindi non si verificano ritardi sinaptici. In genere le sinapsi elettriche, al contrario di quelle chimiche, consentono la conduzione in entrambe direzioni. Esistono sinapsi elettriche che conducono preferenzialmente in una direzione piuttosto che nell’altra: questa proprietà prende il nome di rettificazione. Le sinapsi elettriche sono particolarmente adatte per riflessi (dette anche azioni riflesse) in cui sia necessaria una rapida trasmissione tra cellule, ovvero quando sia richiesta una risposta sincronica da parte di un numero elevato di neuroni, come ad esempio nelle risposte di attacco o di fuga. Le particelle intermembranarie delle giunzioni comunicanti sono costituite da 6 subunità che circondano un canale centrale. Le 6 subunità sono disposte a esagono e formano una struttura chiamata “connessone”. Ciascuna subunità è formata da una singola proteina, la connessina. Attraverso i connessoni passano molecole, soluzioni idrosolubili e ioni il cui passaggio determina una corrente elettrica.

Sinapsi chimica
Una sinapsi chimica è formata da tre elementi: il terminale presinaptico, o bottone sinaptico, spazio sinaptico (detto anche fessura inter-sinaptica o vallo sinaptico) e membrana post-sinaptica. Il terminale presinaptico è una area specializzata, nell’assone del neurone presinaptico (il neurone portatore del messaggio), che contiene neurotrasmettitori incapsulati in piccole sfere chiamate vescicole sinaptiche. Il terminale presinaptico include la membrana pre-sinaptica dotata di canali per lo ione Ca2+ al passaggio del quale si crea un potenziale d’azione e le vescicole sinaptiche si fondono con la membrana, rilasciando il neurotrasmettitore nello spazio sinaptico. Qui il neurotrasmettitore entra in contatto con la membrana postsinaptica ove sono presenti specifici recettori o canali ionici. Il neurotrasmettitore in eccesso viene riassorbito nella membrana presinaptica (ricaptazione), o scisso in parti inerti da un apposito enzima. Tali parti possono poi essere riassorbite dalla membrana presinaptica permettendo, all’interno del terminale presinaptico, una resintesi del neurotrasmettitore.

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Mediatori chimici 

Monomeri

  • L’acetilcolina (Ach) è l’unico mediatore che agisce nella giunzione neuromuscolare, ma agisce anche nelle sinapsi del SNC e del SNP. Le sinapsi il cui mediatore è l’ACh sono dette colinergiche. L’acetilcolina viene distrutta dall’enzima acetilcolinesterasi (acetil-colina-esterasi).
  • Le monoammine sono mediatori che presentano il gruppo funzionale (–NH2). Dopamina (DA), noradrenalina (NA) e adrenalina sono caratterizzate dal catecolo, perciò sono dette catecolammine, e sono presenti nelle sinapsi di SNC e SNP. Il Parkinson è dovuto a una degenerazione dei neuroni dopaminergici. Sia l’adrenalina (detta anche epinefrina) sia la noradrenalina (norepinefrina) si ritrovano nel circolo sanguigno, agendo anche come ormoni. I neuroni che utilizzano le monoammine sono detti aminergici e le monoamine vengono distrutte dal complesso delle Monoaminossidasi (MAO). La serotonina o 5-idrossitriptamina deriva dal triptofano ed è utilizzata in alcune regioni del SNC come quella ippocampica.
  • Amminoacidi come Glutammato, glicina e acido γ-idrossibutirrico o GABA (che deriva dal glutammato per perdita di COOH). Glicina e GABA sono inibitori a livello delle sinapsi del SNC, si legano sempre a una classe di recettori che provoca effetti inibitori.

Polimeri
I Peptidi neuroattivi sono polimeri di un numero limitato di amminoacidi (da 7 a 33-34). Questi peptidi neuroattivi sono sintetizzati all’interno del soma (a differenza dei monomeri di minute dimensioni). Questi sono trasportati lungo l’assone fino al bottone sinaptico. Alcuni sono prodotti nelle cellule nervose, altri in altre cellule. Il peptide inibitore gastrico è prodotto da una parte delle cellule intestinali, funziona come ormone ma ha anche funzione neuroattiva. Ogni neurone può produrre una classe di mediatori a piccola molecola (liberati anche solo con un potenziale d’azione) e uno o più peptidi neuroattivi (liberati dopo più potenziali d’azione a elevata frequenza).

Neurotrasmettitori

Sono più di cinquanta le sostanze chimiche di cui è stata dimostrata la funzione di neurotrasmettitore a livello sinaptico. Ci sono due gruppi di trasmettitori sinaptici:

  • trasmettitori a basso peso molecolare e a rapida azione;
  • neuropeptidi di dimensioni maggiori e ad azione più lenta.

Il primo gruppo è composto da trasmettitori responsabili della maggior parte delle risposte immediate del sistema nervoso, come la trasmissione di segnali sensoriali al cervello e di comandi motori ai muscoli. I neuropeptidi sono, invece, implicati negli effetti più prolungati, come le modificazioni a lungo termine del numero di recettori e la chiusura o l’apertura prolungata di alcuni canali ionici.
I neurotrasmettitori a basso peso molecolare vengono sintetizzati nel citosol della terminazione presinaptica e, successivamente, mediante trasporto attivo, sono assorbiti all’interno delle numerose vescicole presenti nel terminale sinaptico. Quando un segnale giunge al terminale sinaptico, poche vescicole alla volta liberano il loro neurotrasmettitore nella fessura sinaptica. Tale processo avviene in genere nell’arco di un millisecondo.
I neuropeptidi, invece, vengono sintetizzati come parti di grosse molecole proteiche dai ribosomi del soma neuronale. Tali proteine sono subito trasportate all’interno del reticolo endoplasmatico e quindi all’interno dell’apparato del Golgi, dove avvengono due cambiamenti. Dapprima, la proteina da cui originerà il neuropeptide viene scissa enzimaticamente in frammenti più piccoli, alcuni dei quali costituiscono il neuropeptide come tale oppure un suo precursore; successivamente, l’apparato di Golgi impacchetta il neuropeptide in piccole vescicole che gemmano da esso. Grazie al flusso assonale le vescicole sono trasportate alle estremità delle terminazioni nervose, pronte per essere liberate nel terminale nervoso all’arrivo di un potenziale d’azione. In genere i neuropeptidi vengono liberati in quantità molto minori rispetto ai neurotrasmettitori a basso peso molecolare, ma ciò è compensato dal fatto che i neuropeptidi sono assai più potenti.

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Differenza tra trombo e placca aterosclerotica

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TROMBO PLACCA ATEROSCLEROTICA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgMentre l’ateroma (placca aterosclerotica) è un processo graduale, che inizia col deposito di grassi (lipidi, colesterolo) nella parete di un’arteria e porta ad aterosclerosi, la trombosi è l’occlusione solitamente improvvisa di un vaso per una placca che si è rotta, o per dei detriti che si sono spostati da un punto all’altro del torrente circolatorio. La placca aterosclerotica dopo vari gradi di infiammazione e fibrosi (indurimento) si può rompere e generare una trombosi, inoltre il trombo può spezzarsi e determinare la formazione di un embolo.
Una trombosi è un evento improvviso che può essere dovuto a tantissime cause legate alla circolazione e può determinare una patologia acuta, invece la formazione di una placca è un processo patologico molto più graduale, che non necessariamente blocca completamente il vaso.

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Differenza tra trombosi arteriosa e venosa profonda e superficiale

MEDICINA ONLINE TROMBOSI VENOSA PROFONDA FLEBOTROMBOSI FLEBOTROMBOSI FLUSSO SANGUE SANGUIGNO TROMBO EMBOLO ARTI INFERIORI GAMBE COSCIA SAFENA EMBOLIA POLMONARE MORTELa trombosi è un processo patologico che consiste nella formazione di trombi all’interno dei vasi sanguigni, che ostacolano o impediscono la normale circolazione del sangue. La differenza tra trombosi arteriosa e venosa consiste nel tipo di vaso coinvolto. Le trombosi venose o flebotrombosi, associate spesso a varici, sono più frequenti e si localizzano maggiormente negli arti inferiori; si distinguono in trombosi venosa profonda (TVP) e superficiale. Per quanto riguarda le lesioni arteriose, i trombi possono essere in relazione all’aterosclerosi.

Ecco una sintetica classificazione delle trombosi più comuni:

Trombosi venose

      • Flebotrombosi;
      • Trombosi venosa profonda;
      • Tromboflebite;
      • Sindrome della classe economica;
      • Sindrome di Paget-von Schroetter.

Trombosi arteriose

Trombosi ascendente dell’aorta addominale: si ha quando una placca aterosclerotica interessa cronicamente il carrefour aortico, oppure le arterie iliache comuni. Mentre circoli collaterali sostengono il flusso all’arto, evitando di dare una sintomatologia importante, a monte della stenosi aterosclerotica si ha flusso turbolento e stasi ematica che causano trombosi. Quest’ultima sale sia “capillarmente”, cioè arrampicandosi lungo le pareti dell’aorta, sia “orizzontalmente” con strati che si sovrappongono. Ciò comporta:

      1. Sindrome di Leriche, caratterizzata da assenza dei polsi su entrambi gli arti, claudicatio glutea ed impotenza nel maschio.
      2. Quando la trombosi arriva alla arteria mesenterica inferiore e la blocca, vengono compromessi i circoli collaterali che la stessa arteria mesenterica inferiore rifornisce.
      3. Salendo blocca anche le arterie lombari con conseguente ischemia midollare e paraplegia.
      4. Può arrivare alle arterie renali dando insufficienza renale acuta.

Trombosi sistemiche

  • Trombocitopenia indotta da eparina;
  • Phlegmasia coerulea dolens;
  • Sindrome da anticorpi antifosfolipidi.

Per approfondire:

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Differenza tra trombo, embolo, coagulo, embolia, trombosi, aterosclerosi, placca

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Un trombo nell’arteria carotide può determinare ictus cerebrale

Trombo, coagulo e trombosi

Con trombo (dal greco θρόμβος, che significa “grumo”) in medicina si identifica una massa costituita da fibrina con globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue all’interno di un sistema cardiovascolare non interrotto: questa caratteristica lo distingue dal coagulo, che invece si forma all’esterno del sistema cardiovascolare quando esso presenti un’interruzione, oppure all’interno di un sistema cardiovascolare dopo la morte dell’individuo. I trombi possono formarsi in qualsiasi punto del sistema cardiovascolare e sono sempre ancorati alla parete del vaso. La formazione di un trombo ha cause riconducibili essenzialmente a tre alterazioni predisponenti principali, descritte dalla cosiddetta triade di Virchow:

  • lesione dell’endotelio;
  • stasi venosa o turbolenza del flusso sanguigno;
  • ipercoagulabilità (trombofilia).

Quando un trombo, per svariate cause come ad esempio le turbolenze di flusso indotte dall’ipertensione arteriosa, si stacca dalla parete vasale, può determinare embolia.

Trombosi

La trombosi (dal greco θρόμβωσις, che significa “lesione da grumo”) è un processo patologico caratterizzato dalla formazione di uno o più trombi all’interno di uno o più vasi sanguigni. La trombosi ostacola del tutto o impediscono parzialmente la normale circolazione del sangue. Se un trombo è presente in una vena, si parla di trombosi venosa (ad esempio “trombosi venosa profonda degli arti inferiori“), se invece è sito all’interno di una arteria, si parla di trombosi arteriosa (ad esempio trombi nelle arterie coronarie, capaci di determinare infarto del miocardio, o trombi nelle arterie carotidi, capaci di determinare ictus cerebrale). Se la trombosi avviene all’interno del cuore, si parla di trombosi intracardiaca. La trombosi arteriosa e quella intracardiaca solitamente sono determinate da danni endoteliali, mentre la trombosi venosa è più frequentemente associata a stasi. Le trombosi venose o flebotrombosi, associate spesso a varici, sono più frequenti e si localizzano maggiormente negli arti inferiori; si distinguono in trombosi venosa profonda (TVP) e trombosi venosa superficiale (TVS). Per quanto riguarda le lesioni arteriose, i trombi possono essere in relazione all’aterosclerosi.

Per approfondire:

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Flusso sanguigno normale e flusso sanguigno alterato dall’aterosclerosi

Arteriosclerosi, aterosclerosi e placca aterosclerotica

Con arteriosclerosi in medicina si indica un indurimento tessutale (“sclerosi”), della parete arteriosa che compare con l’avanzare dell’età, come conseguenza dell’accumulo di tessuto connettivo fibroso a scapito della componente elastica.

L’aterosclerosi o aterosi è un tipo specifico di arteriosclerosi  caratterizzata da infiammazione cronica dell’intima (lo strato più interno delle arterie, in diretto contatto con il sangue) delle arterie di grande e medio calibro; infiammazione che è dovuta fondamentalmente, ma non solo, all’accumulo e alla ossidazione delle lipoproteine nella parete arteriosa e che produce un insieme dinamico di lesioni multifocali, la più tipica delle quali è la placca aterosclerotica. L’aterosclerosi è causata dal concorso di fattori molteplici, tra cui:

  • fattori genetici (familiarità),
  • fumo di sigaretta,
  • ipercolesterolemia,
  • sindrome metabolica,
  • diabete mellito,
  • ipertensione arteriosa,
  • sovrappeso ed obesità,
  • iperomocisteinemia,
  • vita sedentaria,
  • alcool,
  • agenti infettivi.

L’aterosclerosi è cronica e progressiva, si manifesta tipicamente nell’età adulta o avanzata, e può causare o favorire patologie cardiovascolari anche molto gravi e mortali, come l’infarto del miocardio, gli aneurismi, disturbi vascolari periferici (in particolare agli arti inferiori) ed ictus cerebrale.

Per approfondire:

Embolo

Con embolo in medicina ci si riferisce ad un corpo di varia natura (solida, liquida o gassosa) che viaggia all’interno del circolo sanguigno e capace di determinare l’occlusione di un vaso sanguifero (embolia) qualora incontri un vaso sanguigno che ha un diametro inferiore al proprio. In molti casi l’embolo origina dalla rottura di un trombo (“tromboembolo“) che si è formato nelle cavità cardiache oppure nei vasi sanguigni venosi degli arti inferiori. Quando un tromboembolo determina una embolia, si parla di “tromboembolia” (ad esempio “tromboembolia polmonare“). Gli emboli possono essere formati anche da cellule adipose, cellule neoplastiche, aria penetrata nelle vene in seguito a iniezione o a ferita e conglomerati infetti.

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La trombosi venosa profonda è un fattore di rischio per l’embolia

Embolia

L’embolia (o “embolismo“) è l’ostruzione di un’arteria o di una vena, causata da un corpo estraneo al normale flusso sanguigno, che viene denominato embolo di dimensioni tali da ostruire un vaso arterioso o venoso. Nei casi più gravi in cui essa interessi un’arteria, l’embolia può provocare la morte del soggetto colpito per ischemia cerebrale, polmonare o cardiaca (infarto del miocardio, ictus cerebrale…). L’embolia da coaguli ematici è il tipo più frequente di embolia ed è detta tromboembolia. In base al tipo di corpo estraneo coinvolto, si parla di:

  • embolia gassosa, quando l’embolo sia causato da una bolla di gas (ad esempio azoto). A tale tipo di embolia è particolarmente esposto chi pratica immersioni subacquee; infatti, nel caso in cui non vengano rispettati i tempi di decompressione, l’improvvisa variazione di pressione può portare alla formazione di bolle d’azoto nel circolo sanguigno. Analogamente, la stessa cosa può succedere nel caso di volo ad alta quota in una cabina non pressurizzata. In generale comunque, eccezion fatta per i casi succitati, l’embolia gassosa è un evento molto raro;
  • embolia lipidica (chiamata anche liquida, adiposa o grassosa o sindrome lipido-embolica), quando l’embolo è costituito da un ammasso di grasso. I lipidi infatti essendo idrofobici e quindi insolubuli nel sangue idrofilo si dispongono a formare una micella che può provocare l’ostruzione del vaso. Tale embolia si verifica specialmente come effetto collaterale anche tardivo nel caso di eventi traumatici alle ossa del bacino e agli arti inferiori;
  • embolia da liquido amniotico, nelle donne durante la gravidanza può accadere che del liquido amniotico venga spinto nel circolo sanguigno materno;
  • embolia da colesterolo, causata da placche aterosclerotiche all’interno di un vaso sanguigno;
  • embolia settica da grumi di germi solitamente frammisti a materiale di derivazione ematica o tissutale;
  • embolia tumorale;
  • tromboembolo, quando un trombo si stacca dalla parete del vaso che lo contiene e migra in altra regione del circolo potendo ostruire altri vasi in distretti più importanti. Le più frequenti embolie venose sono le embolie polmonari, quelle arteriose sono caratteristiche dell’ictus cerebrale.

Quindi trombosi ed embolia sono entrambe condizioni che determinano una riduzione di flusso (parziale o totale) causate rispettivamente da trombo e da embolo. Il trombo è “fermo” ed “attaccato” alla parete del vaso sanguigno, mentre l’embolo viaggia all’interno del circolo ematico, almeno finché non incontra un vaso sanguigno che ha un diametro inferiore al proprio: in questo caso l’embolo si può “bloccare” in quel punto. Quando l’embolo si forma dalla rottura di un trombo (l’evenienza più frequente), si parla di tromboembolo e tromboembolia.

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Trombo: cause, classificazione, trombosi venose, arteriose e sistemiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma TROMBO CAUSE CLASSIFICAZIONE VENOSE ARTERI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgIl trombo è una massa solida costituita da fibrina contenente piastrine, globuli rossi e bianchi, che si forma per coagulazione del sangue all’interno di un sistema cardiovascolare non interrotto: questa caratteristica lo distingue dal coagulo, che invece si forma all’esterno del sistema cardiovascolare quando esso presenti un’interruzione, oppure all’interno di un sistema cardiovascolare dopo la morte dell’individuo. I trombi possono formarsi in qualsiasi punto del sistema cardiovascolare e sono sempre ancorati alla parete del vaso.

La formazione di un trombo ha cause riconducibili essenzialmente a tre alterazioni predisponenti principali, descritte dalla cosiddetta triade di Virchow:

  • Lesione dell’endotelio (incluso qualsiasi tipo di disfunzione endoteliale). Questo è l’unico fattore della triade in grado di determinare completamente ed autonomamente una trombosi. Un danno alla superficie interna di un vaso provoca il rilascio, da parte delle cellule endoteliali, di varie sostanze, tra cui le endoteline (potenti vasocostrittori che agiscono nelle arteriole a livello della lesione) ed il fattore di von Willebrand (vWF), una proteina che permette l’adesione piastrinica mediando l’interazione tra le piastrine e la matrice extracellulare esposta, che è trombogenica. Per indurre la formazione di un trombo non è però necessario esclusivamente un danno fisico alle cellule endoteliali, sono sufficienti alterazioni delle loro attività pro- ed anti-trombotiche, come una maggiore produzione di fattori coagulanti o una diminuita produzione dei fattori anticoagulanti. L’ulcerazione di placche aterosclerotiche può esporre la matrice sottoendoteliale e causare inoltre stasi e turbolenza ematica.
  • Stasi venosa o turbolenza del flusso sanguigno. La turbolenza può essere causa di danno o disfunzione endoteliale, di flussi controcorrente, o di zone di stasi; la stasi sanguigna a sua volta rappresenta la causa più importante dei trombi. Stasi e turbolenza promuovono l’attivazione dell’endotelio in senso pro-coagulativo, portano le piastrine a contatto con l’endotelio, impediscono la rimozione e la diluizione dei fattori della coagulazione attivati nonché l’afflusso dei fattori che inibiscono la coagulazione.
  • Ipercoagulabilità (detta anche trombofilia). L’ipercoagulabilità è l’alterazione delle vie della coagulazione, ed è il fattore meno frequente nelle trombosi; può essere classificata in forme primarie (o genetiche), e forme secondarie (od acquisite).

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Caratteristiche e classificazione dei trombi

I trombi arteriosi o intracardiaci solitamente insorgono a causa di danni endoteliali; quelli venosi invece per stasi.

A seconda della sede e delle circostanze del loro sviluppo, i trombi assumono caratteristiche differenti; essi vengono classificati in base a tre caratteristiche: la loro composizione (elementi corpuscolati e fibrina), le loro dimensioni e la loro sede. La caratteristica che accomuna tutti i tipi di trombi è che la loro direzione di accrescimento è sempre rivolta verso il cuore: nel caso dei trombi venosi, la distribuzione dei fattori protrombotici avviene lentamente ed omogeneamente lungo tutto il corpo del trombo permettendo una crescita in direzione del cuore; nel caso dei trombi arteriosi, l’impetuosità del flusso permette l’azione dei fattori protrombotici solo alla cima del trombo, cioè nella parte che per prima viene a contatto col flusso.

In base alla composizione si distinguono tre tipi di trombi, dovuti ai diversi effetti possibili della velocità del flusso ematico e della rapidità della coagulazione:

      • Trombi bianchi: formati da piastrine, fibrina e pochi globuli rossi e pochi globuli bianchi; sono peculiari delle arterie, dove il flusso veloce non permette di catturare globuli rossi;
      • Trombi rossi o “da stasi”: formati da piastrine, fibrina e molti globuli rossi e molti globuli bianchi; sono peculiari delle vene, per la lentezza del flusso;
      • Trombi variegati: presentano zone chiare e zone rosse alternate (strie di Zahn), a causa di un lento processo di aggregazione piastrinica che ha intrappolato alcuni globuli rossi nei momenti di bassa velocità del flusso ematico (condizione che si verifica, ad esempio, dopo ogni contrazione a livello del cuore e del primo tratto dell’aorta).

In base alle dimensioni si distinguono in trombi:

      • ostruttivi: che occludono l’intero lume del vaso;
      • parietali: che non occludono tutto il vaso;
      • a cavaliere: situati sullo sprone di una biforcazione.

Infine i trombi si possono ancora suddividere per sede:

      • arteriosi: sono quelli che causano gli infarti; si formano in particolare nelle coronarie, nelle arterie cerebrali e in quelle degli arti inferiori;
      • venosi: sempre occlusivi, si formano in sede di dilatazione del vaso (varici) o di ulcere; si formano per il 90% negli arti inferiori ma possono interessare anche gli arti superiori, la prostata, le vene ovariche ed uterine;
      • intracardiaci: localizzati in particolare negli atri
      • aneurismatici: localizzati nel falso lume di aneurismi arteriosi.

Sono inoltre detti trombi murali quelli formatisi nelle cavità cardiache o nell’aorta.

Classificazione delle trombosi

Trombosi venose

      • Flebotrombosi
      • Trombosi venosa profonda
      • Tromboflebite
      • Sindrome della classe economica
      • Sindrome di Paget-von Schroetter

Trombosi arteriose

      • Trombosi ascendente dell’aorta addominale: si ha quando una placca aterosclerotica interessa cronicamente il carrefour aortico, oppure le arterie iliache comuni. Mentre circoli collaterali sostengono il flusso all’arto, evitando di dare una sintomatologia importante, a monte della stenosi aterosclerotica si ha flusso turbolento e stasi ematica che causano trombosi. Quest’ultima sale sia “capillarmente”, cioè arrampicandosi lungo le pareti dell’aorta, sia “orizzontalmente” con strati che si sovrappongono. Ciò comporta:
      1. Sindrome di Leriche, caratterizzata da assenza dei polsi su entrambi gli arti, claudicatio glutea ed impotenza nel maschio.
      2. Quando la trombosi arriva alla arteria mesenterica inferiore e la blocca, vengono compromessi i circoli collaterali che la stessa arteria mesenterica inferiore rifornisce.
      3. Salendo blocca anche le arterie lombari con conseguente ischemia midollare e paraplegia.
      4. Può arrivare alle arterie renali dando insufficienza renale acuta.

Trombosi sistemiche

  • Trombocitopenia indotta da eparina
  • Phlegmasia coerulea dolens
  • Sindrome da anticorpi antifosfolipidi

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