Le funzioni cognitive sono l’insieme di caratteristiche e processi consci ed inconsci che permettono all’essere umano di identificare, elaborare, memorizzare, richiamare, usare e comunicare informazioni. Esempi di funzioni cognitive sono la percezione, la memoria, il riconoscimento, l’attenzione, le funzioni prassiche, la comprensione e l’elaborazione del linguaggio, le funzioni esecutive. In questo articolo ci occuperemo in particolare della memoria e delle sue alterazioni.
La memoria: funzioni e classificazione
La memoria è la funzione cognitiva che permette all’uomo di conservare e in seguito riprodurre le informazioni acquisite durante la propria vita e che gli consente di riconoscere e localizzare nel tempo e nello spazio le esperienze vissute. La memoria è ciò che ad esempio ci permette di svolgere un esame universitario dopo che siamo stati mesi a studiare ed a memorizzare le informazioni acquisite, che ci permette di ricordarci il giorno del nostro matrimonio e dei nomi dei nostri genitori, che ci permette di diventare anno dopo anno sempre più bravi nello svolgimento di un lavoro grazie all’esperienza acquisita.
La scomposizione schematica classica del processo mnesico evidenzia tre funzioni
fondamentali: la funzione di codifica, di immagazzinamento e di rievocazione, tutta necessarie per un corretto funzionamento mnemonico:
- funzione di codifica o fissazione: è la capacità di aggiungere nuovo materiale al contenuto della memoria e di elaborare le informazioni ricevute;
- funzione di immagazzinamento o ritenzione: consente la fissazione dei dati codificati e il loro mantenimento attivo per tutto il tempo intercorrente dall’acquisizione. Ciò permette che tali dati potranno essere in seguito riportati alla coscienza;
- funzione di rievocazione o recupero: permette il richiamo delle informazioni immagazzinate, in risposta a qualche sollecitazione. La rievocazione può essere
- spontanea: insorge grazie a nessi logici o associazioni,
- volontaria: insorge grazie a specifici richiami volontari (in questo caso verranno recuperati solo i ricordi che coscientemente si vogliono rievocare e non quelli rimossi).
Esistono due categorie principali di memoria, che si diversificano per la durata dell’immagazzinamento delle informazioni, la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine:
- memoria a breve termine, anche chiamata memoria primaria o attiva: è capace di conservare una piccola quantità di informazioni (tra le 5 e le 9) per una durata di 20 secondi circa. Attualmente la memoria a breve termine viene anche definita working memory o memoria di lavoro: questa funzione della memoria, infatti, ci permette di lavorare con determinate informazioni tenute altamente attive e che, se non vengono memorizzate in modo meno volatile, sono destinate ad andare perse dopo poche decine di secondi (per esempio, memorizzare numeri per poter fare i calcoli, comprendere la lingua parlata e scritta). La memoria a breve termine immagazzina le informazioni per un breve periodo di tempo, servendo come spazio di lavoro, ma svolge un ulteriore compito: opera come stazione di transito per i dati da trasferire nella memoria a lungo termine. Le informazioni acquisite sostano in questa categoria di memoria prima di essere codificate e passare alla memoria a lungo termine;
- memoria a lungo termine: è definibile come la “memoria del passato”, perché si occupa dell’informazione che non è in corso d’elaborazione. Essa conserva i nostri ricordi e possiamo attingervi per riportarli alla coscienza quando è necessario.
La memoria a lungo termine è generalmente divisa in due grandi categorie: la memoria dichiarativa e la memoria procedurale.
- memoria dichiarativa o esplicita: riguarda tutte le conoscenze esplicite (esprimibili a parole) che si hanno sul mondo, variando dalle più banali informazioni necessarie per la vita quotidiana (sapere dove abitiamo, dove abbiamo parcheggiato), alle più complesse conoscenze (fatti storici, tematiche scientifiche). In particolare, la memoria dichiarativa a sua volta può essere suddivisa in altre sottocategorie, tra cui:
- memoria semantica: riguarda il patrimonio culturale e le conoscenze scolastiche;
- memoria episodica: come suggerisce il nome, riguarda specifiche circostanze della vita del soggetto (ricordi dell’infanzia, eventi importanti);
- memoria prospettica: è quella parte di memoria che non riguarda eventi passati, ma eventi futuri (per esempio «ho appuntamento dal medico giovedì» o «tra dieci giorni devo pagare l’affitto»);
- memoria procedurale o implicita: non è la “memoria di qualcosa” ma è la “memoria che riguarda il fare qualcosa”. Essa contiene infatti le informazionì, le abilità e le capacità apprese per compiere un’azione come l’andare in bicicletta, nuotare o guidare e consente di svolgere il compito automaticamente. A differenza degli altri tipi di funzione mnesica, la memoria procedurale, organizza e mantiene le sue informazioni come sequenze automatiche di atti per cui basta rievocare la parte iniziale della sequenza perché in modo automatico ne consegua la rievocazione in sequenza di tutto il resto della serie. Ciò rende la rievocazione molto efficiente e rapida. Immaginate quale differenza di rendimento noi osserviamo nell’eseguire un atto ormai iperappreso come allacciarsi le scarpe, se invece di farlo automaticamente volessimo pensare prima a ricomporre la sequenza di azioni e poi sovraintendere intenzionalmente alla loro esecuzione.
Al contrario di quella a breve termine, la durata della memoria a lungo termine copre la maggior parte della vita – salvo l’insorgenza di determinati tipi di malattie, come alcune amnesie ed Alzheimer – e può contenere una quantità elevatissima infinita di dati, probabilmente molta di più di quanto qualsiasi essere umano abbisogni per vivere bene. La quantità reale di possibile memoria non è certa ed è ancora oggetto di dibattito da parte dei ricercatori. Il passaggio solo di alcune esperienze vissute o di alcuni dati appresi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine dipende essenzialmente:
- dal significato che una data informazione ha per l’individuo;
- dall’elaborazione effettuata sull’informazione dall’individuo.
Una esperienza o informazione ritenuta importante per l’individuo, verrà ricordata certamente ben più a lungo (anche per tutta la vita) di un evento futile o una informazione di poco conto. Allo stesso tempo se si pone attenzione e concentrazione su alcune informazioni, ripetendole più volte e cercando di riportarle alla mente più volte – come avviene nello studio – queste hanno maggiore probabilità di essere trasferiti nella memoria a lungo termine. Tuttavia esiste una forma di memorizzazione, quella incidentale, che inserisce contenuti nella memoria a lungo termine pur senza l’intenzionalità del soggetto e senza nessuna sensazione di sforzo, anzi spesso il soggetto stesso nel momento che rievoca tali contenuti si rende conto di averli memorizzati senza volerlo.
Quale sia la differenza neurofisiologica tra le due memorie, quella a breve termine e quella a lungo termine, è tuttora oggetto di ricerche. Esperimenti effettuati di recente sugli animali hanno confermato la teoria che prevede due diverse fasi di modellamento delle sinapsi:
- la memoria a breve termine modifica in modo temporaneo l’attività sinaptica mediante l’utilizzo di proteine pre-esistenti,
- la memoria a lungo termine necessita dell’attivazione e della sintesi di proteine nuove, cambiando in modo stabile la quantità e la conformazione delle strutture sinaptiche (formazione di circuiti neuronali nuovi, che contengono l’informazione di lunga data).
Le basi neuro anatomiche
La memoria è organizzata da un sistema neuronale strutturato: il circuito di Papez, costituito da ippocampo, amigdala, nuclei anteriori del talamo, giro cingolato. Queste strutture sono implicate nel processo di codifica, immagazzinamento e ritenzione dei dati che provengono dalla corteccia associativa. Lesioni di queste aree impediscono la fissazione di tracce mnesiche e l’ordinata evocazione di ricordi. Per la memoria procedurale sono probabilmente implicate anche aree del corpo striato e del cervelletto: infatti, lesioni alle cortecce ippocampali possono compromettere selettivamente l’apprendimento di nuove nozioni lasciando intatta la capacità di apprendere nuovi compiti motori. Per approfondire: In quale parte del cervello risiede la tua memoria?
Le alterazioni della memoria
L’amnesia è una alterazione deficitaria della funzione mnesica e può essere essenzialmente di tre tipi:
- amnesia anterograda: è l’incapacità di registrare nuovi ricordi a partire dall’esordio del deficit mnesico. Il paziente ricorda tutto ciò che è successo prima della causa scatenante l’amnesia, ma è incapace di attuare per più di qualche minuto il processo di ritenzione di nuove informazioni;
- amnesia retrograda: corrisponde all’impossibilità di evocare i ricordi la cui formazione ha preceduto l’esordio dell’amnesia: il paziente non è in grado di rispondere a domande riguardanti fatti precedenti;
- amnesia lacunare: indica la mancanza totale di ricordi riferibili a un periodo specifico della vita del soggetto mentre l’amnesia globale è un deficit mnesico totale, generalmente associato alle demenze. Il paziente non è in grado di ricordare eventi lontani e contemporaneamente vi è l’impossibilità di fissare nuovi ricordi.
Un altro disturbo della memoria è infine la confabulazione, ovvero la rievocazione da parte di alcuni pazienti amnesici di falsi ricordi, esperienze immaginarie ed eventi mai accaduti in realtà che riempiono i vuoti del loro passato. Per approfondire:
- Differenza tra amnesia retrograda, anterograda, lacunare, globale
- Differenza tra amnesia transitoria, stabile e progressiva
- Amnesia dissociativa: sistematizzata, circoscritta, selettiva e altri tipi
I disturbi della memoria possono essere conseguenza di svariate condizioni mediche quali: malattia di Alzheimer, traumi cranici, ictus cerebrali ischemici o emorragici, demenze ed encefalopatie. Per approfondire:
Tra le encefalopatie che arrecano danno alle funzioni mnesiche merita di essere citata la sindrome di Korsakoff. Questa patologia si manifesta negli alcolisti cronici o in seguito a un’encefalopatia di Wernicke,
causata da una grave e prolungata carenza nutrizionale di vitamina B1 (tiamina, tipica del soggetto alcolista). In questa encefalopatia si assiste a un significativa atrofia dei corpi mammillari in associazione a lesioni nei nuclei talamici e della corteccia frontale.
I pazienti affetti hanno difficoltà di comprensione, disturbi attentivi, rallentamento motorio. Sono presenti gravi disturbi della memoria sia anterograda sia retrograda con episodi di confabulazione che conferiscono al quadro clinico un aspetto demenziale. Per approfondire:
- Encefalopatia di Wernicke: cause, sintomi, diagnosi e terapia
- Sindrome di Korsakoff e alcol: cause, sintomi, amnesia e cura
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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