Le funzioni cognitive sono l’insieme di caratteristiche e processi consci ed inconsci che permettono all’essere umano di identificare, elaborare, memorizzare, richiamare, usare e comunicare informazioni. Esempi di funzioni cognitive sono la percezione, la memoria, il riconoscimento, l’attenzione, le funzioni prassiche, la comprensione e l’elaborazione del linguaggio, le funzioni esecutive. In questo articolo ci occuperemo in particolare del linguaggio.
Il linguaggio
Il linguaggio è la funzione cognitiva che permette di comunicare ed esprimere informazioni ad altre persone per mezzo di segni di varia natura, in particolare di suoni articolati, organizzati in parole. Il linguaggio è certamente una delle capacità che più caratterizza il genere umano e che più gli ha permesso di progredire dal punto di vista sociale e scientifico. Tutti gli animali comunicano (anche in modi per noi tecnicamente impossibili, come l’emissione di ultrasuoni), ma il sistema fonatorio e la capacità di espressione dell’essere umano sono unici, soprattutto perché collegato intimamente al pensiero. Apparentemente solo l’uomo ha il potere di collegare il pensiero al discorso, permettendone la manifestazione, tramite le parole e la sintassi (Chomsky, 1965).
La comunicazione è possibile in quanto esiste una corrispondenza tra segno (parola, gesto, simbolo…) e oggetto designato, determinata da una regola (codice) condivisa tra l’emittente e il destinatario. L’uso del codice rende il linguaggio uno straordinario strumento che permette di dare un nome agli oggetti, di definire le relazioni, di descrivere l’azione che si osserva, di esprimere idee e concetti, a patto ovviamente che emittente e destinatario condividano lo stesso codice, necessario per decodificare i segnali in arrivo dall’interlocutore. Il linguaggio, grazie alla propria funzione simbolica, rende possibile sia la rappresentazione dell’oggetto anche in sua assenza, che la rappresentazione di una azione e relazione, anche al di là del momento in cui sono percepite.
Il linguaggio è strutturato su più livelli:
- fonemi;
- morfemi;
- sintagmi;
- frasi.
Il più basso livello del linguaggio è costituito dai fonemi che rappresentano l’unità sonora minima distintiva, indivisibile e astratta di un sistema linguistico. I fonemi sono l’insieme dei suoni elementari che l’apparato fonatorio dell’uomo è in grado di produrre. Ogni idioma è formato da un proprio insieme di fonemi; in italiano ve ne sono trenta, quaranta per l’inglese, dodici nell’hawaiano, più di cento in alcuni dialetti africani. La difficoltà di apprendere nuove lingue e parlarle correttamente è proprio dovuto alla diversità dei fonemi presenti. In giapponese, per esempio, i suoni che in italiano corrispondono a a/r/ e /li/ sono percepiti come lo stesso fonema.
Il livello successivo del linguaggio è rappresentato dai morfemi, la più piccola unità linguistica dotata di significato. Esistono parole (nomi, aggettivi, pronomi) che sono composte da un solo morfema, molto comuni in lingue come l’inglese o il cinese. Esistono poi i morfemi grammaticali: preposizioni, articoli, suffissi e prefissi che possono essere uniti fra di loro e formare parole di senso compiuto. La parola può essere costituita da un solo morfema o da una sequenza di morfemi legati tra loro e costituisce l’espressione orale o scritta di un concetto, la rappresentazione di un’idea nel presupposto di un riferimento convenzionale.
Le parole vengono unite fra loro per formare sintagmi, ovvero l’elemento principale e minimo della frase. La maggioranza delle frasi prodotte nella comunicazione umana consistono in un sintagma verbale e in un sintagma nominale, soggetto e verbo (per esempio, io mangio, Gianni dorme). Tuttavia la sola presenza di un sintagma verbale in italiano è sufficiente per individuare una frase. Non mancano inoltre frasi in cui il sintagma verbale è assente e in cui sono presenti solo sintagmi nominali (per esempio, Che fame!, davvero?, sì). Diversi sintagmi infine compongono una frase, il massimo segmento in cui può essere diviso il discorso umano.
Le basi neuroanatomiche del linguaggio
L’attività del linguaggio, dal punto di vista neurologico (e non otorinolaringoiatrico), comporta l’intervento di gran parte dell’encefalo, dagli apparati elementari del tronco agli elaborati collegamenti sinaptici della corteccia cerebrale. Un primo livello di organizzazione è costituito dalla sostanza reticolare ponto mesencefalica: lesioni alla calotta peduncolare possono causare uno stato di mutismo. Nell’uomo inoltre vi è lo sviluppo di un’ulteriore area, a livello della circonvoluzione frontale ascendente, deputata all’organizzazione e al controllo della vocalizzazione. Parallelamente alla vocalizzazione è fondamentale lo sviluppo della capacità di comprensione e ritenzione del messaggio udito. L’attività del linguaggio, infatti, si fonda a tutti i livelli su di una relazione stabilita tra l’espressione e la percezione: l’uomo percepisce il messaggio, organizza il pensiero e quindi lo esprime attraverso le parole.
Le principali aree corticali nelle quali si organizza la comprensione e l’elaborazione
del linguaggio sono: l’area 44 del Broca, l’area 22 di Wernicke, la zona di Heschl.
L’area di Broca, chiamata anche sistema anteriore, si trova nella zona postero-inferiore del lobo frontale e costituisce il più alto livello di controllo dell’attività verbale. La sua funzione è determinante per l’elaborazione semantica (permette di evitare perseverazioni verbali e imprecisioni fonetiche), rendendo possibile la produzione di un linguaggio fluente e la coerenza nel discorso.
L’area di Wemicke e la zona di Heschl (sistema posteriore) occupano rispettivamente la zona posteriore delle circonvoluzioni temporali superiori e medie e le circonvoluzioni sopramarginali e angolari del lobo parietale inferiore. Il sistema posteriore assicura la ritenzione immediata, la comprensione del messaggio uditivo e l’organizzazione della componente formale del linguaggio (Cambier, Masson, Deher, 2000). Tra il sistema
anteriore, la cui funzione è essenzialmente rivolta alla strategia della comunicazione e quello posteriore, con funzione percettiva, le relazioni sono incessanti e il ruolo delle aree associative corticali è decisivo.
Gli emisferi cerebrali non partecipano in egual misura alle attività appena descritte.
L’emisfero dominante (nella maggioranza della popolazione, quello sinistro) ha un ruolo fondamentale nella formulazione del linguaggio e tale dominanza è geneticamente programmata, così come lo è la preferenza per l’uso della mano destra. La dominanza di un emisfero ha il corrispettivo anatomico: fin dalla nascita vi è una superficie più estesa del planum temporale (ovvero quella regione temporo-superiore che circonda la zona di Heschl). L’osservazione di pazienti afasici dopo lesioni dell’emisfero dominante dimostra che l’emisfero contro-laterale è capace di decifrare il linguaggio scritto, comprende frasi brevi, ma non ha accesso alla facoltà espressiva.
Se il danno si verifica prima dei cinque anni di vita, l’emisfero destro che geneticamente ha una priorità inferiore di sviluppo delle sue potenziali funzioni di linguaggio, è capace di assicurare comunque lo sviluppo del linguaggio sostituendo così le funzioni dell’emisfero dominante, ma dopo questa età la lateralizzazione assume un carattere irreversibile e le lesioni hanno conseguenze irreparabili.
Prove a sostegno della lateralizzazione sinistra del linguaggio sono state effettuate già a partire dalla seconda metà del Novecento. Wada e Rassmussen (1960) hanno creato uno strumento per verificare in quale emisfero fosse localizzato il linguaggio del paziente da operare chirurgicamente per evitare i deficit conseguenti a operazioni chirurgiche (test di Wada). Il test è costituito dalla iniezione in una delle due carotidi di un anestetico o barbiturico (amitalso dico) che passa attraverso il sistema cerebrovascolare nel lato del cervello in cui è stato iniettato. Prima dell’iniezione il paziente deve cominciare a contare e se l’amital so dico viene iniettato nel lato della espressione della funzione del linguaggio, dopo poco il paziente smette di contare, indicando che quell’emisfero è quello specializzato per l’elaborazione del linguaggio. Dopo pochi secondi l’effetto scompare: in parole semplici il test di Wada produce gli stessi effetti di una lesione cerebrale reversibile. Anche lo studio di pazienti che dopo l’ictus sono diventati afasici conferma la specializzazione sinistra del linguaggio.
Il test dell’ascolto dicotico è un’ulteriore prova utilizzata per dimostrare la lateralizzazione del linguaggio: esso consiste nell’inviare simultaneamente un messaggio differente a ciascun orecchio ovvero a ciascun emisfero. L’emisfero sinistro è attivato elettivamente da ogni stimolazione che abbia il potenziale significato di un messaggio linguistico.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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