Funzioni cognitive: fasi del problem solving e decision making

MEDICINA ONLINE INTEGRATORE ALIMENTARE MIGLIORE MARCA CONSIGLIATA CIBO CERVELLO MASCHILE FEMMINILE ENCEFALO PSICOLOGIA AMORE PENSIERI OBIETTIVI PROBLEM SOLVING SOLUZIONE ITER MECCANISMI MEMORIA RAGIONAMENTOLe funzioni cognitive sono l’insieme di caratteristiche e processi consci ed inconsci che permettono all’essere umano di identificare, elaborare, memorizzare, richiamare, usare e comunicare informazioni. Esempi di funzioni cognitive sono la percezione, la memoria, il riconoscimento, l’attenzione, le funzioni prassiche, la comprensione e l’elaborazione del linguaggio, le funzioni esecutive. In questo articolo ci occuperemo in particolare del problem solving e del decision making, che fanno parte del “pensiero”. Ricordiamo che il “pensiero” è la facoltà cognitiva che permette di conoscere e comprendere gli aspetti generali e universali delle cose, senza dipendere immediatamente da esse e dagli aspetti isolati con cui ci appaiono. Il pensiero è l’attività che interpreta le percezioni, giudica, ragiona, elabora ricordi, coordina immagini, astrae, compara, desidera.

Le fasi del problem solving

Il processo di problem solving (soluzione di un problema) è un’attività del pensiero deputata ad analizzare, affrontare e risolvere positivamente situazioni problematiche. Esso rappresenta la strategia che l’organismo mette in atto per raggiungere una condizione desiderata a partire da una condizione data. Il processo di problem solving si suddivide in quattro fasi che si articolano in vari passaggi intrecciati fra loro.

FASE 1: Identificare il problema e l’obiettivo

  • Definizione dell’obiettivo.
  • Analisi degli ostacoli.
  • Divisione del problema in sotto-obiettivi.

FASE 2: Generare possibili soluzioni

  • Generazione delle idee (brain storming).
  • Trasformazione delle idee in soluzioni.

FASE 3: Scegliere, valutare e pianificare la soluzione

  • Valutazione di efficacia, fattibilità e conseguenze.
  • Scelta della soluzione.
  • Pianificazione (cosa, quando, come e con quali risorse).

FASE 4: Mettere in pratica

  • Esecuzione del piano.
  • Valutazione dei risultati.

Le quattro fasi sono consequenziali: seguirle nella loro progressione può essere utile a impostare correttamente il problema e a chiarire alcuni atteggiamenti o aspetti che ci confondono, impedendoci di trovare soluzioni. Non pensiamo però che il problem solving sia un processo rigidamente lineare. Al contrario, lo scopo del problem solving è proprio quello di integrazione e interazione tra le nostre conoscenze e le nostre risorse, sia quelle logiche o critiche, sia quelle creative per poter arrivare alla soluzione. Il primo passo deve consistere nell’identificazione dell’obiettivo e nell’analisi degli ostacoli al suo raggiungimento. In seguito è necessario lasciare la mente libera di maturare idee, immagini, collegamenti, prendendo nota di tutto ciò che ci passa per la testa senza criticarlo o analizzarlo (brain storming), poiché la creatività e l’intuizione sono gli elementi fondamentali per poter giungere alla soluzione. Solo dopo ci preoccuperemo di come le idee possono essere .effettivamente realizzate e di tutti i possibili limiti e difficoltà del progetto.

Decision making

La decisione è la scelta di intraprendere un’azione, tra più alternative considerate (opzioni) da parte di un individuo o di un gruppo (decisore). La pluralità di opzioni e la possibilità di scelta tra esse è un elemento essenziale della libertà: una scelta obbligata, in assenza di alternative, non è una decisione. Nel processo che porta alla decisione (detto, con un termine di origine inglese, decision making) si possono distinguere due momenti:

  • la prima fase è dedicata all’analisi delle diverse opzioni e alla valutazione dei pro e contro di ciascuna di esse;
  • la seconda fase è costituita dalla scelta, ossia la selezione di un’opzione, tra quelle prese in considerazione in base all’esito della valutazione effettuata.

Per poter decidere in modo razionale e giungere alla scelta che ci permette di ottenere il massimo profitto, è necessario che il decisore conosca in modo dettagliato tutte le opzioni disponibili e le conseguenze che possono scaturire da ciascuna. Spesso, però, il decisore non dispone di informazioni complete, nel senso che ignora talune opzioni o non è in grado di prevedere tutte le conseguenze a esse associate. Secondo il grado di conoscenza di tutte le premesse, delle condizioni e delle possibile conseguenze del decisore si distinguono:

  • decisioni in situazioni di certezza, se il decisore ha una ampia conoscenza di questi elementi;
  • decisioni in situazioni di rischio, se il decisore, pur non conoscendoli, dispone tuttavia di una misura della probabilità associata;
  • decisioni in situazioni di incertezza, se il decisore non ha conoscenza di alcun
    elemento utile per poter attuare una ‘scelta corretta.

Oggi si ritiene che il lobo frontale, in particolare la corteccia prefrontale ventrolaterale, sia coinvolto nel processo del decision making. Lo·studio di pazienti con lesioni in tale area hanno fornito informazioni preliminari circa il comportamento decisionale degli uomini. I pazienti che hanno subito un danno in queste aree, sebbene mantengano il linguaggio, l’intelligenza e la memoria normali, hanno difficoltà nel prendere le decisioni giuste, ovvero quelle che massimizzano il profitto.

Per approfondire:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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