Narcolessia: cause, sintomi, cure e terapia farmacologica

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma NARCOLESSIA CAUSE SINTOMI CURE FARMACI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa narcolessia (narcolepsy) è un disturbo neurologico cronico che si manifesta con ipersonnia, cioè una eccessiva sonnolenza diurna. Il paziente ipersonniaco non riesce a rimanere vigile per tutto l’arco della giornata, può infatti andare incontro a situazioni di sonno improvviso da cui non riesce ad esimersi (per esempio si può addormentare durante una conversazione, durante un pasto o addirittura mentre sta guidando), inoltre potrebbe avere parecchie difficoltà a svegliarsi al mattino. Può essere difficile per un ammalato rimanere sveglio durante gli orari di scuola o di lavoro, ciò rende difficile – se non impossibili per il narcolettico – lo svolgimento di alcune professioni dove è necessario tenere alta la concentrazione per periodi lunghi.

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Fisiopatologia
Nel soggetto sano esistono due fasi diverse di sonno: il sonno NON REM o NREM (non rapid eye movement), costituito da sonno leggero e profondo, e il sonno REM (rapid eye movement), in cui si manifestano circa l’85% dei sogni. Nel sonno REM, inoltre, si assiste ad una condizione di paralisi a carico di quasi tutti i muscoli del corpo, eccetto i muscoli oculari e il diaframma, che sostiene la respirazione. Quando ci si addormenta, il sonno inizia nelle fasi più leggere di sonno NREM per poi approfondirsi progressivamente. Ogni 90 minuti circa il sonno NREM lascia spazio al manifestarsi del sonno REM. Nel soggetto sano questa alternanza NREM e REM si ripete più volte nel corso della notte.
Nei soggetti affetti da narcolessia si assiste ad una rapida ed atipica emergenza di sonno REM, nei 15-20 minuti che intercorrono dopo l’addormentamento, e ad intrusioni di sonno REM durante il giorno. Gli attacchi di sonno diurni compaiono in genere ogni 90-120 minuti e, spesso, al risveglio da un sonnellino di 5-15 minuti, il soggetto ricorda di aver sognato e si sente discretamente riposato.

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Che cosa causa la narcolessia?
La narcolessia è una patologia la cui causa scatenante non è ancora conosciuta. Recenti ricerche hanno mostrato che numerosi neurotrasmettitori sono coinvolti. Il più importante di questi è l’ipocretina (anche conosciuta come orexina), che nei narcolettici si è dimostrata ridotta all’interno del liquor cefalo-rachidiano, fino alla completa scomparsa nel 90% dei soggetti affetti da narcolessia con cataplessia. È stata inoltre evidenziata una riduzione dei neuroni ipotalamici secernenti questo composto in rilievi autoptici di soggetti affetti.
Solamente 1% dei casi di narcolessia presenta familiarità. Il rischio del riscontro di narcolessia fra parenti di primo grado è del 1% – 2%, quindi 30 – 40 volte più alto della popolazione generale. Questo significa che i fattori genetici giocano un ruolo fondamentale in questa patologia.

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Caratteristiche degli attacchi di sonno:

  • possono durare dai 15 ai 60 minuti ciascuno circa;
  • possono verificarsi più volte nell’arco di una giornata;
  • di solito accadono dopo aver mangiato, ma possono verificarsi in qualsiasi momento, come ad esempio durante la guida, parlando con qualcuno, o durante altre situazioni in cui c’è poco movimento;
  • in alcuni soggetti l’intensità dell’attacco è caratterizzata da una discreta progressività temporale che gli permette di interrompere consciamente le proprie azioni ed appartarsi in un luogo adatto prima di crollare a dormire.

A volte la persona può avere allucinazioni da sogno prima di dormire o durante un attacco. Quando ci si sveglia ci si sente riposati anche dopo un breve attacco. La narcolessia può anche essere associata ad una temporanea e improvvisa debolezza muscolare chiamata cataplessia, che di solito è causata da forti emozioni. Questo può essere associato a reazioni emotive come rabbia o risate ed essere simile alle crisi epilettiche e può comportare:

  • improvvisa perdita di tono muscolare;
  • temporanea incapacità di usare i muscoli (paralisi del sonno): questa condizione si verifica immediatamente dopo il risveglio o con l’insorgenza della sonnolenza.

Sintomi della narcolessia

  • attacchi di sonno improvvisi, uno o più volte al giorno;
  • eccessiva sonnolenza diurna (il narcolettico ogni 2 ore prova un forte impulso ad addormentarsi);
  • cataplessia (perdita di forze causata da forti emozioni come il riso, l’imbarazzo, la collera fino alla caduta a terra);
  • paralisi del sonno (il narcolettico si trova completamente paralizzato prima di addormentarsi o subito dopo il risveglio, mantenendosi perfettamente cosciente);
  • allucinazioni ipnagogiche (il narcolettico sogna ad occhi aperti interagendo spesso con la realtà).

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Se hai il dubbio che il tuo disturbo neurologico sia la narcolessia, la prima sintomatologia che compare è l’eccessiva sonnolenza diurna; la cataplessia la puoi manifestare entro 1-4 anni dall’inizio della sonnolenza, ma può tardare anche 40-60 anni. E’ presente una rapida ed atipica comparsa del sonno REM entro 15-20 minuti dall’addormentamento, puoi avere attacchi diurni di sonno ogni 90-120 minuti, con sonnellini di 5-15 minuti durante i quali poi ricordi di aver sognato e ti senti anche sufficientemente riposato, nel complesso hai comunque una discreta resistenza al sonno fra un episodio di riposo ed il successivo.

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Come si fa diagnosi di narcolessia?
Per una corretta diagnosi di narcolessia non è sufficiente valutare solo i sintomi clinici, è fondamentale ricorrere ad un centro del sonno per una accurata diagnosi  strumentale. Per porre diagnosi di narcolessia è necessario che il soggetto lamenti presenza d’ipersonnia diurna quasi quotidiana da almeno 3 mesi, che potrà essere associata, quando presente, a storia di cataplessia.
I rilievi anamnestici devono essere confermati tramite l’esecuzione del test delle latenze multiple (Multiple Sleep Latency Test MSLT). MSLT è un test diurno dove 4-5 volte nel corso della giornata viene chiesto al paziente di provare ad addormentarsi . Ogni sessione può durare fino a 35 minuti e viene intervallata da 2 ore di pausa. Viene considerato indicativo della patologia il riscontro in corso di MSLT di una latenza media di addormentamento inferiore a 8 minuti e la comparsa di sonno REM in almeno 2 delle sedute.
Una polisonnografia notturna, in genere eseguita la sera prima dello svolgimento del MSLT, può evidenziare una comparsa precoce di sonno REM dopo l’addormentamento.
In alternativa, il dato anamnestico può essere confermato con dosaggio dell’ipocretina-1 liquorale, che deve risultare ≤110 ng/l.

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Quante persone soffrono di narcolessia?
La narcolessia sembra non avere un fattore di familiarità, infatti solo l’1% dei casi ha una predisposizione familiare e compare tra i 15 ed i 25 anni. Il disturbo della narcolessia è probabilmente sottodiagnosticato in tutto il mondo; si riscontra in 0,2-2 casi ogni 1000 abitanti e solo il 10-15% dei narcolettici presenta tutti i sintomi, inoltre l’85-100% dei pazienti narcolettici presenta gli stessi antigeni di istocompatibilità (cioè hanno un simile assetto genetico predisponente).

E’ consigliato l’uso di farmaci per la narcolessia?
Soltanto i farmaci sintomatici sono consigliati per la narcolessia con cataplessia, si tratta comunque di sostanze che attenuano/risolvono uno o più sintomi del malessere, ma non curano ciò che scatena questo disturbo neurologico.

Terapie per la narcolessia

  1. La  terapia non farmacologica più efficace si basa sui sonnellini brevi ristoratori (pochi minuti fino al massimo di 1 ora) che consentono al fisico di resistere alcune ore, dopodiché la sonnolenza ricompare. Queste brevi fasi di sonno possono variare da 6-7 al giorno. Gli adulti possono aiutarsi con l’uso di caffeina, assolutamente da evitare nei bambini.
  2.  La terapia farmacologica prevede l’assunzione secondo i casi di uno dei seguenti farmaci:
  • Modafinil;
  • Sodio Oxybato.

Il Modafinil attiva la veglia; in soggetti adulti si assume in compresse distribuite nell’arco della mattinata per controllare la sonnolenza diurna. E’ vivamente sconsigliata l’assunzione di Modafinil nelle prime ore del pomeriggio perchè si rischia di disturbare il sonno della notte successiva. Non ci sono molti dati riguardo lo studio del Modafinil nei bambini, alcuni mostrano effetti assumendo la stessa dose degli adulti, mentre ad altri è sufficiente metà della dose. Generalmente gli effetti collaterali sono leggeri e possono essere: mal di testa, ansia,nervosismo e rinite.

Il Sodio Oxybato ha proprietà sedative ed anestetiche, sostanzialmente induce in un sonno profondo, si assume in sciroppo prima di andare a letto e deve essere assunta una seconda dose dopo circa 3 ore. Il massimo dell’efficacia per combattere la sonnolenza diurna è l’associazione del sodio oxybato di notte con il modafinil di giorno. Gli effetti collaterali del Sodio Oxybato sono:

  • nausea;
  • sonnambulismo;
  • perdita di peso;
  • confusione al risveglio;
  • enuresi;
  • ipertensione arteriosa;
  • vertigini;
  • cefalea.

I farmaci prima menzionati non sono una cura definitiva: curano solo i sintomi ma non il disturbo a monte. Alcuni comportamenti consigliati sembrano però ridurre l’insorgenza di attacchi di sonno:

  • mangiare frutta e verdura durante il giorno ed evitare pasti pesanti prima di importanti attività;
  • pianificazione di un breve pisolino (da 10 a 15 minuti) dopo i pasti se possibile;
  • pianificazione di un pisolino per il controllo del sonno diurno e ridurre il numero di imprevisti e improvvisi attacchi di sonno.

In presenza di questa malattia è doveroso informare gli insegnanti e le autorità di vigilanza circa la condizione di quanti sono stati colpiti da narcolessia, in modo da non punirli per essere “pigri” a scuola o al lavoro.

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Eventuali complicazioni
La narcolessia è una malattia cronica, che dura tutta la vita. Non si tratta di una malattia mortale né pericolosa in sé, ma può diventarlose gli episodi si verificano durante la guida, l’uso di macchinari o attività simili. A tal proposito è importante che la narcolessia sia controllata con la terapia del sonno, per limitare il rischio di eventuali complicazioni, che sono:

  • infortuni ed incidenti: se gli attacchi si verificano durante le attività prima descritte;
  • riduzione di affidabilità sul luogo di lavoro;
  • riduzione delle attività sociali;
  • effetti collaterali di farmaci usati per curare la malattia.

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Differenze tra attacco cataplettico ed attacco epilettico

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZE ATTACCO CATAPLETTICO EPILETTICO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgL’attacco cataplettico non deve essere confuso con un attacco epilettico:

  • Attacco cataplettico: si verifica rapidamente, durante periodi di stimolazione emotiva; il soggetto mantiene inalterato il proprio stato di coscienza e recupera quasi immediatamente;
  • Crisi epilettica: occorre durante periodi di quiete e di stimolazione; la persona si riprende più lentamente e può non ricordare quanto è successo.

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Cataplessia: significato, cause e cura

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CATAPLESSIA SIGNIFICATO CAUSE CURA DORMI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa cataplessia è un disturbo neurologico raro, ma comune nei soggetti affetti da narcolessia (si verifica in circa il 70% dei casi). Può manifestarsi con una serie di cambiamenti fisici, parziali o generalizzati: dalla difficoltà nell’articolare le parole (disartria), alla debolezza delle ginocchia, fino alla completa atonia. Durante un attacco cataplettico, il soggetto perde il controllo volontario dei muscoli e può cadere a terra, ma rimane sempre cosciente e vigile. Gli episodi possono durare pochi minuti e sono spesso innescati da uno stimolo emotivo come il riso, la paura, la rabbia, la sorpresa o l’eccitazione. Il trattamento prevede l’uso di farmaci anticataplettici (sodio oxibato o antidepressivi).

Quanto dura un attacco cataplettico?
Nella maggior parte dei casi, gli attacchi sono transitori e cessano improvvisamente, dopo pochi secondi o qualche minuto. Un episodio cataplettico è considerato “tipico”, quando è di breve durata (

Quante volte si può verificare un attacco cataplettico?
La cataplessia può verificarsi occasionalmente, con uno o due episodi in un anno, o più volte al giorno.

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Cause della cataplessia
L’esatta causa della cataplessia è sconosciuta, ma la condizione è fortemente associata a stimoli emotivi. Le emozioni che possono innescare un evento cataplettico includono: risate, paura, rabbia, frustrazione, irritazione, nervosismo, imbarazzo e tristezza. Appena la stimolazione viene ridotta, la persona riprende il normale controllo muscolare. Le emozioni possono essere anche di modesta entità, mentre altre volte un attacco subentra in modo spontaneo, in assenza di una causa apparente.
La perdita di tono muscolare, che si verifica nella cataplessia, assomiglia all’interruzione dell’attività muscolare che si verifica naturalmente durante il sonno REM: l’improvvisa debolezza dei muscoli del corpo potrebbe essere causata da un’inibizione massiccia dei motoneuroni nel midollo spinale, provocata da una disfunzione del ciclo sonno-veglia. Utilizzando un modello animale, gli scienziati hanno appreso che questo stesso gruppo di neuroni risulta inattivo durante gli attacchi cataplettici.

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Ruolo dell’ipocretina nella cataplessia
La cataplessia è associata a livelli significativamente ridotti di ipocretina, un neuropeptide prodotto nell’ipotalamo, di primaria importanza nella regolazione del sonno, così come degli stati di eccitazione. Secondo alcuni ricercatori, alla base di questa deplezione esisterebbe un meccanismo autoimmune. La cataplessia può anche manifestarsi come effetto collaterale della sindrome da sospensione degli SSRI (gli “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” appartengono alla classe farmaceutica degli antidepressivi non triciclici).

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Narcolessia e cataplessia
La cataplessia si riscontra spesso in associazione con la narcolessia, un disturbo neurologico cronico caratterizzato da un’eccessiva sonnolenza diurna (ipersonnia) e da crisi di sonno improvvise. Quando i pazienti manifestano entrambe le condizioni si parla di sindrome di Gélineau.
Gli attacchi di cataplessia rendono la diagnosi di narcolessia più certa, soprattutto quando si presentano segni come eccessiva sonnolenza diurna (EDS), allucinazioni e altre manifestazioni indesiderate che accompagnano il sonno REM. Tuttavia, è importante ricordare che non tutti i pazienti narcolettici manifestano episodi di cataplessia.

Condizioni associate alla cataplessia
La cataplessia può essere associata ad altre condizioni patologiche. In particolare, è considerata secondaria quando è provocata da specifiche lesioni cerebrali, localizzate prevalentemente nell’ipotalamo laterale (responsabili di una deplezione dell’ipocretina). Le lesioni del tronco cerebrale possono determinare, invece, casi isolati di cataplessia; queste comprendono: tumori encefalici (ad esempio: astrocitoma, glioblastoma, glioma e subependimoma) e malformazioni artero-venose. Altre condizioni in cui la cataplessia può essere riscontrata includono: eventi ischemici, sclerosi multipla, traumi cranici, sindromi paraneoplastiche e infezioni, come l’encefalite. La cataplessia può verificarsi anche in modo transitorio o permanente per lesioni dell’ipotalamo causate da interventi chirurgici, soprattutto nel caso di resezioni tumorali particolarmente complesse.

Sintomi della cataplessia
La cataplessia è estremamente imprevedibile, sia per quanto riguarda la gravità, che la frequenza. La perdita di tono muscolare varia da un indebolimento appena percettibile dei muscoli facciali, al cedimento degli arti superiori o inferiori, fino alla completa atonia muscolare. Queste manifestazioni improvvise possono provocare il collasso posturale e la caduta del paziente. Durante gli attacchi di cataplessia, sia lievi che gravi, la persona rimane pienamente cosciente, quindi è consapevole di tutto ciò che accade attorno (da qui l’ipotesi della disfunzione del sonno-veglia: si verifica l’atonia della muscolatura come durante la fase REM, ma il soggetto è vigile). La cataplessia si manifesta più frequentemente in periodi di stress emotivo e in caso di carenza di sonno. La cataplessia è un disturbo facilmente trascurato e spesso non diagnosticato, che può influenzare le attività più elementari della vita quotidiana.

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Trattamento della cataplessia
La cataplessia si riscontra raramente durante una visita ambulatoriale e la diagnosi può essere formulata da uno specialista che abbia familiarità con la condizione. La misurazione dei livelli di ipocretina nel liquido cerebrospinale può confermare la diagnosi.
La cataplessia è trattata farmacologicamente. Il primo prodotto approvato dalla FDA per il trattamento della cataplessia, in relazione con la narcolessia è lo Xyrem ® (sodio oxibato). I sintomi possono essere repressi con l’aiuto di antidepressivi triciclici e inibitori della ricaptazione della serotonina. Nonostante la sua relazione con la narcolessia, nella maggioranza dei casi, la cataplessia deve essere trattata in modo separato.

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Cataplessia

Cos’è la Cataplessia?

La cataplessia è un’improvvisa e transitoria perdita del tono muscolare, provocata da una forte emozione o da una crisi di riso. Il soggetto colpito collassa improvvisamente a terra senza perdere conoscenza.

CataplessiaLa cataplessia è un disturbo neurologico raro, ma comune nei soggetti affetti da narcolessia (si verifica in circa il 70% dei casi). Può manifestarsi con una serie di cambiamenti fisici, parziali o generalizzati: dalla difficoltà nell’articolare le parole (disartria), alla debolezza delle ginocchia, fino alla completa atonia. Durante un attacco cataplettico, il soggetto perde il controllo volontario dei muscoli e può cadere a terra, ma rimane sempre cosciente e vigile. Gli episodi possono durare pochi minuti e sono spesso innescati da uno stimolo emotivo come il riso, la paura, la rabbia, la sorpresa o l’eccitazione. Il trattamento prevede l’uso di farmaci anticataplettici (sodio oxibato o antidepressivi).

Cause

L’esatta causa della cataplessia è sconosciuta, ma la condizione è fortemente associata a stimoli emotivi. Le emozioni che possono innescare un evento cataplettico includono: risate, paura, rabbia, frustrazione, irritazione, nervosismo, imbarazzo e tristezza. Appena la stimolazione viene ridotta, la persona riprende il normale controllo muscolare. Le emozioni possono essere anche di modesta entità, mentre altre volte un attacco subentra in modo spontaneo, in assenza di una causa apparente.
La perdita di tono muscolare, che si verifica nella cataplessia, assomiglia all’interruzione dell’attività muscolare che si verifica naturalmente durante il sonno REM: l’improvvisa debolezza dei muscoli del corpo potrebbe essere causata da un’inibizione massiccia dei motoneuroni nel midollo spinale, provocata da una disfunzione del ciclo sonno-veglia. Utilizzando un modello animale, gli scienziati hanno appreso che questo stesso gruppo di neuroni risulta inattivo durante gli attacchi cataplettici.

Ruolo dell’ipocretina

La cataplessia è associata a livelli significativamente ridotti di ipocretina, un neuropeptide prodotto nell’ipotalamo, di primaria importanza nella regolazione del sonno, così come degli stati di eccitazione. Secondo alcuni ricercatori, alla base di questa deplezione esisterebbe un meccanismo autoimmune

Altre considerazioni

La cataplessia può anche manifestarsi come effetto collaterale della sindrome da sospensione degli SSRI (gli “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” appartengono alla classe farmaceutica degli antidepressivi non triciclici).

Narcolessia e Cataplessia

La cataplessia si riscontra spesso in associazione con la narcolessia, un disturbo neurologico cronico caratterizzato da un’eccessiva sonnolenza diurna(ipersonnia) e da crisi di sonno improvvise. Quando i pazienti manifestano entrambe le condizioni si parla di sindrome di Gélineau.

Gli attacchi di cataplessia rendono la diagnosi di narcolessia più certa, soprattutto quando si presentano segni come eccessiva sonnolenza diurna (EDS), allucinazioni e altre manifestazioni indesiderate che accompagnano il sonno REM. Tuttavia, è importante ricordare che non tutti i pazienti narcolettici manifestano episodi di cataplessia.

Condizioni associate

La cataplessia può essere associata ad altre condizioni patologiche. In particolare, è considerata secondaria quando è provocata da specifiche lesioni cerebrali, localizzate prevalentemente nell’ipotalamo laterale (responsabili di una deplezione dell’ipocretina). Le lesioni del tronco cerebrale possono determinare, invece, casi isolati di cataplessia; queste comprendono: tumoriencefalici (ad esempio: astrocitoma, glioblastoma, glioma e subependimoma) e malformazioni artero-venose. Altre condizioni in cui la cataplessia può essere riscontrata includono: eventi ischemici, sclerosi multipla, traumi cranici, sindromi paraneoplastiche e infezioni, come l’encefalite. La cataplessia può verificarsi anche in modo transitorio o permanente per lesioni dell’ipotalamo causate da interventi chirurgici, soprattutto nel caso di resezioni tumorali particolarmente complesse.

Sintomi

La cataplessia è estremamente imprevedibile, sia per quanto riguarda la gravità, che la frequenza. La perdita di tono muscolare varia da un indebolimento appena percettibile dei muscoli facciali, al cedimento degli arti superiori o inferiori, fino alla completa atonia muscolare. Queste manifestazioni improvvise possono provocare il collasso posturale e la caduta del paziente. Durante gli attacchi di cataplessia, sia lievi che gravi, la persona rimane pienamente cosciente, quindi è consapevole di tutto ciò che accade attorno (da qui l’ipotesi della disfunzione del sonno-veglia: si verifica l’atonia della muscolatura come durante la fase REM, ma il soggetto è vigile). La cataplessia si manifesta più frequentemente in periodi di stress emotivo e in caso di carenza di sonno.

La cataplessia è un disturbo facilmente trascurato e spesso non diagnosticato, che può influenzare le attività più elementari della vita quotidiana.

Differenze tra fase REM e NON REM del sonno

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO CICLO FASE NON REM REM DEL SONNO STADIO 1 2 3 4 RAPIDI MOVIMENTI DEGLI OCCHI SOGNARE DORMIRE IPNOGRAMMA SONNO NORMALE

Nel momento in cui ci addormentiamo, avviene una perdita di coscienza transitoria ed alcune nostre funzioni biologiche si riducono mentre se ne potenziano altre. Per esempio, il battito cardiaco, la frequenza respiratoria e la temperatura diminuiscono, inoltre mentre la produzione di ormoni corticoidi si riduce, aumenta quella dei Continua a leggere

Paralisi del sonno e allucinazioni ipnagogiche: cause, pericoli, rimedi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PARALISI DEL NEL SONNO ALLCUCINAZIONI PERICOLI CU Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgLa paralisi del sonno, anche chiamata “paralisi nel sonno”, “paralisi ipnagogica” o Sleep paralysis, è un disturbo che si manifesta nella fase di addormentamento o di risveglio, nel quale per un certo lasso di tempo risulta inibito il movimento dei muscoli volontari: in pratica il soggetto è sveglio e cosciente ma non riesce a muoversi né a parlare per un periodo di tempo limitato e variabile da pochi secondi a qualche minuto. Una volta terminato l’attacco di paralisi del sonno, il soggetto riacquista la capacità di muoversi e parlare in maniera solitamente improvvisa. Fisicamente l’individuo sta bene, ma psicologicamente può essere invaso da un profondo stato di paura e di ansia, specialmente se era la prima volta che provava la paralisi del sonno e non conosceva il fenomeno.

Da cosa è causata la paralisi del sonno?
Questo stato di paralisi è dovuto ad un prolungamento eccessivo della fase di sonno REM, oppure a un suo inizio anticipato. A causare questo anticipo/prolungamento è il rilascio anomalo di quegli ormoni che determinano la paralisi e il rilassamento muscolari, tipici della fase REM. In altre parole, i meccanismi ormonali che caratterizzano la fase REM, anziché interrompersi al momento del risveglio, proseguono ancora per qualche istante, tanto che l’individuo sofferente è vigile, ma immobilizzato. Poiché la paralisi del sonno può verificarsi anche prima di addormentarsi, in tali frangenti i processi ormonali delle fasi di sonno si instaurano con leggero anticipo, nonostante la persona sia ancora sveglia. L’errata sincronia dei tempi in cui avviene il rilascio ormonale si verifica soprattutto in determinate circostanze, che potrebbero definirsi elementi favorenti (o fattori di rischio). Queste sono:

  • L’età compresa tra gli anni dell’adolescenza e i 40 anni circa.
  • Dormire meno del dovuto. E’ probabile che chi dorme poco, nel corso della vita, manifesti fenomeni di paralisi.
  • Sonno irregolare, inteso come andare a letto e svegliarsi a orari sempre diversi. È il caso, per esempio, di chi lavora facendo i turni di notte.
  • Narcolessia. Spesso, gli individui narcolettici accusano paralisi del sonno e diversi altri disturbi durante le fasi di sonno e durante la giornata.
  • Storia familiare. Sembra che chi ha un familiare sofferente di paralisi del sonno, sia più portato a manifestare fenomeni simili. Tuttavia, la ricerca scientifica, in questo campo, è ancora agli inizi e merita ulteriori approfondimenti.

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La paralisi del sonno indica un danno cerebrale?
No, ma può essere legata a narcolessia o a cattivo riposo notturno. Importante notare come circa il 50% delle persone narcolettiche soffre anche di paralisi del sonno.

Quanto sono frequenti le paralisi del sonno?
Sono eventi abbastanza rari nella popolazione (circa il 5% della popolazione industrializzata riferisce di aver vissuto almeno un attacco), inoltre chi è soggetto a questi attacchi, tende mediamente a subirli poche volte nella vita, di solito tre o quattro in tutto.

Cosa sono le allucinazioni ipnagogiche?
Nel corso della paralisi ipnagogica si possono provare anche allucinazioni visive ed uditive, dette allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche:

  • allucinazioni ipnagogiche: si verificano nel passaggio dalla veglia al sonno, quindi prima di addormentarsi;
  • allucinazioni ipnopompiche: si verificano nel passaggio dal sonno alla veglia, quindi al risveglio.

Le persone sperimentano tre tipi fondamentali di allucinazioni durante paralisi del sonno:

  • la presenza di un intruso vicino a sé;
  • una pressione sul petto a volte accompagnata da esperienze di aggressioni fisiche e/o sessuale;
  • esperienze di levitazione e di uscita dal proprio corpo.

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Chi sono i soggetti a rischio?
Le persone più suscettibili sono, di solito, quelle che dormono poco e male; tuttavia, non è escluso che all’origine ci sia una patologia grave, come la narcolessia. L’analisi delle frequenze in gruppi specifici ha messo in evidenza che il gruppo più facilmente a rischio di sperimentare questo fenomeno è quello delle persone che soffrono del disturbo da attacchi di panico, in cui il 35 per cento dei soggetti riferisce di aver vissuto simili esperienze. A seguire c’è la popolazione dei pazienti psichiatrici in generale in cui la prevalenza è del 32 per cento, e quindi quella dei giovani sotto i 18 anni con una prevalenza del 28 per cento. Donne e uomini sono, in ugual misura, tutti possibili bersagli.

Diagnosi della paralisi del sonno
Per effettuare la diagnosi, il medico procede con l’anamnesi, chiedendo al paziente:

  • Come evolvono e quanto durano le paralisi
  • Se si hanno allucinazioni di qualche tipo
  • Se si ricorda quando è stato vittima, per la prima volta, di una paralisi e se c’è stato un cambiamento delle abitudini notturne precedentemente a quell’episodio.
  • Se soffre, durante la giornata, di improvvise perdite di controllo dei muscoli (cataplessia) o di comportamento automatico, cioè la continuazione inesorabile e senza sosta delle attività in cui ci si sta cimentando.

Questi due ultimi aspetti, la cataplessia e il comportamento automatico, sono molto importanti ai fini diagnostici, in quanto, se denunciati dal paziente, potrebbero significare che la paralisi del sonno è frutto di una patologia ben più grave: la narcolessia.
In questi casi, la situazione diventa patologica e va trattata con contromisure appropriate e immediate: si pensi, infatti, al pericolo che corre un paziente narcolettico alla guida di un veicolo o impegnato in lavori pericolosi.

Cura non farmacologica della paralisi del sonno
La terapia viene stabilita in base alla severità e al numero degli episodi di paralisi denunciati da un individuo. Quasi sempre, è sufficiente aumentare il numero di ore dedicate al sonno e migliorare la qualità del riposo notturno. L’aiuto psicoterapico può essere utile per superare l’ansia legata a ripetuti attacchi di paralisi del sonno con allucinazioni.

Cura farmacologica della paralisi del sonno
La terapia farmacologica della paralisi del sonno viene prescritta solo nei casi più gravi, quando cioè gli episodi sono cronici. Essa consiste principalmente nell’assunzione di farmaci antidepressivi. Il farmaco più utilizzato è, solitamente, la clomipramina, un antidepressivo triciclico che deve essere prescritto su indicazione del medico curante, non scevro da importanti effetti collaterali. Il motivo per cui si somministrano questi preparati è il seguente: essi riducono l’intensità con cui avviene il rilassamento muscolare notturno e la profondità del sonno, in particolare della fase REM.
La durata del trattamento può variare da un mese a due; in ogni caso, sono i miglioramenti del paziente, e soprattutto il consulto medico, a stabilire se interrompere o meno la terapia.

La paralisi del sonno è pericolosa per la salute?
Le paralisi del sonno non sono pericolose per la salute, inoltre – come prima visto – sono decisamente rare. Tuttavia, per qualche soggetto, può diventare un fenomeno ricorrente, tanto da richiedere ulteriori accertamenti relativi allo stato di salute generale o alle abitudini giornaliere e notturne, allo scopo di ricercare eventuale narcolessia o motivi di cattivo riposo notturno. Il vero pericolo è rappresentato più a livello psicologico: il ripetersi delle paralisi può determinare stati d’ansia e, nei casi più gravi, depressione.

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Le allucinazioni ipnagogiche sono pericolose?
Non lo sono, ma in alcuni casi possono peggiorare la qualità della vita del soggetto. Alcune persone provano sensazioni piacevoli durante questi episodi, ma molti altri – dopo aver sperimentato una allucinazione ipnagogica spiacevole – sono addirittura spinti ad evitare di dormire per evitare di riprovarla e questo porta un notevole peggioramento della loro qualità della vita.

Curiosità sulle allucinazioni ipnagogiche
A tali allucinazioni si potrebbero attribuire, sostiene Brian A. Sharpless, ricercatore alla Penn State e all’Università della Pennsylvania, esperienze come quelle extracorporee, i “rapimenti” da parte di alieni, e le classiche possessioni da incubi e succubi della tradizione medievale. Anche nel famoso processo alle streghe di Salem avrebbe avuto un certo peso un’anomala diffusione di questo disturbo, della cui descrizione – osserva Sharpless – si trova traccia anche in Moby Dick, laddove il protagonista Ismaele una notte sente una presenza malefica nella stanza.

Paralisi nel sonno al cinema
Si fa riferimento alla paralisi nel sonno nel film horror del 2017 “Slumber – Il demone del sonno“, diretto da Jonathan Hopkins, con Maggie Q e Sylvester McCoy. Un altro film thriller horror in cui la paralisi del sonno è centrale nella trama è “Mara” del 2018, diretto da Clive Tonge, con Olga Kurylenko come protagonista.

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La morte per mancanza di sonno è davvero possibile? Per quanto tempo si può restare svegli?

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La Cura Ludovico, dal film Arancia Meccanica di Stanley Kubrik (1971)

Quante volte in vita vostra avete detto:

Sto morendo dal sonno

Ma vi siete mai fermati a pensare se è davvero possibile morire per la mancanza di sonno?Il sonno è una delle componenti più importanti della nostra vita, basti pensare che passiamo quasi un terzo della nostra vita dormendo. Un uomo di 80 anni ha passato quasi 25 anni impegnato a dormire! Molti studi evidenziano che la privazione di sonno porta a cambiamenti psicologici e fisiologici importanti. In un uomo non è mai stata osservata direttamente la morte per mancanza di sonno, ma è chiaro che le conseguenze psicologiche che ne derivano (dalla paranoia alla depressione, alla difficoltà di concentrazione) possono aumentare il rischio di incidenti e suicidio. La scienza non da, per ora, una risposta netta alla domanda del titolo.

Cosa succede al corpo umano in una veglia forzata?

Dal punto di vista fisico, il non dormire per lunghi tempi colpisce non solo il sistema nervoso, ma l’intero organismo, determinando: aumento della pressione sanguigna e del rischio di infarto; alterazioni ormonali e innalzamento dei livelli di cortisolo (ormone dello stress); incapacità di metabolizzare il glucosio creando nella persona “voglia di carboidrati” che la spinge a mangiare troppo preferendo cibi calorici e poco salutari (rischio di obesità, diabete, cancro e malattie cardiocircolatorie); abbassamento delle difese immunitarie e della temperatura corporea (ipotermia); e morte delle cellule cerebrali con conseguente perdita di memoria e inattività: effetti che – spinti alle estreme conseguenze – possono trasformare l’insonne in un vegetale vivente.

Leggi anche: Tumescenza peniena notturna, ovvero: le cinque erezioni che ha l’uomo di notte mentre dorme

Per quanto tempo si può restare svegli?

La privazione del sonno, secondo alcuni studiosi, provoca inevitabilmente alterazioni psicotiche. La letteratura scientifica offre a questo proposito numerosi esempi di individui che, costretti a una veglia forzata, sono andati incontro a gravi disturbi della personalità. Altri studi, fondati sempre su base empirica, sostengono al contrario che i sintomi psicotici che si osservano talvolta durante la deprivazione di sonno sono il risultato dello stress e non dalla mancanza di qualche funzione fondamentale svolta dal sonno. Prova ne è che nel 1966 il diciassettenne Randy Gardner rimase sveglio per 264 ore, non mostrando alcun sintomo psicotico. Dopo la sua impresa dormì per circa 15 ore e si svegliò sentendosi bene. Quindi, come ha scritto la studiosa Wilse Webb, “l’effetto della privazione del sonno non sarebbe altro che quello di fare addormentare il soggetto”.

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Sonnolenza e stanchezza cronica: tutte le cause ed i rimedi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SONNOLENZA STANCHEZZA CRONICA RIMEDI  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgVi succede da tempo di svegliarvi la mattina già stanchi e di avere sonnolenza per tutta la giornata? Meglio non sottovalutare il problema. Cerchiamo oggi di capire quali potrebbero essere le cause della vostra condizione per trovare il giusto rimedio.

1) Troppo poco sonno
Anche se può sembrare ovvia, una delle cause principali è proprio la carenza di sonno. Essa influisce negativamente su concentrazione e salute. Gli adulti dovrebbero dormire in media dalle sette alle otto ore per notte, anche se è bene precisare che il quantitativo di ore necessarie varia da individuo ad individuo.
Rimedio: fate del sonno una delle vostre priorità. Eliminate dalla vostra camera da letto computer portatili, cellulari e televisione. Avete ancora difficoltà a dormire? Consultate il medico. Potreste soffrire di un disturbo del sonno.

2) Apnea notturna
Alcune persone che soffrono di apnea notturna, credono di dormire a sufficienza, ma in realtà non è così. L’apnea notturna interrompe la normale respirazione per un breve lasso di tempo durante la notte. Ognuna di queste interruzioni comporta un breve risveglio, anche se la persona non ne è consapevole. Il risultato finale è una privazione del sonno malgrado abbiate trascorso otto ore nel vostro letto.
Rimedio: se siete sovrappeso, provate a perdere peso. Smettete di fumare e provate a dormire con un dispositivo di ventilazione meccanica a pressione positiva delle vie aeree (C-PAP) che contribuisce a mantenere libere le vie respiratorie durante la notte.

3) Dieta squilibrata
Mangiare troppo poco causa stanchezza e affaticamento, ma anche mangiare i cibi sbagliati può essere un problema. Seguire una dieta equilibrata e bilanciata, mantiene regolari i livelli di zuccheri nel sangue e previene la sensazione di spossatezza dovuta al calo di zuccheri.
Rimedio: fate sempre colazione. Includete proteine e carboidrati complessi ad ogni pasto. Per esempio, mangiate le uova abbinate ad un toast integrale. Non dimenticate gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio per mantenere alto il vostro livello di energia.  

4) Anemia
L’anemia è una delle cause più note di stanchezza nelle donne. Il ciclo mestruale può causare una carenza di ferro, ponendo le donne a rischio. I globuli rossi sono necessari perché trasportano l’ossigeno ai tessuti e agli organi.  
Rimedio: in caso di anemia causata da carenza di ferro, chiedete al medico se è il caso di assumere integratori di ferro e consumate cibi ricchi di ferro come carne magra, fegato, frutti di mare, fagioli e cereali arricchiti.

5) Depressione
Solitamente si tende a correlare la depressione solo alla sfera emotiva. In realtà, essa causa anche l’insorgenza di molti sintomi fisici. Stanchezza, affaticamento, mal di testa e perdita di appetito sono tra i più comuni. Se vi sentite stanchi o giù di corda per più di due settimane, consultate il medico.  
Rimedio: la depressione può essere curata grazie alla psicoterapia e/o all’uso di farmaci specifici.

6) Ipotiroidismo
La tiroide è una piccola ghiandola situata alla base del collo. Controlla il metabolismo, ovvero la velocità con cui il corpo trasforma il “carburante”, ossia gli alimenti assunti, in energia. Se questa ghiandola è ipoattiva e il metabolismo funziona troppo lentamente, vi sentirete pigri e tenderete a mettere peso.
Rimedio: se l’esame del sangue conferma che gli ormoni della tiroide sono bassi, gli ormoni sintetici possono velocizzare il metabolismo.

7) Troppa caffeina
La caffeina migliora per un breve lasso di tempo attenzione e concentrazione, se assunta in dosi moderate. Troppa caffeina, al contrario, aumenta battito cardiaco, pressione sanguigna e nervosismo. La ricerca indica che in alcune persone l’eccessiva assunzione di caffeina causa stanchezza.  
Rimedio: riducete in modo graduale il consumo di caffè, tè, cioccolato, bibite analcoliche e di qualsiasi medicinale contenente caffeina. Cessarne improvvisamente l’assunzione può causare “astinenza” da caffeina e maggiore stanchezza.

8) Infezioni del tratto urinario nascoste 
Se avete sofferto di una infezione a carico del tratto urinario, probabilmente vi risulteranno familiari il dolore pungente e lo stimolo urgente alla minzione che contraddistinguono questa condizione. Ma questa tipologia di infezioni non è sempre caratterizzata da sintomi così ovvi. In alcuni casi, la stanchezza è l’unico segno. Un esame delle urine può confermare rapidamente l’eventuale presenza di un’infezione a carico del tratto urinario.
Rimedio: le infezioni del tratto urinario vengono trattate mediante la prescrizione di antibiotici. La stanchezza sperimentata di solito scompare nel giro di una settimana.

9) Diabete
Negli individui affetti da diabete, livelli anormalmente elevati di zuccheri permangono nel flusso sanguigno invece di entrare nelle cellule del corpo, dove verrebbero convertiti in energia. Ne consegue un drastico calo di energia nonostante il corpo abbia a disposizione il “carburante” necessario. Se sentite un senso persistente ed inspiegabile di stanchezza, chiedete al vostro medico informazioni circa un eventuale test per il diabete.  
Rimedio: le cure per il diabete includono cambiamenti nello stile di vita, come dieta ed esercizio fisico, insulinoterapia e medicinali che possono aiutare il corpo ad elaborare gli zuccheri.

10) Disidratazione
La stanchezza può essere segno di disidratazione. Sia che stiate lavorando all’aperto o seduti a una scrivania, il corpo necessita comunque di acqua per funzionare correttamente e mantenersi idratato. Nel momento in cui avete sete, il vostro corpo è già disidratato.
Rimedio: bevete acqua durante il corso della giornata. Bevete due bicchieri di acqua almeno un’ora prima di praticare attività fisica e sorseggiatela mentre state svolgendo l’attività in questione. Ad attività ultimata, bevetene altri due bicchieri.  

12) Problemi cardiaci
Se vi sentite stanchi ed affaticati mentre svolgete le attività di tutti i giorni, come fare le pulizie o strappare le erbacce in giardino, potrebbe essere segno che il cuore non funzioni più come un tempo. Se notate che vi risulta estremamente difficoltoso portare a termine compiti che in precedenza svolgevate con facilità, parlatene al vostro medico di fiducia.
Rimedio: cambiamenti dello stile di vita, farmaci e procedure terapeutiche possono mantenere sotto controllo eventuali problemi a carico del cuore e ripristinare il livello di energia.

13) Disturbo del sonno correlato ai turni lavorativi
Lavorare di notte o cambiare i turni di lavoro può compromettere la regolarità del vostro “orologio interno”. Potreste sentirvi stanchi al risveglio e provare un senso di sonnolenza durante il giorno.  
Rimedio: limitate l’esposizione alla luce del giorno quando dovete riposare. Oscurate la vostra camera da letto e rendetela un ambiente tranquillo e fresco. Avete ancora problemi legati al sonno? Parlatene col medico. Esistono svariati rimedi al riguardo. L’assunzione di integratori e farmaci può essere di aiuto.

14) Allergie alimentari
Alcuni medici ritengono che le allergie alimentari nascoste possono causare sonnolenza. Se il senso di stanchezza si acuisce specie dopo i pasti, potreste soffrire di una lieve intolleranza a qualcosa che mangiate.
Rimedio: provate ad eliminare un cibo per volta per vedere se il senso di stanchezza migliora. Potete anche rivolgervi al medico per effettuare un test allergologico.

15) Sindrome da stanchezza cronica e fibromialgia
Se la stanchezza persiste per più di 6 mesi e risulta talmente debilitante da impedirvi di gestire le attività quotidiane che svolgete abitualmente, è possibile che la causa possa essere riconducibile alla presenza di due condizioni specifiche, ovvero la sindrome da stanchezza cronica e la fibromialgia. Entrambe sono caratterizzate da vari sintomi, ma un senso persistente e inspiegabile di affaticamento è uno dei sintomi principali.
Rimedio: Sebbene non vi sia un rapido rimedio in caso di sindrome da stanchezza cronica o fibromialgia, i pazienti affetti da queste condizioni possono trarre beneficio dall’apportare variazioni al programma di attività giornaliero, dall’apprendere abitudini migliori relative al sonno e iniziando un programma di ginnastica dolce.

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Leggere male a tuo figlio influenza lo sviluppo del suo cervello

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LEGGERE MALE FIGLIO SVILUPPO CERVELLO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLeggere una storia ai propri figli è un’abitudine molto diffusa ed importante che potenzia lo sviluppo del bambino, anche se i neuroscienziati avvertono che staremmo sprecando una buona opportunità, perché, a quanto pare, non lo stiamo facendo correttamente.
Infatti, la maggior parte dei genitori legge ai figli la notte prima che si addormentino, per conciliare velocemente il sonno. Così il racconto prima di addormentarsi si trasforma in una routine il cui obiettivo principale è quello di rilassare il bambino. Altri genitori sono più attenti e si preoccupano che la lettura migliori le competenze linguistiche dei bambini o consolidi determinati valori.
Ma i neuroscienziati affermano che leggere libri ai bambini, senza fare pause o promuovere la riflessione, è come guardare un film. In pratica, i bambini vengono attratti nella trama e sono così ansiosi di arrivare alla fine per scoprire come termina la storia che si perdono i dettagli più importanti, o almeno si lasciano sfuggire le maggiori opportunità di crescita. La buona notizia è che i genitori possono rimediare a questo “errore” cambiando semplicemente il modo di leggere.

La lettura cambia il cervello del bambino
Uno studio condotto da psicologi della Princeton University ha scoperto che quando leggiamo un romanzo sviluppiamo un atteggiamento più empatico e comprendiamo meglio gli stati mentali degli altri. Questo perché i romanzi catturano la nostra attenzione e, attraverso la trama, ci coinvolgono nei pensieri e le emozioni dei personaggi, aiutandoci a metterci nei panni degli altri.
Un altro studio condotto presso la Emory University ha fatto un passo ulteriore scoprendo che gli effetti della lettura sul cervello non sono effimeri, ma si mantengono nel tempo. Secondo questi neuroscienziati, leggere un buon romanzo è come ricevere un dolce ma potente “massaggio”, direttamente nel cervello. E la cosa più interessante è che questi cambiamenti persistono anche cinque giorni dopo aver terminato la lettura, indicando che gli effetti della lettura non terminano quando chiudiamo il libro.
Ovviamente, la maggior parte dei libri per bambini non sono così profondi e ricchi di dettagli, ma in generale tutti i racconti infantili possono essere utilizzati per favorire l’empatia e sviluppare il processo decisionale. In effetti, uno studio condotto presso l’Ospedale di Cincinnati con bambini tra 3 e 5 anni d’età, ha rivelato che il cervello dei piccoli ai quali i genitori solevano leggere, mostrava una maggiore attività in risposta alla lettura nei settori connessi alla comprensione narrativa e le immagini visive.
Il segreto per ottenere che la lettura potenzi ulteriormente l’apprendimento e lo sviluppo del cervello infantile è molto semplice: leggere facendo delle pause.

Enfatizzare i conflitti migliora l’apprendimento
Secondo i neuroscienziati, la chiave perché i bambini ottengano il massimo beneficio dalla maggior parte dei libri è che i genitori siano in grado di evidenziare i conflitti che si presentano nella trama, esattamente l’opposto di ciò che gli adulti fanno di solito.
Infatti, spesso sorvoliamo velocemente i conflitti che si presentano nei libri, leggiamo rapidamente per arrivare alla fine, che in genere è: “e vissero tutti felici e contenti”. Ma in realtà, dovremmo proprio fare una pausa quando nella trama si presentano delle situazioni conflittuali e chiedere al bambino cosa farebbe al posto dei protagonisti della vicenda.
A questo proposito, gli studi hanno dimostrato che quando stiamo imparando e dobbiamo prendere una decisione, ricordiamo meglio. Ciò che avviene in questi casi è che il cervello inizia a funzionare nel suo complesso. Quando il bambino ascolta il racconto che gli leggono i genitori assume un ruolo passivo. Tuttavia, quando partecipa attivamente e prende decisioni circa il corso degli eventi si attivano diverse aree cerebrali che facilitano ulteriormente l’apprendimento.
Ed è proprio questo momento di riflessione che permette un apprendimento più olistico, che lascia tracce profonde nel cervello del bambino. Infatti, spesso la parte più interessante del racconto si verifica proprio quando i genitori chiudono il libro e il bambino riflette su ciò che ha sentito. Per questo si dice che i libri migliori sono quelli che fanno pensare quando la storia è finita.

Un momento per la trama e un’altro per l’ apprendimento
È importante che genitori e insegnanti comprendano che l’obiettivo della lettura non è semplicemente che i bambini imparino parole nuove o sviluppino l’amore per la lettura, ma generare esperienze più intense dal punto di vista intellettuale che favoriscano anche lo sviluppo delle funzioni cognitive. Inoltre, questa forma di lettura stimola anche l’empatia, dato che motiva il bambino a mettersi al posto dei personaggi, “buoni” o “cattivi”, contribuendo a sviluppare la “Teoria della Mente”. Inoltre, trovarsi di fronte a un dilemma morale è anche un potente strumento per trasmettere dei valori.
Naturalmente, non è necessario fare una pausa per riflettere ogni volta che leggiamo loro una storia, perché è anche importante che i bambini godano della magia della trama e si lascino trasportare dagli eventi. Tuttavia, è importante che genitori e insegnanti siano consapevoli del fatto che la lettura veloce non permette di ottenere il massimo beneficio da quei libri speciali che contengono lezioni di vita in attesa di essere scoperte.

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