Tuo figlio va male a scuola? Fagli fare più ginnastica

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO BAMBINI SPORT CALCIO ATTIVITA FISICA GINNASTICAI ragazzini che hanno migliori livelli di forma fisica ottengono anche punteggi più alti in test sul rendimento scolastico, quelli meno allenati ottengono i voti peggiori a scuola. Lo ha stabilito uno studio condotto da un team dell’Università del Tennessee, Knoxville, negli Usa, su 312 ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, provenienti dalla stessa scuola pubblica del Michigan.

Sottoponendo questi studenti delle medie a una batteria di test chiamata Fitnessgram si è stabilito il loro livello di forma fisica con esercizi come corsa, flessioni, addominali. A ciascun ragazzo è stato assegnato un punteggio da 1 (forma fisica peggiore) a 5 (forma fisica migliore). Poi i ragazzi sono stati sottoposti a test standardizzati sul rendimento e le votazioni prese in quattro materie chiave nel corso di un anno scolastico sono state monitorate.

Quello che è emerso è che i ragazzi che avevano totalizzato punteggi più alti nei test di fitness erano anche quelli che ottenevano risultati migliori nei test standardizzati sul rendimento e voti più alti a scuola. Mentre gli studenti dalla forma fisica meno brillante erano anche quelli che a scuola ottenevano i giudizi più bassi. Resistenza cardiorespiratoria, forza e resistenza muscolare sono le tre componenti della forma fisica più marcatamente associate ai risultati accademici.

“Alcune delle mie ricerche precedenti”, spiega Dawn Core, docentedi kinesiologia e autrice principale dello studio pubblicato sul Journal of Sports Medicine and Physical Fitness, “evidenziavano che se i ragazzi facevano un’ora di attività fisica durante il giorno al posto di un’ora di lezione accademica, non mostravano un calo nel rendimento scolastico rispetto agli studenti che invece studiavano un’ora extra tutti i giorni. Il loro essere fisicamente attivi li metteva in grado di migliorare i propri voti”. La conclusione cui la ricercatrice e i suoi collaboratori sono giunti è che “I giovani impegnati in uno stile di vita fisicamente attivo traggono vantaggi non solo per la salute fisica ma anche in altri aspetti del loro benessere generale, come la salute mentale e il rendimento scolastico”.

FONTE

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Camminare fa risparmiare i soldi delle tasse

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA CHE CORRE SPORT ALLENAMENTO RUNNER MARATONETA CORRERE GAMBE PIEDI MUSCOLIChe cosa può convincere un gruppo di persone obese a camminare per almeno 5.000 passi al giorno per un anno? Non la promessa dei benefici per la salute cardiovascolare, nemmeno la minaccia rappresentata dai rischi che la sedentarietà abbinata all’obesità porta con sé. Può però riuscire nell’ardua impresa un premio per l’assicurazione sanitaria più alto.

Accade negli Stati Uniti, dove il sistema sanitario si basa sulle assicurazioni private che però, vista la notevole diffusione dell’obesità e le sue importanti implicazioni a livello di salute, cominciano a mal sopportare l’idea che i loro assicurati non facciano nulla per migliorare il proprio “profilo di rischio”. Così La Blue Care Network ha iscritto un folto gruppo dei propri assicurati in sovrappeso a un programma di fitness basato sull’uso di un pedometro che dava diritto a uno sconto del 20% sul premio da pagare.

I ricercatori delle Università del Michigan e di Stanford hanno analizzato i risultati di questo esperimento pilota, convinti che sia quella la direzione che sempre più compagnie di assicurazione prenderanno in America. Dopo un anno il 97% delle oltre 6.000 persone coinvolte nel programma erano riuscite a raggiungere o superare l’obiettivo di fare 5.000 passi al giorno tutti i giorni, compresi coloro che avevano giudicato ingiusto e coercitivo l’obbligo di fare fitness per ottenere lo sconto.

In pratica aderire a WalkingSpree, il programma basato sul camminare, equivaleva a indossare un pedometro fornito dalla compagnia di assicurazione, scaricandone poi quotidianamente i dati su un apposito sito internet che teneva traccia del comportamento degli iscritti. “Vi è un dibattito etico intorno all’idea di costringere qualcuno a essere personalmente responsabile per i costi sanitari legati alla sedentarietà”, commenta Caroline R. Richardson, tra gli autori dello studio pubblicato su Translational Behavioral Medicine. “Ma ci aspettiamo di vedere sempre più tentativi di questo tipo per motivare finanziariamente comportamenti salutari”.

Per alcune famiglie lo sconto arrivava a consistere anche di 2.000 dollari l’anno, un bel risparmio davvero. Secondo gli autori i programmi di fitness sponsorizzati da aziende e compagnie di assicurazione aumenteranno per effetto delle politiche dell’Affordable Care Act, (il cosiddetto Obamacare) perché consentono di risparmiare sui costi sanitari se impiegati e assicurati mantengono abitudini sane.

E se la stragrande maggioranza dei 6.548 partecipanti ha mantenuto il patto, e ha davvero camminato quei 450.000 passi a trimestre che erano richiesti dal programma, solo un terzo di loro lo ha fatto controvoglia, mentre gli altri due terzi si sono detti soddisfatti del programma. E se lo hanno trovato facile da seguire e ne hanno tratto beneficio, c’è da sperare che continueranno a camminare e contare i passi anche in futuro, senza bisogno di sconti o incentivi economici.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Vuoi che la tua vita si allunghi di tre anni?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA SPIAGGIA MARE SALTO FELICITA ALLEGRIA ESTATE CALDO VACANZE LIBERA LIBERTAVuoi che la tua vita si allunghi di tre anni? Credo di si visto che vivere è una esperienza meravigliosa! Come fare per vivere tre anni in più? La risposta è impegnarsi per mezz’ora al giorno in una attività fisica moderata per 5 giorni a settimana. La scienza ci dice infatti che coloro che si impegnano in una qualche forma di regolare esercizio fisico, anche di moderata intensità, per circa 150 minuti totali alla settimana, hanno un’aspettativa più elevata di 2,4-3 anni rispetto ai sedentari totali o a chi si muove poco.

E’ arrivato a tale conclusione uno studio condotto da un team della Queen’s University in Ontario, Canada, pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine.

Abbiamo già scritto su queste pagine che la sedentarietà fa tanti morti quanto il fumo, che l’esercizio fisico andrebbe prescritto dal dottore, che ogni ora in meno passata in posizione seduta regala giorni o mesi di vita aggiuntivi. Ma qual è il messaggio più efficace per invogliare le persone al movimento: lo spauracchio di ciò che può andar male se non lo fanno o la promessa di un bel riconoscimento se invece lo fanno? Insomma funziona di più il bastone o la carota?

Secondo gli scienziati canadesi autori della ricerca la carota è sicuramente un buon sistema per motivare i cambiamenti comportamentali, e spingere le persone a “fare la cosa giusta”. E le conclusioni del loro studio presentano tutti i requisiti essenziali che un messaggio salutistico dovrebbe idealmente avere per essere efficace: sono semplici da capire, specifici per l’individuo e possono essere formulati in una cornice positiva, incoraggiante.

Utilizzando i dati di diversi studi e database sulla popolazione americana (National Health and Nutrition Examination Survey, National Health Interview Study, U.S. Life Tables), Ian Janssen e colleghi hanno confrontato l’aspettativa di vita a ogni età degli adulti sedentari, poco attivi e attivi (che svolgevano almeno 150 minuti di attività fisica a settimana). Hanno scoperto che per gli uomini di 20 anni l’aspettativa di vita aumentava fino a 2,4 anni tra gli attivi rispetto ai sedentari, mentre tra le donne della stessa età l’aumento registrato era addirittura di 3 anni.

Come si fa a totalizzare questi magici 150 minuti che possono regalarci due anni e mezzo di vita in più? Per esempio con 10 minuti di camminata a passo sostenuto 3 volte al giorno per 5 giorni a settimana: magari andando e tornando almeno in parte a piedi dall’ufficio e facendo una breve passeggiata nella pausa del pranzo. L’ideale sarebbe abbinare a questo esercizio aerobico anche un po’ di tonificazione che coinvolga i principali gruppi muscolari (gambe, addome, braccia, spalle, petto, dorso). Un po’ di sollevamento pesi o anche semplici esercizi nei quali si usa il proprio corpo come resistenza (flessioni, affondi) possono bastare.

Il Centro americano per la prevenzione e il controllo delle malattie suggerisce che i benefici aumentano col crescere del tempo dedicato all’attività fisica: l’optimum sarebbe arrivare ad almeno 300 minuti di attività moderata, ovvero 5 ore a settimana. O in alternativa due ore e mezza di attività ad alta intensità, come corsa, nuoto, bici, tennis, basket o altri sport di squadra. A voi la scelta.

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Palestra: i tre errori che fanno quasi tutte le donne

MEDICINA ONLINE PALESTRA ALLENAMENTO DONNA MUSCOLI PESI BELLEZZA GINNASTICA PESISTICAVedo spesso in palestra, ragazze che passano ore sullo step o sul tapis roulant, che fanno bagni di sudore, arrivando spappolate a fine allenamento ma che non riescono a perdere i cuscinetti sui fianchi. Eppure sono convinte di fare tutto il necessario per eliminare grasso e cellulite. Queste ragazze però non sanno che l’eccesso può portare al risultato opposto. Queste effetto è dato dalla risposta endocrina all’attività fisica. Allenamenti troppo lunghi e troppo provanti per il corpo, come sono appunto le ore passate a sudare sullo step favoriscono il rilascio da parte dell’organismo di cortisolo: il più grande nemico del dimagrimento.

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Cosa accomuna mangiare cioccolato, fare una corsa, provare un orgasmo e lanciarsi col paracadute?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO DONNA CHE CORRE SPORT ALLENAMENTO RUNNER MARATONETA CORREREIn questo momento stai mangiando del cioccolato? Hai appena finito appena l’allenamento mattutino o la camminata serale? Hai appena letto una barzelletta che ti ha fatto ridere a crepapelle? Se la risposta è si, il tuo corpo in questo momento sta producendo molecole simili alla morfina. Questi oppioidi sono denominati endorfine e sono responsabili dell’attivazione di moltissimi processi corporei che, a loro volta, alleviano il dolore e migliorano l’umore.

Che cosa sono endorfine e come funzionano?

La parola “endorfina” significa “la morfina nel corpo” (endo =“prodotta all’interno del corpo” orfina = ” simile alla morfina”). Le endorfine sono proteine prodotte dalla ghiandola pituitaria e dall’ipotalamo. Esse si legano ai recettori oppioidi delle cellule cerebrali, specialmente nel talamo e nel sistema limbico, inibendo la trasmissione nocicettiva periferica (il dolore) al sistema nervoso centrale e influenzando l’emotività e il comportamento. Le endorfine svolgono azioni di coordinazione e controllo delle attività nervose superiori, tanto da poter essere eventualmente correlate con l’instaurarsi di espressioni patologiche del comportamento, nel caso in cui il loro rilascio divenisse incontrollato. Come anche numerosi alcaloidi di derivazione morfinica, le endorfine sono in grado di procurare uno stato di euforia o di sonnolenza, più o meno intenso a seconda della quantità rilasciata.  Ce ne sono circa venti tipi e sono divise in quattro gruppi: alfa-endorfine, beta-endorfine, gamma-endorfine e sigma-endorfine.

Leggi anche: Forrest Gump esiste davvero: l’uomo che corre senza fermarsi mai

Quali sono i modi per far produrre al nostro corpo le endorfine?

Ecco dodici modi per far produrre al nostro corpo più endorfine e quindi per diminuire il dolore e avere un senso generale di benessere:

1. Mangiare del peperoncino.
2. Fare sport: chi fa sport ha livelli di beta-endorfine nel corpo più elevati di coloro che non lo praticano.
3. Avere un orgasmo.
4. Fare una seduta di agopuntura.
5. Mangiare il cioccolato.
6. Fare qualcosa di “estremo”: Bungee jumping, un giro sulle montagne russe, un lancio con il paracadute…
7. Ridere: più è lunga la risata, meglio è.
8. Prendere il sole.
9. Vedere uno spettacolo che vi piace e/o ascoltare della bella musica.
10. Pensare positivamente. Ciò invocherà “l’effetto placebo”.
11. Fare alcuni respiri profondi.
12. Aumentare il contatto fisico con il vostro partner (studio condotto dal Dr. Candace Pert della Johns Hopkins University).

Leggi anche: Drogarsi di corsa: “runner’s high” anche detto “sballo del corridore”

I maratoneti? Tutti drogati di endorfine: “lo sballo del corridore”

Con il termine Runner’s High (sballo del corridore) si intende una certa sensazione di euforia riscontrata da molti atleti durante la pratica sportiva prolungata. Prima che fossero compiute mirate ricerche al riguardo, questa condizione era per lo più attribuita a cause psicologiche invece che ad una causa neurochimica. Alcune ricerche relativamente recenti (2008) hanno infatti provato la dipendenza di questa sensazione euforica dal rilascio di endorfine da parte dell’ipofisi durante l’esercizio fisico di una certa durata (la durata minima varia soggettivamente, ma in genere non è mai inferiore ai trenta minuti di sforzo fisico continuativo). Tale endorfine – con il meccanismo descritto poche righe più su –  agiscono come una vera e propria droga. Essendo necessario uno sforzo prolungato, il runner’s high è molto più frequente in atleti specializzati nelle attività aerobiche, in particolare maratona (da qui il nome) o ciclismo.

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Potenzia il tuo cervello e batti l’Alzheimer con libri, cruciverba ed una chitarra

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La cultura tiene in vita il nostro cervello

Secondo uno studio pubblicato su Human Brain Mapping dai ricercatori italiani della Fondazione Santa Lucia di Roma, un aiuto per un cervello in forma arriva da cultura, libri e anni di istruzione, che rappresenterebbero il «mix» vincente per tenere il più lontano possibile l’invecchiamento cerebrale e le malattie neurodegenerative. Diretto da Fabrizio Piras e coordinato da Gianfranco Spalletta – responsabile del Laboratorio di Neuropsichiatria – e da Carlo Caltagirone – direttore scientifico della Fondazione – lo studio ha visto coinvolti 150 soggetti sani tra i 18 e i 65 anni sottoposti a una nuova tecnologia di risonanza magnetica in grado di misurare le variazioni strutturali dei tessuti cerebrali: «Per la prima volta siamo riusciti a determinare il luogo all’interno del cervello in cui una più ricca attività mentale avvia dei meccanismi protettivi nei confronti della neurodegenerazione», spiega Spalletta. Dai risultati è anche emersa una correlazione tra gli anni di istruzione scolastica e il movimento delle molecole d’acqua all’interno del cervello, indice qualitativo – spiegano gli autori dello studio – della struttura cerebrale.

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Suonare la chitarra (ma va bene anche un qualsiasi altro strumento musicale!)

Suonare uno strumento musicale tiene allenato il nostro cervello. Io parteggio per la chitarra, ma solo perchè è il principale strumento che suono fin da piccolo e di cui sono molto appassionato, ma in verità va bene anche qualsiasi altro strumento! Molti studi confermano questa tesi, ad esempio ho apprezzato molto questo interessante articolo della ricercatrice canadese Krista Hyde, in cui viene riportato uno studio fatto su 15 bambini “musicisti” e 16 bambini del gruppo di controllo. All’inizio dello studio tutti i bambini, di circa 6 anni, ignari di qualsiasi nozione musicale, sono stati invitati a una sessione di risonanza magnetica. Poi, per 15 mesi i bambini del gruppo dei “musicisti” hanno seguito lezioni settimanali di pianoforte. Alla fine di questo periodo, tutti i bambini sono stati nuovamente invitati a fare la risonanza. Hyde e colleghi hanno utilizzato una nuova tecnica, chiamata Deformation Based Morphometry, che permette di studiare le deformazioni in grandezza o forma dei voxel, le unità di misura delle immagini di risonanza, estrapolando così i cambiamenti cerebrali non legati al normale sviluppo evolutivo del bambino. I risultati delle risonanze dei “musicisti” mostrano l’ingrandimento della corteccia motoria primaria destra, responsabile del controllo dei movimenti della mano sinistra, del corpo calloso, cioè le fibre nervose che connettono un emisfero all’altro, e della corteccia uditiva primaria destra, responsabile dell’elaborazione dei suoni musicali. Questi cambiamenti nel cervello corrispondono all’abilità di esecuzioni di compiti motori (per la corteccia motoria e il corpo calloso) e musicali (per la corteccia uditiva). L’aspetto che trovo più sorprendente in questa ricerca è la plasticità del nostro cervello dopo solo 15 mesi di lezioni di musica!

Parole crociate e sudoku

Il segreto per mantenere il più a lungo possibile il cervello giovane? È allenarlo sin da giovani. A spiegarlo i ricercatori dell’Università di Berkeley (Usa) in uno studio pubblicato su Archives of Neurology: per portare avanti la loro ricerca hanno intervistato 65 anziani sulle loro abitudini, nel corso della vita, alla lettura, alla scrittura e ai giochi che impegnano la mente come parole crociate, sudoku e brain games elettronici. Ognuno dei partecipanti è stato poi sottoposto a una risonanza magnetica al cervello per valutare la presenza della proteina amiloide, i cui accumuli sono tra i responsabili dello sviluppo della malattia d’Alzheimer. Ed è emerso che tanto più i soggetti manifestavano una maggiore attività cerebrale, tanto più il livello degli accumuli della proteina era basso: «I nostri dati suggeriscono che una vita trascorsa a impegnarsi in queste attività ha un effetto cruciale nel mantenersi cognitivamente attivi in età avanzata», spiega Susan Landau, una degli autori dello studio. Nel dubbio, quindi, passare del tempo con le parole crociate non guasta.

«Esercitarsi con le parole crociate, anche per poco tempo al giorno, mette in gioco le funzioni cognitive superiori: pensiero astratto, attenzione, nessi logici, memoria», dice lo psichiatra Pietro Pietrini, direttore del dipartimento di medicina di laboratorio dell’Azienda ospedaliero universitaria Santa Chiara di Pisa. Gli inglesi sintetizzano con l’espressione “use it or lose it”: «Gli studi di risonanza magnetica hanno mostrato che si attivano parti distinte del cervello, che dialogano tra loro per portare a termine compiti come quelli richiesti dal cruciverba».
Ogni volta che si prova a completare uno schema si favorisce la formazione di nuovi contatti tra i neuroni (sinapsi) e dunque si mantiene il cervello più giovane. Conferma Petrini: «Esperimenti e misurazioni eseguite tramite la Pet (tomografia a emissione di positroni) mostrano che, a pari età, il decadimento cognitivo tra i malati di Alzheimer è più lento in quelle persone che hanno tenuto in esercizio l’intelletto».

Internet fa la sua parte

Sono soprattutto i motori di ricerca ad aiutare i neuroni a rimanere «scattanti»: da una ricerca della University of California di Los Angeles (UCLA) coordinata da Gary Small è emerso che cercare informazioni e curiosità su browser come Google consente di allenare in una sola azione la memoria (del termine da cercare), l’elasticità (nella scelta delle parole chiave da inserire) e il ragionamento (tramite la comprensione e l’analisi dei risultati ottenuti), e aiuterebbe il cervello a mantenersi giovane rallentando l’insorgenza della demenza. Il segreto è nella continua stimolazione dei neuroni e delle connessioni cerebrali che l`esercizio mentale di ricerca sui browser in internet garantirebbe.

L’importanza della dieta

Secondo i ricercatori dell’Oregon Health & Science University di Portland (Usa) una certa dieta può aiutare ad allontanare il deterioramento cognitivo, mentre certi cibi possono accelerarne l’insorgenza. Lo studio, pubblicato su Neurology, ha messo in evidenza che le persone a rischio di declino cognitivo che seguono una dieta a base di pesce, frutta e verdura, e quindi ad alto contenuto di vitamine C, D ed E e di acidi grassi omega3, ottengono punteggi più alti nei test cognitivi e risultano più protette dal declino rispetto a coloro che, invece, consumano molti grassi trans – presenti nei cibi confezionati, nei prodotti da fast food, nelle fritture, nei piatti pronti e nella margarina.
Il ruolo della vitamina B12 come «carburante per il cervello» è stato invece messo in evidenza da uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition dai ricercatori dell`Università di Oxford (Regno Unito), secondo cui la vitamina B12 preserva dal restringimento cerebrale e dal declino cognitivo che da questo consegue. In particolare a fare la differenza sarebbe l’assunzione di latte: gli studiosi hanno infatti rilevato che ben il 55% della vitamina contenuta in questo alimento entra nel flusso sanguigno. Il pesce rappresenta invece la seconda fonte della vitamina, mentre al terzo posto si attestano i prodotti lattiero-caseari.

L’immancabile contributo dell’attività fisica

Un po’ di movimento non guasta mai – Un po’ di moto quotidiano non serve solo a mantenersi in linea e a preservarsi dal rischio cardiovascolare: uno studio condotto dal Beckam Institute dell’Università dell’Illinois (Usa) mostra, infatti, come l`esercizio aerobico contribuisca a rallentare il processo di invecchiamento delle cellule cerebrali. La ricerca, pubblicata sulla rivista British Journal of Sports Medicine, ha esplorato le potenzialità dell’attività fisica sui neuroni mostrando che l’attività fisica quotidiana eseguita costantemente contribuisce effettivamente a migliorare il funzionamento dei cervelli più anziani. «La nostra ricerca illustra l`effetto benefico di un moderato esercizio fisico sulle funzioni cerebrali – spiega Art Kramer, neuropsichiatra esperto in scienze cognitive e autore dello studio -. La ginnastica quotidiana migliora l’afflusso di sangue al cervello ed è in grado di bloccare l’invecchiamento neuronale che si riscontra tra gli anziani».

Spegni facebook e vediti coi tuoi amici

Fare uno sforzo per restare in contatto e trascorrere del tempo con altre persone, di persona piuttosto che virtualmente. La ricerca mostra che l’isolamento e la solitudine aumentano il rischio di sviluppare demenza.

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Diete iperproteiche ed integratori di proteine: sono davvero utili o fanno male?

MEDICINA ONLINE PALESTRA ALLENAMENTO UOMO MUSCOLI PESI BELLEZZA GINNASTICA PESISTICAProteine, dieta Dukan, alimentazione iperproteica, integratori: sono le parole d’ordine di tutti quelli che aspirano ad un corpo tonico, asciutto e muscoloso. Le proteine sono certamente importanti, anzi fondamentali, per il benessere e le funzioni organiche di ciascun individuo, ed ancor di più per tutti gli sportivi, ma ciò non significa che seguire un’alimentazione basata quasi esclusivamente sulle proteine, o mandar giù litri di integratori proteici sia la giusta strada da seguire. Ecco una lista delle 11 informazioni sulle proteine che potrebbero interessarvi:

Continua la lettura con https://articoli.nonsolofitness.it/it/item/2542-proteine-tutto-quello-che-non-avresti-mai-voluto-sapere.html

Per approfondire: Troppe proteine fanno male ai reni o al fegato? Qual è il fabbisogno giornaliero di proteine?

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Vuoi tenere in forma il tuo cervello? comincia ad allenare i tuoi muscoli

MEDICINA ONLINE PALESTRA ALLENAMENTO UOMO MUSCOLI PESI BELLEZZA GINNASTICA PESISTICAIl luogo comune che associa un fisico esile a un cervello superlativo (e viceversa un corpo palestrato a una scarsità di materia grigia) è destinato a morire. Sempre più ricerche confermano che l’esercizio fisico non si limita a rinforzare i muscoli e a prevenire le malattie cardiovascolari. Migliora anche le prestazioni mentali e aiuta a prevenire malattie del cervello come il morbo di Alzheimer.
I benefici più evidenti sono a livello della memoria, la prima funzione cerebrale a “perdere colpi” (comincia a decadere dai 25 anni in poi), come dimostra uno studio condotto alla Columbia University e pubblicato sulla rivista PNAS.

Continua la lettura con https://www.assomensana.it/Magazine/Attivita-fisica/23-Lo-sport-sviluppa-neuroni/#:~:text=Il%20luogo%20comune%20che%20associa,e%20a%20prevenire%20le%20malattie%20cardiovascolari.

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