Bruxismo: sintomi, bite, prevenzione e cura

MEDICINA ONLINE ARTICOLAZIONE TEMPORO MANDIBOLARE ATM MANDIBOLA MASCELLA ANATOMIA FUNZIONI FISIOLOGIAPer bruxismo si intende una condizione in cui si digrignano i denti, sfregando l’arcata superiore contro l’inferiore o stringendo con una certa forza le mascelle. Il bruxismo è una condizione abbastanza frequente che dipende dall’involontaria contrazione dei muscoli della masticazione. Si verifica in prevalenza di notte e può causare diversi disturbi: usura dei denti, dolore alla mandibola, mal di testa. Chi soffre di bruxismo digrigna in maniera involontaria i denti. Non c’è una causa specifica per questo movimento dei muscoli e della mascella, che infatti viene definita parafunzione. Spesso il bruxismo si manifesta di notte e in molti casi determina dei problemi ai denti, per questo quando è frequente andrebbe contrastato con l’uso di appositi distanziatori che sono chiamati bite. Talvolta il bruxismo può essere così rumoroso che ad accorgersi per primo della condizione è il partner durante il sonno.

Quali sono le cause del bruxismo?

È difficile indicare la causa del bruxismo. Studi scientifici hanno indicato numerosi fattori, che spesso possono concorrere a provocare il disturbo, tra i quali ansia e stress, problemi emotivi e psicologici, disturbi del sonno, un disallineamento delle arcate dentarie (malocclusione), risposta muscolare a malattia neurodegenerativa. Quando i bambini digrignano i denti potrebbe essere dovuto al tentativo di alleviare il dolore di un’otite o del mal di denti. Il fumo, l’abuso di alcolici e caffeina, il consumo di droghe possono determinare il fenomeno.

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Quali sono i sintomi del bruxismo?

Il bruxismo si presenta con il digrignamento dei denti, che vengono serrati. Questo può causare delle conseguenze che includono: lesioni e usura dei denti, che possono scheggiarsi; aumento della sensibilità dei denti, soprattutto per la perdita dello strato di smalto; dolore alla mascella; dolore alle orecchie; dolore ai muscoli della testa; mal di testa.

Come prevenire il bruxismo?

Le strategie di prevenzione del bruxismo includono metodi per la riduzione dello stress, come ascoltare la musica, far un bagno caldo, fare attività fisica moderata e regolare. Evitare alcolici e di bere caffè e tè dopo cena.

Diagnosi

Per la diagnosi di bruxismo è sufficiente una visita medica del dentista, che ispezionerà la salute dei denti verificando l’usura, le lesioni, la sensibilità dei muscoli della mascella. Il dentista può richiedere altri esami, quali:

  • Radiografia ortopanoramica, per evidenziare problemi nell’allineamento delle arcate dentarie (malocclusione).
  • Polisonnografia, un esame specialistico eseguito da un esperto di Medicina e Igiene del sonno per verificare l’andamento del risposo notturno.

Trattamenti

Il trattamento del bruxismo è finalizzato a proteggere i denti, ma anche la qualità della vita e del riposo, che può avere conseguenze sulla salute cardiovascolare.

In particolare si può intervenire con l‘uso di un bite, un paradenti da indossare durante la notte per evitare lo sfregamento dei denti.
Si possono poi adottare tecniche di rilassamento per alleviare lo stress. In alcuni casi, può essere necessario l’uso di psicoterapia per contrastare i problemi emotivi alla base del disturbo.

Può essere necessario ricorrere a cure dentali, per la correzione della malocclusione, per riallineare le mandibole e per ridurre i punti di contatto anomali tra i denti.

I farmaci sono raramente efficaci contro il bruxismo. In alcuni casi, quando si usano alcuni neurolettici che favoriscono il bruxismo, il neurologo potrebbe cambiare dosaggio o tipo di farmaco.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Il mio alito odora di feci: cause, quando è pericoloso e rimedi

MEDICINA ONLINE UOMO TRISTE DOLORE MAL DI TESTA PENSIERI DEPRESSIONE STANCHEZZA STANCO BRUTTOLa presenza di odore di feci che fuoriesce dalla bocca del paziente è sempre un segno pericoloso ed una condizione di urgenza addominale per il paziente. E’ facile che il medico pratico si imbatta nel paziente con odore fecaloide, specie se anziano, paziente che può presentare ostruzione del tratto intestinale, in genere più o meno basse. Compare allora il vomito,  tardivamente se le lesioni sono nel colon, per esempio delle masse tumorali.. L’odore fecale dell’alito di solito accompagna il vomito fecale che si associa a un’ostruzione intestinale prolungata o a fistola gastrodigiunocolica. Esso rappresenta un importante segno tardivo di una patologia gastrointestinale potenzialmente letale, poiché l’ostruzione completa di qualunque segmento intestinale, se non viene trattata, può causare morte, dopo ore dalla comparsa di collasso vascolare e shock.

Quando un intestino ostruito o adinamico tenta di decomprimersi spontaneamente rigurgitando il suo contenuto, vigorose onde peristaltiche rimandano il contenuto intestinale indietro, verso lo stomaco. Lo stomaco pieno di liquido intestinale, a sua volta, spinge il contenuto verso l’alto, provocando il vomito. L’odore di vomito fecale persiste nella bocca. L’odore fecale dell’alito si può riscontrare anche nei pazienti con un sondino nasogastrico o intestinale. L’odore è percepibile solo finché persiste la patologia sottostante e si attenua subito dopo la sua risoluzione.

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Interventi urgenti

Poiché l’odore fecale dell’alito può segnalare un’ostruzione intestinale potenzialmente molto grave e – in alcuni casi – letale, si devono rapidamente valutare le condizioni del paziente. Controllare i parametri vitali e porre attenzione ad eventuali segni di shock, come ipotensione, tachicardia, riduzione della pressione del polso, cute fredda e asciutta. Chiedere al paziente se ha nausea oppure se ha vomitato. Valutare la frequenza del vomito così come colore, odore, quantità e consistenza. Raccogliere il vomito, per poterlo accuratamente misurare. Prepararsi a inserire un sondino nasogastrico oppure intestinale, per decomprimere il tubo digerente.

In previsione di un eventuale intervento chirurgico, per rimuovere un’ostruzione o riparare una fistola, il paziente deve eliminare tutti i cibi e i liquidi. E’ importante per il medico:

  • Ottenere un campione ematico ed inviarlo in laboratorio per eseguire emocromo completo e dosaggio degli elettroliti, poiché cospicue perdite di liquidi possono indurre squilibri elettrolitici.
  • Mantenere un’adeguata idratazione e supportare il circolo con ulteriori liquidi.
  • Controllare l’equilibrio acido-base del paziente e somministrare soluzioni come il Ringer lattato, soluzione fisiologica, prevenire l’alcatosi metabolica da perdite gastriche e l’acidosi metabolica da perdite intestinali.

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Alito fecaloide: quali possono essere le cause?

di seguito riporto una serie di possibili cause di alito di tipo fecale:

  1. Ostruzione distale dell’intestino tenue. Nella fase tardiva dell’ostruzione, è presente nausea, anche se il vomito può essere ritardato. All’inizio, il vomito è di contenuto gastrico, quindi diviene di tipo biliare, seguito da contenuto fecale con conscguente odore fecale dell’alito. Sintomi di accompagnamen­to possono includere dolenzia generalizzata, malessere, vertigini e polidipsia. Le modifica­zioni intestinali (dalla diarrea fino alla stipsi), sono accompagnate da distensione addomi­nale, dolore epigastrico persistente o dolore tipo colica periombelicale. rumori intestinali iperaltivi e borborigmi; quando l’ostruzione diventa completa, la peristalsi diventa ipoatti­va o assente. Febbre, ipotensione, tachicardia e dolorabilità di rimbalzo, possono indicare strozzamento o perforazione.
  2. Fistola gastrodigiunocolica. In questa patologia, i sintomi possono essere variabili e intermittenti, a causa della chiusura transi­toria della fistola. Si può avere vomito fecale con conseguente odore lecale dell’alito, ma il più comune segno di esordio è la diarrea, spesso accompagnata anche da dolore ad­dominale. I reperti gastrointestinali correla­ti comprendono anoressia, calo ponderale, distensione addominale, e a volte, grave malassorbimento.
  3. Ostruzione intestinale del colon. All’inizio, il vomito è in genere assente, ma il vomito fecale con conseguente odore fecale dell’ali­to, si può manifestare tardivamente. General­mente, i segni si sviluppano più lentamente rispetto alle ostruzioni dell’intestino tenue. Si ha la brusca comparsa di dolore addominale tipo colica, seguito da dolore ipogastrico persistente. Si hanno marcata distensione addominale e dolorabilità e le anse coliche possono essere visibili attraverso la parete addominale. Anche se si sviluppa stipsi, la defecazione può continuare fino a 3 giorni dopo la completa ostruzione, a causa delle feci rimaste nel tratto di intestino, sottostante la lesione. La fuoriuscita di feci è frequente nelle ostruzioni parziali.

Terapie

Non esiste un solo tipo di trattamento che risolva tutti i casi di vomito fecaloide: le cure dovranno essere impostate dal medico in base alla causa a monte che hanno determinato la comparsa di alito fecaloide. In alcuni casi poterebbe rendersi necessario anche un intervento chirurgico.

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I migliori prodotti per l’igiene orale

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere della bocca e del viso, in grado di migliorare l’igiene orale, combattere l’alito cattivo, pulire la lingua dalla patina ed idratare le labbra:

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Quando la bocca è secca per mancanza di saliva: la xerostomia

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISIIl termine xerostomia (anche nota come secchezza delle fauci) indica bocca secca a causa della mancanza di saliva. La xerostomia può causare difficoltà nel parlare e mangiare. In molti casi può comportare anche alitosi e un importante aumento di carie dentali dal momento che uno degli effetti protettivi della saliva, cioè la rimineralizzazione dello smalto, non è più presente. In molti casi la xerostomia può rendere la mucosa del tessuto parodontale e della bocca più vulnerabile alle infezioni.

Diffusa particolarmente nelle persone anziane, prevalentemente donne, con un’incidenza di circa un quarto della popolazione.

Cause

In linea di massima la xerostomia è causata da una insufficiente produzione di saliva oppure da una eliminazione eccessiva (come avviene ad esempio dalla eccessiva respirazione attraverso la bocca). Fra le cause ricordiamo:

  • Iposalivazione
    • Sindrome di Sjögren;
    • Sindrome di Lambert-Eaton;
    • Diabete mellito in cattivo controllo metabolico;
    • Stati d’ansia;
    • Abuso di alcolici;
    • Traumi coinvolgenti le ghiandole salivari, i dotti o la loro innervazione;
    • Radio o chemioterapia per tumori localizzati nella regione del cranio/collo;
    • Abuso di Metanfetamina, cannabis, eroina
    • Disidratazione (varie cause in particolare febbre o diarrea profusa;
  • Farmaci
    • Antidepressivi ed ansiolitici;
    • Antistaminici;
    • Decongestionanti;
    • Antiipertensivi;
    • Miorilassanti;
    • Farmaci per l’incontinenza urinaria;
    • Farmaci per la malattia di Parkinson.

Molti soggetti anziani riferiscono di provare una sensazione più o meno grave di xerostomia, tuttavia alcuni studi sembrano indicare che la produzione di saliva da parte delle ghiandole salivari maggiori non si riduce in modo clinicamente significativo con il progredire dell’età. Secondo un altro studio la produzione di saliva delle ghiandole salivari maggiori è indipendente da età, sesso e razza. Pertanto i segni e sintomi di secchezza della bocca negli anziani non possono essere considerati una normale conseguenza dell’invecchiamento. È opportuno ricordare che gli anziani hanno maggiori probabilità di soffrire di problemi di salute che potenzialmente possono causare xerostomia e che essi assumono spesso molti farmaci in grado di determinare bocca secca.

Sintomi e segni

I sintomi e segni di xerostomia, sono:

  • Bocca appiccicosa e secca;
  • Saliva spessa e viscosa;
  • Sensazione di dolore urente (bruciore) alla bocca;
  • Sensazione di labbra e gola secca;
  • Alitosi;
  • Difficoltà di deglutizione;
  • Difficoltà a parlare;
  • Infezioni del cavo orale (batteriche e micotiche);
  • Piaghe ed afte del cavo orale.

Trattamento

Il trattamento consiste nel trovare le cause correggibili e, se possibile, rimuoverle.
In molti casi non è possibile correggere la xerostomia, pertanto il trattamento si deve concentrare sulla possibilità di alleviarne i sintomi e prevenirne le sequele, ad esempio il formarsi di carie dentali. I pazienti con xerostomia devono evitare l’uso di decongestionanti ed antistaminici, e prestare grande attenzione all’igiene orale. Il sorseggiare frequentemente liquidi non gassati né zuccherati, il masticare gomma contenente xilitolo, e utilizzare sostitutivi della saliva a base di carbossimetilcellulosa o di idrossietilcellulosa può aiutare.
La pilocarpina (un agonista colinergico) può essere prescritta per il trattamento della xerostomia.
La cevimelina (Evoxac) è stata autorizzata in alcuni paesi per il trattamento della secchezza delle fauci associata alla sindrome di Sjögren. Come la pilocarpina, anche la cevimelina è un agonista colinergico.

Sostituti della saliva

I sostituti della saliva sono spesso il trattamento di scelta per i pazienti con xerostomia. Si ricorda che la xerostomia è il sintomo (bocca secca) la cui causa è la ridotta secrezione salivare (iposalivazione). Alcuni prodotti commerciali di vecchia concezione sono soluzioni elettrolitiche che tamponano l’acidità che viene a generarsi nella cavità orale in condizioni di iposalivazione. Altri di più recente concezione hanno una formulazione basato sulla presenza di speciali sostanze inerti ad attività umidificante e lubrificante imitando la saliva naturale ed hanno dimostrato una buona efficacia sintomatica nel ridurre i disturbi della xerostomia in pazienti con sindrome di Sjögren ed anche in pazienti con secchezza della bocca causata da farmaci. Di ultimissima generazione esistono sul mercato dei sostituti salivari che contengono anche degli enzimi antibatterici simili a quelli contenuti nella saliva naturale: Lisozima, Lattoferrina, Lattoperossidasi.

Altri prodotti

L’utilizzo da parte dei pazienti di prodotto enzimatici per l’igiene del cavo orale sembra non avere “alcun effetto sulla colonizzazione orale da parte di germi appartenenti alla specie Candida ed alla microflora orale in grado di provocare” e non determinerebbe “conte significativamente più basse di batteri quali Streptococcus mutans e Lactobacilli”.

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Come e quando iniziare a lavare i denti ai bambini?

MEDICINA ONLINE COME QUANDO INIZIARE LAVARE DENTI BOCCA BAMBINI NEONATI ETA ANNO LINGUA CONSIGLI AIUTO.jpgLa comparsa dei primi dentini porta tanti genitori a chiedersi come fare per garantire una corretta igiene orale per limitare il rischio che in futuro il bimbo soffra di problemi ai denti. Ma quando iniziare a lavare i denti ai bambini? Si deve prestare attenzione all’igiene dei denti a partire dalla comparsa già del primo dentino. Inizialmente basterà utilizzare una garza in cotone imbevuta d’ acqua e passarla sui denti (o sul dente!), sulle gengive e anche sulla lingua. Non solo, è molto importante curare l’igiene orale del bebè fin dalla nascita: in seguito alla poppata, infatti, è possibile che rimangano nella bocca del bambino residui di latte che si depositano sui denti rimanendovi anche per un lungo periodo (pensiamo al riposo notturno) e questo può provocare la cosiddetta “carie da biberon” che attacca i dentini frontali superiori ed inferiori. Per scongiurare il rischio di carie in età così precoce è necessario tenere pulita la bocca del bimbo aiutandosi con una garza umida.

Con la comparsa dei primi dentini la pulizia deve essere ancora più accurata. Molte mamme sono portate erroneamente a credere che la cura dei denti da latte, che sono destinati a cadere, non sia poi così importante. In realtà un’adeguata cura di questi denti contribuisce allo sviluppo corretto delle arcate dentarie e dei denti permanenti che possono trovare così il necessario spazio per la loro collocazione naturale. La parola d’ordine è, dunque, “igiene”. L’uso della garza umida per pulire la bocca e i dentini è in genere sufficiente fino ai 12 mesi; da quest’età si può cominciare ad usare uno spazzolino bagnato con le setole morbide. Ad ogni modo con la comparsa dei primi dentini è importante curare le abitudini alimentari. Ecco alcuni necessari accorgimenti:

  • evitare che il bambino si addormenti con biberon contenenti liquidi zuccherati (soprattutto succhi di frutta ma anche latte) che possono fermentare;
  • eliminare l’uso del biberon dopo i 14 mesi;
  • non utilizzare succhiotti intrisi nello zucchero o nel miele;
  • tenere sotto controllo l’introduzione di zuccheri: è preferibile che il bambino mangi dolci durante i pranzi principali, quando il flusso salivare è maggiore, evitandoli negli intervalli, quando più facilmente si formano gli acidi che favoriscono l’insorgenza della carie

Dopo ogni pasto o poppata, in particolare quella serale, è bene spazzolare i denti con uno spazzolino adatto che oltre alla giusta dimensione, sia anche colorato e divertente in modo da avvicinare con più facilità il bambino verso il suo uso. In commercio, vi sono spazzolini adatti ai bambini a seconda dell’età, con un’impugnatura comoda. Si passerà ad usare anche il dentifricio solo quando il bambino avrà imparato a non ingoiarlo. Infatti, sebbene alcune marche note di dentifrici pubblicizzino i propri prodotti affermando che non contengono sostanze tossiche, l’eventualità che il bimbo ingoi delle piccole quantità di dentifricio potrebbe costituire un potenziale rischio per la salute del piccolo. Non dimentichiamo infatti che alcuni autorevoli studi mettono in guardia sui tanto decantati effetti benefici di alcune delle sostanze presenti nei dentifrici, prima fra tutte il fluoro che può risultare tossico per l’organismo.

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Come abituare il bambino a lavarsi i denti

È importante non forzare il bambino ad usare lo spazzolino, piuttosto bisognerebbe fare in modo che il momento del lavarsi i denti, approfittando anche del contatto con l’acqua che è generalmente molto gradito ai bambini, si trasformi in un gioco e in seguito in una consolidata e piacevole abitudine. A questo scopo è utile avvicinare gradualmente il bimbo all’evento, facendogli vedere come si fa a lavarsi i denti e spiegandogli che presto potrà farlo anche lui  “da solo” come fanno mamma e papà!

Il bimbo inizierà ad incuriosirsi, e così comincerà a prendere confidenza con lo spazzolino.

Come prevenire la carie nei bambini piccoli

È molto importante che anche i bimbi più pigri vengano gradualmente educati alla sana abitudine di lavarsi i denti ogni volta che assumono cibi o bevande zuccherate. Infatti, il contatto prolungato dei dentini o delle gengive con liquidi contenenti zucchero, come il latte, gli alimenti in polvere e i succhi di frutta, può causare l’insorgere della carie. È soprattutto prima del riposo notturno, quindi, che è bene evitare che il bambino assuma questi alimenti perché lo zucchero si deposita sui denti anche grazie alla minore quantità del flusso salivare e vi rimane per molte ore; tutto ciò aumenta le probabilità che si formi la carie che in genere attacca prima i denti frontali superiori e poi quelli inferiori.

Per questo motivo è assolutamente da evitare che il bimbo si addormenti con il biberon di latte o succo di frutta; se il piccolo non riesce ad addormentarsi senza ciucciare qualcosa si può proporgli un biberon di acqua o il succhiotto. Se il bimbo è ancora allattato al seno è importante pulirgli i denti e le gengive dopo ogni poppata con un panno pulito o una garza umida. È molto importante comunque che i genitori controllino periodicamente i dentini del piccolo, verificando l’assenza di macchioline nere o puntini che potrebbero indicare la presenza di carie

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Frenulo linguale: cos’è e cosa fare se è troppo corto

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISIIl frenulo linguale è quella piccola parte di tessuto che si ritrova all’interno della bocca, che unisce la parte sottostante della lingua al basamento della cavità orale. Lo si può osservare facilmente sollevando la lingua.

Malformazioni del frenulo della lingua

Il frenulo linguale può presentare delle malformazioni sin dal nascita: se il frenulo appare corto e grosso può porre problemi per quanto riguarda la distanza fra i denti, creando un diastema anomalo. In casi eccessivi, quando il tessuto che costituisce il frenulo non sia abbastanza lungo da consentire il normale funzionamento della lingua si viene a mostrare il quadro clinico definito come anchiloglossia. Tale anomalia limitando la mobilità della lingua complica alcune attività della vita quotidiana: si mostra difficoltà nell’articolare il linguaggio o nel contribuire al lavoro meccanico durante la masticazione del cibo.

Terapia del frenulo linguale corto

In caso di frenulo eccessivamente corto sin dalla nascita si può intervenire mediante alcuni piccoli interventi chirurgici: frenulotomia, o in alternativa la frenuloplastica, essi restituiranno la normale mobilità alla lingua, che potrà pertanto assolvere alle sue funzioni.

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Guance: anatomia e funzioni in sintesi

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Funzioni

Sotto il profilo funzionale le guance, oltre a partecipare alla maggior parte delle funzioni svolte dalle labbra, svolgono un proprio ruolo nel processo di masticazione intervenendo nella fase di triturazione degli alimenti solidi attraverso una spinta continua di questi verso le arcate dentarie. Nei casi di paresi del facciale le guance perdono la loro mobilità, diventano flaccide e in conseguenza durante la masticazione a livello alveolare c’è ristagno di cibo o di saliva; si osservano inoltre variazioni della fisionomia del soggetto.

Conformazione delle guance

Presentano una superficie esterna o cutanea e una interna o mucosa, entrambe di forma irregolarmente quadrilatera e di differente estensione. La superficie esterna, più estesa dell’interna, ha limiti segnati convenzionalmente:

  • Cranialmente da un piano passante per il pavimento della cavità orbitaria
  • Caudalmente da un piano passante per il margine inferiore del corpo della mandibola
  • Posteriormente da un piano tangente al margine posteriore del ramo della mandibola
  • Anteriormente da un piano passante per l’ala del naso e per la commissura labiale.

La superficie interna presenta limiti più netti:

  • Cranialmente e caudalmente è delimitata dai fornici vestibolari
  • Posteriormente da una plica verticale, la plica pterigopalatina corrispondente al rilievo del rafe pterigopalatino
  • Anteriormente non sono individuabili limiti di demarcazione delle labbra.

Sulla superficie interna, in prossimità della commissura labiale, sono a volte osservabili i corpuscoli di Fordyce, piccoli rilievi giallastri che non sono altro che ghiandole sebacee ectopiche.

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Struttura delle guance

Nello spessore delle guance si distinguono un piano cutaneo, uno sottocutaneo, uno muscolare aponeurotico e uno mucoso.

  • La cute è riccamente vascolarizzata e fornita di molte ghiandole sebacee e sudoripare
  • Il sottocute è costituito da uno strato cellulo-adiposo di spessore variabile in rapporto con l’età, allo stato di nutrizione e alla sede considerata (più spesso al centro e posteriormente che anteriormente). Nel suo contesto si osservano le estremità di alcuni muscoli mimici come il muscolo risorio, il quadrato del labbro superiore, lo zigomatico e il platisma; vi decorrono inoltre diversi vasi e tronchi nervosi
  • Il piano muscolo-aponeurotico è costituito dal muscolo buccinatore e dalla sua aponeurosi, è un muscolo mimico che contrae rapporti con la cute ed è saldamente adeso alla sottostante mucosa; è attraversato dal dotto parotideo e da alcuni rami del nervo buccale. A tale muscolo la guancia deve la sua tonicità, importante per evitare il ristagno del cibo durante la masticazione.
  • La mucosa è composta da epitelio pavimentoso stratificato non cheratinizzato di spessore di circa 0,5 mm, la tonaca propria è ricca di fibre collagene elastiche con papille basse e irregolari in cui sono intercalate ghiandole salivari minori. Tale tonaca è saldamente adesa alla fascia del muscolo buccinatore senza l’interposizione di una sottomucosa. Nella zona mediana è presente una linea alba dovuta al contatto con i denti.

Vasi e nervi delle guance

La vascolarizzazione arteriosa è garantita dall’arteria facciale (per il settore antero-superiore), dall’arteria infraorbitaria (regione postero-superiore) e dalla buccale (per la mucosa della guancia); mentre il drenaggio venoso avviene attraverso la vena facciale anteriore e la vena retromandibolare. L’innervazione motoria è fornita dal ramo buccale inferiore della branca cervicofacciale, che origina dal nervo facciale, mentre la sensibilità generale è raccolta dal nervo trigemino attraverso i suoi rami buccale, infraorbitario e il ramo inferiore del nervo auricolo-temporale.

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Palatoschisi: cause, problemi derivanti e cure

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISI.jpgLa palatoschisi è una malformazione del palato, che si presenta come una fenditura più o meno estesa della parte anteriore del palato duro. Qualora la fenditura prosegua coinvolgendo anche il labbro superiore (labbro leporino o cheiloschisi) si parla di cheilognatopalatoschisi o labiopalatoschisi.

Cause e sintomi

La malformazione è di derivazione genetica al 10% e colpisce 1 soggetto su mille, nella maggior parte dei casi di sesso femminile; tale malformazione comporta il pieno contatto fra la zona del naso e della bocca, e ciò dà luogo a gravi difficoltà nell’uso del linguaggio per via dell’impossibilità di articolare numerosi suoni. La fenditura può raggiungere anche il palato molle coinvolgendo anche l’ugola e di conseguenza l’intera volta palatina.

Problemi per il paziente

I principali problemi per i soggetti affetti da palatoschisi riguardano l’alimentazione, lo sviluppo alterato del linguaggio e un alto rischio di infezioni broncopolmonari. Tuttavia insieme ai problemi fisiologici di cui sopra, si manifestano nel corso della crescita dei soggetti affetti anche problemi a livello psicologico, soprattutto nelle relazioni interpersonali e nella mancata accettazione di sé.

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Cure

I metodi di intervento per la cura di questa malformazione devono rispettare il “timing biologico” di crescita dei tessuti, e comprendono 5 fasi successive:

  1. Terapia Protesica: si avvale dell’applicazione di una placchetta, ottenuta mediante impronta rilevata sul neonato intorno alla prima settimana di vita, e applicazione a partire dalla seconda per un tempo stimato di circa 6 mesi. Il dispositivo protesico realizzato avrà la duplice funzione di fungere da “otturatore”, in grado di separare la cavità nasale da quella orale, e da “attivatore tissutale”, in grado di promuovere l’espansione tissutale determinata da una costante e progressiva pressione.
  2. Rinoseptocheiloplastica: procedura chirurgica atta alla contemporanea correzione del difetto a livello del labbro, naso e setto nasale, mediante isolamento e sospensione delle cartilagini nasali (in particolare quella alare), eseguita fra il 9º e 12º mese di vita.
  3. Palatoplastica: procedura chirurgica atta al ripristino di una corretta morfologia funzionale del palato; veniva eseguita mediante “plastica Z” o “lembo VY”, tecniche che cruentavano eccessivamente il periostio, determinando una guarigione per “seconda intenzione” con abbondante tessuto cicatriziale e conseguenziale perdita di funzione. È da preferire la tecnica di Von Langenbeck, caratterizzata dalla presenza di due lembi palatali assiali peduncolati (irrorati dalle arterie palatine), suturati in prossimità dalla linea mediana del palato; tale tecnica non lede il periostio e determinerà guarigione di “prima intenzione” senza causare successive limitazioni funzionali a carico del normale trofismo del palato. Intervento eseguibile tra il 12º e 18º mese di vita.
  4. Alveoloplastica: procedura chirurgica atta ad ottenere una morfologia strutturalmente corretta del processo alveolare, in caso di palatoschisi completa, mediante l’applicazione di un innesto osseo libero autologo (prelevato per esempio dalla cresta iliaca o dal mento), alloggiato a livello della lacuna opportunamente preparata ad accoglierlo.
  5. Profiloplastica: tecnica chirurgica atta a modificare il 1/3 inferiore del volto, usata anche per la correzione di problematiche differenti, come profili eccessivamente convessi o facies senili; si avvale di tecniche di mentoplastica, rinoplastica e dislocazione e avanzamento della spina nasale anteriore.

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Denti: anatomia, funzioni e patologie più diffuse in sintesi

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISIdenti sono organi estremamente duri che si trovano all’interno del cavo orale, la cui funzione primaria nell’uomo, nel loro insieme (la dentatura), è quella della masticazione del cibo, a cui si associa una funzione accessoria che riguarda la fonetica ed estetica. Le radici dei denti sono coperte dalle gengive; il processo di formazione dei denti è chiamato odontogenesi ed inizia in fasi piuttosto precoci successive al concepimento.

Durante la crescita, l’uomo sviluppa due dentizioni. La prima in ordine temporale è rappresentata dai denti di latte, o temporanei o caduchi o ancora decidui (lat. dentes decidui), che cominciano a spuntare in genere verso il sesto mese di vita. All’età di due anni, di solito, un bambino ha venti denti. La dentizione decidua è composta, per ogni arcata dentale, da 4 incisivi (2 mediali e 2 laterali), 2 canini (rispettivamente 1 nell’emiarcata di sinistra e 1 in quella di destra) e 4 molari (2 per ogni emiarcata e, rispettivamente denominati 1º e 2º molare). I premolari sono assenti nella dentizione decidua o di latte. La seconda dentizione è composta dai denti permanenti (lat. dentes permanentes). Il germe dentario, da cui si sviluppano i denti permanenti, è presente all’interno dell’osso alveolare. Quando il bambino ha circa sei anni, i denti permanenti cominciano a svilupparsi e la radice del dente deciduo viene erosa dagli odontoblasti, non avendo supporto, il deciduo cade, venendo rimpiazzato dal permanente. Questo processo dura per sei anni (si continua fino circa ai vent’anni solo per i “denti del giudizio” (terzi molari) ed al suo termine l’uomo adulto è provvisto di trentadue denti.

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Nella bocca esistono diversi gruppi di denti, variabili per forma, dimensione e funzione. Nei mammiferi e nell’uomo, si distinguono gli incisivi, i canini, i premolari e i molari

L’uomo possiede, per ogni semiarcata (metà di una arcata dentale): 2 incisivi (1 mediale e 1 laterale), 1 canino, 2 premolari (chiamati primo e secondo premolare) e 3 molari (chiamati rispettivamente primo, secondo e terzo molare, di cui il terzo è anche chiamato dente del giudizio). Moltiplicando per 4 ciascuno di questi numeri, poiché due sono le metà arcate e le arcate stesse sono 2 (una mascellare e una mandibolare), si avranno: 8 incisivi, 4 canini, 8 premolari e 12 molari. Sommando questi numeri, si ottengono in totale i 32 denti propri dell’uomo adulto. Nella dentizione permanente il terzo molare, il dente del giudizio, può essere assente, anche in tutte le semiarcate.

L’uomo, come la maggior parte dei Mammiferi, è difiodonte, cioè presenta due dentizioni successive, ed eterodonte, cioè presenta in ogni dentizione denti tra loro diversi, distinti per funzione: – dentizione decidua (alias “da latte”), presente nei bambini e composta da 20 denti. Essa è completamente presente all’età di 2 anni e mezzo; e fino all’età di sei anni: epoca in cui inizia l’eruzione dei denti permanenti (i denti di latte vengono persi tutti, gli ultimi verso gli 11/12 anni) – dentizione mista. Si ha compresenza dei denti decidui e degli erompenti denti permanenti. Va dai sei anni ai 12 anni, epoca in cui l’adolescente presenterà 28 denti permanenti e più nessun deciduo. – dentizione permanente (o “definitiva”), presente dai dodici anni. Mancano solo i terzi molari permanenti, che erompono tra i 18 e i 25 anni portando così la dentatura a 32 elementi.

Le malattie e lo sviluppo

Le malattie dei denti sono diverse e più o meno gravi. Tra le malattie congenite si può annoverare l’anodontia, a cui ci si riferisce anche come agenesia in caso di una serie di denti in particolare. Le più diffuse e dannose malattie acquisite sono la carie (malattia degenerativa dei tessuti duri del dente) e la malattia parodontale (perdita dei tessuti di sostegno: osso, legamento, gengiva) provocano se non intercettate in tempo la perdita del dente. Il bruxismo (digrignamento dei denti durante il sonno) può provocare tra l’altro danneggiamenti ai denti.

I denti si sviluppano bene in dipendenza di molti fattori. Poiché nella sostanza che compone i denti si ha un’alta percentuale di calcio, fosforo ed altri minerali, la dieta influisce notevolmente sul buono sviluppo e sulla conservazione dei denti. In questi processi, le vitamine A, B, D sono indispensabili, mentre il fluoro aiuta a mantenere sani e robusti i denti. Un’insufficiente produzione di ormoni, da parte di alcune ghiandole endocrine, come la tiroide e la paratiroide, impedisce lo sviluppo di denti robusti. Alcuni agenti chimici rendono solubili i sali di calcio presenti nello smalto e consentono alla carie di iniziare la sua azione distruttrice. La solubilizzazione dei sali di calcio è provocata dai batteri presenti nella bocca, i quali, digerendo i carboidrati, liberano acidi.

Deperimento dei denti

Il deperimento dei denti, detto anche carie dentaria, è una delle malattie più diffuse del genere umano. È causata direttamente dall’azione degli acidi che derivano dallo zucchero, dall’amido e dai germi, o batteri, che vivono sulla superficie dei denti. Più un individuo mangia zuccheri ed amidi, più acido si forma nella sua bocca. L’acido agisce sullo smalto dei denti, formando una cavità, o buco, ed in seguito il deperimento del dente. Se la cavità non viene pulita per tempo e otturata dal dentista, la dentina, simile all’avorio, o corpo del dente, comincia a cariarsi, permettendo alla cavità di raggiungere la polpa dentaria. Se la polpa esposta si infetta, si forma un ascesso. Un ascesso è una raccolta di pus che si forma alla fine della radice del dente. Da qui, l’infezione può propagarsi per tutto il corpo; pertanto, il dente infetto deve essere opportunamente curato (o al limite estratto) per proteggere la salute della persona interessata.

Ma la carie dei denti non è causata solo dallo zucchero e dall’amido. I denti di certe persone possono essere più o meno resistenti di quelli di un’altra. Un fattore importante è dato dalle condizioni dei denti: se lo smalto è in cattive condizioni, ciò ne facilita il deperimento. Un altro fattore è il grado di acidità della saliva.

Se il cibo rimane a lungo nelle fessure che dividono un dente da un altro, le sue piccole particelle risultano un ottimo terreno di coltura per i batteri che producono gli acidi. Naturalmente, i posti più pericolosi sono quelli che più difficilmente si possono pulire, e cioè la superficie interna dei denti e le parti dei denti che vengono fra loro in contatto. Non si è ancora del tutto in grado di prevenire la carie dei denti. Per ridurre la formazione di cavità, si consiglia di mangiare pochi alimenti dolci, specialmente fuori pasto. Si consiglia, inoltre, una sana e bene equilibrata alimentazione, una regolare ed appropriata pulizia e la visita dal dentista ad intervalli regolari e frequenti.

Un metodo per aiutare i denti a resistere alla carie è quello di applicare ai denti dei bambini una soluzione di fluoruro di sodio, in modo da rinforzare lo smalto. A questo scopo, in alcuni Paesi si usa aggiungere fluoruro all’acqua potabile.

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