Curare l’impotenza senza i farmaci è possibile con le onde d’urto

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I risultati preliminari del primo studio multicentrico italiano coordinato dalla Società Italiana di Andrologia (SIA), condotto su circa 100 pazienti e tuttora in corso, danno speranza agli uomini che soffrono di disfunzione erettile, quella che una volta veniva chiamata impotenza.

La ricerca

Tale studio indica che le onde d’urto a bassa intensità potrebbero in futuro rappresentare una nuova opzione terapeutica per i pazienti con disfunzione erettile di grado lieve e moderato, pari a un terzo degli oltre tre milioni di pazienti nel nostro Paese. Il trattamento non provoca effetti collaterali, non è invasivo ed è rapido e indolore. I risultati risultati sono stati positivi nel 70% dei pazienti di grado lieve/medio, che ha smesso di utilizzare farmaci per tornare a una sessualità spontanea mentre nei pazienti più gravi la risposta alla terapia orale è migliorata nel 40% dei casi. L’indagine, avviata un anno fa, ha coinvolto pazienti dai 18 ai 65 anni con disfunzione erettile su base organica in cura presso centri ospedalieri o universitari a Firenze, Napoli, Trento, Bari e Trieste.

Onde d’urto

Le onde d’urto sono onde acustiche ad alta energia che vengono applicate sul pene attraverso specifici dispositivi, in sedute che durano circa dieci minuti e che vanno ripetute per un totale di sei trattamenti complessivi. La terapia fisica viene così portata esattamente dove serve e agisce stimolando la circolazione peniena, attraverso la crescita graduale di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi), restituendo al paziente l’erezione spontanea, perché la circolazione nel pene torna normale o comunque migliora e può garantire un’erezione più efficiente.

Dati promettenti

Alessandro Palmieri, Presidente SIA e coordinatore dello studio multicentrico: “I dati di follow up a sei mesi sono molto promettenti. Negli uomini con disfunzione erettile di grado lieve/medio, la terapia ha successo e garantisce un netto miglioramento nel 70% dei casi. Successo significa in questo caso possibile guarigione: i farmaci contro la disfunzione erettile hanno rivoluzionato le abitudini sessuali ma restano cure “on demand”, incapaci se non in rari casi di ripristinare la funzione erettiva. Le onde d’urto invece riescono a ristabilire il meccanismo dell’erezione, consentendo il ritorno a una sessualità naturale senza necessità di programmazione dei rapporti. Si tratta però di una tecnica ancora emergente e la ricerca ha il compito di approfondire i meccanismi di azione della metodica”.

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Paraplegia: etimologia, significato, sintomi, cura e riabilitazione

MEDICINA ONLINE FISIOTERAPIA RIABILITAZIONE DISABILE SEDIA ROTELLE CERVELLO CRANIO EMORRAGIA CEREBRALE ISCHEMIA EMORRAGICA ICTUS PARAPLEGIA EMATOMA EMIPARESI EMIPLEGIA TETRAPARESI TETRAPLEGIA DECUBITO RECUPERO  PARALISI.jpgCon paraplegia in medicina si intende una condizione di diplegia in cui la parte inferiore del corpo è affetta da paralisi motoria e/o carenza funzionale parziali o totali, associati a disturbi della sensibilità. La lesione midollare che provoca paraplegia è sottostante alla prima vertebra toracica (T1). Si distingue dalla tetraplegia che interessa tutti e quattro gli arti e si verifica in caso di lesione cervicale del midollo spinale.

Paraplegia: etimologia del termine

Paraplegia (accento sulla “i”) è una parola che deriva dal greco παραπληγία, composto da παρα- (“para” che significa “vicino, intorno a”) e -πληγία (“plegìa” che significa “colpisco”).

Diffusione di paraplegia e tetraplegia in Italia

In Italia ogni anno si verificano mediamente 906 nuovi casi di paraplegia all’anno, 625 di tetraplegia, con i seguenti rapporti: il 67% di origine traumatica di cui il 53% rappresentati da incidenti stradali, il 21% da cadute, il 10% da incidenti sul lavoro e il 33% di origine non traumatica. Il rapporto maschi/femmine è 4:1 ed è stato rilevato un incremento annuo di 20/25 nuovi casi, con età compresa tra 10 e 40 anni (picco intorno ai 20), con circa 80 mila persone con lesione midollare attualmente residenti nel nostro paese.

Cause di paraplegia

La lesione midollare che provoca paraplegia è sottostante alla prima vertebra toracica (T1). Tale lesione può essere provocata da svariate cause:

  • lesioni infettive;
  • lesioni traumatiche della zona lombare o dorsale del midollo spinale, ad esempio in incidenti stradali o spirtivi;
  • disciti;
  • tumori;
  • lesioni vascolari;
  • sclerosi a placche;
  • da malformazioni congenite del canale midollare, come nella spina bifida.

Sintomi di paraplegia

I sintomi principali connessi a una paraplegia possono verificarsi anche immediatamente dopo la lesione del midollo spinale, ad esempio nelle lesioni da trauma. Variano molto in base alla gravità della lesione. Essi comprendono:

  • paralisi degli arti inferiori;
  • deficit di movimento;
  • riflessi più lenti del solito;
  • disturbi intestinali;
  • incontinenza urinaria e fecale;
  • difficoltà respiratorie;
  • sterilità ed infertilità;
  • disfunzione erettile;
  • alterazione della sensibilità orgasmica;
  • alterazione nell’eiaculazione (aneiaculazione, eiaculazione retrograda, astenospermia…).

Leggi anche: Paraplegia: erezione, disfunzione erettile ed eiaculazione

A livello della lesione si ha:

  • distruzione completa delle cellule nervose;
  • rottura dell’arco riflesso;
  • paralisi flaccida dei muscoli innervati dai segmenti del midollo spinale che sono stati distrutti.

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Disturbi motori nella paraplegia

Nelle lesioni midollari si hanno quadri clinici diversi a seconda che il danno sia completo o meno. Una lesione midollare fa sì che nei muscoli innervati dai segmenti midollari sottolesionali compaia un’impossibilità al reclutamento volontario delle unità motorie. Queste ultime, che sono anatomicamente integre, terminata la fase di shock spinale (da 1 settimana ad alcuni mesi), saranno soggette ad una abnorme attività (spasticità) per il deficit del controllo motorio soprasegmentale.

Disturbi della sensibilità nella paraplegia

In seguito ad una lesione midollare tutti i tipi della sensibilità possono essere più o meno compromessi. L’anestesia o ipoestesia può interessare in misura diversa la sensibilità:

  • tattile superficiale e profonda;
  • dolorifica;
  • pressoria;
  • termica;
  • statestesica;
  • cinestesica.

La persona con lesione midollare può accusare dolori che si possono distinguere in:

  • dolori vertebrali;
  • dolori metamerici di origine radicolare;
  • dolori sottolesionali non hanno distribuzione metamerica, si tratta di parestesie dolorose tipo pizzicori, formicolii, la cui origine è incerta;
  • dolori viscerali proiettati in genere rapporto (poco chiaro) alla distensione di un organo cavo (vescica, intestino);
  • dolori psicogeni.

Disturbi respiratori nella emiplegia

Nel paziente con emiplegia si verifica una modificazione del meccanismo della respirazione dopo una lesione midollare. I deficit respiratori che si vengono ad instaurare originano sostanzialmente dai seguenti fattori:

  • paralisi completa o deficit della muscolatura inspiratoria ed espiratoria;
  • alterazione della meccanica toraco-addominale;
  • riduzione della compliance polmonare;
  • riduzione della compliance della parete toracica.

Conseguenze e complicazioni

La paraplegia porta purtroppo con sé varie problematiche legate alla riduzione della mobilità, con diminuzione della qualità della vita del paziente. La gravità della paralisi dipende dal grado di lesione cui è stato sottoposto il midollo spinale. Molte persone affette da paraplegia sono obbligati all’uso di sedie a rotelle per muoversi. In seguito alla diminuzione o perdita delle funzioni degli arti inferiori, la paraplegia può comportare anche una serie di complicazioni mediche che includono:

  • lesioni da pressione;
  • trombosi;
  • polmonite;
  • danni mio-osteo-articolari: limitazioni articolari, retrazioni muscolo-tendinee;
  • complicanze psicologiche: disturbo post traumatico da stress, depressione, pensieri suicidari;
  • complicazioni nervose.

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Diagnosi

La persona ferita e colpita da presunta paraplegia va urgentemente ricoverata presso una struttura dotata di unità spinale. Un team specializzato provvederà ad effettuare  rapidamente approfonditi esami per individuare la collocazione della lesione e valutarne il grado di gravità attraverso test neurologici, TAC, analisi radiologiche con liquido di contrasto alle membrane delle meningi, oltre a stimolazioni magnetiche del cranio per valutare la funzionalità dei circuiti che riconducono al Sistema Nervoso Centale.

Cura e riabilitazione nel paziente con paraplegia

L’obiettivo generale del trattamento riabilitativo in Unità Spinale o nei Centri Riabilitativi consiste nell’aiutare la persona con lesione midollare (plm) a raggiungere la massima autonomia/indipendenza possibile nelle attività della vita quotidiana in relazione alle potenzialità residue (tipo e livello di lesione), all’età, alle condizioni generali della persona, alla presenza o meno di complicanze, alla motivazione, al sostegno della famiglia. Il paziente che afferisce all’Unità Spinale o ai Centri di Riabilitazione chiede l’ottimizzazione delle proprie risorse onde riprendere, degnamente, il suo posto nella società. Come un preparatore atletico, il fisioterapista deve far raggiungere alla plm le capacità fisiche che le permettano, sotto la guida dell’équipe riabilitativa, di compiere il gesto funzionale. All’interno del processo riabilitativo l’intervento si esplica fondamentalmente in due ambiti:

1) RIEDUCATIVO

Finalizzato al recupero della massima capacità funzionale attraverso:

  • il recupero neurologico se esso si verifica;
  • il rafforzamento della muscolatura rimasta integra;
  • la ricerca di compensi e strategie motorie che permettono il riapprendimento e la riacquisizione di abilità funzionali nelle attività quotidiane, lavorative, luduche, etc.;
  • l’individuazione di strategie di coping che promuovono il “riadattamento” all’evento disabilità.

2) EDUCATIVO

Finalizzato alla conoscenza e corretta gestione delle problematiche inerenti la lesione midollare (educazione sanitaria).

Le tecniche riabilitative più usate per tentare il recupero delle funzioni neurologiche sono:

  • Metodo Kabat;
  • Metodo Bobath;
  • Metodo Perfetti.

A queste si aggiungono:

  • Mobilizzazioni articolari;
  • Stretching;
  • Terapia respiratoria;
  • Trattamento di disturbi sfinterici;
  • Terapia occupazionale.

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Finasteride e disfunzione erettile: la Sindrome post finasteride

MEDICINA ONLINE TRISTE SPERMA LIQUIDO SEMINALE PENIS VARICOCELE HYDROCELE IDROCELE AMORE DOPING DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE SAD COUPLE FRINEDS LOVER SEX GIRL MAN WALLPAPERLa finasteride (nome commerciale Proscar e Propecia) è un farmaco appartenente alla categoria degli inibitori della 5-alfa-reduttasi di tipo II, usato principalmente per il trattamento di ipertrofia prostatica benigna, cancro alla prostata ed alopecia androgenetica.

Sindrome post finasteride

La finasteride si è dimostrata in grado di causare un’ampia gamma di disordini persistenti alla sospensione del trattamento sulla sfera emotiva e sessuale che vengono definiti nel complesso sindrome post finasteride. Tali disordini sono stati evidenziati in fase post marketing in particolare in pazienti che hanno fatto uso cronico della sostanza per il trattamento dell’alopecia androgenetica. Tale sindrome, pur descritta ed evidenziata in diversi studi e riprodotta in modelli murini, non è ancora formalmente riconosciuta dalla maggior parte delle autorità della farmacovigilanza (AIFA) perciò non è riportata nei foglietti illustrativi, nelle linee guida e non sono stati diramati bollettini volti ad informare specialisti e medici di famiglia di tale eventualità. Ciò contribuisce a generare erronee diagnosi di disfunzioni sessuali con causa psicologica, che vengono perciò affrontate in maniera inadeguata, e alla mancata segnalazione alle autorità di farmacovigilanza dei casi con grave sottostima del fenomeno. Non è stato attualmente individuato un fattore diagnostico (test di laboratorio) in grado di confermare la presenza della patologia: i classici parametri ormonali ematici comunemente associati alla comparsa di disfunzioni sessuali (abbassamento testosterone, innalzamento prolattina) risultano nella norma. L’eziologia della sindrome e l’incidenza sono sconosciuti, così come non sono noti trattamenti. Nella sindrome potrebbero essere implicati anche meccanismi di alterazione epigenetica.

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Sintomi

I sintomi di tale patologia possono comparire durante il trattamento persistere oppure, più raramente, comparire in corrispondenza della sospensione dell’assunzione della sostanza. I sintomi più comuni, che possono essere presenti contemporaneamente o meno, consistono in:

  • Sintomi sessuali: riduzione delle erezioni mattutine, disfunzione erettile, desiderio sessuale ipoattivo, disfunzione eiaculatoria con diminuzione dell’intensità orgasmica, riduzione del getto e del volume seminale, riduzione delle dimensioni del pene, induratio penis plastica, intorpidimento del pene, riduzione del volume testicolare e intorpidimento testicolare.
  • Sintomi fisici sistemici: ginecomastia, astenia cronica, svogliatezza, ipotrofia muscolare, debolezza muscolare, contrazioni muscolari, secchezza della cute, diminuzione della produzione del sebo, assottogliamento della pelle, melasma incremento del peso corporeo e della massa grassa, diminuzione della temperatura corporea, tinnito, riduzione di HDL, aumento dei trigliceridi.
  • Sintomi neurologici: riduzione della memoria, rallentamento dei processi cognitivi, diminuzione della comprensione, danni alla capacità di problem solving, depressione, ansia, insonnia, pensieri suicidi, piattezza emotiva, anedonia.

In uno studio osservazionale condotto dall’università di Trieste su 79 uomini è risultato che il sintomi più frequentemente riportato era la diminuzione della sensibilità genitale (rilevata nell’87,3% dei pazienti), diminuzione della forza eiaculatoria (riportata dall’82,3%), anedonia(75,9%),mancanza di concentrazione (72,2%) e diminuzione del tono muscolare (51,9%).

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Prevalenza

In uno studio è emerso che il 31,4% degli uomini che stavano assumendo un inibitore delle 5α-reduttasi (finasteride e dutasteride) che non soffrivano precedentemente di disfunzione erettile, hanno cominciato a sperimentare tale effetto collaterale che è persistito a seguito della sospensione nell’1,4% dei pazienti trattati. In altro studio retrospettivo, in cui si sono analizzate le segnalazioni di 4910 soggetti a seguito della assunzione di finasteride per il trattamento dell’alopecia androgenetica al dosaggio di 1 mg al giorno, sono stati identificati 611 casi di seri e persistenti effetti collaterali sia a livello sessuale (577 casi, pari al 11,8%), sia a livello mentale (39 casi, 7,9%) che sono risultati in 6 casi di suicidio.

Cause

Non è nota l’eziologia della patologia. Degli studi hanno evidenziato una significativa alterazione nel livello di neurosteroidi nel fluido cerebrospinale di pazienti con la patologia. In modelli animali si è osservato un aumento del livello di recettori per gli andorgeni nella corteccia cerebrale e un aumento della subunità beta-3 del recettore del GABA-A nel cerebellum.

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I farmaci per la disfunzione erettile determinano subito erezione?

MEDICINA ONLINE SESSO ANSIA PRESTAZIONE SESSUALE COUPLE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA CAMEL TOE LOVE FIRST TIME LOVER SEX GIRL MANo, tali farmaci non determinano una erezione appena assunti, solo per il fatto di essere assunti. Viagra, Cialis e Levitra hanno solo la capacità di facilitare l’erezione in presenza di un effettivo stimolo sessuale, ed anche in quel caso non è detto che determinino realmente una erezione realmente efficace e duratura: alcune patologie potrebbero comunque ostacolare i meccanismi erettivi del pene.

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Erezione maschile: durata media con e senza stimolazione

MEDICINA ONLINE TESTICULAR TESTICOLI PENE PROSTATA SEX SESSO GLANDE SEMEN SPERMA BIANCO GIALLO ROSSO MARRONE LIQUIDO TRASPARENTE EIACULAZIONE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VIAGSe un uomo adulto e sano, senza problemi di disfunzione erettile (impotenza) è eccitato e raggiunge una completa erezione, per quanto tempo è normale che la continui a mantenere stabile?

In presenza di stimoli visivi e/o mentali e/o manuali, l’erezione maschile può virtualmente durare per ore, specie se il soggetto è molto giovane e gli stimoli sessuali sono imponenti. Per mantenere una erezione a lungo è importante però che lo stimolo sessuale non sia solo potente, bensì sia rinnovato di tanto in tanto: l’erezione duratura è mantenuta più stabile da stimoli mediamente eccitanti rinnovati nel tempo, piuttosto che da un solo stimolo altamente eccitante ma che non viene rinnovato.

In assenza di stimoli visivi e/o mentali e/o manuali, l’erezione maschile di un uomo sano ha una durata piuttosto limitata: mediamente il pene tende a perdere turgidità dopo alcuni secondi che è cessato lo stimolo e torna ad uno stadio di completa flaccidità entro un tempo variabile che oscilla tra i 30 secondi ed un minuto.

In assenza di stimoli visivi e/o mentali e/o manuali, l’erezione maschile di un uomo che soffre di disfunzione erettile (psicologica od organica) ha una durata ancora più limitata, generalmente tra i 15 ed i 30 secondi.

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Com’è fatta e come funziona una protesi peniena idraulica

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTA PROTESI PENIENA IDRAULICA TRI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpg

Quella che una volta veniva chiamata impotenza – cioè la disfunzione erettile presente in varie forme (organica, psicogena, mista) e con diversi livelli di gravità – viene oggi curata con farmaci (tra cui il Sildenafil, il famoso Viagra) ma anche con impianti protesici qualora il trattamento farmacologico non sortisca gli effetti desiderati. Esistono due tipi di protesi peniene che permettono l’erezione: protesi malleabili e protesi idrauliche.

  • Le protesi malleabili (anche denominate “semirigide” o “non idrauliche”) sono costituite da due cilindri che si impiantano nei corpi cavernosi e conferiscono al pene uno stato di rigidità parziale e permanente appena sufficiente per avere un rapporto sessuale soddisfacente.
  • Le protesi idrauliche sono dei dispositivi più complessi. Sono costituite da varie componenti che permettono il controllo diretto dell’erezione da parte dal paziente, il quale potrà, ogni volta che lo desidera, far passare il proprio pene da uno stato di flaccidità ad uno stato di erezione completa e viceversa.

Il dispositivo in figura è una protesi peniena idraulica tricomponente.

Com’è fatta una protesi peniena idraulica?
Le protesi idrauliche tricomponenti constano di:

  • un serbatoio pre-riempito con soluzione fisiologica, posizionato nei pressi della vescica;
  • due cilindri gonfiabili da inserire nei corpi cavernosi (le strutture erettili del pene);
  • un meccanismo di attivazione/disattivazione rappresentati da una micropompa e un pulsante collocati nel tessuto sottocutaneo scrotale.

Questo dispositivo consente di mimare un’erezione con meccanismo simile a quello fisiologico, con solo un 2-5% di incidenza di guasti meccanici della protesi stessa a 10 anni dall’impianto.

Come funziona una protesi peniena idraulica?
Premendo un tasto a livello della pompa posizionata all’interno del proprio scroto, il paziente farà passare il liquido dal serbatoio collocato dietro l’osso pubico dentro i cilindri all’interno del pene. Riempiendosi di liquido, i cilindri si gonfiano determinando una erezione totale del pene che potrà essere mantenuta per tutto il tempo desiderato. Premendo un altro apposito tasto a livello della pompa, il paziente potrà far passare nuovamente il liquido dai cilindri al serbatoio, facendo ritornare così il pene allo stato di flaccidità.

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Erezione debole da ansia da prestazione: quali sono i rimedi e le cure?

MEDICINA ONLINE SESSO ANSIA PRESTAZIONE SESSUALE COUPLE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA CAMEL TOE LOVE FIRST TIME LOVER SEX GIRL MAPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato, ti consiglio di leggere: Erezione debole o assente da cause psicologiche: cura e rimedi

Cosa fare per i problemi di erezione psicologici?

Blocchi mentali di vario genere, come quelli descritti nell’articolo appena citato, possono concorrere singolarmente, o in gruppo, nel creare il problema di erezione psicologico. Questo problema va in primo luogo accettato come “normale” meccanismo psico-fisico perché, come abbiamo visto prima, non sempre sono sinonimo di gravi disturbi mentali. Anzi, il più delle volte, sono semplici sintomi di piccole tendenze mentali non adatte a provocare e mantenere l’erezione durante i rapporti sessuali. Difatti quasi sempre i problemi di erezione psicologici si verificano solo durante il rapporto sessuale con la partner, e non nell’intimità durante l’autoerotismo (masturbazione). Accettare il problema di erezione mentale, capendo che non è nulla di assolutamente grave, ma una normale conseguenza di tali tendenze mentali non adatte a provocare l’erezione, è il primo importante passo da fare.
Ma accettare solamente il problema senza poi cercare di “correggerlo”, o di intraprendere una metodologia specifica per migliorare i fattori mentali che provocano e mantengono l’erezione del pene durante il sesso, porta col tempo a un peggioramento della situazione mentale e dei suoi problemi erettivi e sentimentali connessi. Dopo aver accettato il problema bisogna, quindi, cercare subito il metodo specifico per eliminare le cause mentali dei problemi di erezione psicologici e, allo stesso tempo, per migliorare e potenziare le cause mentali che provocano e mantengono l’erezione del pene.

Tecniche consigliate

Ecco le tecniche ed i modi che consiglio per superare problemi legati alla disfunzione erettile da cause psicologiche:

  • Eseguire esercizi e tecniche mentali per elevare l’autostima sessuale, la sicurezza interiore e in se stessi, la serenità mentale durante il rapporto sessuale e l’eccitabilità mentale. In altre parole, tutti i fattori psicologici e mentali che provocano e favoriscono la qualità dell’erezione durante il rapporto sessuale con la tua partner.
  • Parlare apertamente col partner del tuo problema, cercando di affrontarlo insieme. Ricordati che l’ansia che hai tu, specie la prima volta con un partner nuovo, la può avere anche l’altra persona, quindi giocare “a carte scoperte” può rappresentare un valido aiuto.
  • Creare delle situazioni più eccitanti del solito, ad esempio fai l’amore in posti nuovi o consiglia al partner di indossare una lingerie più “maliziosa” o ad esempio una parrucca, o un vestito eccitante. Questi stimoli sono così potenti che possono a volte bastare per sovrastare l’ansia da prestazione; leggi anche: Aumentare il desiderio sessuale femminile: guida completa
  • Esegui gli esercizi di Kegel. Allena fisicamente il muscolo pubococcigeo può aiutarti anche dal punto di vista psicologico; leggi: Esercizi di Kegel: allena il muscolo pubococcigeo per aumentare potenza sessuale ed eiaculazione
  • Evitare di guardare spesso porno online e di masturbarsi in maniera compulsiva, leggi: Come smettere di masturbarsi e di guardare porno online in 14 passaggi
  • Altro aiuto può ovviamente provenire da alcuni farmaci, a tal proposito leggi anche: Meglio Viagra, Cialis, o Levitra per trattare la disfunzione erettile? Un utile confronto tra i tre farmaci 
  • Un aiuto molto importante può essere fornito da un medico sessuologo.

Integratori alimentari

Si può provare con opportuni integratori che possono aiutare, a volte anche con il semplice effetto placebo, la vostra erezione, a tal proposito qui di seguito trovate una lista di integratori alimentari acquistabili senza ricetta, potenzialmente in grado di migliorare la prestazione sessuale sia maschile che femminile a qualsiasi età e trarre maggiore soddisfazione dal rapporto:

Se credi di avere un problema di erezione debole da cause psicologiche, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, riuscirai a risolvere definitivamente il tuo problema.

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PRENOTA UNA VISITA CONTATTI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneLeggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Tumore maligno della prostata (carcinoma prostatico): cause, sintomi e terapie

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PROSTATA ANATOMIA POSIZIONE FUNZIONI SIN Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePer carcinoma della prostata si intende una categoria diagnostica che annovera le neoplasie maligne che si originano dalle cellule epiteliali della prostata, una ghiandola dell’apparato genitale maschile. Questa neoplasia può dare luogo a metastasi, con predilezione per le ossa e i linfonodi loco-regionali. Il tumore alla prostata può causare dolore, difficoltà alla minzione, disfunzione erettile e altri sintomi.

Eiaculazioni frequenti e cancro alla prostata
Uno studio del 2003 indica che eiaculazioni regolari possono avere un ruolo nella prevenzione del tumore della prostata. Altri studi, tuttavia: non rilevano un’associazione significativa tra i due fattori. Questi risultati hanno comunque contraddetto precedenti studi i quali suggerivano che aver avuto numerosi partner sessuali o comunque un’elevata attività sessuale incrementerebbe il rischio di carcinoma prostatico del 40%. Una differenza chiave può essere che questi precedenti studi definivano l’attività sessuale come il rapporto sessuale, mentre quelli più recenti si sono concentrati più sul numero di eiaculazioni avvenute con o senza rapporti sessuali. Un ulteriore studio risalente al 2004 riporta che: “La maggior parte delle categorie di persone con una elevata frequenza di eiaculazione si sono dimostrate non correlate al rischio di cancro alla prostata. Tuttavia, la frequenza di eiaculazione alta è correlata a diminuzione del rischio totale di cancro alla prostata”. L’abstract della relazione ha concluso che: “I nostri risultati suggeriscono che la frequenza di eiaculazione non è correlata a un aumento del rischio di cancro alla prostata”.

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Cause
Le cause specifiche del cancro alla prostata rimangono ancora sconosciute. I primi fattori di rischio sono comunque l’età e la storia familiare. Il cancro alla prostata è molto raro negli uomini sotto i 45 anni, ma diventa più frequente all’aumentare dell’età. L’età media dei pazienti al momento della diagnosi è di 70 anni. Comunque molti uomini non vengono mai a conoscenza di avere questo tipo di tumore. Gli esami autoptici effettuati su uomini cinesi, tedeschi, israeliani, giamaicani, svedesi e ugandesi, morti per cause differenti, hanno evidenziato la presenza di un cancro alla prostata nel 30% dei casi sotto i 50 anni e nell’80% sopra i 70. Gli uomini che hanno un familiare di primo grado che ha avuto questo tipo di tumore, hanno il doppio del rischio di svilupparlo rispetto agli uomini che non hanno avuto malati in famiglia. Il rischio appare maggiore per gli uomini che hanno un fratello con questo cancro rispetto a quelli che hanno solo il padre.

Sintomi
Un carcinoma della prostata in fase precoce di solito non dà luogo a sintomi. Spesso viene diagnosticato in seguito al riscontro di un livello elevato di PSA durante un controllo di routine. Talvolta, tuttavia, il carcinoma causa dei problemi, spesso simili a quelli che intervengono nella ipertrofia prostatica benigna; essi includono pollachiuria, nicturia, difficoltà a iniziare la minzione e a mantenere un getto costante, ematuria, stranguria. Può anche causare problemi nella funzione sessuale, come difficoltà a raggiungere l’erezione, e eiaculazione dolorosa. In stadio avanzato può causare sintomi addizionali quando si diffonde ad altre parti del corpo. Il sintomo più comune è il dolore osseo, spesso localizzato alle vertebre, alla pelvi o alle costole, e causato da metastasi in queste sedi. La localizzazione vertebrale può indurre compressione al midollo spinale, causando debolezza alle gambe e incontinenza urinaria e fecale.

Screening
Lo screening oncologico è un metodo per scoprire tumori non diagnosticati. I test di screening possono indurre a ricorrere a esami più specifici, come la biopsia. Le scelte diagnostiche di screening nel caso del tumore della prostata comprendono l’esame rettale e il dosaggio del PSA. È controversa la validità degli esami di screening, poiché non è chiaro se i benefici che ne derivano sopravanzino i rischi degli esami diagnostici successivi e della terapia antitumorale. Il tumore della prostata è un tumore a crescita lenta, molto comune fra gli uomini anziani. Infatti in maggioranza i tumori della prostata non crescono abbastanza per dare luogo a sintomi, e i pazienti muoiono per cause diverse. Il dosaggio del PSA può svelare questi piccoli tumori che non avrebbero altrimenti avuto modo di manifestarsi; uno screening del genere può quindi condurre a un numero eccessivo di diagnosi, con la relativa sequela di test ulteriori e di terapie. La biopsia può causare dolore, sanguinamento e infezioni; le terapie possono causare incontinenza urinaria e disfunzioni erettili. Dunque è essenziale che vengano considerati i rischi e i benefici prima di intraprendere uno screening utilizzando il dosaggio del PSA. In genere gli screening iniziano dopo i 50 anni di età, ma possono essere proposti prima negli uomini di colore e in quelli con una forte storia familiare di tumori alla prostata

Esame rettale
L’esame rettale digitale è una procedura in cui l’esaminatore inserisce un dito guantato e lubrificato nel retto del paziente, allo scopo di valutare le dimensioni, la forma e la consistenza della prostata: zone irregolari, dure o bozzolute devono essere sottoposte a ulteriori valutazioni, perché potrebbero essere indicative di tumore. L’esame rettale è in grado di valutare solo la parte posteriore della prostata, ma fortunatamente l’85% dei tumori ha origine proprio in questa parte. In genere dà modo di apprezzare tumori già in stadio avanzato. Non è mai stato dimostrato che, come unico test di screening, l’esame rettale sia in grado di ridurre il tasso di mortalità.

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Dosaggio del PSA
Il dosaggio del PSA misura il livello ematico di un enzima prodotto dalla prostata. Livelli di PSA sotto 4 ng/mL (nanogrammi per millilitro) sono generalmente considerati normali, mentre livelli sopra i 4 ng/mL sono considerati anormali (sebbene negli uomini oltre i 65 anni livelli fino a 6,5 ng/mL possono essere accettabili, in dipendenza dai parametri di riferimento di ciascun laboratorio). Livelli di PSA tra 4 e 10 ng/mL indicano un rischio di tumore più alto del normale, ma il rischio stesso non sembra direttamente proporzionale al livello. Quando il PSA è sopra i 10 ng/mL, l’associazione col tumore diventa più forte, tuttavia quello del PSA non è un test perfetto.

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Alcuni uomini con tumore prostatico in atto non hanno livelli elevati di PSA, e la maggioranza di uomini con un elevato PSA non ha un tumore. Oggi è possibile dosare un ulteriore marcatore per il carcinoma prostatico, il PCA3 (prostate cancer gene 3); l’iperespressione di questo gene (valutabile mediante dosaggio del mRNA nelle urine) è strettamente associata alla trasformazione maligna delle cellule della prostata. Il dosaggio è quindi particolarmente utile nei pazienti già sottoposti a biopsia, per predire l’evoluzione del tumore. Per approfondire leggi anche: PSA totale e free alto: capire i risultati dell’esame e rischio di tumore alla prostata

Cistoscopia e biopsia
Quando si sospetta un carcinoma prostatico, o un esame di screening è indicativo di un rischio aumentato, si prospetta una valutazione più invasiva. L’unico esame in grado di confermare pienamente la diagnosi è la biopsia, ossia l’asportazione di piccoli frammenti di tessuto per l’esame al microscopio. Tuttavia, prima che alla biopsia, si può ricorrere a metodiche meno invasive per raccogliere informazioni riguardo alla prostata e al tratto urinario: la cistoscopia mostra il tratto urinario a partire dall’interno della vescica usando un piccolo endoscopio inserito nell’uretra; l’ecografia transrettale disegna un’immagine della prostata tramite gli ultrasuoni emessi da una sonda inserita nel retto. Se si sospetta un tumore si ricorre alla biopsia. Con essa si ottengono campioni di tessuto dalla prostata tramite il retto: una pistola da biopsia inserisce e quindi rimuove speciali aghi a punta cava (di solito da tre a sei per ogni lato della prostata) in meno di un secondo. I campioni di tessuto vengono quindi esaminati al microscopio per determinare la presenza di tumore, valutarne gli aspetti istomorfologici (grading secondo il Gleason score system). In genere le biopsie prostatiche vengono eseguite ambulatorialmente e di rado richiedono l’ospedalizzazione. Il 55% degli uomini riferisce malessere durante la procedura. Uno studio portato a termine nel 2003 dall’Istituto scientifico universitario San Raffaele ha dimostrato l’efficacia dell’utilizzo della tomografia a emissione di positroni (PET) con il tracciante C-Colina, come esame per individuare recidive del tumore alla prostata. Questo esame è consigliato nei pazienti che hanno già subito un trattamento radicale del tumore e a cui si è rilevato un valore del marcatore PSA tale da far pensare a una ripresa della malattia. Grazie alla PET è possibile, inoltre, differenziare una diagnosi di cancro alla prostata da una iperplasia benigna, da una prostatite cronica e da un tessuto prostatico sano.

Stadiazione
Una parte importante della valutazione diagnostica è la stadiazione, ossia il determinare le strutture e gli organi interessati dal tumore. Determinare lo stadio aiuta a definire la prognosi e a selezionare le terapie. Il sistema più comune è il sistema a quattro stadi TNM (abbreviazione da Tumore/LinfoNodi/Metastasi), che prevede di considerare le dimensioni del tumore, il numero di linfonodi coinvolti e la presenza di metastasi.
La distinzione più importante operata da qualsiasi sistema di stadiazione è se il tumore è o meno confinato alla prostata. Diversi esami sono disponibili per evidenziare una valutazione in questo senso, e includono la TAC per valutare la diffusione nella pelvi, la scintigrafia per le ossa, e la risonanza magnetica per valutare la capsula prostatica e le vescicole seminali.

I risultati possono poi essere classificati grazie alla stadiazione TNM o di Whitmore-Jewett:

Classificazione TNM
Stadio Descrizione
T1a tumore in meno del 5% del parenchima (corrisponde allo stadio A1 di WJ).
T1b tumore in più del 5% del parenchima.
T1c come 1b + PSA elevato (questi 2 stadi corrispondono allo stadio A2 di WJ)
T2a coinvolge 1 lobo (comprende gli stadi B1 e B2 di WJ)
T2b coinvolge entrambi i lobi (stadio B3 di WJ)
T3a oltrepassa la capsula prostatica da un solo lobo (stadio C1 di WJ)
T3b oltrepassa la capsula da entrambi i lobi
T3c invade le vescichette seminali (stadio C2 di WJ)
T4 invade organi adiacenti (stadio D di WJ, diviso in ormono-sensibile e insensibile)
N1a metastasi linfonodali non rilevabili
N1b una sola minore o uguale a 2 cm
N1c una sola fra 2 e 5 cm
N2a oltre 5 cm o multiple
MX metastasi a distanza non rilevabili
M0 assenza di metastasi a distanza
M1a linfonodi extraregionali
M1b scheletro
M1c altri siti

Dopo una biopsia prostatica, un patologo esamina il campione al microscopio. Se è presente un tumore il patologo ne indica il grado; questo indica quanto il tessuto tumorale differisce dal normale tessuto prostatico, e suggerisce quanto velocemente il tumore stia crescendo. Il grado di Gleason assegna un punteggio da 2 a 10, dove 10 indica le anormalità più marcate; il patologo assegna un numero da 1 a 5 alle formazioni maggiormente rappresentate, poi fa lo stesso con le formazioni immediatamente meno comuni; la somma dei due numeri costituisce il punteggio finale. Il tumore è definito ben differenziato se il punteggio è fino 4, mediamente differenziato se 5 o 6, scarsamento differenziato se maggiore di 6.

Sistema di gradi secondo Gleason
Grado Descrizione
Grado 1: altamente differenziato
Grado 2: ben differenziato:
Grado 3: moderatamente differenziato
Grado 4: scarsamente differenziato
Grado 5: altamente indifferenziato (cellule infiltranti)

Un’appropriata definizione del grado di malignità del tumore è di importanza fondamentale, in quanto uno dei fattori utilizzati per guidare le scelte terapeutiche.

Terapia
La terapia del carcinoma prostatico può comprendere: l’osservazione in assenza di trattamento, la chirurgia, la radioterapia, gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità HIFU, la chemioterapia, la criochirurgia, la terapia ormonale, o una combinazione di queste. La scelta dell’opzione migliore dipende dallo stadio della malattia, dal punteggio secondo la scala Gleason, e dai livelli di PSA. Altri fattori importanti sono l’età del paziente, il suo stato generale, e il suo pensiero riguardo alla terapia proposta e agli eventuali effetti collaterali. Poiché tutte le terapie possono indurre significativi effetti collaterali, come le disfunzione erettile e l’incontinenza urinaria, discutere col paziente circa la possibile terapia spesso aiuta a bilanciare gli obiettivi terapeutici coi rischi di alterazione dello stile di vita.
Se il tumore si è diffuso esternamente alla prostata, le opzioni terapeutiche cambiano. La terapia ormonale e la chemioterapia sono spesso riservate ai casi in cui la malattia si è estesa esternamente alla prostata; tuttavia esistono delle eccezioni: la radioterapia può essere impiegata per alcuni tumori in fase avanzata, e la terapia ormonale per alcuni in fase precoce. La crioterapia, la terapia ormonale e la chemioterapia possono inoltre essere utilizzate se il trattamento iniziale fallisce e il tumore progredisce.

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Osservazione
L’osservazione, una “sorveglianza attiva”, prevede il regolare monitoraggio della malattia in assenza di un trattamento invasivo. Spesso vi si ricorre quando si riscontra, in pazienti anziani, un tumore in stadio precoce e a crescita lenta. Può essere consigliabile anche quando i rischi connessi alla chirurgia, alla radioterapia, o alla terapia ormonale sopravanzino i possibili benefici. Si possono intraprendere gli altri trattamenti se si manifestano sintomi, o se appaiono indizi di un’accelerazione nella crescita del tumore. La maggioranza degli uomini che optano per l’osservazione di tumori in stadi precoci vanno incontro alla possibilità di manifestare segni di progressione del tumore, ed entro tre anni hanno necessità di intraprendere una terapia. Sebbene tale scelta eviti i rischi connessi alla chirurgia e alle radiazioni, il rischio di metastasi si può innalzare. I problemi di salute connessi all’avanzare dell’età durante il periodo di osservazione possono anch’essi complicare la chirurgia e la radioterapia.

Chirurgia
La rimozione chirurgica della prostata, o prostatectomia, è un trattamento comune sia per i tumori prostatici in stadi precoci, sia per i tumori non rispondenti alla radioterapia. Il tipo più comune è la prostatectomia retropubica radicale, in cui si rimuove la prostata tramite un’incisione addominale. Un altro tipo è la prostatectomia perineale radicale, in cui l’incisione è praticata a livello del perineo, la regione fra lo scroto e l’ano. La prostatectomia può risolvere, a cinque anni, circa il 70% dei casi di tumore della prostata; tassi di sopravvivenza più alti si sono trovati con un Gleason score inferiore a 3.
La prostatectomia radicale è stata tradizionalmente usata come unico trattamento per un tumore di piccole dimensioni. Tuttavia cicli di terapia ormonale prima della chirurgia possono migliorare le percentuali di successo, e sono correntemente oggetto di studio. La chirurgia può essere intrapresa anche quando il tumore non risponde alla radioterapia, tuttavia, poiché le radiazioni causano modifiche dei tessuti, in questa situazione aumentano i rischi di complicazioni.
Da uno studio comparativo condotto nel 2009 su un totale di 8.837 interventi di chirurgia radicali per tumore alla prostata, l’incidenza dell’incontinenza urinaria e impotenza, ha evidenziato che:

  • Chirurgia con robot/laparoscopia:
    • 15,9% di incontinenza urinaria
    • 26,8% di impotenza e disfunzioni erettili.
  • Chirurgia classica-tradizionale a “cielo aperto”:
    • 12,2% di incontinenza urinaria
    • 19,2% di impotenza e disfunzioni erettili.

La resezione transuretrale della prostata è una procedura chirurgica messa in atto quando l’uretra è ostruita a causa dell’ingrossamento prostatico; generalmente è riservata alle malattie prostatiche benigne e non è intesa come trattamento definitivo del tumore. Consiste nell’inserimento nell’uretra di un piccolo endoscopio, tramite il quale, con apposito strumento, si taglia via la parte di prostata che occlude il lume.

Prostatectomia radicale, nervi e disfunzione erettile
La prostatectomia radicale è molto efficace per i tumori limitati alla prostata, tuttavia può causare danni ai nervi in grado di alterare significativamente la qualità della vita dei pazienti. I nervi deputati all’erezione e alla minzione sono immediatamente adiacenti con la prostata, per cui le complicazioni più importanti sono l’incontinenza urinaria e l’impotenza. Circa il 40% degli uomini residuano incontinenza urinaria, di solito sotto forma di perdite quando starnutiscono, tossiscono o ridono. L’impotenza è anch’essa un problema comune: sebbene la sensibilità sul pene e la capacità di raggiungere l’orgasmo rimangano intatte, l’erezione e l’eiaculazione sono spesso compromesse; farmaci come il sildenafil (Viagra), il tadalafil (Cialis), o il vardenafil (Levitra) possono ristabilire un certo grado di potenza. In alcuni uomini con tumori più piccoli, una tecnica chirurgica meno invasiva può essere d’aiuto per evitare queste complicazioni.

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Cure palliative
Una cura palliativa per i tumori prostatici in fase avanzata è rivolta al migliorare la qualità della vita attenuando i sintomi delle metastasi. La chemioterapia può utilizzarsi per ridurre la progressione della malattia e procrastinarne i sintomi. Il regime terapeutico usato più di frequente combina il chemioterapico docetaxel con un corticosteroide come il prednisone. I bifosfonati come l’acido zoledronico si sono dimostrati in grado di posticipare le complicazioni a carico dello scheletro come le fratture inoltre inibiscono direttamente la crescita delle cellule neoplastiche. L’utilizzo della radioterapia in pazienti con metastasi di carcinoma prostatico refrattarie alla terapia ormonale. Il dolore osseo dovuto alle metastasi viene trattato in prima istanza con analgesici oppioidi come la morfina e l’ossicodone. La radioterapia a fascio esterno diretta sulle metastasi ossee assicura una diminuzione del dolore ed è indicata in caso di lesioni isolate, mentre la terapia radiometabolica è impiegabile nella palliazione della malattia ossea secondaria più diffusa.

Prognosi
Nelle società occidentali i tassi di tumori della prostata sono più elevati, e le prognosi più sfavorevoli che nel resto del mondo. Molti dei fattori di rischio sono maggiormente presenti in Occidente, tra cui la maggior durata di vita e il consumo di grassi animali. Inoltre, dove sono più accessibili i programmi di screening, v’è un maggior tasso di diagnosi. Il tumore della prostata è il nono più frequente tumore nel mondo, e il primo, a parte i tumori cutanei, negli Stati Uniti per quanto riguarda gli uomini, dove nel 2005 ha colpito il 18% degli uomini, e causa di morte per il 3%. In Giappone, il tasso di morte per tumore della prostata era da un quinto alla metà rispetto agli Stati Uniti e all’Europa negli anni novanta; in India nello stesso periodo metà delle persone con tumore della prostata non invasivo morivano entro dieci anni. Gli afroamericani contraggono il tumore e ne muoiono 50-60 volte più frequentemente rispetto agli uomini di Shanghai, Cina. In Nigeria il 2% degli uomini sviluppano tumore prostatico e il 64% di essi muoiono entro due anni. Nei pazienti sottoposti a trattamento gli indicatori prognostici più importanti sono lo stadio di malattia, i livelli pre-terapia di PSA e l’indice di Gleason. In generale maggiore il grado e lo stadio peggiore è la prognosi. Si può ricorrere ad algoritmi per calcolare il rischio stimato in un determinato paziente. Le predizioni sono basate sull’esperienza su ampi gruppi di pazienti affetti da tumori in vari stadi.

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