Dislessia: quali sono le cause?

MEDICINA ONLINE BAMBINI BIMBI SCUOLA PRIMARIA ELEMENTARE ETA PICCOLI EDUCAZIONE INSEGNANTE DISTURBI SPECIFICI LINGUAGGIO APPRENDIMENTO DSA INTELLIGENZA DISLESSIA DISGRAFIA DISORTOGRAFIA ATTENZIONE DISCALCULIA SCRIVERE ERRORPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

I ricercatori hanno cercato di scoprire le basi neurobiologiche della dislessia dei bambini fin dall’identificazione della condizione, avvenuta nel 1881. Ad esempio, alcuni hanno cercato di correlare l’incapacità di vedere chiaramente le lettere, caratteristica comune tra i dislessici, allo sviluppo anormale delle loro cellule nervose visive. Le teorie più moderne sembrano indicare una causa multifattoriale che interessa il sistema nervoso e la genetica.

Il ruolo del cervello

Le moderne tecniche di neuroimaging come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la tomografia ad emissione di positroni (PET) hanno permesso di fornire una correlazione sia funzionale che strutturale nel cervello dei bambini con difficoltà di lettura.[53] Alcuni dislessici mostrano un’inferiore attività elettrica in alcune parti l’emisfero sinistro del cervello, coinvolte con la lettura, come ad esempio la circonvoluzione frontale inferiore, il lobulo parietale inferiore e la corteccia temporale media e ventrale. Negli ultimi dieci anni, gli studi sull’attivazione cerebrale che utilizzano la PET hanno permesso di compiere notevoli passi avanti nella comprensione della base neurale del linguaggio. Sono state proposte le basi neurali per il lessico visivo e uditivo per le componenti di memoria verbale a breve termine.

La teoria cerebellare

La ricerca scientifica ha fornito dati importanti che indicano il ruolo interattivo del cervelletto e della corteccia cerebrale, così come altre strutture cerebrali. La teoria cerebellare della dislessia propone che la compromissione del movimento muscolare, controllato dal cervelletto, influenza la formazione delle parole che hanno bisogno dei muscoli della lingua e facciali per essere formulate, causando i problemi di scioltezza che sono caratteristici di alcuni dislessici. Il cervelletto è coinvolto anche nella automazione di alcune attività, come la lettura. Il fatto che alcuni bambini dislessici hanno deficit nell’attività motoria e nell’equilibrio menomazioni è stato menzionato come prova per il ruolo del cervelletto nella loro difficoltà di lettura. Tuttavia, la teoria cerebellare non è supportata da studi controllati.

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La teoria genetica

La ricerca di potenziali cause genetiche della dislessia ha le sue radici negli esami autoptici del cervello di persone con la condizione. Le differenze anatomiche osservate nei centri linguistici di tali cervelli includono malformazioni corticali microscopiche conosciute come ectopie o, più raramente, malformazioni microvascolari e delle microcirconvoluzioni. Gli studi suggeriscono che uno sviluppo corticale anormale si verifichi prima o durante il sesto mese di sviluppo del cervello del feto. Sono state, inoltre, segnalate nei dislessici formazioni di cellule anormali nelle strutture cerebrali e sottocorticali non linguistiche. Diversi geni sono stati associati con dislessia, tra cui DCDC2 e KIAA0319 sul cromosoma 6, e DYX1C1 sul cromosoma 15.

Importante ricordare che la dislessia può anche esordire in età adulta come risultato di lesioni cerebrali traumatiche, ictus o demenza.

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Come affrontare la dislessia? Il percorso terapeutico nel bimbo dislessico

Sono più intelligenti gli uomini o le donne Nuovi studi hanno decretato il vincitorePrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere: Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

Ogni percorso terapeutico deve essere personalizzato in relazione: alle caratteristiche psicologiche del soggetto, agli ambiti di competenza, potenzialità e difficoltà riscontrati, ai tempi di attenzione, ai livelli motivazionali e di metacognizione individuati. Le linee guida prevedono due itinerari da portare avanti parallelamente:

  • itinerario relativo alle competenze di base percettivo-motorie e meta-fonologiche;
  • itinerario specifico per la lettura.

Il primo itinerario è finalizzato alla riduzione delle lacune riscontrate nelle capacità di base; il secondo itinerario ha invece lo scopo di promuovere la conquista di capacità di lettura più adeguate. È importante quindi che i due itinerari siano proposti parallelamente e con gradualità, per evitare di rimandare nel tempo la conquista di quelle capacità di lettura che possono gratificare il bambino. Quest’ultimo dovrà essere informato circa il lavoro da svolgere, anzi, egli stesso dovrà conoscere gli obiettivi che, di volta in volta, dovranno essere raggiunti; in questo modo gli sarà possibile essere protagonista e, al tempo stesso, “osservatore” dei propri processi di apprendimento.

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Consulenza alla famiglia
Il lavoro con la famiglia deve integrare il percorso individuale del soggetto dislessico. Gli incontri con la famiglia sono un momento fondamentale nel lavoro con il bambino che presenta difficoltà di apprendimento; attraverso queste sedute si cerca di sostenere sia i genitori sia i figli nel cammino verso la piena comprensione del problema, verso la ricerca condivisa di modalità idonee per affrontarlo, evitando che il problema stesso giunga a pervadere ogni ambito della vita del bambino e crei disagi insormontabili nella sfera affettiva e relazionale. Nelle situazioni di disturbo specifico è in ogni caso importante che questo tipo d’intervento affianchi, ma non sostituisca, il lavoro individuale e personalizzato con il bambino, che deve essere portato avanti da personale preparato e in grado di stabilire adeguati raccordi con la scuola.

Ergonomia del testo
I problemi di dislessia impongono di pensare all’ergonomia del testo scritto. Alcune linee guida possono essere d’aiuto per rendere più agevole la lettura, pur senza risolvere il problema.

  • font tipografico tendenzialmente con caratteri senza grazie (caratteri tipografici che possiedono alle estremità degli allungamenti ortogonali). È importante che, però, siano differenziate almeno la “l” maiuscola e la “l” minuscola. Un carattere senza grazie (ossia senza le sporgenze alle estremità delle aste verticali), come quello in cui è scritto questo testo, è bene usarlo per testi brevi, con una spaziatura del 5-6% tra le lettere, perché nel caso di lettere come le “o” e la “g” lo scuro, verticale, del carattere risulta più vicino alle lettere che precedono e che succedono facendo perdere l’unità della lettera. Un altro problema che già danno i caratteri di larghezza media (meno evidente con quelli più stretti) è che nelle lettere aperte come la “n”, la “m”, la “u” e la “v” il bianco entra nell’area del carattere, disturbando la lettura. È per questo motivo che i libri sono impaginati con caratteri con le grazie, che stancano meno la lettura, nonostante siano meno sintetici, e nel caso di difficoltà di decodifica visiva sono meno indicati nella fase iniziale. Un’altra possibilità che può aiutare approcci difficoltosi è di usare il maiuscoletto al posto delle lettere minuscole, sempre distanziando un poco le lettere tra loro;
  • sconsigliata la frazionatura delle parole andando a capo. È importante che la riga contenga un massimo di settanta battute. Le battute giuste (da cui il termine giustezza della riga) dovrebbero essere circa sessanta, in modo che l’occhio sia facilitato a tornare indietro e il ritmo della respirazione possa accompagnare la lettura;
  • giustificazione solo a sinistra (sbandierato a destra) per tre ragioni principali:
    • equispaziatura delle parole e delle lettere che rende la lettura più lineare e codificabile
    • la sbandieratura a destra permette di avere una forma particolare dell’insieme della pagina che aiuta a evitare la perdita del segno
    • elimina la frazionatura delle parole andando a capo
  • ampia interlinea.

La prognosi, in generale, è positiva per gli individui a cui la condizione viene identificata al più presto durante l’infanzia e ricevono il supporto da amici, familiari e personale specializzato.

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Dislessia: cos’è, come riconoscerla, come affrontarla e superarla

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO TRISTE TRISTEZZA DEPRESSIONE BAMBINI VETRO TRENO VIAGGIOLa dislessia (anche chiamata “disturbo della lettura“, in inglese: “dyslexia” o “reading disorder”), è una condizione che fa parte dei disturbi specifici dell’apprendimento o DSA. La dislessia è caratterizzata da una certa difficoltà:

  • nella lettura;
  • nella pronuncia delle parole,
  • nella lettura veloce;
  • nella memorizzazione delle definizioni;
  • nella memorizzazione dei termini specifici;
  • nella scrittura a mano;
  • nella copiatura di un testo;
  • nella pronuncia delle parole durante la lettura ad alta voce;
  • nella comprensione di ciò che si legge (testo e numeri).

Chi ne soffre ha solitamente un’intelligenza normale e una buona volontà di apprendere. La dislessia comporta difficoltà di grado lieve, medio o severo; in caso di compromissione totale delle capacità di lettura si parla di alessia (alexia in inglese). La dislessia può essere di tipo fonologico o visivo. Le persone con dislessia hanno frequentemente scarse capacità ortografiche, una caratteristica a volte chiamata disortografia e disgrafia. Non si parla di dislessia quando la difficoltà di lettura è dovuta ad un insegnamento insufficiente o a problemi di udito o di vista.

Dislessia e deficit dell’attenzione

Il disturbo dislessico e la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), comunemente si verificano insieme: circa il 15% delle persone con dislessia presenta anche ADHD e il 35% coloro con ADHD hanno la dislessia. A tale proposito, leggi anche: Dislessia: le condizioni più frequentemente correlate

Cause di dislessia

La dislessia sembra essere causata da un’inferiore attività elettrica in alcune parti l’emisfero sinistro del cervello, coinvolte con la lettura, come ad esempio la circonvoluzione frontale inferiore, il lobulo parietale inferiore e la corteccia temporale media e ventrale. Diversi geni sono stati associati con la dislessia, tra cui DCDC2 e KIAA0319 sul cromosoma 6, e DYX1C1 sul cromosoma 15. Per approfondire, leggi: Dislessia: quali sono le cause?

Sintomi e segni della dislessia

Non è facile individuare sintomi e segni della dislessia nelle sue prime fasi. Nella prima infanzia, i sintomi che comportano la formulazione di una diagnosi di dislessia comprendono:

  • un’insorgenza ritardata di parola,
  • difficoltà nel distinguere la sinistra dalla destra,
  • difficoltà con la direzione,
  • la mancanza di consapevolezza fonologica,
  • la facilità di essere distratti da un rumore di fondo.

I bambini con dislessia spesso hanno difficoltà di linguaggio nei primi tre anni di vita: può trattarsi di bambini che hanno imparato a parlare verso i due anni, altre volte invece hanno imparato verso l’anno ma poi il loro linguaggio è rimasto povero, oppure non hanno mai pronunciato bene le parole, o hanno continuato ad usare frasi costruite in modo non del tutto corretto. L’inversione delle lettere o delle parole e la scrittura specchio sono comportamenti che a volte si riscontrano nelle persone con dislessia, ma non sono considerati caratteristiche proprie del disturbo. I bambini in età scolare con dislessia possono mostrare segni di difficoltà nell’individuare o generare parole in rima o contare il numero di sillabe; entrambe le capacità dipendono dalla consapevolezza fonologica. Essi possono anche mostrare difficoltà nel segmentare le parole in singoli suoni o fondere suoni nella produzione di parole, indicando una ridotta consapevolezza fonemica. Anche la difficoltà nel nominare gli oggetti o ricercare la parola giusta è una caratteristica correlata con la dislessia. Per approfondire, leggi anche: Dislessia: i problemi più diffusi nella decodifica del testo e ripercussioni su scrittura ed apprendimento

Ripercussioni sul bambino

La dislessia può avere un impatto fortemente negativo sul bambino, a tal proposito approfondisci con: Il disagio psicologico nel bambino con dislessia

Diagnosi nel bambino dislessico

La dislessia viene diagnosticata attraverso una serie di test di memoria, di ortografia, di visione e di capacità di lettura.

Quando il bambino dislessico cresce

I problemi persistono nell’adolescenza e nell’età adulta e possono accompagnarsi con difficoltà nel riassumere storie, nella memorizzazione, nella lettura ad alta voce o nell’apprendimento delle lingue straniere. Gli adulti con dislessia spesso sono in grado di leggere con una buona comprensione del testo, anche se tendono a farlo più lentamente di altri, senza tuttavia presentare una difficoltà di apprendimento e hanno prestazioni peggiori nei test di ortografia o durante la lettura di parole senza senso – una misura della consapevolezza fonologica. Un mito comune circa la dislessia è che la sua caratteristica distintiva è nella lettura o nella scrittura di lettere o parole al contrario, ma questo è vero per molti bambini che imparano a leggere e scrivere.

Come affrontare la dislessia?

A tale proposito leggi:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra gene e allele

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Peso Dietologo Roma Cellulite Sessuologia Ecografie DermatologiaSmettere fumare Obesità Cancerogeni Cancerogenesi e CancroI geni sono sequenze nucleotidiche situate in posizioni fisse e specifiche del cromosoma. Non sono altro che una serie di nucleotidi con una specifica sequenza che servirà poi, mediante il processo di TRASCRIZIONE E TRADUZIONE, a generare una proteina (e non solo, in realtà il prodotto può essere anche un tRNA o rRNa ad esempio).

Per ogni gene esistono alleli differenti. Considerando per semplicità un unico cromosoma , ad esempio il cromosoma 7 umano, se su questo cromosoma esiste un gene che codifica per una proteina, entrambi i cromosomi 7 avranno questo gene che codifica per quella proteina. La differenza sta nel fatto che ogni gene può però subire delle mutazioni nel corso dell’evoluzione. E quindi per via di mutazioni casuali in quel gene si possono generare ALLELI differenti, ovvero forme alternative di quel gene. Negli esempi di Mendel delle piante e dei fiori con colori o forme differenti, il motivo di tali differenze era dovuto ad alleli differenti di uno stesso gene: uno codifica per una proteina che ha un pigmento rosso e una che codifica per il colore bianco ad esempio. In realtà il motivo per cui un fiore è bianco in molti casi è dovuto ad una proteina non funzionale, che quindi non codifica per nessun pigmento e il risultato è un fiore bianco. E’ quindi da tenere presente che una mutazione in un gene può far si che si produca una proteina che esprime una caratteristica diversa o anche che esprime una proteina che non funziona più. Quindi ogni cellula porterà due geni dello stesso tipo, uno sul cromosoma paterno e uno materno, ma questi possono essere differenti perchè sono differenti le forme alleliche che portano il cromosoma materno e quello paterno. Un gene dobbiamo immaginarlo come una sequenza di nucleotidi.

Ad esempio possiamo avere lo stesso gene che ha due alleli che differiscono per un nucleotide: uno ha una guanina in posizione 7 e l’altro ha un’adenina. Ovviamente un gene ha una sequenza di molti più nucleotidi, ma non è raro che due alleli differiscano per un singolo nucleotide, e per quanto possa sembrare di non molta importanza una differenza cosi piccola in realtà molte malattie gravi (come l’anemia falciforme) sono dovute ad una singola sostituzione nucleotidica.

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Sindrome di Bloom: cause, sintomi, diagnosi e terapia

SINDROME DI BLOOM CAUSE SINTOMI DIAGNOSI TERAPIA GENETICA FOTO IMMAGINI DNA MALATTIA.jpgLa sindrome di Bloom è una malattia autosomica recesssiva caratterizzata da eritema teleangiectasico del volto, fotosensibilita, nanismo ed altre anomalie.

Segni e sintomi

Le tipiche lesioni cutanee sono teleangiectasiche eritematose, appaiono in infanzia al volto, con tipico aspetto a farfalla, ma occasionalmente si riscontrano anche ai dorsi delle mani e dei piedi. Queste aree sono sensibili al sole, e peggiorano dopo l’esposizione. L’ altra caratteristica fondamentale della malattia e la bassa statura, soprattutto prenatale all’esordio, ma che persiste anche in infanzia e in eta adulta. La maggior parte degli individui rimane al di sotto dei 148 cm.
I maschi sono sterili con azospermia, mentre le femmine possono essere fertili.
Altre caratteristiche sono: macchie caffelatte, microcefalia, dolicocefalia, faccia stretta, naso e/o orecchie prominenti, la tipica tonalita alta della voce, l’ipertrigliceridemia. L’intelligenza e normale. Le infezioni sono frequenti, a causa dell’immunodeficienza, e possono essere minacciose per la vita.

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Storia naturale

La sindrome di Bloom e un disordine genetico che predispone al cancro. Infatti, quasi la meta dei pazienti sviluppano almeno una neoplasia (10% dei quali hanno piu di una neoplasia primitiva, il che e proprio tipico di questa sindrome); l’eta media di insorgenza del primo tumore e di 25 anni (range 2-49 anni).  Dopo i trent’anni si manifestano leucemie acute (ALL e ANLL) nel 15% dei casi e linfomi pure nel 15% dei casi. Carcinomi (una grande varieta di tipi) si sviluppano nel 30% dei casi, perlopiu dopo i 20 anni.
A parte le malattie neoplastiche, le complicanze maggiori dal punto di vista medico sono la malattia polmonare cronica e il diabete mellito (nel 10% dei pazienti).
L’incidenza della sindrome e di circa 2/100.000 nati tra gli Ebrei Ashkenazi e tra i Giapponesi (effetto del fondatore: le persone affette derivano da un antenato comune); per il resto e molto rara.

Eziologia

La sindrome di Bloom e trasmessa con modalita autosomica recessiva. Il gene e stato mappato: location 15q26.

Diagnosi

Fa diagnosi il riscontro (patognomonico) di un alto numero di scambi spontanei di cromatidi fratelli (90 per cellula, piu di 10 volte maggiore che nel normale); in alcuni pazienti, il riscontro di una sottopopolazione con basso numero di scambi suggerisce una ricombinazione tra alleli materni e paterni (con mutazioni differenti), che da origine ad un gene selvaggio funzionante. Gli eterozigoti, invece, non si possono investigare con studi citogenetici.

Terapia

Non esistono cure definitive. L’ormone della crescita è controindicato nelle sindromi in cui vi e un aumentato rischio di rotture cromosomiche, come appunto la sindrome di Bloom. Controlli frequenti assicurano la diagnosi precoce dei tumori associati alla sindrome di Bloom. Gli individui affetti da questa patologia devono evitare i raggi X, gli agenti chemioterapici ed altre esposizioni ambientali che possono provocare danni ai loro cromosomi particolarmente fragili.

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Gay si nasce o si diventa? Ecco la risposta

MEDICINA ONLINE GAY OMOSESSUALE AMICI MARE SPIAGGIA SOLE TRISTE INFEZIONE SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTO GELOSIA RABBIA RAPPORTO AMICIZIAIntorno alle origini del genere sessuale delle persone si discute da tempo immemorabile per capire il momento esatto in cui nascono le attitudini e delle preferenze sessuali dell’individuo e cercare di spiegare come nasce  l’omosessualità. La scienza ha così distinto la sfera sessuale delle persone identificando  3 distinte  identità:  il sesso biologico (cioè  il sesso genetico di una persona determinato dai cromosomi sessuali), l’identità di genere ( se cioè la persona identifica se stessa come maschio o femmina)  ed il ruolo di genere (le norme sociali sul comportamento di uomini e donne). Il tutto per poi definire come orientamento sessuale  l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale di una persona verso individui dello stesso sesso, di sesso opposto o entrambi. Da quando la scienza ha accertato che l’omosessualità non rappresenta una patologia si sono susseguiti diversi studi che hanno indagato sull’origine dell’omosessualità. Tra gli ultimi in ordine di tempo ce n ‘è uno che fissa alcuni punti molto importanti su questo argomento. Cosa dice?

Le conclusioni dello studio concludono che le pressioni della famiglia o gli input che provengono dalla società hanno una importanza decisiva anche se poi la scelta è individuale e se si diventa omosessuali o eterosessuali, lo si fa liberamente. Al massimo, si viene influenzati da fattori ereditari o dalle esperienze passate personali. E’ quanto emerge dalle conclusioni deiricercatori del Karolinska Institute (in Svezia) e della Queen Mary University di Londra (Gran Bretagna), al termine di uno studio – tra i più grandi mai condotti su questo tema – pubblicato sulla rivista scientifica “Archives of Sexual Behavior”.

I risultati
“I risultati mostrano, che gli atteggiamenti familiari e della società, sono meno influenti per il nostro comportamento sessuale rispetto a quanto pensato in passato”, ha detto Niklas Langstrom, uno dei ricercatori.

“Invece, il ruolo più importante è svolto dai fattori genetici e dalle esperienze individuali”.

In particolare, l´ambiente condiviso dai soggetti del campione (compresi i familiari e gli atteggiamenti della società) ha spiegato circa il 17% delle scelte dei partner sessuali, i fattori genetici il 39% e le esperienze uniche e personali il 66%.

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Sindrome di Down: cause, sintomi in gravidanza e nei neonati

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologo Nutrizionista Cellulite Sessuologia Ecografie Tabagismo Smettere di fumare La molecola che spegne la sindrome di DownLa sindrome di Down è un’anomalia cromosomica che si manifesta attraverso diversi sintomi congeniti: le persone affette sono caratterizzate da una copia in eccesso del cromosoma 21 e possono manifestare sintomi fisici e disabilità intellettive. Tutti i casi diagnosticati presentano un ritardo cognitivo, ma il grado di disabilità è molto variabile tra gli individui affetti, con la maggior parte che rientra nella gamma di “poco” o “moderatamente disabili”. Purtroppo i soggetti Down spesso sono affetti da altri problemi di salute, per esempio malformazioni cardiache, difetti dell’udito, intestinali, tiroidei, scheletrici e agli occhi. La gravità di questi problemi varia considerevolmente a seconda dell’individuo. La sindrome è la più comune anomalia cromosomica nell’uomo e il rischio di concepire un bimbo Down aumenta proporzionalmente all’età della madre. La diagnosi può avvenire al momento della nascita o anche prima, attraverso lo screening prenatale. Questa sindrome non può essere curata, anche se un approccio integrato impostato fin dai primi mesi di vita permette di favorire un buon sviluppo delle capacità di base, permettendo di condurre una vita serena e produttiva. Negli ultimi decenni l’aspettativa di vita è aumentata significativamente, passando dai 25 anni del 1983 ai 60 e più attuali.

Cause

La sindrome di Down è causata da un errore casuale nella divisione cellulare che si verifica durante lo sviluppo delle cellule riproduttive (gameti) e che comporta la presenza di una copia extra del cromosoma 21. L’essere umano normalmente mostra 23 coppie di cromosomi, ossia 46 in tutto, ereditati rispettivamente per metà dalla madre e per metà dal padre; in alcuni casi si verifica un problema prima della fecondazione. L’ovulo materno o lo spermatozoo paterno si possono dividere in modo non corretto, arrivando a portare un cromosoma 21 in eccesso. Quando queste cellule si uniscono con uno spermatozoo o un ovulo normale l’embrione risultante avrà quindi 47 cromosomi, anziché 46, e questo tipo di errore nella divisione cellulare è responsabile di circa il 95% dei casi di sindrome di Down (trisomia 21).

  • In circa il 90% dei casi l’errore si verifica a livello dell’ovulo materno,
  • in circa il 4% dei casi si verifica nello spermatozoo paterno,
  • mentre nel restante 6% l’errore si verifica in una fase successiva alla fecondazione.

Il risultato è, in ogni caso, che il bimbo avrà una quantità superiore di materiale genetico rispetto a quello considerato normale nell’essere umano.

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Fattori di rischio

Ad oggi si ritiene che non esista alcun comportamento o fattore ambientale in grado di favorire l’errore durante la divisione cellulare. Sono invece considerati fattori di rischio:

  • Età avanzata della mamma, il cui rischio relativo aumenta in particolar modo dai 35 anni in poi, passando da 1 bimbo ogni 350, a 1 su 30 all’età di 45 anni.
  • Una donna che abbia già dato alla luce un bimbo affetto dalla sindrome di Down è associata a un aumento del rischio in caso di gravidanze successive.
  • Essere portatori della traslocazione genetica associata alla sindrome.

Sintomi

I sintomi variano considerevolmente da un soggetto all’altro, così come i i problemi che possono trovarsi ad affrontare in diverse fasi della vita. I bambini affetti da sindrome di Down manifestano tipicamente alcuni o tutti dei seguenti segni fisici:

  • occhi inclinati verso l’alto;
  • viso piatto e largo;
  • orecchie piccole e leggermente piegate sulla sommità;
  • bocca piccola, con la lingua che sembra più grande del normale;
  • naso piccolo e camuso;
  • collo corto ed eccesso di pelle alla base;
  • mani e piedi piccoli;
  • tono muscolare ridotto;
  • testa, orecchie e bocca più piccole;
  • macchie bianche su occhio e iride;
  • dita di mani e piedi più corte (brachidattilia);
  • singola piega trasversale palmare;
  • spazio eccessivo tra alluce e il secondo dito del piede;
  • obesità;
  • bassa statura, sia da piccoli sia da adulti.

Lo sviluppo fisico è in genere più lento rispetto ai coetanei, per esempio a causa del ridotto tono muscolare possono imparare a girarsi, sedersi e camminare un po’ più avanti nel tempo; nonostante queste difficoltà i bimbi affetti possono imparare comunque a partecipare alle attività fisiche svolte con altri bambini.

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Disabilità intellettiva

La gravità della disabilità intellettiva varia considerevolmente: la maggior parte delle persone down presenta una disabilità intellettiva lieve o moderata, che può manifestarsi come:

  • ridotta soglia di attenzione,
  • scarsa capacità di giudizio,
  • comportamento impulsivo,
  • apprendimento lento,
  • ritardo nello sviluppo del linguaggio.

Con opportuni interventi solo pochi pazienti arrivano a presentare una disabilità intellettiva grave. Non è possibile prevedere lo sviluppo mentale basandosi soltanto sui suoi tratti somatici.

Prognosi e patologie associate

Attualmente la prognosi per le persone affette da sindrome di Down è migliore rispetto a qualche anno fa, poichè la maggior parte dei problemi di salute connessi alla sindrome di Down può essere curata e guarita e la speranza di vita ha raggiunto i 60 anni. I pazienti corrono in ogni caso un rischio maggiore rispetto alla popolazione sana di soffrire di uno o più dei problemi seguenti.

  • Malformazioni cardiache. Circa la metà dei bambini con sindrome di Down soffre di malformazioni cardiache che possono portare allo sviluppo di pressione polmonare alta, ridotta capacità del cuore di pompare efficacemente il sangue e altri problemi. Per questo motivo è consigliabile sottoporre il bimbo a una valutazione cardiologica specializzata, che preveda anche un ecocardiogramma. In alcuni casi la diagnosi può avvenire già durante la gestazione, anche se gli esami svolti successivamente sono in genere più precisi e affidabili. Alcuni difetti possono essere gestiti attraverso i farmaci, mentre in altri casi può rendersi necessario l’intervento chirurgico.
  • Malformazioni intestinali. Il 12 per cento circa dei bambini è affetto da malformazioni intestinali congenite per le quali è necessario l’intervento chirurgico; possono essere presenti altri problemi digestivi, spesso legati a specifici alimenti.
  • Problemi di vista. Più del 60 per cento dei bambini con sindrome di Down soffre di problemi oculistici, come lo strabismo (esotropia), la miopia, la presbiopia e la cataratta. Per alleviare o risolvere queste patologie si può ricorrere agli occhiali, all’intervento chirurgico o ad altre terapie. I bambini dovrebbero essere visitati da un’oculista pediatrico entro i sei mesi di vita e dovrebbero fare visite oculistiche regolari.
  • Sordità e problemi d’udito. Una percentuale compresa tra il 70 e il 75% circa dei bambini con sindrome di Down ha problemi d’udito più o meno gravi, che rendono necessarie periodiche visite di controllo oltre a quella effettuata alla nascita. Molti difetti possono essere corretti, ma è necessario prestare grande attenzione alle infezioni (otiti) cui sono più soggetti e che possono causare danni permanenti.
  • Infezioni. Molti bambini manifestano un sistema immunitario più debole, che può favorire la comparsa di frequenti episodi di raffreddori e di infezioni alle orecchie, nonché di bronchiti e polmoniti. I bambini down dovrebbero ricevere tutte le vaccinazioni indicate per l’età pediatrica, che contribuiscono a prevenire alcune di queste infezioni.
  • Problemi della tiroide. L’1 per cento circa dei bambini affetti da sindrome di Down è affetto da ipotiroidismo congenito, cioè da una carenza di ormoni tiroidei in grado di influire negativamente sulla crescita e sullo sviluppo cerebrale. L’ipotiroidismo congenito può essere diagnosticato con gli esami di routine per i neonati e può essere curato con la somministrazione orale di ormone tiroideo. I bambini down corrono anche un rischio maggiore di soffrire di problemi della tiroide ereditari, quindi dovrebbero sottoporsi a controlli con cadenza annuale.
  • Leucemia. Meno dell’uno per cento dei bambini soffre di leucemia (tumore del sangue), ma di fatto corrono un rischio di 10-15 volte superiore rispetto ai loro coetanei. I bambini colpiti spesso possono essere curati efficacemente con la chemioterapia.
  • Altri disturbi del sangue. Si rileva un aumento dei casi di anemia sideropenica (ferro basso) e policitemia (elevata concentrazione di globuli rossi).
  • Ipotonia muscolare. Una riduzione del tono e della forza muscolare sono spesso causa di ritardo nell’apprendimento delle capacità motorie di base; in alcuni casi può essere consigliabile il ricorso ad apposite integrazioni nutrizionali per favorire lo svilippo muscolare.
  • Disturbi della memoria. Le persone affette da sindrome di Down corrono un rischio maggiore di ammalarsi di Alzheimer, una patologia caratterizzata dalla perdita progressiva della memoria, da alterazioni della personalità e da altri disturbi. Gli adulti down tendono ad ammalarsi di Alzheimer prima delle persone sane. Le ricerche indicano che circa il 25 per cento degli adulti down di età superiore ai 35 anni presenta i sintomi del morbo di Alzheimer.

Sono inoltre più frequenti casi di:

  • disturbi del sonno e episodi di sindrome delle apnee notturne,
  • problemi orali (denti e gengive),
  • epilessia,
  • celiachia.

Alcune persone down probabilmente soffrono di diversi di questi problemi, mentre altre probabilmente non ne hanno nessuno. La gravità dei disturbi varia considerevolmente da persona a persona.

Quali capacità hanno i bambini con sindrome di Down?

I bambini di norma riescono a fare la maggior parte delle cose che i loro coetanei sono in grado di fare: camminano, parlano, si vestono da soli e imparano ad andare in bagno da soli. Tuttavia, generalmente, iniziano a imparare con un po’ di ritardo rispetto agli altri bambini. L’età esatta in cui i bambini raggiungeranno questi traguardi di autonomia non può essere prevista con esattezza, ma con un intervento precoce e mirato che inizi già dalla prima infanzia potranno diventare autonomi prima.

I bambini con sindrome di Down possono andare a scuola?

Esistono programmi speciali che, già in età prescolare, aiutano i bambini a sviluppare le loro abilità nella maniera più completa possibile. Oltre a trarre benefici da questi interventi e dall’educazione differenziata, molti bambini con sindrome di Down vanno a scuola insieme ai loro coetanei sani. Molti bambini imparano a leggere e a scrivere: alcuni frequentano la scuola superiore e proseguono con l’università. Molti sono perfettamente integrati nelle varie attività scolastiche ed extrascolastiche. Gli adulti con sindrome di Down sono in grado di lavorare, sia seguendo un programma lavorativo speciale, sia facendo un lavoro “normale”. Un numero sempre maggiore di adulti con sindrome di Down vive in modo semindipendente all’interno di strutture residenziali: riesce a prendersi cura di sè, sbriga le faccende domestiche, stringe amicizie, partecipa ad attività nel tempo libero e lavora nella comunità.

Le persone con sindrome di Down possono avere figli?

  • Tranne rare eccezioni gli uomini con sindrome di Down non possono diventare padri.
  • Le donne con sindrome di Down, invece, hanno una probabilità del 50 per cento di mettere al mondo un figlio a sua volta affetto dalla sindrome, ma in molti casi si verifica un aborto spontaneo.

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Diagnosi

La diagnosi può avvenire prima della nascita o al momento del parto. Durante la gestazione è possibile giungere alla diagnosi di sindrome di Down attraverso due possibili test.

Screening prenatale

Sono disponibili diversi esami, come il bi-test, in grado di calcolare una stima del rischio che il bimbo/a sia affetto da sindrome di Down, ma senza fornire la certezza della diagnosi. Lo screening può consistere in un esame del sangue della madre, eseguito nel primo trimestre (tra l’undicesima e la tredicesima settimana) e in una speciale ecografia che misura lo spessore della nuca del bambino (translucenza nucale). Nel caso in cui emerga un aumento significativo del rischio la paziente potrà decidere di sottoporsi a un vero e proprio test diagnostico.

Diagnosi prenatale

Alle donne che presentano risultati anomali negli esami sopraelencati viene proposto un esame diagnostico, come l’amniocentesi o il prelievo dei villi coriali (CVS): questi esami sono molto efficaci per diagnosticare (o, più probabilmente, per escludere) la sindrome di Down. In Italia l’amniocentesi viene consigliata a tutte le donne di età uguale o superiore ai 35 anni.

Diagnosi post-natale

La diagnosi effettuata al momento del parto si basa sulla valutazione dei segni fisici caratteristici della sindrome, anche se la conferma può avvenire attraverso un esame del sangue.

Cura e terapia

Per la sindrome di Down non esiste nessuna cura risolutiva trattandosi di un problema genetico, quindi viene intrapreso un approccio integrato e personalizzato in base alle necessità del singolo bimbo, che ha esigenze e punti di forza unici e diversi da quelli di qualsiasi altro bimbo. Il supporto medico più importante è probabilmente quello legato ai possibili rischi di salute connessi alla sindrome (difetti congeniti cardiaci, inclinazione allo sviluppo di infezioni, problemi di udito, …), che in alcuni casi richiedono un approccio chirurgico molto precoce. Un intervento precoce attraverso attente e adeguate terapie riabilitative fisiche e mentali permette di aumentare significativamente la possibilità di un soddisfacente inserimento sociale, scolastico e lavorativo, con la possibilità di sviluppare una qualità di vita elevata. Gli interventi possono consistere in:

  • Terapia fisica, in grado di favorire un buon sviluppo fisico e motorio, aumentanto anche tono e forza muscolare, postura ed equilibrio. Questo supporto è particolarmente importante in età pediatrica.
  • Terapia logopedica, che può aiutare il bimbo affetto dalla sindrome a migliorare la propria capacità comunicativa, utilizzando il linguaggio in modo più efficace.
  • Terapia occupazionale, che mira a sviluppare e mantenere le competenze necessaria nella vita quotidiana, scolastica e lavorativa.
  • Terapia comportamentale, per aiutare a prevenire emozioni negative come la frustrazione dovuta all’incapacità di comunicare adeguatamente; questo approccio permette loro di imparere a gestire l’impulsività e i comportamenti compulsivi, favorendo al contempo lo sviluppo di qualità e capacità proprie di ogni soggetto.

Prevenzione

L’unico modo realmente efficace di prevenire tale sindrome è abbassare l’età di gravidanza. Il rischio di concepire un bambino con sindrome di Down aumenta infatti all’aumentare dell’età della madre:

  • a 25 anni, il rischio di mettere al mondo un bambino con sindrome di Down è di 1 su 1.250;
  • a 30 anni, è di 1 su 1.000;
  • a 35 anni è di 1 su 400;
  • a 40 anni è di 1 su 100;
  • a 45 anni è di 1 su 30.

Anche se il rischio cresce proporzionalmente all’aumentare dell’età della madre, l’80 per cento circa dei bambini down nasce da donne di età inferiore ai 35 anni, perché le donne più giovani hanno più figli rispetto a quelle più anziane. Un apporto insufficiente di acido folico nella madre sembrerebbe essere legato a un aumento del rischio di concepire un figlio con sindrome di Down, per questo motivo alle donne di età pari o superiore ai 35 anni viene spesso consigliato di assumere dosi superiori ai classici 400 mcg al giorno. Nel caso di precedente figlio con sindrome di Down viene in genere consigliata una consulenza genetica, per valutare se possa esserci un aumento del rischio in grado di nuovo concepimento (si procede alla determinazione del cariotipo, per evidenziare l’eventuale presenza di traslocazione robertsoniana).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra riproduzione sessuata e asessuata

MEDICINA ONLINE SPERMA LIQUIDO SEMINALE PENIS VARICOCELE HYDROCELE IDROCELE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA LOVE COUPLE FRINEDS LOVCon “riproduzione” si intende la generazione di nuovi individui tramite la divisione cellulare. bisogna distinguere pero riproduzione sessuata e asessuata.

La riproduzione asessuata è più semplice e avviene senza organi riproduttivi, appartiene per lo più a organismi poco sviluppati. gli esempi sono molteplici: la gemmazione con l’Idra, la talea con il Geranio o gli stoloni con le fragole.
In tutti questi casi comunque gli individui generati sono geneticamente uguali al genitore.

La riproduzione sessuata, quella che avviene nei mammiferi e quindi anche negli esseri umani, è molto più complessa e necessita l’unione di due cellule dette gameti. Il gamete maschile si chiama spermatozoo e quello femminile ovulo, essi possedendo un corredo genetico dimezzato (quindi di soli 23 cromosomi) vanno a generare, attraverso un processo di fecondazione, uno zigote. Esso avrà di conseguenza il coretto numero di cromosomi e in seguito tramite la divisione cellulare andrà a generare individui geneticamente diversi da genitori. Questa riproduzione, nonostante la sua complessità, è la più diffusa in particolare tra gli organismi pluricellulari. Questo perché a differenza della riproduzione asessuata permette di “mescolare” il materiale genetico e quindi di aumentare la variabilità dei caratteri i quali, nel coso del tempo, si rivelano indispensabili per la sopravvivenza e l’evoluzione di ogni specie.

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