MKULTRA: il progetto della CIA sul controllo della mente

MEDICINA ONLINE MKULTRA PROGETTO CIA CONTROLLO MENTE LAVAGGIO CERVELLO STORIA.jpgIl progetto MKULTRA (conosciuto anche come MK-ULTRA) si riferisce ad una serie di attività svolte dalla CIA tra gli anni cinquanta e sessanta che aveva come scopo quello di influenzare e controllare il comportamento di determinate persone (cosiddetto controllo mentale).

Il progetto non è mai stato reso ufficialmente pubblico dalla CIA, ma vi sono varie testimonianze dirette che riferiscono di esperimenti condotti da personale dell’intelligence. Tali esperimenti prevedevano la somministrazione dell’ipnosi, sieri della verità, messaggi subliminali, LSD ed altri tipi di violenze psicologiche e sessuali su cavie umane.

Si suppone che uno degli scopi del progetto fosse quello di modificare il livello di percezione della realtà di alcune persone, costringendole a compiere atti senza rendersene conto; una delle ipotesi vuole che la CIA fosse interessata alla possibilità di creare degli assassini (Hashascin) inconsapevoli.

Nel 1977, grazie alla legge sulla libertà di informazione, furono derubricati alcuni documenti che testimoniavano la partecipazione diretta della CIA al programma MKULTRA.

Il progetto fu portato all’attenzione dell’opinione pubblica per la prima volta dal Congresso degli Stati Uniti e da una commissione chiamata Rockfeller Commission. Tale commissione pubblicò un documento che recitava:

«Il direttore della CIA ha rivelato che oltre 30 tra università e altre istituzioni sono coinvolte in un programma intensivo di test che prevede l’uso di droghe su cittadini non consenzienti appartenenti a tutti i livelli sociali, alti e bassi, nativi americani e stranieri. Molti di questi test prevedono la somministrazione di LSD. Almeno una morte, quella del Dr. Olson, è attribuibile a queste attività».

Le origini

Il progetto Mk-Ultra fu ordinato dal direttore della CIA Allen Dulles il 13 aprile 1953, al fine di contrastare gli studi russi, cinesi e coreani sul cosiddetto controllo mentale (mind control), ovvero sul controllo della psiche delle persone. Questa tecnica poteva portare numerosi vantaggi per gli USA, come ad esempio la creazione di assassini inconsapevoli o il controllo di leader stranieri scomodi (come ad esempio Fidel Castro).

Nel 1964 il progetto fu rinominato MKSEARCH in quanto si stava specializzando nella creazione del cosiddetto siero della verità, sostanza che sarebbe poi stata usata per interrogare esponenti del KGB durante la guerra fredda. Dato che quasi tutti i documenti riguardanti l’MK-ULTRA sono stati distrutti dall’allora direttore della CIA Richard Helms, è praticamente impossibile poter ricostruire tutte le attività svolte nell’ambito di questo progetto.

Gli esperimenti

Gli esperimenti sugli esseri umani erano spesso praticati all’insaputa dei soggetti scelti ed avevano lo scopo di sviluppare tecniche da utilizzare durante gli interrogatori e le torture operate dall’esercito o dai servizi segreti, e possibilmente farmaci, indebolendo l’individuo e forzando confessioni attraverso il controllo mentale. Tali esperimenti prevedevano l’uso di ipnosi, onde sonore (come il sottoprogetto 54) ed elettromagnetiche (come il sottoprogetto 119), sieri della verità, messaggi subliminali, sostanze psicotrope (soprattutto LSD) e numerosi altri metodi per manipolare gli stati mentali delle persone scelte e alterare le funzioni cerebrali, comprese pratiche di deprivazione sensoriale, isolamento, elettroshock, lobotomia, abusi verbali e sessuali, così come varie forme di torture.

La stessa agenzia ha successivamente riconosciuto che quei test avevano una debole base scientifica e che gli agenti posti all’esecuzione e controllo degli esperimenti non erano ricercatori qualificati.

Le vittime erano dipendenti della CIA, personale militare, agenti governativi, prostitute, pazienti con disturbi mentali e gente comune; il tutto con lo scopo di verificare che tipo di reazione avessero queste persone sotto l’influsso di droghe e altre sostanze.

Il Dottor Sidney Gottlieb, l’ideatore di tutti gli esperimenti, era solito anche torturare le vittime aggiungendo alla normale dose di droga anche rumori molesti o costringendoli ad ascoltare frasi offensive a ciclo continuo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Le donne parlano tanto ma nei film sono gli uomini a dire più battute

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare Reumatologo CUORE DI UNA DONNA OCEANO  TITANIC Medicina Estetica Luce Pulsata Depilazione Macchie Capillari Mappatura Nei Dietologo Roma  Radiofrequenza Cavitazione CelluliteNell’opinione comune le donne parlano tanto: effettivamente il gentil sesso è maggiormente portato, se vogliamo fare una generalizzazione, nel comunicare i propri pensieri ed i propri sentimenti rispetto al genere maschile.
Allora si rende necessario capire come mai in molti film buona fetta dei dialoghi venga affidata ai personaggi maschili. La tendenza risulta davvero diffusa: sorprenderà sapere come, anche in film dotati di protagonisti femminili, le attrici siano spesso quasi mute.

Su questo sito è possibile esplorare tale fenomeno. Il metodo usato per giungere a questo risultato ha richiesto impegno e lavoro: gli autori hanno analizzato circa 2.000 sceneggiature. Si sono prestati a quantificare le battute di ogni personaggio di rilievo: per essere conteggiato, l’attore doveva pronunciare almeno 100 parole. In questo modo è stato possibile attribuire i dialoghi a due categorie distinte secondo il genere.
La verità è che nei film le donne non parlano tanto: quasi tutti i dialoghi nelle pellicole analizzate è destinato ai maschi. Non bisogna pensare che siano stati presi in considerazione solo produzioni come Rambo o The Fight Club: lo studio si è articolato anche verso pellicole più “rosa”.

Analizziamo per esempio i cartoni animati Disney: non sorprende che in film come Toy Story o Il libro della giungla quasi il 100% delle battute sia pronunciato con voce maschile. Inizia ad essere preoccupante il fatto che sia così anche in film dedicati alle principesse Disney.
Nonostante ben due protagoniste donne, Frozen presenta soltanto il 57% di dialoghi destinati al gentil sesso. La situazione è ancora peggiore in altri casi: La Sirenetta, Mulan e Pocahontas si caratterizzano per un quasi totale predominio maschile.

Per consentire a tutti di trovare film in cui anche le donne parlino tanto, nel sito è possibile usare un motore di ricerca interno. Basta digitare il titolo di una pellicola precisa (in lingua inglese) e sarà possibile vedere se le quote rosa siano state rispettate.
Qualche esempio? Titanic vede una predominanza maschile del 63%, Alien (nonostante possa vantare una protagonista femminile) offre agli attori maschi il 79% di battute, mentre Matrix è “rosa” solo al 19%, nonostante la presenza di Trinity.

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Tumore al cervello: operato mentre suona la chitarra e canta Yesterday

Un paziente brasiliano ha suonato la chitarra e cantato mentre veniva operato al cervello. E’ accaduto nell’ospedale di Tubarao a Santa Catarina, Stato meridionale del Paese sudamericano. Anthony Kulkamp Dias, 33 anni, doveva farsi togliere un tumore e i medici gli hanno consigliato di restare sveglio durante la chirurgia: visto che il carcinoma si trovava vicino all’area che controlla la parola e i movimenti, sarebbe stato così possibile individuare e fermare subito ogni eventuale lesione.
L’uomo, aiutato da farmaci e potenti anestetici locali, non ci ha pensato due volte: ha chiesto lo strumento e, tra gli altri brani scelti, ha intonato ‘Yesterday’ dei Beatles.Sei professionisti, tra cui una fonologa, hanno accompagnato l’intervento-concerto, che e’ durato circa nove ore.

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George Blind, l’uomo che rise in faccia al plotone di esecuzione tedesco

MEDICINA ONLINE GEORGE BLIND RESISTENZA FRANCESE RISATA GUERRA PLOTONE TEDESCO SECONDA GUERRA MONDIALE ESERCITO FOTO IMMAGINEFrancia, ottobre 1944. Un manipolo di soldati tedeschi spiana i fucili verso George Blind, membro della Resistenza francese. Si tratta di una finta esecuzione, inscenata per costringerlo a dare informazioni sulle attività anti-tedesche. Una tortura psicologica ripetutamente utilizzata durante il conflitto per estorcere delazioni ai prigionieri.

Ebbene, il metodo non ha funzionato. Blind, infatti, non ha soltanto tenuto saldamente la bocca chiusa, ma si è addirittura messo a ridere in faccia a coloro che stavano per fucilarlo. Pochi giorni dopo, George è stato trasferito nel campo di concentramento di Dachau. Giudicato contagioso da un medico delle SS venne portato in infermeria. Non fece più ritorno.

Il suo sorriso sprezzante di fronte alla morte è diventato uno dei simboli della Resistenza francese.

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I tre modi per gestire facilmente i conflitti di coppia

MEDICINA ONLINE TRISTE EX RAGAZZA RAGAZZO FIDANZATA FIDANZATO GELOSIA LITIGIO MARITO MOGLIE MATRIMONIO COPPIA DIVORZIO SEPARATI SEPARAZIONE AMORE CUORE FIDUCIA UOMO DONNA ABBRACCIO LOVE DIVORZIO DIVORCE SAD COUPLE WALLPAPERSei una persona che è solita andare dritta al punto e non importa se questo aprirà un conflitto con il tuo partner? Oppure eviti appositamente degli argomenti proprio perché questi porterebbero a delle accese discussioni fra di voi? Valutando queste due strategie, si può dire che si tratta di due eccessi, di due reazioni estreme. Come sempre, invece, l’atteggiamento più equilibrato sta proprio nel mezzo. Ma vediamo meglio.

Oltre il conflitto. La giusta via di mezzo
L’approccio migliore sarebbe quello di scegliere le battaglie che valgono veramente la pena di essere combattute. Naturalmente, adottare questo tipo di atteggiamento non è sempre cosa facile, soprattutto perché non è così chiaro discernere le questioni che davvero valgono la pena di essere discusse da quelle che invece sono irrilevanti.
Tuttavia, se si prendono in considerazione i prossimi tre passi, è possibile guardare ai conflitti secondo una diversa prospettiva.

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1. Calma le tue emozioni
Il sentirsi insicuri è una delle sensazioni più dannose all’interno di un rapporto di coppia. Dà vita a comunicazioni cariche di emotività che spesso complicano e appesantiscono la situazione. Per cui, quando ci si sente incerti, la strategia migliore è quella di astenersi dal portare una questione complicata. Perché? Semplicemente perché quando ci sentiamo insicuri, ci predisponiamo mentalmente in una posizione difensiva contro una possibile minaccia proveniente da un “nemico immaginario”. Questo non è certamente un buon atteggiamento per affrontare un conflitto, soprattutto in un relazione affettiva.
E poi, quando non proviamo insicurezza, magari sentiamo invece rabbia, frustrazione o paura. In linea generale nessuna di queste emozioni è una buona consigliera nel momento in cui affrontiamo un conflitto. Per cui la miglior strada da perseguire in questi casi, prima di affrontare il partner, è quella di imparare a calmarsi. Quando le emozioni prendono il sopravvento, vediamo il mondo attraverso di esse. È come se avessimo un filtro colorato che tinge il mondo di quella tonalità e ci impedisce di comportarci in maniera obiettiva, razionale e flessibile. Pertanto, la prima regola per affrontare un conflitto è assicurarsi che le nostre emozioni non stiano condizionando la nostra mente e che siamo ben disposti ad accogliere le argomentazioni dell’altra persona.

2. Concentrati sugli aspetti positivi del tuo partner
Spesso, quando soffriamo, ci concentriamo solo sugli aspetti negativi dell’altra persona. Tuttavia, se si vuole veramente che la discussione abbia un buon fine, è meglio concentrarsi sulle ragioni per cui lo amiamo. Si tratta di un semplice cambiamento di prospettiva, ma che fa una grande differenza: questo atteggiamento permette di non affrontare il conflitto con un tono minaccioso e accusatorio, ma con una energia più tranquilla e propositiva, unita all’intenzione di risolvere il problema. Quando riconosciamo gli aspetti positivi degli altri, otteniamo l’abbassamento delle loro difese e di conseguenza un atteggiamento più aperto al dialogo.

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3. Non farti condizionare dalle tue aspettative
Tutti noi, in maniera consapevole o no, nutriamo delle aspettative verso le persone con cui ci relazioniamo e non fanno certamente eccezione le relazioni di coppia. Anzi, in un rapporto di coppia, sono soprattutto le aspettative che nutriamo nell’altro a trasformarsi in veri e propri ostacoli che intralciano la relazione, specialmente le aspettative non verbalizzate, quelle appunto non dette. Pensate a quante volte avreste voluto che l’altra persona si fosse comportata in un determinato modo piuttosto che in un altro, per esempio: che vi avesse regalato un sorriso invece che un maglione costoso che non vi corrisponde affatto o che avesse avuto in quel preciso momento delle attenzioni che invece non ha avuto. Quando le aspettative vengono deluse possono nascere sentimenti di rabbia, frustrazione e delusione. In queste situazioni basta un attimo, una parola fuori posto che si accende la miccia che da il via ad un conflitto.
Prima di aprire al conflitto, in questi casi è utile tornare al punto 1 di cui sopra, e fare una breve analisi su che tipo di ruolo stanno giocando le nostre aspettative in quel momento. Qual’è il mio livello di responsabilità in tutto ciò? Perché penso che l’altro debba intuire o essere a conoscenza di ciò che mi aspetto da lui senza averglielo mai comunicato prima? Quello che sto per dire suonerà un po’ forte, ma in questi casi è utile, prima di accusare l’altro, guardare dentro noi stessi per scoprire che siamo probabilmente parte del problema.
È utile tenere a mente che i conflitti non si risolvono in una notte e di solito ci vuole una buona dose di impegno e attenzione da parte di entrambi. Imparando a conoscersi e lavorando sulle proprie aspettative si riesce un po’ alla volta ad assumere un atteggiamento più realistico e collaborativo circa la risoluzione dei conflitti, il che facilita e migliora certamente il clima del rapporto di coppia.

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Stella Walsh: un’atleta coraggiosa con un segreto inconfessabile

MEDICINA ONLINE STELLA WALSH ATLETA CORAGGIOSA SEGRETO INCOFESSABILE SESSOQuando il rapinatore tirò fuori una calibro 38, Stella Walsh, che a 69 anni aveva ancora una forza indomita, reagì cercando di afferrare l’arma. Partì un colpo che le perforò stomaco e intestino, lasciandola riversa sul terreno di un parcheggio di Cleveland.

Chi la uccise e chi ritrovò il suo corpo che lottava contro la morte non la riconobbe.
Non riconobbe Stanisława Walasiewicz, la bambina emigrata dalla Polonia a inizio ‘900, che aveva cambiato il suo nome in Stella Walsh.

Non riconobbe la centometrista che aveva vinto alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932 stabilendo il record del mondo. Non riconobbe la donna che a Berlino nel 1936 confermò l’oro nei cento metri piani e trionfò anche nei duecento. Insomma non riconobbe una delle atlete più forti di tutti i tempi.

Stella, portata all’ospedale più vicino, si arrese sul tavolo operatorio. Era il 4 dicembre 1980. Come da prassi venne sottoposta all’autopsia. L’esame rivelò una verità che i giornali definirono “sconvolgente”. Stella soffriva di mosaicismo, una condizione allora scarsamente conosciuta, in cui diverse linee genetiche si ritrovano in uno stesso individuo. In particolare Stella aveva sia organi sessuali maschili che femminili.

La stampa cavalcò in maniera vergognosa la notizia, descrivendola come un mostro, uno scherzo della natura, un mezzo uomo. Si fecero avanti anche alcune sue storiche rivali degli anni ’30 che più o meno velatamente ventilarono la possibilità di toglierle le medaglie che aveva vinto nella sua lunga carriera.

La vita privata di Stella, il matrimonio fallito, le sue più intime confidenze, vennero passate al setaccio senza rispetto e senza pietà.
Ancora oggi il pregiudizio impera su questi argomenti e purtroppo alcuni bambini in diversi luoghi del mondo devono vivere la sorte di Stella. Costretta a nascondere fin da piccola un segreto che la famiglia giudicava ignominioso.

Ma Stella aveva scelto di essere una donna nella vita. E aveva scelto di essere un’atleta. La sua autopsia dimostrò che non aveva mai assunto sostanze che potevano modificare le sue prestazioni. Aveva vinto e lo aveva fatto regolarmente. Con la grinta e la forza di volontà di chi deve custodire un segreto inconfessabile, di chi si sente come gli altri ma viene additato come un diverso. Così Stella Walsh morì come aveva vissuto: lottando.

Lottando come emigrata povera in una società razzista, lottando come donna in una società maschilista, lottando come atleta per vedere riconosciuto il suo talento, lottando come individuo contro le discriminazioni che la circondavano.

E se il suo fisico le ha dato un vantaggio, ebbene signori, è l’unico vantaggio che questa donna abbia mai avuto nella vita.

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Leonarda Cianciulli: la saponificatrice di Correggio ed i suoi omicidi misteriosi

MEDICINA ONLINE LEONARDA CIANCIULLI SERIAL KILLER ITALIA SAPONIFICATRICE CORREGGIO EMILIA VITTIME ASSASSINA.jpgLeonarda Cianciulli, con i suoi tre omicidi che le hanno fruttato il soprannome di “Saponificatrice di Correggio”, è stata per anni oggetto di studi di criminologi e psichiatri, protagonista di film, di canzoni e di molti libri che hanno cercato di ricostruire la vera di quella che è considerata una delle più terribili serial killer della storia. Tra il 1939 e il 1940, uccise e fece a pezzi per poi sciogliere nella soda caustica i corpi di Ermelinda Faustina Setti, Clementina Soavi e Virginia Cacioppo, tre donne che avevano avuto la sfortuna di frequentare la sua casa. La Cianciulli, raccontano le cronache di allora, è una donna socievole che aveva avuto una vita difficile: l’infanzia povera in un paese dell’Irpinia, qualche piccola truffa per sopravvivere, tre aborti, dieci figli morti in fasce e una madre che aveva osteggiato il suo matrimonio ed in punto di morte aveva maledetto lei e tutta la sua prole. Quasi tutto quello che si sa sulla Cianciulli è però estratto dal suo memoriale, intitolato “Confessioni di un’anima amareggiata”, sulla cui autenticità sono stati sollevati numerosi dubbi. Molti sostengono che sia in realtà opera degli avvocati che la difesero al processo e puntavano ad alleggerire la posizione dell’imputata, la quale aveva studiato solo fino alla terza elementare e dunque difficilmente poteva essere in grado di scrivere un memoriale di oltre settecento pagine.

Sacrifici umani per placare la madre
Leonarda Cianciulli nasce a Montella, nella provincia campana di Avellino, il 14 aprile 1894. Ultima di sei figli, da bambina Leonarda soffrì d’epilessia, risulta però tutt’altro che veritiera la storia di un’infanzia infelice, sebbene lei stessa racconti.

Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla.

Il 23 luglio del 1930 un violento terremoto colpisce l’Irpinia e Leonarda Cianciulli si trasferisce con il marito Raffaele Pansardi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, al terzo piano di una casa in corso Cavour 11. Leonarda, chiamata anche Nardina dagli amici, conquista un discreto benessere e una certa fama commerciando in abiti e mobili usati, leggendo le carte e preparando amuleti e pozioni, abile pasticciera intrattiene molte donne del paese che frequentano numerose la sua casa. A far scattare la follia omicida è, come scrive lei stessa nel suo lungo memoriale, “Confessioni di un’anima amareggiata”, uno spaventoso incubo, la defunta madre Emilia le appare in sogno minacciosa e terribile, per Leonarda Cianciulli è un segnale evidente: uno dei suoi figli sta per perdere la vita. Nella sua mente malata si fa strada un’unica soluzione possibile: compiere sacrifici umani per placare il demone della madre.

Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi

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La prima vittima
Le indagini appureranno che la prima donna a sparire da Correggio è Ermelinda Faustina Setti, attempata zitella che aveva avuto una figlia illegittima in gioventù morta prematuramente, si occupava del commercio di vestiti usati, come la Cianciulli, e nonostante l’età ancora sperava di incontrare l’amore. Nel dicembre del 1939 Faustina Setti, confida ai più intimi che è prossima a sposarsi e a raggiungere il suo promesso sposo, vende la sua casa e affida tutti i suoi beni a Leonarda Cianciulli, prima di partire passa a salutare l’amica Leonarda ma dalla sua casa non uscirà viva. Scriverà la Cianciulli nel suo memoriale: «gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io».

I delitti continuano
La seconda vittima è Clementina Soavi, un’insegnante che aveva confidato alle amiche di essere stata chiamata a dirigere un collegio fiorentino e che un vescovo era in viaggio per portarla con lui a Firenze. Dopo pochi giorni dalla presunta partenza, Leonarda Cianciulli mette in vendita vestiti e mobili dell’istitutrice, dicendo a tutti che è stata incaricata dalla stessa Clementina. Nella cittadina si facevano sempre più insistenti le voci sulla sparizione delle due donne ma visto che sia la Setti che la Soavi non avevano parenti, nessuno si era preso la briga di fare una segnalazione alle autorità. A far partire le indagini saranno le insistenze di Albertina Fanti, cognata di Virginia Cacioppo (la terza vittima), una cantante lirica di discreto successo che ormai era stata dimenticata. Virginia Cacioppo, aveva lasciato detto che si trasferiva a Firenze dove le avevano offerto un lavoro come segretaria in un teatro e, anche lei, aveva affidato alla Cianciulli la vendita di tutti i suoi beni. Albertina Fanti non ricevendo più nessuna notizia dalla cognata, sospetta che sia scomparsa e si rivolge senza risultato ai carabinieri di Correggio. Certa delle sue preoccupazioni decide di indagare da sola e scopre che anche altre due donne sono sparite dalla cittadina emiliana, due donne anche loro sole, avanti con l’età, di cui nessuno, né amici, né conoscenti, aveva più ricevuto notizie dopo la partenza.

Finì nel pentolone, come le altre due; ma la sua carne era grassa e bianca: quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose

La svolta dei buoni del tesoro
Il commissario Serrao della Questura di Reggio Emilia, su pressione di Albertina Fanti sempre più convinta della scomparsa delle tre donne, si prende a cuore il caso e inizia una serie di indagini accurate sulle abitudini delle donne apparentemente partite per altre città. La svolta arriva nel 1941, quando in una banca di Reggio Emilia, Don Adelmo Frattini chiede di cambiare alcuni buoni del tesoro tra cui uno appartenente alla scomparsa vedova Cacioppo. Il commissario Serrao sottopone il parroco a interrogatori serrati, Don Adelmo Frattini si difende coinvolgendo Abelardo Spinabelli che dichiara di avere ricevuto il buono del tesoro da Leonarda Cianciulli: la donna viene immediatamente interrogata e arrestata. Nella sua casa di via Cavour si scopriranno una dentiera e delle ossa umane. Vengono arrestati anche lo Spinabelli ed il parroco, che nascondeva i pochi gioielli della Setti, della Soavi e della Cacioppo, in una scatola nascosta nella cassetta delle elemosine della sua chiesa.

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La richiesta di un cadavere
La Cianciulli, a istruttoria quasi terminata, si addossa tutta la responsabilità e scagiona Don Adelmo Frattini e Abelardo Spinabelli: lei sola aveva ucciso, squartato e saponificato le vittime, ma gli inquirenti non le credono, e accusano il figlio di complicità. Rinchiusa in carcere in attesa del processo, scrive le sue memorie in cui racconta minuziosamente i delitti, di come aveva sezionato i corpi, la bollitura nella cucina di casa per fare sparire ogni traccia, e ripete che la sua unica intenzione era di fare sacrifici umani propiziatori per salvare i figli dalla maledizione della madre. Con la fine della guerra, il caso della Saponificatrice di Correggio occupa le prime pagine dei giornali nazionali e internazionali, il fatto è clamoroso e il 12 giugno 1946, in un clima di grande attesa, molte persone affollano l’aula della Corte d’Assise di Reggio Emilia per il processo dell’anno. La donna, con un colpo di teatro, si addossa tutta la responsabilità degli omicidi e chiede l’allontanamento del figlio Giuseppe dalla gabbia degli imputati. Ai dubbi dei magistrati che non abbia potuto sezionare i cadaveri da sola, lei ne chiede uno per poter dimostrare che in pochi minuti è perfettamente in grado di sezionare un corpo. Il cadavere non glielo daranno ma lei, determinata a salvare il figlio, dimostra al presidente del tribunale che può smembrare un corpo in poco tempo con grande perizia. L’accusa insiste con l’omicidio a scopo di rapina ma si oppone la difesa che chiede l’infermità mentale. La Cianciulli per tutti gli interrogatori non smetterà mai di affermare che lei non ha ucciso per interesse ma per allontanare l’incubo della morte dai suoi figli.

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La condanna, il carcere e la morte
Il dibattimento del caso Cianciulli dura una decina di udienze e si conclude il 20 luglio 1946. L’accusa chiede l’ergastolo per Leonarda Cianciulli e 24 anni per Giuseppe Pansardi, la difesa sostiene l’infermità per la donna e la mancanza di prove per il figlio, la corte si riunisce e in due ore emette il verdetto: 30 anni per la saponificatrice con il beneficio della semi-infermità mentale, e assoluzione per Giuseppe Pansardi, per insufficienza di prove. Sentenza confermata poi in Cassazione. Leonarda Cianciulli passerà il resto della la sua vita nei manicomi criminali di Aversa, Perugia e Pozzuoli, dove farà sempre di tutto per rimanere. « Qui », confesserà più volte, «l’aria è buona. Le mie condizioni fisiche sono ottime e poi dalla finestrella della mia cella vedo il mare ». Continuerà a cucinare dolci prelibati che nessuno assaggerà, a leggere le carte e a predire il futuro alle detenute come aveva fatto nella sua casa di Correggio e a scrivere lunghe lettere agli amatissimi figli. A 76 anni, il 15 ottobre del 1970, Leonarda Cianciulli muore per un’emorragia cerebrale ed il suo cadavere viene sepolto in una fossa comune del cimitero di Pozzuoli. Molti anni dopo il figlio Giuseppe dichiarerà in un’intervista: «La prova che mia madre si sia macchiata di quei crimini orrendi, in fondo, non c’è mai stata. Perché mai è stato trovato un cadavere. Con questo non voglio dire che mia madre fosse innocente, ma per affermare il contrario è valsa la confessione di una pazza, come unica vera prova.

Riguardo ad aver ucciso delle innocenti per impedire che sui propri figli si scagliasse la sfortuna, ai medici che l’avevano in cura ripeteva convinta:

Se i miei figli sono vivi, lo devono a me: sono io che li ho salvati

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La causa della morte di Mark Sloan

MEDICINA ONLINE CAUSA DELLA MORTE DI MARK SLOAN LEXIE GREY Shonda Rhimes autrice e sceneggiatrice di Grey's AnatomyNelle prime puntate della nona stagione di Grey’s Anatomy, il chirurgo Mark Sloan perde la vita,  Eric Dane – l’attore che lo interpretava – esce di scena dopo oltre 100 puntate. Ma per quale motivo questo personaggio tanto amato è stato eliminato dalla serie?

L’amato Mark
Shonda Rhimes, autrice e sceneggiatrice di Grey’s Anatomy, ha vagliato tutte le altre possibilità prima di decidere di staccare – letteralmente – la spina al suo amato Mark Sloan. “Ho pensato a molti modi in cui Mark avrebbe potuto lasciare lo show, ma qualsiasi opzione che non fosse stata la sua morte, avrebbe richiesto che lui continuasse a piangere per la morte di Lexie a tempo indeterminato e che fosse lontano da sua figlia.
Io e gli altri sceneggiatori abbiamo discusso su questa questione a lungo ed incessantemente. Non volevo che Mark morisse ma, come i miei colleghi hanno giustamente sostenuto, Mark non avrebbe potuto abbandonare Sofia e di certo non avrebbe potuto lasciare sola Callie, dopo l’amputazione della gamba di Arizona”.

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Mark sarebbe tornato a Los Angeles?
La Rhimes ha considerato  tra le varie possibilità, anche la partenza di Mark per Los Angeles, per ristabilire il contatto con la ex Addison. “Mi piaceva l’idea, ma sarebbe stato comunque necessario che Mark abbandonasse la sua bambina ed Arizona. Per di più avrei dovuto rottamare tutti i progetti per Addison in questa stagione – e i suoi piani sono meravigliosi. Inoltre, questa idea avrebbe dato l’impressione che Mark avesse già dimenticato tutto quello che aveva detto a Lexie prima che lei morisse. Allora ho riflettuto, ma alla fine ho dovuto fare ciò che era giusto per l’integrità del personaggio. Mark non avrebbe mai dimenticato subito Lexie e non avrebbe mai abbandonato volontariamente Sofia e Callie. Così muore. E lui e Lexie tornano a stare insieme in qualche modo. Il loro amore rimane vero.”

Lexie
Parlando di Alexandra Caroline Grey, cioè Lexie, la Rhimes ha confessato che la sua morte nel finale dello scorso maggio, la tormenta. “Ho adorato quel personaggio e non potevo immaginare lo show senza di lei”, ha ammesso. “E’ stato importante per me dare all’uscita del suo personaggio il massimo impatto. Sinceramente non ero sicura, a causa di trattative, che sarebbe morta in quell’incidente. Nei miei primi piani, Lexie non era nemmeno sull’aereo. Sarebbe morta tornando in ospedale, facendo qualcosa di semplice come scivolare e sbattere la testa. Sarebbe morta al Seattle Grace, mentre altre persone stavano morendo nel bosco. Non era il mio piano preferito: sarebbe morta senza Mark al suo fianco, senza la possibilità di dirgli addio, senza la possibilità di sentire che l’amava. Io li volevo insieme.”

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