Napoli, le lasciano una garza nell’addome: giovane mamma muore dopo il parto

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO OSPEDALE CHIRURGIA SALA OPERATORIA OPERAZIONE CHIRURGICAUna donna di trent’anni di Caivano, Paola Savanelli, è morta il 31 luglio al Loreto Mare. La giovane l’8 febbraio con un quarto parto cesareo aveva dato alla luce un bambino al Loreto Mare, però nei giorni seguenti aveva avvertito dolore intenso all’addome. Tornata in ospedale, i medici le hanno trovato una garza dimenticata nell’addome il giorno del parto ed è stato necessario un delicato intervento chirurgico per la sua rimozione. Sono seguiti cinque mesi di calvario, fino a venerdì scorso, giorno in cui la donna è deceduta. La famiglia ha presentato denuncia. Presto arriveranno i risultati dell’autopsia.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
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Il sorriso di suor Cecilia, un attimo prima di morire

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma SORRISO SUOR CECILIA PRIMA DELLA MORTE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPuò bastare una fotografia di una donna sofferente ma sorridente a scatenare i sentimenti di un popolo intero? Si, può.

Fino alla settimana scorsa nessuno conosceva suor Cecilia Maria. Era da tempo su un letto d’ospedale di Santa Fè in Argentina dove lottava contro un cancro alla lingua, la religiosa, appartenente alle carmelitane scalze della cittadina sulle rive del Paranà. Ha ricevuto le visite delle consorelle e dei parenti. Come un qualunque malato. Come un qualunque essere umano in cerca di affetto e comprensione nel momento più drammatico della propria esistenza: la malattia terminale. Stava per morire, ma affrontava il suo destino con fede e… sorridente. La foto che vedete, un attimo prima di morire, ha fatto il giro del mondo, dando un messaggio di amore specie tra i malati terminali e i loro familiari: si può essere sereni in un momento così tragico dell’esistenza umana.

La dolcissima suor Cecilia aveva appena 42 anni. Entrò nella clausura carmelitana a 26 anni, poco dopo il conseguimento del diploma di infermiera nel 2003. Nulla sappiamo della sua vita dietro le grate del monastero di Santa Teresa e San Giuseppe se non che suonasse il violino e fosse sempre allegra, sorridente. Come nei suoi ultimi istanti di vita.

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Truman Show esiste davvero e si chiama Hogewey: la città per i malati di Alzheimer

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Studio Roma HOGEWEY TRUMAN SHOW ALZHEIMER DEMENZA Senili Lentigo Solare Viso Man Ecografia Mammella Tumore Seno Articolare Spalla Traumatologo  Spalla Medicina Estetica Cellulite Cavitazione RadiofrequenzaVicino ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, esiste una piccola città con 23 case, alcuni ristoranti, vari caffè, negozi, un salone di bellezza, un teatro e un cinema. Questa città si chiama Hogewey ed al suo interno ci vivono attualmente 152 persone, tutte anziane, e tutte affette da una grave demenza o da uno stadio avanzato di Alzheimer. Hogewey è letteralmente una casa di cura organizzata come un piccolo paese, così da permettere ai pazienti di condurre una vita quasi normale e di sentirsi a casa, e di ricevere nello stesso tempo le cure necessarie. Hogewey è stata fondata nel 2009 e da allora è diventata, specie per la sua particolare natura, un punto di riferimento importante a livello mondiale anche tra gli studiosi della demenza.

Anziani controllati da personale specializzato

In tutte le strade di Hogewey sono dislocate telecamere per monitorare i cittadini/pazienti, mentre i giardinieri, i cassieri, gli impiegati alla posta sono in realtà infermieri, assistenti e medici che controllano la loro salute senza che se ne rendano conto. Hogewey è collegato al mondo esterno da un’unica entrata, ma è facilmente accessibile a parenti e amici degli ospiti che possono visitarli liberamente anche ogni giorno. Per la sua particolare natura, questa piccolo centro città è stato subito associato alla città di The Truman Show, il film il cui protagonista, interpretato da Jim Carey, scopre che la sua vita è un reality show e che tutto quello che credeva reale è una finzione messa in piedi per divertire il pubblico. Ovviamente nel caso di Hogewey, lo scopo non è “usare” gli ignari pazienti, bensì farli vivere in un ambiente famigliare e non isolato come nelle “normali” strutture sanitarie. Gli anziani “vivono” le strade del paese senza essere costretti nei piccoli corridoi e stanze di una casa di riposo standard ed in questa situazione è la loro salute ad avere grandi vantaggi: i cittadini/pazienti hanno bisogno di meno medicine, mangiano meglio, vivono più a lungo e sembrano più felici di quelli ospitati nelle case di cura tradizionali.

Sentirsi a casa propria

Il centro è stato finanziato dal governo olandese, che ha speso per la sua costruzione 20 milioni di euro. Il costo delle cure ricevute da ogni paziente è di quasi 10.000 euro al mese, ma il governo fornisce dei sussidi alle famiglie: pagano la retta in base al reddito e comunque mai più di 4.500 euro al mese. A Hogewey tutti i posti sono occupati sin dall’apertura ed è raro che se ne liberi uno (di fatto solo con la morte di un ospite). I pazienti vivono in gruppi di sei o sette per casa, ognuna arredata con i mobili e lo stile dell’epoca in cui la memoria a breve termine dei pazienti ha smesso di funzionare: ci sono così abitazioni ambientate negli anni Cinquanta, Settanta o negli anni Duemila. Il centro – privo di reparti, lunghi e tristi corridoi e il tipico odore di disinfettante delle case di cura tradizionali – è suddiviso in sei aree, ognuna dedicata a una specifica funzione: c’è quella artistica dove si può dipingere o ascoltare musica, quella religiosa per pregare, quella dove si possono lavorare oggetti d’artigianato. Si può comprare al mercato e nei negozi ma all’interno del centro non avviene alcuno scambio di denaro – che confonderebbe facilmente i pazienti – ma tutto è compreso nella retta. Infine i pazienti passano molto tempo all’aperto, contrariamente a quelli ospitati nelle strutture tradizionali olandesi che escono una media di 96 secondi al giorno.

Altri progetti simili ad Hogewey

Altre strutture sanitarie stanno cercando di prendere esempio da Hogewey: a Farton, in Inghilterra, è stata costruita una città ambientata negli anni Cinquanta per permettere ai pazienti di sentirsi a casa, e un progetto simile è in costruzione a Wiedlisbach, in Svizzera. I costi di simili operazioni però sono molto elevati e purtroppo attualmente solo le famiglie economicamente benestanti possono permettersi di affidare il loro caro ad una struttura così straordinaria. La mia speranza è che, col tempo, i costi possano abbassarsi così da permettere a tutti di affrontare questa malattia nella maniera più naturale possibile. Malattia che, complice l’invecchiamento della popolazione, è in aumento: entro il 2030 le persone colpite dalla malattia saranno quasi 80 milioni in tutto il mondo.

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In alto, nell’armadietto

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma Traumatologia Sport Ecografia Vascolare Articolare Medicina Estetica Mappatura Flebologo Dietologo IN ALTO NELL'ARMADIETTO Radiofrequenza Cavitazione Cellulite Pressoterapia Linfodrenante DermatologoCerte volte apro una cartella vecchia ed impolverata, di quelle che non apre mai nessuno, di quelle che stanno in alto, nell’armadietto.
Persone che sono ferme a letto da prima che io nascessi e che non possono fare l’amore, sposarsi o avere dei figli da abbracciare. Persone che pagano, con la propria esistenza, non si sa quale ben precisa colpa, se non quella di essere venute al mondo.
Dalle storie di sofferenza di alcuni malati imparo così tanto che certe volte non capisco se sono io il loro dottore o se sono loro il mio. E non capisco quale sia il senso di tutto quel dolore. Non esiste alcun senso e difficilmente qualcuno riuscirebbe a trovarlo se solo li vedesse, credetemi sulla parola.
L’unica cosa che posso fare per loro – oltre che cercare ogni giorno di migliorarmi per essere un medico alla loro altezza e oltre che dargli una carezza quando li vedo – è non lamentarmi della mia vita appena c’è una piccola e stupida cosa che va storta, perché là fuori c’è qualcuno che sta combattendo una battaglia che io non riesco nemmeno ad immaginare. Mi fermo un istante e capisco che tutti i miei insormontabili problemi sono, in realtà, insignificanti.

Certe volte apro una cartella vecchia ed impolverata, di quelle che non apre mai nessuno, di quelle che stanno in alto, nell’armadietto. Ogni cartella è una vita. Ogni cartella è una storia che ha qualcosa da insegnarmi.

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Si rompe il femore a 109 anni: “Ora voglio andare a bere il caffè al bar”

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma 109 ANNI ROMPE FEMORE DANTE PARLANI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneVoleva gustarsi un caffè al bar dell’ospedale e così, con l’ausilio del deambulatore e sotto stretto controllo dell’equipe del reparto di ortopedia dell’ospedale di Città di Castello, ha realizzato il suo desiderio. Niente di eccezionale se non fosse che il paziente in questione è Dante Parlani, classe 1905. Centonove primavere vissute in salute (spegnerà 110 candeline il prossimo 23 novembre) noto ai più come il “cavalier Dante” o “il fattore”. Qualche giorno fa il “cavaliere”, a seguito di una brutta caduta, è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico per la riduzione della frattura del femore. Operato dall’equipe di ortopedia dell’ospedale cittadino guidata dal primario Piero Petrini, il paziente ha superato brillantemente sia l’intervento che la fase post operatoria. Ultimato il ciclo di riabilitazione, il cavalier Parlani è stato accompagnato dai sanitari del reparto al bar dell’ospedale per gustarsi un caffè.

Conosciutissimo in tutta la vallata altotiberina, il tifernate d’adozione (è nato ad Apecchio) vanta un record di longevità che lo annovera tra i più anziani d’Italia oltre a un altro record che lo ha visto amministrare per oltre mezzo secolo, dal 1933 al 1983, ben 110 tenute appartenenti a proprietari privati ed enti statali, perfino di dimensioni superiori ai mille ettari di superficie nell’Alta Valle del Tevere. Una professione che gli ha valso la stima sia dei proprietari dei poderi che dei contadini, oltre ai riconoscimenti ottenuti dal ministero dell’agricoltura per aver contribuito a incrementare la produttività agraria e dalle Fattoria Autonoma Tabacchi di Città di Castello per aver favorito lo sviluppo della tabacchicoltura in Altotevere.

A quanti in questi giorni sono andati a trovarlo in ospedale, il cavalier Parlani ha dato appuntamento in un bar del centro per il consueto caffè mattutino cui segue, da decenni, la lettura dei giornali e la passeggiata in piazza accompagnato da un assistente. A chi gli chiede quale sia il suo segreto, il cavaliere ha sempre risposto che la miglior medicina per vivere bene e a lungo è camminare, andare a letto non troppo tardi e sorridere. Visti i risultati c’è da crederci.

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La medicina, quella vera, è puro Amore

MEDICINA ONLINE La medicina, quella vera, è puro Amore CLIPART MEDICO DOCTOR DOTTORE.jpgTanti si stupiscono delle frasi d’amore che trovano nel mio blog che, in teoria, dovrebbe parlare solo di medicina. Si stupiscono perché non Continua a leggere

Ho fiducia nel potere curativo di un abbraccio e di una carezza

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO UOMO FACCIA BARBA CAPELLI FOLTI OCCHI BELLEZZA PELI PADRE FIGLI FIGLIA FEMMINA ELETTRACredo nella capacità di guarire di un farmaco e di un bisturi, almeno quanto ho fiducia nel potere curativo di un abbraccio e di una carezza

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Ticket elevato e attese infinite: per le visite mediche gli italiani scelgono il privato

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME FONENDOSCOPIOGli effetti della crisi economica si fanno sentire sulla sanità pubblica. E’ quanto emerge da una ricerca di RBM Salute-Censis sugli scenari evolutivi del welfare, promossa in collaborazione con Previmedical, presentata a Roma al terzo ”Welfare Day”. Chi può si rifugia nel servizio privato, magari grazie a un fondo integrativo, mentre gli altri fanno i conti con ticket sempre più alti e liste d’attesa, o addirittura rinunciano alle cure. La fuga verso il privato vale ormai per 12,2 milioni di persone, e la ragione principale riportata dagli intervistati è la lunghezza delle liste d’attesa (per il 61,6%) oltre alla convinzione che ‘se paghi vieni trattato meglio’ (per il 18%). Ha un peso notevole anche la constatazione, fatta dal 27% del campione, che il costo del ticket è così elevato che la stessa prestazione da un privato costa in maniera simile.

Continua la lettura con https://www.lettera43.it/sanita-fuga-dal-pubblico-122-milioni-si-rivolgono-ai-privati/amp/?__cf_chl_tk=DsjtqwQSHNevcDd7tcqK7rimzTfgW80J.8lWiPrZ1UE-1652771722-0-gaNycGzNDf0

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