Allungamento del pene: i rischi delle varie tecniche

MEDICINA ONLINE ESTENSORE AUMENTARE LUNGHEZZA PENE QUANTITA SPERMA EIACULAZIONE FORZA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE SESSULITA SESSO COPPIA AMORE ANSIA PRESTAZIONE IMPOTENZL’uso costante di mezzi e tecniche per l’allungamento del pene (massaggio jelqing, estensori, pompe a vuoto o ad acqua), può portare a vari danni – anche gravi e permanenti – alle strutture del pene, come ad esempio:

  • ferite, tagli o vesciche, a volte perdite di sangue;
  • bruciore e fastidio, anche intensi;
  • temporanea impossibilità ad avere i rapporti sessuali;
  • possibili infezioni;
  • infiammazioni del pene;
  • diminuita qualità delle erezioni;
  • ematomi visibili sulla cute del pene;
  • gonfiore locale che modifica il profilo del pene;
  • dolore durante l’erezione;
  • disfunzione erettile (impotenza) temporanea o permanente, a tale proposito leggi anche: Disfunzione erettile (o impotenza): cause, prevenzione e cure;
  • rottura del pene, a tale proposito leggi anche: Cosa accade e cosa si prova quando si frattura il pene?.

Quindi fate molta attenzione quando vi approcciate a queste tecniche di allungamento penieno, perché possono diventare anche molto pericolose per la salute del vostro pene.

Il pene può essere allungato in qualche modo?
A tale proposito leggi questo articolo: Il pene può essere allungato o no?

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Esofago di Barrett, tumore e reflusso gastroesofageo

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ESOFAGO ANATOMIA E FUNZIONI SINTESI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, vi consiglio di leggere questo articolo: Reflusso gastroesofageo: sintomi, diagnosi e cura

Quali sono le possibili complicanze della malattia da reflusso gastroesofageo?
In alcuni casi la malattia da reflusso si associa a lesioni della mucosa esofagea (esofagite). Una irritazione cronica delle pareti dell’esofago da parte dei succhi gastrici può infatti causarne dapprima l’infiammazione e poi il logoramento. In base ai risultati dell’esame endoscopico queste lesioni vengono classificate in cinque livelli di gravità. Al primo stadio troviamo piccole erosioni isolate che, salendo di livello, interessano sempre più severamente l’esofago fino a provocare vere e proprie perforazioni (ulcere). L’esofago di Barrett è la complicanza più grave poiché causa il cambiamento della mucosa esofagea in senso metaplasico e rappresenta un aumento del rischio di patologia tumorale. In pratica alcune cellule dell’esofago vengono sostituite con altre più simili al rivestimento dello stomaco, questo avviene perché il corpo si tutela contro un assalto da parte dell’acidità gastrica che potrebbe determinare danni seri all’esofago, attrezzando quest’ultimo con cellule meno funzionali ma più resistenti all’azione corrosiva dei succhi gastrici che refluiscono.
Tale alterazione può essere acuta e reversibile o cronica ed in quest’ultimo caso viene considerata come uno stadio precanceroso. L’esofago di Barrett deve essere riconosciuto endoscopicamente ed essere confermato da una biopsia. Presente in circa il 10% dei pazienti che soffrono di reflusso gastroesofageo, si accompagna talvolta ad esofagiti severe, ulcere, stenosi e sanguinamento.

Tumore all’esofago e reflusso gastroesofageo
Molte persone temono che la malattia da reflusso gastroesofageo possa in qualche modo favorire la formazione di tumore all’esofago. Tuttavia tale rischio, pur essendo comunque basso, è apprezzabile soltanto nelle condizioni più gravi. La probabilità che l’esofago di Barret si evolva in una condizione precancerosa è infatti intorno al 10% (ricordiamo che l’esofago di Barrett è presente in circa il 10% dei pazienti che soffrono da reflusso, quindi 10% del 10% = 1% circa). Come gran parte dei tumori anche la curabilità dell’adenocarcinoma esofageo è legata alla tempestività della diagnosi.

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Morbo di Parkinson: fattori di rischio e fattori di protezione

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MORBO PARKINSON FATTORI RISCHIO PROTEZIO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgMolti fattori di rischio e molti fattori protettivi sono stati proposti, a volte in relazione alle teorie riguardanti i possibili meccanismi della malattia, ma nessuno è stato definitivamente individuato da prove certe. Quando gli studi epidemiologici sono stati condotti per verificare la relazione tra un dato fattore e la malattia di Parkinson, spesso i risultati sono apparsi contraddittori.

Leggi anche:

Fattori di rischio
Le correlazioni più frequentemente proposte per aumentarne il rischio, sono quelle in cui viene coinvolta l’esposizione ai fitofarmaci e idrocarburi solventi, mentre sembra esserci una riduzione del rischio nei fumatori.
Iniezioni della neurotossina MPTP sintetica producono una serie di sintomi simili a quelli della malattia di Parkinson, essi possono essere bloccati interrompendo l’assunzione di tale sostanza. L’osservazione di questo fenomeno ha portato a teorizzare che l’esposizione ad alcune tossine ambientali possa aumentare il rischio di sviluppare la condizione. Le tossine che sono state correlate alla malattia e ritenute in grado di aumentare del doppio il rischio di soffrirne, comprendono alcuni insetticidi, come il rotenone, e erbicidi, come il disseccante paraquat e il defoliante Agente Arancio. Le misure indirette dell’esposizione, come quelle effettuate su persone che vivono in ambienti rurali, hanno evidenziato un aumento del rischio di sviluppare la malattia di Parkinson. Anche l’esposizione ai metalli pesanti è stata proposta come fattore di rischio per la malattia, attraverso il possibile accumulo nella substantia nigra, tuttavia gli studi sull’argomento si sono rivelati inconcludenti.
Alcuni studi hanno messo in correlazione il verificarsi di ripetuti traumi cranici e lo sviluppo della malattia. Si sospetta che i pugili professionisti, a seguito dei violenti colpi al capo cui sono soggetti, possano sviluppare una sindrome di Parkinson di carattere progressivo (il caso di Cassius Clay ne potrebbe essere una dimostrazione).Uno studio compiuto su praticanti boxe thailandese ritirati, ha evidenziato un aumento del rischio.
Da non trascurare, infine, l’ipotesi legata all’età. La malattia presenta un picco di insorgenza attorno ai sessant’anni, e nell’adulto sano la perdita di cellule e pigmento nella sostanza nera è maggiore proprio intorno al sessantesimo anno d’età. Viene meno così la protezione delle cellule contenenti dopamina e il cervello delle persone anziane è, inevitabilmente, più predisposto al Parkinson. Si ritiene, inoltre, che disturbi psichiatrici, come la depressione, siano un ulteriore fattore di rischio per la malattia.
Secondo i dati elaborati da uno studio pubblicato nel 2011, tra le sostanze organiche che aumentano il rischio di sviluppare la patologia in caso di prolungata esposizione vi sono il tricloroetilene, il percloroetilene e il tetracloruro di carbonio.

Fattori di protezione
È stato dimostrato che il consumo di caffeina è in grado di proteggere dalla malattia di Parkinson. Studi epidemiologici condotti su un ampio campione (374 003 soggetti) hanno evidenziato che il rischio di sviluppare la condizione diminuisce progressivamente con il consumo di caffè e di altri alimenti contenenti caffeina. Sebbene il fumo di tabacco sia devastante per la longevità e per la qualità della vita, è stato correlato ad una diminuzione del rischio di avere la malattia. Tale rischio, nei fumatori, può arrivare ad essere minore fino a un terzo rispetto ai non fumatori. Il motivo di ciò non è noto con certezza, ma si ritiene che la nicotina possa avere un effetto stimolante sulla dopamina. Il fumo di tabacco contiene composti che agiscono come inibitori della monoamino ossidasi che potrebbero anche loro contribuire a questo effetto. Gli antiossidanti, come le vitamine C e D, sono stati proposti come sostanze protettive dalla malattia, ma i risultati degli studi sono stati contraddittori e nessun effetto positivo è stato dimostrato. Anche gli studi sull’assunzione di acidi grassi e grassi alimentari non hanno portato a risultati chiari. Infine, vi sono state indicazioni preliminari di un possibile ruolo protettivo degli estrogeni e dei farmaci anti-infiammatori non steroidei.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Sindrome di Down: rischio di avere un figlio affetto

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Benessere Dietologo Nutrizionista Cellulite Sessuologia Ecografie Tabagismo Smettere di fumare La molecola che spegne la sindrome di DownLa sindrome di Down si verifica in persone di tutte le razze e classi sociali, anche se le donne più anziane hanno una maggiore probabilità di dare alla luce un bambino affetto dalla malattia. Una donna di 35 anni, per esempio, ha circa una probabilità su 350 di concepire un bambino con sindrome di Down, ma tale rischio aumenta gradualmente fino a circa 1 a 100 entro i 40 anni. All’età di 45 anni l’incidenza diventa circa 1 su 30.

Dal momento che molte coppie rimandano la possibilità di diventare genitori ad età più mature, il rischio di concepire bambini con sindrome di Down aumenta di conseguenza. Pertanto, la consulenza genetica per i genitori è sempre più importante. Nonostante tutto, i medici non sono sempre del tutto ben informati nel consigliare i loro pazienti circa l’incidenza della sindrome di Down, i progressi nella diagnosi ed i protocolli per la cura ed il trattamento di bambini affetti.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

E’ possibile rimanere incinta con il coito interrotto?

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTOUn tempo si pensava che fosse un metodo anticoncezionale, ma fortunatamente al giorno d’oggi sono davvero in pochi quelli che credono che il coito interrotto possa essere un sistema efficace. Quello che a volte viene chiamato anche “salto della quaglia” (un termine usato anche in politica a volte e che deriva da un gioco abbastanza conosciuto a Roma) non è per niente un contraccettivo sicuro. Andiamo a capire perché.

Coito interrotto significato – In cosa consisterebbe questo metodo? Semplicemente nell’estrazione del pene dalla vagina prima che vi sia l’eiaculazione, quindi in teoria si eviterebbe che lo sperma possa fecondare la donna e di conseguenza non si arriverebbe alla gravidanza. Basti considerare però che in base all’indice di Pearl (ovvero la tecnica più comune usata in statistica clinica per la misura dell’efficacia di ogni metodo contraccettivo) il coito interrotto ha un’efficacia bassissima, con un rischio calcolato attorno al 30%.

Coito interrotto rischi – Come si può leggere su Wikipedia: la fuoriuscita pre-eiaculatoria di liquido seminale durante il rapporto sessuale è possibile sia a seguito di precedenti eiaculazioni, sia precedentemente alla prima eiaculazione in modo quindi totalmente involontario per il soggetto maschile. Infatti, il liquido lubrificante pre-eiaculatorio costantemente emesso in modo automatico durante la penetrazione e prodotto dalle ghiandole di Cowper, è risultato contenere spermatozoi nel 41% dei soggetti e nel 37% di questi una ragionevole proporzione dello sperma era dotato di motilità e quindi in grado di fecondare. L’emissione spermatica è costituita da tre flussi, emessi con tre getti durante l’eiaculazione: nel primo si ha una prevalente componente prostatica lubrificante; nel secondo e nel terzo è preponderante la componente seminale, in una situazione solitamente individuabile dai suoi prodromi sintomatici, come calore e piacere diffuso e crescente; la terza parte svolge un’azione di pulizia all’interno dei tubuli, eliminando residui di liquido seminale eventualmente presenti. L’emissione patologica di sperma in assenza di orgasmo è detta invece spermatorrea. Bene, aggiungiamoci che la capacità di autocontrollarsi degli uomini è decisamente scarsa e si può facilmente intuire perché questo metodo è completamente da scartare per evitare gravidanze indesiderate. Quindi si, si può rimanere incinta con il coito interrotto, eccome.

Quali sono dunque i contraccettivi più indicati? Citando sempre l’indice di Pearl sono senza dubbio la pillola anticoncezionale ed il preservativo. Attenzione, non siamo mai allo 0% di rischio, ma rispetto al 30% dei coito interrotto (o coitus interruptus come viene chiamato in latino) parliamo di un rischio che oscilla fra lo 0,1 e l’1%. Quindi si può rimanere incinta col preservativo? Si, ma parliamo di una ipotesi davvero molto remota. I profilattici sono la miglior forma di protezione contro le malattie sessualmente trasmissibili, inoltre sono un anticoncezionale sicuro, sono facilmente reperibili (in quanto per poterli acquistare in farmacia o anche nei supermercati non c’è bisogno di nessuna ricetta medica), a differenza della pillola anticoncezionale possono essere usati sul momento (e in casi di rapporti occasionali sono di gran lunga l’opzione migliore da scegliere), inoltre non ha effetti collaterali. La pillola contraccettiva è un metodo altrettanto sicuro ma agisce grazie alla combinazione di piccole quantità di un estrogeno (generalmente etinilestradiolo) e di un progestinico. L’assunzione quotidiana di questi due ormoni inibisce gli eventi ormonali che inducono l’ovulazione, influenzando però l’organismo della donna ed anche l’umore in generale. Sta a ognuno capire quale sia la soluzione più adatta alle proprie esigenze, che possono cambiare attraversando diverse fasi della vita.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra controindicazione assoluta e relativa con esempi

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI RES COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICA EFFETTI COLLATERALI CONTROLe “controindicazioni” (in inglese “contraindication“) sono tutte quelle circostanze che sconsigliano l’impiego di un farmaco, di una terapia o di un procedimento diagnostico, in quanto aumentano il rischio nell’utilizzo di quel farmaco. Le controindicazioni possono essere assolute o relative.

Controindicazione assoluta
La controindicazione si intende “assoluta” quando mancano del tutto circostanze ragionevoli per intraprendere una determinata azione (assumere farmaci, svolgere terapie o essere sottoposto a procedimenti diagnostici) che dovrebbe portare migliorie alle condizioni del soggetto, dal momento che i rischi che si corrono nel compiere l’azione, superano i benefici. Vi è un confine fra le controindicazioni e la libertà del medico di farle eseguire al paziente: quando le controindicazioni sono così elevate da non giustificare il trattamento, il medico infrange la deontologia medica nel metterlo in atto. Ad esempio:

  • se un bimbo mostra febbre e si somministra Acido acetilsalicilico, ciò comporta sindrome di Reye, una malattia che aumenta i sintomi influenzali, fino a condizioni correlate di elevata gravità come perdita di memoria e coma, causata soprattutto da tale somministrazione.
  • se un soggetto è portatore di pacemaker, alcune terapie riabilitative (magnetoterapia) e la risonanza magnetica sono controindicate in modo assoluto.

Controindicazione relativa
La controindicazione si dice “relativa” quando una persona ha un elevato rischio di complicanze nell’utilizzare un dato trattamento o utilizza altre terapie in concomitanza che alleviano tali complicanze, oppure quando i rischi provenienti dal non effettuare quel trattamento si dimostrano molto superiori alle possibili controindicazioni. Ad esempio una donna incinta dovrebbe evitare l’assunzione di alcuni farmaci e l’esposizione ai raggi X, ma esistono condizioni di una certa gravità in cui si procede lo stesso ad una data terapia o procedimento diagnostico, dal momento che i rischi del non mettere in atto tali pratiche, superano di gran lunga il metterle in atto.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Che possibilità ho di rimanere incinta?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CHE POSSIBILITA HO DI RIMANERE INCINTA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgA parità di frequenza di rapporti sessuali, di partner e di salute generale, una persona ha statisticamente più o meno possibilità di gravidanza a seconda soprattutto della propria età. Questo perché, sia nell’uomo che nella donna, la fertilità è massima in giovane età e raggiunge l’apice tra i 15 e i 24 anni (con un picco intorno ai 18 anni), per poi iniziare a diminuire gradualmente. Quindi – sia che la gravidanza sia ricercata, sia che sia il risultato di rottura di profilattico, pillola anticoncezionale dimenticata o altro – più siete giovani e più è statisticamente probabile rimanere incinta.

Ad influire molto nelle possibilità di gravidanza è anche il giorno del ciclo in cui si hanno rapporti sessuali completi, a tal proposito leggi anche: In quale giorno e settimana del ciclo è più probabile rimanere incinta?

L‘età incide in misura molto diversa nei due sessi: la fertilità maschile è più stabile e tende a conservarsi col passare degli anni, mentre nella donna resta stabile solo fino ai 30 anni per poi diminuire, con un primo netto calo sopra i 35 e un calo ancora più drastico dopo i 40. L’età media della menopausa è 50 anni, ma già sopra i 44-45 anni le probabilità di avere un figlio sono quasi nulle.

A tale proposito, leggi anche: Perché l’uomo può avere figli per tutta la vita e la donna no?

La tabella seguente riassume in modo chiaro i tassi di fertilità relativa di una donna in base alla sua età:

Età della donna Tasso di fertilità relativa
15-24 100%
25-29 80-100%
30-34 50-55%
35-39 18-25%
40-44 5-7%
45-49 1%

Ciò non significa che una donna non ha assolutamente speranze di concepire un figlio se ha più di 45 anni. Esistono al mondo donne che continuano a essere fertili oltre i 50 anni – sia in modo fisiologico che supportate dalle terapie ormonali – e sono documentati casi di donne che hanno dato alla luce figli sani a 57 anni. Ma sono casi rarissimi, ed è consigliabile che una donna alla ricerca di una gravidanza non faccia affidamento su eventi di questo tipo, dal momento che dai 35 anni in poi purtroppo aumentano di molto sia i rischi per la madre, sia le possibilità di avere un figlio con problemi di salute.

E l’uomo? A tale proposito ti consiglio di leggere: Fino a che età un uomo può avere figli?

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Asma bronchiale: fattori di rischio ambientali e genetici

MEDICINA ONLINE ASMA BRONCHIALE FATTORI RISCHIO GENETICI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PenePrima di leggere quali sono i fattori di rischio per l’asma bronchiale, ti consiglio di leggere questo articolo: Asma bronchiale in bambini e adulti: cause, sintomi e cura

Fattori di rischio ambientali per l’asma bronchiale
Gli allergeni sono considerati un’importante causa di asma bronchiale. L’aumento di incidenza dell’asma riguarda soprattutto le forme ad andamento perenne, in una considerevole parte delle quali è possibile evidenziare una sensibilizzazione ad allergeni indoor, come acari, derivati di animali domestici (gatto e cane) e muffe.
Una meta-analisi sui fattori ambientali considerati responsabili dell’incidenza e della gravità dell’asma, ha concluso che l’esposizione agli allergeni indoor è il fattore ambientale con il più forte effetto sullo sviluppo di asma. Le principali fonti allergeniche degli ambienti esterni sono pollini, derivati da piante erbacee ed arboree e micofiti. Altri agenti responsabili di asma sono i sensibilizzanti professionali. Questi sono responsabili del 9 – 15% dei casi di asma negli adulti. Le sostanze più frequentemente in causa sono isocianati, farina, polvere di cereali e di legno e lattice.
Il fumo di tabacco ha un ruolo importante nello sviluppo di asma ed influenza negativamente il controllo della malattia. L’esposizione al fumo passivo, sia di tipo pre-natale per l’abitudine tabagica della madri durante la gravidanza, sia durante l’infanzia, rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di asma nell’infanzia e nell’età adulta. L’esposizione in età adulta peggiora il controllo dell’asma nelle persone che ne sono affette.
L’esposizione ad inquinanti ambientali è spesso associata a riacutizzazione di un’asma preesistente. Gli inquinanti esterni più comuni sono: ossidi di azoto, ozono, particolato sottile PM10, monossido di carbonio e anidride solforosa. Aumentano prevalentemente durante i mesi invernali nelle città, per il traffico veicolare più frequente, per i riscaldamenti domestici e per le condizioni ambientali climatiche favorevoli alla loro concentrazione. Le costruzioni moderne, caratterizzate da un ridotto ricambio di aria, possono contribuire ad una maggior esposizione ad inquinanti chimici (fumi e vapori irritanti) presenti negli ambienti interni (indoor) derivanti dalla combustione del gas e dai detersivi. Anche le infezioni virali delle vie aeree sono state associate allo sviluppo di asma. Se contratte nella prima infanzia, come nel caso delle infezioni da virus respiratorio sinciziale (RSV), causano frequentemente wheezing e bronchiolite, che nel corso degli anni diventano un fattore favorente lo sviluppo di asma non allergica. Infezioni virali in età adulta possono anche slatentizzare una reattività bronchiale misconosciuta e rappresentare l’esordio dell’asma.
Esistono inoltre alcune condizioni patologiche che possono facilitare l’insorgenza di asma o favorirne le riacutizzazioni. Poliposi nasale, rinite, rino-sinusite, reflusso gastroesofageo possono contribuire alla manifestazione dell’asma. Il controllo di queste malattie, pertanto, favorisce anche il controllo dell’asma, riducendo la frequenza delle riacutizzazioni.

Fattori di rischio genetici per l’asma bronchiale
L’atopia è una predisposizione geneticamente determinata a produrre un eccesso di IgE in risposta all’esposizione ad allergeni, e si evidenzia con la dimostrazione di aumentati livelli sierici di IgE specifici e/o con una risposta positiva ai test allergometrici cutanei (prik test) effettuati con una batteria di allergeni inalanti standardizzati. La proporzione di asme attribuibili all’atopia è circa la metà dei casi. L’atopia presenta una familiarità; pertanto, si apprezza un aumento del rischio di sviluppare l’asma in presenza di genitori atopici affetti da asma. La manifestazione dell’atopia ha una storia naturale: di solito la dermatite atopica precede lo sviluppo di rinite allergica e di asma. La rinite allergica rappresenta quindi un importante fattore di rischio per lo sviluppo di asma. Non a caso, spesso le due patologie coesistono nello stesso paziente e in molti casi la rinite allergica precede lo sviluppo di asma. Altro elemento da considerare è l’eventuale presenza di wheezing (sibilo che caratterizza il respiro del neonato) ricorrente nei primi anni di vita. Una parte di questi bambini svilupperà asma.

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!