Cattivo odore dei piedi: scarpe, sudore, deodoranti e rimedi

MEDICINA ONLINE SCARPE TACCO PIEDI DITA MANI GAMBE SEXY SHOPPING DONNA WOMAN FEET GIRL FETICISTA APERTE CHIUSE MODA AUTUNNO INVERSO ESTATE PRIMAVERA TVCattivo odore piedi anche dopo averli lavati? Piedi sudati da scarpe di cattiva qualità portate tutto il giorno? Ecco oggi una lista di cause e terapie, passando per i classici “rimedi della nonna”, per risolvere uno dei problemi più imbarazzanti che esistano.

Tipo di odore dei piedi

Il cattivo odore delle estremità inferiori del corpo, in campo medico prende il nome di “bromidrosi plantare” mentre comunemente viene chiamato “puzza dei piedi”. E’ un odore considerato sgradevole dalla maggioranza delle persone. Spesso addirittura disgustoso, più o meno intenso, può essere vagamente simile a quello del formaggio o di verdure andate a male.

Quali sono le cause del cattivo odore dei piedi?

Nella maggioranza dei casi un odore sgradevole proveniente dai piedi è causato da una produzione eccessiva di sudore da parte delle ghiandole sudoripare localizzate in tutto il corpo ed anche nella pianta del piede. La differenza con le altre parti del corpo è che mentre generalmente il sudore riesce a disperdersi facilmente nell’ambiente, invece sui piedi tende ad accumularsi ristagnando nel calzino e cià pone le basi per creare un ambiente favorevole alla proliferazione di alcuni batteri che popolano abitualmente la superficie cutanea, ma che col sudore aumentano il loro numero e le loro attività vitali. La tipica puzza di piedi percepita dopo una lunga e stressante giornata di lavoro deriva essenzialmente dall’esalazione di ammine ed acidi grassi a corta catena prodotti proprio dai batteri contenuti sui piedi, favoriti dal sudore, a partire dalla loro capacità di metabolizzazione di cheratina e lipidi cutanei del piede e del sudore stesso.

Fattori che favoriscono e peggiorano il cattivo odore dei piedi

L’odore di piedi diviene più intenso e nauseabondo in presenza di forte stress, ansia o tensioni: in questi casi la puzza dei piedi viene alimentata perché fisiologicamente si tende a sudare di più. Similmente, anche la somministrazione di alcune specialità farmacologiche (es. penicillina), certe patologie (ipoglicemia, ipertiroidismo, malattie delle ghiandole sudoripare) e l’assunzione di alcol e sostanze nervine possono incidere negativamente sull’odore dei piedi perché aumentano la sudorazione.
Quando il sudore ristagna per troppo tempo nel piede (scarsa igiene personale), il puzzo dei piedi può essere affiancato da bruciore, prurito, formazione di piaghe ed arrossamento locale.

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Cosa fare per non far sudare troppo i piedi ed evitare il cattivo odore?

  • Avere cura della propria igiene del corpo: lavarsi almeno una volta al giorno è la regola numero uno contro il sudore in generale e la puzza ai piedi in particolare. Se necessario, lavare i piedi più volte al giorno: le persone particolarmente stressate o costrette a lavori pesanti tendono infatti a sudare molto di più (piedi compresi).
  • Dopo la doccia od il bagno ai piedi, si consiglia di applicare amido ad azione antifungina/antimicotica/disinfettante sui piedi: il rimedio è particolarmente indicato per gli sportivi e per gli individui soggetti al piede d’atleta.
  • Il talco è un rimedio particolarmente utile contro la puzza ai piedi, dato che assorbe efficacemente il sudore in eccesso.
  • Dopo l’igiene personale quotidiana, si consiglia di sfregare un pezzo di allume di rocca lungo tutta la pianta del piede: per le sue proprietà deodoranti ed  antisettiche, il sale di rocca è un eccellente rimedio naturale contro il sudore.
  • Sì a pediluvi caldi con sale od aceto. I pediluvi con sale (dosi: ½ tazza di sale in un litro d’acqua) o con aceto (½ tazza di aceto in un litro d’acqua) sono particolarmente indicati per le persone che sudano molto.
  • Alternare getti d’acqua fredda e calda sui piedi: riducendo (blandamente) l’afflusso di sangue ai piedi, questo rimedio è indicato per diminuire la traspirazione ai piedi.
  • Allontanare stress e tensioni.
  • Aggiungere direttamente un pizzico di bicarbonato di sodio nel calzino e all’interno della calzatura previene la puzza ai piedi.
  • Dopo la pulizia del corpo, tamponare il piede con alcol isopropilico (potente antisettico): questo antico rimedio popolare trova anche oggi un effettivo riscontro per controllare la puzza al piede.

Scarpe e calzini contro i cattivi odori dei piedi

  • Infilare nella calzatura una soletta assorbente (quelle di feltro o alla clorofilla sono particolarmente utili per assorbire gli odori)
  • Utilizzare calzini di cotone: evitare quelli sintetici o realizzati con materiali scadenti
  • Non indossare due paia di calzini per volta per prevenire o ridurre la puzza ai piedi: un strato spesso di cotone esercitare un elevato effetto antitraspirante.
  • Lavare i calzini (e gli abiti in genere) con detersivi specifici antiodore. Un ottimo rimedio per prevenire i cattivi odori è il bicarbonato: strofinando delicatamente gli abiti (calzini, in questo caso) con la polvere di bicarbonato di sodio si viene a creare un ambiente ostile alla proliferazione dei batteri responsabili del cattivo odore.
  • Preferire scarpe di tela.

Cosa NON fare per evitare il cattivo odore dei piedi?

  • Riutilizzare i calzini usati.
  • Bere alcolici.
  • Indossare sempre le stesse calzature: si consiglia di cambiare spesso scarpe e di lasciarle sempre asciugare in ambiente ventilato prima dell’utilizzo.
  • Indossare calzini di nylon o sintetici.
  • Indossare scarpe chiuse non è un buon rimedio: le scarpe chiuse creano un ambiente favorevole alla proliferazione dei batteri, potenziando le esalazioni di cattivo odore. Soprattutto d’estate, si consiglia di preferire scarpe aperte: quindi via libera a scandali e ciabatte.

Cosa mangiare per evitare il cattivo odore dei piedi?

Non c’è alcuna evidenza scientifica che relazioni il cibo con il miglioramento della puzza dei piedi. Si raccomanda di seguire una dieta sana, bilanciata, ricca di frutta, verdura e povera di grassi.

Cosa non mangiare per evitare il cattivo odore dei piedi?

  • cipolla,
  • aglio,
  • curry,
  • caffè e bevande nervine,
  • alcolici.

Cure e rimedi per evitare il cattivo odore dei piedi

  • Assodato che l’unico rimedio veramente efficace per combattere la puzza dei piedi è la combinazione acqua e sapone, ci si può rivolgere a madre natura per prevenire l’odore sgradevole. A tale scopo, sono particolarmente indicati spray, lozioni antisettiche o talchi formulati con principi attivi estratti da:
    • Lavanda (Lavandula officinalis)
    • Rosmarino (Rosmarinus officinalis)
    • Altri oli essenziali
  • Anche il decotto di salvia e tè nero sono rimedi efficaci per contrastare la puzza ai piedi:
  • Decotto di Salvia (Salvia officinalis). Una volta lasciato raffreddare, il decotto di salvia va tamponato sul piede con l’ausilio di un batuffolo di cotone
  • Tè nero (Camellia sinensis): similmente al rimedio precedente, anche il decotto di tè nero è particolarmente indicato per alleggerire la puzza di piedi. In questo caso, si consiglia di immergere i piedi direttamente nel decotto di tè nero lasciato raffreddare
  • Un rimedio un po’ bizzarro (ma efficace) per combattere la puzza ai piedi è l’argilla: sfruttando le sue proprietà deodoranti, disinfettanti e purificanti, è possibile preparare una maschera all’argilla adattandola ai piedi. È sufficiente mescolare 2 cucchiai di argilla con pochissima acqua e due gocce di olio essenziale di limone o menta per ottenere un impasto morbido e consistente da spalmare sui piedi puliti ed asciutti. Dopo 15 minuti di posa, rimuovere la maschera fai da te dai piedi.

I migliori prodotti per l’igiene dei piedi e per eliminare il cattivo odore

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere dei tuoi piedi, in grado di migliorare la loro igiene orale e combattere i cattivi odori. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato, testato ripetutamente ed usato dal nostro Staff di esperti:

Cure farmacologiche per il cattivo odore dei piedi

Non esistono cure farmacologiche specifiche per eliminare definitivamente la puzza dei piedi. Tuttavia, è doveroso ricordare che alcuni disturbi od infezioni a carico dei piedi possono alimentare il cattivo odore. Le micosi del piede o delle unghie, per esempio, possono essere responsabili di un odore maleodorante dei piedi: in questo caso, il rimedio più appropriato è curare l’infezione sottostante con antimicotici specifici. I trattamenti medici contro la puzza dei piedi non sono necessari, fatta eccezione per quei casi in cui l’odore maleodorante rispecchia una patologia di fondo come ipoglicemia od ipertiroidismo. In questi casi, è necessario provvedere a risanare il disturbo che si pone alle origini. Ad ogni modo, il più delle volte, la puzza dei piedi non va allontanata con farmaci od altre sostanze: è sufficiente un po’ di acqua e sapone.

Prevenzione per il cattivo odore dei piedi

  • Indossare sempre calzini puliti, ogni giorno.
  • Lavare accuratamente i calzini usati.
  • Lavarsi sempre i piedi prima di indossare calzini puliti.
  • Lavare le scarpe impregnate del cattivo odore dei piedi.
  • Lavarsi almeno una volta al giorno.
  • Utilizzare spray od altri preparati ad azione antisettica per prevenire le infezioni ai piedi, di conseguenza la puzza.
  • Arieggiare le scarpe (soprattutto dopo una giornata di lavoro intenso).

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Odore delle urine di pesce, zolfo o ammoniaca: cause e cure

MEDICINA ONLINE APPARATO URINARIO RENI URETRA URETERI URETERE DIFFERENZA URINA AZOTEMIA PENE VAGINA ORIFIZIO SCORIE VESCICA TUMORI TUMORE CANCRO DIAGNOSI CISTOSCOPIA ECOGRAFIA UOMO DONNAL’urina non ha certamente un odore che la maggioranza delle persone definisce “gradevole”, tuttavia ci sono alcune situazioni, condizioni e patologie che possono renderlo ancora meno gradevole del solito: vediamole insieme.

Bere troppa poca acqua

La prima cosa da valutare, in presenza di urina dall’odore sgradevole, è quanta acqua avete bevuto negli ultimi due giorni. Ricordate che l’ideale sarebbe bere da 1,5 a 2 litri di acqua al giorno (anche di più durante i mesi caldi e se fate attività sportive), ma se comunque avete bevuto meno acqua del solito, questa può essere una conseguenza. Se la causa del cattivo odore è la disidratazione, noterete che la pipì è di colore scuro o arancione e ha odore di ammoniaca. In questo caso il problema scompare semplicemente bevendo più acqua. Se il colore e l’odore intensi dell’urina si accompagnano ad uno stato di confusione mentale, debolezza, stanchezza estrema, potrebbe trattarsi di una grave disidratazione che richiede immediata attenzione medica.

Infezioni del tratto urinario

Un altro possibile motivo del cattivo odore dell’urina potrebbe essere un’infezione delle vie urinarie. I sintomi più frequenti sono:

  • Stimolo continuo ad andare al bagno.
  • Sensazione di bruciore durante la minzione.
  • Dolore al ventre.

Uno dei batteri che più comunemente ne sono responsabili è l’Escherichia coli. È importante recarsi subito dal medico per cominciare il trattamento il prima possibile. I migliori prodotti antibatterici per la pulizia dei genitali e la prevenzione di cattivi odori, prurito, smegma ed infiammazioni, selezionati, usati e raccomandati dal nostro Staff di esperti, li potete trovare qui:

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Diabete

Un odore particolare dell’urina potrebbe essere sintomo di diabete. Se già soffrite di diabete e state assumendo le compresse, assicuratevi di star seguendo la prescrizione del diabetologo alla lettera; un odore ad esempio dolciastro tipo potrebbe indicare che qualcosa nella cura non funziona come dovrebbe. Se invece il trattamento è a base di iniezioni di insulina e lo avete cominciato da poco tempo, chiedete al medico: potrebbe trattarsi di un effetto collaterale e non necessariamente di un alto livello di glucosio nelle urine.

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Disturbi epatici

Un’altra causa di cattivo odore nella pipì può derivare dal fegato. In questo caso, l’odore si accompagna ad altri sintomi:

  • Nausea
  • Vomito
  • Dolore addominale
  • Occhi gialli
  • Debolezza
  • Perdita di peso

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Consumo eccessivo di alcuni alimenti

L’odore delle urine è alterato anche da determinati alimenti. Come ben sapete, gli asparagi e altri ortaggi a gambo verde, cambiano l’odore della pipì, ma in questo caso il fenomeno scompare in poco tempo. Tra gli alimenti che cambiamo l’odore dell’urina troviamo:

  • curry;
  • salmone;
  • alcool;
  • cipolle;
  • aglio;
  • cavoletti di Bruxelles;
  • caffè.

Il problema persiste senza aver consumato questi alimenti? Quanto sale aggiungete ai vostri piatti? Una dieta ricca di sale può causare una maggiore concentrazione delle urine, conferendo a queste un odore più forte del solito. Provate a diminuire la quantità di sale: ne guadagnerà la vostra salute e il vostro cuore.

L’uso delle lavande vaginali

Bisogna riconoscerlo, molte donne hanno problemi ad accettare le caratteristiche delle proprie parti intime. Per questo motivo spesso si ricorre alle lavande vaginali. Se dopo aver cominciato ad usarle notate un cattivo odore nelle urine, sarebbe opportuno interrompere quanto prima. Le lavande vaginali non si limitano a detergere la vagina, ma possono distruggere la flora batterica della zona genitale. Come risultato, il cattivo odore peggiora invece di sparire. Se avvertite cattivo odore provenire dalla zona genitale, invece di ricorrere a questi prodotti, chiedete al ginecologo. Vi saprà indicare se è presente un problema reale o se si tratta di una condizione fisiologica, e se sia necessario o meno ricorrere ad una cura specifica.

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Ormoni ed ovulazione

Gli stessi ormoni che intervengono durante il periodo di gestazione (estrogeni e progesterone) hanno anche il compito di regolare il ciclo mestruale. Questi ormoni alterano lievemente l’odore della pipì, ecco perché durante l’ovulazione potreste notare un odore tenue simile all’ammoniaca.

Consumo di alcuni farmaci, integratori e vitamine

Un’ultima causa di cattivo odore è legata agli aromatizzanti contenuti in alcune medicine ed integratori alimentari. Conferiscono al prodotto un sapore migliore, ma possono alterare il colore e l’odore delle urine. In altri casi, invece, potrebbe trattarsi di un effetto collaterale del farmaco. In ogni caso è sempre una buona idea parlarne con il medico per capire se si tratta di un effetto innocuo o meno.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Pelle con capelli creata in laboratorio: un aiuto per la calvizie?

MEDICINA ONLINE CAPELLI UOMO DONNA FINASTERIDE ALOPECIA AREATA O ANDROGENETICA DIFFERENZE CALVIZIE PELO CAPELLO RASATO DECORSOAlcuni ricercatori della Indiana University School of Medicine (USA), diretti dal dott. Karl Koehler hanno, hanno coltivato il primo tessuto cutaneo sviluppato in laboratorio completo di follicoli piliferi. Una sorta di cuoio capelluto a tutti gli effetti, sviluppato utilizzando le cellule staminali di topo, che potrà rivelarsi utile per testare farmaci, comprendere quelli per favorire la crescita dei capelli, riducendo la pratica dei test sugli animali.

La ricerca è stata recentemente pubblicata sulla rivista “Cell Reports” ed è importante perché, nonostante siano già stati sviluppati vari metodi per generare il tessuto cutaneo in laboratorio, la loro capacità di imitare la pelle reale non è mai risultata sufficiente. Mentre la pelle vera è composta da 20 o più tipi di cellule, infatti, questi modelli ne contenevano solo cinque o sei, invece la tecnica attuale permette di dare origine sia allo strato di epidermide (superiore) che di derma (inferiore), che crescono insieme in un processo specifico che consente ai follicoli di dare luogo alla peluria. Per fare ciò sono state utilizzate cellule staminali pluripotenti dei topi, che possono svilupparsi in qualsiasi tipo di cellule del corpo, per sviluppare una singola unità organoidale della pelle in coltura.

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Alluce valgo: sintomi iniziali, dolore, correttore, esercizi e operazione

MEDICINA ONLINE PIEDE SCHELETRO ALLUCE VALGO CORRETTORE FUNZIONA DAVVERO DOLORE INFIAMMAZIONE SINTOMI PRECOCI INIZIALI CURE TERAPIA CHIRURGIA ESERCIZI STRETCHING CORREGGERE KIT ALLARGAMENTO DITA ALLUCE QUALE SCARPA SCEGLIER.pngL’alluce valgo è una patologia del piede molto comune, caratterizzata dallo spostamento verso l’esterno della base dell’alluce e dallo spostamento della punta dell’alluce stesso che devia lateralmente in direzione delle altre dita. Tale deformazione comporta anche una sporgenza del primo osso del metatarso, che si accompagna a un’infiammazione, che può essere ripetuta nel tempo o costante, della cosiddetta borsa mucosa, situata alla base dell’impianto del dito. È un disturbo che interessa molto più frequentemente le donne degli uomini, specie oltre i 30 anni di età.

Conseguenze dell’alluce valgo: l’accavallamento dell’alluce

Nei casi più gravi la deviazione dell’alluce può portare all’accavallamento dell’alluce stesso con il secondo dito del piede. La pelle che ricopre l’articolazione interessata da questo disturbo può apparire arrossata e dolente. Il progredire della patologia può provocare:

  1. dolore inizialmente intermittente, poi persistente e sempre più intenso;
  2. una limitata capacità di movimento dell’alluce fino alla totale immobilità;
  3. deformazioni più o meno invalidanti;
  4. difficoltà nell’indossare le scarpe;
  5. difficoltà nella deambulazione.

Quali sono le cause dell’alluce valgo?

Diverse sono le cause alla base dell’insorgenza dell’alluce valgo. La deformazione può essere dovuta a:

  • lesioni a carico del piede;
  • problemi di peso, di postura o di tono muscolare;
  • predisposizione genetica;
  • malformazioni congenite;
  • utilizzo di calzature inadatte (pianta stretta, punta stretta e tacco alto);
  • alcuni tipi di artrite.

Quali sono i soggetti a rischio di alluce valgo?

I soggetti più a rischio sono donne, oltre i 30 anni, in sovrappeso od obese, con artrite, che indossano scarpe di bassa qualità e con casi in famiglia di alluce valgo.

Quali sono i sintomi dell’alluce valgo?

La sintomatologia può variare da persona a persona: alcuni pazienti lamentano dolore al secondo dito, piuttosto che all’alluce, mentre altri riferiscono di provare un violento dolore, pur senza avere deformità notevoli. In generale, comunque, l’alluce valgo è caratterizzato dalla presenza di diversi sintomi, alcuni aspecifici, altri caratteristici.

Sintomi iniziali (malformazione di primo livello):

  • la presenza di un lieve rigonfiamento alla base dell’alluce;
  • lieve gonfiore e/o arrossamento intorno all’alluce;
  • dolore intermittente intorno all’alluce;
  • diminuzione della capacità dei movimenti dell’alluce;
  • iniziale deviazione dell’alluce.

Sintomi tardivi (malformazione di primo livello):

  • la presenza di un rigonfiamento evidente alla base dell’alluce;
  • severo gonfiore e/o arrossamento intorno all’alluce;
  • ispessimento della pelle alla base dell’alluce;
  • dolore persistente intorno all’alluce;
  • deficit elevato nei movimenti dell’alluce fino ad arrivare all’impossibilità totale di movimento;
  • deviazione grave dell’alluce con accavallamento dell’alluce stesso con il secondo dito del piede;
  • difficoltà nell’indossare le scarpe;
  • difficoltà nella deambulazione.

Si può prevenire l’alluce valgo? Quale scarpa scegliere?

In parte si. Per prevenire l’insorgenza dell’alluce valgo (o almeno per non peggiorarlo) si consiglia di indossare scarpe comode e di qualità e di evitare calzature con pianta stretta, punta stretta e tacco alto, perché costringono il piede in una posizione innaturale, così come le suole troppo piatte, che non consentono alle dita un corretto appoggio a terra. Inoltre non bisogna mai massaggiare il gonfiore esterno – chiamato anche borsite o, più comunemente, “cipolla” – per evitare di infiammare ulteriormente l’area. Utile sarà cercare di ripetere movimenti naturali per il piede, imparando a riconoscere i propri punti d’appoggio. A questo scopo, si può utilizzare una pallina morbida da far scorrere dolcemente sotto la pianta del piede: aiuterà a capire quali articolazioni, muscoli e tendini sono coinvolti in ogni fase della camminata.

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Diagnosi di alluce valgo

La diagnosi di alluce valgo spetta al medico, al quale sarà sufficiente alcune domande specifiche (anamnesi) ed un accurato esame obiettivo per effettuare la diagnosi di alluce valgo: durante la visita lo specialista effettuerà alcune manovre atte a valutare la capacità di movimento dell’alluce. In caso di dubbio, una semplice radiografia del piede può risultare utile per la diagnosi ed anche per identificare la causa e la gravità del disturbo.

Cura dell’alluce valgo

Diversi sono i trattamenti a disposizione per l’alluce valgo. La scelta dipende dalla gravità del disturbo e dalla quantità di dolore che provoca. 

Trattamenti non chirurgici, detti anche “conservativi”:

  • Indossare scarpe ampie e comode che offrano molto spazio per le dita dei piedi.
  • Applicazione di un bendaggio che mantenga il piede in posizione normale, riducendo lo stress sull’alluce e alleviando il dolore.
  • Uso di farmaci antidolorifici.
  • Iniezioni di cortisone per ridurre il gonfiore.
  • Utilizzo di cuscinetti separa dita e plantari correttivi per distribuire uniformemente il peso del corpo e la pressione quando si muovono i piedi (aiutano a prevenire o correggere anche altre patologie dell’avampiede o del retropiede associate all’alluce valgo).
  • Applicazione di ghiaccio sulla zona interessata dal disturbo e di pomate antinfiammatorie: soprattutto dopo che si è stati a lungo in piedi, questo semplice rimedio può aiutare a lenire il dolore e l’infiammazione.

Le opzioni chirurgiche:

Se il trattamento conservativo non fornisce alcun sollievo potrebbe essere necessario un intervento chirurgico.

  • Approccio chirurgico classico: lo scopo della chirurgia è alleviare il disagio dovuto a questa condizione restituendo all’alluce la giusta posizione. Attraverso l’apertura chirurgica della cute e dei tessuti sottostanti (procedura “a cielo aperto”) la correzione della deformità viene effettuata mediante l’asportazione di parte di osso e l’inserimento di supporti volti a riportare l’alluce nella corretta posizione.
  • Approccio chirurgico percutaneo: consente di ottenere i medesimi risultati dell’approccio chirurgico classico ma in modo meno invasivo e con tempi di recupero post-operatori molto più brevi. La procedura percutanea – mediante appositi strumenti e sotto la guida di immagini radioscopiche – permette di operare direttamente sull’osso attraverso forellini effettuati nella cute.

Esercizi per prevenzione e cura dell’alluce valgo

Così come già accennato, la diagnosi e il trattamento dell’alluce valgo spettano sempre al medico che, con l’aiuto di un fisioterapista, potrà definire la serie di esercizi più idonea per il singolo caso: il disturbo varia infatti da persona a persona, quindi è importante non improvvisare terapie “improbabili” bensì seguire le istruzioni dei professionisti. Chiarito ciò, vi presentiamo una lista di esercizi genericamente usati per correggere l’alluce valgo:

  1. camminata: un esercizio potenzialmente ottimo per l’alluce valgo è quello di camminare a piedi nudi in casa o, qualora vi fosse la possibilità, su una distesa di sabbia come in spiaggia. Dopo circa dieci passi, effettuati mantenendo il piede dritto e non sporgente verso l’esterno, ci si fermi. Piegando lievemente il ginocchio, al contatto con il suolo dovranno rimanere solo le dita. Scoperto il proprio punto d’appoggio, si mantenga la posizione per 5 secondi e si riprenda a camminare;
  2. rotazione: seduti con le gambe distese, si cerchi di muovere l’alluce seguendo un’immaginaria forma circolare, a piacere in senso orario o antiorario. Dopo circa 10 secondi, cercare di estendere lateralmente il pollice, mantenendo la posizione per un paio di secondi. Si tratta di movimenti che possono risultare complessi per chi soffrisse di una deformazione grave, per questo ci si dovrà fermare qualora si provasse del dolore, anche di media intensità;
  3. pallina: il primo esercizio è lo stesso che si esegue in fase di prevenzione, poiché indicato per evitare il peggioramento dei sintomi. In posizione eretta, si pone una pallina abbastanza morbida – delle dimensioni di una da golf – sotto la pianta del piede. Quindi si muove dolcemente l’arto, senza effettuare un’eccessiva pressione, partendo dall’arco plantare fino alle dita e poi in direzione opposta fino al tallone. A ogni passaggio – falangi, arco e tallone – bisognerà mantenere la posizione per qualche secondo;
  4. guida: sempre da seduti con le gambe distese, aiutandosi con le mani si muova dolcemente l’alluce, senza pressioni o forzarne il piegamento. Lo si abbassi lievemente e quindi lo si sollevi, cercando di mantenere il suo asse;
  5. muro: questo esercizio si esegue da sdraiati, le gambe piegate e i piedi poggiati su un muro. Questi andranno sollevati gradualmente partendo dal tallone, quindi si stimola l’area d’appoggio con una lievissima pressione prima su falangi, poi su arco e talloni. A ogni passaggio si dovrà mantenere la posizione per circa 5 secondi.

Non si dimentichi, infine, come un buon aiuto all’alluce valgo provenga dai plantari. Il consiglio più indicato è quello di rivolgersi a un podologo, per la realizzazione di plantari su misura.

I migliori prodotti per la cura dei piedi

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere dei tuoi piedi, tra cui anche correttori e plantari che possono essere utili per prevenire e curare l’alluce valgo. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile:

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Radicali liberi e invecchiamento: come combatterli con gli antiossidanti

MEDICINA ONLINE OCCHI COSA SONO LE OCCHIAIE PERCHE VENGONO CURO CURA TERAPIA TRATTAMENTO EYES TRUCOS DE BELLEZA BELLEZZA VISO DONNA RIMEDI NATURALI CHIRURGIA MEDICINA ESTETICA PELLE SCURA PANDA OCCHIO NERORughe, pelle rovinata, disturbi di vario genere: la colpa molto stesso è attribuita ai radicali liberi. Non tutti però sanno che cosa sono e perché sono accusati di tanti danni: cerchiamo allora di scoprirne di più, perché conoscerli meglio può aiutarci a combatterli con più convinzione ed efficacia.

Radicali liberi: cosa sono?

I radicali liberi sono una sorta di prodotto di scarto dell’attività del fisico, che si accumula all’interno delle cellule. La loro caratteristica principale sta nella loro struttura chimica: gli atomi di cui sono composti hanno un elettrone in meno negli orbitali più esterni. In pratica, hanno una carica elettrica negativa che non trova la propria controparte positiva e resta quindi “libera”, causando l’instabilità della molecola di cui fa parte. In pratica l’elettrone “spaiato” spinge la molecola a cercare l’equilibrio chimico legandosi ad altri elettroni o ad altre molecole vicine: se un atomo perde un elettrone perché gli è stato “rubato” dal vicino, cercherà a sua volta di riacquistarlo da un altro ancora. Questo genera altri composti instabili in un effetto a catena che può essere interrotto solo dall’azione degli antiossidanti, sostanze in grado di restituire l’elettrone mancante e di riportare l’equilibrio.

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Da dove arrivano i radicali liberi e come fanno a formarsi?

I fattori che li favoriscono sono numerosi e diversi: tra questi lo stress emotivo e l’affaticamento eccessivo, la cattiva alimentazione, l’inquinamento ambientale, il fumo (anche quello passivo), l’assunzione di alcol, farmaci e droghe, alcune patologie infiammatorie, i raggi ultravioletti. La presenza di radicali liberi è, entro certi limiti, un fatto fisiologico: il nostro fisico li produce come residuo dell’attività respiratoria. La maggior parte dell’ossigeno che viene immesso nell’organismo serve per produrre energia, mentre la piccola quantità residua genera i radicali liberi. In condizioni normali, il fisico li utilizza per una serie di funzioni utili, legate soprattutto al sistema immunitario (ad esempio la distruzione di germi e batteri), mentre la quota in sovrappiù viene neutralizzata dagli antiossidanti. Quando però si verifica un accumulo di radicali liberi, a causa di stress emotivi, cattiva alimentazione o stili di vita scorretti, l’organismo non riesce a ricreare il necessario equilibrio e cominciano i guai.

Quali danni provocano i radicali liberi?

I danni prodotti dai radicali liberi sono a livello cellulare e non sono quindi immediatamente evidenti: il loro lavorio però è inesorabile e danneggia i mitocondri (gli organuli che presiedono la respirazione cellulare) e le membrane, fino a causare la morte della cellula. Particolarmente esposte sono le cellule dell’epidermide, fatto da cui deriva la comparsa di macchie e rughe sulla pelle. Lo stress ossidativo, conseguenza dell’accumulo di radicali liberi, oltre a causare un invecchiamento precoce dei tessuti, è anche responsabile della caduta dei capelli e, con l’andar del tempo e insieme ad altri fattori, anche di numerose patologie infiammatorie, cardiovascolari e degenerative.

Come combattere i radicali liberi?

Innanzi tutto con una vita sana, fatta di alimentazione bilanciata e di attività fisica commisurata alle nostre possibilità. Il corretto allenamento, infatti, contribuisce a ristabilire e a mantenere il giusto equilibrio tra radicali liberi e agenti antiossidanti, ma un’attività fisica troppo intensa causa stress all’organismo, aumenta il consumo di ossigeno e quindi l’accumulo di radicali liberi. Naturalmente occorre bandire il fumo e limitare al massimo il consumo di alcolici e superalcolici, che affaticano il fegato (e liberano altri radicali). Un valido aiuto può venire dall’alimentazione: importante bere molta acqua, inoltre meglio evitare una dieta troppo proteica e ricca di grassi polinsaturi, che affaticano reni e fegato. Sì invece ai cibi ricchi di acidi essenziali (Omerga 3 e Omega 6) come pesce azzurro, salmone, pesce spada, frutta secca (in particolare noci, pistacchi, mandorle), semi e olio di lino, verdure come spinaci, broccoli, lattuga e cavolo verde, soia e uova. E’ anche molto importante l’azione antiossidante delle vitamine, in particolare la A, la C, e la E. I cibi da preferire sono in questo caso la frutta e la verdura in generale, che contribuisce all’azione antiossidante con un buon apporto delle vitamine nominate sopra e di sali minerali, utili per prevenire le carenze di antiossidanti e per un corretto metabolismo. Nella dieta non devono mancare i frutti rossi, come mirtilli e uva nera per il loro apporto di antocianine, ed è ottimo anche il tè verde, ricco di flavonoidi. Tutte queste molecole sono in grado, ciascuna secondo un diverso meccanismo, di contrastare l’azione dei radicali liberi. Infine, in caso di necessità, gli antiossidanti si possono assumere anche sotto forma di integratori.

I migliori prodotti scelti per voi

Qui di seguito vi presentiamo una lista con i migliori prodotti, scelti dal nostro Staff di esperti, per contrastare i radicali liberi ed avere una pelle sempre giovane ed in salute:

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Quanto tempo impiegano le unghie di mani e piedi a crescere?

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Ritmo di crescita delle unghie delle mani in base all’età

Le unghie delle mani crescono con ritmo diverso in base all’età; le velocità di crescita in una persona sana, è:

  • prima infanzia: circa 4,5 millimetri al mese;
  • pubertà: circa 4 millimetri al mese;
  • giovane adulto: 3,5 millimetri al mese;
  • età adulta: 3 millimetri al mese;
  • terza età: 1,8 millimetri al mese.

Un’unghia umana di mano, di una persona adulta ed in buona salute, cresce in media 3 millimetri al mese, che corrispondono a:

  • 0,1 millimetri al giorno;
  • 0,7 mm alla settimana;
  • 365 millimetri (equivalenti a 3,65 centimetri) all’anno.

In media quindi un’unghia della mano si rinnova totalmente in un periodo che oscilla tra 4 e 6 mesi circa, con tempi che si accorciano nel caso dell’unghia del mignolo e si allungano nel caso dell’unghia del pollice.

Leggi anche: A che velocità crescono i capelli?

Ritmo di crescita delle unghie dei piedi in base all’età

Le unghie deli piedi, come quelle delle mani, crescono con ritmo diverso in base all’età:

  • prima infanzia: circa 1,5 millimetri al mese;
  • pubertà: circa 1,3 millimetri al mese;
  • giovane adulto: 1,1 millimetri al mese;
  • età adulta: 1 millimetro al mese;
  • terza età: 0,6 millimetri al mese.

Un’unghia umana di piede, di una persona adulta ed in buona salute, cresce in media 1 millimetro al mese, che circa corrispondono a:

  • 0,1 millimetri ogni 3 giorni;
  • 0,2 mm alla settimana;
  • 121 millimetri (equivalenti a 1,21 centimetri) all’anno.

Da quanto visto appare chiaro che le unghie dei piedi crescono più lentamente delle unghie delle mani: il loro tempo di crescita è di circa un terzo di quello delle mani. In media quindi un’unghia del piede si rinnova totalmente in un periodo che oscilla tra 12 e 18 mesi circa, con tempi che si accorciano nel caso dell’unghia del minolo (il mignolo del piede) e si allungano nel caso dell’unghia dell’alluce (il pollice del piede).

Leggi anche: Le tue unghie sono fragili? Rinforzale e falle crescere più velocemente con gli integratori giusti

Fattori che influenzano la velocità di ricrescita

Oltre all’età, esistono svariati fattori che influenzano l’onicogenesi, specie in modo negativo. Esempi di patologie e condizioni che rallentano la crescita delle unghie delle mani e dei piedi sono, ad esempio:

  • traumi ripetuti;
  • onicofagia cronica (mangiarsi le unghie);
  • infezioni;
  • carenze nutrizionali (vitamine e sali minerali);
  • fattori di origine congenita/ereditaria.

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I migliori prodotti per la cura delle unghie

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per la cura ed il benessere di mani e piedi, in grado di migliorare forza, salute e bellezza delle tue unghie e della tua pelle:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Onicofagia grave e gravissima: cause, conseguenze, rimedi e psicologia del mangiarsi le unghie

MEDICINA ONLINE ONICOFAGIA SIGNIFICATO GRAVE GRAVISSIMA MANGIARSI LE UNGHIE MANO MANI UNGHIA PIEDE PIEDI TAGLIARE CORTE MANICURE PEDICURE SMALTO INFEZIONEL’onicofagia è un disturbo compulsivo che porta il paziente a mangiare le proprie unghie e, nei casi più gravi, anche le pellicine e le cuticole circostanti, con conseguenze nocive sia a livello fisico che psicologico. Questa malsana abitudine di rosicchiare le estremità delle dita si manifesta soprattutto in periodi di nervosismo, noia e stress, e può rappresentare semplicemente un sintomo di ansia, ma anche di disagio profondo.

L’onicofago (cioè individuo affetto da onicofagia) adotta un comportamento compulsivo e ripetitivo nel mordere le cuticole e i tessuti intorno alla lamina ungueale: si tratta di un’attività inconscia compiuta dal soggetto, il quale, per la maggior parte del tempo, non si rende conto di quando le mani sono portate alla bocca e i denti cominciano a rosicchiare le unghie. La maggior parte delle persone trova in questa abitudine l’unico modo per calmare sé stessi. L’onicofagia è considerata un “disturbo del controllo degli impulsi” ed è solitamente classificata tra i disturbi comportamentali e delle emozioni che si presentano durante l’infanzia e l’adolescenza; se trascurata, l’onicofagia può protrarsi fino all’età adulta. Secondo la teoria freudiana, l’abitudine di mangiare le unghie è un sintomo di fissazione orale, in quanto si manifesta prevalentemente con un’ossessiva stimolazione della zona. Inoltre, portare qualcosa alla bocca richiama, a livello metaforico, l’esperienza del seno materno e l’onicofagia è utilizzata per ottenere lo stesso effetto calmante.

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Cause del mangiarsi le unghie

All’origine del vizio di mangiarsi le unghie, spesso vi è una causa di natura psicologica: un ambiente familiare disturbato da litigi e incomprensioni, le aspettative eccessive dei genitori, la difficoltà a gestire la propria ansia ecc. L’onicofagia consente di contenere le reazioni a contrasti interpersonali e ai disagi soggettivi; tende a scomparire volontariamente quando viene meno la causa del malessere, tuttavia può riproporsi in successive situazioni di stress o ansia. Sebbene sembri un’abitudine innocua, l’onicofagia costituisce un atteggiamento tendenzialmente autolesionistico e per questo motivo, nei casi più gravi, è necessario l’aiuto di uno psicoterapeuta per individuare le cause che hanno indotto il disturbo. Qualora non si resistesse all’impulso di mangiarsi le unghie, è meglio capire cosa si nasconde dietro a questa abitudine e adottare repentinamente alcuni rimedi, per evitare conseguenze sulla salute.

Che cosa sono i “disturbi del controllo degli impulsi”?

I “disturbi del controllo degli impulsi” sono condizioni psichiche caratterizzate dall’incapacità di resistere alla tentazione incontrollabile di compiere un’azione o un gesto, di solito preceduta da un sentimento di progressiva tensione, agitazione ed eccitazione poco prima di mettere in atto l’impulso a livello comportamentale. Nel momento successivo all’azione impulsiva, il soggetto sperimenta piacere, sollievo, altre volte senso di colpa. Eventi e circostanze stressanti spesso possono aumentare la messa in atto di un’azione impulsiva potenzialmente dannosa (per sé o per gli altri). Tra i “disturbi del controllo degli impulsi” sono compresi: onicofagia, cleptomania, piromania e tricotillomania.

Chi è l’onicofago “tipo”

L’abitudine di mangiarsi le unghie colpisce bambini e adulti di ogni età.
Il disturbo è rilevabile nel 30% dei bambini tra i 7-10 anni e nel 45% degli adolescenti (da qui il titolo dell’articolo). La maggior parte delle persone smette di mangiarsi le unghie spontaneamente all’età di trent’anni, altri continuano anche successivamente, alcuni non abbandoneranno mai questa pratica. In genere, l’onicofagia non è limitata selettivamente ad una particolare unghia, ma è rivolta a tutte le dita delle mani, che sono morse allo stesso modo, risultando circa della medesima lunghezza. La diagnosi può essere ritardata, poiché i pazienti tendono a negare o a ignorare le conseguenze del disturbo.

In che cosa consiste l’onicofagia?

Si può considerare il fenomeno come un processo nel quale è possibile individuare due azioni ben distinte:

1) La fase preliminare che precede l’onicofagia vera e propria consiste nella dettagliata ispezione (visiva o attraverso il tatto) delle unghie e dei tessuti morbidi che le circondano, allo scopo di ricercare i possibili difetti da eliminare. Ogni irregolarità induce il soggetto a stuzzicare e mordicchiare l’area fino a rendere la pelle regolare: non è raro notare nelle persone con onicofagia l’abitudine di passare i polpastrelli sull’estremità delle dita.

2) La fase successiva coincide con il mordere ciò che si trova all’estremità delle dita: lamine delle unghie, cuticole, perionichio (pelle che circonda l’unghia a livello prossimale e laterale), iponchio (porzione di pelle sotto la lamina).

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Quali sono le principali cause dell’onicofagia?

Conoscere le cause che scatenano questa cattiva abitudine è un aspetto fondamentale per superare il disturbo. I fattori principali che promuovono l’insorgenza dell’onicofagia sono di origine ambientale e/o biologica. Le motivazioni ricorrenti sono le seguenti:
 

  • Situazioni di stress e di ansia. In genere, si associa un soggetto onicofagico ad una persona in preda alla preoccupazione e al nervosismo, che scarica la tensione mordendosi le unghie. L’onicofagia, in questi casi, dà un senso di sollievo e di piacere momentanei, in quanto contribuisce a sfogare la carica emotiva.
    Durante l’infanzia, quest’abitudine insorge quando sussistono episodi di incomprensioni, eccessive aspettative o esiste il timore di perdere l’attenzione dei genitori. Il problema può anche essere determinato dalla ripetizione del gesto di portare le mani alla bocca, come avviene per la suzione del pollice.
  • Atteggiamenti autolesionistici. Alcuni studiosi individuano nell’onicofagia un’espressione di aggressività: molti soggetti timidi e remissivi esprimono la loro rabbia rivolgendola verso se stessi piuttosto che all’esterno. Inoltre, rosicchiare le unghie rappresenta un’espressione di tensione aggressiva, come mordere una matita o masticare continuamente un chewing gum, tutti atteggiamenti che possono scomparire se si riesce ad eliminare il disagio che li ha provocati.
  • Imitazione di altri membri della famiglia. Talvolta, i bambini imparano rosicchiare le unghie senza alcuna motivazione psicologica più profonda, imitando semplicemente i genitori.
  • Noia. La noia non determina certamente l’esordio del disturbo, ma per il soggetto che possiede tale abitudine può essere estremamente difficile controllare lo stimolo a mangiarsi le unghie anche nei momenti d’inattività. All’opposto della comune opinione, che vuole il mangiarsi le unghie come manifestazione tipica nei momenti di tensione estrema, è possibile osservare che l’onicofagia si presenta specialmente nei momenti di non azione delle mani: mentre si guarda la televisione, in treno o in macchina, durante eventi lunghi e noiosi, mentre si rimane in attesa al telefono… Spesso, è difficile cercare la vera ragione del proprio vizio, in quanto, a volte, la causa risale all’infanzia e l’onicofagia è semplicemente il risultato di una pessima abitudine protratta nel tempo.

Quali possono essere le conseguenze dell’onicofagia sulla salute?

L’onicofagia può causare dolore, sanguinamento e arrossamento del letto ungueale, oltre a indurre il danneggiamento dell’eponichio, la porzione di pelle posta alla base e ai lati dell’unghia (cuticola).
Quando le cuticole sono rimosse in modo improprio, possono rendere suscettibili ad infezioni batteriche o virali (esempio: onicomicosi, paronchia, patereccio ecc.). Inoltre, chi pratica l’onicofagia rischia di trasportare nella bocca i microrganismi che si depositano sotto le unghie. Un esempio d’infezione del tessuto periungueale è la paronichia, un tipo di patereccio superficiale, localizzato vicino a un’unghia, dovuto alla penetrazione di germi piogeni attraverso piccole lesioni. Anche la saliva può avere un ruolo nell’arrossamento e nell’infezione dell’area. L’onicofagia è correlata anche alla patologia dentale e può portare a lesioni gengivali, usura degli incisivi, riassorbimento radicolare apicale e malocclusione dei denti anteriori, oltre a facilitare la diffusione d’infezioni alla bocca (esempio: ossiuri o batteri dalla regione dell’ano). Al contrario, l’onicofagia praticata durante un’infezione da Herpes simplex virus (labiale) è in grado di sviluppare il giradito erpetico sulla falange del dito morso. Ultimo danno ai denti, non trascurabile, che può conseguire dall’abitudine di mangiarsi le unghie è la carie, poiché viene intaccata la sostanza adamantina. L’ingestione dei residui ungueali può provocare anche problemi allo stomaco.
Infine, la persistenza negli anni del disturbo può interferire con la normale crescita delle unghie e può comportare gravi deformazioni delle dita.
Dal punto di vista sociale, vedere una mano con le unghie consumate, può far pensare ad una persona timida, con scarsa autostima, che trova nella pratica del vizio un modo di gestire la rabbia. In altri casi, l’onicofagia serve a controllare stati di ansia o di forte noia.

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Disturbi correlati all’onicofagia

L’onicofagia è correlata ad altri disturbi comportamentali ripetitivi:

1) Dermatillomania: disordine del controllo degli impulsi che induce il paziente a stuzzicarsi, strofinarsi, graffiarsi o incidersi la pelle del viso o del corpo, spesso nel tentativo di eliminare piccole irregolarità o imperfezioni cutanee reali o immaginarie (nota anche con il termine di “compulsive skin-picking”).

2) Dermatofagia: disturbo in cui un malato morde compulsivamente la sua pelle, di solito intorno alle unghie, con conseguente sanguinamento e decolorazione, dopo tempo prolungato.

3) Tricotillomania (o tricomania): abitudine, spesso accompagnata dall’urgenza, di tirarsi (e in alcuni casi, mangiare) le ciocche di capelli, ma nei casi più gravi anche ciglia, sopracciglia, peli della barba, peli pubici e altri peli del corpo.

Quali sono i rimedi disponibili per smettere di mangiarsi le unghie?

Diverse sono le misure di trattamento che possono aiutare a smettere di mangiarsi le unghie. Alcune persone possono risolvere il disturbo spontaneamente, per la paura di sviluppare infezioni o per la volontà di avere un aspetto più curato, mentre altri soggetti si concentrano sul cambiamento dei comportamenti. Come regola, nessun trattamento è necessario per i casi lievi di onicofagia.
Per le situazioni più gravi, il trattamento deve comportare la rimozione dei fattori emotivi che inducono l’abitudine (eccitazione, iperstimolazione, infelicità, ozio…).
Il trattamento più comune, economico e ampiamente disponibile, prevede l’applicazione di uno smalto di sapore amaro, che scoraggia l’abitudine di mangiarsi le unghie. Normalmente viene utilizzato un composto chimico denominato denatonio benzoato. Il gusto sgradevole ricorderà di fermarsi ogni volta che si portano le mani alla bocca.

Una varietà di opzioni comprende:

  • l’uso di un bendaggio occlusivo sulla punta delle dita;
  • portare dei guanti;
  • nel caso di un bambino, indossare un pigiama integrale che copra anche le unghie dei piedi;
  • mantenere le unghie tagliate in modo tale che gli angoli che sporgono o le cuticole non rappresentino una tentazione.

La cosmesi (trattamento di ricostruzione delle unghie) può aiutare a superare gli effetti sociali dell’onicofagia. Prendersi cura delle mani può aiutare a ridurre l’onicofagia e incoraggia a mantenere questa parte del corpo attraente: è possibile utilizzare smalti o sottoporsi a regolari manicure. Gli uomini possono indossare uno smalto chiaro. Anche applicare unghie artificiali può limitare il disturbo, oltre a proteggere la crescita di quelle naturali. Iniziare a praticare una costante attività sportiva può contribuire a scaricare rabbia e tensione, così come provare le tecniche di gestione dello stress.
Una valida alternativa per risolvere il problema dell’onicofagia consiste nel chiedere al paziente di masticare un chewingum senza zucchero oppure un bastoncino di liquirizia quando sente la necessità di mordere le unghie, oppure si trova in una condizione di particolare tensione. Questo rimedio consente di tenere la bocca occupata e rende l’abitudine difficile da praticare.

Terapia comportamentale

La terapia comportamentale è utile quando le misure più semplici non sono efficaci: l’obiettivo è di risolvere l’onicofagia ed eventualmente individuare un comportamento alternativo (ad esempio: ponendosi lo scopo di rendere nuovamente presentabili le proprie mani). Anche la terapia del controllo degli stimoli può rivelarsi utile per identificare e per controllare lo stimolo che scatena l’impulso di mangiarsi le unghie.

Terapia farmacologica

I trattamenti locali, come ad esempio l’applicazione sulle unghie di sostanze amare, possono avere un’efficacia variabile. L’onicofagia dimostra una risposta positiva alla terapia a base di farmaci antidepressivi, prescritti anche nella cura della tricotillomania e del disturbo ossessivo-compulsivo (OCD).
Un’altra opzione richiede l’uso della vitamina B inositolo, che riduce l’impulso di mordere le unghie e agisce sull’attività della serotonina, ormone che controlla umore e aggressività.

I migliori prodotti per la cura delle unghie

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Ogni quanto fare l’esfoliazione di viso e corpo con lo scrub?

MEDICINA ONLINE SCRUB VISO CORPO FREQUENZA LAVARE LAVAGGIO PELLE DERMA VISO SKIN BAGNO FACCIA DONNA COSMETICI BICARBONATO ACQUA SAPONE DETERGENTE WOMAN YOUNG GIRL  EXFOLIATING HER FACE BODY.jpgLo scrub è un trattamento di bellezza davvero facile da fare e realizzare ed è molto amato da tutte le donne perché il suo scopo è quello di eliminare le cellule morte dalla pelle che tendono a rendere più spento e grigio l’incarnato.

Gli obiettivi principali dello scrub, sono:

  • eliminare lo strato superficiale della pelle, composto da cellule morte
  • eliminare eventuali impurità, come polvere o eccesso di sebo che si sono accumulati
  • evitare la formazione dei peli incarniti
  • stimolare la microcircolazione sanguigna e linfatica
  • contrastare l’invecchiamento cutaneo stimolando la rigenerazione di cellule nuove.

Lo scrub è un’arma di bellezza eccezionale, ma non bisogna abusarne: una esfoliazione troppo frequente non è mai un bene per la vostra pelle! Quindi, quanto tempo far passare tra un trattamento ed il successivo?

Scrub viso: ogni quanto farlo?

La frequenza dello scrub viso dipende da molti fattori, come:

  • tipologia di pelle (normale, grassa…);
  • tipologia di scrub (chimici, enzimatici, naturali, meccanici…);
  • modalità di esecuzione dello scrub (tipologia di massaggi e forza con il quale viene applicato);
  • presenza di eventuali patologie della pelle (acne, dermatiti…).

Con la maggioranza degli scrub attualmente in commercio, in caso di:

  • pelle normale: eseguire lo scrub 1 volta alla settimana;
  • pelle grassa/impura: eseguire lo scrub 2 volte a settimana, con ogni scrub eseguito ad almeno 3 giorni di distanza dal successivo (ad esempio il lunedì ed il giovedì);
  • pelle delicata/sensibile: eseguire lo scrub una volta ogni 10 giorni o, in caso di pelle particolarmente sensibile, anche una volta ogni 2 settimane, scegliendo prodotti adatti al vostro tipo di pelle;
  • pelle con patologie: non eseguire scrub prima di aver avuto il parere di un dermatologo, dopo visita “dal vivo”.

In caso di dubbio sul vostro tipo di pelle (grassa, normale, sensibile…) effettuare lo scrub una volta a settimana rappresenta sicuramente la scelta migliore, avendo cura di aumentare la frequenza tra uno scrub ed il successivo nel caso in cui il trattamento risulti troppo “invasivo”.

Scrub corpo: ogni quanto farlo?

Il momento migliore per applicare uno scrub al corpo è quello del bagno o della doccia: la pelle umida infatti rende lo scrub meno aggressivo che non su una pelle completamente asciutta. Dopo la normale pulizia con un sapone possibilmente a pH neutro, si può passare lo scrub con un guanto di crine, mediante dei movimenti decisi e circolari. La frequenza che raccomandiamo per la maggioranza dei pazienti è 2 volte al mese (in pratica alternando una settimana si ed una no) e comunque evitando sempre un intervallo minore di una settimana tra uno scrub corpo ed il successivo.

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