Riduzione della riserva coronarica: cos’è e come si studia

MEDICINA ONLINE GLICEMIA INSULINA SANGUE DIFFERENZA CONCENTRAZIONE ORMONE PIASTRINE GLOBULI ROSSI BIANCHI GLUCAGONE TESTOSTERONE ESTROGENI PROGESTERONE CUORECosa si intende per riserva coronarica?

Il circolo coronarico è un insieme di vasi sanguigni che permettono al sangue di arrivare al muscolo cardiaco (miocardio). In varie situazioni, come ad esempio quando facciamo uno sforzo fisico, il miocardio ha bisogno di avere più sangue per poter funzionare e la riserva coronarica corrisponde proprio alla capacità del circolo coronarico di aumentare il flusso di sangue in rapporto all’aumento delle richieste metaboliche del muscolo cardiaco; questo è ottenuto attraverso la dilatazione delle arterie coronarie.

Cosa si intende per riduzione della riserva coronarica?

La coronaria ostruita in modo critico (stenosi) può ancora permettere un flusso di sangue sufficiente in condizioni di base (a riposo), ma non può adattare il flusso sanguigno all’aumento delle richieste del cuore sotto sforzo e ciò prende il nome di “riduzione della riserva coronarica”. Ricordiamo che un ridotto apporto di sangue al cuore può determinare ischemia, angina e potenzialmente un infarto del miocardio.

Come si studia la riserva coronarica?

Tramite una semplice ecocardiografia, che può studiare la riserva coronarica indirettamente o direttamente. Indirettamente utilizzando i test provocativi di ischemia e valutando gli effetti dell’ischemia miocardica sulla motilità (cinetica) delle pareti colpite (ecostress). Direttamente studiando il flusso nelle coronarie in condizioni basali o durante stimolo.
Le coronarie sono visualizzabili con l’ecocardiografia transesofagea; opportune sonde transtoraciche e particolari proiezioni rendono possibile l’esplorazione di alcuni tratti della discendente anteriore e della coronaria destra. L’uso di particolari sostanze (mezzi di contrasto venosi che attraversano il circolo polmonare e sono rilevabili nelle sezioni di sinistra e nelle coronarie) permette uno studio ottimale con il colordoppler del flusso nelle coronarie in particolare permette di studiare le variazioni di flusso durante vasodilatazione e determinare se la riserva coronarica è normale o ridotta.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra coronarografia e scintigrafia

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONECon “angiografia” si intende una tecnica di diagnostica per immagini e radiologia interventistica che permette la rappresentazione grafica dei vasi sanguigni o linfatici del corpo umano tramite un metodo che prevede l’infusione di un mezzo di contrasto idrosolubile all’interno dei vasi e la generazione di immagini mediche tramite varie tecniche di imaging biomedico. Le tecniche angiografiche comprendono la radiografia (specificamente nella tecnica dell’angiografia sottrattiva, o DSA da Digital Subtraction Angiography), la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica, l’ecografia. Un tipo particolare di angiografia è la coronarografia (o angiografia coronarica) che permette di indagare le coronarie.

La scintigrafia miocardica è una metodica diagnostica incruenta che consente di valutare la perfusione del muscolo cardiaco e, in alcuni casi, la sua funzione. Ne esistono diversi tipi, ma tutti sono caratterizzati sostanzialmente dalla necessità di iniettare una sostanza particolare, il cosiddetto tracciante radioattivo, e dalla misurazione di come questo sia captato dal cuore. Nella maggior parte dei casi è necessario eseguirla sia a riposo che dopo sforzo. La quantità di sostanza radioattiva iniettata è modesta e quindi non pericolosa. In ogni caso il minimo rischio è giustificato dalle importanti informazioni che possono essere ottenute con questo esame. Intendiamoci, a differenza dell’ECG da sforzo, si tratta di un esame costoso, sia per la strumentazione utilizzata e sia per il costo del tracciante. Per pinta è necessaria la presenza di più figure professionali: il medico specialista in medicina nucleare, il cardiologo, l’infermiere e il tecnico di radiologia. L’uso di traccianti radioattivi impone, peraltro, alcuni obblighi nella costruzione dei locali e nello smaltimento dei rifiuti che incidono sui costi.

COME SI ESEGUE? Nella modalità più comune al paziente viene fatto compiere uno sforzo pedalando su una bicicletta. Al picco dello sforzo si inietta il tracciante radioattivo che verrà catturato bene nelle regioni ben irrorate del cuore e meno bene nelle regioni mal irrorate. Nelle regioni in cui c’è stato un infarto il tracciante non verrà catturato per nulla. Dopo un certo periodo di tempo (in genere quattro ore), e mentre il paziente è a riposo, si esegue una seconda misurazione della captazione del tracciante da parte del cuore. Se esistono differenze tra le due misurazioni si può diagnosticare una ischemia da sforzo che apparirà come una zona che non cattura il tracciante dopo lo sforzo mentre lo cattura in condizioni di riposo.

Alcuni pazienti non sono in grado di compiere uno sforzo? Ebbene, in essi, anziché sfruttare l’attività fisica per identificare la presenza della malattia coronaria, si può infondere prima dell’esame un farmaco che fa lavorare il cuore come se fosse sottoposto ad uno sforzo o che modifica le modalità di perfusione del cuore. In questo modo è possibile eseguire l’esame anche se il paziente non è in grado per qualunque motivo di pedalare. La captazione del tracciante si misura con uno strumento definito “gamma camera”. Si tratta in sostanza di un cilindro che viene avvicinato al torace e che raccoglie i fotoni emessi dalla sostanza iniettata nel paziente e “catturata dal cuore”. Il confronto tra le immagini acquisite al picco del test e quelle acquisite in condizioni di riposo consente di evidenziare 3 situazioni diverse: assenza di difetti di captazione (ciò che equivale alla certificazione di uno stato di normalità); difetto di captazione nella fase di sforzo che scompare o si attenua a riposo (cioè un’ischemia); difetto di captazione dopo test provocativo che non si modifica a riposo (cioè necrosi).

I segmenti ipoperfusi ma vitali (espressione di cellule sofferenti che lavorano con difficoltà e che potrebbero giovarsi di una rivascolarizzazione) possono essere individuati con un’ulteriore dose di tracciante a riposo (reiniezione) o un’acquisizione più tardiva (a 24 ore). Con l’aiuto di computers riusciamo anche a calcolare con buona approssimazione se il territorio ipoperfuso è dipendente da un ramo coronarico o da un altro. Se la scintigrafia miocardica da sforzo sarà positiva, cioè con difetti di perfusione reversibili, a quel punto sarà indicata la coronarografia che potrà con precisione informarci sulla sede precisa della stenosi e sulla sua entità. E’ solo così che potrà essere valutata con precisione la situazione coronarica e quindi potranno essere presi i provvedimenti necessari per risolvere la situazione. Questo molto spesso è oggi possibile con la cardiologia interventistica (angioplastica e stent) che in tanti casi può evitare l’intervento chirurgico di rivascolarizzazione miocardica (by-pass).

MOLTI SINONIMI. Scintigrafia perfusionale, angiocardioscintigrafia al primo passaggio o all’equilibrio, scintigrafia miocardica con tallio o con tc-99msestamibi, scintigrafia a riposo e/o dopo sforzo, scintigrafia dopo stress farmacologico. Si tratta di nomi che esprimono diverse forme di scintigrafia tutte accumunate dalle caratteristiche che abbiamo appena descritto ma che si differenziano per il tipo di tracciante utilizzato e/o per la metodologia con cui si raccolgono i rilevamenti o per il modo con cui viene “stressato” il cuore del paziente. È il medico a scegliere l’esame più opportuno per dare risposta al quesito clinico che il paziente gli pone.

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Differenza tra coronarografia ed angioplastica

MEDICINA ONLINE GLICEMIA INSULINA SANGUE DIFFERENZA CONCENTRAZIONE ORMONE PIASTRINE GLOBULI ROSSI BIANCHI GLUCAGONE TESTOSTERONE ESTROGENI PROGESTERONE CUORECon “angiografia” si intende una tecnica di diagnostica per immagini e radiologia interventistica che permette la rappresentazione grafica dei vasi sanguigni o linfatici del corpo umano tramite un metodo che prevede l’infusione di un mezzo di contrasto idrosolubile all’interno dei vasi e la generazione di immagini mediche tramite varie tecniche di imaging biomedico. Le tecniche angiografiche comprendono la radiografia (specificamente nella tecnica dell’angiografia sottrattiva, o DSA da Digital Subtraction Angiography), la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica, l’ecografia. Un tipo particolare di angiografia è la coronarografia (o angiografia coronarica) che permette di indagare le coronarie.

In caso di infarto del miocardio, determinato da ostruzione dei vasi coronarici, la ricanalizzazione del vaso occluso si può ottenere con:

  • trombolitici;
  • mezzi meccanici (angioplastica coronarica);
  • chirurgia (by-pass).

La tecnica preferibile in molti casi è l’angioplastica: il suo successo è di oltre il 95% dei casi, garantisce maggior rapidità dei trombolitici nel riaprire l’arteria e una minore invasività del by-pass, riservato solo ai casi più gravi. L’angioplastica è eseguita nella stessa seduta della coronarografia. L’obiettivo dell’angioplastica è quello di aumentare l’ampiezza dell’arteria laddove è ristretta. La procedura consiste in:

  • inserire un piccolo filo guida, sul quale si fa avanzare un catetere con un palloncino in punta fino al punto interessato, osservando il suo percorso ai raggi X (fluoroscopia);
  • gonfiare il palloncino per comprimere la placca contro la parete del vaso sanguigno, incrementare il diametro del vaso e quindi il flusso di sangue. In questa fase si può applicare uno stent (dispositivo metallico generalmente in acciaio, cilindrico e cavo che funge da intelaiatura di supporto al vaso) per ridurre la possibilità di riformazione di un restringimento in quel punto. Lo stent garantisce un lume coronario più ampio, un miglior flusso di sangue ed è perfettamente compatibile con il corpo umano.

Dopo l’intervento il paziente viene ricoverato in Unità coronarica per un breve periodo d’osservazione. Una volta dimesso, si programmano i controlli in ambulatorio per il mese successivo.

In definitiva l’angiografia permette la rappresentazione grafica dei vasi sanguigni coronarici (prende infatti il nome di angiografia coronarica o coronarografia) e – una volta individuata l’ostruzione – l’angioplastica permette di rimuovere l’ostruzione ed inserire uno stent per impedire il restringimento del vaso.

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Differenza tra coronarografia ed angiografia

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONECon “angiografia” si intende una tecnica di diagnostica per immagini e radiologia interventistica che permette la rappresentazione grafica dei vasi sanguigni o linfatici del corpo umano tramite un metodo che prevede l’infusione di un mezzo di contrasto idrosolubile all’interno dei vasi e la generazione di immagini mediche tramite varie tecniche di imaging biomedico. Le tecniche angiografiche comprendono la radiografia (specificamente nella tecnica dell’angiografia sottrattiva, o DSA da Digital Subtraction Angiography), la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica, l’ecografia.

Gli esami angiografici più comuni vengono tuttora ottenuti tramite raggi X e mezzi di contrasto radio-opachi. Questi ultimi si rendono necessari in quanto il sangue ha normalmente lo stesso coefficiente di attenuazione per le radiazioni X dei tessuti circostanti. Le immagini radiografiche possono essere ottenute o come immagini statiche, fissate su un fluoroscopio o una pellicola, utili per ottenere informazioni morfologiche su una zona. In alternativa, possono essere immagini dinamiche, normalmente con una risoluzione temporale di 30 immagini al secondo, in grado di visualizzare anche la velocità con cui il bolo di mezzo di contrasto si muove all’interno del vaso, e quindi di dare informazioni sulla funzionalità. L’angiografia può essere una tecnica più o meno invasiva a seconda del vaso che si intende visualizzare.

Con “coronarografia” è una procedura di tipo invasivo che consente di visualizzare direttamente le arterie coronarie che distribuiscono sangue al muscolo cardiaco. La metodica è un’indagine interventistica transcatetere, cioè si esegue per mezzo del cateterismo cardiaco; ha finalità sia diagnostiche sia terapeutiche. Le immagini radioscopiche fornite dalla coronarografia vengono registrate su supporto informatico e archiviate. La loro interpretazione viene effettuata visualmente dal cardiologo emodinamista. Lo scopo della coronarografia è di mettere in evidenza la presenza di occlusioni, stenosi (restringimenti), restenosi, trombosi, aneurismi (dilatazioni) del lume delle arterie coronarie: il mezzo di contrasto iniettato fornisce un’immagine a stampo dei vasi, mentre la struttura delle pareti deve essere studiata con altre tecniche associate come l’ecografia intracoronarica (Intravascular ultrasound o IVUS).

In definitiva l’angiografia è una tecnica che studia i vasi sanguigni in generale, mentre la coronarografia è un tipo particolare di angiografia che studia specificatamente le arterie coronarie, non a caso prende anche il nome di “angiografia coronarica”.

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Differenza tra infarto ed ictus

MEDICINA ONLINE INFARTO DEL MIOCARDIO POLMONARE RENALE CEREBRALE CORONARIE ARTERIE TROMBO EMBOLO OSTRUZIONE DIFFERENZA ICTUS EMORRAGICO EMORRAGIA ISCHEMICO ISCHEMIA NECROSI MORTE PERICOLO SANGUE CIRCOLAZIONEFacciamo oggi chiarezza su molti termini che si sentono spesso in campo medico, ma che spesso vengono confusi tra loro dai “non addetti ai lavori”.

Che significa “infarto”?
Cominciamo con lo spiegare che la parola “infarto” significa necrosi tissutale (cioè morte delle cellule che compongono un dato tessuto) causata da ischemia (cioè diminuzione o assenza del flusso di sangue in quel tessuto). La diminuzione o assenza del flusso sanguigno è a sua volta causata da vari fattori, molto spesso da aterosclerosi (cioè ostruzione del vaso sanguigno da parte di placche lipidiche) o da trombosi (ostruzione causata da trombo) o da un’embolia (ostruzione da embolo). Ricapitolando: l’ostruzione di un vaso sanguigno provoca il mancato afflusso di sangue ad un tessuto (ischemia) ed esso, se non viene ripristinato al più presto il flusso, andrà incontro a necrosi – cioè morirà – dal momento che le cellule che lo compongono sono rimaste senza sangue (e quindi senza ossigeno e nutrimento) troppo a lungo. La morte di un tessuto è tanto più grave quanto questo tessuto è importante per la sopravvivenza dell’organismo. L’evento appena descritto prende il nome di infarto. Dire “infarto” e dire “infarto del miocardio”, pur se usati spesso come sinonimi, non sono però la stessa cosa: è necessario chiarire che l’infarto del miocardio è una data tipologia di infarto.

Vari tipi di infarto
A seconda del tessuto che rimane privo del necessario afflusso sanguigno, l’infarto ha gravità diversa e prende un nome diverso. Se ad esempio è il tessuto intestinale ad andare incontro a necrosi, allora si parla di infarto intestinale; se invece vi è necrosi di tessuto cerebrale, si parlerà di infarto cerebrale. Quando ad essere ostruiti sono uno o più rami dell’arteria polmonare, si parlerà di infarto polmonare. Questi tre tipi di infarto sono tra i più diffusi, ma abbiamo dimenticato il più frequente, essendo la prima causa di morte tra le regioni industrializzate del pianeta, cioè…

L’infarto del miocardio
Si parla di infarto del miocardio quando il tessuto interessato da ischemia e necrosi è il miocardio. Cos’è il miocardio? E’ il muscolo cardiaco che in questo momento permette al vostro sangue di circolare nel vostro corpo, dal momento che – con la sua attivazione sincrona atrio/ventricolo – imprime al torrente circolatorio polmonare e sistemico la pressione adeguata per raggiungere ognuna delle miliardi di cellule che compongono il vostro organismo. Il cuore è un muscolo, ricordiamocelo!
Quando comunemente si usa la parola “infarto”, è praticamente ovvio che ci stiamo riferendo all’infarto del miocardio. Perché ciò avviene? Semplice: l’infarto del miocardio è l’infarto più diffuso, quindi ormai, nell’uso comune, “infarto” ed “infarto del miocardio” sono praticamente dei sinonimi.

Ictus cerebrale
Con “ictus” si identifica una scarsa perfusione sanguigna (ischemia) al cervello, che provoca rapidamente la morte (necrosi) delle cellule cerebrali. Se la mancata perfusione sanguigna dura a lungo, il cervello non riceve più ossigeno e nutrienti per troppo tempo e questo può provocare danni permanenti al cervello, fino anche alla morte del paziente. I sintomi sono principalmente un forte dolore alla testa (in alcuni casi descritto dai pazienti come una “pugnalata sul cranio”), senso di malessere generale e perdita di coscienza. Esistono due tipi di ictus cerebrale:

  • Ischemico: è il più frequente, causato da una trombosi che impedisce la corretta circolazione sanguigna nel cervello.
  • Emorragico: meno frequente, causato da un’emorragia cerebrale determinata dalla rottura di un vaso sanguigno, spesso un aneurisma.

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Coronarografia: cos’è, come si fa, preparazione all’esame e pericoli

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CORONAROGRAFIA COSE COME FA PREPARAZIONE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa coronografia è un esame radiologico invasivo che consente di visualizzare immagini dei vasi arteriosi che avvolgono il cuore e che portano il sangue al muscolo cardiaco, chiamati appunto coronarie. E’ una tecnica procedura diagnostica che viene condotta attraverso l’introduzione di un mezzo di contrasto nel circolo sanguigno, utile a rendere visibili le coronarie al macchinario. La coronografia prevede l’introduzione di un catetere, un tubicino sottile e flessibile che viene fatto avanzare nei vasi sanguigni fino al punto in cui deve rilasciare il liquido di contrasto. Grazie all’avvento delle tecnologie digitali, oggi è possibile ottenere immagini della funzionalità circolatoria minimizzando l’uso del mezzo di contrasto.

A cosa serve la coronarografia?
La coronografia è un esame indicato per valutare la funzionalità cardiaca. Consente di stabilire se le coronarie sono libere (pervietà) oppure ostruite da coaguli, restringimenti (stenosi) o placche di colesterolo (ateromi).

Quando è indicata la coronarografia?
È indicata quando il paziente riferisce:

  • angina pectoris (dolore al torace) o dolore anginoso al braccio;
  • un difetto genetico dalla nascita (cardiopatia congenita);
  • difetti a carico di una valvola cardiaca;
  • insufficienza cardiaca;
  • traumi.

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L’angiografia permette di programmare un intervento chirurgico. Ad esempio può precedere o essere associata a un intervento di angioplastica, che prevede l’introduzione di uno stent per ripristinare il flusso in un vaso occluso. A tal proposito leggi anche: Differenza tra coronarografia ed angioplastica
É utile per valutare le possibili complicazioni di un intervento chirurgico.
È anche un metodo diagnostico per monitorare i risultati di un intervento (follow up) come nel caso di un bypass.

Come ci si prepara ad una coronarografia?
La coronarografia non necessita di alcuna preparazione specifica, si esegue a digiuno e viene effettuata in regime di ricovero.

Quali sono i candidati ideali?
Pazienti che non hanno allergie al mezzo di contrasto. Il mezzo di contrasto potrebbe infatti provocare dei fenomeni allergici, ma la percentuale di queste reazioni è molto bassa. In ogni caso i medici forniranno le indicazioni più opportune. Generalmente si pone particolare attenzione allo stato delle donne in età fertile.

La coronografia è dolorosa o pericolosa?
La coronografia è un esame invasivo, tuttavia l’utilizzo di tecnologie sempre più avanzate riduce di gran lunga i rischi. Il dolore legato all’iniezione dei liquidi di contrasto o del catetere è minimizzato dall’anestesia locale. Si avverte solitamente una sensazione di calore in seguito all’introduzione del liquido.

Come si svolge la coronografia?
La coronarografia viene eseguita mediante l’introduzione di un catetere, generalmente dall’arteria femorale oppure da quella radiale (polso) o dalla brachiale (gomito). Nel punto di entrata del catetere nell’arteria si effettua un’anestesia locale. Si predilige come sede di introduzione quella femorale perché è grande e il catetere può passare attraverso un sistema di dilatazione, senza bisogno di isolare l’arteria e quindi di tagliare la cute. Si risale poi fino al cuore e si posiziona il catetere all’imbocco della coronaria, si inietta nel catetere il mezzo di contrasto, così da opacizzare completamente il decorso dell’arteria stessa e permettere la visualizzazione delle eventuali ostruzioni. La visualizzazione della procedura viene seguita su uno schermo.
Una volta tolto il catetere bisogna operare una compressione sull’arteria femorale per fermare il sangue e permettere il formarsi di un coagulo che chiude il piccolo foro di ingresso utilizzando una benda elastica. Non sono necessari punti. Il paziente viene dimesso nel giro di 24 ore.

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Arrabbiarsi fa male alla salute del cuore: aumenta il rischio di infarto ed ictus

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo ARRABBIARSI MALE SALUTE CUORE INFARTO ICTUS Dieta Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia Grasso Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Calorie Peso Sessuologia Pene HD Filler Rughe BotulinoArrabbiarsi ed essere sempre irascibili fa male alla salute: potrebbe sembrare una classica frase fatta, e invece la ricerca scientifica ha scoperto che davvero l’ira è nemica del nostro corpo, oltre che della nostra mente. Da una ricerca statunitense è risultato che arrabbiarsi aumenta di cinque volte il rischio di avere un infarto e di tre volte il rischio di avere un ictus nelle due ore successive all’arrabbiatura e più ti arrabbi più rischi. Le persone che più di tutte dovrebbero evitare di arrabbiarsi sono i soggetti già ad alto rischio cardiovascolare, come i pazienti che soffrono di ipertensione arteriosa. A rivelarlo è lo studio pubblicato sulla rivista European Heart Journal e condotto da esperti della rinomata Harvard University di Boston, secondo il pericolo aumenta perché il rischio è cumulativo: per cui a rischiare di più infarto e ictus sono le persone inclini al nervosismo e che si arrabbiano facilmente. Gli esperti hanno calcolato che cinque arrabbiature al giorno portano ogni anno a circa 158 infarti in più ogni 10.000 persone a basso rischio cardiovascolare, e a 657 infarti extra per 10.000 persone se consideriamo solo i soggetti già ad alto rischio cardiovascolare, spiega Elizabeth Mostofsky che ha coordinato lo studio. È possibile che le arrabbiature facciano male perché provocano nell’organismo una serie di reazioni fisiologiche negative come l’aumento della pressione arteriosa.

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