Sistema uditivo centrale e periferico: componenti e percorso del suono

MEDICINA ONLINE ANATOMIA ORECCHIO ESTERNO MEDIO INTERNO SORDITA IPOACUSIA SISTEMA UDITIVO NERVO 8 VIII CRANICO VESTIBOLO COCLEARE LIEVE PROFONDA DECIBEL TIPI GRADI APPARECCHI ACUSTICI  SENSO UDITO.jpgPer udire i suoni, l’essere umano ha bisogno che il suo sistema uditivo sia funzionante in ogni suo Continua a leggere

Ipoacusia: significato, cause, sintomi, cure

MEDICINA ONLINE ANATOMIA ORECCHIO ESTERNO MEDIO INTERNO SORDITA LIEVE PROFONDA IPOACUDIA DECIBEL TIPI GRADI APPARECCHI ACUSTICI ANZIANO BAMBINO INFANTILE HANDICAP SENSO UDITO AUDIOLESO TRASMISSIVA NEUROSENSORIALE.jpgCon “ipoacusia” si intende è la perdita parziale del senso dell’udito, che può interessare una o entrambe le orecchie e determina la Continua a leggere

Sordità da lieve a profonda: cause, tipi, apparecchi acustici

MEDICINA ONLINE CERVELLO CERVELLETTO SISTEMA NERVOSO LOBI LOBO FRONTALE TEMPORALE OCCIPITALE CORTECCIA BRAIN CEREBELLUS PICS PICTURE PHOTO WALLPAPER HI RESOLUTION HI RES NERVEL’udito è uno dei cinque sensi che possiede l’essere umano (insieme a vista, olfatto, gusto e tatto) che permette di trasformare – tramite il Continua a leggere

Perché fischiano le orecchie? Da cosa dipende e come si cura?

MEDICINA ONLINE ORECCHIO OTORINO CONDOTTO COCLEA CELLULE CILIATE TIMPANO OSSICINI MARTELLO INCUDINE STAFFA LABIRINTITE OTOLITI ACUFENE FISCHIO UDIRE SENSO ESTERNO MEDIO INTERNO.jpgIl termine “acufene” (anche chiamato “tinnito“) indica un sintomo caratterizzato dalla percezione di un rumore simile ad un fischio o un ronzio, in una o in entrambe le orecchie, oppure nella testa, anche se dall’esterno non proviene alcun suono. L’acufene non è una malattia, bensì un sintomo e può essere la spia di una malattia che lo provoca a monte. L’acufene può essere temporaneo, ad esempio quello che si avverte subito dopo aver udito un suono improvviso molto forte e che generalmente dura da alcuni secondi a poche ore, o può durare molto più a lungo, anche mesi, anni o, in alcuni casi, per tutta la vita.

Non esiste una terapia specifica che possa curare tutti gli acufeni: se l’acufene è secondario, si interviene sulla patologia a monte che lo provoca e si suppone che – eliminando la causa – l’acufene sparisca o almeno diminuisca di intensità; se l’acufene è idiopatico, non esistono ad oggi terapie risolutive al 100%. Anche nei casi di acufene secondario, pur trattando efficacemente la causa a monte, non è purtroppo detto che l’acufene scompaia o diminuisca di intensità.

La cura di un acufene può coinvolgere direttamente o indirettamente un gran numero di professionisti della salute, tra cui otorinolaringoiatri, audiologi, chirurghi maxillo-facciali, pneumologi, endocrinologi, oncologi, cardiologi, fisiatri, ortopedici, dentisti, gnatologi, tecnici audiometristi, fisioterapisti e osteopati. Il primo professionista a cui rivolgersi in caso di comparsa improvvisa di acufene è comunque senza dubbio il medico otorinolaringoiatra o il medico audiologo.

Il disturbo ha caratteristiche diverse a seconda del paziente. Alcune persone percepiscono ronzii, fischi, sibili o suoni ad alta o altissima frequenza, altri descrivono suoni simili ad un coro di cicale, alla risacca del mare, ad un macchinario acceso o a delle interferenze simili a quelle che si ascoltano quando una stazione radio non è correttamente sintonizzata.

L’intensità può essere molto variabile: alcuni descrivono un sintomo più lieve, con un suono percepito “in lontananza”, periferico, minimo o sfumato, mentre per altri l’acufene può essere avvertito come molto forte, invasivo, ravvicinato, “centrale” e che arriva perfino a coprire i suoni ambientali, rappresentando quindi un problema per la normale capacità uditiva e di fatto un handicap, con conseguenze psicologiche anche catastrofiche per la persona.

Pur essendo catalogato come “sintomo”, l’acufene, specie se grave, a mio avviso può essere considerato come una vera e propria patologia cronica invalidante e come un importante fattore di rischio per malattie psichiatriche come la depressione. Aggiungo che “so di cosa parlo” perché non solo sono un medico e ho studiato l’argomento sui libri ed avuto pazienti con acufene, ma soffro io stesso di un acufene bilaterale cronico piuttosto grave che – senza esagerazioni – ha completamente cambiato (in negativo) la mia vita.

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Diffusione

Si stima che l’acufene sia piuttosto frequente e in grado di interessare circa 10% ÷ 15% delle persone; nella maggior parte dei casi viene tollerato ragionevolmente bene, mentre nell’1-2% degli individui può causare problemi di adattamento al disturbo particolarmente significativi. Circa 2.5-5 milioni di italiani convivono con l’acufene.

Età di insorgenza

L’acufene non fa distinzioni: può colpire a qualsiasi età, anche se non si tratta di un sintomo diffuso tra i bambini, che riferiscono la patologia più raramente rispetto agli adulti, in parte perché è più probabile che i bambini affetti da acufene abbiano problemi di udito fin dalla nascita. Potrebbero quindi non notare l’acufene e non preoccuparsi, proprio perché sono abituati a questo problema fin dalla nascita.

Modalità di insorgenza

Un acufene può comparire improvvisamente, senza alcun motivo apparente o legato a episodi acuti, come traumi cerebrali o assunzione di farmaci ototossici. Altri acufeni possono invece presentarsi in modo graduale, senza alcun motivo apparente o in seguito a svariate cause, come otiti, alterazioni dell’articolazione temporo-mandibolare o tumori.

Classificazione e tipi di acufene

In base alle cause che lo hanno provocato, l’acufene può essere secondario o idiopatico. L’acufene viene definito “secondario“, quando è causato a monte da svariate patologie, in particolare quelle che interessano l’orecchio, come le otiti. In molti casi l’acufene è “idiopatico“, cioè non si riesce a capire con esattezza da cosa sia procurato. Se l’acufene è secondario, in genere curando la patologia a monte che lo provoca, tende a scomparire gradatamente. I casi idiopatici possono anch’essi sparire nel tempo, tuttavia tendono più frequentemente ad essere cronici e purtroppo a durare anni o per tutta la vita, causando in alcuni casi gravissimi disagi alla persona. Sempre in base alla causa ed al tipo, si distinguono:

  • acufeni audiogeni, correlati ad alterazioni uditive (Auditory Tinnitus);
  • acufeni somato-sensoriali, correlati a problemi ai muscoli, alle ossa, alla cervicale (Somatosensory Tinnitus);
  • acufeni psicogeni, correlati a interazioni psicopatologiche dell’apparato uditivo (Psychopathology-related Tinnitus);
  • acufeni combinati, che presentano due o più combinazioni di acufeni dei gruppi precedenti (Combined Tinnitus).

Acufene acuto, subacuto, cronico e recidivante

In base alla durata, l’acufene può essere di tre tipi principali:

  • acufene acuto: ha una durata di massimo tre mesi;
  • acufene subacuto: ha una durata compresa tra tre mesi e sei mesi;
  • acufene cronico: ha una durata superiore a sei mesi e nei casi più gravi può persistere per tutta la vita.

Un acufene acuto, se non si interviene prontamente (ad esempio con antibiotici ed antinfiammatori) per curare la causa a monte che lo determina, può diventare subacuto e cronico, sempre a patto che la causa a monte sia effettivamente individuata, che sia curabile e che non abbia determinato danni nervosi permanenti. In genere è più facile intervenire per curare efficacemente un acufene acuto che uno subacuto o cronico. Quando un acufene viene avvertito in modo continuo per oltre uno o due mesi, è più alta la probabilità che diventi cronico e che persista per tutta la vita. La possibilità di cronicizzazione diviene tanto più possibile all’aumentare del tempo passato dall’insorgenza dell’acufene.
L’acufene può essere definito “recidivante“, quando si presenta periodicamente, per poi diminuire di intensità e sparire, per poi ripresentarsi nuovamente a distanza di tempo variabile.

Acufene monolaterale, bilaterale, migrante e centrale

In base alla zona in cui viene avvertito l’acufene, si ha:

  • acufene monolaterale: il suono viene avvertito solo nell’orecchio destro o in quello sinistro;
  • acufene bilaterale: il suono viene avvertito sia nell’orecchio destro che in quello sinistro, a volte contemporaneamente, a volte in modo alternato, in alcuni casi avvertendo lo stesso identico suono nelle due orecchie, in altri avvertendo suoni di tipo diverso;
  • acufene migrante: il suono viene avvertito alternativamente ad un orecchio, poi all’altro e viceversa;
  • acufene centrale: il suono viene avvertito in modo centrale, “nel mezzo della testa”.

In alcuni casi un acufene monolaterale, nel tempo può diventare bilaterale, mentre molto rara è la situazione in cui un caufene bilaterale diventi monolaterale.

Acufene monotonale, bitonale e pluritonale

L’acufene può essere caratterizzato da un suono unico (acufene monotonale, ad esempio un singolo sibilo o un singolo fruscio) o due suoni insieme (acufene bitonale, ad esempio un sibilo che si “innalza” nel contesto di un fruscio di soffofondo) o più suoni contemporanemanete (acufene pluritonale).

Volume dell’acufene

Il volume di un acufene può variare da appena percettibile a estremamente alto. Durante la giornata in molti riferiscono una alternanza tra queste due situazioni, la prima soprattutto la mattina e all’ora di pranzo, la seconda nelle ore tardo-pomeridiane, serali e di notte. Nel tempo il volume di un acufene può oggettivamente peggiorare (ad esempio perché il danno alle cellule ciliate o al nervo acustico si sia amplificato per qualche motivo) ma può anche soggettivamente diminuire, soprattutto se la persona riesce ad ignorarlo il più possibile e la corteccia uditiva del suo cervello “impara” a catalogarlo come suono non importante, quindi facendolo arrivare il meno possibile alla nostra coscienza: purtroppo però – prima che ciò avvenga – possono passare mesi o anni dall’insorgenza del fastidio e molto del successo di questa “esclusione dell’acufene dalla coscienza”, dipende dalla gravità dell’acufene e dalla “pazienza” della persona.

Acufene soggettivo od oggettivo

A seconda del fatto che l’acufene possa o non possa essere ascoltato da altre persone oltre al paziente, avremo:

  • acufene soggettivo (acufene propriamente detto): il suono viene percepito solo dall’individuo che ne soffre, ma non può essere ascoltato da un osservatore esterno, neanche usando strumenti amplificatori. E’ il tupo di acufene più diffuso;
  • acufene oggettivo: il suono può essere percepito anche da ascoltatori esterni. L’acufene è generato da rumori interni dell’organismo, come quelli legati al flusso sanguigno) e può quindi essere ascoltato anche dal medico. E’ il tipo di acufene più raro.

Acufene continuo o intermittente

L’acufene può essere definito continuo quando non si smette mai di udirlo, oppure intermittente: in questo caso la persona tende ad averlo in orari della giornata specifici, magari in corrispondenza di determinate attività (ad esempio solo a pranzo o duranze sforzi fisici o episodi di stress) oppure può avvertirlo in orari imprevedibili, mentre in altri momenti l’acufene è totalmente assente o comunque talmente limitato da essere avvertito come molto lontano e poco invasivo. Un acufene continuo può diminuire fortemente di intensità per poi ripresentarsi ad intensità normale, tanto da apparire intermittente.

Acufeni pulsanti

Alcuni tipi di acufene sono detti “pulsanti“. L’acufene pulsante è un tipo particolare di acufene che – anziché essere continuo – è di tipo ritmico e pulsante. Nella maggioranza dei casi il suoni va a tempo con il battito cardiaco, quindi ad esempio aumenta in frequenza durante una tachicardia. Di solito, ma non sempre, l’acufene pulsante è oggettivo e quindi può essere udito dal medico durante l’esame obiettivo, ad esempio appoggiando lo stetoscopio sul collo del paziente, oppure mediante un microfono collocato all’interno del condotto uditivo e collegato con un amplificatore e un trasduttore esterno. Nonostante non sia una forma frequente di acufene alcune delle sue cause sono note, come ad esempio ipertensione arteriosa, soffi al cuore, patologie a carico delle trombe di Eustachio, tumore glomico ed anomalie in una vena o in un’arteria cerebrale.

Acufeni “spike” o “di picco”

Nel contesto di un acufene, possono a volte verificarsi degli acufeni “diversi”, ancora più forti, che generalmente si sovrappongono all’acufene “primario” o che sono semplicemente avvertiti come aumento di intensità e/o variazione di tono: tale tipo di acufene “secondario” è detto acufene spike o acufene di picco o picco di acufene. Un acufene spike generalmente è più “forte” del normale acufene e può avere una tonalità diversa rispetto all’acufene “primario”, ad esempio risultando più acuto. Un acufene spike può durare alcuni secondi, minuti, ore o addirittura giorni o settimane alla volta. Sebbene questi picchi possano essere difficili da gestire, dal momento che peggiorano una condizione già fastidiosa e gettano ancor di più nello sconforto la persona, non sono generalmente un segno che l’acufene stia peggiorando e sono quasi sempre temporanei: al loro cessare, il paziente torna ad avvertire il “solito” acufene, anche se purtroppo l’acufene spike in rari casi può diventare permanente.

Fattori che aumentano o diminuiscono l’acufene

Ogni paziente può presentare fattori che aumentano o diminuiscono l’intensità dell’acufene, soprattutto in base alla condizione a monte che lo ha provocato. Le ore del mattino e del pranzo sembrano essere quelle in cui gli acufeni tenderebbero ad essere percepiti come meno intensi, mentre nel tardo pomeriggio, a cena e la notte, gli acufeni di solito aumentano di intensità: ciò sembrerebbe da collegarsi alla secrezione del cortisolo (l’ormone “antistress”), che aumenta la mattina fino all’ora del pranzo, per poi diminuire nel pomeriggio ed essere minima le ore serali e soprattutto notturne.

Molti pazienti riferiscono un peggioramento del sintomo quando le condizioni atmosferiche cambiano, ad esempio quando si verificano episodi di bassa pressione (pioggia, temporali e tempo uggioso in generale): gli acufeni quindi tenderebbero a peggiorare nei mesi invernali e freddi, ed a migliorare nei mesi caldi ed estivi.

Un aumento della pressione arteriosa (ipertensione) o una sua diminuzione (ipotensione), possono determinare la comparsa di un acufene o peggiorarne uno già esistente e lo stesso possono fare l’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue (iperglicemia), la sua diminuzione (ipoglicemia) e patologie ad esse correlate, come il diabete. Patologie dell’articolazione temporo-mandibolare, bruxismo, malocclusione ed altre patologie che interessano la mandibola ed i muscoli masticatori, possono peggiorare un acufene pre-esistente o causarlo. Patologie che interessano la porzione cervicale della schiena, possono causare o peggiorare un acufene (in questo caso spesso l’acufene cambia di intensità quando il collo e la testa compiono determinati movimenti o rimangono in posizioni specifiche ed è più frequentemente di tipo “migrante”). L’idrope endolinfatica (l’aumento dell’endolinfa nell’orecchio interno) può causare o aumentare un acufene. Bere molta acqua e diete iposodiche potrebbero diminuire l’intensità di un acufene, specie se causato da idrope. La tachicardia può rendere più fastidioso un acufene pulsante.

Stati di forte ansia, depressione, psicosi, attacchi di panico, stare in posizione sdraiata, ipertensione endocranica, sonno, fame, sete e stress psico-fisico possono determinare la comparsa di un acufene o peggiorarne uno già esistente. Un pasto ricco di carboidrati e grassi potrebbe diminuire temporaneamente l’intensità di un acufene grazie al loro effetto “antidepressivo” (legato all’aumento del neurotrasmettitore dopamina), ma potrebbero anche farlo peggiorare sul medio/lungo periodo se si eccede con le calorie.

Ogni paziente deve imparare a capire nel tempo quali fattori soggettivi statitsticamente aumentano o diminuiscono il proprio acufene, per trarre vantaggio da questa preziosa informazione, in modo da provare il meno disagio possibile.

Inibizione residua

Ascoltare suoni moderatamente forti può aumentare l’intensità di un acufene (ma può anche al contempo mascherarlo), tuttavia è risaputo che alcuni suoni abbastanza forti ed acuti possono determinare l’immediata diminuzione dell’intensità dell’acufene, anche se temporaneamente: questo fenomeno viene chiamato inibizione residua. Ascoltare musica ad un moderato volume, soprattutto con cuffie (in ear e on ear), in alcuni casi può mascherare l’acufene, coprendolo, e l’effetto di tale mascheramento può a volte perdurare temporaneamente anche quando si smette di ascoltare musica, sempre grazie all’inibizione residua. Il fenomeno dell’inibizione residua viene usato in modo vantaggioso in alcune terapie per l’acufene che hanno l’obiettivo di rendere il sintomo il più sopportabile possibile per il paziente.

Conseguenze

Ogni persona ha un proprio livello di tolleranza al rumore prodotto dall’acufene sia in base al tipo, alla durata ed al livello di gravità dell’acufene, sia in base al livello di ansia del soggetto che alla propria capacità di imparare a gestirlo, ad esempio apprendendo come ignorarlo il più possibile o intuendo i fattori ed i comportamenti che maggiormente tendono a diminuirlo per poi metterli in pratica. Pur trattandosi di una esperienza molto personale, tuttavia da quasi tutti i pazienti viene descritta come fastidiosa o addirittura estremamente fastidiosa, specie nei momenti di silenzio. Quando la persona con acufene si trova in ambienti rumorosi, infatti, il fischio tende più facilmente ad essere coperto dal rumore ambientale: nei momenti di silenzio, invece, il sintomo diventa molto più evidente ed invasivo. Non a caso l’acufene viene avvertito soprattutto la sera e la notte, quando l’igiene del sonno prevederebbe il silenzio assoluto per poter prendere sonno e per godere di un riposo realmente ristoratore. Al momento di addormentarsi, l’udire l’acufene può generare ansia e l’ansia può peggiorare l’acufene o comunque la sua percezione, in un circolo vizioso difficile da spezzare: nei casi più gravi l’acufene notturno può generare forme di insonnia estremamente difficili da trattare e determinare grave sonnolenza diurna. Molti pazienti riferiscono che l’acufene ha tolto loro il piacere e il rilassamento del puro silenzio.

L’acufene rende la persona generalmente molto più insofferente, nervosa, negativa e triste di quanto non lo fosse prima del suo verificarsi e può rappresentare un problema soprattutto nei momenti in cui sarebbe necessaria la massima calma. Il paziente con acufene grave riferisce una maggiore difficoltà a concentrarsi ed a memorizzare informazioni, sia indirettamente, perché il sonno notturno è meno riposante a causa del disturbo e ciò porta a sonnolenza diurna, sia direttamente perché quest’ultimo interferisce con la capacità di concentrazione e di memoria.

Il paziente con acufene può perdere molto tempo a pensare all’acufene, alla ricerca di informazioni su come curare il proprio disturbo e nel sottoporsi a numerosi esami e terapie: ciò si rivela dispendioso non solo in termini di tempo, ma anche di soldi spesi che comunque non porteranno – nella maggioranza dei casi –  a risolvere realmente il problema. Un acufene grave può portare al consumare i propri risparmi, all’isolamento sociale, al lasciare il proprio lavoro, al perdere una relazione amorosa grave (perché convivere con una persona con acufene grave può mettere a dura prova anche i partner più pazienti e le relazioni più durature). Parlare ossessivamente del proprio problema con i propri amici, può portare all’allontanamento di questi ultimi, stanchi di ascoltare le “solite lamentele dell’amico che ormai parla solo di acufene”. Il paziente con acufene può pensare ossessivamente al proprio disturbo ed alle presunte cause che l’hanno determinato: “ah se potessi tornare a quel giorno e non andare a quel concerto che mi ha causato il trauma acustico e l’acufene…”; “ah quanto era bella bella la mia vita prima dell’acufene…”.

Senza timore di essere smentito e per esperienza personale diretta, posso affermare che l’acufene cronico grave è una vera e propria tortura psicologica che colpisce 24 ore su 24 e per tutta la vita, per tale motivo rappresenta un vero e proprio handicap ed è capace di interferire fortemente con il funzionamento della persona in campo sociale, relazionale e professionale, abbassando di netto la qualità della vita del soggetto e rappresentando un fattore di rischio per malattie psichiatriche come la depressione. Non sono rare le ideazioni suicidarie in soggetti con acufene grave, continuo e che perdura da anni, senza possibilità di una cura che elimini del tutto il problema. Sono noti numerosi fatti di cronaca, alcuni anche in Italia, di persone con acufene grave che si sono tolte la vita perché non riuscivano più a sopportare questo fastidio.

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Possibili cause e fattori di rischio

La causa esatta dell’acufene è tuttora sconosciuta, ma potrebbe essere legato al modo in cui i suoni vengono percepiti a livello dell’orecchio e/o interpretati dal cervello; in alcuni casi potrebbe non essere legato a una causa unica, ma a una combinazione di diversi fattori. Di fatto il tinnito è quindi un sintomo e non una malattia. Tra i diversi fattori di rischio e possibili cause dell’acufene, ci sono:

  • Infiammazione del nervo acustico. Il nervo acustico si trova nell’orecchio interno, esattamente dietro la coclea e trasmette al cervello informazioni su udito ed equilibrio: una sua infiammazione potrebbe essere la causa di un acufene.
  • Meningite. Un acufene può comparire in caso di infezioni delle meningi, le membrane che rivestono il sistema nervoso.
  • Problemi di udito provocati dall’esposizione a rumori intensi, ad esempio concerti o ascolto di musica con cuffia ad alti volumi. L’esposizione acuta o cronica a rumori molto forti può danneggiare e persino distruggere le cellule ciliate che si trovano nell’orecchio interno, il che può portare a calo dell’udito e ad acufene. Una volta danneggiate le cellule ciliate non possono essere ricostruite o sostituite. Tra i soggetti colpiti da acufene circa due su tre hanno difficoltà di udito, questa sembra quindi essere la causa più comune.
  • Accumulo di cerume nel condotto uditivo. La quantità di cerume prodotta dalle orecchie varia da persona a persona. A volte si produce una quantità di cerume tale da compromettere l’udito o da far sembrare più forte l’acufene; se vi accorgete di un eccesso di cerume chiedete al vostro medico di famiglia di farvelo togliere manualmente: quest’operazione non può essere effettuata con un semplice cotton fioc (che può anzi peggiorare la situazione), ma deve essere eseguita da un otorinolaringoiatra (medico specialista che si occupa delle orecchie, del naso e della gola) o dal medico stesso.
  • Alcuni farmaci. Alcuni farmaci sono “ototossici”, cioè pericolosi per l’orecchio e potrebbero determinare o peggiorare un acufene come effetto collaterale (acufene “iatrogeno”), come anche ipoacusia, sordità e vertigini. Gli effetti collaterali, che possono dipendere dal dosaggio del farmaco, possono essere temporanei (diminuire o sparire del tutto alla cessazione dell’assunzione del farmaco) oppure permanenti (rimanere per mesi o per sempre anche dopo la cessazione dell’assunzione). Prima di assumere un qualsiasi farmaco, assicuratevi che il medico che ve lo prescriva sappia che soffrite di acufene o che avete fattori di rischio (ad esempio famigliari che soffrano di acufene o ipoacusia od uso di farmaci ototossici concomitanti) e informatevi sulle terapie alternative che potrebbero essere adatte nel vostro caso. Farmaci ototossici sono: antibiotici, diuretici, antidepressivi, ansiolitici come le benzodiazepine, farmaci contro il cancro, farmaci al chinino, farmaci antinfiammatori non steroidei (aspirina, ibuprofene, ketoprofene, acido acetilsalicilico). Gli antibiotici che possono causare ototossicità sono gli aminoglicosidici (diidrostreptomicina, neomicina, kanamicina, gentamicina, streptomicina), i macrolidi (claritromicina, eritromicina, roxitromicina, azitromicina) ed i glicopeptidi (vancomicina).
  • Infezioni dell’orecchio o sinusite. Molte persone, compresi i bambini, possono soffrire di acufene durante un’infezione dell’orecchio esterno, medio o interno (ad esempio una otite media secretiva che interessi la cassa timpanica o la tuba di Eustachio, con presenza di catarro tubarico) o una sinusite. Una volta curata l’infezione, di solito l’acufene diminuisce fino a scomparire gradualmente, tuttavia, soprattutto le otiti medie e interne, potrebbero determinare dei danni irreversibili che provocano acufeni cronici, che persistono anche dopo che l’otite sia stata correttamente curata.
  • Disordini temporo-mandibolari. Alcune persone hanno i muscoli o le articolazioni della mandibola (ATM, cioè articolazione temporo-mandibolare) non correttamente allineate: questo non provoca soltanto l’acufene, ma può anche influire negativamente sui muscoli e sui nervi cranici e sulle strutture incaricate di ammortizzare i colpi, che si trovano all’interno dell’articolazione della mandibola. Alcuni dentisti sono “gnatologi”, cioè perfezionati nella gnatologia, quindi specializzati nella cura dei disordini temporo-mandibolari e mascellari. Lo gnatologo è quindi una figura di riferimento importante per chi soffre di acufene.
  • Alterazioni a carico della cervicale. Alterazioni morfo-funzionali della colonna vertebrale cervicale, a loro volta determinate da molte cause (ernie discali, cattiva postura, alterazioni a carico della mandibola, traumi…), possono determinare o favorire l’insorgenza di un acufene.
  • Malattie cardiovascolari. Una piccola percentuale di persone affette da acufene soffre di acufene pulsante: di solito in questo caso si avverte una pulsazione ritmica, che spesso va a tempo con il battito cardiaco. L’acufene pulsante può indicare la presenza di una malattia cardiovascolare (cioè di una compromissione del normale flusso sanguigno nelle vene e nelle arterie), come ad esempio soffio al cuore, ipertensione arteriosa o arteriosclerosi (indurimento della parete esterna delle arterie).
  • Alcuni tipi di tumore. Succede molto raramente, ma a volte si può essere affetti da un tumore benigno che cresce lentamente nei nervi acustici, vestibolari o facciali. Questi tumori possono causare: acufene, sordità, paralisi facciale e problemi di equilibrio. Ad esempio il neurinoma del nervo acustico o il meningioma possono determinare acufene.
  • Otosclerosi. L’otosclerosi è una malattia non infiammatoria localizzata della capsula ossea labirintica che può causare acufene: una volta che viene curata con un intervento di stapedotomia, il disturbo dovrebbe sparire.
  • Traumi alla testa e al collo. Anche i traumi alla testa e al collo possono provocare l’acufene, specie se estesi, con fratture e con emorragie.
  • Alcune malattie, come ad esempio l’ipotiroidismo o ipertiroidismo, la malattia di Lyme, la fibromialgia, la malattia di Ménierè e la sindrome di presa toracica, possono presentare l’acufene come sintomo.
  • Anomalie anatomiche congenite o secondarie. Strutture anatomiche anomale già presenti alla nascita o secondarie a traumi o altre cause, come ossa e vasi sanguigni, possono favorire la comparsa di acufene.
  • Lesioni che colpiscono il sistema nervoso centrale. Qualsiasi lesione neurologica che può interessare direttamente o indirettamente le vie uditive, può favorir la comparsa di acufene, ad esempio l’ictus cerebrale ischemico o emorragico e la sclerosi multipla.

Acufene idiopatico

In alcuni casi l’acufene è il sintomo di una malattia specifica, che viene individuata dal medico. Ciò è un bene perché, intervendondo se possibile per curare tale malattia, l’acufene dovrebbe sparire o comunque diminuire di intensità (anche se purtroppo a volte neanche curare la malattia a monte elimina l’acufene). In altri casi, invece, l’acufene insorge senza alcuna causa specifica nota ed in questo caso viene definito “acufene idiopatico”. Quando si presenta un acufene idiopatico, è più complicato se non impossibile intervenire con cure specifiche, sia perché non essendo nota una causa ben determinata del problema, non si può intervenire su di essa, sia perché non esistono cure specifiche capaci di eliminare l’acufene. Un acufene idiopatico può diventare cronico o, in altri casi, sparire da solo.

Un rumore molto forte è sufficiente a causare acufene?

Molti si chiedono se un’esposizione non ripetuta a un rumore forte, avvenuta magari molto tempo prima, può provocare l’acufene. La risposta è si: i bambini, come del resto le persone di ogni età, possono essere a rischio di acufene se esposti a rumori molto forti. Alcune occasioni del tempo libero, come le sagre, i concerti, le corse automobilistiche o gli eventi sportivi possono essere attività molto rumorose che potrebbero danneggiare le orecchie dei bambini. Vi consigliamo di proteggere le orecchie, di mettere in guardia i bambini dai pericoli dei rumori forti e di valutare la possibilità di non far partecipare i bambini all’evento o di farli allontanare dalla fonte di rumore. Si può parlare di un danno vero e proprio se:

  • vi devono parlare a voce alta perché voi sentiate,
  • le orecchie vi fanno male,
  • oppure se il vostro udito è peggiorato immediatamente dopo l’esposizione al rumore.

L’esposizione al rumore può essere unica oppure ripetuta per mesi o per anni. Il volume del rumore può influire sul livello della perdita di udito, ad esempio i rumori di 100 decibel percepiti per più di un quarto d’ora possono provocare la sordità, come i rumori di 110 decibel, uditi anche solo per più di un minuto. Ricordiamo però che l’esposizione non ripetuta a un rumore di forte intensità non provoca automaticamente l’acufene o la sordità permanente, poiché la sensibilità uditiva varia da persona a persona. È anche possibile che il danno dovuto all’esposizione al rumore non venga notato per molti anni.

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Acufene ed ereditarietà

Potrebbe esserci una qualche predisposizione ereditaria per alcune persone, ma non si sa con certezza se l’acufene sia già scritto nei nostri geni. Gli scienziati che lavorano alla mappatura del genoma umano, ad esempio, non hanno ancora scoperto nessun gene dell’acufene, ma hanno identificato i geni responsabili di alcuni problemi d’udito molto rari, della disfunzione temporo-mandibolare, della sindrome di Ménière e del neurinoma acustico. Queste patologie spesso comprendono l’acufene come effetto collaterale e questo indica che ci potrebbe essere un qualche collegamento, ma l’argomento è ancora lontano dall’essere esplorato sufficientemente. Sembra anche che alcune persone “responders”, che hanno avuto un acufene da assunzione di farmaco ototossico, abbiano parenti che abbiano avuto a loro volta lo stesso problema, ad indicare che c’è certamente una predisposizione a sviluppare acufeni in alcune famiglie piuttosto che in altre.

Tipo di suono udito

Spesso l’acufene viene definito “ronzio nelle orecchie”, ma alcune persone percepiscono rumori come:

  • sibili,
  • rombi,
  • fischi,
  • stridori,
  • tintinnii,
  • fruscii,
  • crepitii,
  • interferenze;
  • soffi,
  • pulsazioni.

Sintomi e segni associati

L’acufene è esso stesso un sintomo. In base alla causa a monte che lo ha determinato o favorito, potrebbe essere associato ad altri sintomi e segni, tra cui:

  • rinorrea (naso che cola);
  • ipoacusia;
  • sordità;
  • sensazione di orecchio ovattato;
  • dolore alle tempie;
  • dolore all’orecchio;
  • dolore nella parte centrale del volto, in corrispondenza dei seni paranasali;
  • paralisi facciale;
  • difficoltà visive di varia natura (visione sfocata, visione appannata, visione distorta, perdita della vista…);
  • mal di testa;
  • difficoltà di concentrazione;
  • letargia;
  • ansia;
  • vertigini;
  • amnesie;
  • improvvisi cambi comportamentali;
  • alterazioni neurologiche motorie e/o sensoriali;
  • allucinazioni visive e/o uditive;
  • perdita di coscienza.

La presenza di uno o più di questi sintomi e segni, rilevati dal medico durante l’anamnesi e l’esame obiettivo, lo aiutano nella diagnosi.

Diagnosi

Oltre all’anamnesi ed all’esame obiettivo, il medico può servirsi di vari strumenti per individuare la possibile causa a monte dell’acufene, tra cui:

  • esame del sangue;
  • esame audiometrico;
  • esame impedenziometrico;
  • esame vestibolare;
  • endoscopia;
  • ecografia;
  • radiografia;
  • TC;
  • risonanza magnetica.

Pericoli del fischio nell’orecchio

Raramente l’acufene è sintomo di una condizione grave e nella maggior parte dei casi è fondamentalmente solo una causa di fastidio. In alcuni casi è tuttavia possibile che l’impatto sul quotidiano sia tale da influire su concentrazione e qualità del sonno, fino a diventare una vera e propria causa di depressione; può interferire con la normale vita di relazione e con le altre attività quotidiane e tutto questo fa sì che il malato, specie se è già predisposto, possa scivolare verso uno stato depressivo, ansia, stanchezza e stress. In letteratura si trovano le prove che la maggior parte delle persone affette da acufene non è depressa e nemmeno seriamente disturbata dal sintomo, ma i pazienti che già erano depressi, al contrario, si sentono molto più danneggiati dal problema rispetto ai pazienti non depressi. Nei soggetti predisposti è quindi assolutamente raccomandabile un supporto psicologico.

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Cura e terapia del fischio nell’orecchio

Ad oggi non esiste alcuna cura definitiva per l’acufene, non esiste cioè nessuna bacchetta magica che permetta ai milioni di persone che ne soffrono di non sentire più quel rumore nelle orecchie e nella testa, ma tendenzialmente il sintomo cronico in molti casi tende a migliorare nel tempo perché il cervello ha la capacità di abituarsi ad esso e ciò permette al paziente di farci caso il meno possivile. In alcuni casi di acufene si può guarire, soprattutto quando sia possibile individuare esattamente la causa scatenante e sia possibile curarla. Ad esempio alcune persone producono cerume in eccesso che impedisce ai rumori provenienti dall’esterno di penetrare nell’orecchio: quando il cerume o un qualsiasi oggetto esterno (come un capello) toccano il padiglione auricolare può prodursi come risultato l’acufene. Facendo rimuovere il cerume dal medico o dall’otorino, si rimuove anche la causa che provoca il disturbo. Purtroppo a volte, anche quando la causa scatenante è chiara e viene curata bene (ad esempio se la causa è una infezione), il danno alle strutture nervose può essere irreparabile e l’acufene può permanere per il resto della vita. Alcuni farmaci ototossici possono ad esempio determinare un danno alle cellule ciliate dell’orecchio interno o al nervo acustico: tale danno è quasi sempre irreversibile e può scatenare acufeni, ipoacusia o sordità che permangono nonostante il farmaco non sia più assunto. In alcuni casi, se il farmaco ototossico viene sospeso in tempi rapidi, i problemi protebbero essere solo temporanei. Alcune persone con gravi problemi di udito hanno sperimentato che un impianto cocleare li aiuta a sentire il mondo intorno a loro e questo in parte rende l’acufene nella loro testa meno fastidioso. Purtroppo ad oggi, è sconfortante per i pazienti sapere che non esiste una cura definitiva all’acufene cronico e che dovranno averle per il resto della loro vita, anche se esistono metodi per alleviare il disturbo.

Stile di vita

Anche se spesso si tende a sottovalutare l’impatto di un corretto stile di vita, sono numerose le testimonianze di pazienti che hanno trovato un enorme sollievo correggendo alcuni aspetti come:

  1. Smettere di fumare.
  2. Bere almeno 1.5-2 l di acqua al giorno.
  3. Ridurre drasticamente l’uso del sale e degli alimenti salati (attenzione ai cibi industriali!).
  4. Evitare gli alcolici.
  5. Evitare la caffeina (caffè, cola, bibite energetiche, …).
  6. Evitare pasti troppo ricchi di grassi e piccanti.

Terapie disponibili

Esistono diverse terapie contro l’acufene, ma vi consigliamo comunque di sentire il vostro medico audiologo e/o otorinolaringoiatra per scoprire la migliore terapia nel vostro caso. L’acufene è un disturbo che varia molto da persona a persona, quindi terapie diverse hanno effetti diversi a seconda del paziente. Le terapie dell’acufene, proprio come le cause del disturbo, sono svariate, e ciò che funziona per un paziente potrebbe non funzionare in tutti i casi: se ad esempio la causa di un acufene è una otite o una sinusite, un cortisonico unito ad un antibiotico e aerosol potrebbero risolvere il problema, mentre in caso di otosclerosi o di tumore cerebrale, potrebbe essere necessaria la chirurgia (rispettivamente stapedotomia e rimozione chirurgia del tumore, in lacuni casi associata a radioterapia e chemioterapia). Qui di seguito una serie di terapie e di palliativi utili quando l’acufene persista a lungo, con l’obiettivo – più che di eliminarlo del tutto – di renderlo più sopportabile al paziente.

Mascheratori e generatori di rumore

I mascheratori e i generatori di rumore sono per molti versi simili, il protocollo di entrambe le terapie introduce rumori estranei nella vita del paziente. I mascheratori spesso rappresentano una valida opzione per gestire l’acufene, perché il loro scopo è quello di alleviare immediatamente la percezione del disturbo. Gli ausili per l’udito, gli apparecchi combinati e diversi tipi di generatori di suoni possono realizzare un mascheramento totale o parziale. Nello specifico i mascheratori posti all’interno dell’orecchio emettono rumori che coprono parzialmente o totalmente l’acufene. Generalmente vengono impostati per emettere un rumore ad alta frequenza.

Emettendo un rumore poco intenso i generatori di rumore permettono a chi soffre di acufene di continuare a udirlo. L’intenzione è quella di permettere al paziente di abituarsi all’acufene, mescolando il rumore prodotto dall’acufene con quello emesso dal generatore di rumore. Questi apparecchi spesso sono usati insieme a quello che viene definito counseling direttivo. Lo scopo dell’unione di queste due terapie è quello di riabituare il cervello ed aiutare il paziente ad abituarsi al rumore dell’acufene fino quasi a non sentirlo più.

Mentre il mascheramento di solito è efficace fin da subito, i generatori di rumore impiegano più tempo ad alleviare il disturbo in maniera significativa e misurabile: il periodo può variare da alcuni mesi fino a uno, a volte due, anni.

L’inibizione residua è la scomparsa temporanea dell’acufene nel momento in cui viene spento il mascheratore. A volte, dopo aver acceso il mascheratore, averlo indossato per pochissimo tempo e averlo spento, si può scoprire che l’acufene si è molto ridotto oppure è scomparso totalmente. Il lasso di tempo in cui l’acufene può scomparire dopo il mascheramento può variare da alcuni minuti ad alcuni giorni. Le persone che sperimentano l’inibizione residua devono avere un acufene che può essere mascherato, cioè il mascheramento deve essere una terapia valida per il vostro acufene.

Farmaci

In commercio non esiste alcun farmaco specifico per curare un acufene divenuto ormai cronico, tuttavia ci sono diversi farmaci che hanno alleviato l’acufene nel caso di molti pazienti, soprattutto quelli che hanno sviluppato depressione ed idee ossessive rispetto all’acufene, come gli ansiolitici (ad esempio le benzodiazepine come il diazepam) o gli antidepressivi (come gli SSRI). Ovviamente ci sono delle precauzioni da osservare quando li si usa, ad esempio alcuni farmaci che alleviano l’acufene possono causare dipendenza e dovrebbero essere usati solo sotto supervisione di un medico specializzato, senza considerare che alcuni farmaci usati per elevare la qualità della vita del paziente con acufene, come alcuni antidepressivi, sono potenzialmente ototossici, quindi potrebbero paradossalmente aumentare l’acufene, inoltre – in alcuni casi e soprattutto nei primi mesi di trattamento – potrebbero paradossalmente peggiorare la depressione e innescare idee suicidarie nella persona.

Psicoterapia

La psicoterapia cognitivo comportamentale è un approccio che ha dimostrato di permettere grandi risultati in pazienti affetti da ansia e depressione; è basato sull’idea che i pensieri del paziente influiscano in modo determinante sui modi in cui poi agisce e percepisce le emozioni e di conseguenza sull’acufene, dal momento che quest’ultimo viene generalmente avvertito quando lo stress è più elevato. Questa tecnica può essere efficacemente applicata anche allo stress e all’ansia connessi alla percezione dell’acufene; ad esempio, se conoscenze del paziente su questo fenomeno sono limitate, è molto probabile che possa diventare ansioso e stressato, emozioni in grado di peggiorare l’entità del sintomo (o almeno di come viene percepito). Cambiare il modo di pensare al disturbo può contribuire a ridurre l’ansia e consentire di accettare più facilmente il rumore, che nel tempo diventerà così meno evidente e invasivo.

Altre terapie

Se avete delle domande su una cura naturale potete consultare un medico naturopata della vostra zona per avere ulteriori informazioni, è comunque consigliabile mantenere un sano scetticismo nei confronti di tutti i prodotti che pretendono di curare l’acufene al 100%, soprattutto se cronico e correlato a danno nervoso. Da un altro punto di vista, se davvero c’è qualcosa che non fa male e può migliorare la qualità della vita o il benessere generale, vale la pena di parlarne con il vostro medico e magari di provarlo, sperando anche nell’effetto placebo. Da un punto di vista scientifico non ci sono inoltre evidenze chiare che integratori multivitaminici e prodotti simili possano condurre a miglioramenti. Ancora controverso l’uso di agopuntura e di ipnosi per curare l’acufene.

Prevenzione del fischio nell’orecchio

Per prevenire gli acufeni la strategia più importante è proteggere il proprio udito, sia in ambito ricreativo che professionale: indossare i tappi per le orecchie o le cuffie, limitare il periodo di tempo trascorso nell’ambiente rumoroso e attenzioni simili possono davvero fare la differenza sia in termini di prevenzione che riduzione del rischio di peggioramento del disturbo. Anche il rumore durante il tempo libero può avere ripercussioni sul vostro udito. La prossima volta che vi ritrovate nel bel mezzo di un rumore che vi dà fastidio (per esempio durante un evento sportivo, un concerto o mentre siete a caccia) indossate una protezione per le vostre orecchie, che può ridurre il rumore da 15 a 20 decibel. Per le situazioni in cui il rumore è davvero eccessivo, potrebbe essere necessario indossare le cuffie sopra i tappi per le orecchie. Fate attenzione anche alle altre attività che provocano rumori forti, come asciugarvi i capelli o usare il tosaerba. Ricordatevi di proteggervi le orecchie: lasciate le cuffie appese alle maniglie del tosaerba, oppure tenete i tappi per le orecchie in bagno vicino al phon. L’esposizione ripetuta ai rumori forti può avere un effetto complessivo dannoso per il vostro udito.

Cosa può far peggiorare il fischio nell’orecchio?

L’esposizione ai rumori forti, come già detto in precedenza, può avere un effetto negativo sul vostro udito e far peggiorare l’acufene. Fate attenzione a proteggervi con tappi per le orecchie o cuffie, oppure evitando di partecipare a eventi particolarmente rumorosi. Anche alcuni farmaci possono far peggiorare l’acufene. Comunicate al vostro medico di famiglia (e non solo al vostro otorino) tutti i farmaci con e senza obbligo di ricetta che state assumendo o avete assunto di recente. Molte persone trovano che l’alcool, la nicotina e la caffeina, come pure alcuni alimenti, possono far peggiorare l’acufene. Altri, invece, trovano che gli alimenti con un alto contenuto di zucchero o con una quantità qualsiasi di chinino (acqua tonica) possono far sembrare più forte l’acufene. Controllate la vostra risposta a diversi stimoli e trovate un giusto compromesso: evitate di eliminare tutti gli alimenti che vi piacciono, ma anche di far peggiorare l’acufene senza un buon motivo. Da ultimo ricordiamo che anche lo stress e la fatica possono avere ripercussioni sull’acufene. Fate delle pause per rilassarvi, ricordate che gli eventi della vita possono manifestarsi nel vostro organismo sotto forma di peggioramento dell’acufene.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Quando il bambino inizia a sentire e vedere nella pancia della madre?

MEDICINA ONLINE VAGINA DONNA BACIO SESSULITA GRAVIDANZA INCINTA SESSO COPPIA AMORE TRISTE GAY OMOSESSUAANSIA DA PRESTAZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE FRIGIDA PAURA FOBIA TRADIMENTOGià nelle prime settimane gravidanza cominciano a svilupparsi gli organi di senso del bambino (o meglio del “feto”) – quelli per vista, udito, olfatto, gusto e tatto – anche se completeranno lo sviluppo e funzioneranno a pieno solo più avanti. Vediamo allora quando e come si sviluppano i vari organi di senso.

Il tatto

Dopo le 12 settimane il feto comincia a possedere i “sensori” per sentire le carezze dei genitori: il primo dei cinque sensi a svilupparsi è proprio il tatto; tuttavia perché le sollecitazioni tattili siano realmente percepite dal bambino, è necessario che maturino anche le vie nervose, che hanno il compito di trasportare gli stimoli al cervello: il loro sviluppo inizia sin dalle prime settimane, ma per la completa maturazione bisognerà aspettare la 30esima settimana, momento in cui il piccolo sarà capace di provare la sensazione tattile.

L’udito

Già a 30 settimane il feto può sentire la voce di mamma e papà. Le percezioni uditive vere e proprie sono legate allo sviluppo dell’orecchio medio, che inizia nel secondo mese di gravidanza ma giunge a maturazione solo nell’ottavo. Si può dire che l’udito del bambino sia quasi normale intorno alla 35ma settimana, ma già diverse settimane prima è in grado di reagire ad alcuni stimoli sonori come la voce della madre: sin da 28-30 settimane è importante cominciare a parlare al bambino, così ha tutto il tempo per memorizzare i suoni a lui cari e riconoscerli dopo la nascita; al tempo stesso, è bene evitare di esporre il feto a stimoli sonori troppo intensi, perché il piccolo ne sarebbe disturbato.

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Il gusto e l’olfatto

Le papille gustative sulla lingua cominciano a formarsi intorno alle 8 settimane, e continuano il loro sviluppo fino alla nascita. Anche i recettori dell’olfatto iniziano a svilupparsi presto, intorno alle 8-9 settimane, quando cominciano a formarsi i nervi e i bulbi olfattivi, tuttavia non sappiamo esattamente quando tutti questi recettori comincino effettivamente a funzionare, e quindi da che epoca precisa il bambino percepisca i sapori e gli odori, probabilmente tutto ciò avviene in qualche momento nel secondo trimestre. Quello che è sicuro è che il regime alimentare della mamma influisce sulla composizione del liquido amniotico, nel quale passano le molecole aromatiche dei cibi, di conseguenza inalando e deglutendo il liquido, un po’ per volta il feto impara a conoscere gli odori e i sapori della cultura alimentare materna, che dopo la nascita ritroverà nel latte prima e nei cibi che assumerà con lo svezzamento poi.

La vista

La vista è l’ultimo senso a svilupparsi: le palpebre infatti restano chiuse fino alla 26esima settimana, per consentire il corretto sviluppo della retina. Dopo quest’epoca, il feto riesce a percepire la luce che filtra attraverso il pancione, soprattutto se viene esposto a una fonte di luce intensa come quando si sta al sole con la pancia scoperta; in effetti, l’utero non è un ambiente buio come si potrebbe credere, ma attraverso la pelle la luce filtra, sia pure poco intensamente. Intorno alle 30 settimane, inoltre, le pupille sono in grado di restringersi o dilatarsi a seconda dell’intensità della luce, mentre se il pancione viene esposto ad un fascio luminoso, il bebè gira istintivamente la testa dall’altro lato e le pulsazioni cardiache tendono ad aumentare. La vista del bambino, insomma, si sviluppa già nel pancione, anche se ci vorrà ancora qualche mese dopo la nascita perché i centri nervosi dell’occhio giungano a maturazione e il piccolo riesca a mettere a fuoco perfettamente le immagini. Il bimbo con pochi giorni di vita è comunque in grado di riconoscere grossolanamente i contorni del volto della mamma a circa 20 centimetri di distanza, dato non casuale visto che 20 centimetri è proprio la distanza alla quale si trova mentre assume il latte dal seno materno.

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Conflitto neuro vascolare, VIII nervo cranico e fischi nell’orecchio

MEDICINA ONLINE ORECCHIO OTORINO CONDOTTO COCLEA CELLULE CILIATE TIMPANO OSSICINI MARTELLO INCUDINE STAFFA LABIRINTITE OTOLITI ACUFENE FISCHIO UDIRE SENSO ESTERNO MEDIO INTERNOIl conflitto neuro-vascolare è il contatto tra un nervo cranico ed una struttura vascolare (arteriosa o venosa). Questo contatto può essere causa di vari disturbi quali emi-spasmo facciale, nevralgia trigeminale, disfagia e disfonia, acufene o tinnitus.

Il tinnitus o tinnito, è la sensazione fastidiosa di ronzio alle orecchie recepito come rumore talvolta pulsante, fischio, tintinnio, fruscio.È dovuto a una stimolazione anomala dei recettori sensoriali uditivi e può comparire assieme a disturbi del condotto uditivo (cerume, otite), otosclerosi, oppure con malattie dell’orecchio interno, del nervo uditivo, dei centri uditivi oppure associata a ipotensione o ipertensione.

Solitamente ad essere coinvolto è il circolo vertebro-basilare per la sua posizione di contiguità con il tronco dell’encefalo, struttura dalla quale emergono tutti i nervi cranici.
In caso di conflitto neuro-vascolare, il vaso coinvolto presenta progressive alterazioni della mielina che riveste il nervo, così che a livello delle fibre nervose si crea un contatto diretto e quindi patologico, con il vaso suddetto. Ciò comporta un’alterazione della conduzione dello stimolo nervoso che si manifesta con uno o più dei sintomi sopra rammentati.

Nel caso specifico di acufene o tinnitus da conflitto neuro-vascolare, il nervo cranico interessato è l’VIII o stato-acustico. Solitamente con una indagine di risonanza magnetica ad elevato campo (almeno 1.5 Tesla) e sequenze dedicate a strato sottile nella regione di interesse è possibile documentare la presenza di una dolico-ectasia dell’arteria basilare che contatta la superficie anteriore del ponte di Varolio, ovvero la presenza di “loop” delle arterie cerebellari che giungono in contatto diretto con il nervo stato-acustico a livello della cisterna liquorale cerebello-pontina.
In caso di interessamento dell’VIII nervo cranico, oltre all’acufene è possibile in alcuni casi evidenziare una ipo-acusia o iper-acusia e vertigini.

Trattamento:

Nel caso oggetto dell’argomento trattato ovvero il tinnitus da conflitto neuro-vascolare, le opzioni terapeutiche vanno valutate nello specifico caso e da paziente a paziente. Esistono possibilità di trattamento farmacologico (di competenza neurologica), tecniche di mascheramento ovvero di stimolazione sonora (di competenza otorino/audiologica), e nei casi più gravi e refrattari è possibile ricorrere alla opzione microchirurgica (di competenza neurochirurgica).

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Stappare le orecchie da acqua, cerume, catarro e pressione con rimedi casalinghi

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Le orecchie devono essere pulite regolarmente per evitare infezioni o diminuzioni dell’udito causate da un eccessivo accumulo di cerume, il cosiddetto tappo. Il cerume non è l’unico elemento che può infastidire il nostro padiglione uditivo: acqua, catarro, altitudini e cambiamenti repentini di pressione possono otturare le orecchie. Nella presente guida spiegheremo come stappare le orecchie dal cerume, dall’acqua, dal catarro e dagli altri elementi di fastidio; inoltre vedremo come mantenere una corretta igiene del padiglione uditivo.

Come pulire l’interno delle orecchie

C’è un vecchio detto medico che suggerisce di non infilare niente nel foro delle orecchie. Questo è vero solo a metà perché con un po’ di cautela o con appositi prodotti, è possibile pulire sia in profondità che intorno all’orecchio. Inserire nell’orecchio oggetti non adeguati significa irritare il canale uditivo, causare infezione o addirittura perforare il timpano. Pulire correttamente le orecchie può essere una procedura che se rientra nella vostra routine, non genererà alcun fastidio e soprattutto non vi costringerà a dover stappare le orecchie.

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Come stappare le orecchie dal cerume

Una cattiva igiene protratta nel tempo causa la formazione del cosiddetto tappo di cerume. Per stappare le orecchie da quel fastidioso cerume, in farmacia sono disponibili appositi prodotti; solitamente si tratta di confezioni spray o siringhe. Vi sono anche dei liquidi che vanno mescolati all’acqua ossigenata.

Se acquistate uno spray, vi basterà avvicinarlo al foro dell’orecchio e applicare pressione sull’apposito pulsante, idem per le siringhe pronte all’uso. Le siringhe anti cerume sono molto pratiche da usare: si caricano con soluzioni di acqua e acqua ossigenata o soluzioni saline. Tranquilli si tratta di siringhe prive di ago e munite di un beccuccio particolare adatto a entrare nella cavità dell’orecchio. Questi prodotti si possono comprare in farmacia.

Per stappare le orecchie in modo del tutto autonomo, senza ricorrere all’utilizzo di appositi prodotti, è possibile utilizzare della semplice acqua ossigenata concentrata al 3 o 4%. L’acqua ossigenata non manca in nessuna casa. In alternativa potete usare una semplice soluzione salina (per esempio, una soluzione salina fisiologica concentrata allo 0,9%). Per immettere la soluzione nell’orecchio, anche in questo caso potete farvi aiutare da una siringa priva di ago o dal classico pulitore a pressione. Riempite la siringa con il liquido, inclinate il capo all’indietro e di lato rivolgendo l’orecchio verso l’alto. Inserite con cautela l’estremità della siringa nell’orecchio e spruzzare qualche goccia. A questo punto, poggiate un batuffolo di cotone sull’orecchio in modo da consentire al liquido di defluire. Non spingete il batuffolo nell’orecchio.

Per una formazione eccessiva di cerume, potrebbe essere necessario ripetere la procedura anche due volte al giorno per quattro o cinque giorni, fino a rimuovere l’intero tappo. Notare bene, se non vi è alcun tappo di cerume, la tecnica con il perossido di idrogeno (acqua ossigenata), non deve essere utilizzata più di due volte a settimana perché l’acqua ossigenata potrebbe seccare il canale uditivo. Il perossido di idrogeno non va usato se si ha un timpano perforato. Per mantenere una corretta igiene delle orecchie, molti otorinolaringoiatri, sconsigliano l’utilizzo di cotton fioc. Piuttosto promuovono l’utilizzo dell’estremità di un panno umido per l’avare la parte più esterna della cavità dell’orecchio. In ogni caso, spesso basta sciacquare le orecchie durante la doccia.

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Come stappare le orecchie dall’acqua

L’acqua nelle orecchie può essere molto fastidiosa ma ci sono alcuni rimedi che possiamo attuare per sbarazzarcene. La prima ovvietà da provare è inclinare il capo da un lato e lasciare agire la forza di gravità che dovrebbe far fluire via l’acqua. Inclinate il capo da un lato e, assicurandovi che l’orecchio sia parallelo al pavimento, esercitate pressione con la mano, per qualche secondo, sul dotto uditivo. Rilasciate e consentite all’acqua di uscire. Sbadigliare e masticare sono due rimedi utili sia all’acqua nelle orecchie sia se percepite le “orecchie otturate dalla pressione“. Quando masticate e quando sbadigliate muovete mascella e mandibola che vanno ad agire direttamente sull’orecchio medio consentendone la decongestione. Altro rimedio casalingo per stappare le orecchie dall’acqua consiste nello stendersi sul fianco per una decina di minuti. Per stappare le orecchie dall’acqua vedi l’esercizio del paragrafo successivo dedicato alle variazioni di pressione.

Come stappare le orecchie otturate dalla pressione

Dopo un tuffo in mare possiamo percepire la sensazione delle orecchie otturate. Per risolvere questo fastidio, un sub vi consiglierebbe di “compensare la variazione di pressione”, in che modo? Dovreste otturarvi il naso con le dita e spingere l’aria come se volesse farla uscire dalle orecchie. Se il fastidio non si toglie, vuol dire che all’interno del dotto uditivo è penetrata dell’acqua. In tal caso vi consigliamo il seguente esercizio.
L’esercizio andrà fatto con il braccio presente sullo stesso lato dell’orecchio otturato: contraete il braccio e fate dei movimenti di contrazione tendendo il braccio all’infuori.

Come stappare le orecchie dal catarro

In questo caso, per liberare le orecchie bisognerà curare il raffreddore. Curando l’influenza tutti i sintomi a essa connessi scompariranno. Per favorire il benessere delle orecchie e far regredire il sintomo potete seguire questi accorgimenti:

  • Bevete molti liquidi caldi (latte caldo, tè caldo, camomilla, brodo…)
  • Fate il pieno di vitamina C e ferro.
  • Evitate gli sbalzi termici che possono far aumentare la produzione di muco.
  • Decongestionate il naso con soluzione saline o con rimedi naturali (acqua, sale diluito allo 0,9% e olio essenziale di eucalipto).
  • Olio essenziale di eucalipto per stappare le orecchie.

L’olio essenziale di eucalipto ha proprietà decongestionanti: è perfetto da aggiungere alle soluzioni acquose o saline impiegate nelle siringhe o negli applicatori a pressione. I principi attivi dell’olio essenziale di eucalipto svolgono una potente azione mucolitica, espettorante e decongestionante, sono accompagnati dai monoterpeni, sostanze ad azione antispasmodica e balsamica. Grazie a queste proprietà l’olio essenziale di eucalipto è molto utile in caso di affezioni delle vie respiratorie, di naso congestionato o orecchie otturate. Per maggiori informazioni su questo rimedio naturale vi rimandiamo alla pagina dedicata alle proprietà dell’Olio essenziale di eucalipto. Se nessuno di questi rimedi per stappare le orecchie funziona, non esistate a rivolgervi a un otorino.

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Problemi all’orecchio e perdita dell’udito: cause, sintomi e cure

MEDICINA ONLINE ORECCHIO OTORINO CONDOTTO COCLEA CELLULE CILIATE TIMPANO OSSICINI MARTELLO INCUDINE STAFFA LABIRINTITE OTOLITI ACUFENE FISCHIO UDIRE SENSO ESTERNO MEDIO INTERNOÈ frustrante perdere la capacità di sentire abbastanza bene per godere di una serata in compagnia di amici o familiari, ma purtroppo i disturbi o addirittura la perdita dell’udito sono problemi che diventano sempre più frequenti. Le cause più comuni di perdita parziale o totale di udito, sono:

  • disturbi ereditari,
  • malattie infettive come otiti e meningiti,
  • traumi,
  • farmaci,
  • l’esposizione prolungata a suoni e rumori molto forti,
  • l’età.

Distinguiamo due casi principali di perdita dell’udito:

  • danni all’orecchio interno o al nervo uditivo, che si tratta in genere di condizioni permanenti,
  • impedimenti fisici per le onde sonore, che non riescono più a raggiungere l’orecchio interno (accumulo di cerume, fluidi o altro).

Se non trattati i problemi di udito possono peggiorare ed è quindi importante non sottovalutarli e rivolgersi con fiducia al medico (o all’otorinolaringoiatra, lo specialista che se ne occupa). I possibili trattamenti includono apparecchi acustici, impianti cocleari, alcuni medicinali e la chirurgia.

Anatomia e percezione dei suoni

Le nostre orecchie sono organi molto specializzati che ci permettono ti sentire e di mantenere l’equilibrio.

Ogni orecchio ha tre sezioni:

  • L’orecchio esterno, che include il padiglione ed il canale auricolare. Il canale auricolare porta dentro l’orecchio verso il timpano, o la membrana timpanica.
  • L’orecchio medio è formato da tre piccole ossa conosciute come ossicini.
  • L’orecchio interno.

La cartilagine, ricoperta da pelle, forma il padiglione auricolare. A differenza delle ossa la cartilagine dell’orecchio può continuare a crescere durante la vita, il che spiega perché le persone più anziane di solito hanno orecchie più grandi rispetto ai giovani. Il padiglione auricolare funziona come una parabola satellitare che raccoglie le onde sonore (suoni), che sono vibrazioni nell’aria.

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Come facciamo a sentire suoni e rumori?

L’udito dipende da una serie di eventi che trasformano le onde sonore presenti nell’aria in segnali elettrici, dopodiché il nervo uditivo si occupa di trasportare questi segnali fino al cervello attraverso un’ulteriore serie complessa di passaggi:

  1. Le onde sonore entrano nell’orecchio esterno e attraversano un passaggio stretto chiamato canale uditivo, che porta al timpano.
  2. Il timpano vibra a seguito della stimolazione delle onde sonore in arrivo e invia queste vibrazioni a tre minuscoli ossicini presenti nell’orecchio medio. Queste piccole ossa sono chiamate martello (malleus), incudine (incus) e staffa (stapes) e fungono – semplificando – da trasformatori delle onde sonore in vibrazioni del fluido presente della coclea, una sorta di camera a forma di guscio di chiocciola piena di liquido.
  3. Grazie all’azione di leva degli ossicini i movimenti vengono amplificati e trasmessi all’orecchio interno in tutta la sofisticata ricchezza dei suoni, da quelli singoli a quelli di un’intera orchestra.
  4. Le vibrazioni del fluido vengono captate da cellule ciliate, che attraverso un complesso meccanismo generano segnali nervosi (elettrici).
  5. I segnali elettrici vengono trasmessi dal nervo acustico fino al cervello.
  6. Il cervello è infine in grado di trasformare il segnale elettrico in un suono che riconosciamo e comprendiamo.

La presenza di due orecchie, in cui ovviamente il procedimento visto si ripete, e la particolare conformazione del padiglione esterno, permettono di distinguere l’origine del suono, in base alla differenza del segnale ricevuto in termini di tempo e intensità.

Un’altra parte dell’orecchio interno è responsabile dell’equilibrio. L’ottavo nervo ha anche la funzione di portare le informazioni alla parte del cervello che è responsabile dell’equilibrio. Questo spiega perché a volte i problemi all’udito e i problemi di equilibrio spesso si verificano assieme.

Cause

Perdita dell’udito a causa dell’età

La perdita dell’udito legata all’età si verifica gradualmente nella maggior parte delle persone con l’invecchiamento ed è di fatto una delle condizioni più comuni che colpiscono adulti anziani e anziani. Statistiche americane stimano una qualche perdita in un soggetto su tre nella fascia di età 65-74 e oltre la metà dopo i 75 anni; questo è di fatto un problema più serio di quanto possa sembrare, perché in grado di influire su ogni aspetto del quotidiano, dal capire e seguire un consiglio medico, al sentire telefoni, campanelli e allarmi antincendio. La perdita di udito può anche rendere difficile divertirsi, parlare con famiglia e amici, causando quindi sentimenti di isolamento. Il disturbo si verifica nella maggior parte dei casi in modo uguale su entrambe le orecchie e, poiché la perdita è graduale, spesso non ci si rende conto della progressiva perdita di udito. La maggior parte delle persone anziane che vanno incontro a diminuzione dell’udito hanno una combinazione di fattori legati all’età e all’esposizione al rumore.

Le cause organiche sono numerose, ma tra tutte ricordiamo:

  • cambiamenti nell’orecchio interno dovuti all’invecchiamento,
  • cambiamenti nell’orecchio medio,
  • cambiamenti lungo i percorsi nervosi dall’orecchio al cervello.

In alcun casi anche altre patologie concomitanti e farmaci possono purtroppo influire; per esempio la pressione alta o il diabete possono contribuire alla perdita dell’udito, così come alcuni chemioterapici.

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Perdita dell’udito a causa del rumore

Può essere difficile distinguere la perdita uditiva legata all’età dalla perdita dell’udito che può verificarsi per altri motivi, come l’esposizione a lungo termine al rumore; danni legati all’esposizione a rumori troppo forti possono verificarsi sia per esposizioni brevi che più prolungate, a causa di alterazioni che si verificano a livello delle delicate strutture sensoriali dell’orecchio. Può essere immediata o comparire nel tempo, può essere permanente o temporanea, può colpire entrambe le orecchie o solo una. Si tratta un rischio cui sono esposti soggetti di tutte le età e, purtroppo, è sempre più comune riscontrare difetti uditivi in bambini e adolescenti a causa dell’uso sconsiderato di auricolari per l’ascolto di musica ad altissimo volume. Suoni inferiori ai 75 decibel, anche dopo una lunga esposizione, non sono associati al rischio di perdite uditive, mentre un’esposizione lunga o ripetuta a suoni al di sopra degli 85 decibel può causare la perdita dell’udito. Più forte è il suono, minore è il tempo necessario perchè questo accada.

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Sintomi

Il sintomo più comune di perdita dell’udito è ovviamente quando un paziente affetto non può sentire cosa viene detto. Il suono può essere attutito, ovattato ed il paziente può non essere in grado di sentire la differenza tra i suoni. Poiché sia il danno causato dall’esposizione al rumore che la perdita dovuta all’età avvengono in modo generalmente graduale, spesso il paziente non si accorge della progressiva perdita finchè l’entità non è particolarmente severa. L’ipoacusia viene notata prima nei luoghi rumorosi e quando il paziente non può vedere le labbra della persona che sta provando ad ascoltare, per esempio parlando al telefono. Nel tempo i suoni possono diventare distorti o alterati e potrebbe risultare difficile capire altre persone quando parlano, oppure si rende necessario alzare significativamente il volume del televisore. Nel caso di perdita causata da rumori estremamente forti, come spari o esplosioni, che possono provocare la rottura del timpano o delle ossa nell’orecchio medio, la comparsa del segno è immediata e permanente. Un’esposizione eccessiva (per entità e/o durata) può anche causare la comparsa di acufene, ossia un suono, un ronzio o un fischio percepito solo dal paziente. Perdita di udito e acufene possono verificarsi in una o entrambe le orecchie.

A volte un’esposizione a rumori molto forti, come durante un concerto, possono provocare una perdita uditiva temporanea che scompare da 16 a 48 ore più tardi; recenti studi suggeriscono, tuttavia, che anche se la perdita dell’udito sembra scomparire, potrebbe esserci comunque un danno residuo a lungo termine. L’ipoacusia può anche essere accompagnata da vertigini, specialmente in caso di sindrome di Ménière. Questa malattia coinvolge l’orecchio interno e causando una varietà di sintomi come forti capogiri, rumore nelle orecchie, ipoacusia fluttuante e sensazione di pressione o dolore all’orecchio.

Diagnosi

I problemi di udito sono un disturbo serio, che non deve essere sottovalutato; in caso di dubbi è quindi consigliabile rivolgersi immediatamente a un otorinolaringoiatra per una verifica. La diagnosi di perdita dell’udito e delle sue cause inizia con una dettagliata anamnesi ed un esame fisico: l’esame può includere un’ispezione dettagliata dell’orecchio con l’uso di strumenti speciali, come l’otoscopio o anche con microscopi speciali. È indicato eseguire dei test auditivi per determinare l’entità della perdita di udito. Possono essere effettuate TAC e risonanza magnetica del cervello per escludere la possibilità di fratture o tumori.

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Cura e terapia

L’approccio terapeutico dipende dalla causa e dalla gravità dei sintomi:

  • le infezioni possono essere trattate con antibiotici,
  • le membrane timpaniche perforate e la rigidità degli ossicini possono essere riparati con la chirurgia,
  • i condotti uditivi otturati possono essere riaperti o puliti ambulatorialmente.

Nel caso di riduzione dell’udito da esposizione al rumore o da età si ricorre in genere all’utilizzo di apparecchi acustici, che possono servire a rendere i suoni più alti e a isolare i rumori di sottofondo. Alcuni dispositivi sono così piccoli da poter essere inseriti nel canale uditivo esterno e risultare così invisibili. Infine ricordiamo che riuscire a leggere le labbra può aiutare significativamente a migliorare la comprensione del parlato.

Prevenzione

La perdita dell’udito da esposizione al rumore è l’unico disturbo dell’udito che possa essere efficacemente prevenuto, evitando l’esposizione o indossando apposite protezioni (come tappi per le orecchie o cuffie isolanti.

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