Gli incendi rappresentano una importante causa di lesioni, morti e danni economici. Ogni anno, negli Stati Uniti, si verificano tra i 15 ed i 25 milioni di incendi che provocano circa 25000 feriti, 5000 morti e danni economici per una cifra che oscilla tra i 7 ed i 9 miliardi di dollari. I danni indotti dall’inalazione di fumo determinano un drammatico peggioramento della mortalità dei pazienti ustionati: in questi casi i danni derivati dall’inalazione di fumo si sommano a quelli da ustione, con conseguenze spesso letali. Questo articolo è dedicato alle terapie delle ustioni, con particolare riferimento ai danni polmonari e sistemici in soggetti ustionati che abbiano inalato fumo, mentre le lesioni dermatologiche verranno approfondite in altra sede.
Obiettivi della terapia
Gli obiettivi dell’assistenza respiratoria nei pazienti ustionati consistono nel garantire:
- la pervietà delle vie aeree,
- una efficace ventilazione,
- una adeguata ossigenazione,
- il mantenimento dell’equilibrio acido-base,
- il mantenimento della stabilità cardiovascolare,
- il pronto trattamento delle infezioni.
In alcuni casi l’esecuzione di una escarotomia è indispensabile per evitare che l’eventuale tessuto cicatriziale toracico impedisca il movimento del torace.
Gli obiettivi del trattamento dell’ustione cutanea consistono in:
- asportazione della cute non vitale,
- applicazione di bendaggi medicati con antibiotici topici,
- chiusura della ferita con sostituti cutanei temporanei ed il trapianto, sull’area ustionata, di cute proveniente da aree sane o di campioni clonati,
- ridurre la perdita di fluidi ed il rischio di infezioni.
Al soggetto devono essere somministrate quantità caloriche superiori a quelle basali, in modo da facilitare la riparazione delle ferite ed evitare il catapolismo.
Trattamento
I soggetti ustionati con lesioni minori a carico delle vie aeree superiori, o con segni di ostruzione respiratoria o, comunque, di interessamento polmonare, vanno sorvegliati strettamente. È necessario erogare un supplemento di ossigeno, attraverso una cannula nasale, e far assumere al paziente la posizione alta di Fowler, in modo da ridurre il lavoro respiratorio. Il broncospasmo va trattato con β-agonisti in aerosol (come orciprenalina o albuterolo).
Se si prevede una ostruzione delle vie aeree, si deve garantirne la pervietà con una cannula endotracheale di calibro appropriato. In genere, non si raccomanda di praticare una tracheostomia precoce nei soggetti ustionati, perché questa procedura si associa ad una maggiore incidenza di infezioni e ad un aumento della mortalità, anche se può rendersi necessaria per l’assistenza respiratoria a lungo termine. Si è osservato che una intubazione precoce può precipitare un edema polmonare transitorio in alcuni pazienti con lesioni da inalazione. L’applicazione di una pressione positiva continua di 5 o 10 cm H2O (CPAP) può contribuire a ridurre al minimo l’edema polmonare precoce, preservare il volume polmonare, sostenere le vie aeree edematose, ottimizzare il rapporto ventilazione/perfusione e ridurre la mortalità precoce. Non è consigliata la somministrazione di cortisonici per via sistemica per il trattamento dell’edema, in considerazione dell’aumentato rischio di infezioni.
Il trattamento dei pazienti in stato comatoso va rivolto alla grave ipossia ed all’avvelenamento da CO e si basa sulla somministrazione di ossigeno. La dissociazione e l’eliminazione della carbossiemoglobina vengono accelerate dalla somministrazione di supplementi di O2 (vedi tabella qui in alto). I soggetti che abbiano inalato fumo, ma presentino solo un lieve aumento della Hbco (meno del 30%) e conservino una funzione cardiopolmonare normale, vanno preferibilmente trattati con l’erogazione di O2 al 100%, attraverso una maschera facciale perfettamente aderente, del tipo “nonrebreathing” (che non consente di inspirare nuovamente l’aria appena espirata), con un flusso di 15 litri/minuto, mantenendo pieno il serbatoio di riserva. L’ossigenoterapia deve continuare fino a quando i livelli di Hbco non scendano al di sotto del 10%. Una CPAP mediante maschera, con somministrazione di O2 al 100%, può rappresentare una terapia appropriata per pazienti con ipossiemia ingravescente e nessuna o solo lievi lesioni termiche del volto e delle vie aeree superiori. I pazienti con ipossiemia refrattaria o lesioni da inalazione associate a coma o ad instabilità cardiopolmonare richiedono l’intubazione ed una assistenza respiratoria con O2 al 100% e vanno rapidamente indirizzati ad una ossigenoterapia iperbarica. Quest’ultimo trattamento migliora rapidamente il trasporto di ossigeno ed accelera il processo di eliminazione della CO dal sangue (vedi tabella in alto nell’articolo).
I pazienti che sviluppano un edema polmonare precoce, una ARDS, o una polmonite, richiedono spesso un’assistenza respiratoria con pressione teleespiratoria positiva (PEEP), in presenza di un’emogasanalisi indicativa di un’insufficienza respiratoria (PaO2 inferiore a 60 mmHg, e/o PaCO2 superiore a 50 mmHg, con pH inferiore a 7.25). La PEEP è indicata se la PaO2 scende a livelli inferiori a 60 mmHg e la richiesta di FiO2 supera il valore di 0,60. L’assistenza ventilatoria deve spesso essere prolungata, perché i soggetti ustionati hanno in genere un metabolismo accelerato, che rende necessario un aumento del volume respiratorio al minuto, per garantire il mantenimento dell’omeostasi. L’apparecchiatura utilizzata deve essere in grado di erogare un elevato volume/minuto (fino a 50 litri), mantenendo elevate pressioni di picco a livello delle vie aeree (fino a 100 cm H2O) ed un rapporto inspirazione/espirazione (I:E) stabile, anche quando si renda necessario aumentare i valori pressori. Una ipossiemia refrattaria può rispondere ad una ventilazione pressione dipendente, a rapporto invertito.
Una adeguata igiene polmonare è necessaria per mantenere le vie aeree libere dall’espettorato. La fisioterapia respiratoria passiva contribuisce a mobilizzare le secrezioni e a prevenire l’ostruzione delle vie aeree e le atelettasie.
Innesti cutanei recenti non tollerano percussioni e vibrazioni a carico del torace. Per disostruire le vie aeree dall’accumulo di secrezioni addensate può rendersi necessaria l’effettuazione di una fibrobroncoscopia terapeutica.
Uno scrupoloso mantenimento del bilancio idrico è necessario per ridurre al minimo il rischio di shock, di insufficienza renale e di edema polmonare. Il ripristino dell’equilibrio idrico del paziente, utilizzando la formula di Parkland
(4 ml di soluzione isotonica per kg per ogni punto percentuale di superficie cutanea ustionata, per 24 ore) e mantenendo tendenzialmente la diuresi su valori compresi tra 30 e 50 ml/ora e la pressione venosa centrale tra 2 e 6 mmHg, consente di preservare la stabilità emodinamica. Nei pazienti con lesioni da inalazione, la permeabilità capillare aumenta, ed il monitoraggio della pressione arteriosa polmonare costituisce un’utile guida alla reintegrazione di liquidi, in aggiunta al controllo della diuresi. È necessario sorvegliare il quadro elettrolitico e l’equilibrio acido-base.
Lo stato ipermetabolico del paziente ustionato richiede un’attenta analisi dell’equilibrio nutrizionale, finalizzata ad evitare il catabolismo del tessuto muscolare. Per stimare l’intensità del metabolismo di questi pazienti sono state utilizzate formule predittive (come quelle di Harris-Benedict e Curreri). Attualmente, sono disponibili in commercio analizzatori portatili che consentono di effettuare misurazioni seriate di calorimetria indiretta, che si sono dimostrati in grado di fornire stime più accurate delle necessità nutrizionali. Ai pazienti con ustioni estese (superiori al 50% della superficie cutanea), vengono spesso prescritte diete il cui apporto calorico è il 150% del loro consumo energetico a riposo, per facilitare la guarigione delle ferite ed impedire il
catabolismo. Con la guarigione delle ustioni l’apporto nutrizionale viene progressivamente ridotto al 130% del metabolismo basale.
In caso di ustioni circonferenziali del torace, il tessuto cicatriziale può limitare i movimenti della parete toracica. L’escarotomia (asportazione chirurgica della cute ustionata) viene effettuata praticando due incisioni laterali lungo la linea ascellare anteriore, a partire da due centimetri sotto la clavicola fino al nono-decimo spazio intercostale, ed altre due incisioni trasversali tese tra le estremità delle prime, in modo da delimitare un quadrato. Questo intervento dovrebbe migliorare l’elasticità della parete toracica ed impedire l’effetto compressivo della retrazione del tessuto cicatriziale.
Il trattamento dell’ustione comprende l’asportazione della cute non vitale, l’applicazione di bendaggi medicati con antibiotici topici, la chiusura della ferita con sostituti cutanei temporanei ed il trapianto, sull’area ustionata, di cute proveniente da aree sane o di campioni clonati. In questo modo si riduce la perdita di fluidi ed il rischio di infezioni. Le infezioni sono dovute, il più delle volte, allo Staphylococcus aureus coagulasi positivo ed a batteri gram-negativi, come Klebsiella, Enterobacter, Escherichia coli e Pseudomonas. Un’adeguata tecnica di isolamento, la pressurizzazione dell’ambiente, la filtrazione dell’aria, rappresentano i capisaldi della difesa nei confronti delle infezioni. La scelta dell’antibiotico si basa sui risultati di colture seriate effettuate su materiale prelevato dalla ferita, nonché su campioni di sangue, urine ed espettorato. In questi pazienti non andrebbero somministrati antibiotici a scopo profilattico, per la facilità con cui si possono selezionare ceppi resistenti, responsabili di infezioni refrattarie alla terapia.
Nei soggetti che rimangono immobilizzati per periodi prolungati, una profilassi eparinica può contribuire a ridurre il rischio di embolie polmonari, inoltre deve essere fatta particolare attenzione alla prevenzione dello sviluppo di lesioni da decubito.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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