Malattie interstiziali polmonari: terapia, prognosi, mortalità, speranza di vita

MEDICINA ONLINE OSPEDALE MALATO TERMINALE ANAMNESI ESAME OBIETTIVO AGO CANNULA MORTE LUTTO CEREBRALE CLINICAMENTE MORTO LETTO MALATTIA MEDICO AIUTO INFERMIERE SINTOMI DOLORE SEGNI MEDICINALE FARMACOCon “malattia interstiziale polmonare” o “interstiziopatia polmonare” o “pneumopatia infiltrativa diffusa” o “pneumopatia interstiziale” (in inglese “interstitial lung disease” da cui l’acronimo “ILD”, o “diffuse parenchymal lung disease” da cui l’acronimo “DPLD”) in medicina si intende un gruppo di varie condizioni patologiche a diversa eziologia che determinano un quadro anatomopatologico caratterizzato da infiammazione polmonare diffusa, alterazione dell’interstizio polmonare (il tessuto di rivestimento degli alveoli polmonari) e finale fibrosi delle vie aree inferiori, la quale compromette gli scambi gassosi.
Queste patologie sono anche raggruppate sotto il termine di “fibrosi polmonare“, perché la reazione fibrotica parenchimale rappresenta, in ultima analisi, il risultato finale della malattia. Numerose sono le condizioni che esitano nella fibrosi polmonare, alcune delle quali ad eziologia non del tutto nota o sconosciuta, come la sarcoidosi, l’artrite reumatoide e la fibrosi polmonare idiopatica, altre da causa conosciuta, come quelle causate da inalazione di sostanze nocive che comprendono l’asbestosi, la silicosi e le polmoniti da ipersensibilità. Anche farmaci chemioterapici, l’ossigenoterapia e la radioterapia possono essere responsabili della fibrosi polmonare: le malattie polmonari indotte da farmaci sono la causa principale di morbilità e di mortalità nei pazienti neoplastici in trattamento chemioterapico.

Trattamento

Gli eventi che determinano una interstiziopatia iniziano con una lesione polmonare; questa scatena una reazione infiammatoria, che a sua volta esita nella fibrosi polmonare irreversibile, fino allo stadio terminale. Tutte le forme di patologia interstiziale del polmone seguono infatti una chiara catena di eventi:

  1. lesione al parenchima del polmone;
  2. infiammazione;
  3. riparazione disordinata del tessuto interessato;
  4. fibrosi polmonare;
  5. malattia polmonare in stadio terminale.

In un dato paziente, questi stadi possono essere presenti contemporaneamente.

Avendo bene a mente la proghessione che porta all’interstiziopatia polmonare, appare chiaro il fatto che o scopo della terapia – semplificando – sia triplice:

  • curare il danno già in atto, permettendo al paziente di respirare nel miglior modo possibile;
  • curare se possibile la malattia a monte che ha determinato il danno iniziale;
  • prevenire un ulteriore danno parenchimale irreversibile tramite soppressione della risposta infiammatoria.

Essendo il danno finale provocato da numerose patologie diverse, alcune con eziologia nota ed altre con eziologia non chiara (ad esempio la sarcoidosi, con probabile eziologia autoimmune, o del tutto sconosciuta (come la fibrosi polmonare idiopatica), il curare la malattia a monte è un atto che può prendere strade molto diverse.

Il provvedimento più ovvio da attuare nei casi in cui la lesione polmonare è provocata da una sostanza nota è prevenire l’ulteriore esposizione. Per esempio, in un soggetto con patologia polmonare indotta dal busulfano, appare del tutto scontato che si debba sospendere la somministrazione del farmaco; se invece il paziente è affetto da silicosi non dovrebbe essere più esposto alla polvere di silice. Se l’esposizione è professionale, il paziente dovrebbe – in teoria – cambiare mansione o addirittura cambiare lavoro. Questi interventi, bloccando l’esposizione alla sostanza nociva, in molti casi risultano sufficienti e determinano l’arresto dell’evoluzione della malattia: in questo caso il medico potrà dedicarsi al danno polmonare già presente senza il timore che si verifichino altri danni.

Sfortunatamente, un agente eziologico specifico è identificato soltanto in circa un terzo dei pazienti e ciò significa una cosa sola: in quasi il 70% dei pazienti è molto difficile curare in modo specifico la causa a monte dell’interstiziopatia e quindi interrompere la progressione del danno polmonare. Se la fonte della lesione è sconosciuta, oppure non può essere eliminata o ancora se il semplice allontanamento non è sufficiente per evitare la progressione della malattia, la terapia viene rivolta alla soppressione della reazione infiammatoria. Il farmaco più comunemente impiegato a tale scopo è il prednisone. Oltre al corticosteroide, sono impiegati anche farmaci immunosoppressivi, come la ciclofosfamide e l’azatioprina.

La dispnea da sforzo associata ad ipossiemia frequentemente migliora con l’ossigenoterapia. Nelle fasi avanzate della malattia sarà necessario somministrare ossigeno anche a riposo.

Prognosi

La prognosi per i pazienti con patologia interstiziale polmonare è estremamente variabile in base a molti fattori, come:

  • età del paziente;
  • stato di salute generale del paziente;
  • presenza di altre patologie (specie cardiopatie, malattie polmonare, coagulopatie ed obesità);
  • fumo di sigaretta;
  • diagnosi precoce con rapida terapia;
  • possibilità, per il paziente, di cambiare lavoro se il danno polmonare è stato determinato da esposizione professionale a sostanze nocive;
  • malattia a monte che ha determinato il danno polmonare.

Per diverse patologie la spettanza di vita spesso rimane inalterata, in particolare se la terapia viene instaurata prontamente e/o se è possibile eliminare immediatamente l’esposizione alla sostanza nociva: queste comprendono la sarcoidosi, la silicosi, le polmoniti da ipersensibilità e la tossicità da amiodarone. Altre malattie hanno un carattere progressivo e sono difficili da controllare, anche con una terapia aggressiva; queste comprendono la fibrosi polmonare idiopatica, molte malattie polmonari indotte da farmaci e alcune delle pneumopatie associate al collageno vascolare. In questi ultimi casi la speranza di vita è ridotta in modo variabile.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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