Mappa delle zone erogene femminili: scopri i punti che la fanno impazzire

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MAPPA DELLE ZONE EROGENE FEMMINILI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneFreud lo aveva già capito quasi cento anni fa: tutto il nostro corpo è una zona erogena. Ovviamente ci sono zone più sensibili di altre, tuttavia qualsiasi parte del corpo è effettivamente sensibile alla stimolazione erotica, specie se la mente è predisposta! Ma se siete qui è perché volete scoprire le zone che più possono “stuzzicare” il vostro corpo o quello della vostra lei. Per cominciare bisogna farsi la domanda:

Cosa significa “zona erogena”?
Per zona erogena si intende ogni parte con un rivestimento mucoso e che proprio per questo può ricevere un’eccitazione di tipo sessuale. Sono state riconosciute zone del piacere la zona orale, quella anale, quella uro-genitale e i capezzoli. Per poter capire il perché non basta la spiegazione anatomo-fisiologica, ma bisogna capire che si tratta di zone che fin dalla nascita ricevono stimoli positivi. Comunque, solamente conoscendo se stesse ed il proprio corpo è possibile fare una mappa delle proprie zone erogene: ci sono parti del corpo che, se stimolate, ad alcuni regalano piacere, ma ad altri possono invece dare un senso di fastidio, quindi il concetto di “zona erogena” è altamente soggettivo.

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Le zone erogene femminili
In generale comunque, la maggior parte delle donne, riferisce di provare piacere quando vengono stimolate le seguenti parti del corpo:

  • I capezzoli: baciarli, mordicchiarli e stuzzicarli durante l’amplesso aiuta la donna ad eccitarsi e a lasciarsi andare.
  • Il clitoride: è la zona erogena principale per una donna perché ricca di terminazioni nervose. Tuttavia deve essere stimolato in modo adeguato, e la pressione non deve mai essere troppo diretta, perché una stimolazione eccessiva può procurare addirittura fastidio. Noi uomini pensiamo che quello che va bene per il nostro pene, vada bene anche per il clitoride, ma non è così! Massaggiate con estrema dolcezza il clitoride, magari con le dita lievemente umide, la lingua o le labbra, e aumentate la pressione in maniera graduale e solo se vedete che la donna gradisce. Ovviamente non va tralasciata la zona tutta intorno al clitoride: i due corpi bulbo-cavernosi, le piccole labbra, la zona periuretrale (intorno all’uretra), il vestibolo, l’intero pube.
  • Il punto G. A tale proposito ti consiglio di leggere: Punto G femminile: trovarlo e stimolarlo [VIDEO] Attenzione: immagini sessualmente esplicite.
  • L’ano. Una delle zone più erogene per molte donne: da massaggiare, toccare, premere, baciare e leccare.
  • Le orecchie: l’interno dell’orecchio è ricco di terminazioni nervose, sensibili al tatto e alla temperatura. Respirare, soffiare, mordicchiare i lobi, leccare l’interno e sussurrare nell’orecchio regala sensazioni molto piacevoli ed è estremamente eccitante.
  • I glutei: le carezze in questa zona sono eccitanti; la parte del solco, che divide i glutei, se stimolata con la lingua porta forti emozioni.
  • L’interno coscia: è una parte molto sensibile, che se stimolata in maniera giusta può determinare la lubrificazione della donna.
  • I piedi: accarezzare, massaggiare e leccare i piedi dà un piacere che si diffonde a tutto il corpo.
  • Il perineo, cioè la zona tra i genitali e l’ano, è ricco di terminazioni nervose e va stuzzicato dolcemente con le dita o con la lingua per regalare sensazioni piacevoli.
  • La schiena. Un massaggio lento e prolungato, con le vostre mani o… con i piedi, la lingua, o il vostro petto, può far eccitare moltissimo una donna.
  • La punta della lingua è una zona molto ricettiva, per cui toccare la sua lingua con la vostra in piccole danze e tocchi lenti e sinuosi scatena la libido della donna. Non dimenticatevi di mordicchiare anche le sue labbra!

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Le zone erogene che non avreste mai immaginato
Fin qui abbiamo elencato zone erogene piuttosto famose, ma quali sono le zone meno comuni che possono davvero regalare emozioni alla donna, proprio perché sono state “messe in disparte” da voi e dai suoi precedenti partner? Scoprilo leggendo questo articolo: Zone erogene femminili: scopri i punti insospettabili che le danno piacere.

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Le dieci caratteristiche di una donna forte a cui devi tendere se manchi di autostima

MEDICINA ONLINE VOLTO FELICE FIDUCIA SE DONNA CAPELLI SGUARDO RAGAZZA ESTATE SUMMER MORA PELLE SKIN OCCHI OCCHIAIE TERAPIA TRATTAMENTO EYES BELLEZZA VISO RIMEDI SEXY SEX MEDICINA ESTETIQuelle che sto per scrivere sono ovviamente caratteristiche generali. Potreste non necessariamente avere nessuna delle caratteristiche di seguito elencate ed essere comunque una “donna forte”. Ma cosa significa esattamente “donna forte”? Il rischio è di cadere in una banale generalizzazione. Per me una donna è psicologicamente forte soprattutto quando ha imparato a trovare la felicità da sola, sviluppando una fiducia in se stessa che le permette di riuscire ad essere felice senza alcun bisogno di cercare il riconoscimento o l’approvazione altrui o del partner. Ma non solo. Ecco le caratteristiche che – a mio avviso – possiede una donna psicologicamente forte (applicabili anche per l’uomo!). Se ti senti “debole” o manchi di autostima, queste caratteristiche potrebbero rappresentare per te un obiettivo da raggiungere, per aumentare la fiducia in te stessa.

1) Cercano sempre opportunità per crescere

Le donne forti hanno imparato che l’unica cosa che si frappone tra loro e il successo sono le loro stesse azioni. Per questo motivo si muovono sempre verso il proprio obiettivo, anche se a piccoli passi. Qualsiasi cosa fanno, non si fermano mai ad aspettare che il successo arrivi da solo. Avanzano verso la crescita per migliorarsi.

2) Non si fanno condizionare dal prossimo

Di solito, le donne vengono bombardate con messaggi che le fanno sentire inadeguate; se non si adattano a certi stereotipi rischiano di cadere nell’insicurezza. Le donne forti, invece, sanno bene chi sono; non hanno bisogno di inseguire stereotipi o standard ideali proposti dall’industria pubblicitaria: le donne forti sanno quanto valgono!

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3) Non si accontentano se sanno di meritare di più

Le donne forti non si accontentano delle briciole; esperienze di vita che molte donne purtroppo apprendono solo col tempo. Una volta compreso lo spessore di tale lezione, si rendono conto che accontentarsi è una perdita di tempo prezioso che non recupereranno più. Hanno imparato che puntare sempre in alto le aiuta ad evitare il carico di dolore e la perdita di tempo causata dall’accontentarsi di ciò che non le fa sentire appagate.

4) Eliminano dalla loro vita la gente tossica

Hanno capito che per stare bene con se tesse è necessario allontanare non solo le persone aggressive, ma anche quelle che vivono di pettegolezzi, che criticano sempre e che vivono di situazioni drammatiche. Hanno imparato che bisogna mettere limiti sani per vivere liberi dai bagagli emotivi che non li appartengono. Hanno capito che questo atteggiamento rende più semplice raggiungere i propri sogni ed obiettivi.

5) Perdonano, ma non dimenticano mai

Hanno imparato a perdonare. Hanno capito che perdonare non è un regalo a chi le ha ferito, ma un regalo che fanno a loro stesse. Le donne forti sanno che il perdono è una preziosa risorsa per sbarazzarsi dell’ira. Senza di esso, si rimane in un costante stato di amarezza e confusione che conduce all’infelicità. Tuttavia, anche se perdonano, ricordano chi ha fatto loro del male. In questo modo, imparano dai propri errori e diventano caute con le persone che hanno dimostrato di non meritare la loro fiducia.

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6) Non si preoccupano di ciò che pensano gli altri

Sanno bene che non devono cadere nella trappola dei paragoni, che la loro felicità dipende da questo. Le donne forti non fanno caso ai pensieri pessimisti che gli altri possono avere su di loro. In fin dei conti, sanno bene che il successo o il fallimento dipende solo dalle loro stesse decisioni. Hanno imparato a non dare ascolto alle opinioni di coloro che non hanno l’esperienza necessaria ma solo a quelle di coloro a cui hanno richiesto un parere.

7) Sanno che non sono perfette e capiscono che va bene così

Nessuno è perfetto, in particolare chi crede di esserlo. Per questo motivo, le donne forti hanno il potere e la capacità di accettare se stesse, con i loro punti di forza e le loro debolezze. Ciò permette loro di diventare persone che si adattano facilmente, cosa che, anche se può sembrarvi strano, consente di vivere la vita in modo pieno. Per loro, perdere tempo preoccupandosi di ciò che non sono, è una cosa assurda. In fin dei conti la vita è troppo breve per avere questi pensieri. Accettare i propri limiti con umiltà è un’arma potente.

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8) Rispettano se stesse e non fanno nulla che ritengano ingiusto

Le donne forti sono molto più consapevoli del loro valore rispetto a quelle che non lo sono. La strada che conduce alla scoperta del proprio valore reale è diversa per ogni donna. Per alcune, rimane nascosta finché non si trovano con le spalle al muro. In effetti molte donne forti non lo sono sempre state. Molte hanno scoperto la loro vera forza dopo aver superato situazioni molto difficili.

9) Si circondano di persone propositive

Le donne forti sanno bene di poter contare su una rete di relazioni interpersonali molto solida. Hanno imparato a non vergognarsi a chiedere aiuto; sanno che può bastare anche una semplice telefonata per risolvere un loro problema.

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10) Hanno un atteggiamento positivo

Quando parliamo di positività, c’è da dire che è un’arma a doppio taglio. Ci sono persone che mettono in pratica una positività poco realistica, come pensare che le cose si risolvano da sole o che le cose belle accadano a chi le desidera con intensità.

A volte bisogna arrivare al punto di non aver più lacrime da versare affinché il cambiamento inizi

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La ragazza con tre seni

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LA RAGAZZA DONNA CON TRE SENI MAMMELLE   Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgQuesta ragazza statunitense, originaria di Tampa, in Florida, ha tre seni. Jasmine Tridevil – questo il suo nome d’arte – ha un terzo seno non per una malformazione fisica, bensì è il frutto di un’operazione chirurgica che Jasmine ha fortemente voluto, come ha spiegato in un’intervista radiofonica, perché non voleva più risultare attraente agli occhi degli uomini.

Mastoplastica con capezzolo tatuato

L’operazione chirurgica particolare è costata bene 20mila dollari ed è stato molto difficile trovare un chirurgo che accettasse di portarla a termine. A Jasmine è stata effettuata una mastoplastica additiva con protesi in silicone ed il tutto è stato completato con un capezzolo tatuato sulla mammella neoformata. In medicina esiste un’anomalia congenita caratterizzata dalla presenza di mammelle in numero maggiore dalla norma e si chiama polimastia, a tal proposito vi consiglio di leggere: Polimastia: quando la donna ha troppi seni ed anche: Politelia: quando i capezzoli sono troppi, cause e terapie.

Non l’ho fatto per essere famosa

L’operazione ha creato non poco subbuglio nella sua famiglia: i suoi genitori non le parlano più. Ha spiegato Jasmine: “Ho dovuto parlare con tantissimi chirurghi prima di trovare quello giusto. Perché l’ho fatto? L’ho fatto perché non voglio più piacere agli uomini né avere relazioni”. Il che non le impedisce di postare foto che la ritraggono in versione provocante sulla sua pagina Facebook, anche se lei dice di non essersi sottoposta all’operazione per diventare famosa.

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Dipendenza affettiva: riconoscerla, affrontarla e superarla

MEDICINA ONLINE TRISTE EX RAGAZZA RAGAZZO FIDANZATA FIDANZATO GELOSIA LITIGIO MARITO MOGLIE MATRIMONIO COPPIA DIVORZIO SEPARATI SEPARAZIONE AMORE CUORE FIDUCIA UOMO DONNA ABBRACCIO LOVE DIVORZIO DIVORCE SAD COUPLE WALLPAPERQuando un rapporto affettivo diventa un “legame che stringe” o, ancor peggio, “dolorosa ossessione” in cui si altera stabilmente quel necessario equilibrio tra il “dare” e il “ricevere”, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”. Tutti hanno bisogno di trovare negli altri approvazione, empatia, validazione e ammirazione, per sentire sostegno e regolare l’autostima. Ma quando tutto ciò diventa eccessivo ed estremo la dipendenza diventa patologica.

“Il dipendente affettivo è in grado di vivere nascosto nell’ombra anche per l’intera vita, ponendosi tuttavia come la radice di un costante dolore e alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali”

Leggi anche: Il peggior nemico siamo noi stessi: i segnali che ci stiamo autosabotando

Caratteristiche dell’amore dipendente

A quel punto nell’individuo si innesca una necessità di essere accuditi, manifestando un comportamento sottomesso e dipendente per timore della separazione. Tale comportamento dipendente compare nella prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti. L’amore dipendente si mostra con le seguenti caratteristiche:

  • è ossessivo e tende a lasciare sempre minori spazi personali
  • è parassitario e basato su continue richieste di assoluta devozione e di rinuncia da parte dell’amato
  • è caratterizzato dalla stagnazione e dall’auto-assorbimento, ossia da una tendenza a ripiegarsi su se stesso e a chiudersi alle esperienze esterne per paura del cambiamento e necessita di mantenere fermi alcuni punti certi, soffocando qualsiasi desiderio o interesse personale in nome di un amore che occupa il primo posto nella propria vita.

Nella dipendenza affettiva esistono 2 elementi distintivi della vita emotiva interiore :

  • un bisogno di sicurezza che fa da guida ad ogni comportamento
  • una tendenza a disconoscere e a fare disconoscere all’altro i propri bisogni di ricevere amore

Un’attitudine che sembra radicata in un’infanzia in cui ci si è abituati a limitare le proprie aspettative in conseguenza a delle esperienze relazionali precoci inappaganti e frustranti.

“Amore e dipendenza sono avversari; se coesistono, ci distruggono. Se questo capita, anche se la relazione continua, l’amore si oscura e si sottomette alla dipendenza”

Leggi anche: Perché mi capita di piangere senza motivo? Come affrontare il problema?

I grandi errori delle persone dipendenti

Le persone dipendenti sono incapaci di vivere sole, senza un partner. Quando mettono fine ad una relazione, cercano immediatamente qualcuno che colmi il vuoto venutosi a creare. Spesso queste relazioni non si basano sull’amore, ma sulla necessità. Ciò porta, col tempo, alla noia, alle discussioni e alla rottura della coppia. Tuttavia, le persone dipendenti non sono consapevoli dei loro problemi finché l’ansia, la disperazione e l’infelicità non si palesano.

  • Fanno l’errore di porsi dei limiti. I limiti sono necessari in quasi tutti gli aspetti della nostra vita. Ad esempio, magari vi piace eccedere su determinati alimenti, ma sapete che se lo fate tutti i giorni, la vostra salute correrà qualche rischio. Nelle relazioni con soggetti dipendenti, questi ultimi finiscono sempre per cedere su cose su cui non vorrebbero cedere. Lo fanno solo per non perdere chi hanno al loro fianco. Per questo motivo, finiscono per subire spesso maltrattamenti. Ovviamente la loro autostima è molto bassa. Si tratta di persone che non si esprimono con sincerità per paura del rifiuto. Mettono da parte ciò che davvero vogliono per evitare di sentirsi di nuovo vuote.
  • Fanno l’errore di credere che il loro mondo gira attorno alla persona “amata”.Le persone dipendenti cambiano a seconda del loro partner. Ciò avviene perché si adattano alla persona che hanno al fianco. Nonostante si frequenti qualcuno, dovremmo sempre continuare a realizzare le attività che ci piacciono. Per una persona dipendente, però, le cose non vanno in questo modo. Comincia ad adottare i gusti del compagno, mettendo da parte tutto ciò che lo appassionava prima. Prende piede, inoltre, una sorta di sentimento ossessivo compulsivo che porta a pensare sempre alla persona di cui si ha bisogno, facendo le cose solo per lei. Perché succede? Perché le persone dipendenti non vedono la coppia come due soggetti indipendenti che condividono la vita. Intendono la relazione come la fusione di due individui in uno.

“La vita si modella attorno al partner, cambiando del tutto. Una circostanza che non dovrebbe mai verificarsi”

  • Pensano che la felicità non dipenda più da se stessi. Quando essere felici o tristi comincia a dipendere da come si comporta l’altra persona, siamo di fronte ad un grosso problema. Improvvisamente si smette di essere padroni delle proprie emozioni, questa grande responsabilità passa sulle mani dell’altro. Una brutta parola, il partner che ci ignora o cose simili, trasformeranno un giorno piacevole in un momento buio e malinconico. Non dobbiamo lasciare che il nostro stato d’animo dipenda da altre persone. Esse non sono noi, non controllano i nostri sentimenti. Stiamo permettendo tutto questo nonostante non ci faccia stare bene.
  • Fanno l’errore di temere di essere abbandonati. Una persona emotivamente dipendente non lascia mai il proprio partner, a meno che non sappia, con assoluta certezza, di avere un sostituto pronto a rimpiazzarlo. In caso contrario, vive con la costante paura di essere abbandonata, per questo dà la priorità alle necessità dell’altro e fa di tutto per compiacerlo. In altre parole si sottomette. Ciò genera un’urgenza per il controllo della situazione che, a volte, è impossibile concretizzare. Quando capita, sorgono l’angoscia, l’ansia e la disperazione.
  • Credono che la felicità consisti a stare accanto a loro nonostante tutto. Anche se si sostiene di esserlo, in realtà non si sa cosa significhi essere felici. Ogni volta che tali persone si sentono sole, rischiano un attacco di panico. Gli altri sono diventati per loro una droga a cui afferrarsi per ricevere la dose giornaliera. In loro assenza, si soffre di una vera e propria crisi di astinenza.

Testi consigliati

Di seguito vi riporto alcuni libri consigliati da me e dal mio Staff, estremamente utili per affrontare e superare la dipendenza affettiva:

Leggi anche: Perché un uomo sposato tradisce la moglie con un’altra donna o una prostituta?

Come guarire dalla dipendenza affettiva?

Se siete o siete stati dipendenti non dovete pensare che non esiste soluzione. Il vostro problema è che non vedete la situazione da un’altra prospettiva. Cominciate a sforzarvi di stare da soli, smettete di legarvi a qualcuno solo per non sentire il vuoto.

Se credi di soffrire di dipendenza affettiva ed hai bisogno di supporto, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a superare questo momento difficile.

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Nel momento stesso in cui impareremo a stare bene con noi stessi, potremo stare con qualcuno senza averne bisogno.

Ti amo perché voglio amarti, perché ti ho scelto e perché mi piace starti accanto; non perché sei indispensabile per la mia felicità

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In aumento le donne che guardano video porno su internet, ecco le parole chiave che più cercano

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma AUMENTO DONNE GUARDANO PORNO INTERNET Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgMolti pensano erroneamente che siano soltanto gli uomini a guardare video pornografici online, mentre ovviamente anche le donne fruiscono di tali video. La cosa interessante è che negli ultimi anni sembra che il numero di donne che guardano i video pornografici su internet sia in costante aumento. Pornhub, uno dei maggiori portali a luci rosse, ha da poco stilato una classifica delle parole più cercate nel corso dell’anno appena conclusosi e, analizzando le 91.980.225.000 visualizzazioni ricevute, i risultati sono stati chiari: Lesbian, Step Mom, MILF, Teen, Step Sister, Mom, sono state in assoluto le chiavi di ricerca più gettonate. Molte di loro erano già in cima alla classifica lo scorso anno ma la cosa particolare di questo 2016 è che il 26% degli utenti appartiene al sesso femminile.

La situazione in Italia
Naturalmente, sono state tenute sotto controllo anche le visualizzazioni italiane e, a dispetto di quanto si possa pensare, anche nel nostro paese ben il 23% di coloro che hanno guardato i porno è donna. Per venire in contro a questa fetta di pubblico relativamente nuova, il mercato del porno si sta dirigendo verso prodotti più “woman friendly”, con video contenenti più trama, inquadrature meno fissate sui particolari e più ampie, corpi maschili all’altezza e donne meno finte e dal comportamento più vicino alla realtà.

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Le 5 cose che indicano che stai con qualcuno che ti farà sicuramente soffrire

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COSE STAI QUALCUNO TI FARA SOFFRIRE   Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgNon tutti i rapporti sono “rose e fiori”: alcuni ci regalano più sofferenza che gioia, eppure rimaniamo dentro la storia, senza voler davvero uscirne. Chi vive una relazione dolorosa rinuncia alla sua vita centimetro dopo centimetro man mano che si lascia imprigionare dalla relazione. Inizialmente chi arreca sofferenza desiste dal mostrare il proprio lato insano ed oppressivo al fine di guadagnare la fiducia e l’amore del partner: tutto sembra andar bene, finché le carte si scoprono ed il partner si rivela per quello che è, ma ormai è troppo tardi per uscire facilmente dal rapporto. Spesso le relazioni che fanno star male sono storie d’amore molte intense e passionali. I partner “carnefici”, uomo o donna che siano, sono carismatici, attenti, devoti. Nel momento in cui l’oppressore mette alla prova limiti e confini del partner, è molto facile che quest’ultimo si senta insicuro e alla ricerca di scuse e giustificazioni.
I segnali per riconoscere relazioni che arrecano tanta sofferenza esistono ma non sempre si riconoscono o si accettano facilmente. Ecco di seguito sei segnali tra i più comuni.

1. Bruciare le tappe

Il segnale più difficile da accettare è l’eccessiva velocità che segna l’evolversi della relazione. Lei vuole vederlo tutte le sere. Lui vuole andare a convivere dopo un mese. Il partner può convincervi del fatto che siete fatti l’uno per l’altro, che il vostro è amore a prima vista, che siete anime gemelle e di tantissime altre cose esageratamente romantiche. Purtroppo, accettare un atteggiamento simile equivale a concedere campo fertile per far guadagnare al partner il controllo totale sulla tua vita.

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2. Aspettative irrealistiche

Man mano che le cose vanno avanti e che la storia si fa sempre più seria, vediamo sorgere nuovi segnali. Tra questi, la scoperta di aspettative irrealistiche da parte dei partner. Se il partner “carnefice” è l’uomo potrebbe ad esempio voler una famiglia stile “Mulino Bianco”, perfetta, d’altri tempi: è lui a lavorare ed è lei a doversi occupare delle faccende domestiche e se la cena non è bella e pronta sul tavolo quando rincasa, allora sono problemi. Se il partner carnefice è la donna, potrebbe voler un uomo perfetto, dolce, amorevole, sexy, comprensivo, che le capisca sempre e comunque… Le aspettative non realistiche sono tra i principali segnali che la storia non andrà da nessuna parte: siamo umani, abbiamo dei difetti, teniamolo sempre a mente!

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3. Ipersensibilità e gelosia

Un altro segnale è l’ipersensibilità del partner che può tradursi in gelosia e in reazioni eccessive a piccole cose: commenti, scherzi o problemi di poco conto. I carnefici uomini spesso hanno una bassa autostima e tendono a prendere tutto personalmente. Si sentono insultati facilmente o sostengono che il mondo ce l’ha con loro non appena incontrano una piccola battuta d’arresto. Se provate a esprimere un minimo di disaccordo, anche banale, lo interpretano come un insulto personale o vi considereranno una persona terribile e incapace Spesso tutto questo segue una serie di regole con due pesi e due misure. Se lei lancia occhiatine agli altri uomini, vuol dire che non trova più il suo partner attraente e lo tradisce. Al contrario, se lo becca a guardare un’altra donna, lo chiama pervertito e l’accusa di cose terribili che lui non commetterebbe mai. Il rapporto rischia di distruggersi anche quando è la donna ad essere gelosa in maniera esagerata: se basta che l’uomo abbia tra i contatti Facebook una ragazza a voi sconosciuta per scatenare una lite furibonda, il vostro rapporto è destinato a durare ben poco.

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4. Isolamento imposto

L’isolamento imposto inizia con il carnefice che critica, mette in discussione e mostra atteggiamenti sgraditi nei confronti degli amici più stretti e delle interazioni sui social network. Questi faranno di tutto per farvi sentire in colpa di voler trascorrere del tempo con amici e parenti costringendovi indirettamente ad un isolamento sociale autoimposto: uno dei due componenti della coppia potrebbe ad esempio cercare di evitare di uscire una sera con le sue amiche o amici per non fare indispettire il partner e per paura della sua reazione. Autoimporsi l’isolamento per non infastidire il proprio partner è uno dei principali segnali che il rapporto è malsano e vi farà soffrire.

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5. Atteggiamenti aggressivi nei confronti degli altri

Questi segnali non solo sono presenti nell’atteggiamento che il carnefice ha verso il partner, ma anche nella maniera in cui il carnefice tratta gli altri. Se il cameriere porta il vino sbagliato, ne farà una scenata e vorrà parlare con il responsabile. Se qualcuno lo urta camminando per strada, inizierà a inveire proferendo ogni tipo di oscenità, anche se è stato a mala pena sfiorato. I carnefici hanno un carattere pessimo e inizialmente fanno di tutto per nasconderlo al partner, ma non riescono a fare lo stesso con gli altri: fate attenzione a come trattano gli estranei e forse riuscirete a capire che la sua è solo una maschera per ingabbiarvi.

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Come comportarsi con un carnefice?

Se ritenete che alcuni di questi segnali interessino la vostra relazione, non significa che necessariamente il vostro partner sia un “carnefice”. Tuttavia, se notate la presenza di più segnali o lo sviluppo di un modello comportamentale opprimente, allora dovreste iniziare a preoccuparvi. In questo caso il mio primo consiglio è quello di affrontate il problema parlandone con persone di fiducia esterne alla coppia, che conoscono bene voi ed il vostro partner. Nel caso in cui invece il partner vi stia facendo oggettivamente soffrire, affrontate direttamente il discorso con lui e con un professionista della salute.

Se credi di avere dei problemi con il tuo partner e non riesci a gestire da sola questa situazione, prenota subito la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a superare questo momento difficile.

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Il pene finto in silicone per la donna che vuole urinare in piedi: prima di sorridere leggete il motivo per cui è stato inventato

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PENE FINTO SILICONE DONNA URINARE IN PIEDI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari PeneUn problema che gli uomini non conoscono, ma che invece è molto sentito dalle donne, è sempre stato quello di urinare in bagni pubblici, specie quando non sono ben puliti ed il rischio di infezioni è molto alto. Ma a questo problema sembra si sia trovata una soluzione semplice ma efficace: un dispositivo chiamato GoGirlGoGirl è una specie di pene finto fatto in silicone il cui utilizzo è piuttosto intuitivo: in pratica convoglia l’urina delle donne all’interno di un cono e successivamente lo espelle all’esternoGo Girl è già molto conosciuto ed apprezzato in America, dove viene venduto in molti negozi. In Italia purtroppo – come spesso accade – siamo ancora piuttosto indietro. Questo genere di prodotti è ancora visto con molta diffidenza e viene venduto solamente online. La domanda di molti è…

Perché utilizzare uno di questi dispositivi?

Inizialmente può sembrare bizzarro urinare in piedi, quasi si voglia “imitare” gli uomini, ma non è assolutamente così: il razionale dell’utilizzo di questo apparecchio è molto più serio di quello che possa sembrare. Come dicevo all’inizio, l’utilizzo di questi dispositivi nasce da un bisogno concreto di igiene innanzitutto: poter usare con tranquillità e velocità i bagni pubblici (o poter urinare all’aperto) che non sono sempre in ottime condizioni, evitando contatti con tavoletta e gabinetto, senza costringere le donne a fare le equilibriste con la costante paure di toccare lo sporco, e soprattutto la possibilità di farli usare alle bambine per la loro totale sicurezza.

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Ci sono gli esseri umani e ci sono i narcisisti: non si può essere l’uno e l’altro

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ESSERI UMANI NARCISISTI NON SI PUO ESSE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCome poche altre cose nella vita, il sesso è puro piacere. Intorno ad esso ruotano soprattutto i sentimenti, ma ad un grado di complessità davvero esagerato, e tale da influire pesantemente sulla problematica di ogni coppia. Inevitabilmente, in molte circostanze, la relazione sessuale arriva ad emulare una vera e propria battaglia, con tanto di logistica, tattica e strategia, o quanto meno si stabilizza come un sottile inconscio gioco di potere. Il rifiuto è la tecnica femminile più praticata, con modalità ricattatorie, e ad ogni insoddisfazione di qualsiasi genere si risponde con una negazione di prestazione. In questo caso, il potere che si dimostra di detenere si esercita nel “non agire”, mentre la concessione ha il valore di un baratto, ed il desiderio necessita dell’alibi del sentimento. L’astinenza, allora, diviene l’arma principale di una “manipolazione affettiva”.
Nel maschio è più facile riscontrare un qualche “perverso” egoismo nella ricerca del piacere. Il partner viene reificato a strumento, se non proprio a feticcio.
Il perverso di carattere esprime la sua aggressività riducendo ad oggetto ogni comune agente, “feticizzandone” l’intero corpo.
Il manipolatore sadico si trasforma in un “bastiancontrario” e si comporta sistematicamente in maniera da deludere ogni vostra aspettativa. Difatti, le manifestazioni della violenza sono molteplici, a partire dalle torture morali e dalle pressioni psicologiche, spesso peggiori delle molestie fisiche, anche se si tollera meglio la “dipendenza“.
Delle forme particolari di aggressività vanno considerate pure l’impertinenza e l’ironia. L’ostilità si maschera con il sarcasmo; si fa intendere di non attribuire il giusto peso alle parole o si invita ad afferrare il contrario di quanto si è proferito. Il vero messaggio si nasconde sotto il tono di voce e dietro l’umorismo. Con sopracciglia aggrottate, sguardo di disapprovazione, sorrisetto ironico, si comunica in maniera non verbale molto più di quello che si dice. Se il dialogo si inceppa, perché ci si dimostra non coinvolti, già con questa mancata partecipazione si fa opposizione.

accuse_0Un meccanismo di difesa che consente di non riconoscere i propri difetti consiste nell’attribuirli ad altri (proiezione). Ed anche qualora fosse masochista, alla ricerca attiva della propria sofferenza, il perverso tenderebbe comunque ad avere, e mantenere, il predominio.
La violenza fisica diretta è sinonimo di malcelata perversione, paranoia, o alcolismo…
La collera si scatena principalmente contro gli oggetti e le vittime della violenza tendono a “somatizzarla”. Se la prima è una vera e propria minaccia, la “reazione” funge da “ricatto” che colpevolizza, in quanto il pensiero razionale è ormai caduto nella trappola delle emozioni. Il rischio che corre non frena il perverso, anzi lo eccita, mentre svilimento e mortificazione abbassano l’autostima della vittima, così come la soglia di difesa dalle malattie psicosomatiche.

Il corpo è il principale recettore di messaggi della psiche. Attraverso la sofferenza ci avverte. Sentimenti, emozioni, persino pensieri, vengono registrati dall’inconscio.
Le sensazioni negative, di paura, colpa, rabbia, delusione, tristezza ledono la psiche ma si propongono quali sintomi fisici e, con l’intensificarsi del dolore morale, si organizzano in sindromi, malattie, quanto meno segnali di “stress”, di cui uno dei più grandi procuratori è proprio il soggetto manipolatore.

DOC-OCD.jpgLe persone divenute bersaglio di violenza psicologica, impotenti a rispondere con misure di “contro-manipolazione”, inesorabilmente si avviano ad implodere, e, non potendo metabolizzare a livello emotivo, somatizzano le reazioni inconsce del loro disagio.
E la rabbia interiorizzata diventa depressione.

Per la personalità, l’autostima è di assoluta importanza nel mantenimento dell’equilibrio psichico, fondamentale insomma.
In “L’estime de Soi” (1999), André e Lelord la fanno poggiare proprio sull’amore e la fiducia, oltre che sull’autovalutazione. L’amore per se stessi, proveniente da quell’affetto incondizionato donatoci durante l’infanzia, supporta un indispensabile rispetto di noi, che avvia il cammino verso la realizzazione delle aspirazioni. Dalla fiducia nella nostra persona si origina il sentimento di adeguatezza nell’impiego delle proprie capacità.
Tra la consapevolezza dei propri limiti e la sicurezza del possesso di determinate qualità, è questa visione di sé a spingerci verso il futuro. Eventualmente il punto critico si incontra laddove la certezza del successo viene ottenebrata dal timore della delusione.

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Ad alimentare l’autostima è, dunque, l’amore ed il rispetto che gli altri ci manifestano. Un rapporto affettivo “manipolato”, inevitabilmente, procura una frattura narcisistica destinata a non ricomporsi in assenza del ripristino di un clima di fiducia e senza il sostegno di un processo di de-colpevolizzazione. Poiché la paura paralizza ed il timore di una sofferenza maggiore cronicizza quella attuale.

I caratteriali manipolatori si prefiggono di esercitare sulle loro prede una deleteria influenza psicologica, mostrando dei modi affascinanti che conquistano le vittime, convincendole a lasciarsi coinvolgere in relazioni nelle quali sin dall’inizio proveranno un forte disagio. Una violenza psicologica, invisibile ed impalpabile, risulta molto più subdola e distruttiva della franca aggressività; e poi uomini e donne non hanno la stessa percezione della situazione in cui sono incappati; eppure, i manipolatori hanno un comportamento stereotipato e le loro mosse potrebbero essere prevedibili.
Quali primi rimedi, nei rapporti con un manipolatore, occorre saper riconoscere le menzogne, il capovolgimento della realtà, la vittimizzazione del carnefice, specialmente per evitare di interiorizzare quei desideri distruttivi alla base delle idee auto-aggressive, o francamente suicide. L’introspezione che si adotta nella terapia di coppia dei cosiddetti “normonevrotici” sarebbe impraticabile. Dopo la vittimizzazione e la conseguente colpevolizzazione, la negoziazione di un periodo di riflessione, nella speranza che qualcosa cambi, costituiranno ulteriori, perversi tentativi di destabilizzazione mentale da parte del “vampiro psicoaffettivo”; perché la caratteristica principale della personalità manipolativa è l’affermazione di sé a tutti i costi ed, a questo scopo, arriva a fare carte false pur di trasformare la realtà a suo esclusivo vantaggio. Nonostante le continue minacce di farlo, le sue plateali richieste di separazione o di divorzio, come i finti propositi suicidi, non sono effettive intenzioni, ma ulteriori strumenti di manipolazione in modo da imporsi e controllare la vita degli altri.
Chi non sopporta di lasciarsi sfuggire la preda arriva a minacciare di compiere un suicidio. Ed anche qualora questo non venga tentato, la semplice minaccia risulta colpevolizzante.
Molto spesso a colpevolizzare è una perseverazione nel “non senso”. Il substrato del sentimento di colpa può non essere razionale ed anche una convinzione di una colpa del tutto immaginaria influisce sulla capacità di giudizio. Come diretta conseguenza della disfunzione del perverso, la comunicazione si presenta gravemente disturbata, in quanto ad individui patologici non possono che corrispondere relazioni anormali.
La goccia che fa traboccare il vaso nel determinare la scelta della separazione non sempre, né necessariamente consiste nella scoperta dell’infedeltà del coniuge. Oltre alle emozioni ci sono delle “cognizioni” che con la loro costante interazione impediscono di prendere una decisione definitiva, nonostante l’accumulo di fatti redibitori. Però, di fronte ad un’inammissibile mancanza di sostegno, ad una manifestazione di follia o ad uno scatto di violenza fisica, le ragioni per non restare appaiono sempre più vitali e meno procrastinabili.
La fase che precede la decisione definitiva comporta inevitabilmente un’inutile perdita di tempo, a causa delle “credenze paralizzanti”. La sofferenza però non può trovare giustificazione alcuna nella simulazione di un’unità familiare del tutto “non strutturante”. “ Un manipolatore risponde ad un modello psicologico e comportamentale patologico – scrive Isabelle Nazare-Aga, in “La manipolazione affettiva” (Castelvecchi, Roma, 2008)– La sua influenza agisce su tutti quelli che lo circondano e non soltanto sul partner… Sono dell’idea che un bambino si strutturi in modo più sano vivendo con un solo genitore, ma sereno, piuttosto che con due genitori, uno squilibrato (patologico), e l’altro destabilizzato dal primo”.
Per uno scambio proficuo di idee è assolutamente indispensabile che il discorso si mantenga coerente. Il continuo capovolgimento delle affermazioni spiazzerebbe chiunque. Alla destabilizzazione contribuiscono le sofisticazioni lessicali e sintattiche, le quali solo apparentemente renderebbero il linguaggio, diciamo per dire, “erudito”, mentre è essenzialmente contorto, se non proprio inafferrabile.
Le parole cariche di odio hanno un impatto emotivo violento, perché devastante si rivela ogni molestia psicologica. La cognizione dicotomica, che esclude le intermediazioni e si esprime nell’ordine del tutto o nulla, non fornirebbe alcun apporto allo scambio di vedute. La comunicazione così segue per lo più il percorso assurdo di un labirinto senza vie d’uscita.
Le modalità comunicative perverse possono, a ben ragione, essere assimilate al delirio. La contraddizione diviene paradossale, oppure si intreccia in quella duplice stretta (double bind) che Gregory Bateson (1956) aveva evidenziato nelle famiglie schizofreniche e che, in forma attenuata, si ripropone in certe relazioni di coppia. La compresenza di due propositi contraddittori rende impossibile rispondere contemporaneamente ad entrambi.
Il procedimento perverso consiste soprattutto nel porre l’altro in una situazione paradossale per poi poterlo rimproverare della contraddizione in cui è stato messo. Nel contesto di una relazione (diciamo così) “normonevrotica”, ogni perplessità si avvierebbe spontaneamente a risolversi in una negoziazione che avvicini quanto più possibile al definitivo appianamento. Nei rapporti con un caratteriale invece prevale la logica perversa dell’ambiguità, o della psicopatia, se non proprio della psicosi. Hurni e Stoll, ne “La haine de l’amour- la perversion du lieu” (1996), rilevano come la manipolazione della realtà tende effettivamente a distruggere la “dimensione soggettiva dell’altro”.
L’amore dovrebbe far emergere il meglio da chiunque, in quanto è la spinta più forte verso l’elevazione morale, un sostegno che genera benessere e gioia. Il luogo dove anche una critica formulata con sentimenti positivi risulta estremamente costruttiva.
“Il vero amore non è soltanto un sentimento positivo, è anche una forza fantastica per elevarsi, per permettere al partner di crescere ed evolversi verso il meglio di se stesso”. Isabelle Nazare-Aga, in “La manipolazione affettiva”, definisce questo affetto profondo e complesso: “la volontà di superare se stessi allo scopo di accrescere la propria evoluzione spirituale o quella di qualcun altro”.

mente-collettiva-dualita-bene-e-maleGià nel 1978, M. Scott Peck, in “The Road less Traveled and Beyond”, aveva definito “il Male come l’esercizio di un potere politico, cioè come l’imposizione della propria volontà sugli altri con la forza, in maniera evidente o nascosta, con lo scopo di evitare di superare se stessi e di incoraggiare l’evoluzione spirituale. La pigrizia ordinaria è il non-amore, il Male è l’anti-amore… Esistono veramente persone e istituzioni che rispondono con l’odio alla bontà e che, per quanto è loro possibile, distruggono il bene… Poiché l’integrità del loro io malato è minacciata dalla salute spirituale di coloro che li circondano, cercheranno, in tutti i modi, di schiacciarla e distruggerla”.

Accidia, invidia, come ”schadenfreude”, e gelosia, sono differenti gradazioni di sadismo morale. La gelosia rientra in quella relazione che esclude la presenza di terzi. L’immaturità aspira ad una fusione totalizzante, destinata a rimanere inesorabilmente insoddisfatta, perché non permette che il proprio partner sia ammirato, o persino guardato. L’impulso possessivo si rivela distruttivo e, dietro il tentativo di dominio, nasconde “dipendenza” affettiva. Un unico oggetto invade, in maniera pervasiva, il dipendente che trascura tutti gli altri aspetti della vita. Potrebbe trattarsi di una “co-dipendenza” da altri che, a loro volta, sono dipendenti (da alcol o droghe). E’ forse il caso delle “carmelitane della nevrosi” di René Laforgue.

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candy_10I manipolatori attraggono quanti, anche in buona fede, ma decisamente con ingenuità, intendono essere d’aiuto, persino a proprio discapito. Comportamento questo definibile quale “sindrome del Salvatore” (salva tutti), di certo più tipico del sesso femminile. In “Etre à deux ou les traversées du couple” (1993), Josette Stanké definisce tale sollecita dedizione una vera e propria “distorsione affettiva”. “Un amore che non ha la certezza di poter essere reciproco… Rendere l’altro il proprio centro di gravità, la propria ragion d’essere, il proprio compito quotidiano, è un modo di assediarlo, di assicurarsi la sua presenza, di invadere la sua vita”.
Robin Norwood ha descritto ”Donne che amano troppo” (Lyra, Como 1987) e conoscono invece una profonda angoscia perché cercano di risanare delle relazioni instabili con uomini problematici. Nel misurare la sofferenza come parametro del loro amore, pur di non rimanere sole, ed occuparsi di loro stesse, accettano di accompagnarsi a chi non si interessa veramente di loro e non le ricambia.
“La dipendenza spinge verso un oggetto d’amore non soddisfacente, anzi distruttivo… – dice Isabelle Nazare-Aga, in “La manipolazione affettiva”,- La dipendenza servirebbe a camuffare un eccesso di emozioni inespresse e spesso non identificate”.

Come ha fatto John Bradshaw in “Healing the Shame that Binds You” (1988), si potrebbe allora parlare di “malattia delle emozioni”, alla cui base starebbero sentimenti interiorizzati d’abbandono e di vergogna. Ed, in effetti, per molti la separazione simbolica dalla madre non sarebbe mai avvenuta; e l’autonomia non si sarebbe fortificata per carenze di certezze circa il proprio valore intrinseco.
La dipendenza è però soprattutto una “patologia del legame con l’oggetto”.
Il vero oggetto è proprio il legame, la relazione stessa, senza la quale prende il sopravvento un’insopportabile sensazione di vuoto.
Nella coppia perversa, ciascuno dei due partecipa al gioco di equilibrio sadomasochista. Allorquando le relazioni tra perversi non si interrompono per tempo, si deve desumere che si sia instaurata della complicità, con stimolazione reciproca verso una perversità che non esclude quella sessuale, anche se per lo più si tratta di sadismo o masochismo morale.

Nel processo di costruzione di un’eventuale relazione, la fase della seduzione presuppone il bisogno di piacere, di “far colpo”, ricorrendo al proprio aspetto migliore. Nell’innestare una manovra manipolatrice, lo sforzo sarà quello di mostrarsi inevitabilmente diversi da ciò che si è, per riservarsi di cambiare atteggiamento una volta assicurato il successo sul campo.
Il sistema di codici sociali e culturali da impiegare nella fase di seduzione possono non corrispondere dappertutto. E, se le modalità sono di tipo linguistico, la regola del gioco può non essere verbale. L’autenticità, in ogni caso, non rientra tra le armi di seduzione del manipolatore, abituato ad intrappolare con l’inganno.
Il manipolatore è, insomma, un “perverso narcisista”; benché nel narcisismo patologico rientri anche il “perverso di carattere” (o “manipolatore perverso”), ed il vero e proprio perverso sessuale.. Quest’ultimo avrebbe più a che vedere con esibizionismo, sadomasochismo, ecc. Ma il concetto di narcisismo, coniato da Havelock Ellis nel 1898, è stato in seguito da Freud desessualizzato sino a maggiormente corrispondere ad una perversione sistematica. Si parla, quindi, di “perversione di carattere” in seno al narcisismo, in prossimità della “perversione narcisistica”, propria del manipolatore.

Quella del manipolatore perverso è una perversità affine alla depravazione del sadismo morale. Il perverso di carattere (manipolatore perverso) ha una personalità conflittuale, mentre il perverso narcisista è più subdolo, agisce senza destare il minimo sospetto, anzi riesce a suscitare compassione. Il perverso di carattere è più presuntuoso, più intransigente ed aggressivo. Reagisce alle frustrazioni in maniera esagerata e trae piacere dall’umiliare la sua vittima. Del resto, il piacere del dominio non è che un tipico sentimento perverso. Il manipolatore perverso mostra un atteggiamento palesemente morboso, un comportamento destabilizzante, un’ideazione strategica. Va alla ricerca di stimoli distruttivi, non ha scrupoli, restando immune dai sensi di colpa. Poiché non si fida di nessuno, non ha amici, bensì complici. La depravazione sessuale la esterna in un linguaggio crudo e grossolano, francamente volgare, ma, quel che è peggio, lo attualizza in stupri ed incesti. Nella diagnosi differenziale, si possono, comunque, distinguere nettamente dai paranoici, in quanto la struttura mentale di questi ultimi risulta di impedimento ad ogni relazione affettiva, mentre i perversi di carattere si servono dell’altrui narcisismo, e lo manipolano, per rafforzare l’incompletezza del loro Io.
Il manipolatore relazionale è un tipo di personalità patologica narcisista, egocentrica; un vampiro psico-affettivo che si nutre dell’essenza vitale delle sue prede. Critica, disprezza, colpevolizza, ricatta, ricordando agli altri i principi morali od il perseguimento della perfezione, ma questo solo quando gli torna utile. E per raggiungere i suoi scopi ricorre a raggiri, ragionamenti pseudo-logici che capovolgono le situazioni a suo proprio vantaggio. Spesso la sua comunicazione è paradossale: messaggi opposti in double bind, a cui è impossibile rispondere senza contraddirsi; oppure deforma il significato del discorso. Si auto-commisera, si deresponsabilizza, non formula richieste esplicite e chiare. Eppure non tollera i rifiuti, vuol sempre avere l’ultima parola per trarre le sue conclusioni, pur non condivise. Muta opinioni e decisioni. Soprattutto mente, insinua sospetti, riferisce malintesi . Simula somatizzazioni ed autosvalutazioni, ma dimostra sostanzialmente disinteresse affettivo.

Si tratta, insomma, di personalità disturbate e disturbanti, con cui ci si può legare sentimentalmente per venire immancabilmente destabilizzati dalla loro perfida influenza.

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