Differenza tra fratture patologiche, fisiologiche e da stress

MEDICINA ONLINE FRATTURA OSSO NORMALE FISIOLOGICA TRAUMATICA PATOLOGICA DA STRESS DURATA MICROFRATTURA OSTEOPOROSI METASTASI TUMORE ANZIANO CROLLO VERTEBRA Osteoporose healthy bone pathological fracture.jpgPer frattura si intende l’interruzione della continuità di un segmento osseo. In base alle cause che la generano è possibile differenziare tra due tipologie di frattura: patologica  e fisiologica (anche chiamata “frattura traumatica“). Se la frattura riguarda solo l’osso è detta “isolata”, mentre se coinvolge anche i legamenti è detta “associata”. Le fratture possono inoltre essere “composte” (quando i due monconi ossei risultano allineati tra loro), “scomposte” (in cui i due monconi non sono allineati)o “esposte” (i monconi rompono la cute ed arrivano a comunicare con l’esterno). Il punto preciso di interruzione è detto rima di frattura, mentre l’area circostante è definita focolaio di frattura. La differenza più importante, ai fini dell’argomento di questo articolo, è quella tra frattura di tipo traumatica, patologica o da stress:

  • fratture fisiologiche (o traumatiche): avvengono in un osso sano, con normale resistenza meccanica. Essendo le ossa di un adulto estremamente robuste, generalmente è necessario un trauma che possiede una forza medio-elevata per generare una frattura ossea. Sono le fratture più frequenti, diffuse soprattutto tra individui giovani ed adulti, specie se svolgono attività ad alto rischio di impatti violenti (come gli sportivi);
  • fratture patologiche: avvengono in un osso NON sano, con ridotta resistenza meccanica. Tale minore resistenza può essere determinata da molte patologie locali e sistemiche come osteoporosi, tumore osseo o metastasi ossea che indeboliscono progressivamente l’osso. Sono fratture meno frequenti, generalmente diffuse maggiormente tra gli anziani.

Quindi mentre una frattura fisiologica avviene in un osso sano che è stato sottoposto ad un trauma di potenza medio-alta, una frattura patologica invece avviene in un osso indebolito (a causa di una patologia). Per generare una frattura in un osso così indebolito è sufficiente un trauma di potenza medio-bassa.

Le fratture da stress (chiamate anche “fratture da durata”) avvengono su un osso sano a normale resistenza meccanica e sono causati da microtraumi ripetuti varie volte nel tempo. Tali microtraumi singolarmente sarebbero troppo deboli per generare un frattura traumatica, tuttavia, la loro ripetizione nel tempo, indebolisce progressivamente anche l’osso più robusto e lentamente ma inesorabilmente determinano lesione e frattura dell’osso. E’ tipica degli sportivi.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Differenza tra frattura di LeFort I, II e III

MEDICINA ONLINE Fratture di LeFort 1 2 3 I II III CRANIO TESTA MAXILLO FACCIALE CHIRURGIA NEUROLOGIA CRANIO EMATOMA TRAUMA INCIDENTE OSSA ROTTURA CERVELLO ENCEFALO TRAUMATOLOGIA INCIDENTE STRADALE DIFFERENZA.pngCon “frattura di LeFort” (anche chiamata “frattura di Le Fort“) in medicina si intende un gruppo di fratture che interessano le ossa del cranio che tipicamente si verificano nei traumi facciali e sono potenzialmente molto pericolose per la sopravvivenza del paziente. Questo tipo di frattura deve il suo nome a René Le Fort, il chirurgo francese che per primo le classificò nella prima metà del ‘900. Il dottor Le Fort individuò la presenza di 3 paia di pilastri di resistenza (pari e simmetrici) che caratterizzano il terzo medio del volto. Questi sono:

  • pilastro anteriore (naso-frontale): inizia dall’apertura piriforme e segue la cornice orbitaria mediale, circondando inferiormente la regione canina;
  • pilastro laterale (zigomatico): dalla regione molare segue la parete laterale dell’orbita;
  • pilastro posteriore (pterigo-mascellare): dalla tuberosità del mascellare si porta ai processi pterigoidei dell’osso sfenoide.

Le linee di frattura nei traumi facciali tendono a presentarsi alla periferia delle zone attraversate da queste traiettorie, andando a determinare i diversi tipi di frattura LeFort.

Cause e fattori di rischio delle fratture di LeFort

Le fratture di LeFort sono determinate nella maggioranza dei casi da traumi diretti al volto ed alla testa in generale, ad esempio negli incidenti stradali, spesso associate a svariati altri traumi che interessano il resto del corpo. Le fratture di LeFort possono essere anche favorite da svariati fattori, come:

  • fattori locali: processi infettivi aspecifici e specifici, tumori maligni e benigni, cisti, ritenzione dentaria;
  • fattori generali: osteomalacia e osteopetrosi, iperparatiroidismo, osteoporosi senile, tossicosi professionali da fosforo o da fluoro.

In questo caso si parla di fratture patologiche, cioè quelle fratture che si verificano su tessuti interessati da cedimento strutturale interno dovuto ad una patologia sottostante che può essere sistemica o locale.

Diagnosi delle fratture di LeFort

La diagnosi delle fratture di LeFort viene effettuata grazie all’esame obiettivo (in cui il palato risulta spesso innaturalmente mobile) supportato da un esame TAC della testa e del collo che nella maggioranza dei casi è capace di mostrare chiaramente il tipo di frattura. Affinché vengano classificate come LeFort, le fratture devono coinvolgere i processi pterigoidei dello sfenoide, questi sono visibili posteriormente ai seni mascellari in una TC assiale, e inferiormente al bordo orbitale in proiezione coronale.

Leggi anche:

Frattura di LeFort I (frattura bassa od orizzontale)

Frattura di LeFort I, detta anche bassa o orizzontale, può risultare da una forza diretta verso il basso sul bordo alveolare della mascella. È conosciuta anche come frattura di Guérin, o palato fluttuante, e coinvolge solitamente la porzione inferiore dell’apertura piriforme. La frattura si estende dal setto nasale ai bordi laterali dell’apertura piriforme, si dirige orizzontalmente al di sopra degli apici dentari, incrocia sotto la sutura zigomatico-mascellare e attraversa la sutura sfeno-mascellare fino ad interrompere i processi pterigoidei dello sfenoide. I sintomi di una LeFort I sono principalmente:

  • leggero gonfiore del labbro superiore,
  • ecchimosi presente nel fornice superiore sotto gli archi zigomatici,
  •  malocclusione,
  • mobilità dentaria.

È presente il segno di Guérin, caratterizzato da ecchimosi nella regione dei vasi palatini maggiori. Le fratture LeFort I possono essere quasi immobili, e si può percepire il caratteristico stridore solamente applicando una pressione sui denti dell’arcata superiore. La percussione dei denti dell’arcata superiore rivela un suono detto a pentola fessa.

Alcuni sintomi possono essere presenti sia nella LeFort I che nella LeFort II, come:

  • edema dei tessuti molli nel terzo medio del volto;
  • ecchimosi bilaterale circumorbitale;
  • emorragia bilaterale sottocongiuntivale;
  • epistassi;
  • rinorrea di liquido cerebrospinale;
  • diplopia;
  • enoftalmo.

Leggi anche:

Frattura di LeFort II (frattura media o piramidale)

Frattura di LeFort II, detta anche media o piramidale, può risultare da un trauma alla mascella media o inferiore, e di solito coinvolge il bordo inferiore dell’orbita. Tale frattura ha una forma piramidale, e si estende dalla radice del naso, al livello, o appena al di sotto, della sutura naso-frontale, attraversa i processi frontali dell’osso mascellare, si dirige quindi lateralmente e verso il basso attraverso le ossa lacrimali e il pavimento inferiore dell’orbita, riaffiora attraverso o in vicinanza del forame infraorbitario ed inferiormente attraverso la parete anteriore del seno mascellare; procede quindi al di sotto dello zigomo, attraverso la fessura pterigomascellare per terminare sui processi pterigoidei dello sfenoide. I sintomi di una LeFort II sono principalmente:
  • gradino sul bordo infraorbitario;
  • porzione media del volto mobile;
  • anestesia o parestesia della guancia (da danno al nervo infraorbitario);
  • suono a pentola fessa.

Frattura di LeFort III (frattura alta, trasversale o disgiunzione cranio-facciale)

Frattura di LeFort III, detta anche alta, trasversale o anche disgiunzione cranio-facciale, coinvolge solitamente l’arco zigomatico. Può avvenire in seguito ad impatto sulla radice del naso o sulla parte superiore dell’osso mascellare. Questa frattura inizia presso la sutura fronto-mascellaree la naso-frontale, si estende posteriormente lungo la parete mediale dell’orbita attraverso il solco nasolacrimale e l’etmoide. Lo spessore dello sfenoide posteriormente di solito previene la continuazione della frattura nel canale ottico. La frattura prosegue quindi lungo il pavimento dell’orbita, lungo la fessura orbitaria inferiore e continua superiormente e lateralmente attraverso la parete laterale dell’orbita, attraverso la sutura zigomatico-frontale e l’arco zigomatico. All’interno del naso, un ramo della frattura si estende attraverso la base della lamina perpendicolare dell’etmoide, attraverso il vomere e verso i processi pterigoidei alla base dello sfenoide. Questo tipo di frattura predispone maggiormente il paziente alla rinorrea di liquido cerebrospinale rispetto agli altri due. I sintomi di una LeFort III sono principalmente:
  • morbidezza e separazione della sutura zigomatico-frontale;
  • allungamento del volto;
  • depressione dei livelli oculari;
  • enoftalmo;
  • incapacità a mantenere le palpebre aperte;
  • alterazione del piano occlusale.

Terapia delle fratture di LeFort

La terapia prevede la riduzione, la contenzione o interventi chirurgici di osteosintesi o cerchiaggio.

Quale medico si occupa delle fratture di LeFort?

La cura di questo tipo di frattura è principalmente deputato al chirurgo maxillo-facciale, un medico specializzato nella terapia chirurgica di un gran numero di traumi e lesioni che interessano bocca, mascella, mandibola, viso e collo. La cura di una frattura di LeFort, visto anche l’eventuale interessamento di palato, denti, encefalo e – in ultima istanza – le problematiche estetiche nel volto che determina, implica, nelle varie fasi dell’iter terapeutico, un team che comprende un gran numero di specialisti in vari campi sanitari, come neurologi, neurochirurghi, ortopedici, dentisti, otorinolaringoiatri, chirurghi plastici, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti e psicologi.

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o unisciti al nostro gruppo Facebook o ancora seguici su Twitter, su Instagram, su YouTube, su LinkedIn, su Tumblr e su Pinterest, grazie!

Piaghe e lesioni da decubito: l’importanza della prevenzione delle “ferite difficili”

MEDICINA ONLINE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA MELLITO TIPO 1 2 CURA ULCERA DECUBITO PIEDE DIABETICO

Piede diabetico

Con “piaga” in medicina ci si riferisce ad un tipo particolare di ferita, caratterizzata dall’interruzione di uno o più tessuti esterni del corpo e provocata dall’ischemia (interruzione dei vasi sanguigni) e conseguente necrosi (morte cellulare) della cute e, in caso di piaga grave, dei tessuti sottostanti. Spesso le piaghe sono definite “ferite difficili” proprio perché – al contrario di ciò che avviene nella maggioranza delle ferite – le piaghe tendono ad essere “ferite croniche”, ovvero che non guariscono entro i 60 giorni dalla loro comparsa.  L’interruzione del flusso sanguigno, che porta alla morte del tessuto ed alla formazione della piaga, può essere determinata da varie cause esterne ed interne al corpo.

Cause di piaga

Una delle cause esterne più frequenti di piaga sono le lesioni da decubito, cioè ferite che compaiono gradualmente in seguito alla pressione del peso del corpo su uno stesso punto della pelle, che viene compressa tra la prominenza ossea, (esempi tipici: anca o tallone) contro il letto o una sedia a rotelle. Le lesioni da decubito sono tipiche di persone che per motivi di disabilità fisica o anche psichica, hanno mobilità limitata o sono costretti a letto per lunghi periodi (coma, paralisi, frattura di femore in anziano…). La causa eziologica principale della piaga in questo caso è la pressione cronica, tuttavia è innegabile che la lesione è favorita da altri fattori, come ad esempio l’età avanzata del paziente o patologie croniche della circolazione.

Insufficienza del circolo e diabete

Altri esempi di causa di piaga sono le insufficienze di arterie e vene, per cui non arriva il corretto apporto di sangue nel tessuto cutaneo, specie negli arti, poiché sono zone dette “periferiche” e la pressione in essi è inevitabilmente minore rispetto alle zone centrali del corpo, più vicine al cuore. Ancora un’altra causa tipica può essere la patologia diabetica, la quale se non curata determina un danno nel microcircolo che porta ad ipoperfusione di parti del tessuto che vanno incontro facilmente ad ulcerazione, tipicamente ai piedi (vedi foto in alto).

L’importanza della prevenzione

La guarigione da una piaga è quindi molto lenta e spesso risulta difficile, se non impossibile, rimuovere la causa che l’ha determinata: ad esempio risulta difficile impedire la formazione di piaghe da decubito in un paziente tetraplegico. Per tale motivo l’attenzione del medico, dell’infermiere e dell’OSS dovrebbe essere focalizzata soprattutto nella prevenzione della comparsa di questo tipo di ferite (ad esempio mobilizzando passivamente periodicamente il paziente) piuttosto che nella cura, spesso molto complessa, specie se la piaga va in profondità e/o si infetta, mettendo in alcuni casi addirittura a rischio la vita del paziente.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie

Lo smog fa male alle ossa: aumenta il rischio di osteoporosi e fratture

MEDICINA ONLINE INQUINAMENTO SMOG CANCRO CANCEROGENO FUMO INDUSTRIA SCARTI NUCLEARE TECNOLOGIA METALLI PESANTI PM10 NANOPARTICELLE MOLECOLE INDUSTRIALE OCCIDENTE TUMORE ARIA OSSIGENO.jpgL’inquinamento porta molti danni all’organismo, tra cui l’indebolimento delle ossa, fatto che favorisce l’osteoporosi: è questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health condotto presso la Columbia University’s Mailman School of Public Health. Dalla ricerca emerge che i ricoveri per frattura aumentano al crescere dell’inquinamento atmosferico ed evidenzia che lo smog si associa a perdita di densità ossea (condizione tipica dell’osteoporosi) e ridotta concentrazione di ormone paratiroideo nel sangue (l’ormone che presiede all’assorbimento del calcio e ha un ruolo nella mineralizzazione delle ossa).

Lo studio

La ricerca si è svolta in due tempi: nella prima parte gli esperti hanno studiato 9,2 milioni di ricoveri per fratture legate a osteoporosi e hanno rilevato che anche un piccolo aumento delle concentrazioni di particelle inquinanti (particolato fine) porta a un aumento delle fratture tra gli anziani. Nella seconda parte del lavoro gli esperti hanno studiato 692 individui di mezza età e visto che coloro che vivono in aree più inquinate presentano una minore densità ossea e minore concentrazione dell’ormone paratiroide.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Frattura della spalla e dell’omero prossimale: sintomi e cure

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FRATTURA SPALLA OMERO OSSO PROSSIMALE  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa frattura dell’omero prossimale è un frattura molto comune della spalla. Particolarmente comune negli individui anziani a causa dell’osteoporosi, l’omero prossimale è tra le ossa che si rompono più frequentemente in una spalla. Infatti, nei pazienti di età superiore ai 65 anni, le fratture dell’omero prossimale sono al terzo posto come frequenza (dopo le fratture dell’anca e le fratture del polso).

Una frattura dell’omero prossimale si verifica quando la sfera dell’articolazione della spalla, la testa dell’omero (l’osso del braccio) si rompe. La frattura quindi si localizza in cima all’osso del braccio (omero). La maggior parte delle fratture dell’omero prossimale non sono scomposte (non sono fuori posizione), ma circa il 15-20% di queste fratture sono scomposte e queste possono richiedere un trattamento più invasivo. Altro aspetto importante è che in queste frattura può capitare che vi sia una lesione associata dei tendini della “cuffia dei rotatori” che può aggravare la prognosi della guarigione. A tale proposito leggi anche: Rottura della cuffia dei rotatori: dolore alla spalla, deficit di forza, diagnosi e cura

Il problema più significativo riguardo il trattamento delle fratture dell’omero prossimale è che, a prescindere dal tipo di trattamento, gli esiti talvolta non sono molto soddisfacenti in termini di recupero funzionale. Molti pazienti che sperimentano questo infortunio non riacquistano la piena forza o la piena mobilità della spalla, anche con un trattamento adeguato.

Leggi anche:

Le fratture scomposte dell’omero prossimale

Quando i frammenti dell’osso rotto non sono allineati correttamente, la frattura la chiameremo “scomposta”. Nelle fratture dell’omero prossimale, la gravità spesso dipende da quanti pezzi di quest’osso sono rotti e quanti sono scomposti. L’omero prossimale è suddiviso in quattro “parti” che possono rompersi diventando quindi “frammenti”, quindi una frattura si può scomporre in 2 frammenti, 3 frammenti, o in 4 frammenti principali (una frattura non scomposta, per definizione è in 2 frammenti).

In generale, quanto più numerosi sono i frammenti della frattura e sono scomposti, tanto peggiore è la prognosi cioè la capacitá di guarire e tanto maggiore e la possibilitá che i pezzi fratturati vadano in necrosi cioè muoiano e debbano essere eventualmente sostituiti con protesi articolari.

Le porzioni che costituiscono l’omero prossimale sono chiamate: tuberosità (tuberosità maggiore e minore), la testa omerale (la sfera della spalla), e la diafisi omerale. Le tuberosità sono vicine alla testa dell’omero, e sono quelle parti di osso dove si inseriscono i principali muscoli della cuffia dei rotatori. Per considerare un frammento scomposto, bisogna che esso sia separato dalla sua posizione normale di più di 2 millimetri o sia ruotato per più di 15 gradi.

Cause

Normalmente queste fratture sono provocate o da un colpo diretto alla spalla oppure da una colpo indiretto che si verifica in seguito ad una caduta sulla mano con l’arto teso. Nei giovani queste fratture si osservano nei traumi ad elevata energia (incidenti stradali o sportivi) a carico della spalla, che il più delle volte determinano una frattura pluriframmentaria scomposta associata, in alcuni casi, ad una lussazione dei capi articolari. Nei pazienti anziani con osso osteoporotico, è sufficiente talvolta anche un trauma a bassa energia (una banale caduta a terra). Altri meccanismi supplementari traumatici sono: le contrazioni muscolari violente comiziali e/o le scosse elettriche.

Sintomi

Le fratture dell’omero prossimale possono essere molto dolorose e possono rendere difficile anche spostare semplicemente il braccio. Altri sintomi includono:

  • Spalla cadente (in basso e in avanti).
  • Incapacità di sollevare il braccio a causa del dolore.
  • Parestesie, cioè disturbi della sesnsibilitá, formicolii, alla mano.
  • Un caratteristico ematoma nella regione interna del braccio che può arrivare fino al gomito (detto ematoma di Hennequin).

Leggi anche:

Visita medica

Durante la visita, il medico farà domande sul come si è verificata la frattura. Dopo aver discusso dell’infortunio e aver parlato dei sintomi, il medico esaminerà la vostra spalla.

Il medico esaminerà attentamente la tua spalla per assicurarsi che nessun nervo o vasi sanguigno sia stato danneggiato dalla frattura.

Al fine di individuare la posizione e la gravità della frattura, il medico vi farà eseguire una radiografia. Spesso verranno eseguiti i raggi X di tutta la spalla per verificare la presenza di ulteriori lesioni. In alcuni casi soprattutto in previsione di un intervento chirurgico, il vostro medico può ordinare una TAC per vedere la frattura più nel dettaglio e pianificare il trattamento adeguato al vostro caso. Altri esami come eco-color doppler o indagini contrastografiche saranno eseguite se si sospetta un coinvolgimento vascolare.

Trattamento delle fratture dell’omero prossimale

Trattamento non chirurgico

Circa l’80% delle fratture dell’omero prossimale non sono scomposte (non sono fuori posizione), e queste possono quasi sempre essere trattate con un semplice tutore munito di fascia anti-rotatoria.

Il trattamento tipico è quello di riposare la spalla nel tutore per 3-4 settimane, e poi iniziare alcuni esercizi dolci di movimento. Man mano che la guarigione progredisce, che verrá monitorata mediante radiografie mensili, si possono iniziare esercizi di potenziamento della spalla più aggressivi, e la guarigione completa richiederà in genere circa 3 mesi. Il limite del trattamento non chirurgico è la possibilitá che la spalla, dopo essere stata immobilizzata per molto tempo per consentire la guarigione della frattura, si irrigidisca e perda mobilitá. Talvolta la rigiditá che ne consegue è invalidante e impone trattamenti chirurgici per cercare di risolvere la situazione.

Trattamento chirurgico

In caso di lesioni più gravi, quando la frattura è costituita da più frammenti ed è scomposta (fuori posizione), o anche nelle fratture più semplici nei giovani che hanno bisogno di tornare ad una vita attiva prima, può essere necessario un intervento chirurgico per fissare la frattura, riallinearla o in casi complessi sostituire l’osso danneggiato con una protesi articolare. Decidere qual’è il miglior trattamento chiurgico dipende da molti fattori, tra cui:

  • L’età del paziente.
  • Se l’arto è dominante oppure no.
  • Il livello di attività del paziente.
  • La quantità dei frammenti di frattura.
  • Il grado di spostamento dei frammenti della frattura.
  • L’esperienza del chirurgo.

La chirurgia prevede il riallineando dei frammenti ossei manualmente e mantenerli fissati in posizione mediante vari sistemi metallici, o viene eseguita una procedura di sostituzione della spalla mediante una protesi articolare.

Osteosintesi

I frammenti di osso possono essere fissati, con:

  • Placche e viti: questo intervento viene considerato il golden standard ed è l’intervento che, quando esiste l’indicazione, viene preferito nel nostro reparto OTB. Consente una riduzione ottimale dei frammenti ma soprattutto una stabilizzazione molto solida. Talvolta però è un intervento complesso e che quindi richiede mani esperte per la sua corretta esecuzione.
  • Chiodi endomidollari (chiodi infissi all’interno dell’osso cavo). Il vantaggio di questo intervento è la sua esecuzione più semplice per il chirurgo e la minore esposizione (può essere eseguito attraverso piccoli tagli della pelle e senza esporre la frattura). Lo svantaggio, a nostro avviso intollerabile, è che per inserire questo dispositivo di metallo, il chirurgo deve necessariamente danneggiare i tendini della cuffia dei rotatori, che sono i principali motori della spalla, motivo per cui nel nostro reparto è un intervento che non viene proposto quasi mai.
  • Viti semplici e fili metallici di Kirschner talvolta in combinazione tra loro. Questo sistema non garantisce adeguatra stabilità per cui non consente mobilizzazioni precoci della spalla. Questa opzione in genere viene  riservata alle persone anziane o in cattive condizioni generali.
  • Protesi articolari: quando l’osso è molto danneggiato e soprattutto nelle persone anziane, può capitare che la vascolarizzazione di alcuni frammenti sia irrimediabilmente compromessa motivo per cui si può decidere di sostituire tutta o parte dell’articolazione con una protesi della spalla. Se è consigliata una procedura di questo tipo, le opzioni includono una protesi anatomica standard, una endoprotesi, o una protesi inversa. Nei giovani questo intervento deve essere prospettato solo nei casi in cui l’osteosintesi non ha nessuna speranza di successo e questo deve essere valutato con molta attenzione a causa del fatto che le protesi hanno una durata limitata (in media 10-15 anni) e non garantiscono una vita particolarmente attiva.

Vantaggi e svantaggi del trattamento chirurgico

Il vantaggio della chirurgia, quando la frattura viene fissata in modo stabile ad esempio con placche e viti, o con chiodi endomidollari, è quello di consentire al paziente di iniziare a muovere subito l’articolazione. Questo consente di tornare prima ad una vita attiva e di ridurre il rischio della rigidità e quindi è più probabile che a fine trattamento il paziente recuperi più movimento della spalla rispetto al trattamento non chirurgico. Gli svantaggi però, anche se si verificano con una frequenza assai limitata, sono quelli comuni della chirurgia (complicanze anestesiologiche) e quelli specifici della chirurgia ortopedica come infezioni, emorragie, lesioni vascolari e nervose. Queste complicanze sono più frequenti nelle persone anziane motivo per cui, generalmente, in questi pazienti si opta quando possibile per un trattamento non chirurgico.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari 

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Come capire se ho una frattura di femore?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FEMORE NATOMIA FUNZIONI SINTESI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneLa frattura del collo del femore è spesso causata negli anziani da cadute banali essendo l’estremità del femore molto più fragile a causa dell’età. Nei pazienti più giovani è molto più difficile che la frattura avvenga.

Quando l’anziano cade si può sospettare la frattura del femore se non riesce a rialzarsi da terra e accusa un forte dolore all’inguine, diffuso verso il ginocchio e lungo la parte anteriore della coscia.

In molti casi è possibile supporre la presenza della frattura semplicemente osservando la posizione della gamba colpita: essa si presenta girata verso l’esterno, in modo che il piede tende a toccare il terreno con il suo margine esterno.

La gamba inoltre, appare spesso leggermente più corta di quella sana.

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Frattura di femore: perché è importante recuperare rapidamente?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MORBO ALZHEIMER PSICOSOCIALE COGNITIVO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneLa frattura al femore porta, specialmente agli anziani, disagio, perdita di autostima, fragilità. Ma occorre far di tutto per superare questa fase e recuperare prima possibile perché una lenta guarigione, oltre a mettere a repentaglio l’umore e la stabilità psichica, può causare serie complicazioni che, nei casi più gravi, possono condurre l’anziano addirittura alla morte. L’intervento tempestivo dei medici è dunque fondamentale per chi subisce questo tipo di infortunio, ma ancor di più lo è una ripresa rapida e una forte motivazione da parte del paziente.
Vediamo dunque come un over 65 può affrontare al meglio i disagi causati dalla frattura al femore, purtroppo molto diffusa in questa fascia d’età.

Perché la frattura di femore è così diffusa tra gli anziani?

Un dato più di tutti spiega il crescente numero di anziani che riportano la frattura del femore: due anziani su tre sono ad alto rischio caduta, soprattutto in casa, con una grande probabilità che ad essere danneggiati siano gli arti, sia superiori che inferiori. In particolare il femore. Da anni, infatti, non scendono sotto quota 70mila gli anziani costretti a ricovero e intervento chirurgico per questo motivo, con una media ormai attestata intorno agli 80mila, di cui, 45 mila sono donne con osteoporosi. Il motivo che rende questa fascia d’età soggetta alla caduta è presto detto: con l’invecchiamento, alla fragilità ossea si aggiunge spesso una minore prontezza di riflessi, uno scarso controllo della postura e, talvolta, una riduzione di vista e udito.

I tempi di recupero dopo la frattura di femore

Il femore è l’osso più lungo del corpo umano, ed è soggetto alla rottura. L’infortunio più comune è la frattura al cosiddetto collo del femore, evento particolarmente grave perché limita la possibilità di camminare: di qui, per gli anziani in special modo, la perdita dell’autosufficienza. L’iter di guarigione è complesso: nella maggioranza dei casi è necessario l’intervento chirurgico, al quale segue un percorso riabilitativo di durata variabile (anche alcuni mesi), ma fondamentale per la guarigione. Negli over 65 l’operazione prevede spesso l’impianto di una protesi, mentre nei giovani si ricorre all’osteosintesi, ossia la ricostruzione della porzione di osso fratturata attraverso mezzi metallici.

Leggi anche:

I rischi di una guarigione lenta

Il primo obiettivo da raggiungere dopo l’intervento conseguente alla frattura del femore è riuscire a stare seduti o (meglio) in piedi nel minor tempo possibile. Tornare a muoversi, soprattutto nel caso di anziani, deve essere dunque una priorità, perché protrarre troppo a lungo l’immobilità può provocare una diminuzione delle forze muscolari e la perdita di autonomia. Il post operatorio può variare a seconda del tipo di intervento eseguito: la protesi permette di alzarsi rapidamente, mentre la sintesi con chiodo costringe chi ha subito l’intervento ad una degenza a letto che può superare i due mesi. Per gli anziani, più esposti a rischi a causa del generale deterioramento fisico, l’immobilità può portare anche seri disturbi la cui degenerazione è spesso causa di morte. Possono quindi manifestarsi:

  • piaghe da decubito;

  • trombosi venosa;

  • infezioni delle vie urinarie;

  • disturbi respiratori e circolatori;

  • ipotrofia dei muscoli;
  • polmoniti.

L’importanza di un recupero rapido: gli aspetti psicologici

Di sicuro dalla frattura al femore gli anziani possono guarire, e in tempi non troppo lunghi, a patto che si verifichino queste condizioni:

  • intervento chirurgico tempestivo ed efficace;

  • adeguata riabilitazione;
  • volontà di riacquistare autonomia;
  • ritorno rapido alla vita normale.

Quest’ultimo punto non è semplicemente funzionale al recupero fisico: c’è in ballo anche l’equilibrio psicologico dell’anziano, e di conseguenza la qualità della sua vita. Un infortunio di questo tipo, infatti, provoca anzitutto fragilità: l’anziano pensa di non poter essere più autonomo e autosufficiente, si lascia andare. Spesso si sente un peso per la famiglia, col rischio di entrare in uno stato depressivo dal quale è difficile uscire: la perdita della mobilità articolare rappresenta la perdita di una certa qualità della vita, e proprio per questo lo stato depressivo rappresenta un pericolo. Sfiducia e depressione, infatti, portano l’anziano ad avere poca sicurezza nel proprio corpo e nei propri movimenti, aumentando il rischio di cadute. La paura di ricadere o di provare dolore e fatica durante gli esercizi di riabilitazione, portano spesso il paziente a voler rimanere a letto per saltare la seduta riabilitativa. Sempre meno motivato a guarire, inoltre, non ha più piacere ad incontrare i propri cari e tende a chiudersi in sé stesso. E il medico? Il suo compito, accanto a quello di seguire passo passo la fase riabilitativa, è anche quello di far capire che proprio durante questo periodo bisogna lavorare per recuperare la piena autonomia. Bastano forza di volontà e fiducia e si può tornare a vivere bene.

Curarsi a casa oppure in ospedale/clinica

A questo riguardo, non esiste una regola ben precisa. Il luogo in cui sarebbe meglio trascorrere il periodo post operatorio, nel caso si sia reso necessario l’intervento chirurgico, dipende da due fattori:

  • gravità della frattura

  • età del paziente

In certi casi, in particolare quando l’età è avanzata e l’operazione è stata difficile, sarà necessario un periodo di degenza in ospedale o in una casa di cura, dove l’assistenza è specializzata e continua. Diversamente, gli stessi medici consiglieranno un rapido ritorno a casa, dove la riabilitazione si coniugherà al ritorno alla normalità. In questo caso sarà fondamentale ricevere un’assistenza domiciliare, prevista per fortuna da molti piani assicurativi: avere a casa uno staff completo (medici, infermieri, fisioterapisti) rassicurerà sia voi che il vostro familiare, che si sentirà maggiormente incentivato alla guarigione.
L’anziano, infatti, come abbiamo visto, in seguito a un evento di questo tipo ha bisogno di assistenza professionale, completa e personalizzata, ma anche di un ambiente a lui congeniale. A casa, coi giusti accorgimenti e nei tempi prescritti dai medici, si sentirà a suo agio: questo renderà più forte la sua motivazione e più brevi i tempi di recupero. Quale luogo migliore della propria casa, per lavorare per un ritorno alla normalità?

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!

Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA TRA FEMORE ANCA ARTICOLAZIONE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano Pene

Prima di iniziare la lettura, per comprendere meglio l’argomento trattato, leggi anche: Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

Conseguenze a breve termine delle fratture di femore:

  • Infezioni. Se la frattura è esposta, ossia se in seguito al trauma i tronconi dell’osso hanno lacerato i tessuti e sono fuoriusciti all’esterno, è elevato il rischio di infezioni. L’osteomielite è la più comune ed anche la più difficile da curarsi.
  • Gravi lesioni dei tessuti come vasi sanguigni, nervi, capsule articolari. Le complicanze possono essere immediate con gravi emorragie che se non ridotte immediatamente possono comportare la morte dell’infortunato. Possono però comportare anche delle complicanze successive come nel caso delle fratture sottocapitate che, poiché generalmente danneggiano la vascolarizzazione della capsula articolare e della testa del femore che è già scarsamente irrorata, possono provocare necrosi della testa dell’osso.
  • Emorragie interne. Anche se la frattura non è esposta possono aversi forti emorragie e conseguenti shock per il ridotto volume sanguigno in circolo.
  • Shock neurogeno causato dal fortissimo dolore.
  • Embolia (ostruzione di un’arteria causata da un coagulo di sangue o da una bolla d’aria). In conseguenza della rottura dell’osso i midolli ossei possono introdursi attraverso la rottura di un vaso nel torrente sanguigno e bloccarsi negli alveoli polmonari o nel cervello.
  • Sindrome compartimentale. In seguito al trauma la muscolatura potrebbe essere interessata da un’importante tumefazione che riempie i compartimenti muscolo/osso. Se non sottoposta ad opportune cure la sindrome può evolversi in necrosi muscolare. Può capitare che la sindrome compartimentale sia particolarmente acuta ed allora bisogna con urgenza intervenire chirurgicamente praticando incisioni verticali nei compartimenti interessati per alleviare la pressione.
  • Lesioni da decubito, tipiche dei pazienti anziani immobilizzati a letto per lunghi periodi durante la riabilitazione; a tale proposito leggi anche: Lesioni da decubito: prevenzione, stadi, classificazione e trattamento

Conseguenze a lungo termine delle fratture di femore:

  • problemi connessi con un incompleto recupero della funzionalità dell’arto,
  • disturbi derivanti dall’allettamento (pazienti anziani): piaghe di decubito, trombo flebiti, insufficienze cardiorespiratorie, infezioni urinarie.

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari 

Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

Leggi anche:

Lo staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!