Anticorpi: (immunoglobuline): tipi, caratteristiche e funzioni

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Un anticorpo (detto anche immunoglobulina o “Ig“) è una proteina con una peculiare struttura quaternaria che le conferisce una forma a “Y”. Gli anticorpi hanno la funzione, nell’ambito del sistema immunitario, di neutralizzare corpi estranei come virus e batteri, riconoscendo ogni determinante antigenico o epitopo legato al Continua a leggere

Patologie del sistema immunitario: immunodeficienze, autoimmunità ed ipersensibilità

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA  DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELPER KILLER MACROFAGI MEMORIAIl sistema immunitario è un insieme di processi notevolmente efficace che incorpora specificità, inducibilità e adattamento. Tuttavia possono verificarsi dei malfunzionamenti ed essi si possono dividere in tre grandi categorie: immunodeficienze, malattie autoimmuni e ipersensibilità.

Immunodeficienze

L’immunodeficienza si verifica quando uno o più componenti del sistema immunitario risultano inattivi. Sia nella popolazione pediatrica che in quella geriatrica, la capacità di rispondere agli agenti patogeni è minore rispetto al normale. Nei paesi sviluppati, l’obesità, l’alcolismo e l’uso di droga sono le cause più comuni di una scarsa funzione immunitaria, tuttavia, nei paesi in via di sviluppo la malnutrizione è la causa più comune di immunodeficienza. Le diete prive di un sufficiente apporto di proteine, sono correlate con un’alterata immunità cellulo-mediata, con una diminuzione dell’attività del complemento, della funzione dei fagociti, della concentrazioni di anticorpi IgA e della produzione di citochine. Inoltre, la perdita del timo, in giovane età, per via di mutazioni genetiche o come risultato di una resezione chirurgica, comporta una grave immunodeficienza e una elevata suscettibilità alle infezioni.

Le immunodeficienze possono essere ereditate o “acquisite”. La malattia granulomatosa cronica, dove i fagociti hanno una ridotta capacità di distruggere i patogeni, è un esempio di un malattia ereditaria o congenita. L’AIDS e alcuni tipi di tumore sono causa dell’immunodeficienza acquisita.

Autoimmunità

Nella risposta autoimmune, una cellula normale può presentare un complesso proteico, prodotto dai geni MHC, e contenere una piccola sequenza aminoacidica, (8-11 aminoacidi) di natura estranea al genoma originario ereditato dai propri genitori. La sequenza aminoacidica estranea può derivare dalla sintesi proteica trascritta da geni virali integrati nel genoma stesso, o da plasmidi o da oncogeni. Questa sequenza estranea, non self, viene rilevata e segnalata alle cellule Natural Killer. I linfociti NK si attivano per la distruzione dell’intera cellula che contenendo dei geni estranei è diventata essa stessa alterata e non più self. Le cellule normali del corpo sono riconosciute e non vengono mai attaccate da macrofagi o da cellule LNK, poiché esse esprimono frammenti proteici, col MHC, sani e intatti. Ossia esprimono solo frammenti di proteine “figlie” del DNA trasmesso dai genitori. Il sistema immunitario distingue correttamente tra self e non self. In caso di presenza di proteine anomale il sistema di difesa distrugge qualunque cellula “alterata”, in qualunque organo. Distrugge le cellule “infette” cercando di ottenere un così detto male minore per l’intero organismo.

Nessun anticorpo può penetrare all’interno di una cellula intatta. Solo dopo la rottura della membrana cellulare, operata dai LNK, gli anticorpi (autoanticorpi) legano ogni componente cellulare per una mera operazione di pulizia. Per esempio, il sistema immunitario può eliminare parzialmente o totalmente la tiroide dando luogo a noduli degenerativi solidi o colliquativi, può distruggere le articolazioni (artrite reumatoide), può distruggere la cute (psoriasi), può distruggere le pareti arteriosecon formazione di placche aterosclerotiche (che potranno evolvere in infarti cardiaci, ictus cerebrale…), può distruggere gli epiteli intestinali (come nella malattia di Crohn, la malattia celiaca, la colite ulcerosa)…

Sono note circa 70 malattie autoimmuni. Se l’organismo non riuscisse a distruggere le proprie cellule “non più self” potrebbe dover accettare un male maggiore: il rischio di sviluppare un cancro. Infatti i geni estranei, oltre alla capacità di trascrivere per sintetizzare proteine, hanno la possibilità di usare il loro macchinario replicativo attivando la topoisomerasi e a seguire l’elicasi e i propri primer per duplicare l’intero genoma cellulare e di conseguenza l’intera cellula, questo dopo aver paralizzato gli ‘oncosopressori’ interni, in primis i geni p53, BRCA1 e BRCA2, Rb,…

Un trattamento solo sintomatico nelle malattie autoimmuni si avvale di farmaci immunosoppressivi e cortisonici, mentre alcuni farmaci antivirali potrebbero costituire una terapia causale.

Ipersensibilità

Le reazioni di ipersensibilità sono una risposta immunitaria che danneggia i tessuti del corpo. Esse sono suddivise in quattro classi (dal tipo I al tipo IV) basate sui meccanismi coinvolti e dal loro decorso. L’ipersensibilità di tipo I è una reazione immediata o anafilattica, spesso associata con l’allergia. I sintomi possono variare da un leggero fastidio fino al decesso. L’ipersensibilità di tipo I è mediata dgli IgE, che innescano la degranulazione dei mastociti e dei basofili, quando sono legate ad un antigene. L’ipersensibilità di tipo II si verifica quando gli anticorpi si legano agli antigeni sulle cellule del paziente, contrassegnandoli per la distruzione. Questa viene chiamata anche ipersensibilità anticorpo-dipendente (o citotossica), ed è mediata dagli anticorpi IgG e IgM. I complessi immuni (aggregazioni di antigeni, proteine del complemento e anticorpi IgG e IgM) depositati nei vari tessuti innescano reazioni di ipersensibilità di tipo III. L’ipersensibilità di tipo IV (nota anche come cellulo-mediata o ipersensibilità di tipo ritardato) di solito impiega tra due e tre giorni di tempo per svilupparsi. Le reazioni di tipo IV sono coinvolte in molte malattie autoimmuni e infettive, ma può anche comportare una dermatite da contatto. Queste reazioni sono mediate dai linfociti T, dai monociti e dai macrofagi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Sistema immunitario, immunità innata e specifica: riassunto, schema e spiegazione

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA SCHEMA DIFFERENZA ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELPER KILLER MACROFAGI MEMORIA HIV AIDS.jpgIl sistema immunitario è una complessa rete integrata di mediatori chimici e cellulari, di strutture e processi biologici, sviluppatasi nel corso dell’evoluzione, per difendere l’organismo da qualsiasi forma di insulto chimico, traumatico o infettivo alla sua integrità. Per funzionare correttamente, un sistema immunitario deve essere in grado di rilevare un’ampia varietà di agenti, noti come agenti patogeni, dai virus agli elminti e distinguerli dal proprio tessuto sano dell’organismo.

Il sistema immunitario protegge gli organismi dalle infezioni grazie ad una difesa a più livelli di crescente specificità. In termini semplici, le barriere fisiche impediscono agli agenti patogeni, come batteri e virus, di entrare nell’organismo. Se un patogeno supera queste barriere, il sistema immunitario innato fornisce una risposta immediata, ma non specifica. Il sistema immunitario innato si trova in tutte le piante e gli animali. Se patogeni eludono con successo anche la risposta innata, i vertebrati possiedono un secondo livello di protezione, il sistema immunitario adattativo, che viene attivato dalla risposta innata. Qui, il sistema immunitario adatta la sua risposta durante l’infezione migliorando il riconoscimento del patogeno. Questa migliore risposta viene poi mantenuta dopo che il patogeno è stato eliminato, in forma di una memoria immunologica, permettendo così al sistema immunitario adattativo di rispondere più velocemente e più efficacemente ogni volta che incontrerà nuovamente questo patogeno.

Componenti del sistema immunitario innato

Sistema immunitario innato

Sistema immunitario adattativo

La risposta è non specifica Risposta specifica ai patogeni e antigeni
L’esposizione porta all’immediata risposta massima Intervallo di tempo tra l’esposizione e la risposta massima
Immunità umorale e cellula madiata Immunità umorale e cellula madiata
Nessuna memoria immunologica L’esposizione porta alla memoria immunologica
Trovato in quasi tutte le forme di vita Trovato solo nei gnatostomi

Sia l’immunità innata che quella adattativa, dipendono dalla capacità del sistema immunitario di distinguere tra molecole self e non-self. Nell’immunologia, le molecole self sono quelle che compongono l’organismo e che possono essere distinte dalle sostanze estranee dal sistema immunitario. Al contrario, le molecole non-self, sono quelle riconosciute come molecole estranee. Una classe di molecole non-self sono chiamate “antigeni” (abbreviazione di generatori di anticorpi) e sono definite come sostanze che si legano a specifici recettori immunitari suscitando una risposta immunitaria.

Una caratteristica fondamentale del sistema immunitario è quindi la capacità di distinguere tra le strutture endogene o esogene che non costituiscono un pericolo e che dunque possono o devono essere preservate (self) e le strutture endogene o esogene che invece si dimostrano nocive per l’organismo e che devono quindi essere eliminate (non-self). In alcuni casi il sistema immunitario “confonde” le strutture self con quelle non-self, col risultato di attaccare parti dell’organismo stesso, a tal proposito leggi: Che significa malattia autoimmune? Spiegazione ed esempi

Secondo le più recenti teorie il sistema immunitario distingue dunque un non-infectious self (self non infettivo) da un infectious self (self infettivo). La discriminazione tra self e non self avviene a livello molecolare ed è mediata da particolari strutture cellulari (Toll-like receptor, recettori dei linfociti T, complessi MHC, anticorpi), che consentono la presentazione ed il riconoscimento di componenti dell’agente lesivo definite antigeni (letteralmente induttori di anticorpi).

A seconda delle modalità di riconoscimento degli antigeni si possono distinguere due aree del sistema immunitario:

  • immunità aspecifica o innata: comprende mediatori chimici (responsabili dell’infiammazione) e cellulari responsabili di una prima linea di difesa contro le aggressioni. È evolutivamente più antica e consente il riconoscimento di un repertorio limitato di antigeni. Riconosce una generica condizione di pericolo e pone il sistema immunitario in una condizione di “allarme”, che favorisce lo sviluppo dell’immunità specifica
  • immunità specifica o acquisita o adattativa: comprende mediatori chimici e cellulari responsabili di una risposta difensiva più potente e mirata (virtualmente in grado di riconoscere qualunque forma di antigene), ma più lenta. È evolutivamente più recente e poggia sulla risposta aspecifica per numerose funzioni di presentazione e distruzione degli antigeni. Si divide a sua volta in:
    • immunità specifica umorale (cioè mediata da anticorpi).
    • immunità specifica cellulo-mediata.

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Immunodeficienza primaria e secondaria: sintomi, cause e terapie

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA  SANGUE ANALISI LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELPER KILLER MACROFAGI MEMORIAI disturbi da immunodeficienza alterano la capacità del sistema immunitario di difendere l’organismo dall’invasione di cellule estranee o patologiche (come batteri, virus, funghi e cellule tumorali). Di conseguenza, si possono manifestare infezioni batteriche, virali o micotiche o linfomi oppure altri tumori normalmente poco frequenti. Un altro problema è rappresentato dal fatto che il 25% dei soggetti affetti da immunodeficienza presenta anche una malattia autoimmune (come la trombocitopenia immune). In una malattia autoimmune, il sistema immunitario attacca i tessuti stessi del corpo ( Disturbi autoimmuni). Talvolta la malattia autoimmune si sviluppa prima che l’immunodeficienza causi altri sintomi.

Esistono due tipi di disturbi da immunodeficienza:

Primario: questi disturbi sono generalmente presenti alla nascita ed ereditari. Si manifestano generalmente durante la prima o la seconda infanzia. Esistono oltre 100 disturbi da immunodeficienza primari e sono tutti relativamente rari.

Secondari: questi disturbi si sviluppano generalmente più avanti nel corso della vita e spesso derivano dall’uso di certi farmaci o da un’altra malattia, come il diabete o l’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Sono più diffusi rispetto a quelli primari.

Alcuni disturbi da immunodeficienza abbreviano l’aspettativa di vita, mentre altri persistono per tutta la vita, ma non influiscono sulla sopravvivenza e pochi si risolvono con o senza trattamento.

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Cause

Cause di immunodeficienza primaria
Questi disturbi possono essere causati da mutazioni, talvolta di un gene in particolare. Se la mutazione è presente sul cromosoma X (sessuale), la malattia che ne deriva si definisce legata al cromosoma X ( Pattern di ereditarietà : Ereditarietà di cromosomi legati al cromosoma X). Questo genere di malattie colpisce maggiormente i bambini di sesso maschile. Il 60% circa delle persone con immunodeficienza primaria è maschio.

I disturbi da immunodeficienza sono classificati in base all’area interessata del sistema immunitario ( Panoramica sul sistema immunitario):

  • L’immunità umorale, che coinvolge i linfociti B, un tipo di globuli bianchi che producono anticorpi (immunoglobuline)
  • L’immunità cellulare, che coinvolge i linfociti T, un tipo di globuli bianchi che aiutano a identificare e distruggere le cellule estranee o anomale
  • Immunità sia umorale sia cellulare
  • Fagociti (cellule che ingeriscono e distruggono i microrganismi)
  • Proteine del complemento (proteine con svariate funzioni immunitarie, come quella di distruggere i batteri e altre cellule estranee e rendere più facile il riconoscimento e l’ingestione delle cellule estranee da parte di altre cellule del sistema immunitario, Immunità innata : Sistema del complemento).

Il componente interessato del sistema immunitario può essere mancante, ridotto in quantità o alterato e malfunzionante. I problemi legati ai linfociti B sono i più diffusi fra i disturbi da immunodeficienza, rappresentandone oltre la metà.

Alcuni disturbi da immunodeficienza primari:

  • Immunodeficienza comune variabile
  • Carenza di un anticorpo specifico (immunoglobulina), quale l’IgA
  • Ipogammaglobulinemia transitoria infantile
  • Agammaglobulinemia legata al cromosoma X
  • Immunità cellulare: Malattie dei linfociti T
  • Candidosi mucocutanea cronica
  • Sindrome di DiGeorge
  • Sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X
  • Atassia-telangiectasia
  • Sindrome da ipergammaglobulinemia E
  • Immunodeficienza combinata grave
  • Sindrome di Wiskott-Aldrich
  • Malattia granulomatosa cronica
  • Sindrome di Chédiak-Higashi
  • Neutropenia ciclica
  • Deficit di adesione leucocitaria
  • Carenza dell’inibitore del componente del complemento 1 (C1) (angioedema ereditario)
  • Carenza di C3
  • Carenza di C5, C6, C7, C8 e/o C9

Patologie da immunodeficienza secondaria
Queste malattie derivano frequentemente dall’uso di farmaci (in particolare gli immunosoppressori). Questi farmaci vengono somministrati al fine di sopprimere il sistema immunitario. Ad esempio, alcuni vengono usati per prevenire il rigetto di un organo o di un tessuto trapiantato ( Farmaci utilizzati per prevenire il rigetto del trapianto). Possono essere somministrati a soggetti con una malattia autoimmune per sopprimere l’attività di attacco dell’organismo nei confronti dei propri tessuti. I corticosteroidi, un tipo di immunosoppressori, sono usati per sopprimere l’infiammazione dovuta a svariate cause, come l’artrite reumatoide. Tuttavia, gli immunosoppressori compromettono anche la capacità dell’organismo di combattere le infezioni e probabilmente di distruggere le cellule tumorali.

La chemioterapia e la radioterapia possono anch’esse sopprimere il sistema immunitario, talvolta causando disturbi da immunodeficienza.

Alcuni farmaci che possono causare immunodeficienza:

  • Anticonvulsivanti (usati per il trattamento delle convulsioni)
  • Carbamazepina
  • Fenitoina
  • Valproato
  • Immunosoppressori (farmaci che sopprimono il sistema immunitario)
  • Azatioprina
  • Ciclosporina
  • Micofenolato mofetile
  • Sirolimus
  • Tacrolimus
  • Corticosteroidi
  • Metilprednisolone
  • Prednisone
  • Alemtuzumab
  • Busulfano
  • Ciclofosfamide
  • Melfalan
  • Adalimumab
  • Etanercept
  • Infliximab
  • Muromonab (OKT3)
  • Rituximab
  • Tocilizumab

Malattie e condizioni che possono causare immunodeficienza:

  • Anemia aplastica
  • Leucemia
  • Mieloma multiplo, un tipo di tumore
  • Anemia a cellule falciformi
  • Alcuni tipi di tumore
  • Sindrome di Down
  • Infezioni da citomegalovirus
  • Infezioni da virus di Epstein-Barr
  • Infezione da HIV (virus dell’immunodeficienza umana)
  • Morbillo
  • Varicella
  • Alcune infezioni batteriche
  • Diabete mellito
  • Accumulo di sostanze tossiche nel sangue (uremia)
  • Malattia renale cronica
  • Sindrome nefrosica
  • Epatite
  • Insufficienza epatica
  • Artrite reumatoide
  • Lupus eritematoso sistemico (lupus)
  • Asportazione della milza
  • Alcolismo
  • Ustioni
  • Denutrizione

I disturbi da immunodeficienza possono essere indotti quasi da qualsiasi disturbo grave che persiste per lungo tempo. Ad esempio, il diabete può indurre un disturbo da immunodeficienza, poiché la funzionalità dei globuli bianchi è ridotta in presenza di livelli elevati di glicemia. Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) induce sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), il disturbo da immunodeficienza acquisita più grave e più diffuso.

La denutrizione, generale o legata alla mancanza di specifici nutrienti, può compromettere il sistema immunitario. Quando la denutrizione riduce il peso di una persona pari a meno dell’80% rispetto a quello raccomandato, il sistema immunitario è solitamente compromesso. Un calo pari a meno del 70% determina in genere una grave compromissione.

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Sintomi

I soggetti con disturbi da immunodeficienza tendono a sviluppare infezioni ripetute. Generalmente, le prime a comparire sono le infezioni respiratorie (come le infezioni dei seni paranasali e dei polmoni) che si ripresentano spesso. La maggior parte dei soggetti sviluppa infine infezioni batteriche gravi che persistono, ricorrono o portano a complicanze. Ad esempio, mal di gola e sindromi da raffreddamento, possono complicarsi sfociando in una polmonite. Tuttavia, la ricorrenza di molti raffreddori non presuppone necessariamente un disturbo da immunodeficienza.

Sono frequenti le infezioni di bocca, occhi e apparato digerente. Il mughetto, un’infezione micotica della bocca, può essere un segno precoce di disturbo da immunodeficienza. Possono comparire ulcerazioni buccali. Possono insorgere gengiviti croniche e infezioni dell’orecchio e della pelle frequenti. Le infezioni batteriche (ad esempio da stafilococchi,) possono causare ulcere piene di pus (pioderma). La pelle dei soggetti affetti da disturbi da immunodeficienza può essere ricoperta da grosse verruche molto visibili, causate da virus.

Molte persone hanno febbre e brividi e perdono l’appetito e/o calano di peso.

Può comparire dolore addominale, eventualmente causato dall’ingrossamento del fegato o della milza.

I neonati o i bambini nella prima infanzia possono avere diarrea cronica e un ritardo dello sviluppo e della crescita (crescita stentata). L’immunodeficienza può essere aggravata se i sintomi si sviluppano nella prima infanzia e non più avanti nel corso della vita.

Altri sintomi variano in base alla gravità e alla durata delle infezioni.

Le immunodeficienze primarie possono verificarsi come parte di una sindrome che presenta altri sintomi, spesso più facili da riconoscere rispetto a quelli dell’immunodeficienza. Ad esempio, un medico potrebbe riconoscere la sindrome di DiGeorge perché i neonati che ne sono affetti hanno una malformazione dei padiglioni auricolari, mandibola piccola con recessione e occhi distanti.

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Diagnosi

Il medico valuta per prima cosa la presenza di un disturbo da immunodeficienza. Esegue esami per l’identificazione di un’anomalia specifica del sistema immunitario.

L’immunodeficienza viene sospettata quando il soggetto presenta infezioni ricorrenti (tipicamente sinusite, bronchite, infezioni dell’orecchio medio o polmonite). I medici sospettano un disturbo da immunodeficienza nel caso di ricorrenza di un’infezione rara o grave o quando un organismo che solitamente non causa gravi infezioni (come funghi Pneumocystis o citomegalovirus) diventa patogeno.

I risultati dell’esame obiettivo possono indicare un’immunodeficienza e, talvolta, il tipo di malattia specifica. Ad esempio, il medico sospetta un certo tipo di disturbo da immunodeficienza quando i linfonodi e le tonsille sono insolitamente piccoli e altri tipi quando questi risultano gonfi e dolorabili alla palpazione.

Per identificare il tipo di disturbo da immunodeficienza, il medico chiede l’età all’insorgenza delle infezioni ricorrenti o rare o altri sintomi caratteristici. I vari tipi di immunodeficienza dipendono principalmente dall’età di insorgenza, come segue:

  • Neonati prima dei 6 mesi d’età: generalmente un’anomalia dei linfociti T
  • Da 6 a 12 mesi: possibile malattia dei linfociti B e T
  • Oltre i 12 mesi: generalmente un’anomalia dei linfociti B e della produzione anticorpale

Il tipo di infezione, potrebbe anche aiutare a identificare il tipo di disturbo da immunodeficienza. Ad esempio, può essere utile individuare l’organo affetto (orecchie, polmoni, cervello o vescica), l’organismo infettante (batteri, funghi o virus) e la specie di quest’ultimo.

I medici s’informano sui fattori di rischio, come diabete, uso di alcuni farmaci, esposizione a sostanze tossiche e sull’eventualità che il paziente abbia parenti stretti con disturbo da immunodeficienza (anamnesi familiare). Si chiedono informazioni sull’attività sessuale precedente e attuale e all’uso di droghe somministrate per via endovenosa, per stabilire se la patologia sia dovuta a infezione da HIV ( Infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV)).

Esami

Sono necessari esami di laboratorio per confermare la diagnosi e identificare il tipo di disturbo da immunodeficienza. Si preleva un campione di sangue che viene analizzato per determinare il numero totale dei globuli bianchi e le percentuali di ciascuna classe di essi. I globuli bianchi vengono esaminati al microscopio alla ricerca di anomalie. Vengono determinati anche i livelli di immunoglobuline, il numero di globuli rossi e piastrine e i livelli di alcuni tipi di anticorpi prodotti dopo la somministrazione di vaccini. In presenza di risultati alterati vengono eseguiti ulteriori esami.

Qualora si ritenga che l’immunodeficienza sia dovuta a un’anomalia dei linfociti T, vengono eseguiti test cutanei. Il test cutaneo assomiglia al test cutaneo alla tubercolina, usato come controllo della tubercolosi. Piccole quantità di proteine derivanti da organismi infettivi comuni, come il lievito, vengono iniettate sotto pelle. In caso di reazione (eritema, calore e tumefazione) nel giro di 48 ore, i linfociti T funzionano normalmente. L’assenza di una reazione può indicare un’anomalia dei linfociti T. Oppure possono essere ricercate anomalie dei linfociti T eseguendo esami del sangue per stabilire il numero di linfociti T e valutarne la funzionalità.

I soggetti appartenenti a famiglie portatrici di un gene che induce un disturbo da immunodeficienza ereditario possono richiedere di essere sottoposti a un test genetico, per ricercare la presenza di tale gene ed essere informati sul rischio di avere un figlio affetto da tali disturbi. Può essere utile consultare un genetista prima di eseguire i test. Diversi disturbi da immunodeficienza, come l’agammaglobulinemia legata al cromosoma X, la sindrome di Wiskott-Aldrich, l’immunodeficienza combinata grave e la malattia granulomatosa cronica, possono essere riscontrati in un feto, prelevando un campione di liquido attorno al feto (liquido amniotico) o il sangue del feto (test prenatale, Metodi). Questi test sono consigliati ai soggetti con un’anamnesi familiare di disturbi da immunodeficienza, se la mutazione è stata identificata all’interno della famiglia. Alcuni esperti raccomandano di sottoporre a screening tutti i neonati eseguendo un esame del sangue che stabilisce la presenza di linfociti T anomali o scarsi in quantità: si tratta del test TREC (T-cell receptor excision circles). Grazie a questo test è possibile identificare le immunodeficienze cellulari, come l’immunodeficienza combinata grave. L’identificazione precoce di questa patologia nei neonati può prevenirne la morte in tenera età. Il test TREC su tutti i neonati è ora obbligatorio in molti Stati statunitensi.

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Prevenzione e trattamento

Alcune delle malattie che possono causare immunodeficienza possono essere prevenute e/o trattate, contribuendo a prevenire così lo sviluppo dell’immunodeficienza. Di seguito alcuni esempi:

Infezione da HIV: il rischio d’infezione da HIV può essere ridotto con rapporti sessuali protetti ed evitando di scambiare gli aghi con cui si iniettano le droghe. Anche i farmaci antiretrovirali possono generalmente trattare l’infezione da HIV in maniera efficace ( Infezione da virus dell’immunodeficienza umana (HIV) : Trattamento).

Cancro: il trattamento corretto ripristina di norma la funzionalità del sistema immunitario, a meno che il soggetto non continui ad assumere immunosoppressori.

Diabete: un buon controllo del diabete può contribuire a migliorare la funzione dei globuli bianchi, ostacolando pertanto l’insorgenza delle infezioni.

Le strategie volte alla riduzione del rischio e al trattamento delle infezioni dipendono dal tipo di disturbo da immunodeficienza. Ad esempio, i soggetti con disturbo da immunodeficienza dovuto a carenza di anticorpi sono predisposti alle infezioni batteriche. Quanto segue può contribuire a ridurre il rischio:

  • Trattamento periodico con immunoglobuline (anticorpi ottenuti dal sangue di soggetti con sistema immunitario sano), somministrate per via endovenosa o sottocutanea
  • Mantenere una buona igiene personale (compresa un’attenta igiene orale)
  • Non consumare cibi crudi
  • Non bere acqua potenzialmente contaminata
  • Evitare il contatto con persone infette

Si somministrano antibiotici alla comparsa di febbre o di un altro segno di infezione, prima di eseguire tecniche chirurgiche e odontoiatriche che possano introdurre batteri nel flusso sanguigno. Se una malattia (come l’immunodeficienza combinata grave) aumenta il rischio di sviluppare infezioni gravi o particolari, è necessario somministrare antibiotici come prevenzione.

I farmaci antivirali vengono somministrati al primo segno di infezione se il soggetto è affetto da un disturbo da immunodeficienza che aumenta il rischio di infezioni virali (come l’immunodeficienza dovuta a un’alterazione dei linfociti T). Questi farmaci comprendono amantadina per l’influenza e aciclovir per l’herpes o la varicella.

Se il disturbo da immunodeficienza specifico non influisce sulla produzione di anticorpi, vengono somministrati i vaccini. I vaccini vengono somministrati per stimolare l’organismo a produrre anticorpi che riconoscono e attaccano batteri e virus specifici. Se il sistema immunitario del soggetto non riesce a produrre anticorpi, la somministrazione di un vaccino non ne promuove la produzione e può addirittura scatenare una malattia. Ad esempio, se una malattia non influisce sulla produzione di anticorpi, la persona affetta da quella malattia deve sottoporsi a vaccino anti-influenzale una volta all’anno. Questo vaccino può anche essere somministrato ai familiari più prossimi del soggetto e alle persone che vivono a stretto contatto con lui/lei. In generale, i vaccini a base di virus vivi non vengono somministrati alle persone con alterazioni dei linfociti B o T perché potrebbero scatenare un’infezione. I vaccini a base di virus vivi includono quello contro rotavirus, morbillo-orecchioni-rosolia, varicella, varicella-zoster (fuoco di S. Antonio), bacillo di Calmette-Guérin (bacille Calmette-Guérin, BCG) e influenza, somministrato come spray nasale. Un vaccino vivo per il virus della poliomielite somministrato per via orale non viene più utilizzato negli Stati Uniti, ma lo è ancora in alcune parti del mondo.

Il trapianto delle cellule staminali ( Trapianto di cellule staminali) può correggere alcuni disturbi da immunodeficienza, soprattutto l’immunodeficienza combinata grave. Le cellule staminali vengono solitamente prelevate dal midollo osseo, ma talvolta dal sangue (compreso quello prelevato dal cordone ombelicale). Il trapianto delle cellule staminali, disponibile in alcuni centri medici importanti, è solitamente riservato ai soggetti con patologie gravi.

Talvolta è utile eseguire il trapianto del tessuto timico. La terapia genica per alcune patologie congenite da immunodeficienza è stata sperimentata con successo.

Grazie al trattamento adeguato, molti soggetti affetti da immunodeficienza possono godere di un’aspettativa di vita normale. Alcuni, tuttavia, necessitano di cure intensive e frequenti per tutta la vita. Altri, come quelli affetti da immunodeficienza combinata grave, muoiono durante l’infanzia, a meno che non ricevano un trapianto di midollo osseo o di cellule staminali.

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Epitopi sequenziali e conformazionali: cosa sono e come funzionano

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA  SANGUE ANALISI LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELPER KILLER MACROFAGI MEMORIAL’epitopo (o determinante antigenico) è quella piccola parte di antigene che lega l’anticorpo specifico. La singola molecola di antigene può contenere diversi epitopi riconosciuti da anticorpi differenti.

Si distinguono, in linea di massima, due tipi di epitopi:

  • epitopi sequenziali, caratterizzati da una specifica sequenza lineare aminoacidica (ad esempio Arg-Glu-Ser);
  • epitopi conformazionali, riconosciuti dal sistema immunitario come complessi tridimensionali. Gli epitopi conformazionali possono essere costituiti da elementi anche molto distanti tra loro in termini di struttura primaria (lineare), ma estremamente vicini a livello della struttura terziaria (tridimensionale) a causa del ripiegamento che caratterizza molte macromolecole biologiche.

Lo sviluppo di una risposta umorale contro gli epitopi di un determinato antigene porta allo sviluppo di una memoria immunologica anticorpale più o meno duratura (a seconda del tipo e dell’intensità del processo infettivo). Le cellule-memoria sensibilizzate contro gli epitopi di un determinato antigene tendono però a inibire la maturazione di nuovi linfociti naive eventualmente sensibili a quel determinato antigene in seguito ad una nuova esposizione all’antigene stesso. In altri termini viene favorita la ri-espansione e la ri-maturazione solo di cloni già rivelatisi efficaci contro l’antigene in questione, mentre gli altri linfociti (naive) vengono risparmiati per poter eventualmente rispondere contro altri antigeni. Tuttavia questo processo, definito “peccato originale antigenico”, non consente la sensibilizzazione del sistema immunitario contro nuove varianti epitopiche di uno stesso antigene (in realtà questa carenza è parzialmente compensata dal processo di ipermutazione somatica a cui vanno incontro i linfociti B-memoria nuovamente stimolati dalla presenza dell’antigene). Il peccato originale antigenico è sfruttato da numerosi agenti patogeni (soprattutto virus) per limitare l’efficacia della risposta immunitaria.

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Mieloma multiplo: cause, sintomi, diagnosi e cura

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MIl mieloma multiplo è un tumore che colpisce le plasmacellule, una componente molto importante del sistema immunitario. In particolare le plasmacellule sono il risultato della maturazione dei linfociti B che, assieme ai linfociti T, rappresentano le due principali tipologie cellulari coinvolte nella risposta immunitaria. Il ruolo delle plasmacellule, che si trovano soprattutto nel midollo osseo, è quello di produrre e liberare anticorpi per combattere le infezioni, ma in alcuni casi la loro crescita procede in maniera incontrollata dando origine al tumore.
Le cellule di mieloma producono in grande quantità una proteina nota come componente monoclonale (Componente M), un particolare tipo di anticorpo.
La crescita anomala delle plasmacellule può creare problemi anche alle altre cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine) e dare origine, per esempio, a un indebolimento delle difese immunitarie, anemia o difetti nella coagulazione. Inoltre le cellule del mieloma producono una sostanza che stimola gli osteoclasti, responsabili della distruzione del tessuto osseo e, di conseguenza, i pazienti affetti da mieloma sono spesso soggetti a fratture ossee.

Tipologie

Il mieloma rappresenta un’alterazione delle plasmacellule, ma può presentarsi in forme diverse.

  • Mieloma multiplo: il più frequente. Le plasmacellule tumorali sono localizzate prevalentemente nel midollo osseo e producono un anticorpo monoclonale completo che si ritrova in grande quantità nel siero del paziente.
  • Mieloma micromolecolare: le plasmacellule producono solo parti di immunoglobuline note come catene leggere.
  • Mieloma non secernente: le plasmacellule non producono immunoglobuline, ma sono presenti in numero eccessivo.
  • Plasmocitoma solitario: il tumore ha un’unica localizzazione in un osso o a livello extramidollare.
  • Leucemia plasmacellulare: le plasmacellule sono presenti in numero elevato anche nel sangue.
  • Mieloma indolente: la malattia è asintomatica e non ci sono lesioni a ossa o altri organi.

Evoluzione

Dopo la diagnosi è indispensabile definire lo stadio del mieloma, in base al quale si ottengono anche indicazioni sulla prognosi della malattia. Il tradizionale metodo per attribuire uno stadio al mieloma si basa sull’utilizzo del sistema Durie-Salmon, che individua tre stadi tenendo conto di quattro fattori: quantità di immunoglobuline nel sangue o nelle urine, quantità di calcio nel sangue, quantità di emoglobina nel sangue ed gravità del danno osseo (valutata con raggi X). Questo sistema sta però diventando sempre più impreciso man mano che vengono introdotte nuove tecniche diagnostiche.

Un sistema di stadiazione più moderno è il Sistema internazionale di stadiazione del mieloma multiplo che, per definire i tre stadi del mieloma, si basa soprattutto sui livelli di albumina e beta-2-microglobulina nel sangue, oltre che sulla funzione renale, sulla misurazione del numero di piastrine e sull’età del paziente.
In alcuni casi il tumore si ripresenta dopo il trattamento: si parla allora di mieloma ricorrente, che può formarsi nuovamente nelle ossa oppure in altre parti del corpo.

Viene infine definito mieloma indolente un tumore che non presenta una crescita attiva e veloce e non causa quindi danni a ossa o altri organi. Proprio per le caratteristiche della malattia, il paziente con mieloma indolente in genere non viene sottoposto a un vero trattamento ma solo ad attenta osservazione.

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Sintomi

Nonostante alcuni pazienti con mieloma multiplo non presentino alcun sintomo, esistono in genere dei segnali che indicano la presenza della malattia.

Il primo di questi segnali è senza dubbio il dolore alle ossa che si localizza soprattutto a livello della schiena, dell’anca e del costato. Associato al dolore si riscontra spesso una maggior fragilità dell’osso che si può rompere anche in seguito a traumi lievi.
Il dolore può anche essere di tipo nervoso (per esempio sciatica) a causa dello schiacciamento dei nervi da parte delle ossa vertebrali.

La presenza di anemia con conseguente stanchezza, debolezza e difficoltà respiratoria è legata alla diminuzione del numero di globuli rossi causata dal mieloma. La diminuzione di globuli bianchi (leucopenia) e piastrine (trombocitopenia) si manifesta invece con una minor resistenza alle infezioni e seri problemi di sanguinamento anche in seguito a banali tagli (le piastrine sono infatti fondamentali per il processo di coagulazione). La leucopenia e la trombocitopenia sono però rare.

I pazienti affetti da mieloma possono anche presentare insufficienza renale o alti livelli di calcio nel sangue, dovuto all’invasione delle ossa da parte delle cellule maligne con conseguente rilascio di calcio. Quest’ultimo influenza la funzione dei nervi e, di conseguenza, il suo livello elevato può causare debolezza e confusione mentale.

Diagnosi

La diagnosi precoce del mieloma multiplo può essere difficile poiché molti pazienti non hanno alcun sintomo fino agli stadi avanzati oppure presentano sintomi generici, come stanchezza e mal di schiena.

L’esame del sangue e delle urine fornisce una prima indicazione sulla presenza di un tumore delle plasmacellule: in caso di malattia si riscontrano infatti elevati livelli di immunoglobuline utilizzando tecniche di laboratorio chiamate elettroforesi delle proteine del siero e delle urine.

In aggiunta a queste tecniche, altri parametri del sangue possono essere importanti per definire la presenza di mieloma anche se non sono essenziali per la diagnosi. In particolare i livelli di emoglobina e piastrine sono bassi in caso di malattia, come basso è anche il livello di albumina nel siero se il tumore è in fase avanzata. Anche alti livelli di beta-2 microglobulina e calcio nel siero indicano che il mieloma ha raggiunto uno stadio avanzato.

La biopsia del midollo osseo, uno strumento fondamentale per la diagnosi del mieloma, consiste nel prelievo e nella successiva analisi di un frammento di osso e del midollo in esso contenuto. Il midollo viene aspirato con una siringa (aspirato midollare) e analizzato per cercare eventuali cellule tumorali.

Per completare e ottimizzare la diagnosi di mieloma vengono anche utilizzate tecniche di diagnostica per immagini quali radiografie, TC, risonanza magnetica e PET.

Come si cura?

La chemioterapia è uno dei trattamenti utilizzati in caso di mieloma multiplo. I farmaci, che possono essere somministrati per via orale o per iniezione intravenosa o intramuscolare, raggiungono attraverso il circolo sanguigno tutte le parti del corpo. Questo è in genere visto come limite della chemioterapia tradizionale, poiché con tale metodologia si danneggiano anche aree sane, ma rappresenta in realtà un vantaggio in caso di mieloma multiplo che è spesso diffuso in vari distretti corporei.

Sono molti i farmaci utilizzati, da soli o in combinazione, per il trattamento del mieloma multiplo (melfalan, prednisone, ciclofosfamide, vincristina, doxorubicina eccetera): la scelta dipende da diversi fattori che solo il medico può valutare con precisione, come per esempio lo stadio della malattia o la funzionalità renale. Recentemente sono stati introdotti nel trattamento del mieloma nuovi farmaci come la talidomide, un farmaco ritirato anni fa dal mercato a causa dei suoi gravi effetti collaterali sui nascituri se assunto in gravidanza, ma che si è dimostrato efficace nella cura di questo tumore, il bortezomib, la lenalidomide e la pomalidomide.

Per contrastare il danno prodotto dal mieloma sul tessuto osseo, che in genere diventa più debole e soggetto a fratture, vengono impiegati dei farmaci chiamati bifosfonati, in grado di rallentare questo processo di deterioramento osseo.

Anche la radioterapia può essere utilizzata nel trattamento del mieloma multiplo, mentre la chirurgia è riservata all’asportazione di un plasmocitoma solitario o ai casi di compressione della colonna vertebrale che provoca paralisi o eccessiva debolezza.

La scoperta della presenza nel midollo osseo delle ormai note cellule staminali, in grado di dare origine a un nuovo midollo, ha dato un enorme contributo alla cura del mieloma multiplo. Infatti, per poter trattare i pazienti con chemioterapia ad alte dosi, necessaria per eliminare le cellule tumorali, è necessario poter ricostituire il sistema linfoide del paziente che viene anch’esso fortemente danneggiato. Questo si può fare tramite il trapianto di cellule staminali del sistema linfoide che vengono infuse nel paziente 24 ore dopo il trattamento chemioterapico. È infatti ormai pratica comune prelevare le cellule staminali o dal sangue del paziente stesso o dal midollo osseo di un donatore esterno e utilizzarle per un vero e proprio trapianto nella persona malata: nel primo caso si parla di trapianto autologo (o autotrapianto), mentre nel secondo caso di trapianto allogenico (o allotrapianto).

La procedura mediante la quale le cellule staminali vengono prelevate dal sangue è detta leucaferesi e permette di raccogliere un numero di cellule sufficienti per uno o più trapianti. Spesso infatti la chemioterapia ad alte dosi deve essere ripetuta e quindi il paziente deve sottoporsi a un secondo trapianto a distanza di qualche mese dal primo.

Nel caso di trapianto autologo il rischio che la malattia si ripresenti è piuttosto elevato, mentre nel caso dell’allotrapianto tale rischio diminuisce. Di contro con quest’ultima tecnica la mortalità sale a valori compresi tra il 10% e il 30% (per via dei fenomeni di rigetto), molto superiori rispetto all’1-2% che si registra in caso di autotrapianto.

Nel corso degli anni sono state perfezionate le procedure di allotrapianto con lo scopo di ridurre gli effetti collaterali. Tra le tipologie di trapianto allogenico meno tossiche per l’organismo ci sono il trapianto a ridotta intensità che consiste in una ridotta somministrazione di farmaci nelle prime fasi del trattamento e il trapianto non mieloablativo (mini-allotrapianto) che prevede solo una dose leggera di radioterapia per favorire l’attecchimento delle cellule del donatore.

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Chi è a rischio

Le cause del mieloma multiplo non sono ancora del tutto note anche se recenti studi hanno evidenziato la presenza di anomalie nella struttura dei cromosomi e in alcuni specifici geni nei pazienti affetti dalla patologia.

L’età rappresenta il principale fattore di rischio per il mieloma multiplo: oltre due terzi delle diagnosi di mieloma riguardano infatti persone di età superiore ai 65 anni e solo l’1% delle persone al di sotto dei 40 anni. Inoltre il rischio di ammalarsi di questo tipo di tumore è superiore negli uomini rispetto alle donne.

L’esposizione a radioattività e la familiarità , ovvero la presenza in famiglia di altre persone con la stessa patologia, potrebbero costituire fattori di rischio, ma si tratta di condizioni che riguardano un numero molto esiguo di casi.

Una situazione di rischio particolare è quella della gammapatia monoclonale. Si tratta di una malattia che provoca una produzione eccessiva di immunoglobuline da parte delle plasmacellule del midollo osseo. Il termine gammapatia si riferisce al fatto che, con un esame chiamato elettroforesi, questi anticorpi formano un picco in un punto preciso del tracciato che si chiama “regione gamma”.

La parola “monoclonale” indica invece che sono prodotte tutte da un solo clone di plasmacellule e che sono uguali fra di loro (le normali immunoglobuline, invece, sono policlonali). Non si conosce la causa di questa malattia che colpisce soprattutto le persone sopra i 50 anni. Alcuni studi affermano che si tratta di una manifestazione dell’invecchiamento del sistema immunitario.

La forma più comune è la gammapatia monoclonale di incerto significato, nota anche con la sigla inglese MGUS (monoclonal gammopathy of undetermined significance). Il termine “incerto” si riferisce proprio alla natura precancerosa della malattia, in quanto non sempre è facile distinguere, in base agli esami, se è ancora allo stadio benigno o è già una forma maligna iniziale.

La MGUS non richiede alcuna terapia, ma solo un’attenta sorveglianza, per cogliere qualsiasi segnale di evoluzione verso il mieloma multiplo franco. È bene sapere che circa il 25% delle MGUS si evolve verso il mieloma entro 10 anni dalla diagnosi.

Quanto è diffuso

Il mieloma è un tumore tipico dell’età avanzata e la sua diffusione si è mantenuta piuttosto stabile nel tempo, mentre la mortalità è in lieve calo. È una patologia leggermente più diffusa negli uomini che nelle donne: nel nostro Paese in media vengono diagnosticati ogni anno 9,8 nuovi casi ogni 100.000 uomini e 7,6 nuovi casi ogni 100.000 donne. In Italia le stime, relative al 2015, parlano di poco più di 2.400 nuovi casi di mieloma ogni anno tra le donne e circa 2.900 tra gli uomini. Si ammalano di questo tumore nel corso della vita circa una donna su 151 e un uomo su 106.

Prevenzione

Non è possibile stabilire strategie di prevenzione specifiche per il mieloma multiplo dal momento che non esistono fattori di rischio riconosciuti come sicuri responsabili dell’insorgenza della malattia. Di certo è buona norma tenere sotto controllo il peso corporeo ed evitare l’esposizione a sostanze cancerogene che potrebbero aumentare il rischio. Anche le persone affette da altre malattie delle plasmacellule, come MGUS o plasmocitoma solitario, non possono attuare misure di prevenzione per evitare che le patologie progrediscano e degenerino in mieloma, se non attenendosi scrupolosamente al calendario dei controlli.

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Immunità specifica (acquisita) umorale e cellulare

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA SCHEMA DIFFERENZA ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELImmunità specifica umorale

Nella difesa specifica umorale il ruolo fondamentale spetta agli anticorpi che sono prodotti dalle plasmacellule delle cellule derivate dalle cellule clone che a loro volta sono cellule derivate dai linfociti B. Il processo di difesa umorale inizia quando un linfocita rileva un agente esterno grazie al suo recettore specifico, ossia che rileva uno ed un solo corpo esterno, (ci sono vari gruppi di linfociti B che hanno diversi recettori) e inizia la produzione di cellule clone che in parte saranno destinate alla memoria immunologica e in parte andranno a formare le plasmacellule. le plasmacellule poi produrranno gli anticorpi che si legheranno al corpo esterno bloccando i suoi siti attivi facilitando la fagocitosi da parte dei macrofagi.

Immunità specifica cellulare

È svolta dai linfociti T citotossici, che sono capaci di indurre apoptosi nelle cellule che presentano in superficie il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe I associato allo stesso peptide che li ha attivati. Questo significa che riconoscono tutte le cellule che “mostrano” un’espressione di MHC + peptide diversa da quella delle cellule in salute ed uguale a quella che ne ha attivato l’attività citotossica. La cellula T citotossica si attacca alla cellula bersaglio con vari recettori, rilasciando vescicole contenenti Perforina, Granulisina e Granzimi. La Perforina ha un ruolo nell’indurre la morte cellulare, contrariamente a quanto si pensava fino a pochi anni fa e cioè che servisse a generare un poro di membrana nella cellula da uccidere. La Granulisina ha un’attività pro-apoptotica e microbicida. I Granzimi sono Serin/Treonin-Proteasi apoptotiche capaci di attivare la Caspasi 3 e di indurre la formazione del poro sulla membrana mitocondriale che determina la fuoriuscita del citocromo c con conseguente attivazione definitiva dell’apoptosi.

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Immunità innata (aspecifica): neutrofili, macrofagi e linfociti natural killer

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA SCHEMA DIFFERENZA ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI B T HELI microrganismi o le tossine che entrano con successo nell’organismo, incontrano le cellule e dei processi del sistema immunitario innato. Solitamente, la risposta innata si attiva quando i microbi vengono identificati dai Pattern Recognition Receptors (PRR), in grado di riconoscere i componenti dei grandi gruppi di microrganismi, le eventuali cellule danneggiate o stressati, inviando segnali di allarme. Le difese immunitarie innate sono dunque “non-specifiche”, il che significa questi sistemi rispondono agli agenti patogeni in modo generico. Questo sistema non conferisce immunità duratura contro un patogeno. Nella maggior parte degli organismi viventi, il sistema immunitario innato è il sistema dominante della difesa.

Barriere cellulari

I leucociti (globuli bianchi), si comportano come organismi unicellulari indipendenti e sono il secondo livello del sistema immunitario innato. I leucociti innati comprendono i fagociti (macrofagi, neutrofili e cellule dendritiche), i linfociti, mastociti, eosinofili, basofili e i linfociti natural killer. Queste cellule identificano ed eliminano gli agenti patogeni, sia attaccando quelli più grandi attraverso il contatto o inglobando e poi uccidendo i microrganismi più piccoli. Le cellule innate sono anche mediatori importanti nello sviluppo degli organi linfoidi e per l’attivazione del sistema immunitario adattativo.

La fagocitosi è una caratteristica importante delle cellule dell’immunità innata e viene effettuata da cellule chiamate “fagociti” in grado quindi di fagocitare, o mangiare, gli agenti patogeni o le particelle. I fagociti generalmente pattugliano il corpo alla ricerca di agenti patogeni, ma possono essere chiamati in luoghi specifici dalle citochine. Una volta che un agente patogeno viene travolto da un fagocita, viene intrappolato in una vescicola intracellulare chiamato fagosoma, che si fonde poi con un’altra vescicola, chiamata lisosoma, per formare un fagolisosoma. L’agente patogeno viene ucciso da l’attività degli enzimi digestivi o a seguito di uno scoppio respiratorio che rilascia radicali liberi nel fagolisosoma. La fagocitosi si è evoluta come un mezzo per acquisire sostanze nutritive, ma questo ruolo è stato ampliato nei fagociti per includere l’inghiottimento degli agenti patogeni come meccanismo di difesa. La fagocitosi rappresenta probabilmente la forma più antica di difesa; i fagociti sono stati identificati sia negli animali vertebrati che negli invertebrati.

I neutrofili e i macrofagi sono fagociti che viaggiano in tutto il corpo alla ricerca di agenti patogeni. I neutrofili sono normalmente presenti nel sangue e sono il tipo più abbondante di fagociti, normalmente pari al 50% – 60% del totale dei leucociti circolanti. Durante la fase acuta dell’infiammazione, in particolare a seguito di un’infezione batterica, i neutrofili migrano verso il sito di infiammazione in un processo chiamato chemiotassi e solitamente sono le prime cellule ad arrivare sulla scena dell’infezione. I macrofagi sono cellule versatili che risiedono all’interno dei tessuti e producono una vasta gamma di sostanze chimiche tra cui enzimi, proteine del complemento e citochine, mentre possono anche agire come “spazzini” per liberare l’organismo da cellule logore e altri detriti e come le cellule presentanti l’antigene, attivano il sistema immunitario adattativo. I macrofagi svolgono funzioni di fagocitosi e digestione ossidativa degli agenti patogeni, ma intervengono in genere nelle fasi tardive dell’infiammazione acuta o nell’infiammazione cronica. Hanno legami molto stretti con le cellule dell’immunità specifica in quanto dipendono da queste ultime per raggiungere una completa attivazione e ne influenzano il differenziamento nelle fasi precoci della risposta immunitaria specifica; inoltre possono contribuire alla presentazione antigenica.

I mastociti risiedono nei tessuti connettivi e le membrane mucose e regolano la risposta infiammatoria. Essi sono più spesso associati con l’allergia e l’anafilassi. I basofili e gli eosinofili sono legati ai neutrofili. Essi secernono mediatori chimici che sono coinvolti nella difesa contro i parassiti e svolgono un ruolo nelle reazioni allergiche, come nel caso dell’asma. I linfocita NK (natural killer), sono leucociti che attaccano e distruggono le cellule tumorali o le cellule che sono state infettate da virus.

Le cellule dendritiche sono fagociti che si trovano nei tessuti, sono morfologicamente e funzionalmente specializzate nella cattura e nella presentazione di antigene, e hanno la caratteristica di essere contatto con l’ambiente esterno; di conseguenza, si trovano principalmente nella cute, nel naso, nei polmoni, nello stomaco e nell’intestino. Esse sono così chiamate per la loro somiglianza con i dendriti neuronali, ma le cellule dendritiche non sono in alcun modo correlate al sistema nervoso. Le cellule dendritiche fungono da collegamento tra i tessuti corporei e il sistema immunitario innato e adattativo, in quanto sono in grado di presentare antigeni alle cellule T, uno dei principali tipi di cellule del sistema immunitario adattativo.

Linfociti natural killer

I linfociti natural killer, o cellule NK, sono un componente del sistema immunitario innato, che non attaccano direttamente i microbi invasori. La loro specializzazione, infatti, è distruggere le cellule dell’organismo compromesse, come le cellule tumorali o le cellule infettate da virus, riconoscendole grazie ad una condizione nota come “missing self”. Questo termine descrive cellule con bassi livelli di un marker presente sulla superficie cellulare chiamato MHC I (complesso maggiore di istocompatibilità), una situazione che può verificarsi nelle infezioni virali. Esse sono state nominate “natural killer” a causa della nozione iniziale, che non richiedono l’attivazione, al fine di uccidere le cellule. Per molti anni non era chiaro come le cellule NK riconoscessero le cellule tumorali e le cellule infette. È ormai noto che il marker MHC sulla superficie di queste cellule risulta alterato e le cellule NK si attivano attraverso il riconoscimento del “missing self”. Le cellule del corpo normali non sono riconosciute e attaccate dalle cellule NK, poiché esse esprimono auto antigeni MHC intatti.

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