Feci chiare, ipocoliche, acoliche, bianche: significato, cause, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE APPARATO DIGERENTE INTESTINO DIGIUNO ILEO DUODENO STOMACO ESOFAGO FEGATO PANCREAS DIGESTIONE FECI CRASSO COLON RETTO CROHN COLITE DIARREA VOMITO DIGERIRE SANGUE CIBO MANGIl colore delle feci è un indicatore della salute di una persona. Nel caso di feci chiare, (ipocoliche o ipocromiche, acoliche, biancastre, grigie o color argilla) si può ipotizzare la presenza di patologie epatiche, colecistiche o pancreatiche. Normalmente, la presenza dei pigmenti biliari conferisce alle feci la caratteristica colorazione marrone: la degenerazione epatocellulare o l’ostruzione dei dotti biliari, possono interferire con la formazione o il rilascio di questi pigmenti nell’intestino, portando a feci color argilla, solitamente associate a ittero e urine scure. Vediamo ora le possibili cause di feci più chiare del normale o addirittura grigiastre o biancastre.

Leggi anche: Malattie del fegato: sintomi, prurito, alcol, tipi, autoimmuni, dieta consigliata

Tumore del dotto biliare

Segno di esordio frequente di questa patologia, le feci color argilla si possono associare a ittero, prurito, anoressia e calo ponderale, dolore all’addome superiore, diatesi emorragica e massa palpabile.

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Cirrosi biliare

Solitamente, l’evacuazione di feci color argilla segue l’insorgenza di un prurito inspiegabile che peggiora di sera, debolezza, astenia, calo ponderale e dolore addominale vago; queste caratteristiche pos­sono essere presenti per anni. Segni e sintomi associati possono includere ittero, iperpigmentazione e segni di malassorbimento, quali diarrea notturna, steatorrea, porpora, dolori lombari e ossei, dovuti a osteomalacia. Il paziente può anche sviluppare epatomegalia dolente con consistenza parenchimale dura, ematemesi, ascile, edema, e xantomi sul palmo delle mani, piante dei piedi e gomiti.

Leggi anche: Cirrosi epatica e fegato: sintomi, dieta, diagnosi, terapia e prevenzione

Colangite sclerosante

Caratterizzata da fibrosi dei dotti biliari, questa patologia in­fiammatoria cronica può determinare l’evacuazine di feci color argilla, ittero cronico o intermittente, prurito, dolore al quadrante su­periore destro dell’addome, brividi e febbre. Per approfondire: Colangite sclerosante primitiva autoimmune: cura, sopravvivenza

Colangite acuta

La colangite acuta è una infezione del dotto biliare (quello che drena la bile prodotta nel fegato verso la cistifellea) causata solitamente da batteri che provengono dalla sua confluenza nel duodeno: ciò tende a verificarsi più frequentemente se il dotto biliare è già parzialmente ostruito da calcoli biliari. Per approfondire: Colangite acuta: cause, sintomi, diagnosi, terapia, dieta

Colelitiasi

La colelitiasi biliare, cioè la presenza di calcoli nelle vie biliari, può determinare l’evacuazione di feci color argilla, quando ostruiscano il dotto biliare comune (coledocolitiasi). Tuttavia, se l’ostruzione è intermittente, le feci possono presentarsi alternativamente, normali e color argilla. Sintomi associati possono includere dispepsia e, in caso di ostruzione grave e improvvisa, la colica biliare. Il dolore, localizzato al quadrante superiore destro, s’intensifica in varie ore, può irradiarsi all’epigastrio o alla scapola e non è alleviato dalla somministrazione di antiacidi. Il dolore è associato a tachicardia, agitazione, nausea, vomito, dolorabilità al quadrante superiore dell’addome, febbre, brividi e ittero. Per approfondire: Calcolosi colecisti: sintomi, dieta e terapie dei calcoli biliari

Carcinoma epatico

Prima che in questa malattia si abbia evacuazione di feci ipocromiche, il paziente lamenta di solito altri segni e sintomi, tra cui: calo ponderale (dimagrimento), debolezza e anoressia. Nelle fasi tardive, si può avere lo sviluppo di un’epatomegalia (aumento della grandezza del fegato) dura, con modularità, ittero (colore giallastro di cute e sclere), dolore al quadrante superiore destro dell’addome, ascite, edemi declivi e febbre. Durante l’auscultazione, qualora la massa tumorale interessi una vasta parte del fegato, si potrà udire un soffio, un ronzio o uno sfregamento. Per approfondire: Tumore al fegato: sopravvivenza, aspettative di vita, terminale, decorso

Epatite

Nell’epatite virale, la comparsa di feci color argilla segnala l’inizio della fase itterica ed è solitamente seguita dall’insor­genza di ittero nell’arco di 1-5 giorni. Segni associati comprendono lieve calo ponderale e urine scure, così come il perdurare di alcuni segni della fase precedente alla comparsa dell’ittero, quali anoressia ed epatomegalia dolente. Durante la fase itterica, il paziente può divenire irritabile e sviluppare dolore al quadrante superiore destro dell’addome, splenomegalia, ingrossamento dei linfo­nodi cervicali e intenso prurito. Una volta scomparso l’ittero, il paziente continua a lamentare astenia, flatulenza, dolore o dolorabilità addominale e dispepsia, sebbene l’appetito torni solitamente alla normalità e l’epatomegalia scompaia. La fase postitterica dura generalmente da 2 a 6 settimane, con recupero completo nell’arco di 6 mesi. Nell’epatite colestatica non virale, si ha la presenza di feci acoliche color argilla, con altri segni di epatite virale. Per approfondire, leggi:

Tumore della testa del pancreas

L’ostruzione del coledoco, associata a questo tumore insidioso, può causare la presenza di feci color argilla. Manifestazioni classiche associate includono dolori all’addome o alla schiena, ittero, prurito, nausea e vomito, anoressia, calo ponderale, astenia, debolezza e febbre. Altri possibili effetti sono diarrea, lesioni cutanee (soprattutto sugli arti inferiori), labilità emotiva, splenomegalia e segni di sanguinamento gastrointestinale. L’auscultazione può mettere in evidenza un soffio nell’area periombelicale e nel quadrante supe­riore sinistro dell’addome. Per approfondire: Tumore al pancreas: aspettativa di vita, sopravvivenza, guarigione

Pancreatite acuta

Questo disturbo infiammatorio può determinare la comparsa di feci color argilla, urine scure e ittero. Solitamente, provoca anche l’insorgenza di un intenso dolore epigastrico che si irradia alla schiena e si aggrava in posizione supina. Reperti associati possono includere nausea e vomito, febbre, resistenza e dolorabilità addo­minale, peristalsi e crepitii alle basi polmonari. Nella pancreatite grave, i reperti comprendono marcata agitazione psicomotoria, tachicardia, cute viscida e fredda, estremità sudate. Per approfondire: Pancreatite acuta: terapia, dieta, complicanze, morte

Feci chiare nei bambini

I bambini producono molto spesso le feci color argilla, quindi chiare. Ciò non deve scatenare in voi ansie particolari, specialmente se si tratta di un episodio non ricorrente. Di solito dipende dagli adattamenti dell’apparato gastrointestinale del piccolo. In alcuni casi possono comunque segnalare un disturbo metabolico perciò il sintomo deve essere in ogni caso riferito al pediatra. Dovete infatti tener presente che anche la celiachia può portare alla comparsa di feci chiare e molli per via che il corpo non è stato in grado di metabolizzare il glutine.

Leggi anche: Feci gialle, giallo oro, giallastre: cause ed interpretazione clinica

Diagnosi

La diagnosi della patologia o condizione che causa a monte la formazione di feci dal colore anomalo, si può servire di vari strumenti, tra cui:

Tra le analisi del sangue più importanti per valutare la funzionalità del fegato, ci sono:

Terapia

Non esistendo una causa unica che determini la formazione di feci più chiare del normale, non esiste neanche una cura unica che vada bene per ogni singolo caso di feci più chiare del normale: la cura deve essere impostata in base alla diagnosi, che viene effettuata con esami di laboratorio e di diagnostica per immagini (rx, TAC, endoscopia…). Una volta trovata e curata la causa a monte, il problema dovrebbe risolversi.

Le feci tornano al loro colore normale?

Di solito si. Una volta curato il problema che ha determinato la formazioni di feci di colore anomalo, le feci tornano ad essere marroni. Se però le cause alla base non sono curabili, come alcune forme di tumori o la malattia epatica, anche le feci resteranno dello stesso colore dell’argilla.

Quando le feci chiare sono collegate alla diarrea

La diarrea può avere come sintomo anche le feci chiare. Il motivo può essere la diluizione degli escrementi, il cui colore appare quindi tenue. Aspettate la fine del problema e vedrete probabilmente tornare le feci al loro colore normale. Se invece non torna alla normalità, dovete consultare il vostro medico.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Il diabetico può mangiare la pizza? Quale preferire?

MEDICINA ONLINE PIZZA PIADINA NAPOLETANA ROMANA ROSSA EMILIANA POMODORO FORMAGGIO MOZZARELLA RISTORANTE CIBO CALORIE MANGIARE OLIO PASTA PANE INGREDIENTI TAVOLA LIGHT DIETA DIMAGRIRE INGRASSARELa pizza è uno dei cibi che fa alzare maggiormente la glicemia e non dovrebbe essere mangiata spesso dal paziente diabetico (una pizza media di 300 gr ha 800 cal). Tuttavia questo divieto non è assoluto, specie se la pizza ha il condimento adeguato.

Il diabetico può dunque mangiare anche un alimento come la pizza, possibilmente relegandola al fine settimana. Ok per la pizza una volta a settimana, nella versione margherita o marinara (pomodoro, olio, origano), purché sia fatta “a regola d’arte” (vale a dire ben lievitata e realizzata con prodotti di prima qualità), purché la abbinate ad un bel piatto di insalata (le fibre aiutano ad abbassare il carico glicemico) e purché la vostra glicemia ve lo consenta.

Altra raccomandazione, preferire appunto varianti semplici ed evitare ad esempio le famose “pizze con patate fritte” o pizze con condimento di patate, anche bollite. In quel caso l’indice glicemico schizza in alto. No all’abbinamento con coca cola o birra, quest’ultima se ricordate ha gli indici glicemici tra i più elevati. Insomma, moderazione è la parola d’ordine, non “rinuncia” o “divieto”.

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Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, estremamente utili per aiutare il diabetico ed il pre-diabetico a mantenere i giusti livelli di glicemia, perdere peso e migliorare la propria salute. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Il diabetico può mangiare il melone? Quante calorie ha?

MEDICINA ONLINE BERE GELATO MELONE FRUTTA DIABETE BEVANDA CALORIE SODIO GLICEMIA GASSATA OLIGOMINARALE RICETTA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBO PASTO LONTANO DAI PASTIIl melone contiene soltanto 34 calorie per 100 grammi, circa 8 grammi di carboidrati e 0,9 grammi di fibra alimentare. Inoltre contiene molta acqua, fibre, e sali minerali, come vitamina C, vitamina B, potassio, fosforo, magnesio e calcio. Il melone può essere assunto dal diabetico, in dosi moderate e possibilmente lontano dai pasti principali.

Importante: in caso di dubbio, il paziente diabetico può – sotto controllo medico – monitorare la propria risposta glicemica all’assunzione di certi alimenti, annotando i valori su un taccuino e raffrontando le relative glicemie.

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Pancreas artificiale: monitora e fornisce insulina per il paziente diabetico

MEDICINA ONLINE DUODENO PANCREAS DIGESTIONE GLICEMIA DIABETE ANALISI INSULINA ZUCCHERO CARBOIDRATI CIBO MANGIARE DIETA MELLITO TIPO 1 2 CURA TERAPIA FARMACI STUDIO NUOVE TENOLOGIE TERAPIE.jpgL’industria medicale è da anni impegnata nello sviluppo di un pancreas artificiale, ovvero un sistema tecnologico che riproduca fedelmente la funzione biologica del vero organo umano. Se ne è parlato oggi a Roma all’incontro ‘Meet the Scientist. La rivoluzione tecnologica nel diabete’, organizzato da Medtronic Italia che da oltre 30 anni si dedica alla ricerca e sviluppo di questo progetto. L’organo hi-tech regolerà automaticamente i livelli di glucosio nell’organismo, consentendo alle persone con diabete di tipo 1 un miglior controllo glicemico, alleggerendo sensibilmente il peso della gestione del diabete stesso.

A differenza di un organo sostitutivo tradizionale, il pancreas artificiale non è posto all’interno del corpo umano, e comprende 3 elementi:

1) Microinfusore di insulina, un dispositivo che somministra in modo continuo piccoli quantitativi di insulina. Si tratta di un device esterno, collegato con l’interno attraverso un piccolissimo tubicino di plastica inserito sottocute, di solito nell’addome; contiene insulina nel serbatoio interno del microinfusore e il paziente cambia il serbatoio e il tubicino ogni 2 o 3 giorni.

2) Sistema di monitoraggio continuo della glicemia (Cgm): rileva ogni 5 minuti i valori di glicemia nel liquido sottocute attraverso un piccolissimo sensore. Il paziente ha il sensore dotato di un piccolissimo elettrodo inserito sottocute; il sensore è collegato a un trasmettitore che invia le letture al microinfusore d’insulina; il sensore va sostituito all’incirca ogni 6 giorni e richiede calibrazione periodica con un dispositivo glicemico.

3) Algoritmi avanzati: si tratta di complesse formule matematiche all’interno del microinfusore di insulina, che calcolano quanta ne vada somministrata nei vari momenti della giornata, in base alle letture del Cgm. E se gli algoritmi odierni regolano la somministrazione automatica dell’insulina in risposta a letture del Cgm di valori bassi pre-impostati, la tecnologia futura del pancreas artificiale realizzerà una somministrazione dell’insulina completamente automatica.

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Il diabetico può mangiare la frutta secca?

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Le noci fanno bene al cuore perché abbassano il colesterolo cattivo. Consumate regolarmente proteggono da cancro e diabete di tipo 2. Attenzione però al loro contenuto calorico: due o tre noci al giorno per 2-3 volte alla settimana sono la quantità ideale consigliata anche dagli Esperti. Se le inseriamo sulla nostra tavola questi frutti secchi possono contribuire a migliorare le difese antiossidanti naturali, proteggendo cuore e arterie (minor rischio del 35-53%), migliorando il profilo dei lipidi nel sangue (riduzione del colesterolo “cattivo” LDL e dei trigliceridi e aumento del colesterolo “buono” HDL) ed esercitando un’azione antinfiammatoria generalizzata.

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Il diabetico può mangiare il gelato?

MEDICINA ONLINE BERE GELATO FRAGOLE DIABETE BEVANDA CALORIE SODIO GLICEMIA GASSATA OLIGOMINARALE DISTILLATA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA MARE GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBO PASTO LONTANO DAI PASTIIl diabete è una malattia cronica caratterizzata da un patologico aumento dei livelli di glucosio nel sangue, a causa della mancanza o di un’alterazione nelle funzioni dell’insulina, un ormone secreto dal pancreas indispensabile al metabolismo degli zuccheri e al loro utilizzo come fonte di energia.

Il gelato contiene zuccheri aggiunti (saccarosio, glucosio, fruttosio), oltre a quelli provenienti dal latte (lattosio) e dalla frutta (fruttosio). A patto di seguire alcune semplici regole, tuttavia, anche i diabetici possono gustare del buon gelato artigianale.

Tutta questione di equilibrio
La scienza medica e quella dell’alimentazione fino a qualche tempo fa tendevano a prescrivere ai diabetici divieti assoluti nei confronti dei cibi contenenti zucchero, fosse questo glucosio, saccarosio, fruttosio o lattosio, ma per fortuna le cose sono cambiate.
Oggi si tende a ragionare in termini di equilibrio tra le varie componenti nutrizionali e così, all’interno di una dieta corretta è possibile inserire il gelato come tutti gli altri alimenti e non è necessario ricorrere al cosiddetto “gelato per diabetici”: con i dovuti accorgimenti ci si può concedere del sano gelato artigianale, così come tante altre cose buone.

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Sì a fine pasto, in sostituzione della frutta
Quali accorgimenti? Trattandosi di un alimento che porta alla produzione di glucosio, innanzitutto, il gelato va sostituito e non aggiunto ad altri cibi contententi carboidrati come frutta, pane, pasta, riso, in quantità tali da rispettare il complessivo apporto calorico.
Per esempio, una coppetta di gelato artigianale potrebbe essere sostituita alla frutta in chiusura di un pasto che ha visto un buon apporto di verdure e di fibra in generale, in grado di rallentare l’assorbimento del glucosio. Senza dimenticare che nei soggetti insulino dipendenti il pasto viene preceduto dalla somministrazione di insulina.

Cosa invece evitare
Quello che i soggetti portatori di diabete dovrebbero evitare è il gelato a merenda o comunque fuori pasto, perché lo zucchero aggiunto, oltre a quello contenuto nel latte ed eventualmente nella frutta, provocherebbe un brusco innalzamento della glicemia. Ricordiamo che in ogni caso è buona regola consultare il diabetologo, che saprà consigliare modi e tempi per le situazioni specifiche.

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I migliori glucometri per misurare la glicemia

I migliori apparecchi di ultima generazione per l’automonitoraggio della glicemia, selezionati, consigliati ed usati dal nostro Staff sanitario, sono i seguenti:

Sono strumenti abbastanza economici, tuttavia ottimamente costruiti, affidabili e professionali, prodotti da aziende che da anni sono leader mondiali nella produzione di tecnologie sanitarie.

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Il diabetico può mangiare le fragole ed altra frutta?

MEDICINA ONLINE BERE GELATO FRAGOLE DIABETE BEVANDA CALORIE SODIO GLICEMIA GASSATA OLIGOMINARALE DISTILLATA INGRASSARE DIMAGRIRE INSULINA MARE GLICATA COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBO PASTO LONTANO DAI PASTIQuando si parla di glicemia alta e di diabete di tipo 2 si scatenano le leggende metropolitane e i falsi miti. E’ facile imbattersi in pareri contrastanti e in coloro che sconsigliano, in chi soffre di diabete, tutti i frutti tranne la mela. Spesso i frutti contenenti più zuccheri vengono banditi. Per fare un po’ di ordine mentale va detto che la frutta contiene zuccheri (carboidrati) e alcuni frutti più di altri ma per poter conciliare iperglicemia e/o diabete di tipo 2 e consumo di frutta occorre considerare il “carico glicemico” del frutto e del pasto in cui si consuma frutta. Questo perché la quantità totale di carboidrati ricavati dagli  alimenti assunti è spesso più importante dell’indice glicemico. In altre parole possiamo dire che è la porzione a fare la differenza: la frutta zuccherina non deve essere per forza allontanata dalla tavola ma occorre consumarne una porzione ridotta.

Quanta frutta posso mangiare?

Chi soffre di iperglicemia e diabete di tipo 2 dovrebbe consumare una porzione di frutta che contenga al massimo 15 g di carboidrati/zuccheri. A quanto corrisponda la porzione di frutta non è facile da determinare, dipende innanzitutto dalla quantità di zuccheri presenti nel frutto. Quindi per i frutti più zuccherini la porzione sarà minore rispetto ai frutti con minor contenuto di carboidrati. Inoltre c’è da considerare anche che la quantità di zuccheri dipende dal grado di maturazione e che la velocità con cui i carboidrati saranno assorbiti dipende anche dalla contemporanea assunzione di altri nutrienti e dalla presenza di fibra alimentare, già naturalmente presente nella maggior parte dei frutti. Più fibra c’è e minore è il picco glicemico raggiunto dopo la digestione. Nota bene: succhi di frutta e spremute, anche se non hanno zuccheri aggiunti, hanno un indice glicemico più alto del frutto consumato in maniera intera. Inoltre c’è da considerare che non tutti i diabetici sono uguali nelle loro condizioni, nel loro metabolismo e di conseguenza nei loro fabbisogni nutrizionali, quindi identificare con certezza la porzione non è mai semplice. Sarebbe opportuno che la persona diabetica impari a fare delle prove e a controllare le risposte glicemiche con l’automisurazione della glicemia in modo tale da identificare la porzione che il suo metabolismo è in grado di tollerare senza avere picchi glicemici elevati.

Quali frutti posso mangiare?

Non esistono divieti assoluti ma occorre imparare a gestire quantità e frequenza di consumo. I frutti zuccherini, come cachifichibananeuvafrutta essiccatafrutta sciroppata, sono generalmente sconsigliati e se ne raccomanda un consumo moderato in quantità e frequenza. Altri frutti freschi come melepereagrumilamponimirtilli e frutti di bosco in genere, nespolealbicocchepesche possono essere consumate quotidianamente con la raccomandazione di imparare a gestire la porzione e la frequenza in funzione dell’andamento della glicemia.

Posso mangiare la frutta dopo il pasto?  

Fare attenzione al consumo di frutta dopo un pasto già ricco di carboidrati. Se si mangia la pizza e poi una coppetta di fragole e dopo il pasto la glicemia risulta alta non è colpa delle fragole ma della grande quantità di carboidrati assunti con la pizza. Stessa cosa se nel pasto si è consumata una porzione generosa di pasta e/o pane. Può capitare che il diabetico verifichi la glicemia alta e che ne attribuisca la causa alla frutta. In realtà è il carico glicemico del pasto ad essere stato eccessivo. Considerato che la frutta fresca e di stagione apporta una serie di nutrienti e sostanze utili non andrebbe eliminata ma andrebbero ridotte le porzioni degli altri alimenti ricchi di zuccheri del pasto mantenendo anche la frutta in una proporzione reciproca che permette di tenere i livelli di glicemia sotto controllo.

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Dotto epatico comune, cistico e coledoco: anatomia del sistema biliare

MEDICINA ONLINE BILE DOTTO EPATICO COMUNE CISTICO COLEDOCO CISTIFELLEA COLECISTI FEGATO DIGESTIONE ANATOMIA SCHEMA SISTEMA BILIARE SINTESI IMMAGINE.jpgIl “sistema biliare” (in inglese “bile duct”) è un insieme di strutture anatomiche che hanno il compito di drenare la bile prodotta nel fegato dagli epatociti ed indirizzarla:

  • verso la cistifellea, per l’immagazzinamento e la concentrazione;
  • verso il duodeno, per la secrezione intestinale, quando il cibo fuoriesce dallo stomaco e si immette appunto nel duodeno.

Il sistema biliare è costituito da vasi che si possono dividere in:

  • vasi biliari intraepatici;
  • vasi biliari extraepatici.

Le vie biliari extraepatiche incominciano con i dotti epatici destro e sinistro che si uniscono nel dotto epatico comune. Quest’ultimo si connette al dotto cistico formando il coledoco che sbocca in duodeno. Essi traggono la loro origine a livello dell’ilo (porta) del fegato, luogo nel quale tutti i vasi e i dotti penetrano nell’organo; si formano dalla coalescenza di capillari e dotti biliari intraepatici che finiscono col formare due radici biliari nell’ilo, quella di destra e quella di sinistra, e quindi il dotto epatico comune lungo 2–3 cm e del diametro di circa 5 mm. Questo condotto appena emerso dal fegato si unisce al dotto cistico, che drena la cistifellea, e forma un unico dotto escretore, il coledoco.

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Il coledoco che raccoglie tutte le vie biliari (epatica e cistica) è lungo circa 4–5 cm e di 6 mm di calibro, esso corre nel legamento duodenoepatico, passa dietro la testa del pancreas e davanti la vena cava, poi attraversa trasversalmente lo spessore della parete duodenale dove si unisce con il dotto pancreatico e sbocca nella papilla duodenale maggiore, piccola rilevazione con foro centrale della mucosa del duodeno discendente. Nel tratto terminale si affianca al coledoco il dotto pancreatico, col quale può riunirsi a breve distanza dallo sbocco, ma numerose sono le varianti anatomiche:

  • unico sfintere, unica papilla, unico dotto (ampolla epatopancreatica)
  • unico sfintere, unica papilla, unico dotto sepimentato
  • unico sfintere, unica papilla, due dotti (ampolla bipartita)
  • unico sfintere, due papille (papilla bipartita)
  • doppio sfintere.

La papilla e l’ampolla son dette “del Vater“; avremo quindi l’ampolla del Vater e la papilla del Vater, tubercolo raccolto in una borsa della mucosa duodenale detta tubercolo del Vater. Lo sfintere è invece chiamato sfintere di Oddi o del Glisson.

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