Ipertensione intracranica: l’aumento della pressione endocranica

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Una emorragia cerebrale può causare un pericoloso aumento della pressione intracranica

La “pressione intracranica” o “pressione endocranica” (acronimo “PIC) è, come intuibile, la pressione presente all’interno del cranio. La pressione intracranica è direttamente proporzionale al volume intracranico. Nell’adulto il volume intracranico è di circa 1700 ml e comprende:

  • l’encefalo (che corrisponde ad un volume di 1450 ml),
  • il liquor (stimato intorno ai 140 ml),
  • il sangue intravascolare (150 ml).

Il volume e, di conseguenza, la pressione intracranica devono rimanere costanti poiché, dal momento che la scatola cranica non si può espandere, un aumento della pressione può non solo danneggiare direttamente le delicate strutture presenti all’interno del cranio per compressione, ma danneggiarle anche indirettamente interferendo con il flusso ematico cerebrale, dal momento che un aumento esagerato della pressione intracranica crea un “muro pressorio” che impedisce al sangue – in arrivo dal cuore – di irrorare normalmente i tessuti cerebrali.

Vi sono cinque meccanismi principali che giustificano un aumento della pressione intracranica:

1. Aumento del volume (effetto massa). Abbiamo prima visto che il volume intracranico non deve aumentare, pena l’aumento della pressione intracranica. In effetti l’aumento volumetrico delle strutture contenuto nel cranio, sia per l’aumento di volume di strutture preesistenti che di strutture neoformate, è la più importante e frequente causa di ipertensione intracranica. L’aumento di volume può essere dovuto ad un tumore cerebrale, un ascesso, un’emorragia (ad esempio in caso di ictus emorragico, con formazione di ematoma), una contusione o un infarto massivo, un ematorna epidurale o subdurale, oppure un edema cerebrale acuto come si verifica negli stati anossici, nell’encefalopatia ipertensiva, in alcuni tipi di encefalite, nell’intossicazione da ac-
qua, nei traumi cerebrali e nella sindrome di Reye.

2. Aumento della pressione venosa da trombosi del seno sagittale, insuffi-
cienza cardiaca od ostruzione della vena cava superiore, che fanno au-
mentare il volume del sangue nelle vene piali e nei seni durali, con pro-
babile ostacolo anche al riassorbimento del liquor.

3. Ostacolo al flusso e al riassorbimento del liquor con conseguente idroce-
[alo: l’ostruzione può essere a livello dei ventricoli, nei punti di assorbi-
mento dei vili i aracnoidei o intorno alla base del cranio. Le cause prin-
cipali sono i tumori, la meningite e l’emorragia subaracnoidea.

4. Espansione del comparto liquorale, che causa anche idrocefalo, in rari
casi provocata da un eccesso di produzione di liquor determinato da un
papilloma del plesso coroideo o da un aumento acuto del volume di LCS
per un’ emorragia subaracnoidea.

5. Rigonfiamento cerebrale diffuso pseudotumorale, che si sviluppa se non
vi è pressione differenziale tra i ventricoli e lo spazio Iiquorale sopra la
convessità cerebrale. La maggior parte dei casi è idiopatica.
Queste condizioni di ipertensione endocranica vengono descritte di seguito.

Con la testa e il tronco sollevati di 45°, la pressione oscilla normalmen-
te tra 2 e 5 mmHg. Si parla di ipertensione endocranica o intracranica
quando la pressione del LCS è superiore a 200 mmH20 (14 mmHg), anche
se livelli stabili fino a 30 mmHg non sono pericolosi. Sopra tali livelli, ini-
ziano a comparire segni clinici di aumento della pressione intracranica: ce-
falea, nausea, vomito e ottundimento, seguiti da paralisi del retto laterale,
papilledema, annebbiamento visivo e, infine, cecità. I segni dovuti a dislo-
cazioni delle strutture cerebrali all’interno del cranio, come la dilatazione
pupillare, le paralisi dell’abducente, l’ottundimento o lo stupor, l’aumento
della pressione arteriosa sistolica e la bradìcardia (risposta di Cushing da
compressione bulbare), non hanno un rapporto diretto con l’entità della
pressione intracranica. I pazienti conservano una normale funzione men-
tale e un’adeguata circolazione cerebrale anche con pressioni fino a 30-40
mmHg, purché sia mantenuta la pressione arteriosa. A 40-50 mml-Ig il nus-
so ematico cerebrale si riduce; aumenti ritmici della pressione Iiquorale
(onde di Lundberg) si sovrappongono e sopraggiunge il coma.

La prevenzione degli innalzamenti della pressione intracranica sopra i
15-20 mml-Ig sembra migliorare la prognosi delle malattie associate a iper-
tensione endocranica. Misure efficaci sono: collocare la testa e le spalle
con un’angolazione di 15-20° rispetto al piano di decubito; controllare l’as-
sunzione di acqua per os sostituendola con soluzione salina per via endo-
venosa; iperventilazione meccanica per ridurre la CO2; impiego di agenti
iperosmolari o diuretici (per mantenere I’osrnolalità sopra le 290 m’Osm/l),
La riduzione della P co, attraverso J’iperventilazione causa vasocostrizione,
che riduce il volume plasmatico cerebrale, il che a sua volta abbassa la
pressione intracranica (anche se solo per un’ora o meno). Il rnannitolo,
somministrato in bolo alla dose di 0,25-0,5 g/kg per via endovenosa ogni
3-4 ore, è l’agente iperosmolare più diffuso. Alcuni neurochirurghi prefe-
riscono usare la furosemide, il glicerolo o una soluzione salina ipertonica,
specialmente in sala operatoria. L’indicazione all’impiego di alte dosi di
barbiturici al fine di ridurre la pressione intracranica è ancora oggetto di
controversie, sia per il rischio di ipotensione, sia per l’assenza di sufficienti
evidenze sperimentali di efficacia. In molti casi la rimozione chirurgica di
una massa focale (tumore o ematoma subdurale, epidurale o intraparen-
chimale) o la decompressione di un edema cerebrale ìnfartuale mediante
emicraniectomia costituiscono i mezzi più efficaci per ridurre la PIe.

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