Il comportamento può essere un importante indice di comprensione dell’individuo poiché diviene un linguaggio attraverso cui il corpo esprime emozioni e pensieri. Il vero iniziatore della scienza del linguaggio del corpo fu Darwin che nel 1872 avanzò l’ipotesi, ampiamente dimostrata dalle ricerche successive, che gran parte del comportamento gestuale dell’uomo sia universale e geneticamente ereditato.
Il comportamento, quindi, le modalità con cui si esprimono all’esterno le caratteristiche individuali di una persona, costituisce, se saputo esaminare, una forma interessante di comunicazione, la comunicazione non verbale (CNV). Questa è percepita in maniera più immediata di quella verbale (anche spesso in modo inconsapevole) soprattutto perché è più arcaica, ha un’origine biologica ed è mediata prevalentemente dalle strutture cerebrali arcaiche che sottendono i comportamenti basilari di sopravvivenza, come la reazione di attacco o fuga e il comportamento aggressivo. Ekman et al. (1969) hanno studiato e osservato il comportamento non verbale di uomini di cinque culture e di cinque continenti diversi, giungendo alla conclusione che essi condividevano, nonostante le differenze culturali, gli stessi gesti di base, la stessa mimica.
La comunicazione non verbale è quindi principalmente innata, ma in una certa misura è soggetta a schemi di apprendimento: infatti noi apprendiamo come, quando e quanto sia opportuno esprimere le nostre emozioni; inoltre, fattori culturali possono condizionare il comportamento espressivo del volto, delle mani, degli arti, del corpo. Dunque il linguaggio non verbale è derivato da capacità innate sviluppate filogeneticamente, formate culturalmente e plasmate personalmente.
Secondo lo psicologo inglese Michael Argyle (11 August 1925, Nottingham – 6 September 2002) le modalità di impiego della CNV possono essere così riassunte:
- come sostegno del linguaggio verbale;
- per sostituire il linguaggio verbale;
- per esprimere emozioni;
- per esprimere atteggiamenti interpersonali;
- per trasmettere informazioni sulla persona;
- per cerimonie e nei rituali;
- nella propaganda, nelle assemblee oppure nelle manifestazioni politiche;
U nelle arti.
La CNV può essere inoltre usata per esprimere concetti che sarebbe difficile esprimere a parole oppure per esprimere concetti in modo rapido e maggiormente incisivo rispetto alle “semplici” parole.
Segnali della CNV
Argyle nel 1972 distingue 10 segnali coinvolti nella comunicazione non verbale, di seguito elencati.
1) Contatto corporeo
Riguarda i comportamenti di contatto fisico con le persone. Tale sistema è la forma più primitiva di azione sociale e può esprimere l’esigenza innata di contatto che dia rassicurazione e affetto, ma ovviamente anche una forma diretta di minaccia personale. Ci sono varie forme di contatto corporeo la cui frequenza e intensità variano a seconda del grado di intimità, del luogo, pubblico o privato e delle differenze interculturali. Esistono, inoltre, zone del corpo (come mani, braccia, spalle e parte superiore della schiena), il cui contatto può essere permesso anche ad estranei, mentre altre zone possono essere toccate solo da persone con cui si ha una relazione intima oppure da specifici professionisti, per esempio, medici, fisioterapisti, massaggiatori, ma solo in situazioni adeguate (ad esempio uno studio medico).
2) Distanza o vicinanza interpersonale
Rappresentano un segnale significativo dal punto di vista sociale, poiché dimostrano immediatamente il grado di intimità e il tipo di rapporto che c’è tra gli interlocutori, come anche eventuali relazioni di dominanza e i ruoli sociali. Le norme che regolano questo aspetto del comportamento spaziale dipendono, a loro volta, da quelle (spesso implicite) esistenti nelle differenti culture di appartenenza.
3) Orientamento nello spazio relazionale
Ci fornisce l’indicazione di come la persona si pone nei confronti del suo interlocutore e di che tipo di relazione vuole instaurare con questo.
4) Aspetto esteriore
Può essere curato o trasandato, bizzarro o nella norma, pulito o sporco, eccentrico o conformista, va inteso anch’esso come una forma di CNV in quanto provvede all’auto-presentazione, cioè alla trasmissione di messaggi personalizzati riguardanti il proprio status sociale, il ruolo ricoperto nella situazione presente e più in generale la personalità e l’atteggiamento emotivo.
5) Postura
Intesa da Ekman e Friesen (1969) come la modalità di espressione corporea che rivela l’intensità delle emozioni provate dall’individuo che può assumere diversi significati. Secondo l’interpretazione psicoanalitica, ogni posizione può essere interpretata in modo specifico come si può vedere nella seguente tabella che mostra l’interpretazione di alcuni comportamenti non verbali:
6) Cenni del capo
Sono correlati ai messaggi di assenso o di diniego, ma dipende dal tipo di cultura di provenienza del soggetto. Nella maggior parte del mondo occidentale il no è espresso come cenno di diniego con un’oscillazione rotante della testa sull’asse orizzontale, mentre il sì cenno di consenso con un’oscillazione della testa in avanti sull’asse verticale, ma questa regola non è valida in tutto il mondo, per esempio in Bulgaria, come anche in Nepal, il significato di questi gesti è invertito. In genere, un cenno del capo da parte dell’ascoltatore è percepito dal parlante come assenso e partecipazione a ciò che sta dicendo; funge come rinforzo, come conferma di un interesse mostrato dall’ascoltatore al parlante e in più facilita la sincronizzazione del discorso fra i due interlocutori. Chi piega la testa in avanti e permane in questa posizione indica che prova ostilità ed è possibile che questo atteggiamento sia accompagnato da braccia e gambe incrociate.
7) Espressione del volto
Costituisce il canale privilegiato attraverso il quale vengono manifestate le emozioni. Il volto infatti esprime in modo difficilmente controllabile emozioni e atteggiamenti interpersonali attraverso i movimenti delle sopracciglia e della fronte, gli spostamenti degli occhi e l’uso del sorriso.
8) Sguardo
Riveste un ruolo importante nel segnalare una interazione verbale; tipicamente chi ascolta segnala che la sua attenzione è disponibile guardando la bocca o gli occhi di chi parla; quando viene il turno per chi parla di ascoltare vi è usualmente un segnale fatto con lo sguardo: cioè chi parla guarda verso l’ascoltatore e quest’ultimo segnala che è pronto a parlare distogliendo lo sguardo.
9) Gesti
Sono particolarmente rilevanti in diverse culture. Numerosi autori hanno elaborato delle categorie di sistematizzazione dei gesti, tra questi Ekman e Friesen (1969) propongono la seguente distinzione: segnali emblematici, emessi intenzionalmente con significato specifico che può essere direttamente tradotto in parole e addirittura ripetere e sostituire il contenuto della comunicazione verbale (per esempio l’OK degli americani); gesti illustratori, rappresentati da tutti quei movimenti fatti con le mani che normalmente vengono realizzati nel corso della comunicazione verbale, il cui scopo principale è quello di illustrare ciò che si va dicendo; indicatori dello stato emotivo che completano l’espressione del volto e servono per evidenziare gli stati di tensione psicologica attraverso vari movimenti tipici che possono essere, per esempio, lo stringere forte i pugni per sottolineare uno stato di rabbia; segnali regolatori, che tendono a controllare il flusso della conversazione, dicono a colui che parla di continuare, di ripetere, di affrettarsi, di diventare più interessante, e sono oggettivamente capaci di influenzare il comportamento comunicativo del nostro interlocutore; infine i gesti di adattamento che secondo Ekanan e Friesen sono quei gesti che, appresi per primi nell’infanzia come parte di sforzi di adattamento per soddisfare se stessi o i bisogni corporei o per eseguire azioni corporee, o per dirigere le emozioni, o per sviluppare e mantenere contatti interpersonali, ricompaiono, quasi casualmente, nella mimica e nella gestualità dell’adulto.
10) Aspetti non linguistici o paralinguistici
Comprendono anche una serie di elementi propriamente linguistici che sono in parte indipendenti dalle parole pronunciate, fra cui:
- la qualità della voce, data dal volume e dal tono della voce, dalla cadenza nel modo di parlare, dalla modulazione della voce;
- le vocalizzazioni che si distinguono ulteriormente in caratterizzatori vocali (pianto, sospiri, riso) che esprimono le emozioni; in qualificatori vocali (timbro, intensità, estensione) che qualificano il verbale; e infine in segregati vocali che includono i suoni uhm, eh, i quali intercalano le parole (Bonaiuto, Maricchiolo, 2003).
Per approfondire:
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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