Differenza tra dolore somatico e psicosomatico

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Plastica Cavitazione Dieta Peso Dietologo Roma Cellulite Sessuologia Smettere fumare Mestruazioni dolorose Sintomi cura DismenorreaDolore somatico
È un dolore che spesso si presenta con sintomi acuti, che coinvolge e trova origine nel corpo e nei danni o traumi legati a tessuti dell’organismo. Si distingue tra dolore somatico vero e proprio, ossia l’eccitazione dei sensori del dolore situati nella cute, nei muscoli, nelle articolazioni e nelle ossa, e dolore somatico viscerale, ossia il dolore che nasce dagli organi interni. In entrambi i casi lo stimolo doloroso è acuto. Di solito è controllabile con antinfiammatori e analgesici.

Dolore psicosomatico
Nel dolore psicosomatico al dolore fisico si accompagna sempre una componente emotiva che molto spesso ne moltiplica gli effetti fino a renderlo insopportabile o, al contrario, riesce ad attutirlo fino a cancellarlo. Perché questo accada non è ancora del tutto chiaro. Secondo alcune teorie la percezione del dolore stimolerebbe l’individuo a compiere atti di “lotta o fuga” per conservare se stesso. Rimane comunque difficile classificare “categorie” emotive riferite al dolore. Ogni individuo vive infatti il dolore in modo del tutto personale a causa di molte variabili.

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Come vincere l’ansia per evitare di mangiare fuori pasto

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CHE COSA PUOI FARE PER CONTROLLARTI

  • I tuoi pasti devono essere equilibrati e completi.

Se non è così, è facile che si risvegli l’appetito prima di arrivare al pasto seguente, quindi abbasserai la guardia e ti verrà voglia di mangiare senza controllo qualsiasi cosa, soprattutto alimenti poco sani e molto ricchi di calorie e grassi.

  • Prolunga il senso di sazietà per più tempo. Il modo migliore per non soffrire di ansia da cibo è avere un senso di stomaco pieno. Esistono alimenti e consigli nutrizionali che ti possono aiutare a mantenere la sensazione di pienezza più a lungo.
  • Devi anticipare la sensazione di fame. Avere forza di volontà ti aiuterà a raggiungere il tuo obiettivo, ma esistono molti altri trucchi che possono far sì che una dieta dimagrante risulti semplice e gradevole e non si trasformi in una tortura, ma anzi il contrario: è la migliore alleata perché si riesca a cambiare abitudini.

Perché si prova un senso di fame?

La fame è il risultato di un processo particolarmente complesso in cui intervengono numerosi fattori biochimici. 

  • L’insulina gioca un ruolo importante, poiché serve a regolare i livelli di glucosio nel sangue.Quando la glicemia si abbassa, l’organismo avverte che gli manca energia e questo fa in modo che si provi appetito.
  • La leptina. Quando nell’organismo aumenta il grasso, gli adipociti, cioè le cellule di grasso, producono leptina e la liberano nel sangue; questo ormone arriva all’ipotalamo e dà il segnale di sazietà.
  • La colecistochinina è un altro tipo di ormone che genera sazietà. Viene prodotto in risposta alla presenza di alimenti nell’intestino, sopratutto in quello crasso, però, se mangi carboidrati, il segnale che fa smettere di mangiare non si genera.
  • La grelina. Questo ormone è prodotto dallo stomaco quando è vuoto e, quando arriva al cervello, dà l’ordine di attivare l’appetito.

Come sentirsi sazi senza esagerare a tavola? 

La prima garanzia anti-spiluccamento è che si verifichi una doppia condizione: che all’organismo non manchi mai energia e che senta di aver mangiato bene.

Segui questi consigli per riuscire nel tuo intento.

  • Mangia meno, ma più volte. Suddividi i tuoi pasti quotidiani in cinque momenti, compresa una ricca colazione, e cerca di mantenere un orario regolare, senza lasciar passare più tre ore fra i pasti.

Saltarne uno di questi, soprattutto la colazione, è controproducente per il peso perché allora si prova un senso di fame ed in questo stato è difficile resistere all’impulso mangiucchiare qualsiasi cosa.

  • Non eccedere, ma fai in modo che le calorie siano sufficienti. Se la tua alimentazione risulta particolarmente squilibrata e non apporta all’organismo l’energia di cui ha bisogno, è probabile che non controlli l’impulso di mangiare e che questo porti a molti eccessi.

Di sicuro, quando ti alimenti bene, eviti gli attacchi improvvisi di fame, ovvero, tieni l’appetito sotto controllo. Pertanto, la cosa migliore per evitare di spizzicare è adeguare sempre l’alimentazione alle richieste energetiche dell’organismo.

  • Inganna il cervello. Per inviare il segnale di sazietà, il cervello si basa anche sulla valutazione di elementi esterni. Per esempio, percepisce di aver mangiato di più se le posate sono grandi o il piatto resta vuoto. Questo ti aiuterà a sentirti soddisfatto prima ed eviterai così di mangiare più di quanto necessario. Un’altra buona idea è scegliere alimenti molto voluminosi che apportano poche calorie nonostante che tu ne possa prendere una bella porzione.

Gli alimenti che hanno un maggior volume e meno calorie sono di solito quelli che contengono una grande quantità d’acqua, fibra ed una bassa percentuale di grassi (verdura, frutta, funghi). Questi apportano anche un maggiore effetto saziante, quindi, se li scegli, avrai la sensazione di aver mangiato abbastanza.

 Cibo  Quantità Calorie 
« SPINACI 250 grammi (un piatto intero) 75 kcal
« LATTUGA 200 grammi (un’insalata pesa di solito 100 g) 38 kcal
« CHAMPIGNON 150 grammi (una lattina ne contiene 300 g) 30 kcal
« ZUCCHINE 200 grammi (una zucchina grande intera) 22kcal

Mangiare sano non significa mangiare poco e non implica che i piatti siano monotoni. Mantieniti sazia per tutto il giorno perché sentirsi sazi mette un freno all’appetito, perciò impedisce che ci si metta a spizzicare. La distensione gastrica, i livelli di glucosio nel sangue ed il ruolo di alcuni ormoni, intervengono nella sazietà, ma lo fanno anche le caratteristiche dell’alimento che stai consumando.  Alcuni cibi hanno determinate proprietà fisiche e chimiche che influiscono sulla regolazione della sazietà sul medio e lungo periodo.

Prima di provare fame agisci in modo intelligente; non dimenticare che la sensazione di sazietà è inviata dal cervello quando questo percepisce che hai mangiato a sufficienza e che, quando lo stomaco si svuota (circa 3 ore dopo aver mangiato), torna a provare appetito. Sarà più facile evitare di spizzicare se mangi sempre, di mattina e di pomeriggio, uno spuntino.Fai una buona scelta; però tieni presente che se aspetti di avere fame corri un maggiore rischio di cadere nella tentazione di mangiucchiare qualcosa di calorico. Perciò, ti conviene ritardare questa sensazione e prendere per tempo uno spuntino che sia appetitoso, ma anche leggero, saziante e salutare.

Domina l’impulso di spizzicare cibi calorici; odore, gusto, sensazioni di piacere che ti provoca il consumare un determinato alimento sono gli elementi che stabiliscono le tue scelte nel mangiare. E’ stato dimostrato che alcuni alimenti provocano dipendenza. Perciò è essenziale imparare a dominare quest’impulso.

PRIMA DI DECIDERE DI MANGIARE QUALCOSA

  • Scegli i cibi più salutari. Quando desideri perdere peso, non devi rinunciare ad alcun alimento. Però devi ridurre quelli che sono troppo ricchi di grassi saturi (e trans), zuccheri e, pertanto, molto calorici. Questo lo otterrai senza problemi se al posto di questi alimenti, ne scegli di più sani e leggeri che però risultino anche appetibili per te. Molto spesso ciò che sta dietro all’impulso di spizzicare non è la fame, quanto uno stato d’ansia.
  • Calma la tua ansia. Se questo è il tuo caso, aggiungi nei tuoi pasti alimenti con effetto calmante come può essere l’avena (che oltre a calmare lo stress è saziante), la banana (che aumenta la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore che agisce sullo stress) e l’arancia, che apporta vitamina C ed è un nutriente essenziale in caso di ansia.
  • Inganna il tuo appetito. Nei momenti di massima tentazione, bere un infuso rilassante (per esempio di tiglio, di verbena, passiflora, papavero, melissa) ti aiuta a calmare l’ansia ed a riempire lo stomaco. 

Uno sfizio alla settimana evita l’ansia da dolce; Resistere alla tentazione di mangiare qualcosa di dolce può provocare più ansia e questo, presto o tardi può portare anche a spizzicare senza controllo.

Perciò, a volte aiuta sapersi concedere uno sfizio di tanto in tanto!

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I militari che cercano di hackerare il tuo cervello

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma MAL DI TESTA VIVEVA CERVELLO Verme HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Luce Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaNo, non è la solita tesi complottista. Da più di un anno DARPA (agenzia governativa degli Stati Uniti di sviluppo di nuove tecnologie in ambito militare) è per davvero impegnata in un progetto chiamato TNT: un programma che ha come obiettivo quello di esplorare vari metodi di neuro-stimolazione sicuri per attivare la plasticità sinaptica, cioè la capacità del cervello di cambiare e modificare i punti di connessione tra i neuroni. In altre parole, attraverso la stimolazione del sistema nervoso, DARPA spera di accelerare la capacità di apprendimento del cervello stesso. L’enorme vantaggio deriva dalla possibilità di “scaricare” le conoscenze dopo aver messo le nostre menti in uno stato ricettivo e neuro-plastico. Per fare un esempio pratico, si potrebbe imparare un nuovo mestiere, senza la necessità di dover studiare o di fare pratica.

La strategia DARPA

DARPA finanzia otto progetti in sette istituzioni diverse. Tutti i progetti sono parte di un programma unico che prima studierà i fondamenti dietro la plasticità del cervello, poi si concluderà con test fatti su persone. La prima parte del programma TNT servirà per svelare i meccanismi neurali che consentono la stimolazione nervosa per influenzare la plasticità del cervello. La seconda parte del programma metterà in pratica tutto quello che è stato appreso nei vari esercizi di allenamento.

Il programma TNT

I ricercatori stanno lavorando con specialisti di lingua straniera, analisti di intelligence e altri che addestrano il personale con lo scopo di raffinare la piattaforma TNT così da soddisfare le esigenze di formazione militare. I ricercatori confronteranno l’efficacia dell’uso di un dispositivo impiantato per stimolare il cervello contro la stimolazione non invasiva. Esamineranno sia l’etica dell’apprendimento avanzato attraverso la neuro-stimolazione sia i modi per evitare effetti collaterali e potenziali rischi.

Gli obiettivi TNT

Il TNT Pogram Manager, Doug Weber, in un comunicato stampa, ha dichiarato: “Il Dipartimento della Difesa opera in un mondo complesso e interconnesso in cui le competenze umane come la comunicazione e l’analisi sono essenziali. Il Dipartimento ha spinto le frontiere della formazione per massimizzare tali competenze. L’obiettivo di DARPA con TNT è quello di migliorare ulteriormente i metodi di formazione esistenti in modo che gli uomini e le donne delle nostre forze armate possano operare a pieno potenziale”.

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E’ notte, penso troppo e torno ad aver paura

MEDICINA ONLINE DONNA TRENTANNI SINGLE PAURA RAPPORTO SESSO SAD TRISTE PIANTO RAGAZZA FIDANZATA AMORE PRINCIPESSA TRISTEZZA DEPRESSIONE MENTE EMOZIONI SESSO SEX GIRL YOUNG CUTE CRYING VEFin dai tempi lontanissimi, l’arrivo dell’oscurità era il momento in cui le paure si impossessavano del cuore dell’uomo. La paura del buio è una delle paure primordiali dell’uomo. Per gli uomini primitivi, che vivevano immersi nella natura, il buio era portatore di pericoli e predatori, quindi di grandi paure. Nel tempo poi, i predatori dell’oscurità si sono trasformati in demoni. Perché è proprio il non poter vedere cosa abbiamo davanti che ci inquieta. Da qui nasce la paura dell’ignoto. Oggi viviamo in una società piena di confort. Le nostre case sono ben illuminate e abbastanza solide. Il tutto ci dona un certo senso di sicurezza. E allora questa paura dell’ignoto e dell’oscurità da dove proviene? La possiamo esclusivamente ricondurre ad un retaggio di sensazioni arcaiche? Probabilmente no.

Intimità
Nella nostra epoca abbiamo la possibilità di fare un’altra esperienza della sera rispetto al passato. La possiamo vivere come un tempo di raccoglimento, di intimità, di tepore, di protezione. Per esempio in alcuni tipi di depressione è il mattino il momento più brutto del giorno, e non la sera, perché la sofferenza è racchiusa nell’idea di affrontare un’altra nuova giornata di dolore, che appare come una montagna impossibile da scalare. Ho un amico musicista. Per lui la sera, e di conseguenza la notte, sono il momento migliore della giornata. Per molte persone creative infatti, la notte rappresenta il periodo in cui la vena creativa si esprime maggiormente.

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Mancanza di controllo
Coloro che soffrono, con l’arrivo della sera e soprattutto con l’inoltrarsi della notte, di paure “ingiustificate” di solito manifestano nella loro vita un forte bisogno di controllo sulla realtà. È frequente che queste persone si sentano meglio quando sono indaffarate, piene di cose da fare, quando sono dentro l’azione. Il difficile per loro è fermarsi, stare nelle sensazioni. Hanno sempre qualcosa da fare. Preferiscono fare piuttosto che stare. Cosa intendo per stare? Intendo essere presenti, viversi a pieno la situazione, assaporarla, fermarsi a sentire cosa accade dentro se stessi. Per esempio sono al mare davanti ad un bellissimo tramonto; invece di godermi lo spettacolo, dopo poco tempo penso già a cosa farò quando tornerò a casa, “Devo farmi la doccia, poi faccio questo o farò quest’altro, però quella cosa che ho visto ieri potrebbe essere un’idea e via così…”. Come possiamo notare, sono completamente da un’altra parte. Sono nell’azione futura, non riesco a stare nel presente. Agire diventa un modo per non entrare in contatto con le proprie sensazioni, pensieri, emozioni e vissuti. Agendo, facendo delle cose, si tiene a bada la realtà esterna, ma anche quella interna.

Confrontarsi con noi stessi
Quando arriva la notte, tutto prende ritmi più lenti. Si spengono le luci ed ecco venir fuori tutte quelle cose che durante il giorno abbiamo tenuto sotto controllo, a cui non abbiamo dato ascolto. Se gradualmente ci si confrontasse con questo aspetto della nostra personalità, potremmo piano a piano migliorare le nostre capacità di “stare” nelle varie situazioni durante il giorno. Questo vuol dire dare spazio alle nostre insicurezze, ascoltarle, conoscerle. Invece che immergersi nelle cose da fare, ogni tanto si potrebbe fare che ci si dedica alle nostre insicurezze, così da diventare sempre più bravi nell’affrontarle. Così di notte, le paure non avranno bisogno di farsi sentire.

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Il cervello umano: alcune sorprendenti capacità e curiosità

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Specialista in Medicina Estetica Roma CERVELLO 75% DI ACQUA Radiofrequenza Rughe Cavitazione Peeling Pressoterapia Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Pancia Sessuologia Sessualità Sex Filler BotulinoIl cervello, organo principale del sistema nervoso centrale, è un tema che interessa gli studiosi da molto tempo. Nell’uomo l’attività del cervello, studiata dalle neuroscienze, dà vita alla mente e più in generale alla psiche. Si tratta di un organo straordinario che non è stato ancora compreso del tutto, essendo il più complesso e misterioso che abbiamo. Questo organo delicato interviene in modo diretto o indiretto in tutti i processi dell’organismo: regola le funzioni omeostatiche come i battiti del cuore, il bilanciamento dei fluidi, la pressione sanguigna, l’equilibrio ormonale e la temperatura corporea, ed è responsabile del movimento, la cognizione, l’apprendimento, la memoria e le emozioni umane.

Alcune sorprendenti curiosità sul nostro cervello:

  1. Il cervello è più attivo quando dormiamo rispetto a quando siamo svegli. Anche se sembra strano, il cervello si fa più dinamico proprio quando il corpo riduce la sua attività. Il cervello, infatti, lavora di più durante il sonno. Quello che accade è che le funzioni usate durante il periodo in cui si è svegli e quelle usate quando si dorme si trovano in due zone diverse di quest’organo.
  2. Le informazioni, nel cervello, possono viaggiare ad una velocità di 430 km all’ora.
  3. Il cervello usa circa il 20% dell’ossigeno che ci serve per vivere e riceve il 20% del sangue che circola nel nostro corpo. Per il 75% è composto di acqua (da qui uno dei motivi per mantenersi sempre idratati – evitare di rallentare la mente) e il 12% da grasso. Quello di un neonato cresce in volume di tre volte nel primo anno di vita. E smette di crescere intorno ai 18 anni.
  4. Il cervello “produce” circa 70 mila pensieri al giorno.
  5. È l’organo principale della sessualità. Soltanto i delfini e gli esseri umani fanno sesso per piacere. Durante i rapporti sessuali, il cervello libera delle sostanze che stimolano il piacere. L’attrazione e l’intensità del piacere dipendono principalmente dalla chimica mentale.
  6. Spegnimento automatico. Il cervello umano ha la capacità di spegnere automaticamente la percezione in caso di odori forti. (L’odore è il ricordo che si fissa meglio in questo organo)
  7. Ridere di una barzelletta o di uno scherzo non è un compito semplice. Ridere quando si sente una battuta umoristica attiva cinque aree diverse del cervello.
  8. Il cervello degli uomini è più grande di quello delle donne. Gli studi rivelano che quello maschile pesa 1.35 Kg, mentre quello femminile pesa 1.21 Kg. Questo non incide in nessun modo sull’intelligenza – la prova è che il cervello dell’Uomo di Neanderthal era molto più grande di quello degli uomini di oggi.
  9. Non sente dolore. Il cervello permette all’organismo di percepire il dolore, ma lui non lo sente.
  10. Il cervello è l’organo del corpo che ha più bisogno di ossigeno. Circa il 20% dell’ossigeno e delle calorie che entrano nel corpo vengono utilizzati da questo organo. Può vivere da 4 a 6 minuti senza ossigeno, e poi comincia a morire. Niente ossigeno per 5 o 10 minuti si traduce in danni cerebrali permanenti.
  11. Le lezioni di musica aumentano notevolmente l’organizzazione del cervello e la capacità di bambini e adulti.
  12. L’Università americana Harvard contiene un magazzino con 7 mila cervelli conservati lì per ricerche scientifiche.

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Differenza tra dolore acuto, cronico, persistente ed episodico con esempi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MAL DI SCHIENA LOMBALGIA ESERCIZI DOLORE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari An PeneEsistono diversi modi per classificare il dolore. Uno di questi consiste nel differenziarlo base alla sua durata e alla sua ripetibilità. Prendiamo ad esempio un tipico dolore molto diffuso e conosciuto nella popolazione generale: la lombalgia.

La lombagia può essere definita:

  • acuta quando dura da meno di sette giorni;
  • subacuta nel periodo che va da sette giorni a sette settimane dopo l’insorgenza;
  • sub-cronica nel periodo che va da sette settimane a tre mesi dopo l’insorgenza;
  • cronica quando dura da più di tre mesi.

Ecco alcune caratteristiche ed esempi di alcuni tipi di dolore:

  • Dolore acuto – Il dolore acuto solitamente si presenta all’improvviso ed ha una durata limitata. Spesso è causato da un danno tissutale a carico di ossa, muscoli od organi, e l’insorgenza è spesso accompagnata da ansia o stress emotivo.  E’ acuto il dolore nocicettivo, di breve durata, nel quale, di solito, è ben evidente il rapporto di causa/effetto. Questo dolore si esaurisce quando cessa l’applicazione dello stimolo o ripara il danno che l’ha prodotto. Esempi sono il dolore post-operatorio, le coliche viscerali (renale, biliare, eccetera) ed il dolore traumatico. Una caratteristica fondamentale del dolore acuto è quello di rispondere ad adeguate misure antinocicettive: questa caratteristica è condivisa dal dolore persistente ma non dal dolore cronico. Qualunque sia l’origine, il dolore acuto produce frequentemente reazioni di difesa e di protezione che comprendono:
    • alterazioni dell’umore (depressione, ansia, paura)
    • modifiche del sistema nervoso autonomo (alterazione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, nausea, vomito, sudorazione)
    • atteggiamenti di modifica della postura.
  • Dolore cronico – Il dolore cronico ha una durata maggiore rispetto al dolore acuto ed è generalmente alquanto resistente al trattamento medico. Di solito è associato ad una malattia a lungo termine, come l’osteoartrite. In alcuni casi, come per esempio in presenza di fibromialgia, rappresenta uno degli aspetti che caratterizzano la malattia. Il dolore cronico può essere una conseguenza di un danno tessutale, ma molto spesso è attribuibile a un danno nervoso. Circa il 70% delle persone che soffrono di dolore cronico trattato mediante l’assunzione di antidolorifici sperimenta episodi di ciò che viene definito dolore episodico intenso. Le cause più comuni di dolore cronico sono: lombalgia cronica, mal di testa, fibromialgia e neuropatia (malattia che coinvolge i nervi periferici). Il dolore cronico è molto comune e si ritrova in circa l’11% della popolazione adulta.
  • Dolore persistente. E’ persistente il dolore dovuto alla permanenza dello stimolo nocicettivo o della disnocicezione. Questo tipo di dolore è stato definito anche come “ongoing acute pain”, a sottolineare che conserva le caratteristiche del dolore acuto e va distinto dal dolore cronico. Un esempio è il dolore da coxartrosi, dove la persistenza della lesione anatomica giustifica il ripresentarsi del dolore ad ogni movimento dell’articolazione dell’anca. Un altro esempio è il dolore associato alle malattie neoplastiche, dove la causa del dolore continua ad essere operante. Anche in questi casi, come nel dolore acuto, si ha di solito una buona risposta agli analgesici ed alle misure antinocicettive come i blocchi anestetici e gli interventi neurolesivi.
  • Il dolore episodico intenso si riferisce a episodi di dolore che si verificano quando l’antidolorifico, ad esempio un FANS (antinfiammatorio non steroideo) viene impiegato regolarmente. A volte può essere spontaneo o insorgere dopo un evento apparentemente insignificante, come cadere dal letto. Talvolta può insorgere in concomitanza con la fine dell’effetto antidolorifico del farmaco prima dell’orario previsto per assumere la dose successiva.

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Dolore e psiche
Sia il dolore acuto che il dolore cronico possono essere debilitanti ed entrambi possono influenzare ed essere influenzati dallo stato mentale dell’individuo. Ma la natura del dolore cronico, ovvero il fatto che in alcuni casi sembra essere costante, rende il soggetto che lo sperimenta più suscettibile a conseguenze di stampo psicologico, come depressione e ansia. Al tempo stesso, lo stress psicologico può amplificare il dolore.

Un dolore acuto può diventare cronico?
Certamente è possibile. Un dolore acuto in un corpo con scarse difese oppure trascurato, o ancora, mal curato, può via via diventare dolore cronico (ad esempio un colpo di frusta cervicale che determina dolore acuto, può causare se non curato, un’artrosi cervicale e relativo dolore cronico).

Il comportamento del malato
Per spiegare il procedimento che può trasformare un dolore acuto in dolore cronico, in medicina si è formulato il modello concettuale del dolore, “pain behaviour” (comportamento dovuto al dolore) e il modello clinico  della malattia, “illness behaviour” (comportamento da malato).  Vediamo un esempio di questi modelli applicati ad uno dei dolori più diffusi in assoluto: il mal di schiena.
Quando il soggetto in fase acuta gestisce il dolore con un atteggiamento positivo, il mal di schiena, anche se è forte, diminuisce in fretta e non restano quasi mai conseguenze negative. Se, invece, il soggetto in fase acuta subisce il dolore, si scoraggia, ha paura che provochi ulteriori danni, si affida solo a terapie passive e assume un atteggiamento da malato, soffre di più, soffre più a lungo,  si indebolisce, è soggetto a continue ricadute, rischia di avere una lombalgia cronica e diventare disabile a causa del mal di schiena.
Pertanto, il dolore cronico può essere la conseguenza di un comportamento inadeguato in fase acuta. Di conseguenza, se il comportamento dovuto al dolore (pain behaviour) non è adeguato, può provocare un comportamento da malato (illness behaviour) e un dolore cronico.

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Spasmi muscolari e mioclonie: cura, trattamento e rimedi

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Roma Medicina Chirurgia Estetica Rughe Filler Cavitazione Peso Dimagrire Pancia Grasso Dietologo Cellulite Senologo Pene H Grasso Pancia Sex Sessuologo Auguri Buon Natale 2013 CURA FARMACI ANTICOLESTEROLOPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, vi consiglio di leggere: Spasmi muscolari e mioclonie: cause, diagnosi e cura delle contrazioni involontarie

Per impedire il ripresentarsi delle mioclonie, è importante diagnosticare la causa che le provoca e curare quella: ad avvenuta guarigione il segno sparirà. Naturalmente non sempre ciò è possibile, anzi alcune cause di mioclonie – allo stato attuale della ricerca – non hanno ancora una cura definitiva. Diventa quindi importante una terapia di tipo sintomatico, cioè che tende a diminuire e mantenere sotto controllo il problema. I farmaci che vengono utilizzati a tale scopo sono i tranquillanti e gli anticonvulsivanti. I tranquillanti usati appartengono alla categoria delle benzodiazepine ed il più comune è a base di clonazepam. Gli anticonvulsivanti sono quelli utilizzati per sedare le crisi epilettiche. I più comuni sono primidone ed acido valproico.

Clonazepam
E’ il principale farmaco per trattare il mioclono, soprattutto alcuni tipi di mioclono d’azione. Il clonazepam è un tranquillante ed il suo dosaggio è di solito incrementato fino a che il paziente migliori o fino a quando gli effetti collaterali diventano nocivi (sonnolenza e perdita di coordinazione sono i più comuni). Gli effetti vantaggiosi del medicinale possono cronicamente diminuire nel tempo se la persona sviluppa tolleranza allo stesso.

Anticonvulsivanti
Alcuni dei medicinali usati per il mioclono, come i barbiturici, la fenitoina e il primidone sono anche usati per trattare l’epilessia. I barbiturici rallentano il sistema nervoso centrale e provocano tranquillità ed effetti anticonvulsivi. La fenitoina e il primidone sono efficaci farmaci anticonvulsivi, sebbene la fenitoina possa causare insufficienza epatica o avere altri effetti dannosi a lungo termine in pazienti affetti da PME. Il sodio valproato è una terapia alternativa per il mioclono e può essere usata sia da sola sia in combinazione con il clonazepam. Benché entrambi abbiano efficacia nei casi di mioclono, alcune persone hanno reazioni avverse nei confronti di questi farmaci.

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Serotonina e mioclono
Alcuni studi hanno mostrato che dosi di 5-idrossitriptofano (5-HTP), aumentando il livello di serotonina, portano al miglioramento del mioclono d’azione e della PME. D’altra parte, studi diversi dimostrano che la terapia con 5-HTP non è efficace in tutti i pazienti e in certi casi può peggiorarne le condizioni. Queste differenze nel trattamento non sono ancora state spiegate ma possono offrire importanti indizi sulle anormalità di fondo sui recettori di serotonina.

Azione sinergica di più farmaci
Le complesse origini del mioclono possono richiedere l’utilizzo di più farmaci per un trattamento efficace. Sebbene alcuni di essi abbiano un effetto limitato se assunti singolarmente, possono averne uno decisamente superiore se uniti a farmaci che agiscono su diversi percorsi o meccanismi del cervello. In alcune persone l’efficacia dei farmaci antimioclonici può essere incrementata da terapie ormonali. Combinando diversi medicinali gli scienziati sperano comunque di raggiungere un controllo sempre migliore dei sintomi mioclonici.

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