Coppia: le cose per cui non vale MAI la pena litigare

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Le cose peggiorano quando poi si litiga per motivi del tutto futili che potrebbero essere risolti con una semplice chiacchierata o uno sguardo. Vediamo quali sono i motivi per cui non vale assolutamente la pena di litigare con il proprio partner:

I soldi

Litigare per i soldi è davvero di cattivo gusto, in particolar modo quando si tratta di una coppia. Certo, diverso è il caso di problemi gravi come lui che vi chiede continuamente soldi in prestito per giocare o per i suoi vizi.

Il sesso

Il sesso si fa, non si discute. Se vi trovate più spesso a litigare sul sesso che a farlo vuol dire che il vostro è un problema di comunicazione che va risolto in fretta.

Il tempo libero

Non si può in alcun modo pretendere che il partner passi tutto il suo tempo libero con noi, è malsano per il rapporto e per la propria individualità. Allo stesso modo non bisognerebbe discutere sul modo in cui il partner decide di trascorrere il suo tempo libero, a patto che non ci manchi di rispetto.

Gli amici

Ognuno ha il diritto di avere i suoi amici e litigare su di loro è veramente assurdo. Cosa vi importa se il suo migliore amico è maleducato e rozzo? Non siete voi a doverci passare del tempo insieme.

Le cose vecchie

Se c’è qualcosa su cui è veramente ridicolo discutere sono i vecchi episodi che dovrebbero già essere stati discussi e archiviati. Tornarci sempre e rinfacciarli è inutile e logorante.

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Cattivi odori del pene: cause e consigli per neutralizzarli

MEDICINA ONLINE SESSO ANSIA PRESTAZIONE SESSUALE COUPLE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA CAMEL TOE LOVE FIRST TIME LOVER SEX GIRL MAUn pene perfettamente pulito, ha un odore neutro e non fastidioso: la presenza di cattivi odori può essere ricondotta, nella maggioranza dei casi, a due problemi principali:

  • scarsa igiene dei genitali e conseguente accumulo di sporcizia;
  • malattie genito-urinarie, quasi sempre infezioni.

Pene maleodorante a causa dell’accumulo di smegma
Lo smegma è una sostanza viscosa, biancastra e maleodorante che – in assenza di un’adeguata igiene intima – si accumula sotto il prepuzio, specie al di sotto della corona del glande, conferendo al pene un cattivo odore. L’accumulo di smegma, di per sé, non ha nulla di patologico; questo materiale è infatti costituito da secrezioni sebacee e prostatiche, da eventuali residui di liquido seminale e da cellule epiteliali esfoliate (cellule morte che si staccano dal glande e dal prepuzio). Il materiale sebaceo deriva in particolare dall’attività delle ghiandole di Tyson o ghiandole prepuziali, ed è del tutto normale. Se però non viene adeguatamente rimosso, lo smegma tende ad accumularsi nel tempo favorendo la proliferazione di batteri, che ne metabolizzano le componenti proteiche e lipidiche producendo sostanze di cattivo odore. L’accumulo di smegma tende ad aumentare dopo un’intensa stimolazione sessuale o pratiche di masturbazione. La sua rimozione è importante poiché – aldilà dei cattivi odori – il ristagno di questo materiale tende ad innescare infiammazioni locali ed eccessive proliferazioni batteriche.

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Fimosi
Essendo privi di prepuzio, il problema dello smegma appena visto risparmia i soggetti circoncisi. Viceversa, tende ad essere più grave nei pazienti con fimosi, cioè con un prepuzio troppo stretto che scorre con difficoltà sul glande. A tal proposito, occorre considerare che la presenza del prepuzio favorisce la proliferazione batterica, poiché crea un microambiente caldo, umido e ricco di secrezioni e sostanze nutritizie per i batteri.

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Pene maleodorante con secrezioni
Un pene di cattivo odore e con fuoriuscita di secrezioni viscose, opache-giallastre e maleodoranti dall’uretra, è spesso spia di una malattia a trasmissione sessuale chiamata gonorrea (o blenorragia) e volgarmente detta “scolo” proprio a causa di tale secrezione. Anche l’infezione da clamidia e la candida maschile possono associarsi alla perdita di secrezioni biancastre dal pene. Talvolta la perdita di secrezioni diviene apprezzabile solo spremendo il glande. Altre volte, le perdite sono assenti nonostante il soggetto sia portatore (sano) della malattia. La presenza di un’infezione può essere accompagnata anche da bruciore durante l’emissione di urina; altri sintomi potenzialmente associati a malattie a trasmissione sessuale includono dolore o gonfiore testicolare, febbre, lesioni ulcerative del pene e infiammazione del glande.

Igiene del pene e prevenzione dei cattivi odori
Per evitare che il proprio pene emani cattivi odori è sufficiente rispettare alcuni semplici consigli:

  • lavare regolarmente e con cura il glande e lo strato interno del prepuzio, ritraendolo completamente;
  • è sufficiente utilizzare acqua tiepida, a cui si può abbinare un detergente intimo delicato; l’igiene dovrà essere effettuata strofinando bene la zona, in modo da rimuovere lo smegma che si accumula nelle numerose pieghe;
  • terminata la pulizia è importante asciugare la zona con cura, tamponandola con un asciugamano, poiché l’umidità favorisce lo sviluppo di batteri;
  • l’igiene del pene diviene particolarmente importante prima e dopo i rapporti sessuali o al termine della masturbazione per evitare l’accumulo di sperma ed altre secrezioni che derivano dal pene o dalla vagina;
  • è raccomandabile ritrarre il proprio prepuzio anche durante la minzione per evitare che l’urina possa rimanere sotto il prepuzio;
  • l’utilizzo del preservativo è fondamentale per la prevenzione di malattie a trasmissione sessuale: se ne consiglia l’utilizzo soprattutto in caso di rapporti con partner occasionali o di natura anale;
  • se il partner ha una conclamata infezione ai genitali, è preferibile astenersi dai rapporti per tutto il tempo in cui questa infezione verrà curata

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Il maschio sempre più femminile: pene più corto e sterilità raddoppiata

I lati positivi del caldo il sole estivo aumenta il testosteroneIl testosterone, l’ormone maschile per eccellenza, di un uomo di 60 anni è molto più basso rispetto a quello di suo padre, mentre il pene dei giovani d’oggi è più corto mediamente di quasi un centimetro rispetto al passato; inoltre, in Italia la fertilità è più che raddoppiata in venti anni, fattore che influisce nel netto calo demografico italiano. Se continuiamo cosi, con 1,3 figli in media a donna, siamo destinati a veder sparire il 60% dei giovani nel giro di tre generazioni. I casi al limite della infertilità sono veramente aumentati, una volta un uomo produceva 300, 400 milioni spermatozoi per eiaculato, ora ben il 30% in meno”.

Il pericolo viene dalla chimica
Ma a cosa è dovuta questa trasformazione dell’uomo? Innanzitutto alle sostanze chimiche con cui, mangiando o nelle attività quotidiane, arriviamo a contatto ogni giorno. Tra queste soprattutto i ftalati, presenti nei saponi, nei profumi e in molti altri oggetti di uso quotidiano. Oppure il bisfenolo A: nei cibi in scatola all’interno c’è una pellicola che sembra plastica che è fatta di bisfenolo A, e una parte può migrare nel cibo che mangiamo. La maggiore fonte di esposizione a questa sostanza per noi pensiamo sia proprio il cibo in scatola.

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Fallimento del maschio
Ed ecco dunque che con l’esposizione a questi elementi chimici sin dal momento in cui siamo nella pancia di nostra madre, genera la femminizzazione del maschio. Noi siamo tutti programmati per essere di sesso femminile: se non succedesse qualcosa durante lo sviluppo del feto saremmo tutte femmine. È il “programma di base”, mentre diventare maschio, significa modificare questo programma. Il testosterone è fondamentale per un uomo. Quello che noi stiamo vedendo, è che il programma di sviluppo attivato dal testosterone non sta più funzionando correttamente. Alcuni studiosi parlano di femminilizzazione del maschio, ma forse sarebbe più preciso definirlo un fallimento della mascolinizzazione.

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Un mese senza guardare porno, ecco com’è andata e cosa ho imparato

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Ricordo perfettamente il momento in cui mi sono reso conto che forse era arrivato il momento di smettere di guardare porno. Sulla timeline di Facebook, metà dei miei amici aveva condiviso questo pezzo che linka una serie di test per valutare la dipendenza dal porno. L’immagine di apertura è un divanetto nero di pelle nel mezzo di una stanza, piazzato di fronte a una scrivania. Lo riconoscete? Se non vi dice nulla, buon per voi. Io l’ho riconosciuto.

Quell’immagine è l’apertura di vari porno. Di solito in quei video una donna entra, si siede sul divano e un ragazzo trasandato con codino e mani grandi le fa una specie di provino. Poi lei si spoglia e i due finiscono a scopare sulla scrivania. L’articolo ti mette in guardia: se associare quel divanetto nero con il porno ti viene automatico, allora hai un problema.

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Ma io sapevo già di avere un problema.

E il mio problema non è che guardo continuamente porno; è che, anche volendo, il mio cervello non è più capace di costruirsi delle fantasie. Internet è sempre lì, e le sirene di Pornhub mi richiamano con la loro dolce melodia 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Perché allora assumermi l’impegno di fare tutto da solo?

La notte dell’ultimo dell’anno, parlando di buoni propositi, il mio amico Matteo se ne è uscito dicendo, “Oh, io per un po’ smetto di guardare porno. Mi disintossico.” Poi mi ha detto che a Milano, dove viviamo entrambi, c’è una delle più grandi concentrazioni di consumatori di porno d’Europa. Il fatto che fossi uno di loro—l’esercito dei ferventi masturbatori senza volto—era a dir poco deprimente.

“Allora smetto anch’io,” ho detto pieno di buone intenzioni. Poi però qualche porno l’ho guardato comunque, e finito febbraio ho deciso di affrontare seriamente la mia missione.

Prima guardavo porno con una certa regolarità: mi facevo un giro su RedTube, YouPorn o Tube8 quasi tutte le sere, prima di andare a dormire, e talvolta anche di giorno, se mi annoiavo. Proprio per questo, pensavo che smettere del tutto all’improvviso sarebbe stato difficile. Al contrario, i primi giorni si sono rivelati sorprendentemente semplici: la cosa più simile a cui lo posso paragonare è smettere di fumare. Non accendersi una sigaretta diventa un motivo di orgoglio, una sfida personale, una battaglia che devi vincere se vuoi continuare a guardarti allo specchio.

Questa sensazione, almeno per i primi giorni, era più gratificante del desiderio a cui avevo deciso di rinunciare. Mi masturbavo con i soliti ritmi, e usare nuovamente l’immaginazione era eccitante. Pensavo alle mie ex ragazze, a quelle con cui ero stato a letto e alle cose che avevo sempre voluto fare ma che per timidezza non ho mai osato chiedere. Non era certo una novità, ovviamente, ma non lo avevo mai fatto così sistematicamente. Ora, ogni volta che volevo masturbarmi dovevo crearmi il mio video personale: concentrarmi, aggiungere dettagli, arricchire la storia, darle un ordine cronologico.

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Tutto fiero ho cominciato a credere che il mese senza porno che avevo davanti non sarebbe stato così difficile. Ma mi sbagliavo.

Il primo problema, e il più fastidioso, riguardava la mia capacità di immaginazione. Non c’è voluto molto perché le fantasie diventassero ripetitive: le stesse scene, gli stessi posti, le stesse persone, gli stessi corpi, lo stesso sesso. Non riuscivo a trovare l’inventiva per superarle—e dire che arrivare anche solo fin lì era stato faticoso. Tutte le volte che provavo a sforzarmi tornavo a ciò che già conoscevo, come una vecchia coppia sposata che ripete in automatico gli stessi movimenti: spegnere le luci, missionario, crampi alle gambe, bicchiere d’acqua, silenzio.

Dieci giorni dopo l’inizio dell’esperimento ho smesso di masturbarmi, ma sentivo comunque la pulsione all’orgasmo. Mi ero imposto la castità, pur di non affrontare quel processo. Potrà sembrare un’ovvietà, ma fino a che non ci passi in prima persona è difficile capirlo: usare l’immaginazione può essere complicato. E io non ci ero più abituato.

Sì, vi vedo già a darmi del pigro: un uomo che non ha voglia di mettere insieme qualche immagine di una donna nuda. Ma il problema principale era raccogliere il desiderio. Mi masturbo da più o meno 15 anni, e il porno è diventato un surrogato del desiderio: migliaia di video, la maggior parte dei quali riducibili all’immagine di un pene che meccanicamente entra ed esce da una vagina, che hanno fatto tutto il lavoro al posto mio. Deluso, mi sono reso conto che in 15 anni non avevo praticamente mai usato la mente per raggiungere l’orgasmo.

Quanta tristezza in una sola frase.

Fortunatamente, e non con una certa fatica, anche questa seconda fase si è conclusa. Quella successiva è coincisa con il benaccetto ritorno del desiderio: per la prima volta si trattava del mio corpo, non della mia testa. Era un qualcosa che non avevo mai provato prima, o almeno, di cui non ho alcuna memoria.

Prima di smettere di guardare i porno, le sequenza era questa:

1) volevo farmi una sega;
2) andavo su un sito porno;
3) sceglievo un video;
4) mi facevo una sega.

Questo processo non sembrava molto naturale, probabilmente perché non lo era affatto. Il porno rappresentava solo una fase tra le tante della noiosa, familiare routine che mi aiutava a raggiungere qualcosa che nella mia testa avevo già completamente pianificato. Ora ero tornato ad avere delle fantasie e dei desideri random: prima venivano le fantasie, poi mi masturbavo. Ed era molto meglio.

Mi sono accorto anche che, per la prima volta, non pensavo a niente di particolare. Non alla coppia francese, non alla threesome in un bungalow, non a un’orgia – ma solo a sensazioni fisiche che ero finalmente in grado di apprezzare. Era più simile al sesso di tutte le volte in cui mi ero masturbato.

Un giorno ne ho parlato con un’amica. Mi ha detto—e per lei era la cosa più ovvia del mondo—che quando si masturba, raramente lo fa con una serie di immagini predefinite. Per lei si tratta più di creare una sensazione. Ha anche sottolineato una cosa che prima non avevo mai notato, nonostante le migliaia di video porno che mi sono visto in vita mia.

“Nell’80 percento dei porno non ci sono le mani,” ha detto.

“Cioè? Che vuol dire non ci sono le mani?”

“Che non ci sono le mani, questo vuol dire.”

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Il bisogno di mostrare la penetrazione e di concentrarsi sulla donna vuol dire che tutte le azioni che associamo al sesso fatto bene—mani, abbracci, prese varie—vengono eliminate per prediligere gli angoli migliori. Il sesso senza ciò che rende bello il sesso.

Dopo quel confronto ho notato un miglioramento sostanziale nei miei orgasmi. Prima di smettere di guardare porno, durante l’orgasmo c’era un momento in cui raggiungevo l’apice, ma quella sensazione scompariva velocemente, lasciando pochissime tracce. Adesso l’orgasmo dura di più. La sensazione rimane, mi sento più coinvolto.

Se prima quando mettevo un video andavo direttamente alla scena che mi piaceva, venivo, e poi chiudevo velocemente il computer per nascondere l’imbarazzo, adesso mi prendo il mio tempo. Quella depressione post masturbazione è solo un ricordo.

Il mese nel frattempo è passato, ma ho deciso di continuare comunque a masturbarmi senza porno. Non so quanto resisterò, perché un mese è facile, ma poi? Dopo la luna di miele, quando la spinta della novità si esaurisce e torna la forza dell’abitudine, le cose si complicano.

Ora come ora credo che riuscirò ad andare avanti per un altro po’, ma non voglio mentire: ricadere nel vecchio vizio è estremamente facile. Credo sia come fumarsi una sigaretta dopo che hai smesso: i primi due tiri fanno schifo, ne fai altri due e sei fregato per sempre.

Se credi di avere un problema di dipendenza da porno online e masturbazione compulsiva, prenota la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, riuscirai a risolvere definitivamente il tuo problema.

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Sindrome del pene piccolo: quando si può parlare di patologia?

MEDICINA ONLINE SESSO ANALE ANO RETTO LUBRIFICANTE FECI PAURA CLISTERE COUPLE AMORE DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA JEALOUS LOVE COUPLE FL’organo genitale maschile, nella storia della civiltà occidentale è stato da sempre considerato come un elemento che andava ben al di là di una semplice parte del corpo. Come sottolinea David Friedman (2007) “il pene era un’idea, uno strumento concettuale, ma in carne e ossa, che determinava il posto dell’Uomo nel Cosmo”. Con questa affermazione è chiaro che pur riconoscendo il fatto “scientifico” che gli uomini abbiano un pene, non è altrettanto scontato immaginare l’idea che questi possano averne al riguardo, quello che solitamente arrivano a provarne a livello emotivo e soprattutto l’uso che ne fanno! Ogni cultura ha la sua proiezione giusta o sbagliata dell’organo genitale, quindi la corrispondente immaginativa che, inevitabilmente, solleva elementi psicologici e psicopatologici della sessualità maschile.

Anatomia tutta al maschile

Dando un breve sguardo alla storia è chiaro ad esempio quanto il pene venisse associato al potere. In primis un potere di tipo “divino”, infatti come sottolinea Sarah Dening in The Mythology of Sex quando un re succedeva ad un altro, era consuetudine che il nuovo eletto mangiasse il pene del suo predecessore onde assorbirne la sacra autorità. Ma anche nella Bibbia è facile ritrovare il membro virile, anche se sotto mentite spoglie (la coscia), dove venivano addirittura effettuati giuramenti sacri fra Israeliti. Infatti, come viene narrato dalla Genesi nel momento in cui Giacobbe lottò con Dio quest’ultimo gli toccò la cavità della coscia. Da quel momento sembra che Giacobbe ogni qual volta avesse dovuto fare giurare o promettere qualcosa a qualcuno invocasse l’importanza di mettere la mano sotto la sua coscia. A tale riguardo, la riprova sta nel fatto che molti dei traduttori della Bibbia hanno spesso utilizzato il termine “coscia” come eufemismo di pene.
Sembra abbastanza chiaro quindi che, sin dai tempi dei tempi, l’organo genitale maschile acquisti un significato importantissimo nella sperimentazione e affermazione di sé degli uomini.

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E le dimensioni?

Storicamente si sono osservati importanti passaggi legati al concetto delle dimensioni dell’organo genitale maschile anche se tendenzialmente l’idea di grande e grosso riecheggia fino a nostri giorni. In Grecia infatti, gli artisti erano soliti dipingere schiavi e forestieri con peni particolarmente enormi a segno di disprezzo e disdegno. Per i greci le dimensioni dovevano essere molto simili a quelle di un giovane atleta adolescente; nel pene veniva osservata “la misura della prossimità [dell’individuo greco] al potere divino, alla divina intelligenza…” (Friedman, 2007). Come viene sottolineato anche dagli scritti di Aristotele un pene piccolo era migliore di uno più grande, in quanto “scientificamente” nel secondo caso, lo sperma si raffredda, divenendo meno fecondo. Si ricorda quanto la curiosità della meccanica dell’erezione e dell’orgasmo siano cresciute costantemente con l’intelligenza dell’uomo. Al fine di fare maggiore chiarezza rispetto all’oscillazione dell’importanza del pene come piccolo, ovvero grande si deve arrivare fino ai romani, dove la divinità di Priapo (amato in Grecia, ma considerato nume minore) divenne l’icona più significativa, in quanto rappresentazione di estrema virilità. Priapo con il suo enorme membro poteva penetrare uomini e donne dando estrema prova di forza e potere.
Ecco quindi che un pene grande rappresentava il potere di Roma che si incarnava ed ogni uomo adulto che metteva in mostra la sua “nuda” verità (un esempio erano le terme romane) poteva suscitare negli altri una chiara e forte invidia.
Quindi tra i greci e i romani si osserva una particolare differenza nella concezione di dimensione del membro maschile associabile al concetto di “potere”, pur avendo in comune la rappresentazione mentale di forza associata a procreazione. Ma anche il concetto di “piacere” sembrerebbe essere percepito e vissuto con modalità differenti. Per i romani infatti era usuale, come rilevano alcuni referti importantissimi (un esempio sono gli affreschi rinvenuti nella Casa dei Vettii a Pompei), godere della breve esperienza fornita dalla vita. Un altro esempio può essere ancora più esaustivo: sempre a Pompei i romani erano soliti fare scolpire dei bassorilievi raffiguranti un pene eretto con una particolare effige: “Hic habitat felicitas (Qui abita la felicità).

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Il pene eretto è potere, il pene non eretto è mancata potenza

Quindi, nonostante le divergenze osservate nelle varie forme e soprattutto dimensioni del pene nelle diverse culture, l’organo genitale maschile continua ancora oggi a suscitare attenzioni e preoccupazioni da parte degli stessi uomini. Ciò che sembra essere rimasto ancorato alle idee e ai pensieri dei nostri avi è sicuramente l’associazione dell’organo sessuale maschile al concetto di “potere” e non a caso infatti, qualora in un uomo venissero riscontrate disfunzionalità dell’erezione, quest’ultimo si sentirebbe colpito da “impotenza“, che negli ultimi anni è stata più correttamente definita “disfunzione erettile“. A tale riguardo si ricorda quanto medici e sessuologi continuino ancora oggi ad evidenziare l’importanza nel ridefinire tale esperienza negativa. L’inesattezza del termine impotenza rispetto a quello più corretto di disfunzione erettile, può costantemente causare disagi di natura psicologica procurando nell’uomo una forte componente negativa di tipo ansioso-depressivo, coinvolgendolo in un malessere non più focalizzato solo sull’erezione, bensì generalizzato nell’esperienza di vita (non sono più in grado di fare nulla!). Molti uomini hanno la convinzione che il loro pene non sia collegato al loro cervello, come se avesse una propria autonomia. Spesse volte infatti anche nell’attività clinica viene osservata una forte tendenza a non comprendere l’esatta funzionalità dell’organo genitale, dando per scontato l’esistenza di un “pulsante”, situato ipoteticamente in prossimità del pene, che si è guastato e non risponde più a certi comandi. Tale fantasia è strettamente correlata ad un immaginario maschile che, come già accennato in precedenza, fa fatica a svincolarsi da certi stereotipi che continuano ad essere trasmessi culturalmente soprattutto dagli stessi appartenenti a questo “genere”.

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Dismorfofobia peniena e la sindrome da spogliatoio

Sembra che nel percorso evolutivo di un maschio “sano” la fantasia di non avere una dimensione del proprio organo genitale adeguata, conforme agli standard sociali, sia un passaggio pressoché obbligato. Quello che più colpisce riguarda essenzialmente la paura in tali individui di non sentirsi conformi anatomicamente rispetto alla dimensione del proprio organo genitale nello stato di riposo.
Ecco svelata la sindrome da spogliatoio. Infatti la maggior parte dei giovani adolescenti che iniziano ad entrare in contatto con i propri coetanei, oppure con individui anche più adulti durante l’attività sportiva, tendono a confrontarsi costantemente focalizzando soprattutto l’attenzione sulla zona genitale, rischiando di preoccuparsi ed incastrarsi in pensieri assolutamente impropri.
Lo stato di flaccidità del pene ha una dimensione del tutto variabile e questo dipende essenzialmente da alcuni fattori:

  • la struttura anatomica costituzionale dell’individuo;
  • agenti ambientali come temperature troppo elevate (il pene si distende), ovvero troppo fredde (il pene si restringe);
  • condizioni di “salute” dello stesso individuo.

Inoltre è importante sottolineare quanto la percezione che un uomo può avere del proprio organo genitale sia “visivamente” distorta rispetto al possibile confronto con un altro simile posizionato di fronte. L’auto-osservazione, se non effettuata allo specchio rimanderà costantemente una prospettiva completamente differente (alto-basso) rispetto a quanto osservato frontalmente. Il pene di chi abbiamo di fronte apparirà inevitabilmente più allungato e proporzionato! Spesse volte infatti, nell’attività clinica è possibile intervenire rapidamente su quegli individui che sentono di avere una certa inadeguatezza rispetto al proprio organo genitale, facendoli semplicemente confrontare con se stessi di fronte ad uno specchio. Se non sussistono altre disfunzionalità di tipo psicopatologico, la possibile presa di coscienza permetterà un primo passo importante verso il processo di adeguamento delle proprie sensazioni psico-corporee.
Cosa più pericolosa riguarda invece il disagio vissuto da alcuni uomini rispetto alla convinzione costante e destrutturate di non avere un organo genitale adeguato sia questo nello stato di flaccidità, che in quello di erezione.
La dismorfofobia peniena infatti evidenzia il forte stato stressogeno in un uomo a prescindere dall’età, dalle esperienze vissute e dal contesto sociale di riferimento. Tale stato è alla base di un costante disagio di tipo ansioso con presunti tratti depressivi. Il non riuscire a svincolarsi da pensieri ossessivi oltre ad incastrarlo in un circolo vizioso, portano lo stesso individuo ad isolarsi e chiudersi costantemente in se stesso allontanandolo quindi dal contesto sociale di appartenenza.
Le presunte motivazioni riguardano sia elementi psicologici o psicopatologici, ma anche possibili caratteristiche anatomiche dello stesso organo genitale.

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Qual è la dimensione “normale” dell’organo genitale maschile?

I diversi studi effettuati sulla misurazione del pene, considerando la difficoltà a procedere in un’indagine valutata come invasiva e le varie tecniche di misurazione utilizzate, hanno evidenziato alcune dimensioni standard, ovvero relative alla media della popolazione (normalità statistica). La concordanza dei dati evidenzia una dimensione a riposo pari a 8-10 cm in lunghezza (dalla radice dorsale del pene alla punta). Allo stato di erezione, invece, la lunghezza media varia tra i 12-16 cm con una circonferenza pari a 12 cm
Probabilmente l’uomo che rimane legato al concetto di potenza-virilità non valuterà positivamente tali dati numerici, bensì continuerà a confrontarli con le dimensioni degli organi genitali di uomini più dotati. Ecco che il confronto fatto con la pornografia può rimandare costantemente ad una visione distorta. A tale riguardo è necessario ricordare che un pene per essere definito piccolo, o come viene scientificamente nominato micropene deve avere una dimensione in erezione sotto i 7 cm. Questo è stato definito in base all’impossibilità, di un pene con tali dimensioni in erezione, di riuscire a penetrare la cavità vaginale. Infatti, le dimensioni del canale vaginale a riposo sono di circa 7,5 cm, quindi un pene che in erezione ne misura mediamente il doppio non avrà particolari difficoltà durante il coito. Avendo accennato alle caratteristiche dei genitali femminili è importante ricordare che la dimensione della larghezza vaginale ha invece una particolarità. Infatti, la vagina può essere definita una cavità virtuale, le sue pareti sono normalmente a contatto e quindi si adattano al pene durante il coito. Ha una grande elasticità e si conforma a dimensioni diverse, non perdendo mai il contatto con il pene che la penetra. Spesso alcuni uomini durante la penetrazione hanno la convinzione che il loro pene non sia adatto per quella vagina. Questo viene riportato essenzialmente in alcune sensazioni dove è presente un’abbondante lubrificazione vaginale. Forse sarebbe necessario ricordarsi però che, se la vagina è particolarmente lubrificata, la donna sta vivendo un costante e piacevole stato di eccitazione.

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Quando si può parlare di patologia?

Alcuni dati scientifici evidenziano quanto la richiesta di risoluzione di adeguamento psico-fisico rispetto ad una dismorfofobia peniena sia in aumento. Infatti dagli ultimi convegni di andrologia e sessuologia si evince un incremento di tali richieste. Durante le visite andrologiche il 20% richiede un possibile intervento risolutivo anche di tipo chirurgico, mentre l’80% di uomini che effettua una visita per disagi non inerenti alla possibile micropenia, comunque pone la domanda relativa alla presunta “normalità” della dimensione del loro organo genitale. Questo fa molto riflettere sulla “potenza” del confronto tra gli uomini, come anche sull’ipotesi che “essere migliori (potenti)” significhi avere un pene più grande! L’idea che l’ignoranza in materia e la scarsa educazione socio-affettiva delle persone continui a mantenere alto il grado degli stereotipi e dei pregiudizi, sembra confermare un forte disagio psicologico che risulta essere tendenzialmente invalidante. Esistono diversi quadri clinici, molto rari, che nell’età infantile e in quella adulta osservano una conformazione ridotta delle dimensioni del pene. In queste casistiche è possibile rilevare la vera forma patologica del micropene, quindi un organo genitale con una dimensione in erezione al di sotto dei 7 cm.
Vi sono sindromi genetiche come quella denominata Klinefelter, dove il soggetto nasce con una conformazione anatomica dei genitali esterni essenzialmente poco sviluppata.
Anche disagi di tipo endocrino come l’ipogonadismo-ipogonadotropo evidenziano una particolare difficoltà nello sviluppo dei genitali maschili. Inoltre, alcune forme di anomalie di tipo funzionale, se non risolte chirurgicamente, possono impedire un corretto sviluppo del pene, ovvero una regolare funzionalità erettile. Nello specifico si ricorda l’ipospadia (uno sbocco anomalo del meato uretrale).
Per risolvere alcune delle forme più gravi e pericolose di micropene si ricorre essenzialmente agli interventi chirurgici, ma vista la rarità di tali disfunzioni e la richiesta di allungamento del pene, tale metodica acquista sempre di più un interesse di tipo estetico.
A tale riguardo gli allungamenti del pene che, come sottolineano molti urologi ed andrologi nella maggior parte dei casi non sarebbero “funzionalmente” necessari, riguardano in primis la recisione del legamento sospensore e le innovative tecniche di stiramento ed elongazione dei corpi cavernosi.
Nel primo caso la possibilità di recidere tale legamento, che sostiene l’asta del pene alla base del pube sulla sacca scrotale, consente all’organo genitale di cadere a piombo sopra i testicoli acquistando in media circa 2 cm. Spesse volte tale intervento viene richiesto dagli attori porno per aumentare ulteriormente le loro dimensioni già consistenti.
Per quanto riguarda invece le tecniche di elongazione consistono in sedute definibili fisioterapiche, dove vengono applicati dei tutori all’organo genitale al fine di creare, per mezzo di una costante trazione, un aumento di circa 3 cm.

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Conclusioni

Il fenomeno della sindrome del pene piccolo sembra essere in costante aumento e l’importanza di una chiara diagnosi differenziale utile a comprender il vero stato delle reali dimensioni dell’organo genitale, diventa fondamentale nonché indispensabile.
Non è un caso che alcuni studiosi hanno rilevato quanto la richiesta di eventuali interventi di allungamento non fosse direttamente correlata ad una reale caratteristica di micropene. A tale riguardo il disagio rimanda essenzialmente ad una dismorfofobia peniena, che difficilmente si sarebbe risolta con l’ausilio di tecniche di allungamento chirurgiche e/o fisioterapiche.
Quando il disagio è più di natura psicologica diventa necessario un intervento sessuologico utile a ridimensionare il vissuto catastrofico, che si manifesta nell’espressione di una precisa inadeguatezza fisica.
La possibilità di rieducare e fare riappropriare alcuni uomini della loro sicurezza e stima di sé è alla base di una modificazione e di una migliore percezione di alcune parti del proprio corpo. Per quanto riguarda l’organo genitale, probabilmente si tratta di riappropriarsi di uno status di “potere” necessario al buon funzionamento intimo e soprattutto “relazionale”.

Se pensi di soffrire del pene piccolo, prenota la tua visita e, grazie ad una serie di colloqui riservati, ti aiuterò a risolvere il tuo problema.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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I 10 motivi per cui è stressante avere il pene, che le donne non possono capire

MEDICINA ONLINE PENE TESTICOLO ASIMMETRICO PENIS SCROTO DAVID MICHELANGELO FIRENZE ASIMMETRIA VENA VARICOCELEOgni volta che una donna ha il ciclo, oppure è costretta a fare l’equilibrista per fare pipì in un bagno pubblico senza sedersi, pensa che avere il pene renderebbe tutto più facile.

In realtà, anche se ci sono indubbi vantaggi come quello di fare pipì in piedi, essere maschi ha anche degli aspetti negativi da non sottovalutare.

Il giornalista di Cosmopolitan Frank Kobola ne ha elencati dieci, vediamo quali sono.

I 10 svantaggi di avere il pene

  1. Una delle esperienze più dolorose, è chiudersi la punta nella cerniera del pantalone dopo aver fatto pipì. C’è chi finisce al pronto soccorso!
  2. Anche sedersi sui testicoli fa parecchio male. Non accade con molta frequenza per fortuna, ma accade ed è doloroso.
  3. In generale, è stressante doversi costantemente preoccupare dei propri testicoli. Quando un uomo viene colpito nelle parti basse, sente un dolore fortissimo e una nausea profonda che si irradia dall’interno. Certo, partorire è più doloroso, ma è possibile prepararsi con l’epidurale, mentre nulla può preparare un uomo ad un calcio sui testicoli.
  4. Quando fa caldo, avere il pene è insopportabile: i testicoli diventano sudaticci e appiccicosi, sotto il perineo (lo spazio tra l’ano e i testicoli) si forma una pozza di sudore!
  5. Un’altra esperienza dolorosa e pericolosa è la torsione testicolare, davvero tremenda!
  6. Gestire un’erezione è tra le cosa più complicate per un uomo, soprattutto in costume o quando si indossa la tuta. Qualsiasi cosa potrebbe scatenarla, anche in momenti sconvenienti e imbarazzanti.
  7. Nelli Stati Uniti, dove l’acqua del water raggiunge quasi il bordo, è raccapricciante sedersi e toccarla con la punta del pene e i testicoli.
  8. Gli uomini odiano fare pipì dopo il sesso, sia per il fastidioso pizzicore dello sperma secco, sia perché il getto non finisce mai dove dovrebbe, ovvero nella tazza.
  9. Le donne possono avere più orgasmi uno dopo l’altro, l’uomo ha il cosiddetto“periodo refrattario”, il pene deve riposarsi!
  10. La depilazione intima non è mai piacevole, men che meno quando bisogna rasare sopra e attorno ai testicoli.

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L’auto grande è davvero il prolungamento di un pene piccolo?

MEDICINA ONLINE AUTO SESSO ANALE ANO RETTO LUBRIFICANTE FETICISTA TRANS DONNA PENE EREZIONE IMPOTENZA DISFUNZIONE ERETTILE VAGINA SESSULITA SESSO COPPIA CAMEL TOE LOVE COUPLE LOVER SEX GIRL MAN NO WOMAN WA SQUIRTIGIn questo momento di furiosi spostamenti estivi, in cui le autostrade si saturano e si saturano anche le statali, vorrei tornare su un argomento di cui occasionalmente si discute ma sempre senza approfondire abbastanza, senza arrivare al dunque, e senza dare qualche speranza che prima o poi ci possa essere una vera soluzione del problema. Il problema è quello solito dell’automobile come prolungamento fallico. La gente, cioè i maschi, hanno un fallo, o un pene, e però ne giudicano la lunghezza insoddisfacente per avere una propria vita felice, o almeno normale. Traducendo in un italiano d’uso un po’ più gergale ma più espressivo, quasi tutti gli uomini vorrebbero avere un cazzo un po’ più lungo, se possibile vorrebbero essere quelli che hanno il cazzo più lungo della loro città, o della nazione, e forse del mondo e dell’intero universo. Diciamo così, normalmente il tuo cazzo non ti basta, rispetto ai tuoi desideri è sempre un po’ un cazzino. Come risolvere il problema?

Secondo alcuni psicologi e sociologi l’uomo troverebbe un adeguato sostitutivo della carente lunghezza del suo pene nell’automobile, che diviene il suo confortante prolungamento fallico principale. E’ noto che qualsiasi automobile è più lunga di un pene, anche la Panda o la Smart, però si sottintende che l’uomo preferisca come prolungamento fallico le macchine di grossa taglia. Se puoi ti compri questa macchina molto grande che è come avere un pene molto lungo, e, tra l’altro, che tutti possono vedere parcheggiato davanti a casa tua, in modo da saperlo che ce l’hai; mentre il pene, quello vero, lo tieni sempre chiuso nelle mutande dove nessuno lo vede. Un maligno potrebbe pensare a questo punto che, seguendo una specie di proporzionalità inversa, tanto più lunga sia la macchina che riesci a acquistare, tanto più corto sia il tuo pene.

Se questo fosse vero, ogni volta che vedi passare uno con una Panda dovresti pensare che lui sia uno che ha un pene piuttosto lungo, e ogni volta che invece passa una Mercedes o una BMW, dovresti pensare che chi la sta guidando ha un pene piccoletto. In questo senso l’automobile di grossa taglia sarebbe per un verso il prolungamento fallico desiderato, ma per l’altro, diventerebbe una specie di confessione sulle scarse dimensioni della propria strumentazione intima (voglio dire che anche questo poi potrebbe non essere uno svantaggio perché tutte quelle donne che hanno una loro conformazione intima per cui troppo grosso dà più fastidio che piacere potrebbero vedere passare uno con una Audi di quelle grandi e dirsi: “Ve’ che macchinone, quello lì magari ha uno di quei cazzetti proprio come piacciono a me”).

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Ma tutto questo non mi sembra possibile, e mi sembra piuttosto una forma di moralismo veterocomunista. Se la cosa stesse veramente così, la macchina grande sarebbe diventata una specie di raccorciatore fallico, e tutti avrebbero comprato delle Smart che a quel punto sarebbero diventate loro l’autentico prolungamento fallico desiderato. Quindi, in assenza di dati reali che mettano in correlazione la lunghezza del fallo di x con la dimensione dell’automobile di x, possiamo dire che non sappiamo se ci sia una vera corrispondenza tra la lunghezza del proprio fallo e la lunghezza della propria automobile, ma restiamo sul fatto che la corrispondenza sia a livello di desiderio: visto che quasi tutti desidererebbero avercelo più lungo, la lunghezza del succedaneo (automobile) compensa la lunghezza del desiderio di avere un pene tal dei tali e non la lunghezza di un pene reale.

Ma vorrei ritornare qui al problema di cui si parlava all’inizio e lanciare una grande sfida alla bioingegneria dell’avvenire: non si potrebbe, grazie alle cellule staminali, riuscire a creare in laboratorio dei prolungamenti del pene fatti di pene, cioè dei tessuti cavernosi in più e dei pezzi di pelle, in modo che per esempio, se uno rispetto al suo desiderio gli sembra di non averlo lungo abbastanza, possa farsi un prolungamento del pene in pene e non in lamiera e motore a combustione interna e eccetera, con tutto quello che comporta di produzione di anidride carbonica e occupazione di spazio.

Per esempio, un prolungamento del pene fatto di automobile equivale a almeno dodici quintali di materie (ferro, plastica, gomme, etc), che occupa dodici metri quadrati di spazio e in un ora di uso produce tot grammi di anidride carbonica e consuma almeno quattro litri di petrolio. Un prolungamento del pene fatto di pene, per esempio un nuovo pezzo di pene lungo cinque centimetri da attaccarti al tuo che hai già occupa meno di dieci centimetri quadrati, peserà trentacinque grammi, tanto da starti comodamente nelle mutande se non lo usi, e in un ora di uso consumerà quattrocento calorie.

Secondo me puoi venderlo a qualche migliaio di euro, facciamo fino a cinquemila, che comunque è molto inferiore come costo a quello di una Mercedes, e il costo di manutenzione poi è molto minore e non devi neanche assicurarlo. Al momento l’unica pecca che vedo nella cosa è che come prolungamento fallico per venire in montagna nel weekend è meglio l’automobile, anche se poi, una volta arrivato in montagna con una signorina graziosa, ritorna migliore il prolungamento fallico fatto di pene con le staminali.

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Come si contrae il Virus del papilloma (HPV)?

TESTA DONNA TRISTE MAL DI TESTAIl Papilloma Virus Umano o HPV è un virus appartenente alla famiglia dei Papillomaviridae. Le infezioni da HPV sono estremamente diffuse e possono causare anche malattie della cute e delle mucose. Si calcola che oltre il 70% delle donne contragga un’infezione genitale da HPV nel corso della propria vita; solitamente l’infezione provocata da questo virus non causa nessuna alterazione e si risolve da sola specie se il sistema immunitario è ben funzionante; solo in caso di persistenza nel tempo di infezioni di HPV ad alto rischio oncogenico è possibile, in una minoranza dei casi e nel corso di parecchi anni, lo sviluppo di un tumore maligno del collo uterino.

Come si contrae il Virus del papilloma?

Gli HPV si contraggono tramite contatto diretto (sessuale, orale e cutaneo) o in luoghi poco puliti (ad esempio bagni pubblici non disinfettati a norma). Non sono presenti in liquidi biologici quali sangue o sperma. Il rischio di contrarre una infezione da HPV aumenta con il numero dei partner sessuali, ed è massimo tra i giovani adulti (20-35 anni). Il virus è più frequentemente trovato tra le popolazioni promiscue e in condizioni precarie di igiene. L’uso del profilattico non pare avere azione protettiva completa in quanto l’infezione è spesso diffusa anche alla cute della vulva e del perineo. L’infezione da HPV è asintomatica nella maggior parte dei casi. In alcuni casi, si può invece manifestare con condilomi acuminati in sede genitale (pene e vulva, perineo). Le lesioni da HPV del collo uterino possono essere riconosciute mediante il Pap test, la colposcopia o tecniche di patologia molecolare, e le lesioni del pene mediante la penescopia. Ogni anno, in Italia, sono circa 3.500 le donne che si ammalano di cancro del collo dell’utero. Si stima che il 75% della popolazione entri in contatto con il virus almeno una volta durante la sua vita.

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