Ecco perché il kiwi è un’ottima scelta per chi soffre di diabete

MEDICINA ONLINE KIWI FRUTTA PROPRIETA CALORIE ZUCCHERI GRASSO DIMAGRIRE DIABETE INSULINA SANGUE GLICEMIA.jpgUno scarso controllo della glicemia è collegato all’obesità e viene associato a patologie croniche come il diabete e le malattie cardiovascolari. Per questo è estremamente importante, per chi soffre di diabete, mantenere sempre sotto controllo il livello di glucosio ematico.

Tenere sotto controllo il glucosio ematico

Chi soffre di diabete sa bene che la quantità di carboidrati che si assume può avere un impatto notevole sulla glicemia (pertanto, è necessario fare attenzione a ciò che si mangia). L’indice glicemico (IG) classifica i cibi che contengono carboidrati in base a come questi influiscono sui livelli di glucosio ematico:

  • Gli alimenti a IG elevato (70 e oltre) sono digeriti e assorbiti rapidamente e determinano un forte aumento dei livelli di glucosio ematico. Questo tipo di alimenti, tra cui il pane bianco, le ciambelle, le bevande zuccherate, dovrebbe essere assunto con limitazione.
  • Gli alimenti a basso IG (55 o meno) sono digeriti, assorbiti e metabolizzati più lentamente, e causano un aumento del glucosio ematico molto più ridotto. Questo genere di alimenti, che include la frutta fresca, le verdure, i cereali integrali e i legumi (fagioli, piselli e lenticchie) è una fonte di carboidrati migliore.

In che modo il kiwi Zespri ti aiuta a regolare la glicemia

Ci si aspetterebbe che, dal momento che la maggior parte della frutta è dolce e contiene zuccheri semplici, essa faccia aumentare drasticamente il livello di glucosio nel sangue (assegnandole quindi un IG elevato). Tuttavia, così non è nel caso di frutti ad alto apporto di fibre, come i kiwi Zespri.

I kiwi Zespri possono aiutarti a regolare la glicemia in due modi:

  1. I kiwi Zespri hanno un basso IG 
    I kiwi Zespri Green hanno un IG di 39, mentre i kiwi Zespri SunGold hanno un IG di 49, cosa che fa rientrare entrambi nella categoria di alimenti a basso IG. Ciò è dovuto all’alto contenuto di fibre dei kiwi Zespri, che rallenta l’assorbimento degli zuccheri durante la digestione che, a sua volta, implica un più lento assorbimento del glucosio da parte dell’organismo e un rilascio controllato all’interno del flusso ematico.
  2. I kiwi Zespri possono abbassare il tasso di assorbimento del glucosio derivante da altri alimenti
    Un nuovo studio scientifico ha mostrato che mangiare del kiwi a colazione rallenta significativamente l’assorbimento degli zuccheri nel flusso ematico. Questo è dovuto al fatto che le fibre contenute nel kiwi hanno una grande capacità di trattenere l’acqua. Quando vengono ingerite, le fibre contenute nel kiwi trattengono l’acqua, gonfiandosi e ispessendosi, e acquisendo una consistenza gelatinosa. Quando la colazione viene digerita, gli alimenti vengono scissi in zuccheri più semplici, che si muovono più lentamente lungo la sostanza gelatinosa formatasi dalle fibre. In questo modo, gli zuccheri vengono assorbiti più lentamente nel sangue e l’energia è rilasciata più gradualmente.

Gli studi hanno dimostrato che combinare il kiwi Zespri con i cereali per la colazione migliora la risposta glicemica

Inoltre, le fibre presenti nei kiwi Zespri Green e Zespri SunGold sono un aiuto naturale alla digestione, e alcuni studi condotti sugli anziani hanno mostrato che il consumo regolare di kiwi contribuisce a prevenire la stitichezza. Un’altra buona ragione per mangiare ogni giorno un kiwi Zespri a colazione!

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Il diabetico può bere vino?

MEDICINA ONLINE BERE COCKTAIL ALCOLICO ALCOL INGRASSARE DIMAGRIRE VINO ROSSO BIANCO BOTTIGLIA LINEA CALORIE DRINKING WINE AMICI AMICIZIA GRUPPO TAVOLA MANGIARE RISTORANTE SERATA PUB BIRRLe persone affette dal diabete devono evitare l’assunzione di zuccheri puri e controllare molto attentamente la dieta. Quando tali misure non sono sufficienti a tenere sotto controllo la glicemia, si devono assumere particolari farmaci a seconda del tipo di diabete.

Diverse ricerche scientifiche ci hanno fornito una chiara spiegazione dell’effetto di protezione esercitato dall’alcol contro il rischio di insorgenza del diabete. L’azione dell’alcol nella fase più precoce della produzione di insulina giustifica la riduzione dell’iperglicemia (cioè la diminuzione dell’eccessiva presenza di glucosio nel sangue) notata dopo i pasti nei soggetti diabetici, moderati bevitori di vino. In sostanza, l’alcol aumenta l’azione ipoglicemizzante esercitata sia dall’insulina che dai farmaci ipoglicemizzanti, consentendo talora un utilizzo di farmaci antidiabetici in misura minore per raggiungere un buon controllo glicemico nei pazienti diabetici. Però è importante tenere presente come l’alcol riduca il rilascio nel sangue del glucosio epatico, per cui si possono facilmente verificare episodi di ipoglicemia. E’ fondamentale pertanto assumere il vino assieme al cibo.

L’ALCOL PUÒ IN PARTE SOSTITUIRE DAL PUNTO DI VISTA CALORICO GLI ZUCCHERI DELLA DIETA CHE IL DIABETICO DEVE EVITARE

Nel 1989 il nostro ministero della Sanità ha concesso l’autorizzazione alla vendita di vino dietetico in farmacia. Si tratta di un vino prodotto nel novarese che risulta assolutamente privo di zuccheri ed è addizionato con vitamine del gruppo b.

Sul metabolismo degli zuccheri è bene evidenziare ancora come da un lato l’alcol abbassi il tenore di zuccheri nel sangue, dall’altro i vini dolci contengono solo o soprattutto fruttosio, che è uno zucchero non dannoso per i diabetici.

Quanto infatti il lievito attacca lo zucchero del mosto per fermentarlo e trasformalo in vino , attacca inizialmente il glucosio e successivamente il fruttosio: quindi nel vino dolce rimane soltanto il fruttosio. Si può quindi affermare che diverse evidenze scientifiche dimostrano come anche i pazienti diabetici possono, con moderazione, bere vino.

Perché il paziente diabetico non può bere fuori pasto?
È buona regola, per i pazienti diabetici non bere fuori pasto perché l’alcool bevuto a digiuno inibisce temporaneamente la capacità del fegato di produrre glucosio, questo può portare a episodi anche gravi di ipoglicemia soprattutto nei pazienti che praticano insulina; nella fase post-prandiale invece l’alcool può dare valori più elevati di glicemia se non viene calcolato nel computo delle calorie totali.
È inoltre importante sapere che il paziente diabetico che ha ecceduto nel bere può non riconoscere i sintomi dell’imminente ipoglicemia e, quindi, non correggerli.
Il rischio di ipoglicemia si può estendere al giorno seguente, pertanto un buon suggerimento per i pazienti diabetici è quello di essere preparati all’eventualità di un’ipoglicemia nella tarda mattinata che segue la serata in cui si è ecceduto nel bere.

I migliori prodotti per diabetici
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche, estremamente utili per aiutare il diabetico ed il pre-diabetico a mantenere i giusti livelli di glicemia, perdere peso e migliorare la propria salute. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Chetosi: cos’è, da cosa è causata, sintomi e terapia in adulti e bambini

MEDICINA ONLINE LABORATORIO BLOOD TEST EXAM ESAME DEL SANGUE FECI URINE GLICEMIA ANALISI GLOBULI ROSSI BIANCHI PIATRINE VALORI ERITROCITI ANEMIA TUMORE CANCRO LEUCEMIA FERRO FALCIFORME MLa chetosi o acetonemia (termine più conosciuto nella manifestazione infantile) è il sintomo di un alterato metabolismo degli acidi grassi. La chetosi fisiologica o alimentare si manifesta durante il digiuno prolungato (dopo 2-3 giorni) e durante una privazione di carboidrati alimentari a lungo termine. La chetosi patologica o diabetica si manifesta prevalentemente nei pazienti diabetici.

Eziologia

La causa della chetosi è da ricercare in pazienti con un alterato metabolismo del glucosio che porta ad una prolungata ipoglicemia, compensata da un’eccessiva gluconeogenesi che sfrutta gli intermedi del ciclo di Krebs, bloccandone l’attività. Questi eventi si manifestano:

  • durante il digiuno prolungato;
  • durante un regime dietetico con privazione di carboidrati;
  • nelle infezioni
  • nell’abuso di alcol
  • nello stress emozionale
  • nella pancreatite
  • nelle emorragie gastrointestinali
  • nella infusione e.v. di destrosio
  • in gravidanza.

Patogenesi e quadro patologico

La chetogenesi, principale causa dei segni della chetosi, è dovuta alla formazione dei corpi chetonici, composti derivati dagli acetil-CoA, i quali non possono proseguire il ciclo di Krebs per la mancanza dei suoi intermedi, quali l’ossalacetato. La formazione di corpi chetonici, sintetizzati per reazione di almeno 3 acetil-CoA, comporta il risparmio del Coenzima A, necessario all’attivazione degli stessi acidi grassi. I corpi chetonici, così formati, viaggiano nel sangue. Uno di questi, l’acetone, molto volatile, si libera a livello degli alveoli e conferisce all’alito del paziente affetto da chetosi il caratteristico odore.

Patogenesi nel paziente diabetico

La bassa concentrazione ematica di insulina, insieme con la presenza di ormoni controregolatori (glucagone), provoca:

  • un’aumentata gluconeogenesi epatica;
  • un’aumentata proteolisi;
  • una minore utilizzazione periferica di glucosio.

Questi eventi portano alla iperglicemia, dunque alla glicosuria, con conseguente diuresi osmotica, perdita di elettroliti e ipovolemia.

  • un’aumentata lipolisi, con aumento dei NEFA ematici e dei corpi chetonici.

La presenza di corpi chetonici comporta una forte diminuzione della riserva alcalica, che, unita all’insufficienza renale dovuta all’ipovolemia, porta all’acidosi. La triade “chetosi, iperglicemia, acidosi” viene chiamata nel diabetico Chetoacidosi diabetica o DKA.

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Patogenesi nel bambino

La chetosi nel bambino è detta acetone e, se non è dipendente dal diabete, è una manifestazione benigna che si accompagna a malattie febbrili, shock emotivi oppure al digiuno, tutte condizioni che si manifestano frequentemente nel bambino, il cui equilibrio metabolico è più delicato che nell’adulto. Si può inoltre considerare concausa dell’acetonemia una alimentazione errata, che preveda l’uso eccessivo di grassi e fritti.

Anatomia Patologica

La connessione tra la chetoacidosi diabetica e lo stesso diabete, comporta l’identità del quadro anatomo-patologico. A causa della natura prettamente biochimica e transitoria della chetosi nel bambino, non vi sono manifestazioni anatomo-patologiche considerevoli.

Sintomi e terapia

Occorre distinguere i segni e sintomi nel paziente diabetico/critico e nel bambino. La distinzione si ha anche nel trattamento.

Paziente con Chetoacidosi Diabetica

Nota: la chetoacidosi è l’abbassamento del pH nel sangue a seguito dell’aumento di concentrazione di acido acetoacetico, acetone, e acido beta-idrossibutirrico, prodotti dalla biosintesi epatica di glucosio a partire da acidi grassi.

  • Sintomi: stanchezza, malessere generale, poliuria, sete, polidipsia, crampi, aritmie cardiache, sonnolenza, perdita di peso, bradipnea.
  • Segni: disidratazione, ipotensione, anomalie ECG, disfunzioni cerebrali, perdita della massa muscolare, Respiro di Kussmaul.

Terapia

  1. Reidratazione
  2. Somministrazione di insulina
  3. Somministrazione di potassio
  4. Infusione di glucosio

Bambino con chetosi infantile

Il quadro clinico è caratterizzato da rifiuto del cibo e vomito, che in casi estremi può portare alla disidratazione e provocare senso di malessere generale, come dolori addominali o cefalee, accompagnato da lingua asciutta e patinosa, respiro profondo e frequente. La crisi è di solito rapida e questi sintomi durano dalle 24 alle 48 ore.

Terapia: Il bambino deve essere reidratato con continuità, ma senza eccessi. L’utilizzo dei succhi di frutta è consigliato, poiché ricchi di acqua e zuccheri, utili per eliminare i corpi chetonici. Per prevenire una nuova comparsa di chetosi occorre nutrire il bambino con alimenti ricchi di fibre e carboidrati complessi, la cui digestione comporta un rilascio graduale e duraturo di glucosio nell’intestino (pasta, cereali, pane).

Esame Obiettivo ed Esami di Laboratorio

La diagnosi di DKA è immediata, dato il forte odore di aceto dell’alito. Tuttavia un esame dell’urine (anche su stick rapido) è in grado di accertare la presenza della malattia e di valutare la concentrazione dei corpi chetonici e del glucosio. È necessario eseguire l’ECG per valutare la funzionalità cardiaca, spesso compromessa, e analisi approfondite quali azotemia e creatininemia per valutare la funzionalità renale. La chetosi nel bambino, manifesta grazie all’odore di frutta dell’alito, è solitamente accompagnata da febbre; benché questi segni sono sufficienti per un esame obiettivo, strisce reattive ai corpi chetonici nell’urine possono essere utilizzate per la diagnosi certa.

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Differenza tra prediabete, intolleranza glucidica e diabete

MEDICINA ONLINE DIABETE MELLITO TIPO 1 2 PREDIABETE PRE-DIABETE SANGUE VALORI GLICEMIA EMOGLOBINA GLICATA ZUCCHERI DIETA CARBOIDRATI PASTA PANE INSULINA RESISTENTE DIPENDENTE CIBO MANGIARE VERDURA FRUTTA.jpgIl diabete mellito di tipo 2 (chiamato anche diabete mellito non insulino-dipendente, NIDDM o diabete dell’adulto) è una malattia metabolica, caratterizzata da glicemia alta in un contesto di insulino-resistenza e insulino-deficienza relativa. Si differenzia dal diabete mellito di tipo 1, in cui vi è una carenza assoluta di insulina a causa della distruzione delle Isole di Langerhans del pancreas, inoltre il diabete mellito di tipo 2 è di gran lunga più diffuso rispetto al tipo 1, rappresentando 80/90% dei casi di diabete mellito.

In molti casi, la diagnosi di diabete mellito di tipo 2 è preceduta da una fase comunemente chiamata “prediabete” o “intolleranza glucidica” (sono sinonimi) del tutto asintomatica, caratterizzata da livelli di glucosio nel sangue lievemente superiori alla norma, ma non così elevati da determinare un diabete conclamato e da livelli superiori di insulina nel sangue provocata da precoce insulino-resistenza. In tutto il mondo moltissime persone presentano anche per anni una condizione pre-diabetica senza esserne consapevoli. Durante questi anni, l’iperglicemia esercita effetti deleteri a livello dei tessuti bersaglio, così che alla diagnosi clinica sono spesso già presenti le complicanze della malattia. E’ verosimile, quindi, che una diagnosi tempestiva del diabete consenta di ridurre il rischio di complicanze.

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Contenitori in plastica per il cibo e rischio diabete: studio su mamme e bimbi

MEDICINA ONLINE DIABETE INSULINA CONTENITORI IN PLASTICA CIBO RISCHIO INTERFERENTI ENDOCRINI ORMONI.jpgSi chiamano interferenti endocrini, agiscono come ormoni ‘assunti’ dall’esterno e potrebbero nascondersi un po’ ovunque: innanzitutto nella plastica, ma anche in detersivi, detergenti e cosmetici, in alcuni giocattoli e lattine, addirittura in qualche formulazione farmaceutica e nella carta termica degli scontrini o dei biglietti di treno e metropolitana. Perfino nei soldi, dentro le banconote. Ftalati e bisfenolo A sono da tempo sotto la lente della scienza per i loro possibili effetti sulla salute: dalla pubertà precoce all’obesità nei bimbi, dal diabete di tipo 2 alle malattie cardiovascolari negli adulti.

Se ne parla anche al 26esimo Congresso della Società italiana di diabetologia (Sid) in corso a Rimini, mentre si attendono per fine 2017 i primi risultati nazionali sull’esposizione ambientale a queste sostanze lungo lo Stivale, al centro dello studio ‘Life-Persuaded’ su oltre 2 mila mamme e bambini condotto sotto l’egida dell’Istituto superiore di sanità. Partner della ricerca l’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr di Pisa, l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e l’Associazione culturale pediatri (Acp).

Il tema degli interferenti endocrini è protagonista al meeting romagnolo perché il timore è che ftalati e bisfenolo A possano accendere la ‘miccia’ del diabete. Come? “Innanzitutto – spiega all’AdnKronos Salute Amalia Gastaldelli, responsabile del Laboratorio sul rischio cardiometabolico dell’Ifc-Cnr – si legano ai recettori Ppar-gamma che promuovono l’adipogenesi e si associano a un’infiammazione del tessuto adiposo, fattori di rischio per malattie metaboliche come obesità e diabete. Inoltre, a livello epatico possono promuovere l’accumulo di trigliceridi determinando una condizione di fegato grasso, altro fattore di rischio per il diabete che a sua volta lo è per la steatosi epatica. Infine c’è l’azione sul pancreas, dove gli interferenti endocrini possono stimolare la produzione di insulina causando iperinsulinemia, e quindi una situazione di insulino-resistenza” ‘anticamera’ del diabete. (segue)

Ftalati e bisfenolo A eventualmente ‘assorbiti’ dall’ambiente attraverso gli oggetti che ci circondano e utilizziamo ogni giorno possono avere “azioni differenti a seconda della sostanza analizzata, e diverse nei vari tessuti del corpo – precisa Gastaldelli – In linea generale, però, gli interferenti endocrini sono sostanze che si mimetizzano da ormoni”, e così ‘travestite’ si legano ai recettori ormonali presenti sulle cellule. A volte agiscono da agonisti”, cioè stimolano i meccanismi regolati dal recettore che ‘agganciano’, “altre volte da antagonisti” che inibiscono questi stessi meccanismi.

“Fra i bersagli preferiti degli interferenti endocrini ci sono i recettori degli estrogeni – sottolinea l’esperta – ed è la ragione per cui queste sostanze vengono spesso correlate a possibili effetti sullo sviluppo sessuale”. Osservati speciali per cercare di spiegare ad esempio i casi precoci di menarca (inizio delle mestruazioni) o telarca (crescita del seno), sempre più frequenti.

Gli esperti ritengono importante promuovere stili di vita consapevoli fra i cittadini, ma invitano anche alla cautela: “Viviamo nella plastica, che è diventata indispensabile e non va demonizzata – puntualizza la ricercatrice – La plastica è comoda, pesa poco, conserva bene i cibi e altri prodotti di uso comune, e il dato positivo è che il mondo dell’industria è ormai sensibilizzato sulle possibili insidie di certe sostanze per l’organismo. Tuttavia è giusto sapere che esistono plastiche ‘buone’ e plastiche ‘cattive’, plastiche con il ‘bollino verde’ o con quello rosso. La domanda ora è: siamo effettivamente esposti a questo rischio? E se sì, quando e come?”.

Lo studio Life-Persuaded, eletto Progetto del mese di febbraio 2016 dal ministero dell’Ambiente, punta a far luce sull’effettivo impatto degli interferenti endocrini nella realtà italiana. “La ricerca – ricorda Gastaldelli – è stata avviata nel 2014 e coinvolgerà 2.160 coppie madre-bambino al Nord, Centro e Sud Italia, sia nelle aree urbane sia in quelle rurali del Paese. I bimbi sono maschi e femmine, di età compresa fra 4 e 14 anni”.

“L’arruolamento – continua l’esperta – avviene attraverso pediatri opportunamente formati sull’argomento, che propongono alle mamme la partecipazione allo studio. L’adesione comporta l’analisi di un singolo campione spot di urina di madre e figlio, sul quale cercare i metaboliti di ftalati e bisfenolo A misurandone le concentrazioni, oltre alla compilazione di un questionario approfondito” sugli stili di vita, le abitudini familiari, l’uso di determinati prodotti, il consumo di certi alimenti e così via. “In questo momento siamo a metà del reclutamento – riferisce Gastaldelli – ossia disponiamo di campioni di urina e dosaggi di circa 1.200 partecipanti. La conclusione è prevista per fine 2017, quando avremo dati relativi a quasi 5 mila campioni”.

Tre gli obiettivi: misurare i livelli di Dehp (di-2-etilesilftalato) e Bpa (bisfenolo A) nella popolazione infantile italiana, evidenziando eventuali differenze in base all’area di residenza, agli stili di vita e alle abitudini alimentari; valutare la relazione tra l’esposizione a Dehp e Bpa e patologie infantili, quali telarca prematuro idiopatico, pubertà precoce centrale idiopatica e obesità infantile idiopatica; studiare il rapporto causa-effetto dovuto all’esposizione a concentrazioni reali di Dehp e Bpa, in condizioni sperimentali.

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Differenza tra glicemia e insulina

MEDICINA ONLINE GLICEMIA INSULINA SANGUE DIFFERENZA CONCENTRAZIONE ORMONE PIASTRINE GLOBULI ROSSI BIANCHI GLUCAGONE TESTOSTERONE ESTROGENI PROGESTERONE CUORE.jpgLa glicemia è il valore della concentrazione di glucosio nel sangue. Un valore normale di glicemia a digiuno è compreso tra i 65-110 mg/dl. Un valore compreso tra i 110-125 mg/dl suggerisce il sospetto di alterata glicemia a digiuno (IFG). Valori superiori a 125 mg/dl permettono di fare diagnosi di diabete qualora tale condizione si verificasse nuovamente ad una seconda misurazione. Dopo un pasto la glicemia può elevarsi anche di molto, anche se valori superiori a 200 mg/dl, associati ad altri sintomi come polidipsia e poliuria, permettono di ipotizzare una diagnosi di diabete.

L’insulina è invece un ormone prodotto dal pancreas che ha la principale funzione di regolare i livelli di glucosio ematico riducendo la glicemia mediante l’attivazione di diversi processi metabolici e cellulari, quando il glucosio nel sangue è elevato, ad esempio dopo un pasto ricco di carboidrati.

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Differenza tra indice glicemico e carico glicemico

MEDICINA ONLINE COLAZIONE LATTE YOGURT CORNETTO MATTINA DIFFERENZE PIU CALORIE DIABETE GLICEMIA INSULINA ZUCCHERI CARBOIDRATI CIBO DOLCE MANGIARE ACQUA VALORI PROPRIETA NUTRIZIONISTA TAVChe cos’è l’indice glicemico (IG) di un alimento?
L’indice glicemico è un parametro elaborato agli inizi degli anni ’80 dal prof. Jenkins dell’Università di Toronto che classifica gli alimenti in base alla loro influenza sul livello di glucosio nel sangue (glicemia).
Per molto tempo in passato si è ritenuto che tutti i carboidrati semplici (dolci, bibite, succhi….) fossero uguali e facessero salire rapidamente il glucosio nel sangue; viceversa si riteneva che tutti i carboidrati complessi (verdure, legumi, cereali integrali etc) lo facessero salire lentamente e in modo graduale. Fortunatamente gli studi più recenti hanno ampiamente documentato che non è sempre così: per quanto riguarda i carboidrati semplici, per esempio, si è scoperto che il pane bianco fa salire più rapidamente il glucosio nel sangue rispetto a un gelato.
Da dieci anni a questa parte molti studi scientifici hanno dimostrato direttamente o indirettamente l’interesse dell’indice glicemico nella lotta contro l’obesità ma anche nella prevenzione del diabete e delle malattie cardiovascolari.

Come si misura l’IG dei vari alimenti?
Tecnicamente si misura valutando l’incremento della glicemia quando si assumono 50 g di glucosio. L’entità della risposta viene espressa in termini percentuali medi rispetto al glucosio (oggi si usa anche il pane bianco), che viene preso come punto di riferimento stabilendone un valore pari a 100 nella scala dell’indice glicemico. Esistono inoltre delle tabelle di classificazione arbitraria in IG elevato, intermedio e basso che secondo la maggior parte degli autori è fissata nei range di valori indicati nella tabella sottostante. I cibi che fanno salire il glucosio rapidamente hanno un IG alto, quelli che lo fanno salire gradualmente hanno un IG basso.

IG ELEVATO
100-70 (%)
IG INTERMEDIO
69-55 (%)
IG BASSO
inferiore a 55 (%)
Esempi

 

Esempi Esempi
Glucosio 100
Cornflakes 84
Miele 73
Pane bianco 70
Pane integrale 69
Zucchero 65
Succo d’arancia 57
Popcorn 55
Uva/Banane 52
Latte scremato 32
Legumi 27-33
Fruttosio 23
Fonte: M Szwillus, D Fritzsche, Mangiare sano con il diabete, Tecniche Nuove, 2010

Perché è importante l’IG per una persona diabetica?
L’Indice Glicemico è un valore importante per chi soffre di diabete, considerato che deve evitare rapidi innalzamenti della glicemia. Seguire una dieta a base di alimenti con IG basso, per quanto possa sembrare complicato, può permettere un migliore controllo della propria glicemia. Secondo alcuni Esperti, inoltre, gli alimenti a IG più basso aiutano a dimagrire perché provocano sazietà senza bisogno di molte calorie. E sentirsi sazi è importante sia per chi ha il diabete che per chi vuole dimagrire. Alcuni alimenti con IG basso (per es. mele, latte scremato, pomodori) sono anche ipocalorici.

Da che cosa dipende l’indice glicemico?
Quando consumiamo qualche alimento che contiene carboidrati, questi passano dall’intestino al sangue e così i livelli di glucosio aumentano. L’ammontare di questo aumento dipende da diversi fattori: la composizione dell’alimento, il luogo di coltivazione e raccolta, il contenuto in amidi, proteine, fibre e grassi, la combinazione con altri alimenti, il tipo di cottura, il grado di maturazione (per es. per la frutta) sono tutti fattori che possono influenzare anche notevolmente gli effetti sulla glicemia; inoltre l’IG può presentare forti variazioni da una persona all’altra.
I valori dell’Indice Glicemico pur essendo un parametro utile soprattutto per la qualità della propria dieta, vanno considerati, tuttavia, come valori puramente indicativi perché si riferiscono sempre e solo all’alimento puro e non alla quantità effettivamente consumata (carico glicemico). Rispetto ad una dieta classica che fornisce le quantità esatte da consumare, quella dell’IG è necessariamente più imprecisa. Il consiglio è quello di usarla come ausilio complementare ad altri tipi di dieta consultandoti con il tuo medico.

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La quantità consumata fa la differenza
Molti alimenti con un indice glicemico basso sono integrali e sono ricchi di nutrienti come fibre, vitamine, minerali e altri componenti importanti per la salute, perciò è consigliabile inserirne molti nel proprio menù quotidiano. Tuttavia, è importante tenere sempre d’occhio anche la quantità che si assume di ciascun alimento.

Quanto più è elevato il consumo di un alimento con basso ID,
tanto più evidente sarà l’aumento della glicemia.
Al contrario, il consumo di una quantità ridotta di un alimento
con IG elevato influenza la glicemia meno di quanto lascerebbe presumere il suo indice glicemico.
Per questo nella pratica è molto più utile il Carico Glicemico.

Che cos’è il Carico Glicemico (CG)?
Il carico glicemico valuta l’effetto sulla glicemia di un alimento basandosi sulle quantità effettivamente consumate. Di conseguenza è un parametro più adatto per calcolare il consumo quotidiano dei vari alimenti. Mentre l’Indice Glicemico è la misura della qualità dei carboidrati, il Carico Glicemico è la misura della loro quantità: tiene conto sia dell’IG che del contenuto di zuccheri per porzione consumata.

FORMULA DI CALCOLO DEL CARICO GLICEMICO
Indice glicemico
———————–
100
x
g di carboidrati
a porzione

A seconda delle dimensioni della porzione, infatti il carico glicemico di alimenti diversi può risultare simile nonostante l’indice glicemico degli stessi sia molto diverso. Proviamo a fare un esempio che possa chiarire meglio il concetto:

Porzione alimento g di carboidrati
a porzione
Indice
glicemico
Carico
glicemico
100 g di pane ai cereali 43 g 45 45/100×43=19
 50 g di pane bianco 24 g 70 70/100×24=17
100 g di pane bianco* 48 g 70 70/100×48=34
Fonte: M Szwillus, D Fritzsche, Mangiare sano con il diabete, Tecniche Nuove, 2010
* tipo baguette francese

Come indicato nella tabella, una porzione di pane ai cereali ha un carico glicemico di 19, mentre una porzione di pane bianco (che ha un IG molto più elevato rispetto al pane ai cereali) ha un carico glicemico simile, pari a 17. Aumentando la quantità consumata di pane bianco, a parità di IG, il carico glicemico raddoppia.

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Alimentazione consigliata a chi soffre di diabete: i cibi che tengono sotto controllo la glicemia

MEDICINA ONLINE CIBO VEGAN GIRL VEGETARIAN EAT WOMAN DINNER CRUDISTI FRUTTARIANI VEGETARIANI VEGETARIANI DIFFERENZE VERDURA CARNE CIBO PROTEINE WALLPAPER HD PHOTO PICTURE HI RES EATING MANGIARE DIETA RICETTALe recenti conoscenze scientifiche e in particolare quelle legate alla nutrigenomica, ovvero la scienza che studia come gli alimenti possono condizionare la risposta dei nostri geni, ci hanno permesso di comprendere come alcuni alimenti possano intervenire a migliorare i funzionamenti cellulari e in particolare, per quanto riguarda il diabete, stimolare alcuni enzimi importanti nella regolazione della glicemia. In particolare la fibra solubile può agire come sostanza molto utile nel diabete. La fibra solubile la troviamo nel carciofo, nella cicoria, nell’aglio, nella cipolla, nelle mele e nelle arance.
Anche la fibra insolubile può aiutare, in quanto come abbiamo già detto lega una porzione di zuccheri rendendoli meno assorbibile.
Ma in genere possiamo dire che una corretta assunzione di frutta e verdura (evitando quella segnalata per l’alto tenore di zuccheri o l’alto indice glicemico) è essenziale per il controllo glicemico. Infine, secondo alcuni studi alcuni prodotti caseari e in particolare i formaggi caprini o formaggi provenienti da ruminanti di alpeggio (fontine, asiago) sembrano essere molto utili nel migliorare la glicemia  grazie all’alto contenuto in acidi grassi cosiddetti coniugati. Questi ultimi sono dati ancora preliminari sull’uomo anche perché bisogna essere cauti visto l’alto valore calorico di questi prodotti.

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