Anestesia epidurale e parto: vantaggi, procedura e rischi

MEDICINA ONLINE GRAVIDANZA INCINTA DIARREA FECI LIQUIDE FETO PARTO CESAREO DIETA FIBRA GRASSI ZUCCHERI PROTEINE GONFIORE ADDOMINALE MANGIARE CIBO PRANZO DIMAGRIRE PANCIA PESO INTESTINOL’anestesia epidurale rappresenta il metodo migliore per alleviare il dolore durante il parto e, in effetti, la maggior parte delle donne richiede l’epidurale più di ogni altro metodo analgesico. Il travaglio può essere molto doloroso, quindi è importante sapere come alleviare il dolore; nel momento in cui ci si prepara al parto è necessario conoscere i diversi metodi di sollievo dal dolore disponibili nell’ospedale scelto, in modo da essere pronti a prendere delle decisioni al momento dell’intervento: conoscere i diversi tipi di epidurale, come essa viene somministrata ed i benefici e i rischi correlati, vi consentirà di prendere una decisione più consapevole per voi stesse e il vostro bambino, il giorno del parto.

Queste conoscenze sono importanti anche per chi assiste al parto, che dovrà anche sapere come essere di sostegno alla partoriente. L’ostetrica o il medico possono illustrare le diverse opzioni esistenti, così da scegliere il metodo più consono. L’epidurale è un tipo particolare di anestesia locale. Addormenta i nervi che conducono gli impulsi del dolore dal canale del parto al cervello. Nella maggior parte delle donne, l’epidurale elimina completamente il dolore. Può essere utile in donne con travaglio prolungato o molto doloroso, o particolarmente angosciate.

Può essere somministrata solo da un anestesista e non è quindi praticabile se si sceglie di partorire a casa. Se si ritiene di poterne avere bisogno, verificare che l’ospedale scelto per il parto assicuri la presenza costante di un anestesista. Dopo l’epidurale le possibilità di muovere le gambe dipenderanno dall’anestetico locale adoperato. È possibile eseguire epidurali “mobili”, che consentono cioè di camminare. In questi casi, però, dovrà essere monitorato il battito cardiaco fetale tramite telemetria e non tutti i reparti dispongono di tali dispositivi. Consultare l’ostetrica per sapere se il proprio reparto eroga l’epidurale mobile. L’epidurale può notevolmente alleviare il dolore, ma non è efficace nel 100% dei travagli. Per esempio la società degli anestesisti ostetrici inglese stima che, in una donna su otto, sia necessario un altro metodo di eliminazione del dolore oltre all’epidurale. I farmaci usati per l’epidurale rientrano nella classe dei cosiddetti anestetici locali, come la bupivacaina, la clorprocaina o la lidocaina. Essi vengono spesso somministrati in combinazione con oppioidi o stupefacenti come il fentanil e il sufentanil, così da diminuire la dose richiesta di anestetico locale. In questo modo il sollievo dal dolore si ottiene con degli effetti minimi.

Altri consigli per ridurre il dolore

Durante il travaglio, sarà più facile rilassarsi e gestire il dolore se:

    • Si sa cosa aspettarsi. Sapere in cosa consiste il travaglio può aiutare a mantenere il controllo e ad avere meno paura. Parlarne con l’ostetrica o il medico, chiarirsi i dubbi e partecipare alle classi prenatali.
    • Imparare a rilassarsi, mantenere la calma e respirare profondamente.
    • Tenersi in movimento. La posizione può essere importante, quindi provare a inginocchiarsi, camminare o dondolare avanti e indietro.
    • Avere con sé durante il travaglio il compagno, una persona cara o di famiglia sostegno; comunque, anche in assenza di un proprio caro, non preoccuparsi perché l’ostetrica darà tutto il supporto necessario.
    • Farsi massaggiare dal proprio partner (a meno che essere manipolate non risulti fastidioso).
    • Fare un bagno.

Controindicazioni

Occasionalmente, l’epidurale non è raccomandata. Per esempio, potrebbe non essere adatta in pazienti con:

      • Uso di anticoagulanti (ad esempio warfarin).
      • Allergie agli anestetici locali.
      • Anomalie della coagulazione del sangue che aumentino il rischio di sanguinamento o comunque livelli ematici insufficienti delle piastrine.
      • Emorragie o stato di shock.
      • Un’infezione alla schiena.
      • Deformità o artrite grave della colonna vertebrale.
      • Un’infezione del sangue.
      • Affezioni neurologiche come la spina bifida
      • Dilatazione inferiore a 4 cm.
      • Il medico non individua lo spazio epidurale.
      • Un parto troppo veloce che non garantisce abbastanza tempo per somministrare il farmaco.

L’anestesista può fornire tutte le informazioni del caso e discutere i rischi potenziali in queste situazioni.

Procedura

Durante l’epidurale vengono somministrati liquidi tramite una fleboclisi in una vena del braccio. Con la paziente su un fianco o seduta con il dorso incurvato, l’anestesista disinfetta la schiena, inietta una minima quantità di anestetico locale e quindi introduce un ago nella schiena. Questa posizione è fondamentale per prevenire i problemi e aumentare l’efficacia dell’epidurale. Attraverso l’ago viene quindi inserito un tubicino molto sottile in corrispondenza dei nervi che convogliano gli impulsi del dolore originati dall’utero. L’ago viene attentamente rimosso lasciando il catetere in quell’area in modo che il farmaco possa essere somministrato tramite iniezioni periodiche o continue infusioni. Il catetere verrà fissato alla schiena, evitando che possa uscir fuori.

I farmaci, in genere una combinazione di anestetici locali e oppioidi, vengono somministrati attraverso questo tubicino (con oppioide, si intende una sostanza che interagisce con speciali recettori del corpo, riducendo il dolore). Per allestire l’epidurale, occorrono circa 10 minuti, e altri 10 – 15 perché sia efficace. Non sempre lavora al meglio fin da subito e può richiedere aggiustamenti. Una volta allestita, può essere potenziata dall’ostetrica o anche dalla partoriente tramite un apposito dispositivo. Sarà necessario monitorare costantemente le contrazioni materne e il battito cardiaco fetale. Ciò comporta di indossare una cintura intorno all’addome e, se possibile, una pinzetta sulla testa del neonato.

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Epidurale mobile

L’epidurale mobile consiste in un’epidurale con dosi basse che possono venire somministrate durante il travaglio. Vengono usate quantità inferiori di anestetici locali insieme ad altri medicinali con azione analgesica. Poiché i nervi non sono completamente bloccati, l’epidurale mobile allevia il dolore senza l’intorpidimento o la sensazione di pesantezza alle gambe che caratterizzano l’epidurale completa. Un altro vantaggio dell’epidurale mobile è che rimangono percepibili le contrazioni e la necessità di spingere durante gli stadi finali del parto. Poiché le gambe mantengono un minimo di sensibilità, si potrà anche camminare se necessario, anche se non è consigliato.

Indicazioni e vantaggi

L’epidurale è un tipo di anestesia locale. Può essere utilizzata per bloccare completamente il dolore a paziente vigile, questo permette di evitare le complicanze e gli effetti collaterali tipici dell’anestesia generale, come malessere e stordimento.

L’anestesia epidurale può essere usata per attenuare la sensibilità e alleviare il dolore in situazioni quali:

      • il parto naturale,
      • il parto cesareo (il neonato viene estratto attraverso un’incisione praticata nell’addome)
        dopo un intervento chirurgico eseguito in anestesia generale,
      • durante altri tipi di chirurgia, come interventi al ginocchio, le protesi d’anca, fratture di costole o torace e l’amputazione di un arto inferiore.

L’ostetrica e l’anestesista possono dare consigli sull’epidurale durante il travaglio e il parto, e un parere sull’effettiva necessità nel caso specifico, ma la decisione finale è sempre della paziente.

L’epidurale potrebbe essere raccomandata nei casi di:

      • travaglio particolarmente doloroso, complicato o protratto,
      • parto gemellare o trigemino,
      • parto cesareo, se l’epidurale era stata somministrata durante il travaglio,
      • parto assistito, quando un forcipe o una ventosa vengono attaccati alla testa fetale per aiutare l’estrazione.

Perlopiù, l’epidurale viene associata alla soppressione del dolore durante il travaglio e il parto, che permette di:

      • Ottenere un maggiore sollievo se il parto è prolungato.
      • Alleviare il dolore del parto può aiutare la donna a ricordare il parto come un’esperienza più positiva.
      • Nella maggior parte dei casi l’epidurale vi consentirà di rimanere vigili e di partecipare attivamente al momento del parto.
      • Se si subisce un parto cesareo l’ anestesia epidurale vi permetterà di rimanere svegli e anche di ottenere un più rapido sollievo dal dolore durante il recupero.

Quando le altre procedure non funzionano, un’epidurale può essere ciò di cui si ha bisogno contro stanchezza e irritabilità. L’epidurale può aiutare a rilassarvi e a darvi la forza di sostenere il parto e di esserne un partecipante attivo.

Effetti collaterali

È necessario essere consapevoli di alcuni possibili effetti collaterali:

      • L’epidurale può rendere le gambe pesanti, secondo il tipo di anestetico locale usato.
      • Non dovrebbe provocare malesseri o sonnolenza.
      • La pressione arteriosa può abbassarsi bruscamente (ipotensione); questo è comunque un evento raro, perché i liquidi somministrati tramite la fleboclisi nel braccio aiutano a mantenere la pressione a buoni livelli.
      • L’epidurale può prolungare il secondo stadio del travaglio. Non essendo più percepibili le contrazioni, sarà l’ostetrica a dire quando spingere. Possono quindi essere necessari forcipi o ventose per aiutare il passaggio della testa neonatale (estrazione strumentale). In caso di epidurale il personale sanitario aspetterà più a lungo la discesa della testa del neonato (prima dell’inizio delle spinte), ciò consente di ridurre le probabilità di dover ricorrere a estrazione strumentale. Talvolta verso la fine si somministra meno anestetico, in modo che l’effetto si attenui e la partoriente possa espellere il neonato in modo naturale.
      • A seguito di un’epidurale, può risultare difficile la minzione. In questi casi, verrà inserito un piccolo catetere in vescica come ausilio.
      • In circa un caso su 100, all’epidurale fa seguito una cefalea. Quando succede, può essere trattata.
      • La schiena può essere leggermente dolente per un paio di giorni, ma l’epidurale non provoca dolori di lunga durata.
      • In circa una donna su 2.000, il parto è seguito da sensazioni di formicolio o punture di spillo lungo una gamba. Questo è più probabilmente dovuto al parto di per sé che non all’epidurale. Saranno il medico o la levatrice a dire quando ci si può alzare dal letto.

Rischi

Talvolta, l’anestesia può non fare effetto. Ciò può avvenire se:

      • è difficoltoso trovare lo spazio epidurale,
      • l’anestetico locale non si distribuisce uniformemente nello spazio epidurale,
      • il catetere fuoriesce.

Quando non funziona, l’anestesista può proporre modi alternativi di alleviare il dolore o ripetere la procedura.

Questa anestesia in genere è sicura tuttavia, come la maggior parte delle procedure mediche, può avere effetti collaterali e complicanze.

      • Bassa pressione arteriosa. L’abbassamento della pressione arteriosa (ipotensione) è l’effetto collaterale più frequente dell’epidurale. Ciò avviene perché l’anestetico locale usato ha effetti sui nervi dei vasi sanguigni, determinando una caduta della pressione arteriosa. Ciò può provocare uno stato di confusione o nausea. Durante l’epidurale, la pressione arteriosa viene strettamente monitorata. Se necessario, possono essere somministrati farmaci per trattare l’ipotensione.
      • Perdita del controllo vescicale. Dopo l’anestesia, non si avverte il segnale di vescica piena perché l’epidurale blocca i nervi circostanti. L’urina verrà drenata tramite un catetere inserito nella vescica. Il controllo della vescica si ripristina non appena l’anestesia scompare.
      • Prurito cutaneo. Talvolta, la combinazione degli analgesici con gli anestetici adottata per l’epidurale può causare prurito. In genere, questo è facilmente trattabile.
      • Malessere: Dopo l’epidurale, ci potrà essere una sensazione di nausea (o vomito). Se la pressione arteriosa è normale, potranno essere di aiuto farmaci anti-nausea.
      • Mal di schiena: Uno studio condotto nel 2010 non ha riscontrato rischi specifici di mal di schiena a lungo termine legati all’uso dell’epidurale. Il personale sanitario farà di tutto per permettere una posizione comoda durante e dopo la procedura, ma il fatto di rimanere ferme a lungo può peggiorare un mal di schiena preesistente. Un eventuale forte mal di schiena dopo epidurale dovrà essere riferito al medico quanto prima, in modo da individuarne la causa.
      • Cefalee intense: Occasionalmente, un forte mal di testa può seguire un’epidurale; è la cosiddetta cefalea post-puntura durale. Succede quando il rivestimento del midollo spinale (dura) viene accidentalmente punto. Questa cefalea in genere passa con il tempo, ma è possibile ricorrere a una procedura (il tappo ematico o “blood patch”) per sigillare il foro. Consiste nel prelevare un piccolo campione di sangue e iniettarlo nello spazio epidurale. Quando il sangue coagula, il foro viene tappato e la cefalea sparisce. Si tratta di una rara complicanza dell’epidurale. Le probabilità che avvengano vanno da 1 a 100 a 1 a 500.
      • Infezione: Nelle settimane dopo un’epidurale nel sito dell’iniezione si potrebbe sviluppare un’infezione. L’infezione può portare allo sviluppo di un ascesso. Molto raramente, l’ascesso si può formare nello spazio epidurale. Ciò può danneggiare i nervi, portando anche a perdita completa dei movimenti della metà inferiore del corpo (paraplegia).
      • Ematoma epidurale: L’ematoma è una rarissima complicanza dell’epidurale. Consiste in una raccolta di sangue che si sviluppa dopo la rottura della parete di un vaso sanguigno. Se vengono punte le vene all’interno dello spazio epidurale, ci possono essere una raccolta di sangue e lo sviluppo di un ematoma, che può comprimere il midollo spinale. Del tutto occasionalmente, ciò può indurre danni neurologici, come la paraplegia.

Altre complicanze, per quanto rare, dell’epidurale sono:

      • convulsioni
      • difficoltà respiratorie
      • danni ai nervi
      • morte

La letteratura conferma il fatto che le complicanze gravi a seguito di epidurale sono rare. La stima più attendibile del rischio complessivo di danno permanente da epidurale durante il travaglio è tra 1 a 80.000 e 1 a 320.000.

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Domande frequenti

La collocazione del catetere epidurale provoca dolore?

Ciò dipende dalla sensibilità al dolore di ogni donna, alcune sostengono che provochi un po’ di fastidio nella zona che è stata intorpidita per poi sentire un po’ di pressione nel momento in cui il catetere viene inserito.

Quando viene eseguita l’anestesia epidurale?

Tipicamente quando la cervice si dilata fino a 4-5 centimetri durante il parto.

In che modo l’epidurale può influenzare il parto?

L’epidurale può rallentare il parto e rendere le contrazioni più deboli. In tal caso, può essere può essere somministrato un farmaco per accelerare il parto.

In che modo l’epidurale può incidere sul bambino?

All’attuale stato di conoscenza si ritiene che gli unici effetti collaterali o rischi legati al bambino siano legati a un possibile allungamento dei tempi del parto, che potrebbe infine necessitare dell’uso del forcipe o della ventosa (con i relativi rischi). L’aumento è peraltro ridotto, 14 donne su 100 tra chi richiede l’anestesia, 10 su 100 nel resto della popolazione. A differenza di quanto si pensava in passato non aumenta il rischio di dover ricorrere al parto cesareo.

Quanto dura l’effetto?

Fintanto che il tubicino (o catetere) dell’epidurale rimane nella schiena, può essere impiegato per alleviare il dolore. Può essere mantenuto per diverse ore (durante il travaglio) o per qualche giorno (dopo una chirurgia addominale maggiore). Il catetere può essere collegato a una pompa automatica per consentire l’erogazione dei medicinali. Possono essere adottate anche pompe che consentono al paziente di controllare la dose. Quando i farmaci dell’epidurale vengono interrotti, in genere l’intorpidimento dura per qualche ore prima che gli effetti scompaiano e la sensibilità cominci a ripristinarsi. Al termine dell’anestesia viene in genere raccomandato il riposo in posizione supina o seduta finché la sensibilità non si è ripristinata. Ciò può richiedere un paio di ore; è possibile percepire una sensazione di formicolio sulla pelle quando svanisce l’effetto dell’anestetico. Informare il medico o il personale infermieristico in caso di dolore. Possono essere somministrati farmaci in grado di controllarlo.

Come mi sentirò dopo l’epidurale?

Poco dopo un’epidurale, si percepirà una sensazione di calore e intorpidimento della parte bassa della schiena e delle gambe. Queste possono sembrare pesanti e più difficili da muovere. In genere ci vogliono circa 20 – 30 minuti perché l’epidurale raggiunga il suo effetto massimo. Verosimilmente, anche i nervi della vescia verranno interessati dalla vescica. In altre parole, la paziente non sarà in grado di capire quando la vescica è piena ed è quindi necessario urinare. Per evitare conseguenze, viene inserito un catetere per drenare l’urina fuori dalla vescica. La sensibilità della vescica si ripristina non appena l’epidurale cessa. Appena la dose di anestetico comincia ad attenuarsi verrà aumentata la dose, di solito ogni una o due ore. A seconda del tipo e del dosaggio di epidurale si può essere limitati a letto senza avere il permesso di alzarsi e di spostarsi. Dopo la nascita del bimbo il catetere viene rimosso e gli effetti dell’anestesia di solito scompaiono in una o due ore. Alcune donne avvertono una sensazione spiacevole, sentendo un bruciore lungo tutto il canale del parto appena gli effetti del farmaco svaniscono.

Sarò in grado di spingere?

A causa dell’anestesia epidurale le contrazioni non verranno avvertite, quindi è difficile capire quando spingere e in questo sarà di assoluta importanza l’affiancamento dell’ostetrica, che guiderà al meglio la gestante.

Potrò allattare il mio bambino?

Dopo un’epidurale si può allattare al seno il neonato.

L’epidurale funziona sempre?

Per la maggior parte dei casi l’epidurale è efficace nell’alleviare il dolore durante il travaglio, ci sono tuttavia alcune donne che si lamentano di continuare a provare dolore e/o che hanno la sensazione che il farmaco abbia funzionato meglio su un lato del corpo rispetto ad un altro.

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Differenza tra bypass ed angioplastica con stent: vantaggi e svantaggi

MEDICINA ONLINE CUORE HEART INFARTO MIOCARDIO NECROSI ATRIO VENTRICOLO AORTA VALVOLA POMPA SANGUE ANGINA PECTORIS STABILE INSTABILE ECG SFORZO CIRCOLAZIONEL’angioplastica è una metodica utilizzata in ambito medico per dilatare un restringimento del lume (stenosi) di un vaso sanguigno, causato nella maggior parte dei casi dalla presenza di una placca ateromasica che – se posizionata nei vasi coronarici, può determinare infarto del miocardio. La dilatazione del vaso viene effettuata per mezzo di uno speciale catetere a palloncino che viene introdotto mediante la puntura percutanea di un’arteria, portato fino al vaso stenotico e successivamente gonfiato in corrispondenza del restringimento, in modo da ripristinare il normale diametro del vaso e permettere un incremento del flusso sanguigno. Nella maggior parte dei casi la procedura si completa con l’applicazione di una reticella metallica, ricoperta o meno da farmaco, detta stent, che rende più efficace la dilatazione vasale. La procedura di angioplastica si esegue in anestesia locale: il paziente è quindi sveglio e cosciente. L’intervento dura mediamente intorno ai 45 minuti – 1 ora, a seconda della complessità della lesione da trattare.

Un “by-pass” (o più semplicemente “bypass”) è un ramo della circolazione sanguigna, creato dal chirurgo, utilizzato per evitare e passare oltre (bypassare) una ostruzione posta a livello di un vaso, che non permette il normale fluire del sangue. Più in particolare, il bypass aorto-coronarico (CABG o cabbage, da Coronary Artery Bypass Graft surgery) è l’intervento cardiochirurgico che – tramite l’uso di vasi prelevati dal paziente stesso come la vena safena o l’arteria mammaria – permette di superare un condotto coronarico ostruito parzialmente o totalmente e quindi di evitare episodi ischemici come l’infarto miocardico acuto.

Bypass o angioplastica con stent: qual è preferibile?
Entrambe le tecniche hanno quindi lo scopo di “superare” l’ostruzione e permettere al sangue di arrivare al miocardio: quale preferire? Non esiste una tecnica necessariamente migliore dell’altra, ogni caso deve essere analizzato in modo specifico e spesso non è semplice individuare quale trattamento, chirurgico o non chirurgico, sia più adatto ad un determinato paziente. Le procedure di angioplastica, nate oltre 20 anni fa, sono oramai diventate una delle principali alternative non chirurgiche agli interventi di bypass nel trattamento di patologie cardiache. E dai primi casi su pazienti con ostruzione di un singolo vaso si è passati ad intervenire in casi di patologie multivasali, con una varietà di possibili opzioni (angioplastica, stent, aterectomia, ecc.).

Quanto più la patologia è avanzata e riguarda un numero maggiore di arterie, tanto più il ricorso alla chirurgia di by-pass potrebbe essere la scelta migliore.

Viceversa, se la patologia non è in uno stadio avanzato e le occlusioni sono limitate, potrebbe essere raccomandato il ricorso ad una soluzione non chirurgica.

E’ sempre comunque il medico a decidere il trattamento migliore per ogni singolo paziente.

La tabella che segue riassume i principali benefici e gli svantaggi delle differenti opzioni:

Vantaggi Svantaggi
Angioplastica con applicazione di stent
  • Intervento minore
  • Tempi di degenza più brevi
  • Bassi rischi di complicanze post-operatorie
  • Il flusso può non essere completamente ristabilito
  • Potenziale necessità di intervento successivo (angioplastica o by-pass)
  • Più frequente ripresa d’angina
Chirurgia
By-pass
  • Il flusso è ristabilito in modo più completo
  • Meno frequente ripresa d’angina
  • Minor necessità di ricorso ad intervento successivo (angioplastica o by-pass)
  • Intervento più complesso
  • Rispetto all’angioplastica, possibili superiori rischi di complicanze post-operatorie
  • Tempi di degenza più lunghi

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Anestesia spinale (subaracnoidea): vantaggi, rischi, pericoli e procedura

MEDICINA ONLINE SURGERY SURGEON RECOVERY TAGLIO ANESTESIA GENERALE REGIONALE LOCALE EPIDURALE SPINALE SNC BISTURI PUNTI SUTURA COSCIENTE PROFONDA MINIMA ANSIOLISI ANESTHETIC AWARENESS WALLPAPER PICS PHOTO HD HI RES PICTURESL’anestesia spinale, anche detta anestesia subaracnoidea, è una forma di anestesia locale o regionale che consiste nell’iniezione dell’anestetico all’interno del liquido cefalorachidiano, fluido corporeo che si trova nel sistema nervoso centrale. L’iniezione di solito viene praticata nella regione lombare della schiena, attraverso un ago lungo circa 9 cm (un po’ più lungo nei pazienti obesi). Questo approccio viene preso in considerazione come alternativa più sicura all’anestesia totale, per gli interventi da effettuarsi al di sotto della vita, in quando l’iniezione agisce solo e soltanto dal punto di somministrazione in poi (indicativamente da sotto l’ombelico), mentre la parte superiore del corpo rimane del tutto normale e sensibile. La durata dell’effetto è di circa tre ore ed è importante essere a conoscenza che sotto l’effetto dell’anestesia spinale si potranno comunque avvertire sensazioni di manipolazione dell’area durante l’intervento, ma non sarà fastidioso come lo sarebbe in assenza di anestetico. Le gambe verranno percepite come fortemente indebolite o addirittura come se non facessero più parte del corpo (non sarà quindi possibile muoverle).

Vantaggi

L’anestesia spinale ha diversi vantaggi:

  1. è semplice da praticare,
  2. agisce rapidamente,
  3. ha una percentuale di fallimento molto bassa

oltre a:

  • Rischi di complicazioni inferiori rispetto all’anestesia totale (compresi anche quelli più banali, come nausea e vomito).
  • Impatto inferiore su cuore e polmoni.
  • Drastica riduzione del rischio di trombosi post-intervento.
  • Controllo del dolore particolarmente efficace e conseguente riduzione delle dosi di antidolorifici sistemici necessari.
  • Possibilità di bere e mangiare già poco dopo l’intervento.
  • Ridotto senso di confusione nel paziente anziano.
  • Recupero più rapido delle funzioni intestinali.
  • Maggior partecipazione durante l’intervento (seppure magari intontiti da sostanze rilassanti).

Quando viene usata

Questo tipo di anestesia può essere usata per moltissime operazioni che avvengono al di sotto della linea immaginaria che passa attraverso l’ombelico, come ad esempio interventi:

  • ortopedici (anca, femore, ginocchio, tibia, …),
  • vascolari sulle gambe,
  • di ernia inguinale ed epigastrica,
  • di emorroidectomia,
  • ginecologici e urologici,

L’anestesia spinale è la procedura d’elezione sia per i tagli cesarei volontari sia per quelli che avvengono in situazioni d’emergenza, quando non è possibile posizionare un catetere epidurale; in ambito maternità la differenza tra anestesia spinale ed epidurale è che mentre la prima viene usata per gli interventi di parto cesareo, la seconda è scelta d’elezione per ridurre il dolore nei parti naturali senza far perdere alla donna il controllo muscolare che permette tra l’altro di spingere durante le contrazioni.

Procedura

Di norma l’iniezione per l’anestesia spinale avviene con il paziente sveglio e cosciente, anche se è possibile che sia già sotto l’effetto di un blando tranquillante.

  1. L’anestesista procede prima di tutto con una leggera anestesia locale per togliere sensibilità prima dell’utilizzo dell’ago più lungo.
  2. Viene quindi praticata un’iniezione a livello della schiena, in zona lombare (verso il basso), con il paziente seduto o sdraiato sul fianco.

L’entità del blocco della trasmissione nervosa dipende dal tipo di anestetico scelto e dalla sua quantità, ma l’obiettivo è quello di ottenere una completa desensibilizzazione dell’area, che coinvolga idealmente non solo le sensazioni di dolore, ma anche la sensibilità alla pressione, per evitare al paziente qualsiasi disagio e/o fastidio durante l’intervento; il chirurgo non inizierà a operare finché non avrà l’assoluta certezza della completa efficacia dell’anestesia, anche se in alcuni casi potrebbe persistere una leggera percezione relativa alla pressione.

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Cosa avverte il paziente?

  • La prima iniezione di anestetico locale potrebbe dare un leggero fastidio, paragonabile a quello di un vaccino o meno.
  • Si avverte un certo fastidio durante l’inserimento dell’ago relativo alla spinale vera e propria; non è dolore, ma si tratta di una sensazione non gradevole. In caso di percezione di una sorta di scossa va immediatamente segnalata all’anestesista.
  • Entro pochi attimi inizia a comparire una sensazione di calore e di intorpidimento, simile a quella di un’anestesia al dente. Si avverte ancora il tatto e la pressione e si è in grado di muovere le gambe.
  • Nell’arco di 5-10 minuti le gambe diventeranno pesanti e sempre più difficile da muovere.

In genere i pazienti descrivono queste sensazioni come strane, anomale, ma non spiacevole e soprattutto mai dolorose.

Controindicazioni

Non è in genere possibile procedere con questo tipo di anestesia in caso di:

  • rifiuto da parte del paziente,
  • grave carenza di potassio,
  • infezione a livello del sito d’iniezione,
  • presenza di disturbi della coagulazione (ad esempio l’emofilia, o l’assunzione di anticoagulanti come il warfarin),
  • malformazioni del midollo spinale (come la spina bifida),
  • deformità della colonna vertebrale o severa forma di artrite alla colonna vertebrale.

In genere non viene praticata nei bambini.

Pericoli

Di solito gli anestetici locali sono sicuri, se usati alle dosi consigliate, tuttavia la maggior parte delle complicazioni è connessa non tanto ai farmaci usati, quanto alle tecniche di anestesia, che possono provocare tossicità sistemica, oppure alle conseguenze della paralisi motoria.

Purtroppo come per ogni farmaco gli effetti collaterali possono essere inevitabili e imprevedibili, ma:

  • effetti realmente gravi o pericolosi sono estremamente rari,
  • sono invece più comuni piccoli fastidi destinati a sparire in modo relativamente rapido.

Gli effetti collaterali più comuni (da un caso su 10 a uno su 100) dell’anestesia spinale sono:

  • Difficoltà a urinare nelle ore successive all’intervento, in quanto viene coinvolto dall’anestesia anche il nervo responsabile del controllo della vescica; in caso di problemi può essere utilizzato un catetere fino a risoluzione.
  • Abbassamento della pressione del sangue, contrastato spesso fin da subito con una costante idratazione endovena, che tuttavia può causare un senso di stanchezza o leggero malessere.
  • Prurito, un effetto collaterale legato più che altro ai possibili farmaci antidolorifici iniettati insieme all’anestetico.
  • Nausea e vomito, facilmente controllabili attraverso medicinali, ma decisamente meno comuni rispetto al ricorso all’anestesia totale.
  • Mal di schiena, legato al fatto di restare disteso sul lettino in sala operatoria e non al tipo di anestesia usato.
  • Fallimento dell’anestesia spinale, ossia il controllo del dolore non è sufficiente; si può ricorrere all’utilizzo di ulteriori antidolorifici e l’operazione non verrà iniziata finchè non sia garantito il comfort del paziente.
  • Mal di testa (vedi dopo).

Complicazioni meno comuni (un caso su mille) comprendono:

  • rallentamento della funzione respiratoria e sonnolenza.

Complicazioni rare (non più di un caso su 10000) sono.

  • convusioni,
  • depressione respiratoria,
  • danni ai nervi,
  • ascessi (infezioni),
  • arresto cardiaco.

Per dare l’idea della sicurezza dell’intervento si pensi che esiste un rischio maggiore di morire di incidente stradale piuttosto che andare incontro a danni permanenti a seguito di anestesia spinale.

Mal di testa post anestesia

La comparsa di mal di testa dopo un intervento è un’evenienza piuttosto comune, a prescindere dal tipo di anestesia effettuata; questo può avvenire a causa di:

  • farmaci anestetici usati,
  • intervento in sé,
  • disidratazione,
  • ansia.

Nel caso dell’anestesia spinale il mal di testa potrebbe essere causato dal contatto accidentale dell’ago con la membrana aracnoide o con il midollo spinale durante l’iniezione.

Il mal di testa post anestesia di solito inizia da 12 a 36 ore dopo l’intervento ed è caratterizzato da un dolore lancinante in corrispondenza della fronte, anche se può colpire altre zone della testa e del collo e causare fotofobia (fastidio da luce forte); diminuisce se si sta sdraiati, e questo sta a indicare che è scatenato da cause posturali.

Soggetti giovani e donne che hanno partorito sono i soggetti a maggior rischio di manifestare questo effetto collaterale.

Questo tipo di mal di testa nella maggior parte dei casi regredisce velocemente, tuttavia nel caso persistesse è consigliabile segnalarlo al medico, che in genere suggerisce di:

  • assumere molti liquidi (utile anche la caffeina),
  • provare i normali analgesici orali,
  • restare a letto a riposo, sdraiati.

Nei casi più gravi l’anestesista interviene con una tecnica specifica, che prevede l’iniezione in sede lombare di una piccola quantità di sangue prelevata dal braccio del paziente stesso, per stimolare la formazione di un coagulo che possa riparare il piccolo danno provocato dall’iniezione iniziale.

Nel caso di ulteriori recidive si provvederà ad approfondire con esami neurologici per valutare possibili cause alternative del mal di testa.

Domande frequenti

Qual è la differenza tra anestesia spinale e anestesia epidurale?

L’anestesia spinale richiede un’unica iniezione, con un ago lungo e sottile che inietta l’anestetico proprio in prossimità dei nervi, nel liquido che circonda il midollo spinale. L’effetto durante in genere da un’ora e mezza a quattro ore.

Durante l’anestesia epidurale un catetere viene inserito nella schiena e lì lasciato per tutta la durata dell’intervento, permettendo all’anestesista di regolare l’anestesia in tempo più o meno reale. Può essere lasciato in posizione fino a 2-3 giorni se necessario.

La spinale causa perdita del controllo muscolare delle gambe, cosa che non succede con l’epidurale (che per esempio può essere usata durante un parto naturale per togliere esclusivamente il dolore).

Infine l’anestesia epidurale può anche essere effettuata fino a livello cervicale, a differenza della spinale che viene praticata solo ad altezza lombare.

Sarò sveglio durante l’intervento?

In genere sì, il paziente rimane sveglio e cosciente, ma viene spesso somministrato un blando sedativo per aumentare il comfort e favorire qualche breve sonno durante l’intervento.

In alcuni casi può essere necessario associare un anestetico generale e far quindi addormentare il paziente.

Si sente qualcosa durante l’intervento?

L’intervento non inizierà finchè l’effetto dell’anestesia spinale non sarà completo.

Il paziente non sentirà quindi alcun dolore, mentre talvolta si avverte una sorta di manipolazione. In genere si perde la capacità di movimento delle gambe per tutta la durata dell’anestesia.

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Anestesia epidurale: quando viene usata, vantaggi e pericoli

MEDICINA ONLINE SURGERY SURGEON RECOVERY TAGLIO ANESTESIA GENERALE REGIONALE LOCALE EPIDURALE SPINALE SNC BISTURI PUNTI SUTURA COSCIENTE PROFONDA MINIMA ANSIOLISI ANESTHETIC AWARENESS WALLPAPER PICS PHOTO HD HI RES PICTURESL’anestesia epidurale (o peridurale) è una modalità di somministrazione regionale di anestesia, che prevede la somministrazione di farmaci attraverso un piccolo catetere inserito nella schiena, a livello della colonna vertebrale. In ambito medico di definisce più esattamente “loco-regionale”, perchè in grado di anestetizzare ampie porzioni del corpo, a differenza dell’anestesia locale che è limitata a zone più piccole e superficiali. È un approccio che viene preferito all’anestesia generale alla luce dei ridotti rischi, ovviamente quando possibile, e l’elevato grado di sicurezza è testimoniato dal fatto che viene usato anche a scopo analgesico (riduzione del dolore) durante il parto. I farmaci anestetici utilizzati rendono il paziente incapace di muovere le gambe, che saranno intorpidite; sotto anestesia epidurale si perde spesso il controllo della vescica e per questo motivo viene usato un catetere per drenare l’urina. La sensibilità e i movimenti corporei torneranno alla normalità appena l’anestetico perderà efficacia, in genere dopo alcune ore.

Il vantaggio rispetto ad altri metodi è quello di ottenere un ottimo controllo del dolore senza il rischio di depressione respiratoria tipico degli oppiacei, che portano spesso con sé anche nausea e sonnolenza; secondo alcuni lavori in letteratura potrebbe anche essere legata a un minor rischio di complicazioni legate alla chirurgia, come ad esempio trombosi e infezioni.

Cenni di anatomia

La spina dorsale (o colonna vertebrale) è il principale sostegno del corpo umano e assolve all’importante compito di proteggere il midollo spinale, una fondamentale estensione del sistema nervoso che decorre dal cervello fino al termine della schiena. I nervi passano dal corpo al cervello attraverso al spina dorsale per trasmettere le sensazioni, inclusa quella del dolore, al cervello. I mattoni fondamentali della colonna vertebrale, come dice il nome stesso, sono le vertebre, ossa costituire da un foro centrale che nell’insieme formano il canale in cui il midollo trova protezione. Le vertebre sono poi separate e protette dai cosiddetti dischi intervertebrali, una struttura che garantisce stabilità, resistenza e che allo stesso tempo permette alla spina dorsale di flettere e di curvarsi. Lo scopo dell’anestesia epidurale è quello di somministrare dei farmaci direttamente nei pressi dei nervi, in modo da interrompere la trasmissione della sensazione del dolore. Quest’area viene definita spazio epidurale ed è una zona compresa nel canale vertebrale.

Quando viene usata

L’anestesia epidurale può essere usata in caso di:

  • interventi chirurgici (ad esempio per taglio cesareo o per interventi a torace e addome, vascolari, urologici, ortopedici ed anche in specifiche condizioni di cardiochirurgia),
  • parto naturale, per ridurre/eliminare la percezione del dolore,
  • a seguito di alcuni interventi chirurgici, per il suo effetto analgesico (riduzione del dolore) e con i seguenti vantaggi:
    • ridotta o nessuna necessità di ricorso ai farmaci oppioidi,
    • ridotto rischio di problemi respiratori,
    • ridotto rischio di infarto,
    • riduzione dello stress legato all’intervento.

Quando non può essere usata

L’anestesia epidurale non è consigliabile, o è addirittura fortemente controindicata, in caso di:

  • disturbi della coagulazione con rischio di trombosi,
  • assunzione di anticoagulanti come il warfarin,
  • grave infezione generalizzata (setticemia…)
  • infezione localizzata sulla schiena,
  • ipovolemia (grave riduzione del volume di sangue, ad esempio a causa di un’emorragia),
  • gravi malformazioni o deformazioni della colonna vertebrale.

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Procedura

L’anestesia epidurale viene praticata solo e soltanto dal medico anestesista, specialista in campo di anestesia e analgesia (gestione del dolore).

Generalmente viene praticata a paziente sveglio, ma occasionalmente può essere abbinata all’anestesia totale (ottenendo la cosiddetta anestesia integrata).

  1. Il paziente viene fatto sedere e appoggiato con la testa bassa, in avanti, oppure sdraiato su un fianco con le ginocchia rannicchiate, per esporre ed estendere la colonna vertebrale.
  2. Verrà somministrata una lieve anestesia locale sulla pelle, attraverso una piccola iniezione, per ridurre il fastidio dell’ago.
  3. Uno specifico ago epidurale viene introdotto con attenzione dall’anestesista fino a raggiungere lo spazio epidurale, che viene identificato grazie alla diversa consistenza rispetto al tessuto che lo precede.
  4. L’ago viene rimosso, dopo aver provveduto al posizionamento di un piccolo catetere (tubicino in plastica) che verrà lasciato in sede per la somministrazione continua dei farmaci, che potranno essere modulati dall’anestesista in base alle necessità.

In genere il paziente avverte un po’ di fastidio durante la manovra di inserimento dell’ago, che tuttavia non risulta dolorosa. L’inserimento del catetere può avvenire a diverse altezze sulla schiena, in base alla zona che dovrà essere operata; l’effetto compare nell’arco di circa 20-30 minuti, anche se il paziente inizierà ad avvertirlo fin da subito e lo sentirà aumentare gradualmente sotto forma di intorpidimento a petto, addome e gambe, che perderanno forza e sensibilità. La durata può variare da qualche ora a diversi giorni, quando viene usato a scopo analgesico a seguito di chirurgia maggiore. Nel momento in cui il catetere viene rimosso gli effetti andranno a sparire gradualmente nelle ore successive, in cui il paziente viene in genere lasciato a riposo in attesa che le gambe riprendano la forza necessaria a sostenerlo.

Pericoli

Un lavoro del 2009 pubblicato sul British Journal of Anaesthesia è tuttora il punto di riferimento per quanto riguarda la valutazione di rischi e complicazioni, in quanto basata sui dati provenienti da circa 700000 anestesie epidurali.

La probabilità di incorrere in rischi gravissimi è la seguente:

  • danni neurologici permanenti: da 2 a 4 casi su mille,
  • morte o paraplegia: da 7 a 18 casi su diecimila.

Per danni neurologici permanenti si intende la perdita definitiva di sensibilità o di movimento delle gambe o di un’altra zona dell’organismo.

Sono poi possibili complicazioni più o meno gravi, tra cui ricordiamo:

  • Abbassamento della pressione, che può causare nausea; in genere al paziente viene inserito un ago cannula nel braccio attraverso cui vengono somministrati continuamente fluidi per ridurre il rischio di ipotensione.
  • Perdita del controllo della vescica, che viene gestito attraverso il posizionamento di un catetere.
  • Prurito, legato ai farmaci antidolorifici che vengono talvolta iniettati con l’epidurale.
  • Nausea, che si verifica comunque più raramente che con i più tradizionali oppiacei.
  • Mal di testa, che in alcuni casi può essere severo e persistente per settimane; in questi casi l’anestesista provvederà attraverso una serie di step successivi a risolvere il disturbo.
  • Depressione respiratoria, soprattutto in caso di alte dosi di anestetico; il paziente, anche per questo motivo, è comune sempre strettamente monitorato dall’anestesista.
  • Danni a nervi, con perdita di sensibilità o movimento a specifiche zone del corpo; nella maggior parte dei casi si tratta di un effetto collaterale destinato a risolversi spontaneamente nell’arco di qualche settimana/mese.
  • Infezione, localizzata a livello della cute dove avviene l’inserimento del catetere.

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Via di somministrazione orale, per os: vantaggi e svantaggi

MEDICINA ONLINE FARMACO FARMACIA AEROSOL ASMA PHARMACIST PHOTO PIC IMAGE PHOTO PICTURE HI COMPRESSE INIEZIONE SUPPOSTA PER OS INTRAMUSCOLO PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA FARMACOLOGICA EFFETTI COLLATERALI CONTROINDICAZIONILa via di somministrazione di un farmaco per via orale, in gergo medico chiamata anche PER OS o PO, dal latino per, che significa attraverso, e dal latino òs, òris, che significa bocca (OS è anche l’acronimo di Oral Somministration, che significa appunto Somministrazione Orale), è un particolare metodo di assunzione di un farmaco per via enterale.

Caratteristiche della somministrazione per os
Quando un farmaco viene assunto per via orale, ad esempio sotto forma di compressa, soltanto una piccola parte di esso arriva ad essere realmente assorbita dall’organismo e giunge quindi al sito d’azione. Continuando con l’esempio di una compressa, quest’ultima subirà notevoli disgregazioni a partire dalla bocca, per poi proseguire nello stomaco e intestino. A questo punto quel che resta del farmaco verrà assorbito e trasportato al fegato, dove subirà delle metabolizzazioni a causa del primo passaggio epatico. Al termine di tutte queste disgregazioni e metabolizzazioni, si avrà la distribuzione del farmaco nell’organismo e quindi al sito bersaglio. L’insieme di tutti questi fenomeni va a determinare la biodisponibilità del farmaco all’interno del nostro corpo (per definizione la biodisponibilità del farmaco è la frazione di farmaco non degradato che raggiunge la circolazione sistemica ed è in grado di distribuirsi in tutto il corpo).
Questo ci fa già intuire una possibile differenza tra l’assunzione per bocca e tramite iniezione: comparando la via orale ed endovenosa, è intuitivo che la prima possiede una biodisponibilità nettamente più bassa della seconda, perché il farmaco, prima di giungere nel torrente sanguigno, subisce notevoli modificazioni nell’apparato digerente. Tutto ciò non avviene se il farmaco lo iniettiamo direttamente nel circolo sanguigno (via endovenosa).

Da cosa dipende la biodisponibilità di un farmaco assunto per os?
La biodisponibilità di un farmaco somministrato per via orale dipende da diversi fattori soggettivi, tra cui:

  • modalità di assunzione (a stomaco vuoto o pieno e con che tipo di cibo);
  • lo stato funzionale dell’apparato digerente;
  • eventuali patologie a carico dell’apparato digerente o sistemiche;
  • la velocità di transito del farmaco nello stomaco e nell’intestino;
  • l’attività della flora batterica;
  • la composizione del farmaco;
  • l’eventuale metabolizzazione del farmaco;
  • il pH gastrico (ipocloridria o ipercloridria),
  • la dissociazione del farmaco;
  • la ripartizione olio/acqua del farmaco;
  • l’irrorazione sanguigna della zona di assorbimento.

Cosa influenza la velocità di eliminazione di un farmaco assunto per os?
Come prima accennato anche il tipo di alimenti giocano un ruolo molto importante perché possono aumentare o diminuire la velocità di eliminazione del farmaco.

  • Nel caso di aumentata eliminazione si ha un transito veloce del farmaco nel tratto gastro-intestinale, con una conseguente riduzione dell’assorbimento e minori effetti farmacologici;
  • in presenza di una ridotta eliminazione si ha una permanenza prolungata del medicinale nel nostro organismo, con un effetto terapeutico prolungato nel tempo, ma con la possibilità di insorgenza di effetti collaterali più o meno gravi.
Vantaggi della somministrazione per os    Svantaggi della somministrazione per os
Facile esecuzione

Economica

Poco rischiosa

Modulazione dell’assorbimento

Irritazioni

Inattivazioni per idrolisi enzimatiche (insulina e sostanze proteiche)

Inattivazioni per acidità gastrica (penicillina G)

Primo passaggio epatico e distruzione flora intestinale

Altri vantaggi della somministrazione orale:

  • è la via più naturale che esista e può essere portata a termine anche dal paziente stesso, anche da persone debilitate o anziane.
  • Permette una maggiore partecipazione del paziente al piano di cura.
  • Non richiede addestramento, ma solo informazione.

Ulteriori svantaggi della somministrazione orale:

  • Può non essere più gradita dal paziente.
  • Inefficace in presenza di patologie del tratto gastro-intestinale.
  • Impraticabile nei pazienti disfagici.
  • Non utilizzabile nelle ultime ore di vita.
  • Necessita di una buona cooperazione da parte del paziente.
  • Non può essere usata per farmaci che vengano distrutti dai succhi gastrici, che formino coi cibi complessi non assorbibili o che vengano estesamente metabolizzati dal fegato prima di raggiungere la circolazione generale.
  • Poiché l’assorbimento può essere irregolare, vi è uno scarso controllo della posologia.
  • Poiché l’assorbimento è lento non può essere usata in terapie di emergenza.

Ricordiamo che se un farmaco viene assorbito a livello della cavità orale o a livello del plesso emorroidale inferiore e medio si evita il primo passaggio epatico, quindi ulteriori modificazioni a carico del farmaco. Se invece il farmaco viene assorbito a livello del plesso emorroidale superiore e a livello gastro-intestinale, subisce il primo passaggio epatico, quindi prima di entrare in circolo il medicinale subisce delle modificazioni.

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Vie di somministrazione di un farmaco: tipi, differenze, vantaggi e svantaggi

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma VIE DI SOMMINISTRAZIONE FARMACO TIPI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgLa somministrazione di un farmaco (in inglese “route of administration”) è quel processo che porta uno xenobiotico, cioè una sostanza estranea all’organismo, a raggiungere il suo bersaglio all’interno dell’organismo, cioè il sito d’azione a cui esso è destinato.
Per raggiungere il suo sito bersaglio, partendo dall’esterno, il farmaco può seguire varie vie. Lo stesso farmaco può avere effetti molto diversi a seconda se viene assunto tramite una data via di somministrazione piuttosto che da un’altra. In base ad essa il farmaco può avere un effetto topico (o locale) oppure un effetto sistemico.

Somministrazione con effetto topico e sistemico

  • La somministrazione con effetto topico consiste nell’applicazione del farmaco sulla parte interessata o comunque in prossimità dell’obiettivo della terapia. La molecola non entra nel sistema circolatorio, ma esplica la sua azione solo a livello locale.
  • La somministrazione con effetto sistemico prevede invece che lo xenobiotico entri nel torrente circolatorio e sia poi distribuito nel sito d’azione che può essere anche molto distante dal sito di applicazione. Le principali vie con effetto sistemico sono le vie enterali e le vie parenterali.

Vie enterali
Le vie enterali comprendono la via orale (o gastroenterica), la via rettale e la via sublinguale (o buccale).

  • La via orale (o gastroenterica) viene comunemente chiamata “PER OS“, dal latino per, che significa attraverso, e dal latino òs òris, che significa bocca (OS è anche acronimo di Oral Somministration, che significa appunto Somministrazione Orale).
    La via di somministrazione per bocca è certamente la meno invasiva e la più pratica per la maggior parte dei pazienti ed è la principale via di assunzione della maggior parte dei farmaci esistenti. Purtroppo l’assorbimento per questa via è difficoltoso e soggetto a molte variabili; ad esempio a livello dello stomaco l’assorbimento è scarso (anche se vi è comunque l’assorbimento di alcune molecole come l’etanolo), mentre a livello intestinale è maggiore. Il farmaco inoltre, prima di raggiungere la circolazione sanguigna, può subire varie reazioni chimiche all’interno del lume gastro-intestinale, e/o subire l’effetto di primo passaggio a causa della circolazione enteroepatica enzimi. La via sublinguale e la via rettale, invece, non sono soggette all’effetto di primo passaggio ma presentano altre problematiche. A tale proposito ti consiglio di leggere:

  • La via sublinguale sfrutta l’elevata vascolarizzazione della cavità orale e permette una rapida diffusione del farmaco ma le molecole in questione devono essere sufficientemente lipofile e di basso peso molecolare per superare l’epitelio orale.
  • La via rettale, anche se permette di evitare gli enzimi gastrici, presenta un assorbimento irregolare ed è principalmente utilizzata in ambito pediatrico.

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Vie parenterali
Per via parenterale si intende tutte le vie di somministrazione dei farmaci diverse da quella gastro-intestinale. Pertanto comprende sia la somministrazione attraverso mucose o epiteli accessibili (vie percutanee, via inalatoria, via oculare ecc.), sia iniettando il farmaco direttamente nella circolazione sanguigna. Il principale vantaggio della somministrazione tramite le vie endovasali è l’evitare la fase di assorbimento, pertanto la biodisponibilità del farmaco è pari praticamente alla dose.

  • L’iniezione endovenosa può essere effettuata invece tramite un unico bolo o per infusione continua (cioè tramite flebo). Tramite un unico bolo si determina però una concentrazione massima plasmatica immediata che può determinare problemi di tossicità al cuore e al cervello. L’iniezione deve essere effettuata da una persona con una certa perizia, pena il rischio di formare un embolo. Inoltre, tramite le vie endovasali, lo xenobiotico non è più recuperabile. Le altre vie di iniezione sono invece più rare.
  • L’iniezione endoarteriosa (o intra-arteriosa) è molto rara, ha un uso locale ed è praticata principalmente per i chemioterapici, ma anche per interventi chirurgici e per uso diagnostico (angiografia).
  • L’iniezione intramuscolare prevede l’iniezione di un farmaco direttamente nel tessuto muscolare.
  • L’iniezione intradermica viene utilizzata soprattutto a scopo diagnostico (prove allergologiche), iniettando allergeni nel derma sottostante l’epidermide. Il volume massimo iniettabile è di 0,1 – 0,2 ml.
    Tramite iniezioni sottocutanee, invece, il farmaco viene iniettato nel connettivo al di sotto della cute.

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In alcuni casi un’endovenosa eseguita senza perizia si trasforma in iniezione intradermica non voluta, disperdendo la soluzione iniettata in tutto o in parte nei tessuti circondanti la vena; è il cosiddetto “fuori vena”.

Vie topiche
Le vie topiche prevedono il contatto diretto del farmaco con il sito di azione, frequentemente la cute o le mucose, con minimo assorbimento da parte dell’organismo.

Via intratecale
La via di somministrazione intratecale prevede l’iniezione del principio attivo direttamente nel liquor che scorre nei ventricoli cerebrali e circonda il midollo spinale. Il farmaco somministrato supera facilmente la BEE (Barriera Emato-Encefalica). Questa via è molto utilizzata negli interventi chirurgici che richiedono una anestesia locale (anestesia spinale o epidurale).

Via inalatoria
La via inalatoria prevede che il principio attivo passi attraverso le vie respiratorie superiori, fino ad arrivare a livello alveolare (punto più profondo dell’apparato respiratorio). Gli alveoli sono a stretto contatto con l’endotelio dei capillari sanguigni, consentendo lo scambio gassoso e l’assorbimento del principio attivo. La superficie assorbente negli alveoli è pari a circa 90 m2. La via inalatoria è molto utile perché si può ottenere un’azione locale o un effetto sistemico. Nel primo caso il principio attivo si va a depositare sulla mucosa della trachea o dei bronchi, andando quindi ad espletare l’effetto anti-infiammatorio (es. infiammazione della trachea o dei bronchi). Nel caso di un effetto sistemico il principio attivo viene invece assorbito e immesso nel torrente sanguigno. Il farmaco si può trovare già allo stato gassoso (come accade con gli anestetici), vaporizzato attraverso l’ausilio di appositi nebulizzatori, oppure ridotto in minutissime particelle attraverso l’aerosol. La grandezza delle particelle che otteniamo con un aerosol o con una nebulizzazione è molto importante, perché in base alla grandezza di queste particelle si possono raggiungere diverse zone dell’apparato respiratorio. Più grandi sono le particelle ed inferiore è la profonfità raggiunta, e viceversa. In particolare, particelle con una dimensione superiore ai 5 μm si andranno a fermare a livello delle vie respiratorie superiori, mentre particelle con dimensione inferiore a 1-2 μm, una volta assunte per via inalatoria, possono arrivare fino a livello alveolare dove saranno assorbite. Nel caso degli aerosol e delle polveri, il destino delle particelle dipende quindi dal loro diametro:

  • > 5 μm:depositate nelle vie aeree superiori;
  • 1-5 μm: depositate nell’albero tracheo-bronchiale. Quelle solubili possono essere assorbite dalle cellule dell’apparato respiratorio e producono azione locale, quelle insolubili sono rimosse dal movimento delle ciglia (clearance mucociliare), portate in faringe ed ingerite;
  • < 1 μm:raggiungono gli alveoli dove sono assorbite, determinando azione sistemica.

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Come scegliere la via migliore di somministrazione?
La scelta su come somministrare un farmaco dipende principalmente dal bersaglio che si deve andare a colpire con quel determinato principio attivo; ad esempio, in presenza di una micosi cutanea o di una forma allergica della cute si andrà a scegliere la via di somministrazione transcutanea. Inoltre si deve tener conto:

  • della forma farmaceutica;
  • della rapidità nel raggiungere un certo effetto (ad esempio durante un trattamento d’urgenza, come lo shock anafilattico, si utilizza una via di somministrazione che consente un raggiungimento immediato di un certo effetto);
  • della durata dell’effetto;
  • dell’età del paziente (è un paziente pediatrico, un adulto o un anziano?)
  • delle condizioni di salute del paziente (può deglutire, ha vomito, diarrea, emorroidi…).

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I vantaggi del non masturbarsi: le rivelazioni di un ex masturbatore cronico

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma VANTAGGI NON MASTURBARSI MASTURBATORE Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene VaginaLa castità non è una novità per il sottoscritto: molte volte, all’interno di una relazione, mi è capitato che – per vari motivi legati a me o all’altra persona -l’astinenza fosse inevitabile. Ma una volta in particolare me la ricordo chiaramente perché l’astinenza dall’eiaculare durò molto più del solito, cioè tre settimane in cui non ho fatto sesso né mi sono masturbato, in pratica, niente orgasmi ­per 21 giorni. Ero solito masturbarmi almeno una o due volte ogni giorno della mia esistenza e queste tre settimane di astinenza mi hanno cambiato la vita: sul lavoro ero concentrato, tenevo in ordine la casa, e sono riuscito a portare a termine progetti personali che avevo rimandato all’infinito.

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Sono sicuro che ti ritroverai nelle mie prossime parole

Diciamo la verità da uomo a uomo: se possiamo noi uomini non smettiamo mai di masturbarci, a nessuna età, neanche dopo che ci siamo sposati, specialmente quando ci sentiamo meno attratti dalla nostra partner (dopo tanti anni insieme) ed internet ci ha messo a disposizione gratis una quantità di “materiale” enorme: ormai basta uno smartphone con uno schermo abbastanza grande ed il gioco è rapidamente fatto: “fai sesso” con la tua pornostar preferita dove, quando e per quanto tempo vuoi. In teoria non ci sarebbe nulla di male, ma il problema è che il confine tra il masturbarsi ogni tanto ed il masturbarsi in modo compulsivo è veramente sottile. Il problema è che questo confine lo hai superato in maniera così graduale, che non ti sei mai reso conto di soffrire di masturbazione compulsiva. Lo hai tenuto nascosto alla tua partner ed al tuo medico; ci hai scherzato su coi tuoi amici maschi; hai sottovalutato il problema, ritenendo questo tipo di masturbazione assolutamente naturale. Hai trovato poche informazioni sul web perché l’autoerotismo compulsivo è ancora un argomento tabù in un paese bigotto come l’Italia. In questo modo il tuo disturbo è peggiorato e masturbarti varie volte al giorno è diventata la tua “normale” quotidianità, rubando tempo ed energie alla tua famiglia, al tuo lavoro, alla tua vita. Qualche volta hai provato a smettere, ma ci sei “ricascato” esattamente come un tossicodipendente (te lo dico subito: sei drogato di dopamina, il neurotrasmettitore che ti fa provare piacere durante l’orgasmo, la masturbazione compulsiva non è un vizio: è una tossicodipendenza). Non hai idea di quanto evitare la masturbazione compulsiva possa portare vantaggi sia alla salute del tuo corpo che della tua mente.

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Secondo la mia esperienza, astenersi per un tempo anche limitato – pochi giorni – può fare molto bene al corpo, alla mente e all’anima. Ovviamente masturbarsi ogni tanto fa altrettanto bene, ed è una pratica incoraggiata anche dagli studiosi. Per esempio Jim Pfaus, professore di neuroscienze alla Concordia University di Montreal, ci ricorda che:

La masturbazione riduce lo stress, ed è dimostrato che fare sesso o masturbarsi può abbassare il battito cardiaco per 12 ore e ridurre il rischio di cancro alla prostata. In più, ci permette di migliorare le nostre vite ed i nostri ritmi sessuali; se pianificata ci aiuta ad esempio quando soffriamo di eiaculazione precoce. Masturbandoci ci concentriamo sugli stimoli erotici o pornografici a cui siano esposti. Questo amplia le nostre fantasie sessuali, e di conseguenza è un arricchimento dei nostri processi creativi.

Perciò è importante continuare a masturbarsi saltuariamente, ma anche astenersi per qualche tempo ha enormi benefici. Benefici che, con l’aiuto del professor Pfaus, voglio condividere con voi, per spingervi a provare l’astinenza dalla masturbazione.

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SEI SEMPRE TU, MA SEI PIÙ PRODUTTIVO

Nelle tre settimane di astinenza ho scritto 20 articoli, costruito un letto, iniziato a lavorare a un libro e mangiato molta insalata, proprio come ogni adulto funzionale che teme le malattie cardiovascolari. Appena ho ricominciato a masturbarmi tutta quella produttività è calata, come se col mio sperma se ne fosse andato anche tutto il mio potenziale. Non sono un esperto, ma ho immaginato che ci fosse una spiegazione scientifica; dato che il liquido seminale contiene testosterone, se ti tieni dentro quel testosterone finirai per essere più reattivo, giusto? Più o meno. Mi spiega il professor Pfaus che:

Trattenere il liquido seminale non fa sì che i suoi componenti ‘ritornino’ nel sangue, però, se il liquido seminale resta nel tuo corpo, significa che non stai facendo sesso né ti stai masturbando, e che perciò devi essere più pronto e vigile nel caso si presenti l’occasione. Penso che questa sia l’energia di cui si parla nel sesso tantrico. Imparando a mantenere un’erezione senza eiaculare fa sì che l’organismo scaturisca in un piacere finale più intenso. È vero per noi come è vero per i ratti. Questo aumento di ‘energia’ è un fattore psicologico e non solo fisico.

Questa è la mia esperienza personale con l’aumento di energia. Dopo essermi impostato in modalità “no alla masturbazione”, ho scoperto che avevo bisogno di tenere la mente occupata. E cosa c’è di meglio che provare a montare un letto o dedicarsi a qualche hobby? Evitando la masturbazione, il tempo a mia disposizione per fare qualunque cosa era improvvisamente aumentato, così come la mia energia e voglia di fare.

Leggi anche: Dipendenza dal porno online: ecco perché è così facile cadere nel vortice della masturbazione compulsiva che porta all’impotenza. I pensieri di un mio paziente masturbatore cronico

NON VUOI PIANGERE APPENA TI SVEGLI

Da giovane mi svegliavo ed il mondo mi sembrava un luogo meraviglioso e pieno di opportunità. Ora che sono un uomo adulto, ogni mattina porta con sé mal di schiena, decine di e­mail da leggere ancora prima di essermi lavato i denti e qualcuno che ci mette millenni per ritirare dei soldi al bancomat proprio quando vai di fretta e c’è traffico perché piove. Durante le tre settimane di astinenza, per qualche ragione, ogni mattina era sempre meno brutta della precedente, pioggia o non pioggia. Non masturbarmi mi dava una sensazione di leggerezza, come una sensazione di pulizia. Dice il professor Pfaus:

Alcuni uomini provano un forte sentimento di colpa legato alla masturbazione, altri cercano di raggiungere l’orgasmo diverse volte al giorno, in maniera ossessiva-compulsiva. Alcuni uomini soffrono di entrambi i problemi. Questo meccanismo ossessivo-compulsivo li porta a masturbarsi frequentemente, troppo frequentemente, perché alla fine non solo diventano dipendenti dalla dopamina a livello fisico, ma creano anche a livello psicologico un rapporto di rifiuto verso il loro pene e il meccanismo di eiaculazione.

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Nel masturbatore cronico ogni momento è buono per masturbarsi, sia a casa che fuori casa. Qualsiasi cosa tu stia facendo, basta un minimo stimolo (a volte neanche quello!) affinché il tuo pene “prenda il controllo della situazione”. E’ come se tu perdessi la capacità di controllarlo. Fondamentalmente, non riuscire a controllare il tuo pene, o pensare di non poterlo fare, è un’esperienza abbastanza miserabile che va ad aumentare l’ansia che è proprio alla base della masturbazione cronica, in una sorta di circolo vizioso che aumenta sempre più. La parte di te che ti rende più maschio col tempo diventa paradossalmente quella che ti priva della virilità. Combattere per riacquistare il controllo sul tuo pene può farti uscire da quel mondo in cui sei sempre all’erta per poter rubare qualche minuto per masturbarti. E, oggettivamente, può essere un gran bene.

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UN’EREZIONE COSTANTE

Questo effetto non bisogna neanche spiegarlo: più che un aspetto positivo è una reazione fisica. Non masturbarsi può farti sentire all’erta, pulito, e pronto a capovolgere la tua vita. Tuttavia ti ritroverai ad avere erezioni in qualsiasi momento, perfino quando sei al telefono con tuo padre o quando vai al supermercato a comprare il pane. Come ci spiega il professor Pfaus:

L’erezione, sia per gli uomini che per le donne, richiede l’azione del sistema nervoso simpatico e di quello parasimpatico. Innanzitutto il cuore deve pompare più sangue nei tessuti. Poi, una volta che il sangue irrora la spongiosa—il tessuto spugnoso posizionato nella parte cavernosa di pene e clitoride, vicino alle labbra e in altri tessuti erettili—il sistema nervoso parasimpatico prende il sopravvento, facendo in modo che il sangue rimanga nelle zone genitali. C’è un meccanismo spinale nella zona lombare inferiore che serve a passare dal sistema parasimpatico a quello simpatico, che di conseguenza attiva l’orgasmo (e nell’uomo l’eiaculazione). Mentre hai un’erezione, questo meccanismo è inibito (tra le altre cose) da una diminuzione della serotonina. Quindi, se ti masturbi di frequente, finisci per essere in uno stato refrattario, che attiva il meccanismo di diminuzione di serotonina, ma che ora diminuisce o inibisce il sangue che fluisce nei genitali, perché mantiene il tono parasimpatico (che genera una contrazione dei vasi sanguigni). Perciò se ti rilassi per un po’, dalle 24 alle 48 ore, diciamo, noterai che l’erezione successiva sarà maggiore. Comunque ognuno è fatto a modo suo, per cui una situazione ottimale per una persona può rappresentare una disfunzione per un’altra. Bisogna prendere caso per caso.

Quindi se volete darvi all’astinenza, cercate di capire quanto tempo è indicato per voi. E se volete provare a resistere per un po’, ma non volete che la gente vi fissi in metropolitana, dovete stabilire un tempo di astinenza ragionevole.

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POTRESTI ACCUMULARE UN PO’ DI FRUSTRAZIONE

Questa è la parte più fastidiosa e imbarazzante dell’astinenza. E non è decisamente un lato positivo. Privati di un qualsiasi svago sessuale per più di 48 ore, quasi tutti gli uomini che conosco farebbero precipitare la scala evolutiva trasformandosi in esseri simili a scimmie. E non c’è niente di peggio che essere degli stupidi scimmioni. La distrazione offerta dal lavoro e gli hobby è utile, e se riesci a mantenerla magari hai anche probabilità di cavartela. Ma è assolutamente sensato che l’assenza di masturbazione faccia impennare i propri desideri sessuali. Di conseguenza, almeno secondo la mia esperienza, la castità è qualcosa che – paradossalmente – si gode appieno con un partner. Se lo fai da solo, sia per scopi sadici che a mo’ di sfida personale, ed improvvisamente ti rendi conto di essere in mezzo a una stanza e di aver fissato la stessa persona per più tempo del necessario, allora ti consiglio di fermarti.

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Traduzione ed adattamento:
Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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