Le spinte del comportamento: motivazione, bisogni, incentivi, teorie motivazionali

MEDICINA ONLINE SHOPPING ACQUISTI NEGOZI COPPIA AMORE AMICI FELICI SUPERMERCATO WEEKEND CENTRO COMMERCIALE SOLDI COMPRARE FELICITA SPENDERE OFFERTA AMAZON VENDEREIn psicologia, il termine motivazione è usato per indicare tutti i fattori, sia interni sia esterni all’organismo, che causano il comportamento dell’individuo in un determinato momento. I fattori interni all’organismo sono i bisogni, cioè quella condizione interiore, che cambia nel tempo in modo reversibile e che spinge l’individuo a raggiungere determinati scopi. Naturalmente bisogni diversi hanno scopi diversi, ma l’ambiente interno dell’organismo interagisce costantemente con l’ambiente esterno, per cui anche quest’ultimo ha la sua importanza e il comportamento motivato è diretto verso incentivi, cioè verso gli oggetti o gli scopi che si trovano nell’ambiente esterno.
Bisogni e incentivi si completano a vicenda nel controllo del comportamento; se uno
è debole, l’altro deve essere forte per motivare un’azione finalizzata a un certo scopo.
Inoltre un bisogno forte può far aumentare l’attrattiva di un particolare oggetto, come viceversa, un incentivo forte può rafforzare un bisogno debole. Nell’uomo, persino i bisogni primari, come la fame, la sete, sono fortemente influenzato da controlli, valori e convinzioni sociali, che possono diventare molto più determinanti delle influenze biologiche fondamentali.

Teorie motivazionali

Vi sono alcune teorie motivazionali che cercano di interpretare e spiegare in che modo i bisogni possono indirizzare il comportamento animale e umano. Le principali sono la teoria pulsionale biologica, che teorizza un approccio fisiologico allo studio delle pulsioni, considerate come semplici bisogni metabolici dell’organismo. Secondo il concetto di omeostasi teorizzato da Cannon l’organismo tende a mantenere il proprio equilibrio e a conservare le proprie caratteristiche morfologiche e fisiologiche contro gli squilibri che possono essere determinati da variazioni interne o esterne che, qualora non venissero compensati, comporterebbero la disintegrazione dell’organismo stesso. Secondo la teoria pulsionale proposta da Freud, nata dall’esigenza di applicare il modello omeostatico alle osservazioni fatte in psicoterapia, i motivi che le persone adducono per spiegare a se stesse e agli altri il proprio comportamento non sono sempre le vere cause perché le vere ragioni del nostro comportamento spesso risiedono nella parte inconscia della personalità (Inconscio secondo Freud) e le ragioni consce che portiamo (Io secondo Freud) sono solo coperture, razionalizzazioni, probabili, ma false, che servono a giustificare e a rendere accettabile a noi stessi e agli altri ciò che facciamo. Secondo Freud nell’individuo operano principalmente due tipi di pulsioni: la pulsione di vita comprendente la libido, e la pulsione di morte comprendente l’aggressività che si manifesta in tendenze distruttive verso sé stessi e verso gli altri. Tali pulsioni non vengono accettate dalla società se espresse direttamente come sono a livello inconscio e per rappresentarle a se stessi e agli altri è necessario mascherarle e controllarle per una convivenza pacifica con gli altri. Infine la teoria pulsionale etologica è derivata dalle osservazioni sistematiche degli animali nell’ambiente naturale le quali hanno consentito di comprendere il tema della motivazione nella sua accezione più elementare.

Più recentemente si è ipotizzato che la motivazione dipenda dal modo in cui il soggetto percepisce il mondo e dalle sue convinzioni profonde. Gli individui più motivati sono coloro che credono nella possibilità di cambiare e di conseguenza interpretano gli eventuali fallimenti come dovuti a cause contingenti, per esempio, un impegno non adeguato o errori strategici nell’affrontare il compito. La mancanza di motivazione che compare in seguito a fallimenti è invece riconducibile a una interpretazione dell’ evento secondo cui le abilità stati che e i risultati sono espressione diretta delle nostre incapacità strutturali. Un fallimento quindi indicherebbe che non si è abili e che, essendo questa incapacità statica e poco modificabile, non ci si possa aspettare di esserlo neanche in futuro (Caciari, Papagno, 2006).

Sono stati fatti moltissimi tentativi per classificare i bisogni. Si può prendere come esempio la classificazione di Maslow (raffigurata nella celebre “piramide dei bisogni di Maslow”), costituita da sei fasi di crescita della loro intensità:

  1. bisogni fisiologici: sono la prima motivazione sviluppata a livello evolutivo e sono legati all’espletamento delle funzioni necessarie per sopravvivere ed evitare il disagio (bisogno di acqua, cibo, evacuazione, igiene);
  2. bisogni di sicurezza: si manifestano solo dopo aver soddisfatto i bisogni fisiologici e consistono nella ricerca di contatto e protezione;
  3. bisogni di appartenenza: si tratta del desiderio di far parte di un’ estesa unità sociale (famiglia, gruppo amicale), che nasce solo dopo aver soddisfatto i bisogni di sicurezza;
  4. bisogni di stima: sono l’esigenza di avere dai partner un riscontro sul proprio apporto e sul proprio contributo, si attiva solo dopo aver soddisfatto i bisogni interpersonali;
  5. bisogni di indipendenza: sono rappresentati dall’esigenza di autonomia, realizzazione e completezza del proprio contributo e si attivano solo dopo aver soddisfatto i bisogni di stima;
  6. bisogni di autorealizzazione: si tratta dei bisogni di superare i propri limiti e collocarsi entro una prospettiva super-individuale, essere partecipe col mondo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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