Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): cause, sintomi, diagnosi, cura e consigli

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO FUMO SIGARETTA NICOTINA TABAGISMO TOSSICODIPENDENZA UOMOLa BPCO, acronimo di “broncopneumopatia cronica ostruttiva” (in inglese “COPD” acronimo di Chronic obstructive pulmonary disease) è una malattia infiammatoria cronica dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree, di entità variabile a seconda della gravità. La BPCO è solitamente progressiva ed è associata a uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare. La conseguenza a lungo termine è un vero e proprio rimodellamento dei bronchi, che provoca una riduzione consistente della capacità respiratoria. La malattia provoca disabilità, riduce la qualità della vita e – nei casi più gravi – è potenzialmente mortale.
Ad aggravare questo quadro clinico è l’aumento della predisposizione alle infezioni respiratorie di origine virale, batterica o fungina. Non esiste al momento una cura efficace, ma sono disponibili diversi trattamenti per controllare i sintomi, rallentare la progressione della malattia e per evitare pericolose complicanze. Fondamentale è invece la prevenzione, per ridurre al minimo i fattori di rischio, principalmente rappresentati dal fumo di sigaretta. Tra le prime descrizioni di probabili casidi BPCO ricordiamo quelle del grande medico ed anatomista italiano Giovanni Battista Morgagni nel 1769, che annota polmoni “turgidi in particolare nell’inspirio”.

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Cause

La causa principale di una BPCO è il processo infiammatorio cronico relativo alle vie respiratorie, che dura anni: ciò comporta una graduale perdita della funzionalità dei polmoni con una disfunzione non completamente reversibile anche se viene trattata. Il processo infiammatorio è promosso, nella maggioranza dei casi, dal fumo di sigaretta, ed in misura minore da esposizione professionale a sostanze irritanti e l’inquinamento ambientale. In genere, queste esposizioni avvengono diversi decenni prima che i sintomi si manifestino.

Fattori di rischio

Esistono diversi fattori di rischio, alcuni individuali, altri di origine ambientale. Tra i fattori individuali, ci sono molti geni che si ritiene possano essere associati all’insorgenza della BPCO. Al momento, i dati più significativi in proposito sono quelli relativi al deficit di alfa1-antitripsina, una condizione ereditaria piuttosto rara caratterizzata dalla carenza di questa proteina epatica che normalmente protegge i polmoni. Ci sono poi alcune patologie respiratorie complesse che possono contribuire allo sviluppo della malattia, in particolare l’asma e l’ipersensibilità bronchiale.
Tra i fattori ambientali, numerosi studi indicano che il principale fattore di rischio per lo sviluppo della BPCO è il fumo di tabacco, in particolare quello di sigaretta (meno quello di sigaro e pipa), che accelera e accentua il decadimento naturale della funzione respiratoria. Anche il fumo passivo e terziario può contribuire parzialmente allo sviluppo della malattia, in quanto favorisce l’inalazione di gas e particolato. Gioca un ruolo determinante anche l’esposizione a polveri, sostanze chimiche, vapori o fumi irritanti all’interno dell’ambiente di lavoro (per esempio silice o cadmio).
Altri fattori di rischio, seppure meno influenti, associati allo sviluppo della BPCO sono l’inquinamento dell’aria: non solo quello atmosferico causato da smog e polveri sottili, ma anche quello presente all’interno degli ambienti chiusi (provocato dalle emissioni di stufe, apparecchi elettrici, impianti di aria condizionata ecc.). Infezioni respiratorie come bronchiti, polmoniti e pleuriti possono predisporre infine al deterioramento dei bronchi. Altri possibili fattori di rischio sono: la povertà, la malnutrizione per difetto, un peso alla nascita inferiore alla media, alcune malattie infettive come quelle da HIV e la tubercolosi.

Sintomi e segni

Prima della diagnosi, i due sintomi e segni principali della BPCO sono la tosse e la dispnea, qualche volta accompagnati da respiro sibilante. Spesso la tosse è cronica, più intensa al mattino e caratterizzata dalla produzione di muco. La dispnea compare gradualmente nell’arco di diversi anni e nei casi più gravi può arrivare a limitare le normali attività quotidiane. In genere, queste persone sono soggette a infezioni croniche dell’apparato respiratorio, che occasionalmente provocano ricadute accompagnate da una sintomatologia aggravata. Con il progredire della malattia questi episodi tendono a divenire sempre più frequenti.

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Diagnosi

Gli esami utili alla diagnosi ed a determinare gravità e prognosi, sono:

  • Spirometria;
  • Saturazione arteriosa; se inferiore al 94% è utile eseguire:
    • Emogasanalisi
    • 6 Minutes Walking Test
    • Calcolo dell’indice di massa corporea (BMI)
    • Calcolo del grado di dispnea

Per la diagnosi differenziale potrebbero essere usati vari strumenti, tra cui esami di diagnostica per immagini (radiografia, TC, broncoscopia…) e/o indagini di laboratorio (tampone faringeo, esame del sangue venoso…). I segni caratteristici alla radiografia del torace sono polmoni iper-espansi, diaframma appiattito, aumento dello spazio aereo retrosternale e la presenza di bolle. La presenza di tali segni può aiutare a escludere altre malattie polmonari, come la polmonite, l’edema polmonare o uno pneumotorace. Nella TC del torace si possono notare le localizzazioni dell’enfisema nei polmoni e ciò può essere utile per escludere altre malattie polmonari, tuttavia, se non è previsto l’intervento chirurgico, tale segno raramente può influenzare il trattamento. Un’analisi del sangue arterioso (emogasanalisi) viene richiesta per determinare l’eventuale necessità di ossigeno supplementare. Questo esame è consigliato in coloro che presentano una FEV1 inferiore al 35% del normale, in coloro che presentano una saturazione arteriosa periferica inferiore al 92% e in coloro che hanno sintomi di insufficienza cardiaca congestizia. Nelle zone del mondo in cui è comune il deficit di alfa 1-antitripsina, si consiglia di effettuare questo esame a chi soffre di BPCO (in particolare in coloro con una età inferiore ai 45 anni e con un enfisema che interessa le porzioni inferiori dei polmoni). La misurazione del picco di flusso espiratorio, comunemente utilizzata nell’asma, non è sufficiente per la diagnosi di BPCO. Il principale strumento diagnostico per la BPCO rimane comunque la spirometria, che permette di misurare la capacità polmonare residua.

Spirometria

Le valutazioni spirometriche vengono effettuate allo scopo di stimare il grado di ostruzione delle vie aeree; generalmente seguono l’assunzione di un broncodilatatore. Per raggiungere una diagnosi vengono indagate due componenti principali: il volume espiratorio forzato in un secondo (VEMS o FEV1), che è il massimo volume di aria emesso nel primo secondo di un’espirazione forzata, e la capacità vitale forzata (FVC), il massimo volume d’aria che può essere emesso con un unico grande respiro. Normalmente, nel primo secondo si espira tra il 75% e l’80% della FVC; in un individuo che presenta sintomi di BPCO, un rapporto FEV1/FVC (chiamato “indice di Tiffeneau”) inferiore al 70% è indice di malattia. Sulla base di questi soli parametri, però, nei soggetti anziani la spirometria porterebbe a un eccesso di diagnosi di BPCO. La misurazione spirometrica viene ripetuta, dopo la somministrazione di 400 µg di β2 agonista (un broncodilatatore), a distanza di 40 minuti.

  • Se non migliorano i risultati, ma solo la sintomatologia, è possibile la diagnosi di BPCO: indice di Tiffeneau (FEV1/FVC) ridotto.
  • Un incremento di FEV1 di 200 ml o del 12%, rispetto al valore pre-broncodilatatore, è considerato un indice prognostico favorevole.
  • Se il valore di FEV1 torna nella norma, si esclude diagnosi di BPCO: è verosimile una diagnosi di asma.

Non vi è una evidenza certa che consigli di utilizzare la spirometria, nel tentativo di diagnosticare la malattia, in coloro che non presentano sintomi; pertanto tale pratica non è raccomandata. Per approfondire, leggi: Spirometria diretta ed indiretta: come si esegue ed a cosa serve

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale si pone principalmente nei confronti di asma, di insufficienza cardiaca, di tubercolosi, di embolia polmonare di polmonite e di pneumotorace.

Gravità

La BPCO è stata classificata in quattro diversi livelli di gravità:

  • stadio 0: soggetto a rischio, che presenta tosse cronica e produzione di espettorato. La funzionalità respiratoria risulta ancora normale alla spirometria
  • stadio I: malattia lieve, caratterizzata da una leggera riduzione della capacità respiratoria
  • stadio II: malattia moderata, caratterizzata da una riduzione più consistente della capacità respiratoria e da dispnea in caso di sforzo
  • stadio III: malattia severa caratterizzata da una forte riduzione della capacità respiratoria oppure dai segni clinici di insufficienza respiratoria o cardiaca.

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Terapia

Non esiste una cura efficace per la BPCO che consenta di ripristinare la funzionalità respiratoria perduta. Esistono comunque tutta una serie di trattamenti per gestire la malattia e consentire di raggiungere i seguenti obiettivi:

  • prevenire la progressione della malattia;
  • ridurre i sintomi;
  • migliorare la capacità sotto sforzo;
  • migliorare lo stato di salute generale;
  • prevenire e trattare le complicanze;
  • prevenire e trattare l’aggravarsi della malattia;
  • ridurre la mortalità.

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Terapia farmacologica

I farmaci più indicati per la BPCO sono i broncodilatatori, somministrati per via inalatoria, che sono in grado di dilatare le vie aeree e garantire così il maggior flusso possibile di aria. In caso di forme gravi o acute, si possono usare antinfiammatori potenti come cortisone e suoi derivati, evitandone però l’uso prolungato a causa dei pesanti effetti collaterali. Esistono due tipologie principali di broncodilatatori: gli agonisti β2 e gli anticolinergici; entrambi esistono sia in forma a lunga durata sia a breve durata d’azione. Il loro utilizzo riduce la mancanza di respiro, limita il respiro sibilante e rende più facile compiere attività, migliorando conseguentemente la qualità della vita. Non è chiaro se vi sia anche un cambiamento nel decorso della malattia di base. In quelli che presentano una malattia lieve, farmaci a breve durata d’azione sono raccomandati in base alle necessità. In quelli con una condizione più grave si raccomandano invece agenti a lunga durata. Se i broncodilatatori a lunga durata appaiono insufficienti, vengono aggiunti anche corticosteroidi sempre per via inalatoria. Per quanto riguarda gli agenti a lunga durata d’azione non è chiaro se il tiotropio (un anticolinergico a lunga azione) o i beta-agonisti a lunga azione (LABA) portino a risultati migliori, e può essere indicato provarli entrambi per capire quelli che funzionano meglio. Entrambi gli agenti sembrano ridurre il rischio di riacutizzazioni del 15-25%. Vi sono diversi β2 agonisti a breve azione disponibili, tra cui il salbutamolo (Ventolin) e la terbutalina. Essi forniscono un sollievo dai sintomi per 4-6 ore. β2 agonisti a lunga durata, come il salmeterolo e il formoterolo, sono spesso usati come terapia di mantenimento. Alcuni ritengono che i benefici dal loro utilizzo siano limitati, mentre altri sostengono il contrario. L’uso a lungo termine appare sicuro nella BPCO, gli effetti collaterali includono tremori e palpitazioni. Quando vengono utilizzati insieme a steroidi inalatori aumentano il rischio di polmonite. Sebbene gli steroidi e i LABA possano lavorare meglio insieme, non è chiaro se questo leggero vantaggio superi i maggiori rischi. Ci sono due anticolinergici principali utilizzati nella BPCO, l’ipratropio e il tiotropio. L’ipratropio è un agente a breve durata d’azione, mentre il tiotropio a lunga. Il tiotropio è associato a una diminuzione delle riacutizzazioni e una migliore qualità della vita. Non sembra tuttavia influenzare la mortalità il tasso di ospedalizzazione. Gli anticolinergici possono causare secchezza alla bocca e sintomi del tratto urinario. Essi sono anche associati a un aumentato del rischio di malattie cardiache e ictus.

Altre terapie e consigli

Accanto ai farmaci, esistono altre possibilità di gestione della malattia, come per esempio l’ossigenoterapia, ovvero la somministrazione di ossigeno puro, e la ventilazione meccanica, che supplisce all’insufficiente attività respiratoria. Ai pazienti si raccomanda di vaccinarsi regolarmente contro malattie come l’influenza o la polmonite da pneumococchi, che potrebbero aggravare una funzionalità polmonare già fortemente compromessa. Un consiglio utile è quello di praticare giornalmente una serie di esercizi specifici per tenere in attività i muscoli del respiro. Non ci sarebbe neanche bisogno di specificarlo: il paziente deve smettere di fumare e dovrebbe evitare l’esposizione a smog, inquinanti ambientali e sostanze chimiche irritanti. Importante controllare il peso corporeo, per non affaticare ulteriormente il sistema respiratorio: il paziente sovrappeso od obeso dovrebbe seguire una dieta ipocalorica e svolgere regolarmente attività fisica adeguata. In ogni caso viene consigliato al paziente di seguire un’alimentazione equilibrata e ricca di vitamine e sali minerali, ad esempio ricca di frutta e verdura di stagione. Utile è anche assumere ogni giorno un integratore multivitaminico multiminerale completo, come questo: https://amzn.to/3Xz3PNY

Ossigenoterapia

La somministrazione di ossigeno supplementare è raccomandato nei soggetti con bassi livelli di ossigeno a riposo (pressione parziale di ossigeno inferiore a 50-55 mmHg o saturazione arteriosa inferiore all’88%). In questo gruppo di persone diminuisce il rischio di insufficienza cardiaca e di morte, se utilizzato per 15 ore al giorno. In persone con livelli normali o lievemente bassi di ossigeno, può essere necessario valutare il livello di saturazione sotto sforzo, ad esempio con il test del cammino 6 minuti, in tal caso la supplementazione di ossigeno può migliorare la dispnea e migliorare la capacità di esercizio. Vi è il rischio di incendi e di scarsi benefici in coloro che continuano a fumare nonostante la condizione. In questa situazione spesso si sconsiglia l’ossigeno. Durante le riacutizzazioni, è importante non somministrare alte concentrazioni di ossigeno senza tenere conto dei valori di saturazione sanguigna, ciò può portare a un aumento dei livelli di anidride carbonica, peggiorando la prognosi. In coloro che sono ad alto rischio di livelli di biossido di carbonio, una saturazione di ossigeno tra l’88% e il 92% è raccomandata, mentre per coloro senza questo rischio, i livelli corretti dovrebbero essere tra il 94% e il 98%.

Chirurgia

In coloro che presentano una condizione estremamente grave, è possibile prendere in considerazione la chirurgia e questa può includere un trapianto polmonare o la riduzione del volume polmonare. La chirurgia di riduzione del volume polmonare consiste nel rimuovere le parti del polmone più danneggiate da enfisema permettendo alla porzione restante di espandersi relativamente meglio. Il trapianto polmonare è talvolta eseguita per casi di BPCO molto severa e soprattutto negli individui più giovani.

Prognosi e mortalità

La BPCO solitamente peggiora nel tempo, e in ultima analisi, può portare alla morte. Si stima che il 3% di tutte le disabilità siano legate alla BPCO. La sopravvivenza a 10 anni dall’insorgenza è del 40%. La percentuale di invalidità da BPCO a livello mondiale è diminuita tra il 1990 e il 2010, grazie al miglioramento della qualità dell’aria all’interno delle abitazioni. La velocità con cui la condizione peggiora varia a seconda della presenza di fattori negativi, quali una grave ostruzione del flusso d’aria, la scarsa capacità di compiere sforzi, la mancanza di respiro, un significativo sottopeso o sovrappeso (una importante perdita di peso è un indice molto negativo), la presenza di insufficienza cardiaca congestizia, il continuare a fumare e il verificarsi di frequenti riacutizzazioni. Gli esiti a lungo termine nella BPCO possono essere stimati utilizzando l’indice BODE (o BODE index), che fornisce un punteggio da 0 a 10 a seconda dei valori di FEV1, dell’indice di massa corporea, della distanza percorsa in sei minuti e tramite la scala di dispnea mMRC. I risultati della spirometria possono essere un buon indice predittivo per la prognosi della malattia, ma mai quanto l’indice BODE.

Prevenzione

Eliminare il fumo di sigaretta, gli inquinanti ambientali e l’esposizione a sostanze chimiche irritanti, prevengono la BPCO e rallentano la sua progressione. Le vaccinazioni antinfluenzali annuali in coloro che soffrono di BPCO riducono le probabilità delle riacutizzazioni, di incorrere in ospedalizzazioni e di decesso.

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Bocca secca ed asciutta da ansia, diabete, malattie del fegato: diagnosi e cure

MEDICINA ONLINE LINGUA BOCCA FRENULO ANATOMIA FISIOLOGIA ORAL TONGUE LABBRA LEPORINO GENGIVE DENTI MANDIBOLA MASCELLA PAPILLE GUSTATIVE GUSTO CIBO FONAZIONE GLOSSODINIA PALATO SCHISIIn medicina la “secchezza delle fauci“, anche detta xerostomia o più comunemente bocca secca, indica appunto una anormale secchezza della bocca causata dalla mancanza di saliva. La xerostomia può causare difficoltà nel parlare e mangiare. In molti casi può comportare anche alitosi e un importante aumento di carie dentali dal momento che uno degli effetti protettivi della saliva, cioè la mineralizzazione dello smalto, non è più presente. In molti casi la xerostomia può rendere la mucosa del tessuto parodontale e della bocca più vulnerabile alle infezioni. Diffusa particolarmente nelle persone anziane, prevalentemente donne, con un’incidenza di circa un quarto della popolazione.

Cause di bocca secca

In linea di massima la xerostomia è causata da una insufficiente produzione di saliva oppure da una eliminazione eccessiva (come avviene ad esempio dalla eccessiva respirazione attraverso la bocca). Fra le cause ricordiamo:

  • Iposalivazione, determinata da:
    • Sindrome di Sjögren;
    • Sindrome di Lambert-Eaton;
    • Diabete mellito in cattivo controllo metabolico;
    • Stati d’ansia o paura;
    • Abuso di alcolici;
    • Traumi coinvolgenti le ghiandole salivari, i dotti o la loro innervazione;
    • Radio o chemioterapia per tumori localizzati nella regione del cranio/collo;
    • Abuso di sostanze come metanfetamine, cannabis, eroina
    • Disidratazione (varie cause in particolare febbre o diarrea profusa;
  • Farmaci, tra cui:
    • Antidepressivi ed ansiolitici;
    • Antistaminici;
    • Decongestionanti;
    • Antiipertensivi;
    • Miorilassanti;
    • Farmaci per l’incontinenza urinaria;
    • Farmaci per la malattia di Parkinson.

Molti soggetti anziani riferiscono di provare una sensazione più o meno grave di xerostomia, tuttavia alcuni studi sembrano indicare che la produzione di saliva da parte delle ghiandole salivari maggiori non si riduce in modo clinicamente significativo con il progredire dell’età. Secondo un altro studio la produzione di saliva delle ghiandole salivari maggiori è indipendente da età, sesso e razza. Pertanto i segni e sintomi di secchezza della bocca negli anziani non possono essere considerati una normale conseguenza dell’invecchiamento. È opportuno ricordare che gli anziani hanno maggiori probabilità di soffrire di problemi di salute che potenzialmente possono causare xerostomia e che essi assumono spesso molti farmaci in grado di determinare bocca secca.

Sintomi associati a secchezza delle fauci

Sintomi e segni che possono essere associati alla secchezza delle fauci, sono:

  • Sensazione di bocca appiccicosa
  • Saliva spessa e viscosa
  • Sensazione di dolore urente (bruciore) alla bocca
  • Sensazione di labbra e gola secca
  • Alitosi
  • Difficoltà di deglutizione
  • Difficoltà a parlare
  • Infezioni del cavo orale (batteriche e micotiche)
  • Piaghe ed afte del cavo orale.

Cura della bocca secca

Il trattamento consiste nel trovare le cause correggibili a monte e, se possibile, rimuoverle o curarle. In molti casi non è possibile correggere la xerostomia, pertanto il trattamento si deve concentrare sulla possibilità di alleviarne i sintomi e prevenirne le sequele, ad esempio il formarsi di carie dentali. I pazienti con xerostomia devono evitare l’uso di decongestionanti ed antistaminici, e prestare grande attenzione all’igiene orale. Il sorseggiare frequentemente liquidi non gassati né zuccherati, il masticare gomma contenente xilitolo, e utilizzare sostitutivi della saliva a base di carbossimetilcellulosa o di idrossietilcellulosa può aiutare. La pilocarpina (un agonista colinergico) può essere prescritta per il trattamento della xerostomia.
La cevimelina (Evoxac) è stata autorizzata in alcuni paesi per il trattamento della secchezza delle fauci associata alla sindrome di Sjögren. Come la pilocarpina, anche la cevimelina è un agonista colinergico.

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Sostituti della saliva

I sostituti della saliva sono spesso il trattamento di scelta per i pazienti con xerostomia. Si ricorda che la xerostomia è il sintomo (bocca secca) la cui causa è la ridotta secrezione salivare (iposalivazione). Alcuni prodotti commerciali di vecchia concezione sono soluzioni elettrolitiche che tamponano l’acidità che viene a generarsi nella cavità orale in condizioni di iposalivazione. Altri di più recente concezione hanno una formulazione basato sulla presenza di speciali sostanze inerti ad attività umidificante e lubrificante imitando la saliva naturale ed hanno dimostrato una buona efficacia sintomatica nel ridurre i disturbi della xerostomia in pazienti con sindrome di Sjögren ed anche in pazienti con secchezza della bocca causata da farmaci. Di ultimissima generazione esistono sul mercato dei sostituti salivari che contengono anche degli enzimi antibatterici simili a quelli contenuti nella saliva naturale: Lisozima, Lattoferrina, Lattoperossidasi.

Altri prodotti

L’utilizzo da parte dei pazienti di prodotto enzimatici per l’igiene del cavo orale sembra non avere “alcun effetto sulla colonizzazione orale da parte di germi appartenenti alla specie Candida ed alla microflora orale in grado di provocare” e non determinerebbe “conte significativamente più basse di batteri quali Streptococcus mutans e Lactobacilli”.

I migliori prodotti per l’igiene orale scelti per voi

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Sesso anale: le confessioni delle donne senza censura

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Fitomagra: prodotti drenanti e per la riduzione del peso corporeo

MEDICINA ONLINE FITOMAGRA DRENANTE PANCIA GONFIA COMPRESSE  FARMACO FARMACIA PHARMACIST PHOTO IMAGE PHOTO PICTURE HI RES INIEZIONE  PER OS SANGUE INTRAMUSCOLO CUORE PRESSIONE DIABETE CURA TERAPIA EFFETTI COLLATERALI CONTRO.jpgFitomagra è una linea di integratori alimentari prodotti e venduti da Aboca. A base di erbe sono prodotti ad azione drenante dell’organismo pensati per la riduzione del peso corporeo in regimi alimentari controllati. Tutti i prodotti della linea Fitomagra sono pensati per integrare l’apporto energetico, vitaminico per il controllo del peso corporeo. La linea fitomagra riguarda tutte le tipologie di problemi legate al mantenimento o alla necessità di controllare il peso corporeo.

Fitomagra: tante soluzioni per diverse esigenze

Fitomagra Ondieta

La fame nervosa è uno dei problemi principali di chi inizia una dieta, causando a volte dei disagi e vanificando gli effetti benefici della dieta. Fitomagra Ondieta si prefigge proprio questo: bloccare il senso di fame. E’ un integratore e serve principalmente a migliorare l’attività di metabolismo dei grassi. E’ un concentrato di erbe come Griffonia, Curcuma e Rodiola; è sotto forma di opercoli in flacone da 100 compresse da assumere seguendo attentamente le istruzioni per l’uso.

Fitomagra System

Sistema di integratori alimentari è un vero e proprio programma che racchiude le azioni fondamnetali di fitomagra attiva, drena e limita tutto in due soli prodotti. Actidren – concentrato liquido a base di Radice di Tarassaco, Arancio amaro e frutti immaturi, The verde e foglie di Orthosiphon da prendere lontano dai pasti, attiva il metabolismo di grassi e zuccheri, drenando e ad azione diuretica.
Limita DimaFibra compresse, a base di Inulina da radice di Cicoria, oli essenziali di Anice Stellato e Finocchio è studiato a partire dal brevetto Dimafibra che prevede un apporto di fibre all’organismo in grado di ridurre il senso di fame e arginare l’assorbimento del cibo. Le compresse Fitomagra devono essere assunte (n° 3 compresse) prima dei pasti, consentendo ai principi attivi di bloccare il senso di fame in modo da ridurre indirettamente la quantità di cibo ingerita. E’ necessario non esagerare con le dosi attenendosi a quanto indicato nel foglietto illustrativo. Inoltre tali integratori non sostituiscono la normale alimentazione ma la integrano in una dieta equilibrata e varia accompagnata da una sana attività fisica continuativa.

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Fitomagra Actidren

La tisana in filtri Fitomagra, grazie alla combinazione delle erbe che la compongono, produce un effetto drenante. Infatti il Tarassaco e Verga d’oro, uniti al The verde, Guaranà e alga bruna, attivano efficacemente il metabolismo dell’organismo. Gli ingredienti della tisana, completati dagli oli essenziali di cannella e Finocchio, insieme a Liquirizia e Anice stellato, la rendono utile in regimi alimentari. Assumendone un tazza al giorno, associata ad una vita sana ed un’attività fisica continuativa, è possibile ridurre efficacemente il peso corporeo grazie all’azione drenante delle erbe che la compongono. Fitomagra Actidren si presenta anche in soluzione concentrata liquida. A base di Citrus, in grado di aumentare e migliorare il metabolismo degli zuccheri e dei grassi, e Tarassaco che ha un’azione depurativa e drenante. Prima di assumere Fitomagra Actidren è encessario agitare il flacone assumendone un misurino al giorno oppure diluito in un bicchiere d’acqua lontano dai pasti, inoltre è possibile diluire un misurino in mezzo litro d’acqua da consumare in tutto l’arco della giornata. Fitomagra Actidren è sconsigliato in casi di malattie cardiovascoalri, ipertensione, in gravidanza e allattamento.

FitoMagra Actidren Opercoli

A base di Tarassaco e The verde, possiede un’alta concentrazione di sostanze in grado di migliorare l’attività drenante e metabolica in regimi alimentari controllati. Si presenta in formato blister in modo da agevolarne l’assunzione in qualunque momento della giornata. La dose massima per diem è di 4 compresse da assumere lontano dai pasti.

Fitomagra Limita Dimafibra

E’ un integratore alimentare di fibre da assumere poco prima dei pasti. Attenua il senso di fame e contribuisce a ridurre l’assorbimento dei cibi a livello di intestino. Realizzato con il Dimafibra, che è un brevetto messo a punto da Aboca unendo mucillaggini liofilizzate di Lino, Tiglio Altea e altre fibre vegetali di Opuntia e Cellulosa, agisce localmente permetterndo la formazione di un gel naturale che assorbe l’acqua, riducendo così il senso di appetito.

Fitomagra Drena Plus

Tisana, a base di Tarassaco e verga d’oro, con proprietà depurative utili in regimi alimentari. Tutte le piante utilizzate nella composizione del filtro sono conosciute per favorire l’equilibrio idrico. Liquirizia, Finocchio, Menta, Orthosiphon.

Fitomagra Adiprox

Novità del sistema fitomagra. A base di AdiProFen complesso molecolare 100% naturale importante per migliorare le funzionalità dei tessuti adiposi: antiossidante, migliora la microcircolazione, supporta i processi di termogenesi e metabolici di grassi e zuccheri. Coadiuvando il tessuto adiposo Adiprox partecipa alla regolarizzazione del metabolismo lipidico e interviene nella modualzione della risposta dell’organismo. Fitomagra Adiprox è in un pratico flacone, dotato di misurino: è necessario assumere un misurino diluito in un bicchiere d’acqua una volta al giorno lontano dai pasti, oppure in mezzo litro d’acqua da bere durante tutto il giorno. Ingredienti: Mela succo concentrato; Sambuco (Sambucus nigra) frutti succo concentrato; Limone succo concentrato; Coestratto liofilizzato (AdiProFen®) di Thè verde (Camelia sinensis) foglie e Uva (Vitis vinifera) semi; Tarassaco (Taraxacum officinale) radice estratto liofilizzato; Lemon Lime aroma naturale.

Fitomagra Drena Fluido

L’esclusiva formulazione di Fitomagra drena fluido si contraddistingue per l’elevata concentrazione delle sostanze caratteristiche di estratti liofilizzati di piante che aiutano e favoriscono la funziona drenante. La sua preparazione in forma liquida da assumere diluita in acqua, consente un rapido e pratico assorbimento del Tarassaco, Finocchio, Bardana, Verga d’Oro, Orthosiphon, Thè Verde e rappresenta un valido aiuto per favorire i normali processi fisiologici di depurazione dell’organismo.

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Negli arti inferiori normali, il ginocchio si pone lungo l’asse longitudinale passante tra due ossa, il femore e la tibia. Se il ginocchio devia verso l’interno o l’esterno, si parla rispettivamente di ginocchio “valgo” e “varo”. E’ importante ricordare, però, che l’arto normale non è perfettamente “dritto”: femore e tibia normali formano tra di loro un angolo di circa 170 gradi ed in questo caso si parlerà di ginocchio valgo fisiologico (il ginocchio sarà quindi lievemente verso l’interno). Un angolo maggiore di 170° determina varismo, mentre un angolo inferiore di 170° determina valgismo patologico.

Il ginocchio valgo

Con “ginocchio valgo” o “valgismo del ginocchio” in medicina si intende una deformità del ginocchio per cui questo tende verso l’interno. Ciò accade quando il femore e la tibia non sono perfettamente allineati, ma formano un angolo ottuso aperto lateralmente. Nel ginocchio valgo le ginocchia si avvicinano tra loro rispetto al normale. Questa condizione viene definita, nel linguaggio comune, “ginocchia a X” o “gambe a X“. Molto spesso il ginocchio valgo si manifesta già in età puberale come un disturbo evolutivo senza cause evidenti e solitamente viene corretto senza bisogno di alcun intervento prima dei 9 anni di vita. Si procede intervenendo con delle terapie correttive oppure, in casi dove il difetto è grave, il trattamento vede solo la soluzione chirurgica. Il ginocchio valgo è la conseguenza della mancata calcificazione ossea e compare dal momento in cui interviene l’azione del peso corporeo, cioè quando il bambino inizia a muovere i primi passi. Nell’adolescente, invece, si manifesta nei soggetti costituzionalmente gracili e con i muscoli poso sviluppati. In questo caso, la causa potrebbe essere attribuita a disturbi di tipo ormonale che ostacolano la cartilagine di coniugazione. I principali sintomi avvertiti dall’individuo coinvolto sono in genere: difficoltà a camminare, deformazione, malformazione, zoppicamento, dolore e gonfiore della parte interessata. Anche la rotula può soffrire del malallineamento in valgo, sviluppando così una sindrome dolorosa rotulea. L’operazione chirurgica che viene praticata in questi casi è la osteotomia. Questo tipo di intervento permette di migliorare l’angolazione della rotula consentendo all’osso di assumere una posizione naturale e regolare. Quando il valgismo è rilevante, il ginocchio valgo può causare dolore e la comparsa di disturbi alle ossa o alle articolazioni, come la meniscopatia. La meniscopatia è il complesso dei sintomi più o meno dolorosi che fanno sospettare la presenza di lesioni acute o croniche ad uno o entrambi i menischi. Il menisco serve all’assorbimento delle forze di trasmissione del carico, alla trasmissione e alla distribuzione dei carichi in flesso-estensione; è fondamentale per la stabilità articolare e partecipa alla lubrificazione articolare. In caso di dubbi sul coinvolgimento di questa parte del ginocchio nel problema, una risonanza magnetica permette di valutare al meglio lo stato delle strutture articolari.

Il ginocchio varo

Il ginocchio si definisce “varo” (“varismo del ginocchio“) quando femore e tibia non sono perfettamente allineati, ma formano un angolo ottuso aperto medialmente. Quindi, mentre il ginocchio valgo tende verso l’interno, al contrario il ginocchio varo tende verso l’esterno. Nel ginocchio varo le ginocchia si allontanano tra loro rispetto al normale. Questa condizione viene comunemente definita “gambe a parentesi contrapposte” o “ginocchia a O” o “ginocchia da cowboy”, tipiche dei calciatori professionisti. Le cause sono le medesime del ginocchio valgo. Tra le altre ipotizzabili, possono esserci: eventuali lesioni legamentose inveterate, fratture malconsolidate, artrosi, disturbi neurologici, malattie ossee focali, ecc. Se le gambe sono gravemente arcuate, può essere un segno di rachitismo, causato da una carenza di vitamina D. Altre cause, più estreme, di ginocchio varo includono il morbo di Blount, displasie ossee, e intossicazione da piombo o fluoro. I sintomi più comuni del ginocchio varo sono facilmente riconoscibili: ginocchia che non si toccano stando con i piedi uniti, gambe arcuate su entrambi i lati del corpo, gambe storte oltre i 3 anni di età. In tutti i casi, la diagnosi definitiva deve avvenire tramite una radiografia.

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Come “raddrizzare” le gambe?

Le terapie per il ginocchio varo e per quello valgo comprendono vari strumenti, che variano in funzione di molti fattori soggettivi tra cui gravità di varismo o valgismo ed età del soggetto:

  • nei casi meno gravi e nei bambini, si possono usare particolari plantari correttivi e lavoro di rinforzo e riequilibrio muscolare dell’arto inferiore e del “core” (la parte centrale del corpo), eseguito con l’aiuto del fisioterapista. Sempre il fisoterapista può mobilizzare gradatamente il ginocchio ed usare una serie di tecniche fisiatriche che includono radiofrequenza, TENS, radarterapia;
  • nei casi più gravi (ad esempio con angoli molto patologici e/o con degenerazione in artrosi dell’articolazione), negli adulti e nei soggetti in cui le terapie mediante plantari e fisioterapia non hanno funzionato, la terapia è chirurgica mediante osteotomia e protesi.

Esercizi

Di seguito riportiamo alcuni esercizi utili per “raddrizzare” le gambe.

Esercizio 1

Dalla posizione in piedi vai in appoggio sul piede dal lato dove vuoi migliorare il ginocchio varo.
Noterai una caduta all’interno dell’arco plantare nel momento in cui andrai a portare il peso del corpo su una sola gamba. Da questa posizione dovrai cercare di recuperare l’arco plantare e avvicinare la testa del primo metatarso verso il calcagno, utilizzando la muscolatura che si trova alla base del piede.
Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Esercizio 2

Posizionati in appoggio su un piede solo (il piede dela gamba con il problema che dobbiamo migliorare). Piegati sulla gamba a terra e stendi la gamba. Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Esercizio 3

Dalla posizione in piedi porta indietro la gamba senza problema al ginocchio, effettuando degli affondi profondi e torna in posizione di partenza. Evita un’iperestensione nel ginocchio recurvato. Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Esercizio 4

Dalla posizione accovacciata con i piedi paralleli leggermente divaricati, distendi le ginocchia mantenendo le mani sul pavimento o sui piedi o sugli stinchi. Non andare in distensione completa del ginocchio, basta una semi estensione. Ripeti per 10 volte, poi riposati un paio di minuti, per poi eseguire altre due serie da 10 ripetizioni.

Consigli

Consigli sempre validi per migliorare la situazione generale, sono:

  • evitare obesità e sovrappeso, mediante una dieta adeguata ed attività fisica regolare, soprattutto se il paziente è un bambino;
  • assumere un integratore specifico per le articolazioni, contenente glucosamina e condroitina, come questo: https://amzn.to/3DN2D2E;
  • assumere la giusta quantità di minerali come calcio e vitamine, anche con un integratore come questo: https://amzn.to/3dA9xxJ;
  • se possibile intraprendere il trattamento precocemente, fin dall’infanzia;
  • evitare calzature inadatte;
  • usare una ginocchiera specifica, come questa: https://amzn.to/3SpYbuL;
  • avere una buona igiene posturale;
  • evitare sport che sottopongono le ginocchia a stress eccessivi.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Feci pastose e maleodoranti: malassorbimento e cattiva digestione

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Quale contenitore sterile usare per l’esame delle feci?
In caso di un eventuale esame delle feci, per raccogliere e conservare correttamente il campione di feci da inviare in laboratorio, è necessario usare un contenitore sterile apposito, dotato di spatolina. Il prodotto di maggior qualità, che ci sentiamo di consigliare per raccogliere e conservare le feci, è il seguente: http://amzn.to/2C5kKig

Sintomi e segni

I sintomi del malassorbimento sono causati dagli effetti delle sostanze osmoticamente attive nel tratto GASTRO INTESTINALE o dai deficit nutrizionali che si sviluppano. Alcune cause di malassorbimento hanno dei quadri clinici specifici. La dermatite erpetiforme si associa spesso a un’enteropatia simil-celiaca di grado lieve; la cirrosi biliare e il cancro del pancreas causano l’ittero; l’ischemia mesenterica causa l’angina abdominis; la pancreatite cronica causa un fastidioso dolore addominale epigastrico e la sindrome di Zollinger-Ellison causa una grave e persistente dispepsia ulcerosa. Il malassorbimento causa perdita di peso, glossite, spasmi carpo-podalici, assenza di riflessi tendinei, ecchimosi cutanee, flatulenza, distensione addominale, meteorismo e senso di fastidio legato all’aumento della massa intestinale e alla produzione di gas. I sintomi di un deficit di lattasi includono una diarrea esplosiva con meteorismo addominale e presenza di gas dopo l’ingestione di latte. Il deficit di lipasi pancreatiche si manifesta con delle feci grasse, contenenti i grassi, indigeriti, assunti con la dieta (trigliceridi). A volte si ha steatorrea, con feci chiare, soffici, pastose e maleodoranti che aderiscono ai lati del water o che galleggiano e sono mandate via con difficoltà. La steatorrea si verifica più frequentemente nella malattia celiaca o nella sprue tropicale. Può essere presente anche in caso di feci che sembrano relativamente normali. Il deficit nutrizionale secondario si verifica in proporzione alla gravità della malattia primaria e all’area del tratto GASTRO INTESTINALE interessata. Molti pazienti affetti da malassorbimento sono anemici, di solito, a causa del deficit di ferro (anemia microcitica) e di acido folico (anemia megaloblastica). Il deficit di ferro si verifica usualmente nella malattia celiaca e nei pazienti gastrectomizzati. Il malassorbimento dei folati, si verifica nonostante la dieta adeguata, soprattutto nella malattia celiaca e nella sprue tropicale. Nella sindrome dell’ansa cieca, così come molti anni dopo un’estesa resezione della parte distale del tenue o dello stomaco, si può avere un deficit di vitamina B12. Tuttavia, la classica resezione di 50 cm dell’ileo terminale per una malattia di Crohn ileocecale, raramente conduce a un significativo deficit di B12. Il deficit di Ca è comune, in parte dovuto a un deficit di vitamina D con alterato assorbimento e in parte al legame del Ca con gli acidi grassi non assorbiti. Questa carenza può causare dolore osseo e tetania. Il rachitismo infantile è raro, ma nella forma grave della malattia celiaca dell’adulto si può verificare l’osteomalacia. Un deficit di tiamina (vitamina B1) può causare delle parestesie (come il deficit di vitamina B12), mentre il malassorbimento della vitamina K (principalmente liposolubile) può condurre a un’ipoprotrombinemia con la tendenza all’ecchimosi e al facile sanguinamento. Un grave deficit di riboflavina (vitamina B2) può causare un’infiammazione della lingua e una stomatite angolare, mentre i deficit di vitamine A, di vitamina C e di niacina raramente causano problemi clinici. Un malassorbimento proteico può portare a un edema ipoproteico, solitamente a carico degli arti inferiori. Una disidratazione, una perdita di potassio e una debolezza muscolare possono far seguito a una diarrea profusa. La malnutrizione può essere responsabile anche di deficit endocrini secondari; per esempio, l’amenorrea primaria o secondaria costituisce un’importante manifestazione della malattia celiaca nelle giovani donne.

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Diagnosi

I sintomi e i segni conducono al sospetto diagnostico di malassorbimento. Qualunque combinazione di calo ponderale, diarrea e anemia deve far nascere il sospetto di un malassorbimento. Gli studi di laboratorio confermano la diagnosi. La misurazione diretta dei grassi fecali è il test più affidabile per la diagnosi definitiva. La steatorrea rappresenta un’evidenza assoluta di malassorbimento, ma non è sempre presente. Per un adulto che segue una normale dieta occidentale, con un’assunzione giornaliera di grassi pari a 50-150 g, una perdita di grassi fecali > 17 g/die non è normale. L’accuratezza nella raccolta delle feci è importante. È possibile ed è vantaggioso effettuare gli studi dei grassi fecali ambulatorialmente; solitamente una raccolta di 3-4 gg è adeguata. L’ispezione delle feci e l’esame microscopico sono anch’essi di grande valore. Il tipico aspetto delle feci, descritto sopra, è inconfondibile. La presenza di frammenti di cibo indigerito suggerisce o l’estrema ipermotilità intestinale o un intestino corto (p. es., una fistola gastrocolica). Le feci grasse in un paziente itterico indirizzano verso una cirrosi biliare primitiva o un cancro del pancreas. L’esame microscopico che evidenzia la presenza di particelle di grasso e di fibre carnee indigerite, suggerisce un’insufficienza pancreatica. La microscopia permette di identificare le uova o i parassiti. La colorazione di Sudan III di uno striscio di feci è un test di screening relativamente semplice e diretto, anche se non quantitativo, per il grasso fecale.

I test dell’assorbimento sono utili per definire la lesione (per l’assorbimento del lattoso, v. oltre Intolleranza ai carboidrati). Il test di assorbimento del d-xiloso è una misura indiretta, ma relativamente specifica, dell’assorbimento della parte prossimale del piccolo intestino. I reperti alterati sono comuni nella malattia digiunale primitiva, ma raramente lo sono nelle altre cause. Al paziente a digiuno vengono somministrati 5 g di d-xiloso PO e poi vengono raccolte le urine per le successive 5 h. Questo dosaggio è leggermente meno sensibile rispetto a una somministrazione maggiore (25 g), ma non provoca nausea o diarrea. Se il flusso urinario è adeguato e la filtrazione glomerulare è normale, una quantità < 1,2 g di d-xiloso nelle urine raccolte per 5 h è considerata alterata, mentre 1,2-1,4 g sono considerati valori al limite della norma. Anche se il test è molto popolare nella pratica pediatrica, la raccolta completa delle urine nei bambini piccoli è difficile e molti ricercatori preferiscono misurare i livelli ematici. Tuttavia, la misurazione dei livelli ematici è meno attendibile perché i livelli normali e quelli anormali si sovrappongono in maniera importante a meno che la dose di d-xiloso non sia di 0,5 g/kg.

Il malassorbimento del ferro, solitamente, può essere sospettato in un paziente che segue una dieta adeguata e che non ha una perdita cronica di sangue o non è affetto da talassemia, ma presenta un deficit di ferro, indicato da una bassa ferritina sierica e da una bassa sideremia. All’esame del midollo osseo si possono osservare delle ridotte riserve di ferro.

L’assorbimento di acido folico è anormale se, in un paziente che assume una dieta adeguata e non consuma una quantità eccessiva di alcol, viene riscontrato un basso livello di folati nel siero o nei GR.

L’assorbimento della vitamina B12 è alterato nei casi in cui la concentrazione sierica di vitamina B12 è bassa. Poiché i depositi sono abbondanti, un basso livello indica una condizione cronica. Il test di Schilling è utile per accertare la causa del malassorbimento. La ridotta escrezione urinaria (< 5%) della vitamina B12 radiomarcata indica il malassorbimento. Se l’escrezione torna a valori normali (> 9%) quando viene somministrato il fattore intrinseco legato alla vitamina B12 radiomarcata, il malassorbimento è causato da un deficit di attività del fattore intrinseco (spesso, una vera anemia perniciosa). Quando la somministrazione del fattore intrinseco non corregge l’escrezione, devono essere sospettate una pancreatite cronica, i farmaci (p. es., l’acido aminosalicilico) o una malattia del piccolo intestino (p. es., le anse cieche, i diverticoli digiunali e la malattia ileale).

La deconiugazione dei sali biliari da parte dei batteri intestinali, che si verifica nei disordini del piccolo intestino che causano una stasi e una crescita batterica (p. es., le anse cieche, i diverticoli e la sclerodermia), può essere valutata con il breath test con l’acido glicolico con C 14. Il test, di solito, non è necessario, è costoso e spesso non è disponibile.

Le rx possono essere aspecifiche o diagnostiche. Un esame dell’apparato digerente superiore, seguito da un esame del piccolo intestino, può mostrare una dilatazione delle anse intestinali con un assottigliamento delle pliche mucose (che indicano una sprue celiaca) o un loro ispessimento (che indica la malattia di Whipple) e una frammentazione irregolare della colonna di bario, ma questi aspetti suggeriscono solo un malassorbimento. I reperti diagnostici sono rappresentati dalla presenza di fistole, di anse cieche o di varie anastomosi intestinali; di una diverticolosi digiunale; e aspetti della mucosa suggestivi di un linfoma intestinale, di una sclerodermia o di una malattia di Crohn. L’esame rx diretto dell’addome può evidenziare delle calcificazioni pancreatiche, che sono un segno di pancreatite cronica. Anche la CPRE può essere utile nell’identificare un’insufficienza pancreatica cronica, ma di solito è sufficiente la calcificazione pancreatica.

La biopsia del piccolo intestino a livello digiunale è una procedura di routine che permette contemporaneamente dei prelievi di succo digiunale per un esame microbiologico della flora intestinale. Le biopsie endoscopiche sono anch’esse utili, ma devono essere eseguite oltre la seconda porzione del duodeno. Il prelievo mucoso può essere esaminato macroscopicamente con una lente di ingrandimento o con un microscopio dissettore o con la microscopia ottica o elettronica e gli omogenati tissutali possono essere analizzati per la loro attività enzimatica. Le diagnosi specifiche includono la malattia di Whipple, il linfosarcoma, la linfangectasia intestinale e la giardiasi (in cui si può notare il trofozoita strettamente adeso alla superficie villosa). L’istologia digiunale (atrofia dei villi) si presenta alterata anche nella malattia celiaca, nella sprue tropicale e nella dermatite erpetiforme.

Sono utilizzati due test della funzione pancreatica che richiedono entrambi l’intubazione duodenale: il test di Lundh, in cui la secrezione pancreatica viene stimolata indirettamente mediante l’assunzione orale di un pasto apposito, misura i livelli della lipasi nell’aspirato duodenale. La secrezione pancreatica può essere stimolata anche direttamente da un’iniezione di secretina EV. Il test alla bentiromide è stato, invece, introdotto per valutare la funzione pancreatica, ma la sua accuratezza e la sua utilità devono essere ancora definite. Il test è basato sulla scissione del peptide sintetico bentiromide, da parte dell’enzima pancreatico chimotripsina. La molecola dell’acido para-amminobenzoico è assorbita ed escreta nelle urine. L’accuratezza dipende dal normale svuotamento gastrico, dal normale assorbimento e da una normale funzione renale; alcuni farmaci (p. es., i sulfamidici e l’acetaminofene) possono provocare dei falsi risultati.

Di test speciali possono essere utili per fare la diagnosi delle cause meno comuni di malassorbimento, come i livelli della gastrina sierica e la secrezione gastrica acida nella sindrome di Zollinger-Ellison, la concentrazione del Cl nel sudore nella fibrosi cistica, l’elettroforesi delle lipoproteine nella abetalipoproteinemia e il cortisolo plasmatico nella malattia di Addison.

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Cura e trattamento

Cure e trattamenti dipendono, ovviamente, dalle cause responsabili di malassorbimento. Possono essere richieste specifiche integrazioni alimentari per colmare deficit nutrizionali, che nei nei casi più gravi andranno eseguite per via venosa (nutrizione parenterale); in presenza di deficit enzimatici può essere utile la supplementazione di enzimi digestivi animali (pancreatina) o vegetali (bromelina e papaina); diete di esclusione possono essere utili in presenza di intolleranze alimentari e celiachia (evitando, ad esempio, gli alimenti che contengono glutine); l’uso di antibiotici da un lato e probiotici dall’altro può essere utile per ripristinare il normale equilibrio della flora batterica intestinale nelle sindromi da malassorbimento dovute o associate a disbiosi.

E’ necessario quindi identificare le cause ed eliminare gli agenti scatenanti, oltre a seguire un regime alimentare sano accompagnato da integratori. Nei casi connessi all’uso di farmaci per il trattamento del cancro, a disfunzioni del pancreas e a particolari problemi conseguenti a interventi chirurgici allo stomaco o all’intestino è necessario un attento consulto medico.

Coloro che soffrono di malassorbimento hanno bisogno di più sostanze nutritive del normale per porre rimedio al problema. Gli elementi nutritivi vengono assimilati più facilmente in forma di iniezioni, polveri, liquidi e pasticche sublinguali. L’organismo di molti pazienti non è in grado di scomporre gli integratori in pillole; talvolta le pillole vengono eliminate attraverso le feci. Si dovrebbero evitare le pastiglie voluminose e dure e a rilascio prolungato. È essenziale una correzione della dieta e un programma depurativo che aiuti a guarire e depurare il colon.

A dispetto della correttezza della dieta o del numero di integratori presi, se accusate alcuni dei disturbi intestinali descritti precedentemente potreste soffrire di carenze nutritive. La sostanza fecale che rimane nell’intestino a causa della stitichezza si decompone e libera delle tossine e dei gas velenosi che entrano nel circolo sanguigno. Queste tossine danneggiano i tessuti e gli organi. Il sangue intossicato non è in grado di eliminare le cellule morte e i rifiuti, causando affaticamento, mal di testa, nervosismo e insonnia.

Il malassorbimento può provocare un invecchiamento precoce. È inoltre un fattore significativo nel processo complessivo dell’invecchiamento e può essere il motivo per cui alcune persone invecchiano più rapidamente di altre. Con gli anni il tratto intestinale si altera e il suo rivestimento si copre di dura sostanza fecale e di muco, che rendono difficile l’assorbimento degli elementi nutritivi. Per mantenersi giovane il corpo ha bisogno di sostanze nutritive. La cattiva assimilazione è una delle ragioni per cui gli anziani hanno bisogno di una maggiore quantità di elementi nutritivi.

Se il cambiamento di dieta e l’assunzione di corretti integratori non migliorano il vostro stato di salute nel giro di alcuni mesi, è possibile che abbiate problemi di malassorbimento. Coloro che soffrono di cattiva assimilazione hanno bisogno che gli integratori assunti eludano il più possibile il tratto intestinale, permettendo così di ricavare i necessari elementi nutritivi e di ritornare in salute. Si dovrebbero prendere integratori nelle forme sopra menzionate. Le pillole dure o le tavolette a rilascio prolungato dovrebbero essere evitate.

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SUGGERIMENTI

Si dovrebbero seguire i seguenti consigli dietetici per un periodo di trenta giorni, in modo da fornire al colon la possibilità di guarire e di eliminare dalle sue pareti il materiale indurito e il muco. Dopo trenta giorni potete reintrodurre nella dieta gli alimenti eliminati; non fatelo tuttavia troppo velocemente. Reinserite gradatamente piccole quantità di questi alimenti.
La dieta dovrebbe includere riso integrale ben cotto, escludendo però il riso bianco. Mangiate molta frutta, ma limitate il consumo di agrumi. Anche la farina d’avena, i vegetali cotti a vapore e il miglio dovrebbero far parte della dieta. Non consumate prodotti derivati dal grano fino a guarigione avvenuta. Mangiate pesce bianco ai ferri, a vapore o al forno tre volte alla settimana, ma eliminate dalla dieta i frutti di mare.
Bevete da sei a otto bicchieri di liquidi, includendo acqua di qualità, spremute e tisane alle ERBE (vedi: vi si trovano indicazioni su quelle che favoriscono la guarigione del colon). Per dolcificare usate malto d’orzo, una piccola quantità di miele e noci e latte di soia.
Evitate burro e margarina, alimenti fritti e tutti i tipi di oli e di grassi. Questi alimenti aggravano i problemi di malassorbimento rivestendo lo stomaco e l’intestino tenue e impedendo il passaggio degli elementi nutritivi. Si dovrebbero inoltre evitare gli alimenti che favoriscono la secrezione di muco da parte delle membrane, poiché anch’essi interferiscono con il processo di assimilazione. Tra questi alimenti troviamo i prodotti caseari, gli alimenti trattati e gli alimenti istantanei, la maggior parte dei quali contenuti in scatole e lattine.
La carne è difficile da digerire ed è acidogena. Evitate i prodotti contenenti caffeina come il tè, il caffè, le bevande tipo Coca-Cola e il cioccolato; i “cibi spazzatura” come le patatine in sacchetti e le caramelle; i prodotti contenenti zucchero, sale, MSG (glutammato di sodio) e conservanti.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Smegma: i rischi dell’accumulo di sporco sul pene

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME OBIETTIVO SEMEIOTICA FONENDOSCOPIO ESAMEPrima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento, ti consiglio di leggere questo articolo: Smegma: quando lo sporco si accumula sul pene, cause e cure

La presenza di ristagno di smegma nel solco balano-prepuziale, essendo esso un materiale umido e ricco di protene, rappresenta un ideale terreno di replicazione e crescita per molti microrganismi (batteri e funghi). In conseguenza di questa replicazione aumenta la frequenza di processi infettivi e infiammatori a carico di glande e prepuzio: le balaniti e balanopostiti.

Smegma maschile e rischi di coinvolgimento della partner

Lo smegma de i processi infiammatori a carico di glande e prepuzio potrebbero coinvolgere un’eventuale partner sessuale femminile inducendone vaginiti, cerviciti, infezioni della bocca o dell’ano in caso di rapporti orali o anali, e perfino determinare un aumento del rischio di carcinoma della cervice. I processi flogistici ripetuti a carico del pene possono determinare cronicamente un restringimento cicatriziale del prepuzio, processo è noto con il nome di fimosi.

Smegma e cancro del pene

Nei paesi anglosassoni, ed in particolare negli USA molti medici sono stati in passato accesi sostenitori della circoncisione. Alcuni studi scientifici mettevano in evidenza come la pratica della circoncisione facilitasse una buona igiene intima ed evitasse il permanere dello smegma a contatto della mucosa del glande. Si riteneva infatti che lo smegma potesse avere una azione di cancerogenesi sulle cellule epiteliali del glande. Recenti studi hanno però messo in evidenza come il cancro del pene abbia un’incidenza bassissima prima dei 65 anni, indipendentemente dal fatto che il paziente sia circonciso o meno. Lo sviluppo del cancro del pene sarebbe perciò correlato non tanto all’azione dello smegma, quanto all’infezione da HPV e al tabagismo. Tuttavia ancora oggi la American Cancer Society ritiene che gli uomini con abbondante smegma abbiano un rischio aumentato di cancro del pene. Gli uomini circoncisi avrebbero meno probabilità di rimanere infettati con il virus del papilloma umano (HPV), anche dopo aver considerato le differenze di comportamento sessuale. Sempre secondo questa fonte la maggior parte degli esperti oggi ritiene che lo smegma di per sé non provochi il cancro del pene, ma possa irritare e infiammare il pene, aumentando in modo indiretto il rischio di cancro.

Prodotti per contrastare la formazione dello smegma

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