Rischia di morire per aver bevuto troppa acqua

MEDICINA ONLINE BERE ACQUA BEVANDA CALORIE SODIO MINERALI GASSATA OLIGOMINARALE DISTILLATA INGRASSARE DIMAGRIRE FONTANA MARE PISCINA POTABILE COCA COLA ARANCIATA THE BERE ALCOL DIETA CIBBere acqua è fondamentale per mantenersi in buona salute, tuttavia – come in tutte le cose – la giusta via è quella che sta nel mezzo, perfino bere troppa acqua può mettere a rischio la nostra salute. Anzi, la nostra vita.

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Lo sa bene una signora di 59 anni alla quale, a seguito di una grave infezione alle vie urinarie, i medici avevano consigliato di bere un bicchiere d’acqua ogni 30 minuti. Ritenendo probabilmente di accelerare in tal modo il processo di guarigione, la donna ha però pensato bene di assumere molta più acqua di quanta le era stato indicato: dopo alcuni giorni ha iniziato ad avvertire forti emicranie, a soffrire di nausea e a vomitare frequentemente. A seguito dell’immediato ricovero presso il Kings College Hospital di Londra, i medici hanno stabilito che la donna era andata in una sorte di “overdose d’acqua”. Bere troppa acqua in un breve lasso di tempo abbassa velocemente la quantità di sodio presente nel sangue sotto i livelli di guardia, mandando il soggetto in iposodiemia, dalla quale è possibile pervenire addirittura alla morte: un tasso di mortalità del 30per cento è stato riportato nei pazienti che presentavano livelli bassi di sale nel sangue.

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Imra Rafi, responsabile di Innovazione clinica e ricerca presso il Royal College of General Practitioners (l’organismo professionale dei medici di medicina generale nel Regno Unito), dichiara in merito: «bere una giusta quantità di acqua è importante per mantenersi in buona salute, sia fisicamente sia mentalmente; è necessario bere di più nei casi di disidratazione o qualora le urine si presentino di colore scuro. Non esiste, comunque, una quantità raccomandata di acqua da bere ogni giorno: tutto sta nel tenere conto del proprio livello di idratazione e nel monitorare il colore delle urine che deve restare chiaro. Il caso di questa donna mette in evidenza che l’eccessiva assunzione di acqua può avere conseguenze gravi per i pazienti, e questo è qualcosa che operatori sanitari e pazienti devono tenere a mente».

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Calcoli renali: cibi vietati e consentiti, le buone abitudini per prevenirli

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma CALCOLI RENALI CIBI VIETATI CONSENTITI  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgCon “calcolosi renale” si descrive la presenza di formazioni solide nell’apparato urinario – i calcoli renali – derivate dalla precipitazione e successiva aggregazione di sostanze disciolte nelle urine. Spesso i calcoli renali sono asintomatici, di norma il primo segnale di un calcolo renale è un dolore molto intenso che inizia all’improvviso quando il corpo tenta di “forzare” l’ostacolo, il calcolo si muove nelle vie urinarie e ostruisce il flusso dell’urina portando alla cosiddetta colica renale.

Cause di calcoli renali

Nella maggior parte dei casi, la calcolosi urinaria è causata da un aumento della concentrazione di calcio nelle urine provocato da fattori esterni, quali un’alimentazione ricca di calcio o povera di liquidi senza che sia presente una patologia scatenante. Meno frequente causa della formazioni di calcoli è l’iperparatitoidismo, cioè una produzione eccessiva di paratormone da parte delle ghiandole paratiroidi. In questo caso si ha un tasso di calcio nel sangue costantemente elevato, calcio che arriva quindi nel rene causando una sovra-saturazione persistente con conseguente formazione cronica di calcoli anche di enormi dimensioni.

Come si prevengono i calcoli?

  • buona idratazione con almeno 1,5 litri di acqua al giorno;
  • ridurre l’apporto di sale
  • controllare l’apporto di proteine di origine animale;
  • ridurre l’apporto di zuccheri semplici;
  • scegliere cibi con un basso contenuto di grassi saturi e privilegiare quelli con maggiore tenore di grassi monoinsaturi e polinsaturi;
  • cucinare senza grassi aggiunti. Preferire metodi di cottura come: il vapore, microonde, griglia o piastra, pentola a pressione, piuttosto che la frittura, la cottura in padella o i bolliti di carne.

Attenzione: ridurre l’assunzione di calcio non previene affatto la formazione di calcoli di ossalato di calcio, anzi ne fa addirittura aumentare il rischio.

Accortezze nell’assumere i liquidi:

  1. L’assunzione di liquidi dovrebbe essere distribuita nel corso di tutta la giornata in modo omogeneo per assicurare un volume urinario costantemente elevato.
  2. Un maggiore apporto è indicato nei periodi estivi ed in presenza di attività fisica.
  3. L maggior parte dei liquidi introdotti dovrebbero essere rappresentati dalla semplice acqua – e non da altri tipi di bevande come succhi o cola – per evitare la presenza di sostanze controindicate.

Norme da rispettare in caso di calcoli di ossalato di calcio:

  • Dieta normocalorica e normoproteica, con normale contenuto di sale e di calcio e con un apporto di liquidi tale da mantenere il volume della diuresi di circa 2 litri/die;
  • Ridurre l’apporto di alimenti contenenti ossalati soprattutto se presente iperossaluria (aumentata escrezione urinaria di ossalato di calcio);
  • Incentivare il consumo di alimenti contenenti fitati ( composti presenti in alcuni alimenti in grado di  imprigionano i sali minerali rendendoli indisponibili all’assorbimento e all’aggregazione) che sembrerebbero inibire la cristallizzazione dei sali di calcio.

Norme da rispettare in caso di calcoli di acido urico:

  • Controllato apporto calorico;
  • Riduzione della quota proteica che non dovrà superare 1 g/Kg/die;
  • Riduzione dell’apporto di purine. I cibi che ne contengono elevate quantità, hanno un alto contenuto di residui acidi e tendono ad acidificare le urine e quindi ad aumentare la escrezione urinaria di acido urico:
    • Alcool. La sua ingestione, soprattutto sotto forma di birra e di superalcolici, oltre a favorire l’aumento di peso, favorisce la produzione di acido urico da parte dell’organismo e la sua precipitazione nelle articolazioni, e ne riduce inoltre la eliminazione da parte dei reni.
    • Pesce azzurro ad alto contenuto di purine come acciughe, alici, sardine, sgombri.
    • Frattaglie quali fegato, cervella, rognone.
    • Selvaggina.
    • Molluschi e frutti di mare.
    • Insaccati.
    • Alimenti conservati.
    • Strutto, lardo, cucinati o fritti.
    • Dadi da cucina.
    • Bevande zuccherine contenenti fruttosio come cola, succhi di frutta

Alimenti da limitare in caso di calcoli renali

  • Carni e pollame (porzione di circa 100 grammi).
  • Affettati (porzione di circa 50 grammi).
  • Legumi (piselli, fagioli, lenticchie).
  • Pesce a medio contenuto di purine: spigola, carpa, cernia, luccio merluzzo, nasello, palombo, sogliola, rombo, trota (porzione di circa 150 grammi).
  • Alcuni tipi di verdure quali asparagi, spinaci, cavolfiori e funghi.

Alimenti consentiti e consigliati in caso di calcoli renali

  • Pasta e riso non integrale, grissini, crackers, fette biscottate, cereali. L’Amido aiuta l’escrezione di acido urico.
  • Latte e suoi derivati come yogurt e ricotta.
  • Formaggi, soprattutto a basso contenuto di grassi come asiago, bel paese, crescenza, fior di latte, fontina, mozzarella, scamorza e tra gli stagionati il Grana Padano DOP che è un concentrato di latte, ma meno grasso del latte intero perché parzialmente decremato durante la lavorazione, il suo consumo favorisce il raggiungimento del fabbisogno giornaliero di calcio, zinco, selenio e vitamine del gruppo B tra cui la B12 oltre alla vitamina A.
  • Uova.
  • Verdure consumare almeno una porzione ad ogni pasto, cruda o cotta e preferire barbabietole, bietole, broccoli, carciofi, cardi, carote, cavolini di bruxelles, indivia, insalata, lattuga, patate, pomodori, rape, zucca.
  • Frutta fresca come albicocche, arance, kiwi, mele, melone, pere, pesche. Non superare il quantitativo di 300 grammi al giorno. Le ciliegie hanno una particolare efficacia nel ridurre i livelli di uricemia come anche gli agrumi ricchi in vitamina C.
  • Olio extravergine di oliva per condire le pietanze preferibilmente a crudo, aggiunto con moderazione e dosato con il cucchiaino.
  • Acqua, almeno 1,5-2 Litri di liquidi al giorno (preferibilmente acqua oligominarale naturale).

Consigli comportamentali in caso di calcoli renali

  • In caso di sovrappeso o obesità si raccomanda la riduzione del peso e del “giro vita” ossia la circonferenza addominale, indicatore della quantità di grasso depositata a livello viscerale. Valori di circonferenza vita superiori a 94 cm nell’uomo e ad 80 cm nella donna si associano ad un rischio cardiovascolare “moderato”, valori superiori a 102 cm nell’uomo e ad 88 cm nella donna sono associati ad un “rischio elevato”. Tornare ad un peso normale permette di ridurre non solo i livelli di uricemia nel sangue, ma anche di ridurre gli altri fattori di rischio cardiovascolare (come ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, insulino-resistenza).
  • Rendere lo stile di vita più attivo (abbandona la sedentarietà! Vai al lavoro a piedi, in bicicletta o parcheggia lontano, se puoi evita l’uso dell’ascensore e fai le scale a piedi).
  • Praticare attività fisica almeno tre volte alla settimana sia di tipo aerobico, sia di rinforzo muscolare (anaerobica). L’attività fisica costante ha benefici effetti sui soggetti affetti da iperuricemia, oltre che essere fondamentale per eliminare il grasso in eccesso e dimagrire correttamente.

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FEMORE ROTTO TIPI FRATTURA INTERVENTO  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl femore è il più lungo osso del nostro corpo ed è dotato di una straordinaria resistenza, tuttavia la frattura del femore è un incidente molto diffuso, che colpisce principalmente gli anziani a causa dell’osteoporosi e di un’elevata fragilità ossea in seguito alla quale anche un trauma lieve può comportare una frattura. Per approfondire anatomia e fisiologia di questo importante osso umano, leggi anche: Femore: anatomia e funzioni in sintesi

Frattura di femore negli anziani
Nella mia esperienza la maggior parte degli anziani con frattura di femore che seguo nel percorso riabilitativo post intervento, riferisce che la frattura è stata causata da banali cadute, quasi sempre accadute durante lo svolgimento di normali attività quotidiane, come lavarsi, cucinare, pulire casa. La frattura del femore negli anziani non è affatto banale anzi il suo evento può configurare una vera e propria tragedia, immobilizzando a letto per lunghi periodi (anche mesi nei casi più gravi) dei soggetti già debilitati, frequentemente diabetici e cardiopatici e che spesso hanno poca voglia di collaborare con medici, OSS, infermieri e fisioterapisti durante il periodo riabilitativo a causa dei forti dolori e della debolezza muscolare. I pazienti anziani tendono a “lasciarsi andare” ed a voler rimanere a letto, con tutti i rischi connessi, come ad esempio decubiti (da cui il frequente uso di materassi antidecubito ad aria). Molto del mio lavoro in questo caso è spronare con motivazioni convincenti l’anziano affinché compia i suoi giornalieri esercizi riabilitativi. La stessa cosa devono fare i famigliari del paziente.

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Com’è fatto il femore?
Il femore è l’osso più grande dello scheletro umano. Esso è contenuto nella coscia ed è formato da una parte centrale “diafisi” e due “epifisi”: la prossimale e la distale. La prossimale con una testa rotonda che si innesta nell’acetabolo del bacino forma l’articolazione dell’anca, la distale con tibia e rotula forma l’articolazione del ginocchio.
La testa del femore è legata alla diafisi tramite il collo del femore che forma con la diafisi stessa un angolo di circa 125°. Come già detto la testa tonda del femore è inserita nell’acetabolo del bacino ed è mantenuta in posizione da una forte capsula articolare che si lega alla base del collo del femore. Detta capsula articolare è coadiuvata nei movimenti di estensione dell’articolazione da robusti legamenti e contiene al suo interno i vasi sanguigni che sovraintendono al nutrimento della testa del femore.
Lateralmente al collo il femore presenta inoltre due sporgenze il piccolo trocantere e il grande trocantere, dove si inseriscono i muscoli.

Cosa significa “frattura del femore”?
La frattura del femore è quell’evento nel quale – in seguito ad un trauma di varia natura – il femore perde la sua continuità e si divide in due o più pezzi o se semplicemente subisce una lesione.

Un evento diffuso e pericoloso
Come accennato all’inizio dell’articolo, la frattura del femore è un evento diffusissimo, specie tra gli anziani ed anche piuttosto grave: degli 80000 e più casi che in Italia si verificano ogni anno, 15000 hanno esito funesto, 35000 degenerano invalidità più o meno grave e di questi 15000 richiedono, successivamente, un’assistenza continua. Di tutti questi drammatici eventi circa il 75% interessa donne anziane, per le quali il tasso di mortalità per frattura femorale è pari se non superiore a quello per il cancro al seno.

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Prevenire le fratture di femore
Per ridurre il rischio di caduta occorre riconoscere le classi a rischio (anziani e in particolare le donne), i fattori di rischio e intervenire su questi ultimi con interventi multifattoriali. I principali fattori di rischio per le fratture di femore sono:

  • età avanzata;
  • sesso femminile;
  • osteoporosi;
  • storia di precedenti cadute;
  • terapia con farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale;
  • difficoltà motorie e paura di cadere;
  • alterazione della vista.

La prevenzione dell’osteoporosi prevede invece misure non farmacologiche e farmacologiche. Gli interventi non farmacologici, fondamentali, sono: l’attività fisica ed una adeguata alimentazione. L’esercizio fisico anche moderato deve essere incoraggiato, specie nell’anziano, per mantenere una buona tonicità muscolare e una corretta coordinazione dei movimenti; la dieta deve essere adeguata, specie nell’apporto di calcio.

Classificazione delle fratture di femore
La frattura del femore, come ogni altra frattura, può essere di vari tipi:

  • Composta se in seguito al trauma l’osso conserva il suo naturale allineamento.
  • Scomposta se i tronconi dell’osso si allontanano dal consueto allineamento.
  • Una frattura scomposta del femore può essere esposta se uno o più frammenti ossei bucano muscoli e cute e fuoriescono.

A seconda del numero di interruzioni, la frattura può classificarsi in:

  • unifocale se vi è una sola rima (sede) di frattura
  • bifocale, se vi sono due rime
  • pluriframmentata se vi sono più rime di frattura.

In base alla sede anatomica si suddividono le fratture del femore in:

  • fratture della diafisi (parte centrale del femore)
  • fratture dell’epifisi prossimale o distale

Le fratture prossimali o distali possono a loro volta dividersi in

  • extra articolari o laterali se avvengono all’esterno della articolazione e che possono la base del collo, il grande trocanterio o il piccolo trocanterio (fratture trocanteriche).
  • intra articolari o mediali se avvengono all’interno dell’articolazione e che possono interessare il collo e la testa del femore. Le fratture infra articolari sono quelle più pericolose perché danneggiano i vasi sanguigni che sono deputati alla vascolarizzazione dell’articolazione e se tale danno non viene curato in maniera adeguata può procurare necrosi del tessuto osseo.
  • Se la frattura si localizza subito al di sotto della testa sferica dell’osso è detta sotto capitata.

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Quali sono i sintomi di una frattura di femore?
La frattura del femore ha una sintomatologia che varia in funzione delle tipologie sopra elencate, tuttavia vi sono dei sintomi comuni quali:

  • il dolore circoscritto
  • tumefazione e gonfiore
  • impossibilità di muovere l’arto e di stare in piedi.

Le fratture chiuse (in cui la cute non è lacerata) può verificarsi un sanguinamento interno che provoca un’ecchimosi viola nerastra (livido).

Quali sono le cause di frattura di femore?
In pazienti giovani ed in buona salute la frattura scomposta del femore è un evento molto raro conseguente a violentissimi traumi come può essere un incidente stradale o una rovinosa caduta di alcuni sportivi soprattutto ciclisti o sciatori di fondo. Purtroppo il discorso è totalmente diverso in caso di frattura del femore negli anziani che può essere anche conseguenza di un incidente lieve. Le cause di ciò possono essere varie:

  • mancanza di riflessi e tono muscolare dovuti al declino psicofisico legato all’età,
  • ambiente domestico non adatto alle persone di età avanzata,
  • capogiri o malesseri passeggeri,
  • alcuni farmaci quali analgesici antidepressivi e diuretici,
  • osteoporosi, malattia per cui si modifica la micro architettura delle ossa che in seguito a tale cambiamento vengono ad avere una densità più bassa (aumento della porosità),
  • cali di pressione,
  • problemi visivi.

Giovani ed anziani possono, inoltre, essere soggetti a fratture patologiche del femore, ovvero a fratture che possono verificarsi anche in assenza di trauma, causate da patologie che indeboliscono lo scheletro tra cui:

  • Infezioni, quali artriti o osteomielite (infiammazione del tessuto osseo dovuta a batteri),
  • tumori ossei o metastatici,
  • anoressia: la cattiva nutrizione, infatti provoca precoce osteoporosi e decalcificazione delle ossa,
  • iperparatiroidismo: disfunzione delle ghiandole paratiroidi che provoca una diminuzione dell’ormone paratormone deputato alla regolazione del calcio corporeo,
  • osteomalacia: patologia metabolica che causa fragilità ossea.

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Terapia delle fratture di femore
La diagnosi di una frattura del femore è alquanto facile. Comunque l’esame radiografico evidenzia chiaramente la frattura ed il conseguente stato dell’allineamento dei tronconi ossei. La miglior terapia possibile per la cura di fratture del femore è la riduzione con intervento chirurgico. Solo nei casi in cui complicanze di carattere internistico rendano impossibile l’intervento allora si procede all’immobilizzazione. Ma i progressi delle tecniche di anestesia hanno reso ormai possibile interventi su pazienti di 90/95 anni di età.

Riduzione della frattura di femore con intervento chirurgico
L’intervento (da praticarsi nelle 24/48 ore successive) non solo è consigliato ma è obbligatorio per un decorso privo di pericolose complicazione e per una completa riabilitazione funzionale. L’intervento varia al variare del punto di frattura e dell’età del paziente e può comportare l’utilizzo di perni, placche, protesi parziali o addirittura totali. Se il paziente ha più di 65 anni si preferisce impiantare una protesi completa dell’anca allo scopo di poterlo mettere in condizione di camminare nel più breve tempo possibile per evitare complicanze dovute a trombosi o embolie. Nel caso di pazienti più giovani e con una lunga aspettativa di vita l’intervento mira alla osteosintesi ovvero alla formazione del callo osseo, rimettendo in contatto le pari ossee con applicazioni di chiodi e placche. Una tecnica moderna nota come chiodo gamma, una protesi composta da un chiodo che va inserito nell’osso lungo e una vite che va inserita nel collo del femore, consente la ripresa funzionale subito dopo l’intervento.

Riabilitazione dopo una frattura di femore
Come si fa una corretta riabilitazione dopo una frattura di femore trattata chirurgicamente? Come controllare il dolore ed evitare i fenomeni trombotici tipici? Per rispondere a queste domande, leggi: Femore rotto: riabilitazione, profilassi antitrombotica e controllo del dolore

Conseguenze a breve e lungo termine delle fratture di femore
Quali sono le conseguenze di una frattura di femore? A tale proposito leggi anche: Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari 
Qui di seguito trovate una lista di prodotti di varie marche per il benessere di ossa, legamenti, cartilagini e tendini e la cura dei dolori articolari. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca. Ogni prodotto viene inoltre periodicamente aggiornato ed è caratterizzato dal miglior rapporto qualità prezzo e dalla maggior efficacia possibile, oltre ad essere stato selezionato e testato ripetutamente dal nostro Staff di esperti:

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Infortunio Alessandro Florenzi: legamento crociato rotto?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma ALESSANDRO FLORENZI INFORTUNIO GINOCCHIO SINISTRO ROTTURA CROCIATO Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillar.jpgContinua la classica sfortuna – in temi di infortuni – della Roma. Al minuto 81 della partita di calcio tra Sassuolo e Roma, sul punteggio di 1 – 3 in rimonta, con Antonio Rüdiger appena entrato in campo, brutto infortunio per il calciatore Alessandro Florenzi che esce dal campo in barella con espressione dolorante e mani nei capelli. Esplicito il labiale di De Rossi quando il compagno era ancora a terra: “si è spaccato“, come esplicita è l’espressione dell’allenatore dei giallorossi Spalletti nello scambiare rapide parole con Florenzi mentre veniva portato negli spogliatoi: Alessandro avrebbe infatti detto al mister “Me so rotto il crociato“.
Ora si attendono gli esami di rito che potrebbero confermare quello che in molti temono, vista la particolare rotazione dell’articolazione notata dagli spettatori in diretta: la rottura del crociato del ginocchio sinistro o del legamento collaterale mediale.
La società per ora fa sapere che Florenzi ha subito un “trauma distorsivo al ginocchio sinistro“, il medico della squadra ci ha poi in parte rassicurato:”il ginocchio di Florenzi non si è gonfiato ed i test articolari son stabili“. Spalletti: “Mentre Alessandro usciva in barella mi ha stretto la mano e non voleva più lasciarmela tanto era il dolore che provava. Questo infortunio non ci voleva”. Aspettiamo gli esami strumentali per avere ulteriori informazioni.

Per approfondire: Articolazione del ginocchio: com’è fatta, quali sono le patologie, i sintomi e gli esami da fare ?

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Partita della Pace: Maradona insulta la madre di Veron

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma MARADONA VERON PACE LITE Riabilitazione Nutrizionista Medicina Estetica Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Linfodrenaggio Pene Vagina Glutei Presso.jpgIeri sera si è svolta la “Partita della Pace”, tuttavia i rapporti in campo non sono stati del tutto… pacifici. “Yo no te boludeo, te lo digo en la cara boludo” ovvero “Io non ti piglio per il c..o, te lo dico in faccia str…o”. Una dichiarazione di guerra da parte di Maradona nei confronti del connazionale Juan Sebastian Veron durante la partita che doveva essere una semplice esibizione per raccogliere fondi. Diego è andato col dito sotto al volto del connazionale dicendo: “Voglio solo parlare” e Veron non ha replicato e lo ha allontanato. L’ex Pibe de Oro è stato poi portato via da Cafu. Chi era a bordocampo giura di aver sentito anche un “hijo de puta” (non c’è bisogno di traduzione) da parte di Maradona, e ci sarebbero anche le immagini a confermarlo. Ovviamente non è stata la partita a far esplodere la lite tra i due, che non sono mai stati amici.

Maradona: “Quello che è successo rimane tra di noi”
Alla fine della partita rientrando negli spogliatoi Maradona non ha voluto commentare il diverbio con Veron. “Non è niente, quello che è successo con Veron rimane tra di noi. Non devo parlare di un giocatore che io ho ammirato moltissimo”, ha detto l’ex campione del Napoli.

In estate disse: “Veron è un traditore”
Secondo i media la causa del litigio sarebbe legata alle dichiarazioni della scorsa estate rilasciate da Maradona durante la fase di caos della Federcalcio argentina dopo le dimissioni del Tata Martino. In quell’occasione a Veron venne dato il compito di nominare il nuovo staff dell’Albiceleste. Diego disse: “Veron è un traditore che si atteggia a dirigente. Uno con cui non voglio più avere nulla a che fare” e l’ex Parma e Lazio aveva risposto: “Non so a cosa si riferisca Maradona e non mi interessa. Le sue parole sono di scarsa rilevanza e lui è poco serio”, per poi rincarare la dose di recente: “Con Maradona mi piacerebbe trovarmi faccia a faccia”.

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Melograno: proprietà, calorie, benefici per la salute, olio e scrub esfoliante

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MELOGRANO MELAGRANA GRANATA FRUTTO DIETA CIBOIl melograno (Punica granatum) è una pianta appartenente alla famiglia delle Punicaceae, originario dell’Asia sud-occidentale ed ormai diffuso in tutto il mondo. Il frutto del melograno si chiama granata o melagrana. Con il termine melograno spesso si indicano sia l’albero che il frutto, ma più correttamente in italiano il frutto viene chiamato melagrana, tuttavia da ora in poi nell’articolo chiamerò il frutto con “melograno”. Il nome melograno deriva dal latino malum (“mela”) e granatum (“con semi”). La forma del melograno ricorda in effetti quella di una mela, ma ecco all’interno la sorpresa dei suoi numerosi chicchi dal gusto leggermente acidulo.

Qual è il periodo dell’anno tipico della melagrana?
E’ un frutto tipico dei mesi più freschi, quelli autunnali (matura a partire dal mese di ottobre).

Quante calorie ha una melagrana?
E’ un frutto poco calorico, 100 grammi di melagrana contengono circa 65 calorie. Un melograno di media grandezza contiene solitamente circa 70/80 calorie.

Proprietà e benefici della melagrana
E’ ricco di sostanze molto importanti per la nostra salute, tra cui:

1) Antiossidanti contro i radicali liberi. Il frutto del melograno è tra i più ricchi di antiossidanti. In particolare è una fonte di flavonoidi che aiutano il nostro organismo a mantenersi in salute e a prevenire l’invecchiamento precoce. In generale gli antiossidanti servono a contrastare l’azione dei radicali liberi. Grazie alla presenza di antiossidanti come gallico e ellagico , questo frutto aiuta inoltre a proteggere la pelle contro i danni UVB, proteggendo il DNA delle cellule. Per lo stesso motivo i melograni contribuiscono ad evitare il cancro della pelle, gli effetti dell’invecchiamento cutaneo e anche aiutare ad alleviare i sintomi delle scottature.

2) Vitamine per i malanni autunnali. Si tratta inoltre di una fonte di vitamine, soprattutto di vitamina A, vitamina C, vitamina E e vitamine del gruppo B. In autunno il suo contenuto di preziose vitamine ci aiuta a prevenire i malanni di stagione e a rafforzare l’organismo.

3) Sali minerali per depurare e diuresi. Il melograno contiene anche sali minerali importanti come il manganese, il potassio, lo zinco, il rame e il fosforo. La composizione di questo prezioso frutto si completa con acqua, zuccheri e fibre. La sua ricchezza d’acqua e il suo contenuto di potassio lo rendono un alimento utile per depurare l’organismo e per stimolare la diuresi.

4) Calcio per osteoporosi in menopausa. Consumare il melograno regolarmente può contribuire ad aumentare il livello di calcio: è importante ottenere la giusta quantità di calcio al giorno specie per le ossa, al fine di prevenire le malattie legate alla perdita di densità ossea come l’osteoporosi. Bere o mangiare melograni è particolarmente utile se la perdita ossea è dovuta ai cambiamenti dati dalla menopausa, questo perché i semi di melograno contengono estrogeni, l’ormone che durante la menopausa le donne perdono gradualmente a causa del depauperamento delle uova nelle loro ovaie .

5) Protezione da varie malattie. Le sostanze contenute nel melograno, prevengono molte patologie. Rafforzano il sistema immunitario, ci aiutano a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo e ad abbassare la pressione sanguigna soprattutto quando il suo innalzamento è dovuto a cause alimentari. Il consumo costante di melograno sembra prevenire l’Alzheimer.

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Utilizzi della melagrana e dei suoi chicchi in cucina e in cosmesi
Come possiamo sfruttare appieno il frutto del melograno?

1) Macedonie. Alcune persone sono felicissime di sgranare i chicchi di melograno e di condirli semplicemente con un po’ do succo di limone, mentre altre utilizzano i chicchi come ingrediente aggiuntivo ad altra frutta di stagione per preparare delle macedonie.

2) Piatti salati. I chicchi di melagrana si abbinano anche a piatti salati, a partire dalle insalate di cavolo rosso e dalle insalate di cereali. Ad esempio, i chicchi di melagrana sono un ingrediente davvero gustoso da abbinare alla frutta secca per preparare il cous cous o al farro e all’uva per preparare un’insalata di frutta e cereali.

3) Succo di melograno. Come fare per preparare un gustoso succo di melograno? Preparare il succo di melograno è semplice come spremere un’arancia o un limone. Infatti basta avere a disposizione un normalissimo spremiagrumi. In questo modo otterrete una bevanda ricca di vitamine e di antiossidanti.

4) Scrub per esfoliare la pelle. I semi di melograno schiacciati sono perfetti per l’esfoliazione! Perché non fare uno scrub fai da te per viso e corpo con un po’ di zucchero?
Per aiutare ad eliminare le cellule morte della pelle basterà unire una purea di semi di melograno con olio di cocco e zucchero, ottenendo un impasto che dovrà essere steso sulla pelle con massaggi circolari, evitando il contorno occhi e risciacquando subito con acqua tiepida.

Olio di semi di melograno per pelle secca, rughe, eczemi e psoriasi
L’olio di semi di melograno si ricava mediante la spremitura a freddo dei semi rimasti dopo la separazione della polpa e l’estrazione del succo. Rappresenta circa il 12-20% del peso totale dei semi. I semi di melograno contengono vitamina E, acido ellagico, steroli e acidi grassi, in particolare acido linolenico.
Per le donne che hanno la pelle secca o irritata è un vero trattamento di bellezza, infatti i suoi usi in cosmetica richiamano sempre di più l’attenzione a questo olio antico e di grande efficacia. Ottime sono infatti le capacità di nutrire, idratare e riparare l’epidermide e migliorare l’elasticità della pelle. Senza la giusta umidità, le rughe diventano più abbondanti e pronunciate, la pelle appare asfittica e manca di lucentezza.
Questo olio apporta la giusta umidità, ha proprietà estrogeniche naturali, antiossidanti, è antinfiammatorio, antimicrobico, migliora l’elasticità della pelle e la protegge. Tali proprietà curative uniche sono dovute alla sua composizione unica di acidi grassi, principalmente acido punicico (CLA).
Olio di melograno può dare sollievo alle irritazioni dovute a eczemi, psoriasi e pelle bruciata dal sole. Aiuta la produzione di collagene e agisce sui radicali liberi. Lo si trova come ingrediente in balsami per labbra, creme, lozioni sieri per il viso, saponi, oli da massaggio, prodotti per la cura del viso e del corpo. Diversi studi recenti hanno dimostrato che stimola la proliferazione dei cheratinociti, favorendo la rigenerazione e il rafforzamento dell’epidermide.

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La regola del fuorigioco nel calcio spiegata in modo semplice

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO CALCIO SPORT STADIOPartiamo dalla teoria: cos’è il fuorigioco? Apriamo il manuale del “Regolamento del Giuoco del Calcio”, scorriamo l’indice e al numero 11 troviamo la voce che fa al caso nostro: “Fuorigioco”. Ricordiamo che inizialmente (più avanti approfondimento storico) la regola del fuorigioco era chiara e lineare: un giocatore era in fuorigioco se si trovava nella metà campo avversaria oltre la linea del pallone (ovvero la linea immaginaria che passa per il pallone ed è parallela alla linea di porta) e aveva tra se e la linea di porta avversaria meno di due giocatori. Oggi è diverso: trovarsi in fuorigioco non rappresenta di per sé un’irregolarità.

Dal “Regolamento del Giuoco del Calcio”: il fuorigioco

Premettendo che non bisogna prendere in considerazione le mani e le braccia (anche dei portieri), un giocatore è considerato in fuorigioco:

  • se una parte qualsiasi dei piedi, della testa o del corpo si trova nella metà campo avversaria (senza considerare la linea mediana);
  • se una parte qualsiasi dei piedi della testa o del corpo è più vicina alla linea di porta avversaria sia rispetto al pallone che al penultimo giocatore avversario.

Quando un giocatore non è in fuorigioco?

Quando è posizionato almeno in linea con il penultimo degli avversari con gli ultimi due avversari.

Cosa serve per individuare un fuorigioco

Proviamo a semplificare. Sono tre gli elementi che ci servono per individuare un fuorigioco: la linea del pallone, la posizione del penultimo giocatore che si trova a difendere e quella dell’attaccante. Il fuorigioco viene ravvisato solo quando il giocatore in posizione irregolare viene coinvolto attivamente nel gioco (più avanti facciamo distinzione tra fuorigioco attivo e passivo) e riesce quindi o a trarre vantaggio dalla sua posizione o ad interferire nel gioco favorendo la sua squadra.

Che cos’è il fuorigioco attivo e passivo

Un giocatore che si trova in fuorigioco quando il pallone viene giocato o toccato da un compagno di squadra, non dev’essere sempre punito. La posizione è giudicata irregolare solo se il ricevente del pallone ricopre un ruolo attivo nell’azione. E che vuol dire? Solo se gioca o tocca la sfera; se ostacola o interferisce nel movimento di un avversario impedendogli di giocare il pallone (ad esempio se un giocatore ostruisce la visuale al portiere, vedi foto qui sotto); se mostra la chiara intenzione di deviare il pallone influendo così sull’avversario. Se invece non se ne cura e non interferisce nel gioco né sugli avversari la sua posizione di fuorigioco sarà giudicata passiva e non verrà sanzionata. Un calciatore è inoltre da sanzionare se riesce a trarre vantaggio dalla posizione in cui si trova anche dopo che il pallone abbia subito una deviazione (che sia frutto di un avversario o del palo). Idem nel caso di un salvataggio (quando ad esempio un calciatore interviene su un pallone direzionato verso la porta) fatto intenzionalmente da un avversario. Discorso diverso quando un calciatore gioca intenzionalmente il pallone verso un avversario in fuorigioco (un retropassaggio sbagliato, per intenderci): in questo caso non è considerata un’irregolarità.

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Casi particolari di fuorigioco

Ci sono poi delle eccezioni. Ad esempio non viene sanzionato il giocatore in fuorigioco che riceve il pallone da un calcio di rinvio, una rimessa laterale o un calcio d’angolo. Altro caso particolare: quando un calciatore che sta difendendo la propria porta esce dal terreno di gioco senza che l’arbitro lo abbia autorizzato, viene considerato posizionato sulla propria linea di porta e quindi tiene in gioco tutti gli avversari fino a quando non viene interrotto il gioco o il pallone esce dall’area di rigore.

E quando l’attaccante esce dal campo? Se una volta rientrato prende subito parte al gioco (senza che vi siano state interruzioni o il pallone sia uscito dall’area) sarà considerato posizionato sulla linea di porta. Se esce intenzionalmente senza che l’arbitro lo abbia autorizzato e si procura un vantaggio, riceverà un cartellino giallo. Se entra dentro la porta e resta immobile mentre il pallone sta entrando (vedi foto qui sotto), il gol sarà convalidato.

Un giocatore viene considerato in fuorigioco anche se inizialmente si trova in posizione irregolare e riesce a ricevere palla in linea con il penultimo difendente. In questo caso parliamo di “fuorigioco di rientro”. 

Cosa succede quando viene segnalato un fuorigioco?

Quando viene segnalato fuorigioco dal guardalinee (che tira su la bandierina), l’arbitro assegna un calcio di punizione indiretto dal punto in cui è accaduta l’infrazione.

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Com’è cambiato il fuorigioco negli anni: la storia

Precisiamo subito una cosa: il calcio senza fuorigioco non è mai esistito. L’8 dicembre 1863, quando la Football Association codificò le prime 14 regole della storia del calcio, il fuorigioco c’era ed era ovviamente diverso da come lo intendiamo oggi. All’epoca nessun calciatore della formazione in possesso della sfera poteva trovarsi oltre la linea del pallone. Il pallone, quindi, si poteva passare solo indietro.

Col tempo la regola del fuorigioco ha subito tante modifiche, già nel 1866 veniva punito soltanto chi riceveva il pallone in qualsiasi zona del campo e non aveva almeno tre giocatori avversari tra se e la porta. Nel 1907 veniva considerato in fuorigioco il giocatore che nella metà campo avversaria non aveva almeno tre giocatori avversari davanti a se.

Una modifica rivoluzionaria del fuorigioco è datata 1926 ed è tutt’ora in atto: è in fuorigioco il giocatore che si trova nella metà campo avversaria e non ha almeno due giocatori avversari tra se e la linea di porta. Questa modifica contribuì ad aumentare il numero di gol segnati e di conseguenza anche la spettacolarità del calcio.

Con il var, le regole del fuorigioco rimangono le stesse, tuttavia, mentre prima il fuorigioco veniva immediatamente segnalato dal guardalinee, attualmente è consuetudine – in caso di dubbio – non interrompere il gioco e far finire l’azione all’attaccante. Al termine dell’azione il var comunicherà all’arbitro ed al guardalinee se il fuorigioco si è verificato o no.

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