Correre fa male al cuore?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO YOGA RELAX MEDITAZIONE DONNA TRANQUILLITA MENTE RILASSAMENTO PALESTRA ESERCIZIO PESI MUSCOLI STRETCHING CORSA RUNNING NATURA CORREREIl primo fu Filippide. Che, dopo aver corso per i 42 chilometri mitici che avrebbero dato origine alla maratona, crollò a terra morto. Da allora la storia di questa competizione è costellata da incidenti e anche lutti.

Il maratoneta Alberto Salazar, a 48 anni, è stato colpito da un attacco di cuore ed è stato salvato da un intervento d’urgenza. Micah True, l’ultramaratoneta protagonista del libro best seller Born to Run, è morto durante una corsa nel deserto del New Mexico. Ryan Shay invece morì durante gli allenamenti per le Olimpiadi del 2008.
Tutte queste tragedie colpiscono anche perché la condizione fisica degli atleti dovrebbe proteggerli dalle malattie cardiache.

Negli ultimi anni, un piccolo gruppo di cardiologi ha avanzato l’ipotesi che un eccesso di esercizio fisico in realtà danneggi il cuore. Lo scrive il New Yorker in un articolo che cita gli studi di James O’Keefe, direttore di cardiologia preventiva del Mid America Heart Institute di Kansas City, Missouri. O’Keefe sostiene che l’esercizio fisico oltre una certa soglia può portare a malattie cardiache, e diminuire i benefici dell’esercizio fisico moderato. In una video-intervista O’Keefe sostiene che l’esercizio fisico estremo “non è favorevole alla salute cardiovascolare a lungo termine”. “Darwin aveva torto su una cosa”, dice O’Keefe. “Non è quello che si adatta meglio a sopravvivere, ma quello moderatamente più in forma”.

Per quelli che credono che la regola del “tutto con moderazione” si possa applicare in vari campi, questo argomento ha un senso. Secondo l’articolo, l’esercizio fisico rimane una delle cose migliori che si possa fare per migliorare la salute cardiovascolare, ma non c’è bisogno di correre maratone per ottenerne i benefici.

O’Keefe sostiene che l’esercizio fisico oltre una certa soglia aumenti il rischio cardiovascolare. Ma, data la complessità del cuore, la sua tesi è difficile da smentire.

L’eccessivo esercizio è stato costantemente associato alla fibrillazione atriale, un disturbo del ritmo che aumenta il rischio di ictus e lascia in alcune persone la sensazione di debolezza e di essere senza fiato. Uno studio ha esaminato i tassi di fibrillazione atriale in oltre cinquantamila uomini svedesi che avevano partecipato alla Vasaloppet, un evento di novanta chilometri di sci di fondo, per dieci anni. Coloro che hanno portato a termine il maggior numero di gare o che hanno avuto i tempi più veloci sembravano avere un rischio maggiore di fibrillazione atriale.

Ma quanto è alto questo rischio? Alcuni suggeriscono che il rischio di fibrillazione atriale per atleti estremi sia cinque volte più alto rispetto a quello dei sedentari. Ma Brian Olshansky, specialista del ritmo cardiaco in Iowa, ha contribuito a ridimensionare questo dato catastrofico: “Diciamo che nell’arco della vita il rischio di fibrillazione atriale è dello 0,3 per cento” (il rischio varia a seconda di diversi fattori, come l’età e l’obesità). “Un aumento di cinque volte, lascia ancora il rischio di fibrillazione atriale ad appena l’1,5 per cento.”

Però anche John Mandrola, un cardiologo al Baptist Medical Associates di Louisville, Kentucky, mette in guardia contro l’esercizio fisico estremo. Mandrola è stato un ciclista per decenni, e qualche anno fa ha subito un grave incidente motociclistico. Nonostante le fratture dolorose, si rimise rapidamente in sella alla bici, percorrendo 20 miglia nella sua prima corsa dopo l’incidente. Mandrola rimase rapidamente a corto di fiato e stordito, con poche forze. La sensazione era quella descritta più volte dai suoi pazienti: era in fibrillazione atriale.

Una volta passata la paura di essere vittima di un ictus, la sua vita però cambiò completamente: per anni, era stato un ciclista a cui era capitato di essere un cardiologo. Adesso era solo un cardiologo. Alcuni scienziati ipotizzano che l’infiammazione possa avere un ruolo nella fibrillazione atriale, e Mandrola cominciò a vedere i danni del suo precedente stile di vita come dovuti a un eccesso di infiammazione: “Non è solo il problema durante una gara. Ma è l’essere in allenamento perenne, che genera il problema”.

Come Mandrola, anche O’Keefe era una volta un super atleta, e aveva vinto diverse gare di triathlon. Poi, con la mezza età, ha deciso di cambiare il suo approccio. Nell’editoriale O’Keefe e il suo collega Carl Lavie suggeriscono che l’esercizio fisico vigoroso dovrebbe essere limitato a “trenta, cinquanta minuti al giorno.”

Ma c’è davvero qualche ragione per credere che anni di allenamento duro accorcino la vita, o peggiorino la salute cardiovascolare? Per il momento, no. Infatti altri studi, la maggior parte dei quali della Health Study Runners, suggeriscono che i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari continuino a diminuire con l’aumento delle quantità di esercizio fisico.

“Dopo aver esaminato i dati, spiega Lisa Rosenbaum, autrice dell’articolo sul New Yorker, la mia impressione è che non ci sono dati convincenti che suggeriscano che la mortalità differisca significativamente tra chi pratica esercizi moderati ed estremi. Ma mentre l’esercizio costante diminuisce la probabilità di avere un attacco di cuore, se siete destinati ad averne uno è più probabile che questo accada mentre vi state sta esercitando.

E conclude l’articolo con una riflessione: “La scienza è una risorsa inestimabile per aiutare le persone a condurre una vita più sana, ma non dovrebbe essere un arma per spaventare le persone che non lo fanno”.

FONTE

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Dormire poco ti consuma il cervello ma correre te lo ricostruisce

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SBADIGLIO NOIA SONNO DORMIREDormire troppo poco provoca la morte delle cellule cerebrali. Lo dicono i risultati di una ricerca condotta da un team di ricercatori della School of Medicine dell’Università della Pennsylvania, che ha condotto uno studio sugli effetti della deprivazione del sonno sui topi. E se le conclusioni degli scienziati americani dovessero valere anche per l’uomo, questo può significare una cosa sola, e cioè che è perfettamente inutile cercare di «recuperare il sonno perso» dopo un periodo particolarmente intenso.

Turni di notte e lavoro fino a tardi

La ricerca, pubblicata sul prestigioso Journal of Neuroscience e ripresa anche dalla BBC, potrebbe avere un’applicazione nel campo della farmacologia: potrebbe infatti nascere un farmaco in grado di «proteggere» il cervello dagli effetti della mancanza di sonno. Effetti che, almeno per quanto riguarda i topi, sono estremamente marcati: i roditori sono stati posti in un ambiente che replicava le cause tipiche della deprivazione di sonno, come i turni di lavoro notturni o, semplicemente, un sovraccarico di lavoro che, spesso, può obbligare chiunque a stare in ufficio fino a tardi. Dopo diversi giorni a questo ritmo – i topi potevano dormire solo quattro o cinque ore per notte – i roditori avevano perso il 25% delle cellule cerebrali, in gran parte appartenenti al tronco cerebrale.

Funziona così anche per gli umani?

Secondo i ricercatori si tratta di una prova evidentissima di come la mancanza di sonno porti alla perdita di cellule cerebrali: tuttavia sono necessari ulteriori studi per riuscire a stabilire se la deprivazione di sonno possa provocare gli stessi danni anche a un cervello umano. Danni che oltretutto sarebbero irreversibili, ma che non è detto si producano allo stesso modo anche sull’uomo, come sottolinea il professor Hugh Piggins della University of Manchester: «Gli autori hanno fatto un parallelismo tra i turni di lavoro notturni e la deprivazione da sonno e hanno concluso che la mancanza cronica di sonno può avere delle ripercussioni non soltanto sulla nostra salute fisica, ma anche su quella mentale – ha spiegato – Ma questa possibilità deve essere dimostrata da molte altre ricerche, nonostante sia fuori discussione che una buona igiene del sonno sia fondamentale per il benessere di una persona».

L’esercizio fisico “ricostruisce” il cervello

Dopo aver visto come il sonno “distrugge” il nostro cervello, passiamo ora alle buone notizie! Che l’esercizio fisico giovi non solo al corpo ma anche al cervello, grazie alla produzione di nuovi neuroni, è cosa nota. I ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) di Roma hanno però dimostrato per la prima volta che la corsa è in grado di rallentare molto il processo di invecchiamento cerebrale e di stimolare la produzione di nuove cellule staminali, che migliorano le capacità mnemoniche. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Stem Cells.

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Per una pancia piatta facciamo lavorare gli addominali

Non tutti possono fare gli esercizi proposti nel video, alcune patologie potrebbero impedire la coretta esecuzione dei movimenti. In caso di dubbio chiedete al vostro medico. Il video è in inglese ma non serve essere laureati in lingue per capirlo. Alcuni esercizi possono essere un po’ complessi: con un po’ di pratica riuscirete a portarli a termine ottimamente!

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Dimagrire guardando una partita di calcio in tv

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO UOMO DONNA COPPIA DIVANO AMORE ABBRACCIATI GUARDANO LA TV CINEMA TELEVISIONE FILM SERIE TVMentre si guarda in tv una gara sportiva i muscoli si mettono in allerta, aumentano il battito del cuore, il respiro, la sudorazione ed il flusso del sangue cutaneo. Le reazioni dell’organismo durante l’attività fisica altrui osservata attraverso un video sono state misurate dai ricercatori della University of Western di Sydney, Australia. Lo studio è stato pubblicato su Frontiers in autonomic neuroscience. “Con l’impiego di microelettrodi inseriti nel nervo personale comune abbiamo registrato le reazioni dell’attività nervosa simpatica dei muscoli – spiega Vaughan Macefield, autore dello studio, in una nota stampa dei giorni scorsi – “Dopo 22 minuti di gare di corsa o di sport vigorosi, guardati in tv stando comodamente seduti in poltrona, i nervi reagiscono e inducono ad un aumento del battito cardiaco, della la respirazione, del flusso sanguigno cutaneo e della sudorazione”.

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La pigrizia uccide due milioni di persone all’anno

MEDICINA ONLINE DORMIRE SONNO SONNOLENZA INSONNIA DONNA DIVANO FIORI POMERIGGIO GIORNO LUCE MELATONINA SONNELLINO POMERIDIANO RIPOSO STANCHEZZA ESAURIMENTO MENTALE TRISTE NEVRASTENIA PSICHIATRIA ANSIA DEPRESSIONE.Essere pigri può sembrare una “abitudine” innocua, non è così, anzi l’accidia (parola che significa inerzia, pigrizia, avversione a fare qualcosa) è un vero e proprio killer, sottovalutato, silenzioso e inesorabile. Se ne volete sapere di più continuate la lettura, altrimenti se non altro, oggi avete finalmente scoperto il significato della misteriosa parola “accidia”! I numeri della pigrizia sono davvero impressionanti: secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’assenza di esercizio e dell’attività fisica è la causa di quasi due milioni di morti (per la precisione sono 1,9 milioni di decessi) nel mondo ogni anno. Indirettamente correlate, le 2,6 milioni di morti annuali dovute a sovrappeso e obesità. I dati sono stati rilanciati dalla Società italiana di pediatria (Sip). I pediatri avvertono che la sedentarietà è anche responsabile, in una percentuale tra il 10% al 16% di alcuni tumori e del diabete di tipo 2, oltre che del 22% delle malattie cardiovascolari e di altre patologie croniche.

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