I 10 motivi per smettere di fumare se vai in palestra o fai sport

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma 10 MOTIVI SMETTERE FUMARE PALESTRA PESI Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata Macchie Capillari Ano PeneChiunque dovrebbe smettere di fumare, e non domani o tra un mese: dovrebbe smettere ORA, anche solo per vivere mediamente 11 anni in più o per risparmiare centinaia di migliaia di euro! Ma c’è una categoria in particolare che – per filosofia di vita – dovrebbe smettere ancora più delle altre e sono i frequentatori di palestra (e gli sportivi in genere). La cosa paradossale è che molti miei amici fumatori sono convinti che l’attività fisica costante possa adeguatamente controbilanciare i danni dal fumo, che suona più come una scusa che come una reale convinzione e lo dico con assoluta certezza visto che anche io sono stato un fumatore per ben 15 anni e quante sigarette ho fumato uscito dalla palestra convinto che l’allenamento costante mi desse una specie di “bonus salute” da spendere in nicotina. È vero l’esatto contrario: i fumatori sono penalizzati in partenza perché il monossido di carbonio (CO: prodotto della combustione come il gas di scarico delle automobili) riduce l’ossigenazione del sangue, provoca un incremento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa e riduce la capacità respiratoria complessiva. Nessuno di questi fattori viene neanche lontanamente controbilanciato dal “bonus salute” fornito dall’attività sportiva.

L’unica cosa al mondo che può davvero bilanciare i disastrosi effetti nocivi del fumare è… smettere di fumare!

“Io fumo, ma mi sento bene!”

Classica frase che io stesso dicevo quando fumavo. Anche se il fumatore si sente perfettamente in forma, in realtà la sua efficienza è decisamente ridotta senza che se ne renda conto, come avere una Ferrari ed andare a 90 km/h anziché a 160 km/h: a 90 km/h hai comunque la sensazione di andare forte, ma senza il limitatore (cioè le sigarette) potresti andare a quasi il doppio della velocità. Il risultato di dipendere dalla nicotina è che un atleta fumatore, rispetto ad un atleta di pari grado (sesso, età, genetica, allenamento, alimentazione…) ma non fumatore:

  • ha performance minori;
  • ha minor accrescimento muscolare;
  • ha minor resistenza;
  • ha minore potenza;
  • ha bisogno di tempi di recupero più lunghi.

“Io fumo e non ho problemi a spingere in palestra”

Frase che mi sento dire da tutti i fumatori che frequentano la mia palestra e che io stesso ripetevo a me stesso quando a 20 anni squattavo mille chili dopo aver fumato. Facciamo chiarezza: tutto quello che ho prima detto non significa ovviamente che un atleta fumatore non possa raggiungere alte vette di performance, significa invece che, se smettesse di fumare, riuscirebbe ad avere delle performance decisamente migliori a parità di allenamento e questo è un fatto scientifico e non una mia opinione, confermato da spirometrie ed altre indagini mediche. Qualsiasi sia il vostro livello, riuscireste ad avere un livello migliore semplicemente buttando il pacchetto di sigarette che avete davanti. In parole ancora più semplici: se fumate e “spingete 100”, smettendo di fumare potreste “spingere 150 o ancora di più”.

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“Una volta ho smesso di fumare per tre mesi e non ho sentito differenze”

Altra scusa sentita mille volte, avendo fumato per quindici anni le conosco tutte queste frasi perché le dicevo anche io mentendo a me stesso. A questa affermazione rispondo che ovviamente, dopo aver smesso di fumare, le performance non diventano più elevate all’improvviso (specie se si è fumato per anni e non si è più giovanissimi), ma in maniera lenta e graduale e solo se si smette definitivamente di fumare e si persevera nell’astinenza per un periodo abbastanza lungo per permettere al proprio fisico di riprendersi dalla tossicodipendenza a cui è stato esposto. Anche se i miglioramenti, seppur piccoli, sono già visibili dopo pochi giorni dopo aver smesso, io stesso ho iniziato a notare performance macroscopicamente migliori solo da relativamente poco tempo, ed ho smesso da ben 4 anni! Purtroppo il fumo lascia dei danni che il corpo impiega moltissimo tempo a riparare: lo sapete che dopo che si è smesso di fumare passano 10 anni prima che il rischio di sviluppare un tumore torni ad essere accostabile a chi non ha mai fumato? Questo perché un fisico “cronicamente intossicato” ha bisogno di molto tempo per tornare ad essere efficiente ed in salute come un fisico di un non fumatore ed anzi, per certi versi, non tornerà mai del tutto ad essere equiparabile ad una persona che non abbia mai fumato in vita sua: un “ex fumatore” ha mediamente performance minori di un “mai fumatore”, a parità di condizioni.

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“Sono giovane e fumo poco”

Se siete giovani e fumate poche sigarette, potreste effettivamente risentire in maniera minore della cattiva influenza del fumo. La performance sportiva peggiora in maniera esponenziale all’aumentare delle sigarette ed andando avanti con gli anni: maggiore è il numero di sigarette fumate e maggiore sarà la distanza tra la sua performance e quella di un fumatore di pari grado a partire dai 25 anni in poi; tale distanza aumenterà inoltre in modo esponenziale all’aumentare degli anni. In parole semplici: se iniziate a fumare a 20 anni il fumo rappresenta un handicap lieve per le vostre performance, se iniziate a fumare a 40 anni il fumo rappresenta un handicap più importante. Se poi iniziate a fumare a 20 anni e continuate per altri 20, il fumo a 40 anni rappresenterà un handicap ancora più importante, visto che i danni si accumulano e si sommano anno dopo anno. Il fatto che fumare a 20 anni impatti meno sulla performance, non deve essere però l’ennesima scusa: se fumate poche sigarette dovreste sapere che il fumo non è né una cattiva abitudine, né un vizio ma è una vera tossicodipendenza, farmacologicamente simile a quella di un eroinomane o un cocainomane e quindi come tale tende a far aumentare la dose di sostanza anelata dall’organismo: ciò significa che probabilmente tenderete a fumare sempre più sigarette negli anni. Infine se siete giovani e fumatori, tenete a mente che le vostre performance sportive (e la salute) di quando avrete 40 o 60 anni, sono influenzate da quello che state facendo ora che ne avete 15 o 20, anche se smettete di fumare a 30. Ne vale davvero la pena?

I 10 motivi per smettere

Tutti dovrebbero smettere di fumare, sportivi o non sportivi. Ma per voi che fate sport ed amate la ghisa ci sono 10 motivi “speciali” per farvi spegnere l’ultima sigaretta:

1) I fumatori hanno livelli più bassi di testosterone e più alti di estrogeno rispetto ai non fumatori.

2) La capacità polmonare ridotta può indurre ad un più piccolo volume di ossigeno di raggiungere gli alveoli, con conseguente scambio alterato di gas e meno ossigeno nel corpo.

3) Il monossido di carbonio introdotto tramite il fumo di sigaretta,  sottrae ossigeno al sangue, inducendo effetti negativi sui tessuti. Una volta inalato, infatti, si combina, a livello alveolare, con grandi quantità di emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno, riducendo l’ossigeno disponibile. Quest’ultimo è invece importante al muscolo per funzionare correttamente: il risultato è una diminuzione nella forza muscolare, specie negli esercizi di resistenza.

4) Il cuore di un fumatore deve pompare mediamente di più per fornire l’ossigeno necessario, rispetto ad un fumatore di pari forma. Ciò determina maggiore affaticamento nel fumatore. La nicotina stessa tende inoltre ad aumentare la frequenza cardiaca che è il contrario di quello che dovrebbe essere uno degli obiettivi di uno sportivo.

5) Sfruttando meno il metabolismo aerobico si deve ricorrere a quello anaerobico: da qui una precoce formazione dell’acido lattico con precoce e maggiore spossatezza. Il senso di affaticamento prodotto dal fumo di sigaretta, può portare a non riuscire a rispettare una routine di allenamento regolare e costante.

6) Gli effetti sulla prestazione sportiva del fumo sono stati calcolati da uno studio pubblicato nel 1988 da Preventive Medicine. Gli scienziati non ebbero dubbi: la resistenza alla corsa, ad esempio, è notevolmente inferiore nei fumatori rispetto ai non fumatori (per ogni sigaretta fumata il tempo per completare la corsa aumenta di 40 secondi, fumare 20 sigarette ogni giorno rende gli atleti più vecchi di 12 anni quanto a capacità atletiche). In altre parole, chi ha 30 anni e fuma, corre come una persona che ne ha 42.

7) Fumare nel lungo periodo aumenta il rischio di infortuni ed aumenta il tempo di guarigione delle ferite: i fumatori con fratture della tibia, ad esempio, hanno bisogno di 4 settimane in più rispetto ai non fumatori per guarire ed hanno un maggior rischio di mancata guarigione completa.

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Fumi subito dopo l’allenamento?

Fumare subito dopo l’allenamento è ancora più nocivo, perché:

1) Il fumo restringe i passaggi di aria nei polmoni e rende più difficile respirare. Dopo l’esercizio fisico, il corpo richiede più ossigeno possibile per recuperare e ricostruire i muscoli, ma il fumo compromette questo normale processo.

2) Fumare dopo lo sport aumenta i livelli di monossido di carbonio nel flusso sanguigno, e ciò può avere effetti negativi sulla funzione del cervello, privandolo dell’ossigeno necessario. Dopo l’allenamento, ci si sente esausti e disorientati, ed il fumo aumenta il rischio di avere vertigini e altri effetti indesiderati.

3) Dopo l’allenamento la frequenza cardiaca ha bisogno di ristabilirsi a livelli normali, se si fuma la nicotina agisce da stimolante e la frequenza cardiaca aumenta, invece di diminuire.

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I migliori prodotti per il fumatore che vuole smettere di fumare

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Femore rotto: tipi di frattura, sintomi, intervento, riabilitazione e conseguenze

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma FEMORE ROTTO TIPI FRATTURA INTERVENTO  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgIl femore è il più lungo osso del nostro corpo ed è dotato di una straordinaria resistenza, tuttavia la frattura del femore è un incidente molto diffuso, che colpisce principalmente gli anziani a causa dell’osteoporosi e di un’elevata fragilità ossea in seguito alla quale anche un trauma lieve può comportare una frattura. Per approfondire anatomia e fisiologia di questo importante osso umano, leggi anche: Femore: anatomia e funzioni in sintesi

Frattura di femore negli anziani
Nella mia esperienza la maggior parte degli anziani con frattura di femore che seguo nel percorso riabilitativo post intervento, riferisce che la frattura è stata causata da banali cadute, quasi sempre accadute durante lo svolgimento di normali attività quotidiane, come lavarsi, cucinare, pulire casa. La frattura del femore negli anziani non è affatto banale anzi il suo evento può configurare una vera e propria tragedia, immobilizzando a letto per lunghi periodi (anche mesi nei casi più gravi) dei soggetti già debilitati, frequentemente diabetici e cardiopatici e che spesso hanno poca voglia di collaborare con medici, OSS, infermieri e fisioterapisti durante il periodo riabilitativo a causa dei forti dolori e della debolezza muscolare. I pazienti anziani tendono a “lasciarsi andare” ed a voler rimanere a letto, con tutti i rischi connessi, come ad esempio decubiti (da cui il frequente uso di materassi antidecubito ad aria). Molto del mio lavoro in questo caso è spronare con motivazioni convincenti l’anziano affinché compia i suoi giornalieri esercizi riabilitativi. La stessa cosa devono fare i famigliari del paziente.

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Com’è fatto il femore?
Il femore è l’osso più grande dello scheletro umano. Esso è contenuto nella coscia ed è formato da una parte centrale “diafisi” e due “epifisi”: la prossimale e la distale. La prossimale con una testa rotonda che si innesta nell’acetabolo del bacino forma l’articolazione dell’anca, la distale con tibia e rotula forma l’articolazione del ginocchio.
La testa del femore è legata alla diafisi tramite il collo del femore che forma con la diafisi stessa un angolo di circa 125°. Come già detto la testa tonda del femore è inserita nell’acetabolo del bacino ed è mantenuta in posizione da una forte capsula articolare che si lega alla base del collo del femore. Detta capsula articolare è coadiuvata nei movimenti di estensione dell’articolazione da robusti legamenti e contiene al suo interno i vasi sanguigni che sovraintendono al nutrimento della testa del femore.
Lateralmente al collo il femore presenta inoltre due sporgenze il piccolo trocantere e il grande trocantere, dove si inseriscono i muscoli.

Cosa significa “frattura del femore”?
La frattura del femore è quell’evento nel quale – in seguito ad un trauma di varia natura – il femore perde la sua continuità e si divide in due o più pezzi o se semplicemente subisce una lesione.

Un evento diffuso e pericoloso
Come accennato all’inizio dell’articolo, la frattura del femore è un evento diffusissimo, specie tra gli anziani ed anche piuttosto grave: degli 80000 e più casi che in Italia si verificano ogni anno, 15000 hanno esito funesto, 35000 degenerano invalidità più o meno grave e di questi 15000 richiedono, successivamente, un’assistenza continua. Di tutti questi drammatici eventi circa il 75% interessa donne anziane, per le quali il tasso di mortalità per frattura femorale è pari se non superiore a quello per il cancro al seno.

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Prevenire le fratture di femore
Per ridurre il rischio di caduta occorre riconoscere le classi a rischio (anziani e in particolare le donne), i fattori di rischio e intervenire su questi ultimi con interventi multifattoriali. I principali fattori di rischio per le fratture di femore sono:

  • età avanzata;
  • sesso femminile;
  • osteoporosi;
  • storia di precedenti cadute;
  • terapia con farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale;
  • difficoltà motorie e paura di cadere;
  • alterazione della vista.

La prevenzione dell’osteoporosi prevede invece misure non farmacologiche e farmacologiche. Gli interventi non farmacologici, fondamentali, sono: l’attività fisica ed una adeguata alimentazione. L’esercizio fisico anche moderato deve essere incoraggiato, specie nell’anziano, per mantenere una buona tonicità muscolare e una corretta coordinazione dei movimenti; la dieta deve essere adeguata, specie nell’apporto di calcio.

Classificazione delle fratture di femore
La frattura del femore, come ogni altra frattura, può essere di vari tipi:

  • Composta se in seguito al trauma l’osso conserva il suo naturale allineamento.
  • Scomposta se i tronconi dell’osso si allontanano dal consueto allineamento.
  • Una frattura scomposta del femore può essere esposta se uno o più frammenti ossei bucano muscoli e cute e fuoriescono.

A seconda del numero di interruzioni, la frattura può classificarsi in:

  • unifocale se vi è una sola rima (sede) di frattura
  • bifocale, se vi sono due rime
  • pluriframmentata se vi sono più rime di frattura.

In base alla sede anatomica si suddividono le fratture del femore in:

  • fratture della diafisi (parte centrale del femore)
  • fratture dell’epifisi prossimale o distale

Le fratture prossimali o distali possono a loro volta dividersi in

  • extra articolari o laterali se avvengono all’esterno della articolazione e che possono la base del collo, il grande trocanterio o il piccolo trocanterio (fratture trocanteriche).
  • intra articolari o mediali se avvengono all’interno dell’articolazione e che possono interessare il collo e la testa del femore. Le fratture infra articolari sono quelle più pericolose perché danneggiano i vasi sanguigni che sono deputati alla vascolarizzazione dell’articolazione e se tale danno non viene curato in maniera adeguata può procurare necrosi del tessuto osseo.
  • Se la frattura si localizza subito al di sotto della testa sferica dell’osso è detta sotto capitata.

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Quali sono i sintomi di una frattura di femore?
La frattura del femore ha una sintomatologia che varia in funzione delle tipologie sopra elencate, tuttavia vi sono dei sintomi comuni quali:

  • il dolore circoscritto
  • tumefazione e gonfiore
  • impossibilità di muovere l’arto e di stare in piedi.

Le fratture chiuse (in cui la cute non è lacerata) può verificarsi un sanguinamento interno che provoca un’ecchimosi viola nerastra (livido).

Quali sono le cause di frattura di femore?
In pazienti giovani ed in buona salute la frattura scomposta del femore è un evento molto raro conseguente a violentissimi traumi come può essere un incidente stradale o una rovinosa caduta di alcuni sportivi soprattutto ciclisti o sciatori di fondo. Purtroppo il discorso è totalmente diverso in caso di frattura del femore negli anziani che può essere anche conseguenza di un incidente lieve. Le cause di ciò possono essere varie:

  • mancanza di riflessi e tono muscolare dovuti al declino psicofisico legato all’età,
  • ambiente domestico non adatto alle persone di età avanzata,
  • capogiri o malesseri passeggeri,
  • alcuni farmaci quali analgesici antidepressivi e diuretici,
  • osteoporosi, malattia per cui si modifica la micro architettura delle ossa che in seguito a tale cambiamento vengono ad avere una densità più bassa (aumento della porosità),
  • cali di pressione,
  • problemi visivi.

Giovani ed anziani possono, inoltre, essere soggetti a fratture patologiche del femore, ovvero a fratture che possono verificarsi anche in assenza di trauma, causate da patologie che indeboliscono lo scheletro tra cui:

  • Infezioni, quali artriti o osteomielite (infiammazione del tessuto osseo dovuta a batteri),
  • tumori ossei o metastatici,
  • anoressia: la cattiva nutrizione, infatti provoca precoce osteoporosi e decalcificazione delle ossa,
  • iperparatiroidismo: disfunzione delle ghiandole paratiroidi che provoca una diminuzione dell’ormone paratormone deputato alla regolazione del calcio corporeo,
  • osteomalacia: patologia metabolica che causa fragilità ossea.

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Terapia delle fratture di femore
La diagnosi di una frattura del femore è alquanto facile. Comunque l’esame radiografico evidenzia chiaramente la frattura ed il conseguente stato dell’allineamento dei tronconi ossei. La miglior terapia possibile per la cura di fratture del femore è la riduzione con intervento chirurgico. Solo nei casi in cui complicanze di carattere internistico rendano impossibile l’intervento allora si procede all’immobilizzazione. Ma i progressi delle tecniche di anestesia hanno reso ormai possibile interventi su pazienti di 90/95 anni di età.

Riduzione della frattura di femore con intervento chirurgico
L’intervento (da praticarsi nelle 24/48 ore successive) non solo è consigliato ma è obbligatorio per un decorso privo di pericolose complicazione e per una completa riabilitazione funzionale. L’intervento varia al variare del punto di frattura e dell’età del paziente e può comportare l’utilizzo di perni, placche, protesi parziali o addirittura totali. Se il paziente ha più di 65 anni si preferisce impiantare una protesi completa dell’anca allo scopo di poterlo mettere in condizione di camminare nel più breve tempo possibile per evitare complicanze dovute a trombosi o embolie. Nel caso di pazienti più giovani e con una lunga aspettativa di vita l’intervento mira alla osteosintesi ovvero alla formazione del callo osseo, rimettendo in contatto le pari ossee con applicazioni di chiodi e placche. Una tecnica moderna nota come chiodo gamma, una protesi composta da un chiodo che va inserito nell’osso lungo e una vite che va inserita nel collo del femore, consente la ripresa funzionale subito dopo l’intervento.

Riabilitazione dopo una frattura di femore
Come si fa una corretta riabilitazione dopo una frattura di femore trattata chirurgicamente? Come controllare il dolore ed evitare i fenomeni trombotici tipici? Per rispondere a queste domande, leggi: Femore rotto: riabilitazione, profilassi antitrombotica e controllo del dolore

Conseguenze a breve e lungo termine delle fratture di femore
Quali sono le conseguenze di una frattura di femore? A tale proposito leggi anche: Fratture di femore: conseguenze a breve e lungo termine

I migliori prodotti per la cura delle ossa e dei dolori articolari 
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Before & after gym: come la palestra cambia il corpo della donna

L’attività fisica costante, unita ad una adeguata alimentazione, possono letteralmente trasformare un corpo: ecco oggi una carrellata di immagini che lo provano!

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Correre fa ingrassare? Gli errori da evitare

MEDICINA ONLINE TOM TOM RUNNER CARDIO CORRERE CORRIDORE CORSA APERTO TAPIS ROULANT MAGNETICO DIFFERENZE DIETA DIMAGRIRE AEROBICA GRASSO BRUCIARE MINUTI CALORIE SALITA BOSCO CITTA SMOG WALa convinzione di moltissimi appassionati di corsa, almeno di quelli meno esperti, è che correndo sia automatico per loro perdere peso: quindi è normale che poi rimangano delusi se ciò non avviene. Questo può dipendere dallo stile di corsa: se le uscite sono frequenti e di lunga durata, il runner deve prevedere variazioni di ritmo o di pendenza, intervallando corsa in piano con corsa in salita oppure variando di frequente la velocità. Non è comunque l’unico fattore che influisce sul peso corporeo del runner: molto importante è anche abbinare alla corsa un regime alimentare equilibrato e vario.

Ci sono alcuni errori che il runner deve evitare se vuole mantenere una buona linea. Per iniziare, è bene che i pasti siano distribuiti durante il giorno: mangiare tanto a cena, ad esempio, significa assicurarsi energia in eccesso, poiché il dispendio in quel particolare momento della giornata è più basso. Il rischio è quindi quello di accumulare depositi adiposi. Altrettanto sbagliato è eccedere in quantità dopo una seduta di allenamento o una competizione: se è vero che l’organismo deve essere aiutato a recuperare le energie spese, è anche vero che l’apporto calorico deve essere commisurato all’effettivo dispendio energetico.

Bisogna poi fare attenzione a stimare con precisione il proprio fabbisogno energetico: nel calcolarlo, si deve tenere conto non soltanto dell’attività fisica giornaliera ma anche del cosiddetto metabolismo basale, definito come il dispendio energetico di un organismo a riposo e comprende l’energia necessaria per le funzioni metaboliche vitali. Quando possibile, è meglio evitare il riferimento a tabelle generiche e consultare uno specialista.
È bene poi che il runner riduca drasticamente il consumo di bevande gassate e alcoliche, che per il loro contenuto di zuccheri semplici aumentano la glicemia. È bene inoltre evitare gli snack, che non saziano e hanno un notevole apporto calorico, per via dei grassi saturi funzionali alla loro preparazione e conservazione.

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Perché vengono i crampi? Cosa sono, come prevenirli e come farli passare?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO SPORT CORSA PALESTRA GINNASTICA ALLENAMENTO PESI MUSCOLI RUNNER JOGGING CORRIDORE ATLETA SPORTIVO (3)Tutti ne abbiamo sofferto almeno una volta nella vita, soprattutto se siamo molto pigri (e all’improvviso vogliamo “strafare” in palestra) ma anche all’opposto, se facciamo molta attività fisica. E’ un dolore considerato quasi banale, eppure è intensissimo, tende ad aumentare se non si interviene e ci obbliga ad interrompere quello che stiamo facendo per trovare sollievo; ciò può essere particolarmente pericoloso se il crampo ci colpisce agli arti inferiori mentre stiamo nuotando. Ma vi siete mai chiesti cos’è realmente un crampo? Per crampo si intende uno spasmo involontario della muscolatura striata, che insorge in modo repentino e doloroso presentandosi come una fitta acuta. E’ fondamentalmente una “potente contrazione involontaria della muscolatura volontaria”.

Perché vengono i crampi?

L’insorgenza dei crampi è dovuta a varie cause non ancora del tutto chiarite. Durante il crampo la membrana della fibra muscolare conduce dei potenziali d’azione a frequenze altissime in assenza di stimoli nervosi. Questo fenomeno sembra essere causato da una variazione della permeabilità di membrana, a sua volta probabilmente legata a modificazioni della concentrazione ionica dei liquidi tissutali. Ecco perché la sudorazione può provocare i crampi: perdere sudore determina disidratazione e perdita di sali minerali. Variazioni locali del pH possono avere lo stesso effetto. Anche problemi di circolazione possono portare ad un aumentato rischio di crampi.

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Crampi ed acido lattico: qual è il rapporto?

Di fatto i crampi possono insorgere indipendentemente dall’esercizio fisico intenso caratterizzato da accumulo di acido lattico nel torrente ematico, come conseguenza di un danno fisico o chimico a carico del sarcolemma, di stimoli irritativi sul motoneurone, o dell’azione di diversi farmaci. II ruolo dell’acido lattico nel produrre il crampo rimane tuttora non bene chiarito.

Quando vengono i crampi?

Generalmente i crampi insorgono durante l’attività sportiva particolarmente intensa o in condizioni climatiche caldo-umide.

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Chi viene colpito di più dai crampi?

La comparsa dei crampi può verificarsi in atleti professionisti durante sforzo prolungato (come succede ad esempio nei tempi supplementari delle partite di calcio) anche se è molto più frequente nei soggetti meno allenati o comunque meno predisposti a impegni muscolari molto intensi. Nei più pigri i crampi possono insorgere anche a riposo. I soggetti maggiormente a “rischio” di crampi improvvisi, sono quelli in soprappeso e le persone poco allenate che “improvvisano” programmi di allenamento senza andare per gradi e sottoponendosi a sforzi eccessivi. Convivono con i crampi specie quei soggetti che – per problemi di circolazione, o per un respiro molto frequente (ventilazione inadeguata) – determinano nel proprio corpo un impoverimento di ossigeno a livello dei tessuti.

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Quali sono le cause dei crampi?

1) Sudorazione. Come prima accennato l’eccessiva sudorazione provoca un’alterazione che fa contrarre il muscolo in modo anomalo;

2) Circolazione. Una scarsa circolazione sanguigna fa sì che si verifichino durante la notte, quando la temperatura del corpo si abbassa; anche le condizioni climatiche possono “contribuire” a questa situazione perché il freddo (specie di notte) è un vasocostrittore e agisce sulla circolazione del sangue, rallentandola;

3) Posizione. Quando si assume una posizione non naturale, la circolazione è ostacolata e possono insorgere contrazioni muscolari anomale;

4) Farmaci. I diuretici possono contribuire alla comparsa dei crampi e questo fenomeno rientra negli effetti collaterali del farmaco assunto; anche gli agonisti beta-2 (salmeterolo e salbutamolo) usati per il trattamento dell’asma possono aumentare le possibilità di insorgenza di crampi;

5) Fatica. Gli atleti e tutti coloro che praticano discipline sportive, durante i loro allenamenti, sono “soggetti” alla fatica e quando questa risulta esagerata rispetto al grado di allenamento personale (ciò riguarda soprattutto gli amatori), si creano alterazioni biochimiche e di conseguenza spasmi e contrazioni;

6) Patologie neurovegetative.

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Come prevenire i crampi?

Se possibile praticare attività fisica in ambienti freschi e asciutti dove il normale processo fisiologico della sudorazione non è accelerato dal fattore clima. Abbinare alla pratica sportiva, ma anche alla vita di tutti i giorni, un adeguato reintegro di liquidi e sali minerali, con cibi e bevande che contengano le giuste quantità di sodio, magnesio, calcio e potassio. Evitare di praticare attività fisica subito dopo aver mangiato. La digestione utilizza grandi quantitativi di sangue in circolo sottraendolo, nel momento dell’attività fisica, al tessuto muscolare.

Cosa fare per far passare il dolore quando insorge il crampo?

Se il crampo ha colpito il piede occorrerà tirare con delicatezza l’alluce verso il corpo, piegando contemporaneamente il piede in avanti e indietro. Se invece è il polpaccio a soffrire, l’unico rimedio è mettersi in piedi e poggiare con tutto il peso del corpo sulla zona non “colpita”. Infine, se il crampo riguarda l’atteggiamento più corretto è quello di sdraiarsi massaggiando vigorosamente tutta la zona dolente. È importante massaggiare la parte dolente, riscaldandola (non utilizzare il ghiaccio, molto indicato invece per le contratture). Dopo aver massaggiato la parte colpita, si dovrà immergerla in acqua calda. Se il dolore persiste è utile anche l’applicazione locale di pomate antinfiammatorie.

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Come riconoscere un crampo da una contrattura?

Come abbiamo appena visto, è importante capire subito se il dolore è causato da un crampo o da una contrattura, visto che nel primo caso è importante riscaldare la parte, mentre nel secondo raffreddarla con ghiaccio. La diagnosi esatta viene fatta in base al dolore: nel caso di contrattura il soggetto a riposo non avverte dolore, al massimo un leggero fastidio, mentre nel caso di crampo, anche se si interrompe immediatamente l’attività sportiva che sta svolgendo, il dolore rimane molto intenso e, se non si interviene, tende addirittura ad aumentare.

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Si possono “curare” definitivamente i crampi?

In soggetti sani non esistono cure contro i crampi che si manifestano generalmente con una certa regolarità in occasione di sforzi fisici prolungati. Il fatto che questo fenomeno tenda a ripetersi, indica che la causa non è da ricercare nello squilibrio chimico legato alla sudorazione perché in genere il fenomeno si verifica anche in condizioni climatiche normali. Non è utile assumere sali minerali in maniera esagerata, nella speranza di “evitare” il crampo, occorre piuttosto “modulare” il tipo di allenamento in base alla competizione che si vuole affrontare, perché, come detto sopra, questa patologia, colpisce in maggior misura, coloro che “vantano” uno scarso allenamento.

Quali sono i cibi e le bevande consigliate per prevenire e “curare” i crampi?

Alcuni cibi possono ridurre il rischio di crampi, in virtù dell’alto contenuto di sali minerali e vitamine: verdure a foglia verde scura, banane, latte, formaggio, yogurt, pesce, broccoli, sesamo, uova, fegato.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Quali sport sono “migliori” per i bambini? Meglio uno sport singolo o di squadra?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO CALCIPO BAMBINO SPORTUna attività sportiva equilibrata, associata ad una buona alimentazione e svolta fin dalla giovane età, forgerà degli adulti più sani ed in forma, per questo al più presto il bimbo dovrà essere indirizzato, dai propri genitori, verso una attività sportiva idonea al suo carattere ed i suoi gusti.
In questo articolo avevamo già affrontato un argomento molto importante: Fare palestra da giovani blocca la crescita? Oggi voglio continuare a trattare di “piccoli atleti” cercando di capire quali sport sono i più adatti per i bambini.

A che età i bambini possono iniziare sport?

I miei pazienti mi chiedono spesso a quale età il bimbo può iniziare a fare una attività sportiva. Ovviamente dipende molto dal bambino e da sue eventuali patologie, tuttavia una indicazione di massima può essere un limite di tre anni di età, anche se per alcuni bimbi il limite può essere esteso ai cinque anni di età. Importante il parere del vostro pediatra di fiducia che conosce lo stato di salute e vi saprà indirizzare nella giusta età di inizio. Certamente questo limite non impedisce al bimbo inferiore all’età limite, di fare movimento, anzi: qualsiasi bambino deve essere spinto ad attività ricreative – specie all’aperto – che lo tengano da subito in forma. Purtroppo i bimbi italiani non sono troppo sani in questo senso, senza contare che un bambino obeso tende ad essere deriso dai compagni ed isolato con relativi problemi a livello psicologico.

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Quali sport sono “migliori” tra 3/5 anni ed 8 anni?

Equitazione (con pony), calcio (dai 6/7 anni come tutti gli sport di squadra), danza, ciclismo, judo/karate (dai 7/8 anni), pattinaggio su ghiaccio, ginnastica artistica. Il mio preferito in assoluto è il nuoto. Quest’ultimo meraviglioso sport può essere “praticato” addirittura da bimbi di nove mesi: non potete neanche immaginare quanto i bimbi così piccoli si sentano a loro agio nell’acqua!

Il mio sport preferito per bambini (ed adulti)

Il nuoto merita un approfondimento particolare. E’ importantissimo per migliorare i riflessi, la coordinazione e la sicurezza del bimbo. E’ uno sport “simmetrico” quindi rappresenta anche un ottimo sport “secondario” per integrare sport asimmetrici come tennis o scherma. ll nuoto è anche un’attività che non dà carichi sull’apparato locomotore, perché l’acqua toglie l’effetto peso e comporta bassi rischi di traumi. Ultimo, ma non per importanza, il nuoto è utile anche ai fini della sicurezza: secondo i dati della Federazione Italiana Nuoto, negli ultimi 20 anni gli incidenti mortali in acque libere sono scesi del 70% proprio grazie alle attività della scuola nuoto.

Il ciclismo

Può essere iniziato intorno ai 4/5 anni. Aiuta a migliorare l’autostima, la fiducia in se stessi, l’equilibrio, la capacità di risolvere situazioni nuove e affrontare problemi. Si tratta di uno sport asimmetrico che ovviamente predilige gli arti inferiori, però insegna ad usare tutto il corpo per stare in equilibrio e coordinare i movimenti. Il ciclismo aiuta il bimbo ad imparare a rispettare la strada e le sue regole della strada. Attenzione alla postura ottimale della schiena e all’uso di una bici adatta al bimbo.

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Karate e judo

Soprattutto il karate, richiede una coordinazione neuromotoria che al di sotto di una certa età è poco sviluppata. La pratica delle arti marziali (in particolare del judo), inoltre, necessita di una certa forza, che comincia a svilupparsi solo verso i 7/8 anni, per poi completarsi negli anni successivi. Sono sport utili sia ai bambini più timidi e insicuri perché infondono fiducia nelle proprie capacità, sia a quelli più vivaci perché insegnano a controllare la propria aggressività. L’attività agonistica è indicata per il karate da 11 anni, per il judo da 14 anni.

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Quali sport sono “migliori” tra 8 e 12 anni?

Oltre a quelli già visti nel precedente paragrafo, si aggiungono i seguenti sport: canottaggio, sci, basket, tennis, nuoto sincronizzato, ping pong, atletica leggera, pallamano, pallanuoto, pallavolo, scherma.

Tennis e scherma

Sono sport che richiedono certe capacità “tattiche” che il bambino piccolo non possiede ancora. Inoltre, sono sport asimmetrici, perché fanno lavorare solo alcune parti del corpo, in particolare uno degli arti superiori. I corsi possono iniziare a 8 anni ma in questo caso più che mai è fondamentale che si faccia prima della preparazione generica in modo da riequilibrare la simmetria dell’allenamento e poi si apprenda la tecnica. Si tratta poi di due sport che divertono e appassionano, ma sviluppano molto concentrazione e disciplina. L’attività agonistica per il tennis è consigliata da 10 anni, per la scherma da 8 anni.

Meglio sport singolo o di squadra?

Questo ovviamente dipende dal carattere del bambino. Se il giovane atleta è molto competitivo potrebbe trovare più interessanti quegli sport dove “combatte” da solo contro gli altri, come ad esempio il nuoto o il tennis (dove comunque c’è la possibilità di giocare in team con staffette e doppi); invece se il bambino è molto socievole, troverà più divertenti i giochi di squadra come il calcio o la pallavolo (dove ha comunque la possibilità di primeggiare come singolo). E’ preferibile iniziare una attività di squadra dai 6/7 anni in poi.

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Sport e bambini “particolari”

Lo sport ha anche la capacità di aiutare bambini con problemi di socializzazione: ad un bambino solitario, timido, che tende ad isolarsi, potrebbe giovare moltissimo uno sport di squadra, possibilmente all’aria aperta. Ad un bambino con deficit di attenzione proporrei uno sport dove è importante la disciplina mentale oltre che fisica, come il judo o il karate. In caso di bambino con ritardo mentale trovo ottimo uno sport come l’equitazione.

Cosa NON deve fare mai un genitore con un bambino che fa sport?

La prima cosa è non forzare mai un bambino ad uno sport solo perché piace a voi genitori: dopo averlo iscritto ad un corso, chiedetegli sempre se quello sport lo diverte davvero o se ci va solo perché è costretto da voi genitori: in quest’ultimo caso non dovete costringerlo. Importantissimo poi evitare di spingere il bambino ad atteggiamenti troppo competitivi, trasferendo su di lui aspettative di successo che sono proprie dei genitori: può darsi che lui preferisca diventare un bravo chitarrista all’essere un campione di calcio!

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Giocare a calcio diminuisce il rischio di impotenza ed eiaculazione precoce

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO CALCIO SPORTGiocare a pallone per 45 minuti due o tre volte a settimana riduce del 40% il rischio di disturbi sessuali come disfunzione erettile ed eiaculazione precoce. Lo dimostrano i dati della SIA (la Società Italiana di Andrologia) raccolti dal 1998 al 2010 relativamente a 15.000 ragazzi dai 18 ai 20 anni: la pratica del calcio si associa ad un minore rischio di disfunzioni sessuali. Gli effetti positivi si riscontrano anche negli adulti, anche over 65, che vedono aumentare fino al 18% la capacità cardio-respiratoria.

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La rivincita dei pigri: chi fa troppo esercizio fisico sta male come chi è sedentario

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO YOGA RELAX MEDITAZIONE DONNA TRANQUILLITA MENTE RILASSAMENTO PALESTRA ESERCIZIO PESI MUSCOLI STRETCHING CORSA RUNNING NATURA CORREREFate lunghissime sessioni di corsa pensando di fare qualcosa di buono per la vostra salute? Forse vi state sbagliando! Uno studio del Frederiksberg Hospital di Copenhagen ha confermato una tesi che a qualcuno sembrerebbe quasi ovvia: i ricercatori danesi hanno scoperto che per fare del bene al nostro corpo, serve una moderata quantità di esercizio fisico, evitando gli eccessi. Per arrivare a queste conclusioni, pubblicate sul Journal of American College of Cardiology, i ricercatori hanno esaminato 5.048 soggetti sani che hanno preso parte al Copenhagen City Heart Study e scoperto che chi fa jogging intenso ha le stesse probabilità di morire di chi è sedentario, mentre la pratica della corsa moderata è risultata associata a una mortalità più bassa e una frequenza cardiaca migliore.

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