BRCA: il “gene Jolie” non aumenta la mortalità per il tumore al seno

MEDICINA ONLINE MAMMELLA SENO PETTO DONNA QUADRANTI Q1 Q2 Q3 Q4 FEMMINA FEMMINILE MASCHILE CAPEZZOLO AREOLA MUSCOLI PETTORALI CASSA TORACICA DOTTI GALATTOFORI INTROFLESSO PAGET TESSUTO ADIPOSO ECOGRAFIA MAMMOGRAFIAI BRCA (Breast Related Cancer Antigens) 1 e 2, sono due geni che intervengono nel controllo del ciclo cellulare e codificano per la “proteina per la suscettibilità al carcinoma mammario”. Una loro mutazione aumenta di circa 8 volte il rischio di cancro alla mammella. I BRCA sono diventati “famosi” presso il grande pubblico nel 2013 per via della doppia mastectomia a cui si è sottoposta la famosa attrice statunitense Angelina Jolie. L’attrice ha infatti dichiarato di avere la mutazione del gene BRCA1 e secondo i medici aveva l’87% di rischio di sviluppare il cancro alla mammella e il 50% di rischio di sviluppare il cancro alle ovaie, dato che la madre, la nonna e la zia erano morte per la stessa causa e che ora, grazie all’asportazione delle mammelle, le probabilità sono calate al 5%.

Un nuovo studio

Un nuovo studio sembra però confermare che mutazione del BRCA, ormai soprannominato “gene Jolie”, non è la condanna a morte che prima si pensava, dato che se si ha un tumore al seno le probabilità di sopravvivenza sono le stesse rispetto alle pazienti che non hanno il DNA mutato. Lo studio è stato eseguito dall’università di Southampton e pubblicato dalla rivista Lancet Oncology, che ha anche trovato che la mastectomia dopo la diagnosi non ha effetti sulla speranza di sopravvivenza.

Mortalità uguale

Lo studio ha esaminato i dati di 2733 donne tra i 18 e i 40 anni che avevano avuto una diagnosi di tumore al seno, di cui il 12% aveva la mutazione. A dieci anni dalla diagnosi non erano sopravvissute al cancro 651 donne, e la mortalità è risultata uguale in entrambi i gruppi. Un terzo delle donne con la mutazione aveva optato per la doppia mastectomia, sottolineano gli autori, ma questo tipo di intervento non ha cambiato la probabilità di sopravvivenza. “Questo ci dice che l’intervento radicale non deve essere fatto subito, insieme agli altri trattamenti – sottolinea alla BBC Diane Eccles, l’autore principale -, anche se probabilmente la mastectomia può dare benefici a lungo termine, venti o trent’anni dopo la diagnosi iniziale”.

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Sindrome di Beals e padiglione auricolare “accartocciato”: sintomi e cure

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Micrognazia: la mandibola è di dimensioni ridotte

La sindrome di Beals (anche chiamata sindrome di Beals-Hecht artrogriposi distale tipo 9 aracnodattilia contrattuale congenita) è rara una sindrome che interessa il tessuto connettivo, caratterizzata da contratture multiple in flessione, aracnodattilia, cifoscoliosi grave, padiglioni auricolari abnormi e ipoplasia muscolare. Ricorda per molti versi Continua a leggere

Aracnodattilia, segno del pollice e del polso, Sindrome di Marfan e di Beals

MEDICINA ONLINE ARACNODATTILIA MANO DITA SCHELETRO RAGNO SEGNO DEL POLLICE SEGNO DEL POLSO SINDROME DI MARFAN DI BEALS SEMEIOTICA MEDICA DITA LUNGHE.jpgCon “aracnodattilia” (“dita a ragno”) si intende una deformità dello scheletro delle mani caratterizzata da dita affusolate e sproporzionatamente allungate rispetto al palmo della mano o alla pianta del piede. Queste estremità possono risultare, inoltre, insolitamente flessibili, similmente alle zampe di un ragno, motivo per cui questa patologia è così chiamata. Costituisce uno dei sintomi della Sindrome di Marfan ed è caratterizzata dal “segno del pollice” e dal “segno del polso”. L’aracnodattilia può essere congenita e svilupparsi nel contesto di diverse malattie genetiche. Altre persone possono manifestare questo allungamento patologico delle dita delle mani e dei piedi nel tempo, durante l’infanzia o l’età adulta.

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Cos’è il “segno del pollice”?

L’aracnodattilia si riconosce per la positività del “segno del pollice”, che consiste nel far chiudere il pugno con all’interno il pollice: se si osserva la protrusione della falange distale dello stesso dito, oltre il bordo ulnare, allora il segno del pollice è detto “positivo” ed indica la presenza di aracnodattilia (vedi foto in alto a sinistra).

Cos’è il “segno del polso”?

Altro esame utile nella valutazione della patologia in questione, è il “segno del polso”: se le falangi distali di pollice e mignolo si sovrappongono, quando poste a cingere il polso, il segno del polso è “positivo” ed indica aracnodattilia (vedi foto in alto a destra).

Patologie in cui è presente l’aracnodattilia

L’aracnodattilia costituisce tipicamente un sintomo della Sindrome di Marfan, dipendendo da un’alterazione nel metabolismo del collagene. Questa deformità rientra però anche tra le anomalie che si possono riscontrare nell’omocisteinuria e nella Sindrome di Beals (malattia del tessuto connettivo che si presenta in modo simile alla Sindrome di Marfan). In qualche caso, però, l’aracnodattilia può presentarsi in assenza di una malattia di base.

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Potremo decidere altezza, colore degli occhi e quoziente intellettivo di nostro figlio?

MEDICINA ONLINE LABORATORIO MICROSCOPIO ANATOMO PATOLOGO AGO ASPIRATO BIOPSIA CHIRURGICA CITOLOGIA ISTOLOGIA ESAME ISTOLOGICO LINFONODO LAB CHIMICA FISICA SANGUE ANALISI FECI URINA GLICEMIA AZOTEMIA DENSITA CHEMISTRYIl momento in cui sarà possibile scegliere l’altezza, il colore degli occhi o il quoziente intellettivo di un figlio è davvero molto vicino, almeno in base ad un articolo pubblicato sulla rivista del MIT, Technology Review, in cui viene citata una compagnia statunitense che pianifica di fornire una analisi genetica preimpianto sugli embrioni che vada oltre le malattie.

Il servizio offerto dalla “Genomic Prediction“, questo il nome della compagnia, si fonda su un combinazione di modelli matematici e di test del DNA sviluppati dalla compagnia, che dà vita a un ‘punteggio statistico’ che indica la probabilità che l’embrione possa avere malattie complesse, come il diabete di tipo 1, la schizofrenia o l’osteoporosi. Finora questa diagnosi preimpianto viene fatta invece su malattie come la fibrosi cistica che dipendono da un singolo gene, per cui si ha una certezza e non una probabilità, ma in futuro le possibilità saranno senza dubbio aumentate.

Laurent Tellier della Genomic Prediction: “Crediamo che test come il nostro diventeranno una parte integrante della fecondazione assistita, così come quello per la sindrome di Down sia uno standard per la gravidanza”. Dalle malattie ad altre caratteristiche, come l’intelligenza o l’altezza, il passo potrebbe essere molto breve.

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Perché il cuore si trova a sinistra e non a destra nel torace?

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO TORACE AORTA VENA ARTERIA.jpgImpariamo da bambini che il il cuore si trova a sinistra nel nostro petto, ma vi siete mai chiesto il perché di questa posizione? Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Neuroscienze di Alicante ha provato a dare una risposta a questa domanda, grazie ad una ricerca pubblicata su Nature.

Sulla ricerca si legge: “All’inizio dello sviluppo dell’embrione, tutti gli organi si trovano nella linea mediana del corpo, in alcuni invertebrati restano lì anche in seguito, quando l’individuo è adulto, mentre in altri, come l’essere umana, vengono distribuiti in luoghi diversi del corpo: il fegato a destra, ad esempio, e la milza o il cuore a sinistra” E proprio su questo spostamento si sono concentrati gli scienziati spagnoli. Ad oggi, l’opinione più diffusa era che ci fossero una serie di segnali nel lato sinistro dell’embrione che portavano a questa asimmetria, ma — come spiega al Pais Angela Nieto, a capo della ricerca — “abbiamo scoperto che esiste un ulteriore meccanismo: ci sono geni che si esprimono di più nel lato destro, e che spingono quindi il cuore verso la parte opposta. Annullando la funzione di questi geni in tutte e tre gli animali il cuore rimaneva al centro del corpo”.

Lo spostamento del cuore sul lato sinistro è quindi dovuto ad un controllo genetico della posizione dell’organo nel torace. Per approfondire, vi invitiamo a leggere l’articolo su Nature seguendo questo link.

Il cuore non è sempre posizionato a sinistra. Per approfondire, leggi questo articolo: Destrocardia, dexiocardia, cuore speculare, destroversione e destroposizione

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Le 10 malattie genetiche più diffuse al mondo

SINDROME DI BLOOM CAUSE SINTOMI DIAGNOSI TERAPIA GENETICA FOTO IMMAGINI DNA MALATTIA

Giovane con eritema teleangiectasico del volto dovuta a sindrome di Bloom

Con “malattia genetica” in medicina si intende un sottotipo di malattia, generalmente rara o molto rara, causata da una o più anomalie del Continua a leggere

Fibrosi cistica polmonare: cos’è, sintomi in neonati e bambini, cure

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Differenza tra maculopatia e retinite pigmentosa

MEDICINA ONLINE OCCHIO EYE MIOPIA ASTIGMATISMO IPERMETROPIA PRESBIOPIA VISTA VEDERE DIOTTRIA CONI BASTONCELLI CERVELLO SENSOLa maculopatia, o degenerazione maculare, è un termine che racchiude diverse patologie degenerative che danneggiano progressivamente la macula, cioè la zona più ricca di fotorecettori che si trova al centro della retina e che permette di distinguere i dettagli più fini delle immagini. Le parti più esterne della retina ci permettono invece di vedere tutto ciò che si trova intorno al punto che stiamo fissando. Per questo motivo, anche nei casi più gravi, la degenerazione maculare non provoca cecità totale perché la visione periferica e laterale viene conservata. La maculopatia può essere principalmente di due tipi: “secco” od “umido”.

Con il termine retinite pigmentosa si indica un gruppo di patologie ereditarie della retina che provocano una perdita progressiva della visione notturna e del campo visivo periferico, e che sono caratterizzate nella maggioranza dei casi dalla migrazione di pigmento nella neuroretina, attenuazione dei vasi sanguigni retinici e pallore del disco ottico. In molti casi vi è una perdita dell’acutezza visiva, che può condurre all’ipovisione e progredire fino alla cecità. La diagnosi deve essere sempre confermata da un elettroretinogramma anormale od estinto. I recenti risultati degli studi di genetica molecolare sulla RP hanno dimostrato che esiste un comune meccanismo patogenetico, la degenerazione primitiva dei fotorecettori, che avviene sulla base di mutazioni di alcune delle proteine che costituiscono il ciclo della visione.
Vengono differenziate le retiniti pigmentose in cui la malattia retinica è unica manifestazione, dalle retiniti pigmentose associate ad alterazioni di altri apparati, o sindromiche. Esistono inoltre delle forme non genetiche di degenerazione retinica molto simili alla RP che insorgono nei soggetti predisposti in seguito ad alcune infezioni (sifilide, morbillo), all’introduzione di farmaci retinotossici (clorochina, tioridazina, cloropromazina, indometacina, tamoxifen), od a traumi oculari, le quali vengono denominate pseudo-retiniti pigmentose.
Non sono da includere, invece, nel gruppo della RP le malattie che pur avendo un meccanismo patogenetico analogo non provocano la degenerazione dei fotorecettori e quindi la cecità, e non hanno carattere progressivo, come l’emeralopia congenita stazionaria, e le distrofie maculari ereditarie, che meritano una classificazione a parte.
Negli ultimi anni il progresso delle conoscenze in campo genetico ha permesso di intravedere nuove possibilità di prevenzione e cura delle malattie ereditarie, e quindi l’attività di studio si sta indirizzando alla comprensione dei meccanismi genetici che provocano tali degenerazioni retiniche. Infatti l’identificazione del gene/i responsabili della malattia rende possibile la effettuazione di programmi di prevenzione attraverso l’identificazione dei portatori e costituisce la premessa per una futura terapia genica, ossia per la correzione del materiale genetico alterato.

Differenti sintomi
I sintomi iniziali della maculopatia consistono in annebbiamento e distorsione delle immagini nel centro del campo visivo, con zone periferiche conservate. Con il progredire della degenerazione maculare la perdita della visione centrale diventa completa, e può portare all’impossibilità di leggere e distinguere i piccoli dettagli nel punto in cui si fissa lo sguardo. La maculopatia non causa dolore. Chi è affetto da patologia maculare accusa una perdita di visione al centro del campo visivo (scotoma positivo), da non confondere con la visione di una macchia nera nella zona centrale del campo visivo (scotoma negativo), come denunciato da pazienti colpiti da neurite ottica. Altro sintomo comune nelle maculopatie è la distorsione delle immagini (metamorfopsie). Ad esempio, le righe di congiunzione delle piastrelle non si vedono più diritte. Sintomi di minore frequenza sono le errate percezioni della dimensione degli oggetti osservati.
I principali sintomi che possono invece far sospettare retinite pigmentosa sono due:

  • Cecità crepuscolare e notturna, cioè la difficoltà a vedere in condizioni di scarsa illuminazione (muoversi e guidare di sera o di notte) o problemi di adattamento nel passare dagli ambienti illuminati a quelli oscuri (entrare in una sala cinematografica buia). Questo fenomeno è dovuto al fatto che, almeno per la maggior parte dei casi, la malattia nelle prime fasi dello sviluppo aggredisce prevalentemente i bastoncelli.
  • Restringimento del campo visivo. Si manifesta con la difficoltà nel percepire gli oggetti posti lateralmente, oppure con l’inciampare nei gradini o negli ostacoli bassi. Per farvi un’idea del disagio a cui il malato va incontro, potete immaginare di vedere costantemente il mondo da uno spioncino o dal buco della serratura. L’alterazione del campo visivo è progressiva e può giungere ad interessare anche la parte centrale dell’occhio, con perdita del visus. La velocità di progressione della malattia e l’età di comparsa dei sintomi variano in relazione a molti fattori tra cui il modello di trasmissione genetico. A tale restringimento si associa spesso una elevata sensibilità all’abbagliamento. I contrasti svaniscono e diventa difficile percepire l’ambiente circostante.

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