Michael Phelps: biografia del più grande olimpionico di tutti i tempi

MEDICINA ONLINE NUOTO OLIMPIADI FOTO MEDAGLIE MEDAGLIERE ORO NUOTA Michael Fred Phelps II (born June 30, 1985) is an American former competitive swimmer the most decorated Olympian of all time, with a total of 28 medals.Il grande nuotatore statunitense Michael Phelps nasce a Baltimora (Maryland, USA) il giorno 30 giugno 1985. E’ l’atleta più titolato nella storia delle Olimpiadi moderne: con 23 medaglie d’oro è l’olimpionico più vincente (davanti a Larisa Latynina, detentrice anche del precedente primato di podi, 18, Paavo Nurmi, Mark Spitz e Carl Lewis, che ne hanno vinte 9); agli ori si aggiungono tre medaglie d’argento e due di bronzo, per un totale di 28 podi. Delle 23 vittorie, 13 sono individuali (un record) e 10 in staffetta; dei 28 podi, 16 sono individuali (altro record, davanti ai 14 di Larisa Latynina). Conquistando otto ori a Pechino 2008 ha raggiunto il più alto numero di medaglie d’oro vinte da un atleta in una singola edizione dei Giochi olimpici, superando il primato di sette ori vinti da Mark Spitz a Monaco di Baviera 1972; quattro anni prima, ad Atene 2004, aveva mancato questo record fermandosi a sei ori e due bronzi.

Come atleta professionista il suo esordio internazionale arriva alle Olimpiadi di Sydney del 2000: dal 1932 il giovanissimo Phelps, a solo quindici anni, è il più giovane nuotatore statunitense a prendere parte ai Giochi Olimpici. In quella edizione dei Giochi non vince nessuna medaglia: inizierà da lì a poco l’interminabile raccolta di successi in ambito mondiale.

A cinque mesi di distanza dagli eventi di Sidney, batte il record del mondo dei 200 farfalla. Lo migliora ulteriormente nel 2001 ai Campionati mondiali di Fukuoka (in Giappone). Nel 2002 ai campionati nazionali statunitensi di Fort Lauderdale, ottiene il record del mondo nei 400 misti, oltre ai record nazionali nei 100 farfalla e nei 200 misti.

L’anno seguente migliora il proprio record sui 400 misti e nel mese di giugno ottiene anche quello dei 200 misti. Non si ferma: nel luglio del 2004 ritocca nuovamente il suo record sui 400 misti durante le selezioni olimpiche americane, che avrebbero portato gli atleti verso i Giochi Olimpici di Atene 2004.

Ed è proprio ad Atene che ha la ferma intenzione di scolpire il proprio nome nella storia dello Sport. Il ragazzo è conscio che in questa disciplina il suo è uno strapotere: nessuno nasconde i paragoni con l’altro grande nuotatore statunitense di sempre, Mark Spitz, che nel 1972 – alle Olimpiadi di Monaco – vinse ben sette medaglie d’oro, un record mai eguagliato da nessuno. Phelps arriva dunque in Grecia con l’intenzione di infrangere il record di Spitz, forte dell’appoggio della squadra statunitense che nelle staffette è da sempre protagonista.

Gareggia in otto specialità diverse: 200 stile libero, 100 e 200 farfalla, 200 e 400 misti, e nelle staffette 4×100 stile libero, 4×200 stile libero e 4×100 misti. Compie un’impresa, ma arriva solo vicino al record di Mark Spitz: vince 6 medaglie d’oro e 2 bronzi (nei 200 stile libero e nella 4×100 stile libero). Con un totale di otto medaglie in una sola olimpiade Phelps eguaglia il record del ginnasta russo Aleksandr Dityatin, ottenuto alle Olimpiadi di Mosca nel 1980.

Relativamente agli eventi di Atene è doveroso riportare alcune annotazioni importanti: nei 400 misti sigla il nuovo record del mondo; nella finale dei 100 farfalla batte il connazionale Ian Crocker per soli quattro centesimi di secondo; il nuotatore che si piazza meglio nella gara individuale è solito compiere la corrispondente frazione nella staffetta 4×100 misti, ma Phelps esausto per le molte gare cede la frazione a farfalla a Crocker: la squadra statunitense vincerà la gara stabilendo il record del mondo, ma poiché, anche mancando nella finale, aveva partecipato alle gare di qualificazione della staffetta mista, a Phelps viene assegnata la medaglia d’oro assieme ai compagni che hanno disputato la gara finale.

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Nel 2005 partecipa ai campionati mondiali di Montreal, Canada, vincendo quattro titoli: due individuali (200 stile libero e 200 misti) e due in squadra (4×100 e 4×200 stile libero).

Due anni dopo (2007) ai mondiali di nuoto di Melbourne in una sola settimana di gare stabilisce cinque primati mondiali: nei 200 stile libero (frantuma il precedente primato dell’australiano Ian Thorpe), nei 200 farfalla , nei 200 misti, nella staffetta 4×200 stile libero, e infine nei 400 misti. Altre due medaglie d’oro giungono dai 100 farfalla e dalla staffetta 4×100 stile libero. In totale porta a casa un numero complessivo di sette medaglie d’oro conquistate. L’obiettivo dichiarato delle otto medaglie d’oro sfuma a causa della squalifica della squadra americana dalla staffetta 4×100 misti, avvenuta nella batteria di qualificazione per una partenza anticipata di Ian Crocker.

La sua rincorsa a Mark Spitz è uno dei temi più forti delle Olimpiadi cinesi di Pechino 2008. Il 10 agosto vince l’oro nei 400m misti stabilendo il record del mondo. Si ripete il giorno dopo con la vittoria ed il record del mondo nella staffetta 4x100m stile libero. Il 12 agosto vince l’oro nella prova dei 200m stile libero, segnando un nuovo tempo mondiale. Due ori il giorno successivo, sia nei 200m farfalla sia nella staffetta 4x200m stile libero: ancora con due nuovi record del mondo. Il 15 agosto domina la finale dei 200m misti conquistando anche in questa gara oro e primato mondiale. Il giorno dopo vince i 100m farfalla per un solo centesimo (questa volta senza record del mondo). Con questa medaglia eguaglia l’incredibile primato che era di Spitz. Ma il 17 agosto arrivano un nuovo record e l’ottavo oro nella finale della 4x100m misti.

Michael Phelps entra definitivamente nell’albo delle leggende olimpiche come l’atleta che ha vinto più medaglie d’oro in una singola olimpiade. Diventa anche l’atleta ad aver vinto più medaglie olimpiche in carriera (sedici), superando il ginnasta sovietico Nikolay Andrionov.

Un po’ di clamore ha suscitato poi la sua rivelazione che la sua dieta conta circa 12000 calorie giornaliere, quasi sei volte la quantità standard di un uomo adulto.

Un record che gli è sempre sfuggito è quello dei 100 metri farfalla: arriva finalmente nel mese di luglio 2009, nel corso dei campionati americani, quando Phelps ferma il cronometro sui 50″22. Il precedente primato mondiale era del 2005 e apparteneva a Ian Crocker (anch’egli statunitense).

Alle Olimpiadi di Londra 2012 infrange un altro record: il 31 luglio ottiene un oro nei 4×200 stile e un argento nei 200 farfalla, raggiunge la quota totale di 19 medaglie olimpiche vinte in carriera entrando nella storia dei Giochi e dello sport come l’atleta più medagliato di sempre; incrementa poi il suo record nei giorni successivi portando il totale delle medaglie a 22.

Nel settembre del 2014 viene fermato e arrestato per guida in stato di ubriachezza: in seguito a questo fatto viene sospeso per sei mesi dalla federazione nuoto statunitense; per effetto della sospensione salterà i mondiali di nuoto del 2015 (6 anni prima venne fotografato mentre fumava uno spinello e venne sospeso per tre mesi).

Torna alle Olimpiadi nel 2016 a Rio de Janeiro. Vince tre altre gare consolidando ancor più la sua leggenda: 22 ori olimpici in carriera. Quarto oro di fila, in quattro edizioni delle Olimpiadi consecutive, nei 200 misti.

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Federica Pellegrini: la più grande nuotatrice italiana di tutti i tempi

MEDICINA ONLINE Federica Pellegrini nasce a Mirano (Venezia) il giorno 5 agosto 1988. Inizia a nuotare nel 1995 Swimming World Championships NUOTO NUOTATRICE RECORD MONDO MONDIALE 200 METRI STILE LIBEROFederica Pellegrini nasce a Mirano (Venezia) il giorno 5 agosto 1988. Inizia a nuotare nel 1995 e dopo i primi successi conseguiti sotto la guida di Max Di Mito alla Serenissima Nuoto di Mestre, passa alla DDS di Settimo Milanese, trasferendosi a Milano da Spinea (VE), paese dove è cresciuta assieme alla famiglia. Nel corso del 2004, nonostante i suoi sedici anni, emerge a livello nazionale tanto da essere inserita nella squadra olimpica che volerà ad Atene.

Gli anni 2000
Ai Giochi Olimpici del 2004 vince una medaglia di argento nei 200 metri stile libero: si tratta del ritorno sul podio olimpico di una nuotatrice italiana dopo 32 anni di distanza; l’ultima prima di lei fu Novella Calligaris. Nelle semifinali della stessa gara, Federica Pellegrini realizza il miglior tempo della competizione, superando anche il precedente record nazionale. Diventa così la più giovane atleta italiana a salire su un podio olimpico individuale. Ad Atene gareggia anche nei 100 metri stile libero, ma arriverà solo decima, senza raggiungere la finale.

Ai mondiali di nuoto di Montreal (Canada) 2005, ripete lo stesso risultato di Atene, ottenendo il secondo posto nei 200 stile libero. Mentre la medaglia di Atene era per tutti uno straordinario successo, questo nuovo risultato suscita in lei una grande delusione, per non essere riuscita a vincere. In questa occasione viene fuori tutto il carattere combattivo di Federica, perfezionista ed estremamente competitiva, che continuerà per la sua strada con ancora più grinta. Nel 2006 arriva il momento degli Europei di Budapest (Ungheria), ma l’atleta si presenta in uno stato di forma precario a causa di un problema alla spalla. Partecipa solo alla gara dei 200 stile libero ma si ferma alle batterie.

Dopo gli europei ungheresi decide di cambiare allenatore: passa da Massimiliano Di Mito ad Alberto Castagnetti, Commissario Tecnico della nazionale e head-coach del Centro Federale di Verona. Tesserata per il Circolo Canottieri Aniene Roma, vive e si allena a Verona, presso il Centro Federale. Arriva il giorno del riscatto: Federica con la squadra italiana vola in Australia ai mondiali di Melbourne del 2007. Il 24 marzo stabilisce il record italiano nei 400 stile libero. Tre giorni dopo ottiene il record del mondo nella semifinale dei 200 stile libero, battuto però meno di 24 ore dopo dalla francese Laure Manaudou nella finale che la vedrà terza.

Piena di contraddizioni, sogni e desideri, come sono le ragazze della sua età, ha scritto un libro (insieme a Federico Taddia) che è un po’ diario un po’ cronaca delle sue giornate, in cui svela i suoi segreti, racconta i suoi sogni e spiega la sua visione della vita. Uscito nel 2007 il libro si intitola “Mamma, posso farmi il piercing?”. Molto attiva anche nel sociale Federica Pellegrini è testimonial ADMO e ambasciatrice nei progetti che coinvolgono tematiche legati ai disturbi alimentari. Fidanzata con il nuotatore italiano Luca Marin (la sua ex compagna è la francese Manaudou), nel 2008 l’appuntamento è con le Olimpiadi di Pechino. Ma prima ci sono gli Europei che si svolgono ad Eindhoven (Olanda): qui dopo la profonda delusione per la squalifica dalla sua gara regina, i 200 stile libero, Federica si riprende appieno conquistando un argento e un bronzo in due staffette, rispettivamente 4×100 e 4×200 stile libero. Autrice di una grande prestazione nei 400 stile libero, Federica esce dalla competizione con in tasca soprattutto l’oro e il record del mondo.

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Volata a Pechino per le Olimpiadi, festeggia i vent’anni di età a pochissimi giorni dall’inizio dei Giochi. L’11 agosto nella gara dei 400 stile libero conclude soltanto quinta, nonostante in qualifica abbia fatto registrare il nuovo record olimpico; nel pomeriggio dello stesso giorno realizza il record del mondo nella batteria di qualificazione dei 200 stile libero. Il 13 agosto è medaglia d’oro nei 200 con un nuovo record del mondo. Alla fine dell’anno partecipa agli europei in vasca corta (25 metri) a Rijeka (Croazia), dove vince l’oro nei 200 stile libero frantumando il precedente record mondiale. Nel giorno della festa delle donne, l’8 marzo 2009, ai campionati assoluti italiani di Riccione fa fermare il cronometro a 1’54″47, frantumando il suo stesso record mondiale. Alla fine del mese di giugno si aprono a Pescara i Giochi del Mediterraneo: Federica sorprende se stessa conquistando oro e record del mondo nei 400 stile libero.

Arriva il momento dei mondiali casalinghi: ai campionati di Roma 2009 nei 400 stile libero vince l’oro e stabilisce record del mondo in 3’59″15: Federica Pellegrini è la prima donna nella storia del nuoto a nuotare questa distanza in meno di 4 minuti; pochi giorni dopo vince un altro oro frantuma un altro record, quello dei 200 stile libero. Agli europei del 2010 a Budapest vince un oro nei 200 stile libero.

Gli anni 2010
La relazione con il collega Marin termina nel 2011, anno in cui altre medaglie d’oro arrivano in modo straordinario: l’occasione sono i mondiali di nuoto di Shanghai (Cina); Federica vince nei 400 e nei 200 stile libero: entra nella storia per essere la prima nuotatrice a ripetersi nei 400 e nei 200 sl in due mondiali consecutivi.

Dopo una relazione sentimentale con il pesarese Filippo Magnini e dopo una deludente esperienza alle Olimpiadi di Londra 2012 – deludente peraltro per tutto la squadra azzurra che dal 1984 torna per la prima volta a casa senza medaglie – Federica torna sul podio ai mondiali di Barcellona 2013, vincendo la medaglia d’argento dietro l’americana Missy Franklin. Torna a vincere i 200 stile libero quando a metà dicembre 2013, in Danimarca, giunge prima – davanti alla francese Charlotte Bonnet e alla russa Veronika Popova – ai campionati europei di vasca corta di Herning. Agli europei 2014 di Berlino compie un’impresa nell’ultima frazione della staffetta 4×200 stile libero che porta l’Italia a vincere l’oro. Pochi giorni dopo ottiene la medaglia d’oro nei 200 stile libero.

Nell’agosto 2015 partecipa ai mondiali di nuoto di Kazan, in Russia: nel giorno in cui festeggia 27 anni ottiene un argento nella “sua” distanza dei 200 metri stile libero (dietro il fenomeno Katie Ledecky); la cosa straordinaria risiede però nel fatto che la stessa medaglia nella stessa gara, arriva 10 anni dopo la sua prima. Nessuna nuotatrice al mondo è mai riuscita ad andare a podio nei 200 mt sl, per sei mondiali consecutivamente. Alla fine del 2015 vince l’oro nei 200 stile libero in vasca corta agli europei di Netanya, in Israele. Ad aprile del 2016 viene scelta come portabandiera per l’Italia alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Sfila con la bandiera in mano proprio nel giorno del suo 28° compleanno.

Nella finale dei 200 metri arriva quarta: la delusione traspare nelle sue prime dichiarazioni che fanno presagire l’annuncio del suo ritiro dalle attività agonistiche. Tuttavia Federica torna sui suoi passi e conferma qualche settimana dopo di volersi dedicare al nuoto fino ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Alla fine del 2016 partecipa ai mondiali di nuoto in vasca corta che si svolgono in Canada. A Windsor vince un oro che ancora le mancava in carriera: arriva prima nei 200 stile libero in vasca da 25 metri. Nel mese di luglio del 2017, ai mondiali di nuoto di Budapest, torna sul gradino più alto del podio, di nuovo oro nei 200 sl. Compie un’impresa storica: è la prima nuotatrice – maschio o femmina – a vincere una medaglia mondiale per la stessa disciplina per sette volte di seguito (3 ori, 3 argenti, 1 bronzo). Nella finale ungherese mette dietro di sé la super campionessa americana Ledecky, che fa registrare la sua prima sconfitta in una finale individuale.

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Perché nuotare fa così bene alla salute?

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Nel periodo estivo – ma non solo – possiamo dedicarci ad attività sportive che fanno davvero molto molto bene alla salute. Oggi parliamo del nuotare, una attività che aiuta tutto il corpo a restare in forma, fornendo anche una buona dose di divertimento.

Nuotare aiuta a bruciare le calorie in eccesso, abbassa lo stress e oggi sappiamo che è un toccasana anche per ridurre i rischi cardiovascolari per il cuore. Dedicarsi regolarmente alla disciplina per 3-4 volte a settimana dai 15 ai 45 minuti, può infatti abbassare la pressione e migliorare la funzione vascolare. A dimostrarlo sono importati studi scientifici, che dimostrano come l’arteria carotidea in chi ha deciso di allenarsi diventi più elastica e reattiva ai cambiamenti nel flusso sanguigno. Un segnale molto utile perché quando queste arterie sono rigide il cuore ha più difficoltà a pompare il sangue. Inoltre, nuotare fa bene alla schiena ed è un rimedio ottimo per eliminare la cellulite, inestetismo che rappresenta un vero problema per milioni di donne in tutto il mondo. Il nuoto rafforza poi le difese immunitarie, perché aumenta la produzione di linfocitit T, nemici di virus ed infezioni.

Nei bambini favorisce lo sviluppo armonioso della struttura ossea e corregge alcune deviazioni della colonna vertebrale; ma è adatto anche agli anziani, perché in acqua il rischio di traumi all’apparato locomotore è quasi del tutto inesistente e perché coinvolge e attiva tutti i muscoli del corpo. A seconda dei diversi stili di nuoto, inoltre, si possono ottenere risultati mirati per ogni parte del corpo.

Con il nuoto libero si tonificano soprattutto glutei, addominali e spalle. Il dorso è ottimo per rinforzare la schiena e allungare i muscoli flessori dei fianchi. La rana fa lavorare maggiormente il torace e l’interno cosce, mentre delfino e farfalla, che richiedono una grande forza e flessibilità, sviluppano soprattutto la parte superiore del corpo. Il nuoto è inoltre lo sport ideale in caso di lombalgie ed altri problemi alla schiena perché la colonna vertebrale viene alleggerita dal peso del corpo.

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E’ possibile farsi il bagno al mare o in piscina in gravidanza?

MEDICINA ONLINE GRAVIDANZA ATTESA MATERNITA ESTATE SOLE CALDO MARE PISCINA ABBRONZATURA PELLE MAMMA FIGLIO INCINTA FETO BIMBO BAMBINO SOLE AMNIOTICO MALE DOLORE UMIDITA FASTIDIO GINECOLOGIAAssolutamente sì. Anzi, il nuoto, ancor meglio se al mare, è particolarmente indicato durante la gravidanza perché consente di mantenersi in forma senza fatica alleggerendo la pressione esercitata dal peso sul nervo sciatico. Sì, quindi, a nuotate e sì alle passeggiate lungo il bagnasciuga (con le gambe immerse fino alle ginocchia) per riattivare la circolazione e contrastare l’inevitabile ritenzione idrica tipica dei nove mesi di attesa. Nuotate e passeggiate devono essere affrontate ovviamente con molta calma e “lentezza” e mai nelle ore più calde della giornata.

Evitate solamente di passare dalle temperature troppo calde della tintarella, a quelle fredde dell’acqua; evitate infine sforzi elevati e prolungati. In ogni caso, gravidanza o no, è sempre preferibile fare il bagno insieme ad un’altra persona che possa soccorrerci in caso di difficoltà.

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Come superare la paura dell’acqua ed imparare a nuotare

MEDICINA ONLINE SOLE MARE PAURA DELL ACQUA FEAR OF SWIMMING SPIAGGIA PISCINA MARE DONNA COSTUME SEA SAND GIRL BEACH SWIMMING WALLPAPER HI RES PICS PICTURE PHOTO BEAUTIFUL VETRO UVA UVB ULTRAVIOLETTI RADIAZIONE NEO.jpgTra gli elementi della natura l’acqua, insieme al fuoco, è uno dei più potenti. Alcune persone hanno paura dell’acqua da sempre e non hanno mai imparato a nuotare. Per altri la paura dell’acqua potrebbe essere arrivata a seguito di un trauma. Con molta calma si può provare a superare la paura dell’acqua e ad imparare a nuotare in modo graduale.

Circa il 60% del nostro corpo è formato da acqua e quando eravamo nel pancione l’acqua era il nostro elemento naturale. Pensiamo, ad esempio, alla possibilità per le mamme di scegliere il parto in acqua per la nascita di un nuovo bambino. Con il tempo però in alcune persone scatta un meccanismo di difesa e preferiscono non avvicinarsi troppo all’acqua e fare il bagno il mare o in piscina soltanto fino al punto in cui possono toccare il fondo con i piedi.

La paura dell’acqua si chiama idrofobia in psichiatria. Il termine idrofobia riguarda sia la paura dell’acqua che la paura del nuoto. La più comune è una forma moderata di idrofobia che consiste nella paura delle acque profonde in generale e in particolare dell’annegamento. Se avete paura dell’acqua, forse imparare a nuotare gradualmente vi potrebbe aiutare a superarla dato che saper nuotare dovrebbe ridurre il timore dell’annegamento.

La paura dell’acqua è una delle fobie più comuni, dunque non sentitevi soli. Se volete potete imparare a farvi coraggio e a superarla imparando a nuotare. Alcuni bambini nuotano naturalmente sin da piccoli e non hanno nessuna paura, probabilmente per via di un avvicinamento graduale all’acqua del mare grazie ai genitori e all’acqua della piscina con gli istruttori di nuoto giusti.

Innanzitutto cercate di capire da dove proviene la vostra paura dell’acqua. Potreste parlarne con molta calma con una persona di fiducia per capirne davvero l’orgine e per comprendere meglio le cause. Molte persone si sono avvicinate all’acqua e hanno provato a nuotare per la prima volta insieme a genitori che in un certo senso possono avere trasmesso loro la paura o possono averli traumatizzati in qualche modo senza volerlo. Avvicinatevi all’acqua in modo naturale, scegliendo una piscina piccola e dalle acque basse o un tratto di mare molto calmo e non affollato. In questo modo imparare almeno a galleggiare sarà più semplice e sicuro.

Camminare nell’acqua

Se avete paura di inoltrarvi verso il mare che diventa più profondo rispetto alla riva provate a farlo molto gradualmente, magari in compagnia di una persona amica che rispetti la vostra paura. Iniziate a fare delle lunghe camminate con l’acqua all’altezza prima delle caviglie e poi del ginocchio e mano a mano provate ad inoltrarvi più in là. Scegliete una giornata in cui il mare è calmo e magari preferite le prime ore di sole quando le spiagge non sono ancora affollate.

Imparare a galleggiare

Via via provate a lasciarvi andare nell’acqua e ricordate che il vostro corpo è capace di galleggiare senza problemi se non opponete troppa resistenza. Il modo migliore per imparare a galleggiare è quello di lasciarsi andare sulla schiena aprendo le braccia all’altezza delle spalle e seguendo il movimento di piccole onde. Se decidete di andare in piscina potrete trovare degli strumenti per imparare a galleggiare, tra tubi di spugna e tavolette.

Seguire un corso di nuoto

Seguire un corso di nuoto in piscina può essere il modo migliore per superare la paura dell’acqua dato che vista la presenza dell’istruttore accanto a voi non dovrete temere nulla e potrete regolare lo svolgimento delle lezioni di nuoto in base alle vostre esigenze.

Così via via potrete imparare a galleggiare, a immergervi con la testa sott’acqua e piano piano a nuotare nell’ambiente protetto della piscina per poi mettervi alla prova con coraggio in occasione della prima vacanza al mare.

Conoscere le basi del nuoto è importante per la propria sicurezza e per aiutare gli altri in caso di necessità. Saper nuotare può salvare una vita, non solo la vostra. Potreste partire proprio da questo punto di vista per superare la paura dell’acqua e nello stesso tempo indagare le ragioni più profonde della vostra situazione. Una volta scoperti i motivi della paura dell’acqua potrete superarla più facilmente e magari vi sentirete anche delle persone più libere e coraggiose.

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Nuoto e triathlon: quanto conta e come allenarsi

MEDICINA ONLINE NUOTO PISCINA TRIATHLON ALLENAMENTO MARE ACQUA ALLENARSI MUSCOLI.jpgIl triathlon è uno sport giovane e anche per questo in forte crescita: negli ultimi 10 anni ha visto un vero e proprio boom di partecipazioni alle gare.
Inizialmente tutti i triatleti, anche quelli professionisti, venivano da uno (o due) degli sport che compongono il triathlon, e soprattutto da corsa e ciclismo; oggi stanno comparendo i primi atleti di nuova generazione, che “nascono” triatleti, ovvero che si allenano nei tre sport fin dall’inizio della loro carriera sportiva. Ma questo accade solo ad altissimo livello, tra i professionisti: la stragrande maggioranza degli agonisti non professionisti sono atleti di altri sport, e in particolare ex runner ed ex ciclisti, che alla ricerca di nuovi stimoli si danno al triathlon.
In questo articolo proverò, dati alla mano, a collocare le tre frazioni, e soprattutto il nuoto, in funzione dell’economia della gara, analizzando quanto contano le diverse frazioni nella prestazione finale, e spiegando in che modo approcciare l’allenamento per ottimizzare la prestazione in gara.

Quanto conta la frazione a nuoto?
La frazione a nuoto è la più breve delle tre, e non di poco. Nelle gare corte e medie la durata è poco più della metà rispetto alla corsa, e un terzo rispetto al ciclismo. Nelle gare lunghe (mezzo iroman e ironman) il divario si allarga ulteriormente, arrivando a più di 1/3 rispetto alla corsa e a 1/6 rispetto al ciclismo. Da questo punto di vista, il nuoto è la frazione che conta meno in assoluto. Abbassare di 5 minuti il tempo sulla frazione a nuoto in un ironman per un nuotatore con un minimo di esperienza è veramente tanto. Sul tempo finale di gara quanto contano 5 minuti, per il 90% dei partecipanti? Qualcosa compreso tra il niente e lo zero.
Alla fine della gara quello che conta è il tempo finale. Un guadagno prestazionale identico dal punto di vista quantitativo comporterà un guadagno in termini assoluti molto inferiore nel caso del nuoto, rispetto agli altri due sport. Quindi ha davvero poco senso cercare di guadagnare posizioni in classifica puntando sul nuoto, a meno di non essere molto ottimizzati negli altri due sport, ed essere ancora immaturi proprio nel nuoto. In altre parole: se uno sa a malapena nuotare e fa una fatica immane anche solo per arrivare in fondo è ovvio che deve allenarsi soprattutto nel nuoto… Ma non per andare più forte: per imparare a nuotare!
Tolti questi casi estremi (che pure esistono), va valutata molto attentamente l’opportunità di “sacrificare” le altre due frazioni per ottenere un guadagno nel nuoto percentualmente di un certo spessore, ma che alla fine potrebbe non concretizzarsi in un guadagno nel tempo totale di gara.
Tuttavia, nelle gare corte e medie c’è il fattore scia che può ribaltare la situazione. Quello che abbiamo detto vale sicuramente nelle gare “no draft”, dove la scia è vietata nella frazione di ciclismo. Nelle gare dove la scia è consentita la frazione a nuoto assume un’importanza fondamentale, almeno per le posizioni di vertice. Il triatleta professionista, che si cimenta nelle gare corte (sprint e olimpico) deve necessariamente eccellere nel nuoto e nella corsa. Ovviamente non può essere un ciclista mediocre, tuttavia la possibilità di sfruttare la scia comporta un certo “livellamento” della prestazione, da un lato impedendo a chi ha un vantaggio di sfruttarlo appieno, dall’altro consentendo chi ha una lieve carenza di impedire che questa si trasformi in uno svantaggio cronometrico. Non dimentichiamoci che a livello dei primissimi le differenze sono minime: ma sono queste differenze che determinano il vincitore. Differenze minime nel ciclismo possono essere compensate dalla scia, nel nuoto e nella corsa no (o meglio, molto meno: nel nuoto la scia ha una certa importanza).
Per l’atleta amatoriale, invece, l’importanza del nuoto dipende da diversi fattori, e i più importanti sono:

  • la possibilità di usare la muta;
  • il valore assoluto come nuotatore;
  • le caratteristiche del percorso di ciclismo.

Partiamo dalla tipologia del percorso di ciclismo. Ci sono gare totalmente in pianura, dove la scia conta per un fattore 100, gare con saliscendi dove conta per un fattore molto variabile, ma sempre inferiore a 100, e gare in cui conta poco, perché composte esclusivamente da salite importanti, e discese, senza tratti abbastanza lunghi di pianura. In queste ultime la possibilità di stare in scia praticamente è come se non ci fosse, diventano in sostanza gare “no-draft” anche se non lo sono. In queste gare il nuoto conta molto meno rispetto agli altri due sport, come abbiamo visto.
Nelle altre gare il nuoto conta nella misura in cui si riesce a trovare un gruppo competitivo nella frazione di ciclismo, sia numericamente che come prestazione. Qui si aprono scenari molto diversi, che dipendono molto dal secondo fattore: il valore assoluto come nuotatore. Gli esempi di ritmo gara riportati vanno intesi in vasca da 50 m e sono ovviamente indicativi.
Un nuotatore scarso (che si trova nel 25% inferiore, ovvero che ha un passo gara – per 100 m – sugli 800 superiore a 2′) avrà meno probabilità di trovare un forte gruppo di ciclisti col quale collaborare (o mettersi a ruota).
Un nuotatore mediocre (che si collochi intorno alla mediana nella classifica del nuoto, o ancora meglio un poco sopra, ovvero che ha un passo gara – per 100 m – sugli 800 compreso tra 1’50” e 1’40”) troverà facilmente un nutrito gruppo per fare un ottimo crono nella frazione in bicicletta.
Un buon nuotatore (che si colloca nel 25% superiore, ovvero che ha un passo gara – per 100 m – sugli 800 inferiore a 1’40”) uscirà dall’acqua probabilmente insieme a ciclisti ancora più forti, ma attenzione: potrebbe trovare piccoli gruppi, e questo vale soprattutto per le gare in piscina con batterie da 50-60 atleti, dove essere nel top 10-15% del nuoto può significare trovarsi da soli, o in gruppi ristrettissimi di 2-4 atleti dove solo per stare in scia bisogna spendere un sacco di energie.
Apro parentesi: lo so bene, cari nuotatori all’ascolto, che uno che fa gli 800 con passo 1’40” non è un buon nuotatore, ma sappiate che invece nel triathlon lo è, perché è abbondantemente sopra la media! Chiudo parentesi.

Non è raro che questi gruppetti, che magari partono con un vantaggio di un minuto acquisito nella frazione a nuoto, vengano recuperati verso la fine della frazione di ciclismo dal gruppone che spesso si forma dietro, con qualche buon ciclista in grado di tirare il gruppo sopra i 40 km/h di media, e gli altri che stanno a traino spendendo pochissimo. Ma anche quando conservano un po’ di vantaggio, potrebbero averlo fatto spendendo troppo, e ritrovarsi per questo a perderlo nella frazione di corsa.
Morale della favola: per cogliere i vantaggi della scia, ovvero per ritrovarsi in un gruppo competitivo nella frazione di ciclismo, è sufficiente essere nuotatori nella media, o appena sopra. I veri penalizzati sono i nuotatori decisamente sotto la media, diciamo quelli sotto i 3/4 della classifica. Essere nuotatori nel top 25% può dare vantaggi o svantaggi a seconda della situazione, soprattutto nelle gare in piscina. In quelle in acque libere le potenziali situazioni di svantaggio si riducono parecchio (perché si parte tutti insieme o in gruppi molto più numerosi, ed è meno probabile il fatto di trovarsi soli o quasi).
Consideriamo ora, brevemente, il fattore muta. La muta è un grande vantaggio per tutti, ma soprattutto per i nuotatori scarsi. Infatti il più grande vantaggio della muta è il miglioramento del galleggiamento, un fondamentale del nuoto che proprio per questo è un fattore critico soprattutto per il nuotatore mediocre (intorno al 50% della classifica) o scarso (sotto al 25%). Man mano che si risale la classifica il galleggiamento penalizza sempre meno i nuotatori e quindi la muta conferisce un vantaggio via via minore. In parole povere, il galleggiamento è il collo di bottiglia nella prestazione di un nuotatore scarso, un fattore importante in un nuotatore mediocre o di poco sopra la media, uno dei tanti fattori che determinano la prestazione in un nuotatore nel top 25%. Dunque il fattore muta è simile al fattore scia nella bici: un “livellatore” della prestazione. E non dimentichiamoci mai che nel nuoto la scia è consentita, e conta. Non come nel ciclismo, dove si arriva al 30%, ma un buon 10-15% delle energie consente di risparmiarlo. E conta tanto di più quanto più si va forte (come nel ciclismo). Purtroppo, questo è un fattore che va a vantaggio solo dei nuotatori più forti. Il nuotatore scarso dalla scia otterrà poco o niente, a maggior ragione perché stare in scia è difficile anche dal punto di vista tecnico. Se sommiamo questi fattori, abbiamo una riprova del fatto che nel triathlon il nuoto conta molto meno rispetto alle altre due frazioni.

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Numeri a conferma
Tutte le cose che ho prima enunciato sono verosimili, in teoria. Ma in pratica?
Ho analizzato le classifiche maschilli di svariate gare di triathlon sprint e olimpico svolte in Italia nel 2015 e nel 2016, cercando una conferma delle mie teorie.
È vero che la scia livella la prestazione nel ciclismo?
Direi senz’altro di sì. Infatti, nei percorsi totalmente pianeggianti e con scia consentita, il gap tra i migliori e i peggiori nel ciclismo è inferiore del 20/30% rispetto alle gare con salite o no-draft.
È vero che le gare con molto dislivello sono equivalenti alle gare no-draft?
Diciamo che sono molto simili. Il gap tra i migliori e i peggiori è dello stesso ordine di grandezza.
È vero che la muta livella la prestazione?
Questo non sono riuscito a dimostrarlo, a mio parere per diversi motivi, prima fra tutte la difficoltà di trovare informazioni (a posteriori) sull’obbligatorietà o meno della muta nelle varie gare, e secondo perché in quasi tutte le gare in acqua libere la muta è consentita, e quindi l’unico confronto sicuro che si può fare è tra le gare in piscina (praticamente sempre senza muta) e quelle in acque libere. Questo confronto non ha (in prima battuta) evidenziato differenze. Bisognerebbe approfondire la cosa con ulteriori analisi, meglio strutturate.
Un’altra cosa interessante che è venuta fuori è la seguente:
il gap tra i migliori e i peggiori nel nuoto è maggiore rispetto agli altri due sport, rispettivamente del 5-10% rispetto a quello riscontrato nella corsa e del 30% rispetto al ciclismo.
Questo potrebbe essere dovuto al fatto che il nuoto è uno sport dove la tecnica è più importante della forma fisica, e la tecnica non si impara in breve tempo e soprattutto non si impara con i tradizionali metodi di allenamento, mentre per raggiungere il top della forma fisica possono bastare pochi anni di allenamento (ed è quello che solitamente accade nella corsa e nel ciclismo).
Oppure che ci sono più ex ciclisti ed ex runner che si cimentano nel triathlon, rispetto agli ex nuotatori. Molti nuotatori con pochissima esperienza alle spalle potrebbe determinare un divario maggiore tra i bravi e gli scarsi.
O entrambe le cose…

La scelta della gara
Premesso che un atleta amatoriale dovrebbe gareggiare con l’unico obiettivo di divertirsi, e quindi dovrebbe importargli molto poco della classifica, tuttavia bisogna anche ammettere che uscire per ultimi dalla piscina e sciropparsi 20 o 40 km da soli o quasi nella frazione di ciclismo potrebbe non essere così divertente… Dunque vediamo come ci si dovrebbe comportare per ottimizzare il risultato, sia dal punto di vista degli allenamenti, che da quello della scelta delle gare in cui cimentarsi.
Abbiamo visto che il nuoto è importante solo nelle gare in cui la frazione di ciclismo è in piano, ed è consentita la scia. In questo caso essere nuotatori scarsi fa la differenza, perché si rischia di rimanere soli o con gruppi di ciclisti non particolarmente veloci. Dunque, i nuotatori scarsi (che stanno entro il 25% dei peggiori) dovrebbero evitare questo tipo di gare, soprattutto se la frazione a nuoto si svolge in piscina. Meglio puntare su gare no-draft, soprattutto se si è forti ciclisti, oppure gare con grandi dislivelli, dove ci si godrà la frazione in bici superando decine di atleti. Ovviamente è meglio scegliere gare ove la muta è consentita, sempre che ci si trovi a proprio agio in acque libere. La muta dà un grande vantaggio soprattutto agli atleti più lenti, se non altro perché annulla la sgradevole sensazione di “affondare” che affligge i nuotatori meno dotati.
I forti nuotatori, ma di livello inferiore nelle altre due frazioni, dovranno puntare sulle gare con frazione di nuoto in acque libere dove troveranno comunque folti gruppi con cui aggregarsi nella frazione in bici. Nelle gare in piscina, soprattutto se si ha rank alto o si gareggia come amatori, si rischierà di trovarsi da soli o in piccoli gruppi, e se la gara è pianeggiante, poi in bici sono dolori. Un’alternativa sono le gare no-draft oppure le gare con molto dislivello (soprattutto se oltre ad essere buoni nuotatori, si è anche buoni ciclisti).

La scelta degli allenamenti
Per quanto riguarda gli allenamenti, è un fatto che il nuoto rappresenti per moltissimi triatleti la bestia nera, poiché la maggioranza sperimenta la frustrazione di non ottenere buoni risultati, in termini di miglioramento, adottando gli stessi metodi utilizzati nella corsa e nel ciclismo (cioè allenando il “motore”). Questo semplicemente perché il nuoto è uno sport in cui la tecnica è più importante della forma fisica, e per allenare la tecnica bisogna utilizzare strategie completamente diverse. Se sommiamo le due cose (nuoto poco influente per la brevità della prova + difficoltà di miglioramento rispetto a corsa e ciclismo) possiamo concludere che per migliorare la prestazione nel triathlon dovrebbero concentrarsi sul nuoto (dedicandogli più tempo rispetto a corsa e ciclismo) solo gli atleti con reali difficoltà, come quelli che hanno paura di stare in acqua, o di nuotare in acque libere, o che arrivano trafelati in fondo alle prove in acqua pur con tempi molto alti. Oppure gli atleti già al top delle loro capacità nelle altre due discipline, e con ampi margini di miglioramento solo nel nuoto. Ma consci del fatto che, nel nuoto, non basta macinare km per arrivare al top.
Tutti gli altri ovviamente dovranno allenare la frazione a nuoto, ma tenendo a mente che ogni progresso conta, in percentuale, molto meno rispetto a bici e corsa. E anche che passare dall’essere nuotatori scarsi a nuotatori nella media significa fare un salto notevole, per il quale ci potrebbero volere anni e non è detto, tra l’altro, che lo si riesca a fare. Quindi che si fa? Si va in piscina una volta a settimana, o addirittura meno? Tutt’altro. In piscina bisogna andarci, ma con obiettivi completamente diversi rispetto a quando inforchiamo le scarpette da corsa o da bici.
Quello che mi sento di consigliare come allenamento del nuoto per il triatlon, è quello di concentrarsi sull’economia del gesto, dedicare almeno 1/3-1/4 dell’allenamento agli esercizi per migliorare i fondamentali del nuoto, e poi impostando gli allenamenti su una velocità “di crociera” a ritmi compresi tra la soglia anaerobica e la soglia aerobica (dunque non troppo intensi), e imparare a nuotare a questi ritmi in modo fluido ed efficiente, cercando la lunghezza della bracciata piuttosto che la frequenza, evitando di sottoporsi ad allenamenti massacranti (quindi evitare di unirsi alle varie squadre master, dove il massacro è assicurato), ma curando la tecnica, l’economia del gesto, risparmiando energie per gli allenamenti di corsa e in bici. Se gli allenamenti in piscina diventano non dico defaticanti, ma quasi… Il vostro triathlon ne gioverà sicuramente, nel complesso. Magari non otterrete un vantaggio cronometrico nel nuoto… Ma ricordate che fare lo stesso tempo con meno fatica significa poi andare più forte nelle altre due frazioni. Una nuotata più rilassata ed efficiente vi farà andare più forte una volta usciti dall’acqua.
Un’altro consiglio, dedicato ai nuotatori molto scarsi, quelli che hanno imparato a nuotare da adulti e si scoprono essere poco o per nulla dotati di talento naturale: visto che verosimilmente parteciperete solo a gare in cui è consentita la muta, usatela anche negli allenamenti! O quantomeno utilizzate dei costumi (ne esistono, basta cercare su internet) che garantiscano un maggior galleggiamento. Non ha molto senso nuotare con le gambe affondate di mezzo metro, per poi trovarsi in gara con un assetto completamente diverso, garantito dalla muta. Cercate di trovare in allenamento le stesse condizioni della gara, o almeno condizioni simili. Altro consiglio: nuotate in vasca da 50, se possibile, per riprodurre le condizioni che troverete in acque libere.
E i forti nuotatori? A loro basterà mantenere la prestazione, con gli allenamenti per la distanza di gara che sicuramente sanno già fare grazie alla loro esperienza, impostando uno o due allenamenti a settimana (meglio uno che due), giusto per non perdere la forma. E potersi così concentrare sugli altri due sport. Questo allenamento settimanale è importante che sia intenso e tarato in modo specifico sulla distanza di gara. La prestazione la si mantiene solo mantenendo l’intensità, piuttosto che il volume o la frequenza di allenamento.

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E’ più difficile e pesante nuotare a mare o in piscina?

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E’ più faticoso nuotare a mare o in piscina? Dipende. Il primo fattore da considerare è il galleggiamento, ed in questo l’acqua salata del mare parte decisamente in vantaggio.

Perché nell’acqua salata si galleggia meglio?

Il fenomeno è legato al principio di Archimede, secondo cui “un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l’alto equivalente al peso del volume del fluido spostato”. In pratica, quando ci immergiamo spostiamo un volume di acqua equivalente al nostro volume corporeo. Il peso della massa d’acqua spostata dipende dalla quantità di materiali in essa disciolti, e quindi dalla sua densità. L’acqua salata, essendo più densa di quella dolce, a parità di volume pesa di più. In base al principio di Archimede, dunque, la spinta verso l’alto conferita dall’acqua salata è maggiore rispetto a quella conferita dall’acqua dolce e permette di galleggiare meglio.

Non tutti i mari fanno galleggiare allo stesso modo

Nel Mar Morto, il lago salato situato fra Israele e Giordania, la salinità dell’acqua (e quindi la sua densità ed il suo peso specifico) è talmente elevata che per galleggiare non serve neppure nuotare. In un litro di acqua del Mar Morto ci sono 365 grammi di sale, contro i 35 presenti mediamente nell’acqua degli oceani. Questo per farvi capire che il galleggiamento è facilitato in modo diverso in base al mare in cui state nuotando.

“Spessore” dell’acqua

Quindi è più facile nuotare al mare che in piscina? Non esattamente. Fin qui abbiamo parlato di galleggiamento, ma il muoversi in acqua è un po’ diverso. Il mare, grazie alla sua spinta dal basso verso l’alto, facilita certamente lo stare a galla, ma nuotando il nostro corpo andrà a scontrarsi con una resistenza maggiore in mare in virtù della sua maggiore densità. Questa resistenza è più bassa in piscina: ciò aiuta gli spostamenti rapidi.

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Condizioni del mare

Le condizioni del mare incidono? Certamente. Col mare mosso nuotare non solo è pericoloso, ma può essere molto faticoso perché non si riesce a prendere bene il ritmo ed i movimenti diventano più complessi, anche se si è molto abili. Si aumenta anche il rischio di infortunio, soprattutto alle spalle, che possono subire torsioni eccessive a causa delle onde impreviste e della forte corrente. Il mare è in genere calmo al mattino e peggiora verso sera. Se ci sono le barriere frangiflutti il mare è spesso sufficientemente calmo per nuotare, anche se al di là è abbastanza mosso. Anche l’eventuale presenza di sporcizia/immondizia nel mare può rendere più faticoso nuotarci: in piscina non c’è questo problema.

Temperature

Anche la temperatura può influire sulla fatica: nuotare in piscina è facilitato da temperature miti, mentre il nuoto al mare può risultare più faticoso in presenza di temperature basse.

Sale e sole

In piscina non ci sono problemi di sale e – se è al chiuso – di sole. L’acqua di mare, a causa del sale, è estremamente abrasiva. Chi nuota abitualmente per più di 30 minuti a sessione, dovrebbe spalmarsi della vaselina sotto le ascelle, per evitare fastidiosi arrossamenti, che alla lunga compaiono sempre. I nuotatori più bravi (a causa della tecnica di nuotata evoluta) tendono a presentare abrasioni anche sul collo e dovranno spalmare vaselina anche in questa zona, e sui muscoli trapezi. Consiglio l’uso di vaselina in tubetto, quella densa dunque, non quella liquida, più difficile da gestire.
Mentre si nuota si prende il sole, soprattutto nella parte posteriore del corpo e sul viso: bisogna proteggere soprattutto le spalle e la schiena, e il viso, cioè le parti più sensibili alle scottature, con creme solari dotate di fattore di protezione adatto alla propria pelle.

Per approfondire, leggi anche: Differenze tra nuotare al mare ed in piscina

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Iscriversi in palestra o in piscina: il certificato medico non serve più!

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO YOGA RELAX MEDITAZIONE DONNA TRANQUILLITA MENTE RILASSAMENTO NATURA PALESTRA ESERCIZIO PESI MUSCOLI STRETCHINGQuante volte, iscrivendoci in palestra o in piscina, vi è stato chiesto di presentare il certificato di ‘sana e robusta costituzione‘ che, in alcuni casi, arriva a costare diversi euro? Non tutti sanno che dall’anno scorso l’obbligo di presentare tale certificato per svolgere attività ludico-motoria amatoriale è stato abolito con il decreto legge Fare del 2013. Ma, in questa situazione legislativa, le palestre ancora non si sentono tutelate completamente e, nonostante i chiarimenti del Ministero, spingono ogni anno tutti i loro neo-iscritti, a presentare il certificato medico per scaricare le loro responsabilità. Il mio consiglio è comunque quello di sottoporsi ad una visita generale prima di cominciare i vostri corsi di step e di zumba!

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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