I figli ereditano l’intelligenza dalla madre

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO ALLATTAMENTO NEONATO BAMBINO BIMBO GRAVIDANZA PANCIA MATERNITA MAMMA GINECOLOGIA CONCEPIMENTO PARTO PANCIONE FIGLIO MADRECirca l’80% dell’intelligenza dei bambini è dovuta  alla loro madre. E’ questo il quadro che emerge da uno studio condotto da. Dr.  Christopher Peterson dell’Università del Michigan su un campione di oltre 3.500  bambini con un’età compresa fra i 4 e i 9 anni e i relativi genitori.  Per rintracciare la provenienza dell’intelligenza dei piccoli, Peterson ha somministrato dei  test d’intelligenza alle coppie e ai bambini, riscontrando, che, le aree in cui i piccoli  tendevano ad eccellere, erano in 8 casi su 10 quelle in cui anche la loro madre otteneva  ottimi risultati. Una percentuale che saliva fino al 90% e più quando ad essere testate erano  specifiche aree dell’intelligenza, ovvero:

  • Intelligenza linguistica verbale (capacità di scrivere, comunicare, giocare con le parole, creare rime, poesie, filastrocche);
  • Intelligenza musicale (capacità di riconoscere timbri, suoni ed imitare il tono di voce altrui);
  • Intelligenza intrapersonale (comprensione di sé e delle proprie emozioni con conseguente inserimento sociale);
  • Intelligenza interpersonale (comprensione delle esigenze e dell’interiorità altrui e attitudine alla leadership).

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Ti spiego perché tuo fratello maggiore è più intelligente di te

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO BAMBINI FRATELLI FAMIGLIA GENITORI FAMIGLIATi senti meno “sveglio” di tuo fratello maggiore? Forse hai ragione, ma anche se fosse vero la “colpa” non è tua ma è del modo in cui sei stato educato. A conferma di questa tesi arriva una ricerca che, analizzando 250 mila QI, ha scoperto che la causa è educativa, non biologica. Questa notizia non fa piacere a molti, a partire dal sottoscritto, visto che chi vi sta parlando fa appunto parte della categoria dei… secondogeniti! I primogeniti, nella media, sono più intelligenti. Un ricercatore dell’Università di Oslo chiamato Peter Kristensen ha analizzato i test di intelligenza condotti su un campione di 250 mila maschi tra i 18 e i 20 anni e ha verificato che il valore dei QI diminuiscono con il diminuire dell’ordine di nascita: secondo quella ricerca, i primogeniti hanno in media un grado di intelligenza di 2,3 punti maggiore rispetto ai fratelli più giovani.

A proposito di quoziente intellettivo, sicuramente troverai interessante anche: Il quoziente intellettivo? Un mito da sfatare

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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La crisi economica ci rende più stupidi

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO UOMO TRISTE TRISTEZZA SUICIDIO DEPRESSIONE PAURA AIUTOL’Huffington Post ci parla di una ricerca condotta dall’università di Harvard, negli Usa, che dimostra come la povertà non intacchi solo la vita materiale degli individui ma danneggi anche la loro salute al punto da “stancare” il cervello e riducendo la sua attività.

IL DEFICIT COGNITIVO SCATENATO DALLA POVERTA’

A quanto pare le difficoltà economiche e le riflessioni su come sbarcare il lunario richiedono una tale energia mentale da ridurre le capacità di pensiero. Le preoccupazioni di carattere finanziario scatenano un deficit cognitivo quantificabile in una perdita di tredici punti di quoziente intellettivo -QI-, un dato uguale a coloro che passano la notte in bianco. Secondo gli scienziati i troppi pensieri “intasano” il cervello stancandolo e non permettendo più alla persona di poter valutare razionalmente le situazioni limitando la sua capacità di riflessione. Ed ecco perché chi è indebitato continua a contrarre prestiti, scatenando un circolo vizioso.

I POVERI NON SONO PIU’ STUPIDI

Il professore di economia dell’università americana e curatore dello studio, Sendhil Mullainathan, ha spiegato che il risultato dimostra che “quando si vive in povertà, la capacità cognitiva si riduce. Non è vero che i poveri siano più stupidi. Abbiamo solo dimostrato che la stessa persona, più povera, ha maggiori difficoltà nell’elaborare un pensiero rispetto a quando è economicamente soddisfatta”. Per arrivare a questo risultato il professor Mullainathan ha condotto una serie di esperimenti tra Usa ed India per far luce sui costi mentali della povertà scegliendo a caso persone povere e chiedendole come avrebbero pensato di risollevare la loro situazione finanziaria.

LA RICERCA

Contestualmente, i volontari si sono sottoposti ad un esame del quoziente intellettivo. Il gruppo è poi stato diviso tra “ricchi” e “poveri” in base al loro stipendio annuo, compreso tra 20 mila e 70 mila dollari. I risultati hanno dimostrato che non c’è molta differenza tra coloro che stanno bene e quelli che soffrono di piccoli problemi. Se invece venivano messi di fronte ai loro guai, ecco che il risultato è peggiorato. Secondo i ricercatori, la reazione del cervello è legata ad un processo scatenato dalla “scarsezza” di risorse, siano queste economiche, alimentari e sociali.

UNA VITA PRIVA DI ALTERNATIVE

Secondo il professor Eldar Shafir, membro del team di studiosi, la povertà ha un impatto a lungo termine sulla mente umana: “Quando sei povero non puoi dire di averne abbastanza, di dimenticare il proprio pasto o di non dar da mangiare ai figli o pagare l’affitto. Questi pensieri, messi insieme, non fanno altro che appesantire il cervello anche perché le soluzioni sono molto limitate, quando non ci sono proprio. Per questo -conclude Shafir- le persone, messe con le spalle al muro, cercano soluzioni immediate sbagliando perché non riescono a valutare le conseguenze”.

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Più il nostro quoziente intellettivo è alto e meno crediamo in Dio: gli atei sono più intelligenti dei credenti?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO UOMO CHE PREGA IN CHIESA RELIGIONE CATTOLICASta facendo enormemente discutere, e non poteva essere altrimenti, lo studio del dipartimento di analisi dell’Università di Rochester di New York pubblicato sul sito del noto quotidiano The Independent e dedicato alla relazione tra il cervello umano e l’esistenza di Dio. I risultati dello studio infatti dicono che gli atei sono mediamente più intelligenti di chi ha una qualche fede religiosa.

Premesse importanti

Anticipando le possibili fallacie logiche di qualche lettore, vi comunichiamo che questo studio e questo articolo NON vogliono dire:

  • che tutti gli atei siano “intelligenti”;
  • che tutti i credenti siano “non intelligenti”;
  • che “basta” essere atei per diventare “intelligenti”;
  • che “basta” essere credenti per diventare “non intelligenti”;
  • che non possa esistere un “non intelligente” che sia ateo;
  • che non possa esistere un “intelligente” che sia credente.

Già ora possiamo quindi avvertire il lettore che il tirar fuori una lista di grandi studiosi o geni credenti, dicendo: “Quei famosi premi Nobel credono in Dio, quindi tutto lo studio è necessariamente falso” è una chiara fallacia logica, come lo è anche dire: “Quei famosi premi Nobel NON credono in Dio, quindi tutto lo studio è necessariamente vero”. Una lista di geni credenti non inficia né scredita i risultati dello studio, come una lista di geni non credenti non lo conferma. Inoltre, per definizione, il parere personale non può in alcun modo sminuire i risultati di uno studio scientifico, specie di questa portata, quindi dire “mio zio crede in dio ed è un genio, quindi lo studio è per forza falso” non ha alcun senso logico, come non lo ha dire “mio zio è ateo ed è un genio, quindi lo studio è per forza vero”. L’unico modo che ha il lettore che non sia d’accordo con questo studio, di contraddire i suoi risultati, è quello di presentare i risultati di un altro studio altrettanto autorevole che abbia risultati opposti. Tutto il resto è opinione personale e, ripeto, non smonta un bel nulla: la scienza non si fa con le opinioni né con le esperienze personali, bensì con la ricerca scientifica.

Il lettore valuti inoltre che:

  1. no, non è una fake news: che siate d’accordo o no con i suoi risultati, sappiate che lo studio è vero ed è stato riportato su riviste scientifiche internazionali ed autorevoli. Chi dice che “questo articolo è basato su una notizia falsa”, sta oggettivamente dicendo una falsità;
  2. lo studio è del 2013, quindi se state leggendo questo articolo nel 2026, considerate che potrebbe essere considerato già “vecchio” e sorpassato da altri studi più recenti;
  3. quanto detto al punto precedente non significa che questo studio, essendo del 2013, sia falso o necessariamente non più valido: esistono studi scientifici effettuati decenni fa che sono ancora validi perché nel frattempo nessun altro studio è riuscito a contraddirli;
  4. valutare l’intelligenza umana è estremamente difficile, anche perché esistono vari tipi di intelligenze e svariati modi per misurarle: lo stesso QI viene da anni messo in discussione;
  5. se letto questo articolo andrete su Facebook a litigare con qualcuno unicamente sulla base delle vostre e delle sue credenze personali, sbagliate di grosso: ci auguriamo che nessuno usi questo post per generare inutili flame;
  6. il titolo di questo articolo, considerato “acchiappaclick” da un famoso sito, descrive con esattezza la situazione evitando di fare clickbait (senza considerare che il sito in questione usa si lui stesso spesso palesi titoli “acchiappaclick”).

Siti che si scagliano a favore o contro questo articolo, senza considerare tali informazioni e raccogliendone i risultati in modo superficiale per dare valore alla propria tesi, fanno unicamente disinformazione o cercano notorietà usando questo articolo come leva. Finita questa lunga ma doverosa premessa, veniamo ora a parlarvi della ricerca vera e propria.

Molti studi sembrano confermarlo

La ricerca del team dello stimato professor Miron Zuckerman, si è avvalsa – tra gli altri – di tre psicologi che hanno condiviso la definizione di intelligenza come capacità di:

  • ragionare;
  • pianificare;
  • risolvere i problemi;
  • pensare astrattamente;
  • comprendere idee complesse;
  • imparare in fretta;
  • imparare dall’esperienza.

La ricerca ha comparato più di 63 precedenti studi sul tema, in quella che viene chiamata “meta-analisi” cioè un potente strumento di ricerca matematico-statistico il cui scopo è quello di riassumere i dati provenienti da diversi altri strumenti di ricerca, molto usato anche in campo medico. L’obiettivo di questa integrazione è ottenere un unico indice quantitativo di stima che permetta di trarre conclusioni più forti di quelle tratte sulla base di ogni singolo studio. Ebbene su 63 studi Miron Zuckerman ed il suo team di ricercatori ha verificato che ben 53 giungono alla medesima conclusione, e cioè che le persone più sono religiose e meno sono intelligenti.

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Lo studio che mette insieme tanti studi

Pubblicato sulla prestigiosa “Personality and Social Psychology Review“, lo studio del professor Zuckerman prende in esame molte ricerche effettuate negli ultimi 90 anni, in molte università del mondo, su migliaia e migliaia di “cavie”. La più “antica” iniziò nel 1921 per proseguire per anni su 1.500 persone che da piccole avevano un quoziente intellettivo superiore a 135, bambini superdotati insomma: questi bambini, seguiti poi per decenni fino alla vecchiaia, avevano mostrato un più basso – molto più basso – livello di credenza religiosa. Le analisi comparate, di cui appunto solo 10 su 63 dicono che il credente è più intelligente dell’ateo, hanno fatto desumere all’equipe dell’Università di Rochester che è più probabile che i bambini più intelligenti si allontanino dalla religione.

Ma è davvero così?

Ovviamente questa affermazione non implica il fatto che un credente NON possa essere intelligente e la prova è la lunga lista di geni in vari campi dello scibile umano, che credono o hanno creduto in una religione. Inoltre il vero nucleo di questo studio potrebbe indicare qualcosa di lievemente diverso e cioè che chi è poco intelligente tende ad uniformare la propria opinione a quella comune, a conformarsi alle convenzioni sociali, quindi fra i credenti vengono conteggiati tutti i poco intelligenti che credono in Dio solo perché lo fanno tutti gli altri. Seguendo questo ragionamento, paradossalmente se fossimo in una società in maggioranza atea lo studio forse ci direbbe che mediamente gli atei sono meno intelligenti dei credenti. In pratica il risultato dello studio non implica che chi crede in Dio sia automaticamente poco intelligente ma solo che chi è intelligente tende più facilmente crescendo a staccarsi dalle convenzioni sociali e farsi un’idea propria. Bisogna infine considerare che avere una grande intelligenza non implica necessariamente una consapevolezza sul tema e molti “geni” potrebbero essere diventati atei solo per rifiuto verso le convenzioni sociali e non a seguito di una reale e profonda riflessione.

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Non accontentarsi di un dogma “fantasy”

Da qui in poi farò una serie di considerazioni personali, scaturite dal risultato di questa meta-analisi. Prendetelo come uno sfogo personale derivato da anni di discussioni con fanatici religiosi, quindi se eravate solo interessati alla ricerca citata nell’articolo, potete anche evitare di andare oltre.
Quando due esseri umani si pongono la domanda “da dove veniamo?” lo scienziato si sforza di elaborare delle tesi, come per esempio quella del Big Bang, e successivamente cerca con fatica delle prove a sostegno di una data ipotesi piuttosto che un’altra. Quando alla fine la tesi del Big Bang sarà quella più probabile MA NON LA TESI “CERTA”, lo scienziato ammetterà umilmente di non avere la “Verità” in tasca, ma solo delle teorie che si prestano alla smentita da parte di successivi scienziati che si impegneranno con fatica in nuove e più complesse ricerche. Invece il credente si “accontenterà” di sapere di Adamo ed Eva, cioè una storia oggettivamente di fantasia (e che presume anche una serie di incesti), preconfezionata, ipse dixit, senza mettere in discussione questa “Verità”. Per quanto poi tale metafora si presti a interpretazioni magari anche meno fantasiose, rimane comunque un dogma. Molto comodo, poco umile, perché presume di conoscere la risposta a domande a cui in realtà nessuno – neanche “l’infallibile” papa – può dare spiegazione certa.

Zeus, Babbo Natale e Gesù

Mentre lo scienziato arriverà a dire: non so per certo come questo dato fenomeno sia avvenuto e continuerò per sempre a cercare di capirne il perché, il credente si accontenta invece di una storia “fantasy” che fornisce tutte le risposte necessarie, ma esse appaiono (o dovrebbero apparire) all’uomo del 2000, palesemente grottesche ed inventate, tra angeli volanti, soli che si fermano nel cielo, arche-zoo improbabili, bambini primogeniti uccisi, streghe, maschilismi inaccettabili e diavoli con zoccoli e forconi che prendono possesso delle persone, insomma cose che potevano essere credute al tempo del Malleus Maleficarum e dello stigma diaboli, ma a cui oggi potrebbe credere solo uno schizofrenico delirante, ritenute accettabili solo perché ce le hanno ripetute ed inculcate fin da bambini, come amava ripetere Bertrand Russell, a partire dalla violenza del pedobattesimo in poi. Pensateci bene: da piccoli ci dicono che esiste Dio e che esiste Babbo Natale, due figure che non possiamo vedere. Poi cresciamo e ci dicono che Babbo Natale non esiste, mentre continuano a dirci che esiste Dio, ma se continuassero a dirci che esiste anche Babbo Natale, noi continueremo per sempre a credere che esiste un tizio obeso e probabilmente diabetico che vive in Lapponia e – non si sa bene perché – ad un certo punto della sua vita, aiutato dai sui amici elfi, sale su delle renne volanti e commette svariate violazioni di domicilio per dare regali alla gente senza motivo, storia comunque più plausibile di un uomo che muore, resuscita e poi vola in cielo dal padre che in realtà è sé stesso ed ha messo incinta la sua stessa madre vergine, storia che è per forza vera dal momento che la propria religione è sempre e comunque l’unica che dice la verità, mentre le altre migliaia di religioni esistenti ed esistite sono tutte bugie ridicole messe in giro dal diavolo per “sviarci”.
Vorrei poi nuovamente eliminare ogni possibilità di fallacia logica: la ricerca citata nell’articolo NON DICE che I CREDENTI NON SIANO INTELLIGENTI, semmai asserisce che è più probabile che una persona atea sia intellettivamente più capace di una credente esattamente come è statisticamente più facile che chi si sia messo a cercare i motivi fisici dell’esistenza dei fulmini sia stato intellettivamente più capace (o almeno più curioso, concedetemelo) rispetto a chi credeva che i fulmini sulla terra li mandasse un Zeus adirato. Ah, a proposito: c’è qualche credente all’ascolto che mi sa dire che differenza c’è tra il dio cattolico e Zeus? E non datemi la solita risposta, che “Dio esiste mentre Zeus non esiste“, perché a quel punto io potrei chiedervi, come fate sempre voi, di dimostrarmi la NON esistenza di Zeus e siccome non si può dimostrare la NON esistenza di nulla a questo mondo, non vorrei lasciarvi in tilt logico per alcune ore (anche se, per un credente, la logica ha ben poco peso…).

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Umili dubbi

Quello che penso è che la scienza si fa delle domande e prova a darsi delle risposte con fatica, ricercando con pazienza tramite esperimenti, mettendo sempre in dubbio con nuove scoperte la “verità” scoperta dagli scienziati precedenti, ammettendo a sé stessi con umiltà che anche la “verità” scoperta da noi, potrebbe non essere la vera “verità”. Amo pensare che il bello della conoscenza sia quello di colmare la nostra mente seminandovi dei dubbi, non riempendola di certezze, anche perché le certezze non appartengono alla nostra piccola esistenza e – probabilmente – mai le avremo, anche continuando a cercarle per sempre. Questa è la bellezza della scienza: spingere l’essere umano verso la curiosità, inseguire domande ed usare il cervello (quello stesso cervello che ci avrebbe dato un fantomatico dio, lo vogliamo usare o no?) per trovare risposte, in una continua lotta contro il dogma preconfezionato, contro un’arcaica verità, storicamente imposta con la politica, la forza, la violenza della (ben poco “santa”) inquisizione, le guerre ed il sangue innocente di “streghe” e di brillanti liberi pensatori marchiati a fuoco come “eretici”, contro ogni schema applicato da altri, partendo dal basso, dalla concezione di essere piccoli insiemi di molecole pensanti dispersi su un insignificante granello di polvere che galleggia nell’oscuro universo (quasi certamente colmo di altre forme di vita) e non certo le creature più importanti di esso, le predilette di una divinità invisibile, che ha ben poche differenze con il fantasioso (e più credibile) Sauron de “Il signore degli anelli“.

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La religione esiste solo perché abbiamo paura

Preghiamo soprattutto quando siamo in difficoltà e quando ci troviamo di fronte a situazioni che non capiamo e che vorremmo controllare ma non ci riusciamo. L’uomo vede i fulmini e ne ha paura, quindi inventa Zeus, che è nel cielo ed è lui a mandarli. Perché lo crea? Perché sente la necessità di immaginarsi un omino nel cielo, che non può vedere? Per tre motivi:

  1. si rende un evento inspiegabile… spiegabile. Si riesce finalmente a dare una spiegazione ad un evento incomprensibile, visto che la scienza duemila anni fa non poteva ancora spiegare il fatto che il fulmine fosse una semplice scarica elettrica instaurata fra due corpi con altissima differenza di potenziale elettrico. Un evento pauroso, capace di distruggere un raccolto, potenzialmente mortale e senza senso, diventa spiegabile e basta questo per far meno paura;
  2. si rende un evento imprevedibile… prevedibile. Se l’essere umano si comportava male con gli dei, Zeus inviava i fulmini, quindi il fulmine diventava un effetto di una causa ben specifica e riconosciuta, in una sola parola: prevedibile. Se una cosa è prevedibile, fa molta meno paura di un evento imprevedibile;
  3. si rende un evento incontrollabile… controllabile. Se l’essere umano si comportava bene con gli dei, pregandoli con rituali prestabiliti ed offrendo animali sacrificali, Zeus NON inviava i fulmini. Il fulmine, da elemento incontrollabile, diventava un evento evitabile grazie alla preghiera, ai rituali ed ai doni.

In pratica la religione fornisce una risposta rassicurante, ma con elevatissima probabilità falsa, alla paura dell’uomo per i fulmini. La scienza invece cosa fa? Si impegna, sperimenta, prova, riprova, finché capisce cos’è il fulmine ed impara a controllarlo con un parafulmine, controllandolo per davvero e non per finta con una inutile preghiera o un grottesco rituale in stile “danza della pioggia”. Ho fatto l’esempio dei fulmini, ma potete sostituirli con qualsiasi fenomeno, come i terremoti, le eclissi, le convulsioni di un epilettico, le stelle, la nascita di gemelli siamesi, l’aurora boreale… Se ci pensate, qualsiasi religione fornisce risposte facili, di immediata comprensione per chiunque (anche per chi ha è ignorante) e mediamente piacevoli, a qualsiasi paura umana. Paura della siccità (prega e dio manda la pioggia), dell’eclisse di sole (prega e dio fa riapparire il sole) delle malattie (prega e dio ti guarisce), di morire (prega e dio non ti fa morire) e della morte (prega e dio ti manda nel paradiso eterno). Ma soprattutto le religioni forniscono risposta a due delle più grandi domande dell’umanità: cosa c’è dopo la morte e perché esistiamo. Sono domande a cui, probabilmente, non avremo mai risposta. Sono domande che ci fanno paura, soprattutto quando ci avviciniamo al trapasso, perché una possibile risposta potrebbe essere “dopo la morte diventiamo polvere, dopo un paio di generazioni nessuno si ricorderà di noi e la nostra esistenza non ha alcun senso”. E’ vero: anche la scienza esiste perché abbiamo paura di ciò che non conosciamo, ma essa ha l’obiettivo di rispondere in modo razionale e non con favole e – se proprio non riesce a trovare una risposta scientificamente rilevante – ammette la sua ignoranza e non inventa facili e ridicole risposte.

La religione è controllo sociale, politico ed economico

In soldoni, la scienza prova a dare risposte, ma non lo fa in modo rassicurante. Non ci dice che c’è un paradiso dopo la morte, ma solo polvere. Non ci dice che siamo il popolo eletto di dio, ma solo che siamo una forma di vita nata per una serie di incredibili coincidenze, che naviga su un granello di sabbia in uno spazio oscuro, forse infinito e che per noi non ha neanche un punto di riferimento, ad esempio non ha né un sopra né un sotto. La scienza non si piega a facili risposte rassicuranti disegnate per colmare la paura della morte, delle malattie e dell’inutilità delle nostre incomprensibili esistenze. Al contrario la religione “regala” risposte anestetizzanti create con l’unico scopo di istituire un potere economico e politico basato sull’ignoranza e su una manipolazione che tanto somiglia alla circonvenzione di un incapace, magari quando l’essere umano è più debole, ad esempio quando è disperato per una malattia terminale e quindi più facilmente plagiabile. Una bieca manipolazione che inizia fin da quando siamo dei neonati e non possiamo difenderci dal vedere la nostra testa bagnata da fantomatiche acque sante (motivo per cui non ho battezzato i miei figli: da grandi e consapevoli del gesto, se vorranno, lo faranno loro). Una manipolazione che ha storicamente sempre elevato il clero oltre meriti reali, permettendogli di restare SEMPRE impunito di fronte a crimini indicibili e di possedere 2 mila miliardi di euro solo in immobili, alla faccia della povertà auspicata (per gli altri, non per sé stessi). Una associazione piramidale, ipocrita, falsamente umile, storicamente distopica, che crea buchi fenici nelle mani di manigoldi prima osteggiati dalla chiesa e poi usati come carta di credito e che ostenta sangue non newtoniano da mescolare all’occorrenza, per vendere santini, medagliette, acqua “santa” e paccottiglia a caro prezzo in stile Wanna Marchi. Una associazione che prende cadaveri di poveri ragazzini, li imbalsama con cera e silicone, gli mette una tuta da ginnastica con l’etichetta di “santo” e li ostenta come feticci alla necrofilia del credente. Un gruppo composto da numerosi individui senza scrupoli che non vede l’ora di trovare il portafoglio nelle nostre tasche e che gode nel nostro piegarsi davanti a persone vestite da carnevale e che parlano in latino per darsi un tono di santità, ma che all’interno in realtà sono più atee del sottoscritto. Individui che non vedono l’ora di trovare il morbido della società dove affondare il colpo, e quel morbido è chiamato ignoranza, motivo per cui la scienza, la razionalità, la possibilità di studiare e di accedere alla cultura, sono da sempre i naturali nemici alle religioni tutte. Non smettiamo mai di studiare e di usare il nostro cervello! Senza aspettare qualcosa dopo la morte, ma vivendo pienamente la nostra vita consci del fatto che – probabilmente – sarà l’unica a disposizione. Vivendo in armonia con gli altri perché lo sentiamo dentro di noi e non per paura di un improbabile inferno che ci aspetta. Senza essere condizionati nelle nostre scelte, di vita, di aborto, di eutanasia, di legami, di sessualità, da interferenze inaccettabili per uno stato laico ed aconfessionale come (dovrebbe essere) l’Italia, da parte del Vaticano che, di fatto, è uno Stato straniero a cui le leggi italiane si devono piegare da decenni.

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La religione è psichiatria elevata a convenzione sociale

In tutto ciò vorrei farvi notare un fatto curioso: come facciamo noi medici a distinguere uno schizofrenico che vede e parla con una persona invisibile, da un credente che vede e parla col suo dio invisibile? Dobbiamo pur avere un criterio per distinguere i malati dai sani. Ebbene, semplificando, chi crede in una divinità invisibile non viene considerato un malato mentale fondamentalmente solo perché – in base alla cultura ed alla società in cui vive – crede in qualcosa in cui credono troppe persone, quindi diventa una convenzione sociale il fatto che sia considerato sano. Se arriva da me un paziente italiano che crede (lui da solo) nel dio Ngalyod (il “serpente arcobaleno”), che parla con lui, lotta contro il Sole e crea montagne, giudicando chi vìola le leggi, lo potrei considerare come psichiatrico, mentre se giunge da me un paziente aborigeno australiano, che crede nello stesso identico dio, lo dovrei giudicare come sano perché, per la sua cultura di riferimento, è da sani credere nel serpente arcobaleno. Ripeto il concetto: se arriva una persona all’ospedale che dice di parlare con una persona invisibile che vive ovunque e gli appare davanti agli occhi e parla con lui, noi medici dobbiamo avere un criterio per dire se quella persona ha assunto droghe oppure se è probabilmente uno schizofrenico che ha allucinazioni uditivo-visive o se è sano di mente. Se in quell’omino invisibile credono miliardi di persone, allora è sano. Se in quell’omino invisibile ci crede solo lui, allora è malato. E’ una semplificazione estrema, ma concettualmente è così. La differenza tra religione e psichiatria, fondamentalmente, è solo il numero di persone che crede in quella religione ed il fatto di essere inseriti in una certa cultura piuttosto che in un altra e in un certo periodo storico piuttosto che in un altro. Ha fatto scalpore ad esempio il conduttore televisivo Paolo Brosio che alcuni anni fa asserì di vedere la Madonna e di averla fotografata; se Brosio avesse detto: “Ho visto l’unicorno volante”, avrei dovuto indagare su una sua possibile malattia psichiatrica o sull’uso di stupefacenti, ma visto che ha detto “Ho visto la Madonna”, allora devo reputarlo sano, perché è un fatto comune pensare che qualcosa che in base all’esperienza empirica oggettivamente non esiste, come la Madonna, in realtà esista. Se tuttavia fra qualche anno esistesse “la religione dell’unicorno volante” e miliardi di persone credessero che l’unicorno volante esista e che il dio cattolico non esista, dovrei considerare sani i moltissimi credenti nell’unicorno volante e potrei considerare schizofrenici le due o tre persone che ancora dicono di parlare col dio cattolico. Eh si, perché le convenzioni sociali per definizione cambiano nel tempo e nello spazio: se viene da me un tizio che dice che esiste Zeus che manda i fulmini e che lui gli parla ogni giorno da una nuvola, lo considero “pazzo” solo perché siamo in Italia nel 2020 e non in Grecia nel 300 avanti cristo. Nel 4000 ad esempio il dio cattolico potrebbe con buone probabilità essere considerato pura mitologia, come viene oggi considerato mitologia Zeus. Le religioni, proprio perché storie di fantasia, evolvono nel tempo e cambiano in base alle esigenze sociali contingenti. Per approfondire questo argomento, vi consiglio la lettura di: Sindrome di Lasègue-Falret (disturbo psicotico condiviso): quando la follia è “a due”

La mia è l’unica Verità vera

Le convenzioni sociali e le verità “dogmatiche” accettate cambiano anche semplicemente da un gruppo di persone di riferimento all’altro. Pensiamo ad esempio agli adepti di Scientology, che legittimamente credono in questa storia descritta dallo scrittore di fantascienza L. Ron Hubbard:

Xenu era il feroce governatore supremo della Confederazione Galattica (fondata 95 milioni di anni fa) che, circa 75 milioni di anni fa, si rese autore di un genocidio galattico portando sulla Terra centinaia di miliardi di alieni facendoli viaggiare su velivoli simili ai nostri DC-8. Queste astronavi venivano adoperate in quel periodo per trasportare gli individui sui vari pianeti di cui faceva parte la Confederazione e per ucciderli all’interno di diversi vulcani usando delle bombe ad idrogeno. Gli spiriti di questi alieni sono presenti oggi e vivono attaccati ai corpi delle persone causando loro danni spirituali.

Perdonate eventuali errori nella storia: se ci fosse qualche lettore di Scientology all’ascolto, scriva un messaggio per correzioni. Nel gruppo degli appartenenti a Scientology, di cui fa parte anche l’attore Tom Cruise, questa storia ha perfettamente senso, mentre la storia del dio cattolico è stata totalmente inventata ed è probabilmente considerata inverosimile e sciocca. Nel gruppo dei cattolici, al contrario, la storia di Xenu governatore della Confederazione Galattica è considerata totalmente inventata, inverosimile e sciocca, mentre la storia di Gesù crocefisso, del dio cattolico, dell’inferno, della Madonna vergine e degli angeli ha perfettamente senso. Se chiedi ad un membro dei due gruppi, ognuno ti dirà che le cose in cui egli crede siano l’unica Verità, mentre quello che dicono gli altri milioni di credi diffusi sulla testa, siano solo menzogne. E se prendessi un credente per ognuna delle circa 3000 religioni attualmente esistenti ed ognuno potesse dire che il suo dio è l’unico realmente esistente? Chi ha ragione? E se non avesse ragione nessuno? E se la Verità non fosse di questo mondo?

Il punto di domanda

Umiltà, curiosità, assenza di Verità precostituite ed apertura mentale ci hanno permesso di avanzare nel progresso scientifico ed aumentare la nostra aspettativa di vita da 30 a 80 anni: se Albert Bruce Sabin, anziché inventare il celebre vaccino che ha salvato la vita a milioni di bambini, avesse passato la vita a pregare, quei bambini ora sarebbero morti, tra l’altro in teoria per volontà di quello stesso dio che il credente ringrazia quando “salva la vita” ma non incolpa mai quando “fa ammalare”, con la tipica coerenza che lo contraddistingue. Ed è sempre “grazie a dio” e mai grazie al chirurgo che ha passato magari 40 anni di vita a studiare per togliere a vostro figlio quel maledetto tumore al cervello, tumore che in teoria dio stesso ha fatto venire a vostro figlio oppure – nel migliore dei casi – ha previsto ma senza fare un bel nulla per evitarlo, condannando un innocente bambino al dolore e alla morte senza alcun motivo, il tutto spiegabile dal prete di turno con un abilissimo “le vie del signore sono sconosciute all’uomo…”. Lo stesso prete che poi, diventato papa, quando una bimba gli chiede “chi ha creato dio?”, fa finta di nulla e non risponde perché sa benissimo che qualsiasi sua risposta non avrebbe senso, come nessun senso ha la sua religione tutta. Che poi, davvero questo dio che ha, almeno previsto la formazione del tumore, non fa nulla per impedirlo se non viene prima almeno un po’ pregato di farlo? Un dio piuttosto egocentrico e narcisista, direi! Ma a questo punto quando state male, andate in chiesa e non al Pronto Soccorso: una preghiera da recitare a memoria senza neanche capirne le parole dedicata al vostro santo preferito (che “intercede” con dio, con una sorta di “raccomandazione divina”) ed il vostro cancro al colon sparirà per “miracolo”! E, rimanendo in tema, come fate a non capire che sarebbe molto più utile passare un’ora a fare volontariato, piuttosto che passare la stessa ora in chiese (sempre più vuote per fortuna) a sonnecchiare e far finta di ascoltare e capire fiabe ridicole ed anacronistiche su Farisei e Samaritani, scritte migliaia di anni fa da uomini misogini? Come fate inoltre a non capire che i “miracoli” sono semplicemente dei fatti che la scienza non è riuscita ANCORA  a spiegare? Alcuni episodi considerati “miracoli” mille anni fa, ad esempio, oggi sono spiegabilissimi, perché la scienza è “andata avanti”. Per la religione le eclissi solari erano la rappresentazione dell’ira di dio e mettevano paura: ora – grazie alla scienza – non ci fanno più paura.
La scienza ci ha fatto progredire anche perché chiunque può farne parte: se arrivasse un bambino di 11 anni e riuscisse a dimostrare scientificamente che Einstein si sbagliava, la scienza sarebbe costretta ad accettare la nuova tesi senza alcun timore reverenziale. La ricerca sfida l’autorità, non si mette all’ombra di un albero a cullarsi comodamente sulla verità provata o detta da altri 2000 anni prima, altrimenti la Terra sarebbe ancora piatta ed al centro dell’universo, col Sole che ci gira attorno. La religione invece non si pone domande ma accetta dei dogmi – oggettivamente irrazionali e usciti da un racconto fantasy – per fede, dando alle persone una “Verità” arbitraria che non può essere messa in discussione, MAI, altrimenti qualche anno fa si finiva per esser torturati, imprigionati ed uccisi bruciati vivi, mentre oggi si finisce per essere ostracizzati dalla società e dal mondo del lavoro, come successo a tanti miei colleghi.
La ricerca scientifica è un fiume in piena inarrestabile che spinge l’uomo a nuotare ingegnandosi verso posti sconosciuti, mentre la religione è un rassicurante lago fermo lì da migliaia di anni, con mezzo metro di profondità, che addomestica l’uomo trattandolo da decerebrato, cullandolo in una ciambella di piacevoli menzogne, rendendolo comfortably numb ed allontanando dalla sua mente la paura delle malattie e della morte, ottenendo da ciò uno smisurato potere economico, sociale e politico: l’unico prezzo da pagare per galleggiare nelle placide acque tiepide della piacevole ignoranza, è il rispetto per sé stessi e la propria intelligenza ed in molti questo dazio lo pagano volentieri, specie nell’Italia “orgogliosamente” prima per analfabetismo funzionale.

La parola di Dio è un punto esclamativo che chiude la nostra mente e ci lascia fermi su una falsa linea di arrivo. La scienza è un punto di domanda che rimette tutti sulla linea di partenza e ci apre la mente alla luce dell’infinito.
Non so come la pensiate voi, ma io preferisco i punti di domanda.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Gli italiani nati nel sud sono meno intelligenti dei settentrionali?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SCUOLA STUDENTI UNIVERSITA STUDIARE LAUREATISolo alcuni giorni fa avevo pubblicato questo articolo: I cervelli delle persone del nord sono più grandi di quelli del sud: i milanesi sono più intelligenti dei palermitani?

L’argomento è decisamente scottante, oltre che interessante, così ho esteso le mie ricerche ed ho trovato uno studio del prof. Richard Lynn che proverebbe una verità scomoda per i meridionali: gli italiani nati nel sud sono meno intelligenti di chi è nato nel nord. Richard Lynn, docente emerito di psicologia all’università dell’Ulster a Coleraine, in Irlanda del Nord, è famoso per le sue teorie a dir poco provocatorie. Ritiene che esistano differenze nell’intelligenza degli individui in base alla razza e al sesso: ad esempio una sua ricerca vuole dimostrare che la pelle più chiara corrisponde a una maggiore capacità mentale, un’altra sua ricerca dimostrerebbe la minore capacità intellettiva delle donne rispetto agli uomini in base alla misura più piccola del volume cranico delle prime rispetto ai secondi.

Continua la lettura con https://www.corriere.it/cronache/10_febbraio_16/meridionali-intelligenza-ricerca-lynn_42261d88-1b05-11df-af4a-00144f02aabe.shtml

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Sono più intelligenti gli uomini o le donne? Nuovi studi hanno decretato il vincitore

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SCUOLA STUDENTI UNIVERSITA STUDIARE LAUREATISono più intelligenti gli uomini o le donne? Quante volte, anche per gioco, ci siamo fatti questa domanda? Quante litigate coi propri amici maschi e femmine ci siamo fatti? Forse oggi abbiamo una risposta e ve lo dico subito: cari colleghi maschi, purtroppo pare che abbiamo perso! Vari studi pubblicati recentemente su autorevoli riviste scientifiche internazionali sembrano indicare che sono le donne ad essere più intelligenti, o meglio ad avere un più alto quoziente intellettivo (QI). Noi possiamo almeno consolarci pensando che alcuni recenti studi hanno invece messo in discussione il quoziente d’intelligenza come reale valore per giudicare l’intelligenza di una persona.

Cervello femminile più efficiente

Ma veniamo al risultato degli studi che condannano noi uomini al secondo posto di questa “gara a due”, cominciamo parlando di efficienza: il cervello femminile è più efficiente di quello maschile. Le donne, avendo il cervello più piccolo in media dell’8% rispetto ai maschietti, ne hanno uno più performante del loro. Lo affermano un gruppo di ricercatori dell’Università di Los Angeles e dell’Università di Madrid, in uno studio pubblicato sulla rivista Intelligence. Secondo quanto emerso dai loro esperimenti inoltre, le donne sarebbero più abili nel ragionamento induttivo e nella matematica e il loro cervello “consumerebbe” invecchiando anche meno neuroni.

Il quoziente intellettivo femminile cresce più velocemente

In tema di più alto QI un altro studio sembra confermare che le donne sono più intelligenti degli uomini. A sostenere la superiorità dell’intelligenza femminile è infatti lo psicologo James Flynn, il più grande esperto mondiale in fatto di studio del quoziente intellettivo. Dopo diversi anni di ricerca, Flynn è giunto alla conclusione che negli ultimi decenni i punteggi medi del Quoziente Intellettivo dell’uomo hanno continuato a salire, sia per gli uomini che per le donne, di almeno tre punti ogni 10 anni. Il motivo è semplice: «È una conseguenza della modernità », ha spiegato lo psicologo. «La complessità del mondo moderno ha spinto i nostri cervelli ad adattarsi e ha fatto crescere il QI». Quello delle donne, però, negli ultimi anni si sviluppa più velocemente di quello degli uomini. Tanto che in molti Paesi (come Nuova Zelanda, Argentina ed Estonia) le donne hanno superato gli uomini nei test per il calcolo del QI.

Perché le donne sono più intelligenti?

I motivi possono essere principalmente due: la prima ipotesi è che le donne abbiano sviluppato una maggiore intelligenza perché costrette a una vita multitasking in cui devono conciliare famiglia e lavoro (cosa che prima accadeva raramente o comunque non con i ritmi degli ultimi anni); la seconda ipotesi è che le donne abbiano da sempre avuto un’intelligenza potenzialmente superiore, ma che sia stata bloccata da una società incentrata sull’uomo (leggi “maschilista”) e che solo ora possano esprimerla liberamente in un contesto di parità tra i sessi. Nessuno sa quale sia la risposta giusta. Quel che è certo è che «l’effetto della vita moderna sul cervello delle donne sta appena cominciando a emergere».

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Il quoziente intellettivo? Un mito da sfatare

MEDICINA ONLINE CERVELLO INTELLIGENZA IDEA STUDIOAvete provato, magari per semplice curiosità, a sottoporvi ai test per misurare il quoziente intellettivo e il risultato è stato deludente? Non vi Continua a leggere

Sei di destra? Sei meno intelligente

MEDICINA ONLINE UOMO CATTIVO ARRABBIATO FA GESTO SILENZIO BIANCO E NERO FASTIDIO RAZZISMO PREGIUDIZIO

Premesse importanti

Visto che questo articolo sviluppa, anche a distanza di anni, delle vere e proprie “guerre” tra opposte fazioni politiche sui social come Facebook, mi sento in dovere di scrivere a posteriori questa premessa. Anticipando le possibili fallacie logiche di qualche lettore, vi comunico che questo studio e questo articolo NON vogliono dire:

  • che tutte le persone di idee politiche di sinistra o di centro siano “intelligenti”;
  • che tutte le persone di destra siano “non intelligenti”;
  • che non possa esistere un “non intelligente” che sia di sinistra o di centro;
  • che non possa esistere un “intelligente” che sia di destra;
  • che tutte le idee politiche di sinistra o di centro siano necessariamente giuste;
  • che tutte le idee politiche di destra siano necessariamente sbagliate.

Già ora possiamo quindi avvertire il lettore che il tirar fuori una lista di grandi studiosi o geni di destra, dicendo “Quei famosi premi Nobel sono di destra, quindi tutto lo studio è falso” è una chiara fallacia logica. Una lista di geni di destra non inficia né scredita i risultati dello studio. Inoltre, per definizione, il parere personale non può in alcun modo sminuire i risultati di uno studio scientifico, quindi dire “Mio zio Ugo è un genio ed è di destra, quindi lo studio è falso” (frase realmente letta su Facebook), non ha alcun senso logico. L’unico modo che ha il lettore che non sia d’accordo con questo studio, di contraddire i suoi risultati, è quello di presentare i risultati di un altro studio altrettanto autorevole che abbia risultati opposti. Tutto il resto è opinione personale e, ripeto, non smonta nulla.

Il lettore valuti inoltre che:

  1. l’affermazione contenuta nel titolo non rappresenta necessariamente l’opinione di chi scrive bensì è il risultato di una ricerca condotta dalla Brock University nell’Ontario, Canada, e pubblicata sulla prestigiosa rivista Psychological Science; il sottoscritto, in questa sede assolutamente neutrale nei confronti dei diversi schieramenti politici, ha semplicemente trovato interessante questa ricerca e meritevole di dibattito;
  2. no, non è una fake news: che siate d’accordo o no con i suoi risultati, sappiate che lo studio è vero ed è stato riportato su riviste scientifiche autorevoli. Chi dice che “questo articolo è basato su una notizia falsa”, sta oggettivamente dicendo una falsità;
  3. lo studio è del 2012, quindi se state leggendo questo articolo nel 2027, considerate che potrebbe essere considerato già “vecchio” e sorpassato da altri studi più recenti;
  4. quanto detto al punto precedente non significa che questo studio, essendo del 2012, sia falso o necessariamente non più valido: esistono studi scientifici effettuati decenni fa che sono ancora validi perché nessun altro studio è riuscito a contraddirli;
  5. valutare l’intelligenza umana è estremamente difficile, anche perché esistono vari tipi di intelligenze e svariati modi per misurarle: lo stesso QI viene da anni messo in discussione;
  6. il titolo di questo articolo, così tranchant, è ovviamente provocatorio: la questione in realtà – come sempre accade – è molto più complessa, quindi cerchiamo di non fermarci al titolo come spesso fa l’italiano medio;
  7. no, questo sito non parla di politica e nessuno del nostro Staff – pur avendo ovviamente le proprie idee – ha interessi e/o lavora in politica: chi vede in questo articolo un modo subdolo per attaccare qualche schieramento politico e/o soggetto politico o per favorirne un altro, compie un grossolano bias cognitivo;
  8. il concetto su cosa siano con esattezza le idee politiche di “destra”, “estrema destra”, “centro”, “sinistra” o “estrema sinistra”, non è universalmente valido, bensì cambia a seconda dello Stato che si prende in considerazione e del periodo storico di riferimento: una stessa idea considerata di “sinistra” negli USA degli anni ’90, potrebbe essere valutata di “destra” nell’Italia del 2010 o nell’Unione Sovietica degli anni ’70.

Fatte queste premesse, ora passiamo finalmente all’articolo vero e proprio.

Il circolo vizioso

Dallo studio dei ricercatori canadesi della Brock University è emerso che chi da bambino presenta un quoziente intellettivo alquanto basso, crescendo avrà maggiori possibilità di sviluppare tendenze razziste, conservatrici, pregiudizi e intolleranza verso altre culture e religioni; al contrario, chi da bambino ha un QI più alto, crescendo avrà maggiori tendenze a sviluppare idee progressiste. Il professore di psicologia Gordon Hodson, autore e responsabile dello studio, ha spiegato:

“Quello che è emerso è un ciclo vizioso, in cui le persone con basso QI vivono intorno a ideologie conservatrici che formano resistenze al cambiamento e dunque pregiudizi e razzismo”.

Secondo il prof. Hodson, i risultati della ricerca mostrano che le persone “meno intelligenti” svilupperebbero fin da bambini tendenze maggiormente conservative a causa di strutture ed ordini più facili da capire rispetto alla complessità che li circonda. Semplificando: secondo la ricerca in questione, chi ha un QI più basso tenderebbe ad appoggiare idee più “facili da comprendere” e conservative (generalizzando: “porti chiusi”, forte attaccamento alla propria religione e cultura, patriottismo, famiglia “tradizionale” e patriarcale, contrasto all’omosessualità, libero mercato, pensiero dogmatico, maggiore libertà di difesa personale e della proprietà privata anche con armi, difesa dei propri valori, pregiudizio verso altre culture e religioni, autoritarismo, potere all’uomo “forte”…), mentre chi ha un QI più alto tenderebbe ad appoggiare idee più “complesse” e progressiste (accoglienza degli stranieri, inclusività, ateismo, sentirsi “cittadini del mondo”, tolleranza verso altre culture e religioni, parità sessuale, potere “al popolo”, azione sociale dello stato, libertà sessuale, maggiore attenzione alla ricerca scientifica, opposizione ai dogmi, apertura mentale, redistribuzione della ricchezza…).

Lo studio completo potete leggerlo in questo PDF: Gordon Hodson – Lower Cognitive Ability Predicts Greater Prejudice Through Right-Wing Ideology

Pregiudizi e razzismo

Ecco le parole esatte emerse dallo studio di Hodson:

“Sfortunatamente queste caratteristiche contribuiscono a sviluppare pregiudizi. Nonostante le loro implicazioni importanti per i comportamenti e le relazioni interpersonali, le capacità cognitive sono state ampiamente ignorate come spiegazioni del pregiudizio. Abbiamo proposto e testato modelli di mediazione in cui basse capacità cognitive predicono un maggiore pregiudizio, un effetto mediato attraverso l’approvazione di ideologie di destra (conservatorismo sociale, autoritarismo di destra) e bassi livelli di contatto con i membri esterni al gruppo. In un’analisi su larga scala, a livello nazionale rappresentante del Regno Unito, abbiamo scoperto che più è bassa l’intelligenza generale durante l’infanzia, più razzismo si produce in età adulta, e questo effetto è stato in gran parte mediato attraverso una ideologia conservatrice. Un’analisi secondaria di un set di dati degli Stati Uniti ha confermato un effetto predittivo di scarsa capacità di ragionamento astratto-omofobico sul pregiudizio, un rapporto parzialmente mediato sia da autoritarismo e bassi livelli di contatto con l’intergruppo. Tutte le analisi hanno tenuto conto dell’istruzione e dello status socioeconomico. I nostri risultati suggeriscono che le abilità cognitive svolgono un ruolo fondamentale, anche se sottovalutato, nel determinare il pregiudizio. Di conseguenza, si consiglia una accresciuta attenzione sulla capacità cognitiva nel campo della ricerca sul pregiudizio e una migliore integrazione delle capacità cognitive nei modelli di pregiudizio.”

Tutti i lettori di destra, prima di sentirsi offesi da questa ricerca, dovrebbero leggersi questo articolo.

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