Obesi e fumatori finiscono in fondo alla lista per le operazioni chirurgiche

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma  OBESI FUMATORI FONDO LISTA CHIRURGIA  Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgDal gennaio di quest’anno essere obesi o fumatori significherà anche dover aspettare di più per sottoporsi a un intervento chirurgico non urgente, dalla protesi all’anca o al ginocchio, fino ad altre operazioni non salvavita. Succede in Gran Bretagna, a stabilirlo è una direttiva emanata dall’azienda sanitaria locale di Vale of York, regione nel nord dell’Inghilterra, che lavora su questo progetto da un paio di mesi. A settembre, il primo annuncio di voler allungare la lista d’attesa per i pazienti con problemi di salute era stato accolto da un coro di proteste e quindi sospeso dal Servizio sanitario nazionale. Una pausa di riflessione per i funzionari del Ministero, che però dopo due mesi, e probabilmente qualche conteggio in più, nelle scorse ore hanno dato il via libera all’iniziativa.

Obesi e fumatori costano di più ai contribuenti
La nuova regolamentazione sarà adottata solo a livello locale, con il coinvolgimento di circa 350mila pazienti, ma suona ai più come una sorta di progetto pilota in vista di sviluppi futuri. Benché venga presentato come una formula per spingere i pazienti a prendersi cura della propria salute, infatti, il progetto appare come uno stratagemma per risparmiare sul bilancio traballante del Servizio sanitario nazionale, rimandando il più possibile gli interventi su candidati meno in forma, che date le loro condizioni potrebbero richiedere maggiori spese per il recupero e l’assistenza, spese che però – bisogna ricordarlo – sono pagate con le tasse di tutti i cittadini, anche quelli che con volontà e fatica si prendono maggiormente cura della propria salute.

Invito a dimagrire e smettere di fumare
Indipendentemente dalla sua vera finalità, comunque, da gennaio la direttiva sarà operativa. Le persone con un indice di massa corporea (BMI) di almeno 30 saranno invitate a dimagrire del 10 per cento oppure verranno penalizzate con un ritardo di dodici mesi nelle liste d’attesa per gli interventi chirurgici di tipo facoltativo. Analoga la misura definita per i fumatori accaniti, che dovranno abbandonare le sigarette per due mesi per aver accesso ai reparti di chirurgia e se non saranno in grado di farlo vedranno il loro nome messo in fondo alla lista, con sei mesi minimo di ritardo rispetto ai tempi usuali.

Una forma di discriminazione?
Alcuni parlano di una forma di “discriminazione” applicata a categorie di pazienti che, peraltro, sono molto diffuse in Gran Bretagna, tanto che quando la proposta è stata annunciata, all’inizio di settembre, le critiche sono state massicce. Anche Clare Marx, presidente del Royal College of Surgeons (Rcs), ha alzato la sua voce contro il progetto e dichiarato pubblicamente che i pazienti «devono essere trattati in base ai sintomi» e non secondo forme di discriminazione. Dal mio punto di vista invece questo potrebbe essere un sistema sicuramente drastico, ma funzionale, per spingere le persone a curarsi maggiormente della propria salute.

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo

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La cartella più bella del mondo

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LA CARTELLA PIU BELLA DEL MONDO Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Dolore Schiena Spalla Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Ano.jpg

C’è chi non si può permettere il cellulare da 800 euro
c’è chi non si può permettere un giocattolo nuovo a settimana
c’è chi non si può permettere la cartella di Spiderman

MA quello che conta è altro, è nel cervello.

E sono sicuro che è il più bravo della sua classe
e se da grande diventerà medico, io voglio farmi curare da lui
e se questa società potrà avere un futuro migliore, dipende solo da come educhiamo i bambini al valore degli oggetti.

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Black Monday 19 ottobre 1987: il lunedì nero dell’economia mondiale

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma LUNEDI NERO ECONOMIA MONDIALE Soldi Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene HD.jpg

Indice Dow Jones dal luglio 1987 al gennaio 1988

Forse siete qui perché avete appena visto il film di Martin Scorsese “The Wolf of Wall Street”, dove se ne parla nelle prime scene del film: mi riferisco al “lunedì nero“, il più grave crollo economico della storia dell’economia mondiale, un tipico cigno nero, cioè un evento inaspettato che cambia il mondo.

Tutto iniziò lunedì 19 ottobre 1987. Quella storica mattina molti operatori raccontarono di essere andati a lavorare con una strana sensazione di disagio, perché il venerdì precedente l’indice dei titoli industriali, il Dow Jones, era sceso di 108.35 punti.
Il primo mercato ad aprire dopo il weekend era stata la Borsa australiana di Melbourne. I prezzi furono messi sotto pressione fin dall’inizio, registrando grandi perdite. Anche a Tokio la Borsa aveva aperto più bassa, chiudendo tuttavia con una perdita limitata del 2,5%. Ma a Hong Kong non ci fu moderazione. In una febbrile attività di compravendita l’indice azionario perse l’11%, raggiunto il quale la Borsa sospese gli scambi per eccesso di ribasso per tutta la settimana. Lo scenario fu lo stesso a Singapore.

In vista di questi eventi le borse europee aprirono sotto la minaccia di una tempesta. A Londra e a Zurigo gli indici scesero dell’11% a Francoforte e a Parigi, Stoccolma e Copenhagen del 6% con pesanti vendite su tutti i comparti e in un’atmosfera da differenti livelli di panico collettivo. Prima della chiusura delle borse europee, le principali società finanziarie americane avevano iniziato le consuete riunioni della mattina per fare il punto sui mercati. Una era la Merrill Lynch, il cui analista capo, Robert J. Farrell, annunciò che era estremamente pessimista. “Una caduta di 200 punti” non sarebbe stata impossibile. Anche il presidente della Kidder, Peabody &Co., Max C. Chapman Jr. aveva visto le sue preoccupazioni aumentare nel weekend e quel lunedì mattina avvertì i suoi collaboratori che avrebbero dovuto affrontare una giornata difficile. E quando gli operatori arrivarono in ufficio in una terza società di intermediazione, la Donaldson, Lufkin & Jenrette, furono sorpresi nello scoprire che il consiglio d’amministrazione aveva assunto delle guardie armate per proteggersi dai clienti infuriati. La ramanzina del presidente, che si concludeva con queste parole: “Cerchiamo di ragionare a mente fredda e forse riusciremo a sopravvivere a questa situazione”, non risollevò certo il morale. Poi suonò il gong e iniziarono gli scambi.

Quando i primi prezzi iniziarono a scorrere sugli schermi dei computer l’indice industriale era a 2180 punti, 67 punti in meno rispetto al livello del venerdì precedente. Cinquanta milioni di azioni furono scambiate già nei primi 30 minuti dopo l’apertura. Poi i prezzi iniziarono a scendere lentamente e inesorabilmente, mentre gli scambi raggiunsero un livello mai registrato prima. Ogni minuto tre milioni di azioni cambiavano mani. Dopo un’ora, 140 milioni di azioni erano state scambiate e l’indice era sceso ulteriormente a 2145. Poi iniziò il vero collasso. Un operatore urlò “Stiamo affondando”, le linee telefoniche diventarono incandescenti e i computer non riuscivano più a tenere il passo, erano sempre più indietro rispetto agli scambi, riportando alla fine i prezzi delle azioni con mezz’ora di ritardo. La causa principale era stato il computer trading, allora molto diffuso. Un esercito di computer, programmati per tenere allineati i prezzi delle azioni con quelli dei future, iniziò a immettere sul mercato un flusso infinito di stop-order, dato che in quel momento i prezzi dei future erano inferiori del 20% a quello delle azioni sottostanti. Il mercato scese inesorabilmente, minuto dopo minuto, e nessuno aveva la minima idea di quanto sarebbe successo ancora. Alla Shearson Lehman gli operatori misero sulle loro scrivanie un cartello su cui c’era scritto: “Alle scialuppe di salvataggio!”

Quando finalmente arrivarono le 4 e suonò il gong di chiusura, si sentì l’urlo disperato di un operatore: “Questa è la fine del mondo!” Poi venne la quiete. Nel corso di sette ore l’indice azionario americano era sceso del 23% raggiungendo 1739 punti, con un volume record di 604 milioni di azioni.
Ma le borse non dormono a lungo. Un paio di ore dopo che la Borsa della West Coast aveva chiuso, aprì la Borsa di Tokio, in un evidente stato di shock. Nella prima mezz’ora di scambi 247 dei 250 principali titoli furono sospesi e gli altri vennero scambiati a prezzi che colavano a picco, chiudendo con una caduta del 15%.

Il martedì il mostro si scatenò anche in Europa. A Londra l’indice crollò del 12% e a Parigi il mercato aprì con un tonfo del 10%, raggiunto il quale i sistemi informatici della Borsa crollarono e gli scambi furono in parte sospesi. A Piazza Affari ci fu una caduta dei prezzi del 10% dall’inizio degli scambi. Poi diversi titoli guida furono sospesi. In Spagna cercarono di gestire la situazione con i titoli principali, ma alla fine sospesero tutti i titoli guida. L’Europa era capitolata e l’unica speranza era che gli Usa rompessero il circolo vizioso.

Quando New York aprì alle 15.30 (orario europeo), non sembrava che questo potesse accadere. Fin dall’apertura i prezzi fluttuarono selvaggiamente, e presto fu presa la decisione di sospendere gli scambi di quasi 90 titoli. Ma non appena il presidente della Borsa dichiarò la completa disfatta e una chiusura di tutta la Borsa, iniziò un rally frenetico e l’indice chiuse a 1841,01, il 6% in più del livello del giorno precedente.
Il mercoledì mattina era tutto finito. In tutto il mondo gli operatori iniziarono a lavorare in un mercato positivo, in cui tutto era come prima. Così improvvisamente come il mostro era apparso, scomparve di nuovo. Dopo i due giorni più strani della Borsa iniziò una fase di grandi guadagni e si diffuse una strana sensazione attraverso i mercati, in cui tutti facevano la stessa domanda: “Che cosa è successo?”.

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Sposa si fa toccare e baciare il seno in cambio di soldi, perché lo fa?

Sposa si fa toccare e baciare il seno in cambio di soldi, perché lo faUna giovane sposa ha inventato un modo davvero originale per racimolare qualche soldo nel giorno del suo matrimonio. La donna, originaria della Cina, subito dopo la celebrazione ha accolto i suoi ospiti in un locale e tra balli e canti ha iniziato a farsi palpare da tutti in cambio di denaro. Gli invitati, assolutamente divertiti dalla decisione della sposa, non si sono certo tirati indietro e tra un abbraccio e l’altro hanno toccato e baciato il seno della donna. Ovviamente, niente è stato fatto a caso. La donna, infatti, dopo essere stata palpata ha subito chiesto il denaro.

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Per quale motivo?

Uomini, donne, ragazzini e ragazzini hanno toccato la giovane sposa che a fine serata ha racimolato un bel gruzzoletto che, a detta di lei, servirà per pagarsi il viaggio di nozze. Mentre la giovane si faceva baciare da tutti gli invitati il seno, il marito la stava guardare orgoglioso. Ma questo, in realtà, non dovrebbe stupirci: come riporta il Daily Mail, questa pratica è molto diffusa in Cina. Insomma, per loro è normale questo genere di “accoglienza” nei giorni di festa. La scena è stata ripresa da alcuni ospiti e subito è stata condivisa su YouTube. Nel giro di qualche ora, il video è diventato virale e migliaia di utenti hanno commentato meravigliati il filmato.

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I 10 calciatori italiani più pagati al mondo

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO CALCIO SPORT STADIOIl mercato è appena cominciato, o comunque nel pieno di trattative, più o meno realistiche e destinate ad andare in porto, possono come visto nascere da un momento all’altro. Per questo stilare classifiche relative agli acquisti più onerosi o ai giocatori che guadagnano di più è assai rischioso, perché si tratta di graduatorie soggette a continue variazioni. Visto il momento del calcio italiano, non inteso come squadre di club, ma come giocatori nazionali, ci si può però addentrare nella hit delle stelle del pallone più pagate. Sì, perché come ha insegnato la nazionale, all’orizzonte non ci sono campioni nostrani destinati a essere oggetto delle attenzioni delle grandi d’Europa e quei pochi (Bonucci) sono blindati dall’unica squadra che può permettersi di farlo. E anche perché… il mercato cinese ha chiuso, poco dopo il colpo da maestro riuscito a Pellè. Scopriamo allora la classifica dei Paperoni azzurri.

10. Riccardo Montolivo
​Per alcuni tifosi la sua permanenza in rossonero e le cifre del suo ingaggio sono il simbolo del decadimento milanista oltre che delle contraddizioni della società, decisa a tenere la barra dritta in tema di rinnovi agli over 30. E invece al capitano al momento senza portafoglio di trofei il conto in banca sorride grazie ai 3 milioni netti garantiti dal contratto appena firmato fino al 2019 in sostituzione di quello scaduto lo scorso 30 giugno e firmato 4 anni prima al momento del chiacchierato addio alla Fiorentina. Significativo il taglio all’ingaggio, nell’ordine del milione lordo, ma ancora insufficiente per permettere a Riccardo di entrare nel cuore dei tifosi nonostante sembri a questo punto più che probabile che la carriera dell’ex viola si concluderà proprio in rossonero.

9. Giorgio Chiellini
​Come Buffon, Marchisio e Bonucci, anche Giorgio è stato inserito nel clan degli “eletti”, coloro che hanno avuto il privilegio di veder celebrato il proprio rinnovo da 3,5 milioni da una conferenza stampa ad hoc alla firma del presidente Agnelli. Il centrale livornese è ormai un’istituzione in casa bianconera come confermato da quello che, siglato il, sembra essere stato un rinnovo a vita. Significative le cifre, considerando anche età e ruolo, ma la società più ricca e organizzata d’Italia sa valorizzare le proprie bandiere come pochi altri club (ma non ditelo a Del Piero…) e ha capito con bravura per tempo l’importanze che un’asse italiana può avere prima ancora a livello di equilibri di spogliatoio che di future vittorie.

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8. Leonardo Bonucci
​Questa sembra essere l’unica posizione della hit a rischio di cambiamento. Colpa del rendimento in continua ascesa di Kaiser Leo, ormai stella internazionale del mercato dei difensori. Nota la stima di Conte, pure Guardiola lo avrebbe voluto al Manchester City. Per quest’anno non se ne farà nulla, ma il contraltare espone la Juve al rischio di dover ritoccare in maniera significativa verso l’alto l’ingaggio del proprio leader difensivo, fissato a 3,5 milioni appena un anno fa dopo il rinnovo ufficializzato alla presenza del presidente Agnelli. Di fronte agli 8 milioni che aveva promesso il City c’è il rischio di dover quasi raddoppiare gli emolumenti.

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7. Gianluigi Buffon
​Con ogni probabilità, in attesa degli ultimi assalti alla Champions e del sogno del 5° Mondiale, Super Gigi un paio di “ultime cose” le ha fatte: difendere la porta dell’Italia in un Europeo e in precedenza, il, firmare l’ultimo contratto della carriera. Il rinnovo di Buffon con la Juventus ha esteso la scadenza del contratto del capitano bianconero al 30 giugno 2018, a 40 anni già compiuti, quando non dovrebbero esserci alternative al giorno dell’addio al calcio giocato. Meglio non pensarci, magari pensando alla quantità di motivazioni e obiettivi da dover provare a raggiungere, come pure al maxi ingaggio, per l’età, da 4 milioni, comunque tagliato del 20% rispetto a quanto guadagnato fino al semestre precedente.

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6. Marco Verratti
​C’era una volta un centrocampista di belle speranze, anzi già quasi certezze, che dopo aver portato in Serie A la squadra della propria città sotto la guida di Zdenek Zeman, volò in un top club europeo senza neppure aver mai disputato un minuto nel massimo campionato italiano. Il Paris Saint Germain battè la concorrenza di Juventus e Milan e con gli attuali chiari di luna non sembrano esserci margini per il grande ritorno, a meno di una follia dei bianconeri comunque non in questa sessione di mercato. Da Ancelotti a Blanc fino a Emery, infatti, Verrattì è e resterà una colonna di una squadra a caccia della consacrazione in Europa. E per riscattare una stagione tormentata dalla pubalgia che gli è costata un posto all’Europeo, Marco ha appena prolungato di un anno il contratto in scadenza nel 2019, passando da un ingaggio di 3,2 milioni a 4 netti. In fondo, neppure troppi considerando la crescita progressiva.

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5. Andrea Pirlo
​Non per soldi, ma per passione e volontà di scoprire nuove culture, fatto sta che nella classifica dei Paperoni d’Italia c’è anche il Maestro. Lasciata la Juventus con un anno di anticipo sulla scadenza del contratto, con annesso ingaggio da 5,4 milioni, il fuoriclasse bresciano ha optato a 37 anni per un pre-pensionamento dorato, accettando la proposta della neonata franchigia del New York Fc, affiliata al Manchester City. In una squadra non proprio piena di giovani, con tra gli altri Lampard e Villa, Pirlo ha faticato ad ambientarsi, riuscendo comunque a strappare un ingaggio di tutto rispetto, che insieme a una bacheca molto fornita può aiutare a dimenticare le delusioni tecniche della Grande Mela.

4. Mario Balotelli
​Classico caso di contratto da rivedere, pena il rischio di incontrare serie difficoltà nel proseguire la propria carriera ad alti livelli. Il peccato originale risale al tempo della seconda avventura inglese, quando nell’estate 2014, dopo il deludente Mondiale brasiliano, il Milan decide di accettare la proposta del Liverpool di Brendan Rodgers. Balo nella città dei Fab 4 con un ingaggio-shock da 6 milioni, ma purtroppo 4 diventerà anche il voto-medio delle poche e sofferte apparizioni con la maglia dei Reds. Tornato al Milan in prestito nella stagione successiva, caratterizzata da poche presenze e parecchi infortuni, ora il Liverpool lo ha riaccolto, ma solo per forza in attesa di smistarlo. Per rilanciarsi sembrano esserci solo due strade: accettare di ridursi l’ingaggio per ripartire da un club di seconda fascia oppure non tagliarsi gli emolumenti e sperare in una chiamata da paesi esotici. Ma il mercato cinese ha chiuso i battenti…

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3. Sebastian Giovinco
​A quasi 30 anni il pascià di Toronto non sembra disposto a rivedere la propria scelta di esiliarsi nella crescente Mls, maturata nel gennaio 2015 a costo di dire di no in maniera definitiva a quella Juventus nel quale è cresciuto e anche alle chances di essere convocato dal ct Conte per l’Europeo 2016. In effetti in Francia la Formica Atomica non ha messo piede, nonostante una prima stagione da favola con gol e il titolo di capocannoniere, comunque non sufficiente per spingere la propria squadra alle battute finali dei playoff. Di certo anche la componente economica ha avuto un peso nella scelta controcorrente di Seba, ora blindatissimo da un ingaggio di 6,3 milioni netti che sembra rendere impossibile la marcia di ritorno verso la Serie A.

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2. Daniele De Rossi
​Storia di 3 anni e mezzo fa. Sull’orlo di un clamoroso addio, richiesto al Manchester City da Roberto Mancini, Capitan Futuro sta per dire addio al proprio soprannome e alla squadra che ne ha scandito tutta la carriera. La proprietà americana, insediatasi da meno di un anno, ha sottovalutato quel contratto in scadenza così per evitare una cessione che avrebbe creato molto rumore è costretta di fatto a ricomprarsi De Rossi, che firma il classico contratto della vita: 6,5 milioni fino al 30 giugno 2017. Amore eterno alla causa giallorossa, ma davvero a peso d’oro, rispetto ai 3 milioni percepiti fino a quel momento.

1. Graziano Pellè
​A un anno dalla scadenza del contratto con il Southampton, che gli avrebbe riconosciuto 2,5 milioni netti (senza mai accettare di rivedere al rialzo l’ingaggio dopo le ottime prime due stagioni disputate con la maglia dei Saints), Graziano è stato folgorato… sulla via di Jinan. Lo Shandong, club pericolante nella massima divisione del campionato cinese, è andato oltre tutti i limiti di spesa toccati dal pur sempre più ricco torneo nazionale assicurando al centravanti della Nazionale un contratto di due anni e mezzo da 38 milioni di euro complessivi. I calcoli sul guadagno giornaliero, anzi all’ora, hanno subito invaso il web, di pari passo con le ironie e le perplessità di chi giudica fuori parametro certe cifre. Intanto Pellè incassa e impreca: se fosse andato dentro quel rigore…

Articolo di Davide Martini, trovato su: www.90min.com

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A Parigi

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Ecografia Vascolare Articolare DEDICATO ALLE VITTIME DI PARIGI Infrarossi Cervicale Medicina Estetica Luce Pulsata Depilazione Macchie Capillari Dietologo Roma Radiofrequenza Cavitazione Cellulite PelleCessate d’uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.

Hanno l’impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.

Giuseppe Ungaretti, Non gridate più (contenuta nella raccolta “Il dolore” del 1947)

Dedicata a Valeria Solesin ed a tutte le vittime di Parigi.

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Quali sono i dieci cibi più costosi al mondo?

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO SUPERMERCATO MARKET CIBO SPESA CIBO CARRELLO COMPRARE ETICHETTA ALIMENTI DIETA (2)Nel mondo ci sono alcuni alimenti che per la loro rarità e bontà possono raggiungere quotazioni esorbitanti. Battuti all’asta come fossero opere d’arte o gioielli, pagati a peso d’oro, chef e buongustai se li contendono. Dal tartufo bianco di Alba, eccellenza nostrana, al caviale albino made in Russia, dai pregiati meloni giapponesi al miele turco, ecco quali sono i dieci cibi più costosi al mondo e quanto sono quotati.

Tartufo bianco di Alba

Il tartufo, e ancora di più il tartufo bianco, sono già molto costosi di loro, ma quando un imprenditore di Hong Kong si è aggiudicato ad un asta un pezzo del peso di 1,51 kg per 160.406 dollari ha fatto schizzare il tubero nostrano in cima a tutte le classifiche.

Caviale Almas

Il caviale è il cibo dei ricchi per eccellenza, sinonimo di lusso ed esclusività. Questa varietà bianca proveniente dall’Iran e venduta in Europa solo da “The Caviar House & Prunier” a Piccadilly Circus a Londra, è la più rara in circolazione e viene venduta in una confezione d’oro a 24 carati. Costo? 25mila dollari al chilo (22.500 euro).

Melone Yubari King

Questa particolare tipo di melone coltivato a Sapporo in Giappone è molto raro e di solito viene venduto a coppia. Può arrivare a costare fino a 2,5 milioni di Yen (20mila euro) a coppia. Nella terra del Sol Levante è spesso usato come ‘dono’.

Angurie nere di Densuke

Crescono solo nel nord dell’isola di Hokkaido in Giappone. Sono rare e apprezzate per la loro equilibrata dolcezza, talmente dolci da arrivare a costare 6.100 dollari (5500 euro).

Miele Elvish

Ne sono stati trovati 18 chili in una grotta a 1800 metri di profondità in Turchia: è il miele più costoso al mondo, e costa 5mila euro al chilo. Il primo chilo è stato venduto nel 2009 in Francia per 45mila euro, l’anno seguente in Cina per 28mila. Adesso si vende in piccole confezioni da 250 grammi e il suo costo è calato.

Nidi di rondine

In Italia li chiamiamo nidi di rondine ma in realtà appartengono a diverse specie di uccelli e sono prodotti da una particolare secrezione dell’animale simile alla saliva. Molto rinomati e ricercati nella cucina cinese, rari e considerati afrodisiaci. Posso arrivare a costare fino a 4mila euro a confezione.

Funghi Mattake o Matsutake

Crescono solo in alcune zone del mondo: Giappone, Cina, Corea, Stati Uniti, Canada, Finlandia e Svezia. Fanno parte della stessa famiglia dei porcini, ma sono molto più rari. La variante ‘pino rosso’ si trova solo in Giappone e può arrivare a costare tra i mille e i 2.200 dollari al chilo (circa 2mila euro).

Kopi Luwak

Non è una novità. Da diversi anni se ne parla anche qui da noi e lo si trova in vendita in alcuni negozi molto ricercati: è un particolarissimo caffè prodotto con le bacche parzialmente digerite e defecate dallo zibetto. Prodotto in Indonesia, il suo prezzo varia dai 650 euro ai 2500 euro.

Ostriche giganti della Coffin Bay

Nell’Ottocento erano il cibo dei poveri, poi sono diventate sinonimo di lusso e cibo di qualità. Abbastanza costosa questa particolare varietà australiana si trova in quantità così ridotte ed è così apprezzata che ogni singolo esemplare può arrivare a costare 100 dollari.

Zafferano rosso iraniano

Già lo zafferano che troviamo nei nostri supermercati non è certo a buon mercato. Ma la variante più pregiata di zafferano iraniano varia dai 15 ai 44 dollari (40 euro) al grammo.

FONTE

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Lavori troppo? La tua salute è a rischio: ecco i 10 trucchi per faticare di meno a lavoro

dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-ecografia-vascolare-LAVORI TROPPO SALUTE RISCHIO articolare-medicina-estetica-mappatura-nei-posturale-dietologo-roma-ecografia-articolare-flebologo-aiuto-medicina-privato-studio-visita-prenota-costoLe vacanze estive stanno finendo per molti di noi, le città lentamente si riempiono di nuovo e si ritorna a lavoro, ma ora una ricerca britannica ci ricorda un dato che ad alcuni può apparire scontato: lavorare troppo fa male alla nostra salute. Secondo questa ricerca, pubblicata recentemente su Lancet, basta lavorare un’ora più del dovuto ogni giorno per veder salire del 10% il rischio di incappare in un ictus nei successivi otto anni e mezzo. Naturalmente il pericolo si impenna per gli stakanovisti: lavorare 55 ore o più a settimana porta il pericolo ad aumentare di un terzo. Inoltre chi passa più tempo a lavorare è anche più incline a sviluppare una cardiopatia o un ictus cerebrale (il rischio aumenta del 10%).

I dieci consigli per stancarsi di meno a lavoro

1) Bevi un bicchiere d’acqua quando ti svegli

2) Svolgi le priorità lavorative sempre per prime

3) Ogni ora di lavoro, riposa 5 minuti

4) Programmiamo il 90% della giornata (il 10% è per gli imprevisti)

5) Ordiniamo gli oggetti

6) Preparati un “piano B” nel caso in cui le cose vadano male

7) Loda in pubblico e critica in privato

8) Ascolta il tuo corpo

9) Il lavoro non è tutto

10) Il lavoro domani è ancora lì: puoi continuare a lavorare domani!

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