Semeiotica del cuore: i soffi cardiaci sistolici e diastolici

MEDICINA ONLINE CUORE SANGUE CIRCOLAZIONE ATRIO VENTRICOLO SINISTRA DESTRA DIFFERENZA HEART HUMAN VALVOLE CARDIACHE AORTA VASI VENE ARTERIEI soffi cardiaci sono tipici rumori determinati dallo scorrimento turbolento del sangue e che insorgono:

  • Quando vi sono brusche variazioni di ampiezza del letto di scorrimento
  • Quando il sangue scorre molto velocemente
  • Quando il sangue ha una viscosità molto inferiore alla norma (anemia)

I soffi hanno:

  • Un punto di origine
  • Una irradiazione
  • Un tempo di insorgenza e durata

I soffi hanno una intensità di grado differente:

  • grado 1 (il soffio si percepisce a fatica)
  • grado 2 (il soffio è debole)
  • grado 3 (il soffio è abbastanza forte)
  • grado 4 (il soffio è forte)
  • grado 5 (il soffio è molto forte)
  • grado 6 ( il soffio è così forte che si sente senza fonendoscopio).

SOFFI SISTOLICI

Soffi cardiaci Olosistolici (o pansistolici)

  • Iniziano con il I tono e terminano fondendosi con il II tono.
  • Si producono quando c’è una anomala comunicazione in sistole tra due cavità in
    cui vige una pressione molto diversa (insufficienza mitralica, tricuspidale,
    comunicazione interventricolare).

Soffi cardiaci Mesosistolici (di eiezione)

  • Iniziano dopo il I tono e terminano prima del II tono.
  • Originano tipicamente, ma non esclusivamente in corrispondenza delle valvole
    semilunari aortiche e polmonari.
  • Hanno intensità che cresce fino verso la metà della sistole e poi decresce.

Soffi cardiaci Telesistolici

  • Più tardivi e in genere più brevi dei mesosistolici.
  • Associati a disfunzione dei muscoli papillari nella cardiopatia ischemica.

SOFFI DIASTOLICI

Soffi cardiaci Protodiastolici

  • Iniziano quasi immediatamente dopo il II tono.
  • Caratteristici dell’insufficienza aortica e polmonare, hanno alta frequenza (timbro
    dolce) e si prolungano decrescendo in intensità durante la diastole.
  • Possono essere proto o protomeso o olodiastolici.

Soffi cardiaci Mesotelediastolici

  • Sono dovuti a stenosi assoluta oppure relativa attraverso la mitrale o la tricuspide.
  • Si apprezzano in un’area ristretta, rispettivamente alla punta e sul focolaio.
    tricuspidale.
  • La frequenza è bassa (rullio), spesso solo in crescendo perché aumentano di
    intensità nella telediastole a causa della contrazione atriale (rinforzo presistolico).

Telediastolici o presistolici

Sono soffi piuttosto deboli che si sentono quando la contrazione atriale determina un più elevato gradiente di pressione tra atrio e ventricolo.

ALTRI TIPI DI SOFFI

Soffi continui o sistodiastolici

  • Occupano tutta o quasi la sistole e continuano più o meno a lungo in diastole.
  • Tipico è il soffio del dotto di Botallo persistente che mette in comunicazione l’aorta
    con il distretto dell’arteria polmonare.

Sfregamenti pericardici

  • Rumori prolungati, simili a soffi, causati dallo sfregamento fra foglietto parietale e
    viscerale del pericardio.
  • Associati in genere a pericardite con versamento ricco in fibrina.
  • Possono essere sistolici, protodiastolici o presistolici o combinati, avere localizzazione variabile, tonalità alta e soprattutto timbro grattante (“scratch”).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Valvole cardiache: cosa sono, quali sono ed a che servono?

MEDICINA ONLINE CUORE HEART VALVOLE CARDIACHE INSUFFICIENZA STENOSI PROLASSO LEMBI AORTICA POLMONARE MITRALICA TRICUSPIDE PAPILLARI SANGUE CIRCOLAZIONE SISTEMICA AORTA ARTERIA VENA SISTOCos’è una valvola cardiaca?
Una valvola cardiaca è una struttura che appartiene al cuore, costituita da appendici di tessuto essenzialmente fibroso, rivestita da endocardio. Il tessuto sottile ma estremamente resistente che costituisce una valvola è attaccato al muscolo cardiaco attraverso un meccanismo di cerniera flessibile, chiamato “annulus”.

Dove si trova una valvola cardica?
Ogni valvola cardiaca è posta a livello degli orifizi che collegano gli atri con i ventricoli ed i ventricoli con i vasi sanguigni che trasportano il sangue in uscita dal cuore verso l’intero organismo (aorta ed arteria polmonare). Per approfondire leggi anche: Differenza tra atri e ventricoli

Quante sono le valvole cardiache?
Le valvole all’interno del cuore sono quattro:

  • la valvola tricuspide;
  • la valvola mitrale;
  • la valvola polmonare;
  • la valvola aortica.

A che servono le valvole cardiache?
Le valvole cardiache servono a garantire che il sangue si muova con un flusso unidirezionale attraverso le cavità del cuore e prevengono dunque il reflusso del sangue nelle cavità stesse. Le valvole tricuspide e mitrale controllano il flusso del sangue dagli atri ai ventricoli, mentre le valvole polmonare e aortica controllano il flusso dai ventricoli al resto del corpo. Ogni valvola – ad ogni battito cardiaco – si apre per permettere il passaggio del sangue e si chiude velocemente per impedire che il sangue transitato torni indietro.

Descrizione delle quattro valvole:

  • La valvola tricuspide è collocata tra l’atrio e il ventricolo destro ed è costituita da tre lembi.Oltre ai lembi questa valvola è composta da un anello (o annulus) valvolare che congiunge i lembi al cuore e da corde (o chordae) e muscoli papillari che uniscono i lembi valvolari al muscolo cardiaco.
  • La valvola mitrale è localizzata tra l’atrio e il ventricolo sinistro ed è costituita da due lembi. Oltre ai lembi, questa valvola è composta da un anello valvolare che congiunge i lembi al cuore e da corde e muscoli papillari che uniscono i lembi valvolari al muscolo cardiaco.
  • La valvola polmonare è localizzata tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare (la quale porta il sangue dal cuore al polmone per permettere lo scambio ossigeno/anidride carbonica). La valvola polmonare è inserita direttamente sul muscolo della parte più distale del ventricolo destro.
  • La valvola aortica è localizzata alla giunzione tra il ventricolo sinistro e l’aorta ascendente. La valvola ha tre cuspidi, un anello di tessuto su cui si inseriscono le cuspidi. I Seni di Valsalva sono rigonfiamenti della parete aortica in corrispondenza delle cuspidi.

Per approfondire, leggi anche:

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Quanto pesa e quanto sangue contiene un cuore?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Estetico Medicina Estetica Roma RICONOSCERE INFARTO DEL MIOCARDIO Vita Cuore HD Radiofrequenza Rughe Cavitazione Cellulite Pulsata Peeling Pressoterapia Linfodrenante Mappatura Nei Dietologo DermatologiaQuanto è lungo un cuore?
Le dimensioni del cuore variano ovviamente da persona a persona ed in base al riempimento; in media, per quanto riguarda un uomo adulto, si parla di 13 centimetri in senso longitudinale, quindi dall’apice alla base, e 11 centimetri in senso trasversale, mentre lo spessore nella direzione che va dalla spina dorsale allo sterno è di massimo 8 centimetri. Nelle donne è lievemente più piccolo, circa 12 e 10 centimetri.

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Quanto pesa un cuore?
Il peso varia in base al soggetto, mediamente un cuore svuotato del sangue pesa circa 300 grammi. In un maschio adulto il peso del cuore può variare fra 280 e 340 e fra 230 e 280 grammi in una femmina adulta.

Quanto sangue può contenere un cuore?
Le cavità rilasciate possono contenere quasi 500 millilitri di sangue, cioè ben mezzo litro di sangue.

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Come si muove il sangue all’interno del cuore e nel corpo?

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Come si muove il sangue all’interno del cuore e uscendo da esso?

Dalla periferia del corpo, il sangue venoso povero di ossigeno giunge all’atrio destro tramite la vena cava inferiore e superiore, il sangue passa dall’atrio destro al ventricolo destro passando attraverso la valvola tricuspide. Dal ventricolo destro attraversa la valvola polmonare e tramite le arterie polmonari si allontana dal cuore per dirigersi ai polmoni dove viene ossigenato. Il sangue ormai ossigenato esce dai polmoni e torna al cuore tramite le vene polmonari. Entra nel cuore, più precisamente nell’atrio sinistro, poi attraversa la valvola mitrale e raggiunge il ventricolo sinistro. Infine il sangue, dopo aver ricevuto una bella “spinta” da parte del ventricolo sinistro, attraversa la valvola aortica, e raggiunge tutto il corpo grazie ad una enorme arteria chiamata aorta.

Come il sangue ossigenato si allontana dal cuore?

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO IL CUORE Medicina Estetica Riabilitazione Nutrizionista Dieta Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Seno Luce Pulsata  Macchie Pene Capillari Pressoterapia Linfodrenaggio Antifumo 3.jpgL’aorta appena uscita dal cuore forma un arco aortico da cui partono tre rami arteriosi importanti, dalla destra alla sinistra: il primo, l’arteria brachiocefalica o arteria anonima, il secondo, l’arteria carotide comune sinistra e il terzo, l’arteria succlavia sinistra.

L’aorta, allontanandosi dal cuore, si dirama varie volte per raggiungere ogni parte del corpo, creando moltissime arterie.

Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma COME FATTO IL CUORE Medicina Estetica Riabilitazione Nutrizionista Dieta Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Seno Luce Pulsata  Macchie Pene Capillari Pressoterapia Linfodrenaggio Antifumo 4.jpgLe arterie più grandi si ramificano e si riducono di calibro man mano che penetrano negli organi fino a diventare dei capillari che formano una vera e propria rete di scambi di ossigeno e nutrienti; inversamente, dai capillari si formano le vene che via via confluiscono e aumentano di calibro.

Le vene sistemiche confluiscono nella vena cava superiore ed inferiore, che riportano il sangue nell’atrio destro del cuore, ed il “giro” ricomincia.

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Stenosi carotidea, placche, ictus cerebrale ed attacco ischemico transitorio (TIA)

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma STENOSI CAROTIDEA PLACCHE ICTUS TIA ATTA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari Ano Pene.jpgPrima di iniziare la lettura, ti consiglio di leggere prima questo articolo: Carotide comune, interna, esterna: dove si trova ed a che serve

Le arterie carotidi sono flessibili e dotate di pareti interne lisce, tuttavia – a seguito di un processo chiamato aterosclerosi – le loro pareti possono tuttavia andare incontro ad un progressivo irrigidimento accompagnato dalla riduzione del lume interno; tale fenomeno è causato dal graduale accumulo di depositi (placche ateromatose) costituiti da grassi, proteine, tessuto fibroso ed altri detriti cellulari. Nel tempo, queste placche possono formare una grande massa che riduce il diametro interno dell’arteria, limitando il flusso sanguigno (si parla di stenosi carotidea). I depositi ateromasici si formano soprattutto nel seno carotideo, cioè a livello della biforcazione che divide l’arteria carotide comune in carotide interna ed esterna.
La malattia ostruttiva dell’arteria carotidea si sviluppa lentamente e spesso passa inosservata: il primo indizio della presenza dell’ateroma può essere già molto grave, come la comparsa di un ictus cerebrale o di un attacco ischemico transitorio (TIA).
Il trattamento della stenosi carotidea mira a ridurre il rischio che venga ridotto significativamente l’apporto di sangue al cervello, rimuovendo la placca ateromatosa e controllando la coagulazione del sangue (per prevenire l’ictus tromboembolico).

Nel caso abbiate legittimi sospetti che voi o un vostro caro siate stati colpiti da TIA o ictus o emorragia cerebrale, leggete immediatamente questo articolo per sapere cosa fare: Ictus, emorragia cerebrale cerebrale e TIA: cosa fare e cosa assolutamente NON fare

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Sintomi e segni

Nelle fasi iniziali, la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea spesso non produce alcun segno o sintomo. La stenosi potrebbe rendersi evidente solo quando diviene abbastanza grave da privare il cervello di sangue, causando un ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA), entrambi segno di allarme precoce per un futuro attacco apoplettico. Segni e sintomi di un attacco ischemico transitorio o di un ictus possono includere:

  • improvviso intorpidimento del volto o debolezza degli arti, spesso su un solo lato del corpo;
  • incapacità di spostare uno o più arti;
  • difficoltà a parlare e a comprendere;
  • improvvisa difficoltà nella visione, in uno o entrambi gli occhi;
  • vertigini e perdita di equilibrio;
  • un improvviso, forte mal di testa, senza causa nota.

Anche se i segni e sintomi durano solo poco tempo (talvolta, meno di un’ora) è possibile che il paziente abbia sperimentato un TIA. Se si verifica una qualsiasi di queste manifestazioni è importante cercare cure d’emergenza, per aumentare le possibilità che la malattia dell’arteria carotidea venga individuata e trattata tempestivamente, prima che si verifichi un ictus invalidante. Non è escluso che un TIA possa essere dovuto alla mancanza di flusso di sangue anche in altri vasi: il medico è in grado di stabilire quali test sono necessari per accertare la condizione.

Complicanze della stenosi carotidea

La complicanza più grave della malattia ostruttiva dell’arteria carotidea è l’ictus, in quanto può provocare danni permanenti al cervello e, nei casi più gravi, può essere fatale.
Ci sono tre diversi modi in cui la presenza di una placca ateromatosa aumenta il rischio che questo possa verificarsi:

  • Riduzione del flusso di sangue. A seguito dell’aterosclerosi, il lume della carotide può andare incontro ad una tale riduzione, che l’apporto di sangue non è sufficiente per raggiungere alcune parti dell’encefalo. L’ateroma può eventualmente occludere completamente l’arteria.
  • Rottura della placca. Un pezzo di placca ateromatosa può rompersi e staccarsi, viaggiando fino alle più piccole arterie nel cervello. Il frammento può rimanere bloccato in una di queste arterie cerebrali, creando un’ostruzione che blocca l’afflusso di sangue alla zona del cervello che il vaso sanguineo irrora.
  • Ostruzione da coagulo di sangue. Alcune placche sono inclini alla fessurazione e a deformare la parete dell’arteria. Quando questo accade, il corpo reagisce come ad una lesione, inviando localmente piastrine, per agevolare il processo di coagulazione. In questo processo, può svilupparsi un grande coagulo di sangue e bloccare o rallentare il flusso di sangue attraverso un’arteria carotidea o cerebrale, fino a provocare un ictus.

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Fattori di rischio

La combinazione di diversi fattori può aumentare il rischio di lesioni, la formazione di placche e l’insorgenza della stenosi carotidea sono:

  • Pressione alta. L’ipertensione arteriosa è un importante fattore di rischio per la malattia ostruttiva dell’arteria carotidea. Un eccesso di pressione sulle pareti delle arterie può indebolirle e renderle più vulnerabili ai danni.
  • Fumo. La nicotina può irritare il rivestimento interno delle arterie. Inoltre, aumenta la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.
  • Età. Le persone anziane hanno più probabilità di essere colpite da stenosi carotidea, in quanto con l’età, le arterie tendono a essere meno elastiche.
  • Livelli anormale di grassi nel sangue. Alti livelli di lipoproteine €‹a bassa densità (LDL, il colesterolo “cattivo”) e di trigliceridi nel sangue, favoriscono l’accumulo di placche ateromatose.
  • Diabete. La patologia non solo influenza la capacità di gestire il glucosio in modo appropriato, ma anche la capacità di elaborare in modo efficiente i grassi, disponendo il paziente a maggior rischio di ipertensione e aterosclerosi.
  • Obesità. I chili in eccesso contribuiscono ad altri fattori di rischio, come l’ipertensione, le malattie cardiovascolari e il diabete.
  • Eredità. Se il paziente presenta una storia familiare di aterosclerosi o di malattia coronarica, presenta un rischio aumentato di sviluppare queste patologie.
  • Inattività fisica. La mancanza di regolare esercizio fisico predispone ad una serie di condizioni, tra cui l’ipertensione, il diabete e l’obesità.

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Diagnosi

Oltre a considerare l’anamnesi completa, la presenza di fattori di rischio ed eventuali segni o sintomi, il medico può effettuare diversi test per valutare la salute delle arterie carotidi:

  • Esame obiettivo. Il medico può auscultare la carotide posizionando uno stetoscopio a livello del collo, per rilevare suono simile ad un “risucchio”, caratteristico del flusso sanguigno turbolento causato dall’aterosclerosi. Il medico può eseguire una valutazione neurologica per verificare lo stato fisico e mentale del paziente, come la capacità di resistenza, memoria e parola.

Uno o più test diagnostici possono essere eseguiti per valutare il restringimento di una carotide:

  • Ecografia Doppler: test non invasivo che si avvale di onde sonore riflesse per valutare il flusso di sangue attraverso il vaso sanguineo e verificare la presenza di una eventuale stenosi. La sonda ad ultrasuoni è collocata sul collo, a livello delle arterie carotidee. L’ecografia Doppler rivela come fluisce il sangue attraverso l’arteria e in che misura l’apporto è ridotto (stenosi carotidea minore 0-49%, moderata 50-69% e grave 70-99%, fino alla completa ostruzione).
  • Angio-CT (CTA): fornisce immagini dettagliate delle strutture anatomiche del collo e del cervello. L’indagine comporta l’iniezione di un agente di contrasto nel flusso sanguigno, in modo da evidenziare le anomalie di vasi sanguigni (tramite angiografia) e tessuti molli (mediante tomografia computerizzata). La CTA consente ai medici di visualizzare la carotide ristretta e determinare il grado patologico della stenosi.
  • Angiografia tramite risonanza magnetica (MRA): come la CTA, questo test di imaging utilizza un mezzo di contrasto, per evidenziare le arterie che irrorano il collo e l’encefalo. Il campo magnetico e le onde radio vengono utilizzate per creare immagini tridimensionali.
  • Risonanza magnetica (MRI): consente di visualizzare il tessuto cerebrale per evidenziare precocemente un ictus o altre anomalie.
  • Angiografia cerebrale: è un test minimamente invasivo che utilizza i raggi X e un agente di contrasto iniettato nelle arterie, attraverso un catetere infilato direttamente nelle carotidi. L’angiografia cerebrale consente ai medici di visualizzare in dettaglio tutte le arterie che irrorano l’encefalo.

L’imaging può anche rivelare le prove di molteplici attacchi ischemici transitori. I medici possono definire la diagnosi di stenosi carotidea, se le prove dimostrano che il flusso sanguigno è diminuito in una o entrambe le arterie carotidi.

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Trattamenti e farmaci

L’obiettivo dalla terapia è di ridurre il rischio di ictus. Le opzioni di trattamento per la stenosi carotidea variano a seconda della gravità del restringimento arterioso e se si verificano sintomi o meno (asintomatica).

Stenosi carotidea da lieve a moderata

  • Cambiare stile di vita. Cambiamenti nel comportamento possono aiutare a ridurre la pressione sulla carotide e rallentare la progressione dell’aterosclerosi. Tali cambiamenti includono smettere di fumare, perdere peso, bere alcol con moderazione, mangiare cibi sani, ridurre la quantità di sale e praticare regolare esercizio fisico.
  • Gestire le condizioni croniche. Con il medico è possibile stabilire un piano terapeutico per affrontare correttamente specifiche condizioni croniche, come la pressione alta, l’eccesso di peso o il diabete, che possono produrre effetti patologici anche sulle arterie carotidi.
  • Farmaci. I pazienti asintomatici o che presentano una stenosi carotidea di basso grado sono trattati con farmaci. Il medico può prescrivere un antiaggregante piastrinico (come aspirina, ticlopidina, clopidogrel), da assumere quotidianamente per fluidificare il sangue e prevenire la formazione di pericolosi coaguli di sangue. Possono essere raccomandati anche farmaci antipertensivi per controllare e regolare la pressione sanguigna (ACE-inibitori, bloccanti dell’angiotensina, beta-bloccanti, calcio-antagonisti ecc.) e delle statine per abbassare il colesterolo e contribuire a ridurre la formazione della placca nell’aterosclerosi. Le statine possono ridurre il colesterolo LDL “cattivo” in media del 25-30%, quando combinate con una dieta ipocalorica e a basso contenuto di colesterolo.

Grave ostruzione della carotide

Quando si dispone di una grave stenosi, soprattutto se il paziente ha già subito un TIA o un ictus correlato all’occlusione, è meglio procedere chirurgicamente ripulendo l’arteria dalla placca ateromatosa.

  • Endoarteriectomia carotidea. Questa procedura chirurgica è il trattamento più comune per rimuovere l’ateroma in presenza di un grave quadro clinico. L’intervento viene eseguito in anestesia generale. Dopo aver effettuato un’incisione lungo la parte anteriore del collo, il chirurgo apre l’arteria carotide colpita e rimuove la placca ateromatosa. L’arteria viene riparata con punti di sutura o, preferibilmente, con un innesto. L’endoarteriectomia carotidea è generalmente indicata per i pazienti sintomatici (ictus o TIA) e con un’ostruzione superiore al 50%. Si raccomanda anche per i pazienti che non hanno sintomi (asintomatici), con blocco superiore al 60%. Gli studi hanno dimostrato che, in caso di ostruzione moderata, la chirurgia apporta benefici duraturi ed aiuta a prevenire un eventuale ictus su un periodo di circa cinque anni. Un’endoarteriectomia carotidea non è raccomandata quando la posizione dell’ostruzione o del restringimento è di difficile accesso per il chirurgo o quando si dispone di altre condizioni di salute che rendono l’intervento chirurgico troppo rischioso. In questi casi, il medico può raccomandare una procedura chiamata angioplastica carotidea associata ad uno stenting.
  • Angioplastica carotidea e stenting. Il posizionamento di uno stent carotideo è una procedura meno invasiva rispetto all’endoarteriectomia carotidea, in quanto non comporta un’incisione nel collo. L’angioplastica carotidea con inserimento di uno stent permette di ottenere buoni risultati nel breve termine, ed è tipicamente indicata per pazienti che: 1) presentano un grado di stenosi carotidea moderato-grave; 2) soffrono di altre condizioni mediche che aumentano il rischio di complicanze chirurgiche; 3) manifestano una recidiva. Nell’angioplastica carotidea, un catetere viene infilato fino all’area carotidea ostruita nel collo. Un filtro appositamente progettato su un filo guida (chiamato dispositivo di protezione embolica) viene inserito per raccogliere eventuali detriti che possono staccarsi dalla placca durante la procedura. Una volta in posizione, viene gonfiato un piccolo palloncino all’estremità del catetere per alcuni secondi, allo scopo di aprire o allargare l’arteria. Uno stent viene inserito in modo permanente per costituire una impalcatura, che aiuti a sostenere le pareti delle arterie e a mantenere pervio il lume della carotide. Il palloncino viene poi sgonfiato ed il catetere e il filtro vengono rimossi. Dopo diverse settimane, l’arteria guarisce attorno allo stent. Come per l’endoarteriectomia carotidea, esistono alcuni rischi connessi alla procedura (ictus o decesso). Lo stenting sarà pertanto consigliato solo in caso di una grave stenosi.

Angioplastica carotidea Stent

Il recupero dalle procedure chirurgiche generalmente richiede una breve degenza in ospedale. I pazienti spesso ritornano alle normali attività entro una o due settiman. Dopo un’endoarteriectomia carotidea, la stenosi può recidivare ed è spesso correlata alla progressione della malattia aterosclerotica. Queste nuove placche possono essere trattate con la ripetizione dell’intervento chirurgico.

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Differenza tra pressione arteriosa, venosa e venosa centrale

MEDICINA ONLINE PRESSIONE ARTERIOSA VENOSA SANGUIGNA CENTRALE PERIFERICA CUORE SANGUE BRACCIO VENE ARTERIE VASI PETTO DESTRO SINISTRO COME QUANDO SFIGMOMANOMETRO.jpgLa pressione sanguigna corrisponde all’intensità della forza esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi sanguigni arteriosi e venosi. Tale forza viene acquisita dal sangue, grazie alla funzione di pompa che ha il cuore. Viene espressa in millimetri di colonna di mercurio (mmHg).

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La pressione del sangue non è uguale in tutti i vasi, bensì varia lungo tutto l’apparato vascolare. La pressione sanguigna è il risultato dei seguenti fattori:

  • forza di contrazione del cuore;
  • gittata sistolica, ovvero quantità di sangue espulsa per ogni contrazione (sistole) ventricolare;
  • frequenza cardiaca (numero di battiti cardiaci al minuto);
  • resistenze periferiche, ovvero la resistenza opposta alla progressione del sangue dallo stato di costrizione delle piccole arterie;
  • elasticità dell’aorta e delle grandi arterie.

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La pressione arteriosa è la forza che esercita il sangue sulle pareti delle arterie. La pressione arteriosa sistemica (pressione massima), è la pressione del sangue arterioso sistemico misurata a livello dall’uscita dal ventricolo sinistro del cuore in direzione dell’aorta. La pressione arteriosa diminuisce progressivamente allontanandosi dal ventricolo sinistro, arrivando fino alle arteriole. La pressione arteriosa si distingue in:

  • pressione sistolica (o “massima”), durante la contrazione o sistole ventricolare;
  • pressione diastolica (o “minima”), durante il rilassamento o diastole ventricolare.

La pressione venosa è invece la forza che esercita il sangue sulle pareti delle vene.

Più specificatamente con “pressione venosa centrale” (PVC) il valore pressorio sanguigno rilevato nel tratto terminale della vena cava superiore e corrispondente alla pressione nell’atrio destro del cuore. La rilevazione della PVC avviene grazie alla posa di un catetere venoso centrale attraverso una vena profonda di grosso calibro (vena succlavia, o giugulare, o basilica o più raramente safena).

Il valore di PVC permette di valutare il volume ematico circolante, la funzionalità cardiaca ed il ritorno venoso. Risulta ancora da chiarire il range di normalità della PVC. È piuttosto chiaro che:

  • valori negativi della PVC sono al di sotto del range;
  • valori di PVC superiori a 12 ne sono al di sopra.

Il range di normalità è però ancora oggetto di discussioni. Il limite inferiore, secondo le diverse fonti, ha un valore da 0 a 5, mentre il limite superiore va da 7 a 12.

Vari fattori influiscono sui valori di PVC: 

  • ipovolemia o ipervolemia (diminuzione o aumento del volume ematico circolante),
  • insufficienza cardiaca,
  • ostacoli meccanici alla circolazione cardiaca,
  • alterazioni della pressione intratoracica (ad esempio pneumotorace),
  • farmaci,
  • ventilazione meccanica.

Valori superiori alla norma indicano:

  • sovraccarico di volume,
  • insufficienza cardiaca destra,
  • aumento della pressione intratoracica,
  • turbe vasomotorie.

Valori inferiori alla norma indicano:

  • perdite di volume (ipovolemia in corso di emorragie, vomito, diarrea, shock),
  • turbe vasomotorie.

La PVC è un parametro che viene rilevato frequentemente nell’ambito dei monitoraggi post-operatori.

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Differenza tra pressione massima (sistolica), minima (diastolica) e differenziale

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma DIFFERENZA PRESSIONE MASSIMA MINIMA DIFFERENZIALE Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari.jpgLa pressione sanguigna rappresenta appunto la pressione, cioè la forza, esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi sanguigni arteriosi e venosi. La “spinta” iniziale è Continua a leggere

Perché la pressione arteriosa alta (ipertensione) è pericolosa?

MEDICINA ONLINE Dott Emilio Alessio Loiacono Medico Chirurgo Roma PERCHE IPERTENSIONE PRESSIONE E PERICOLOSA Riabilitazione Nutrizionista Infrarossi Accompagno Commissioni Cavitazione Radiofrequenza Ecografia Pulsata  Macchie Capillari A Pene.jpgQuando un individuo soffre di ipertensione arteriosa (comunemente “pressione alta”) le pareti dei suoi vasi sanguigni sono costrette a sopportare forti sollecitazioni che, quando diventano particolarmente elevate, possono provocarne la rottura, con conseguente emorragia, come ad esempio avviene in alcuni tipi di ictus cerebrale. Durante una crisi ipertensiva (un picco di pressione alta), la pressione esercitata dal sangue, unita ad un flusso alterato, può inoltre determinare la rottura di una placca aterosclerotica con conseguente embolo e trombosi, capaci di determinare patologie gravi come ad esempio l’infarto del miocardio. Infine il cuore si trova costretto a contrarsi cronicamente contro una resistenza troppo elevata, e ciò causa alterazioni anatomiche che possono portare all’insufficienza cardiaca.

I pericoli di una ipertensione arteriosa cronica sono quindi principalmente tre:

  • danno alle pareti dei vasi sanguigni con possibile emorragia;
  • sovraccarico cardiaco;
  • aumentato rischio di embolia e trombosi.

L’ipertensione arteriosa è tra i più importanti fattori di rischio vascolare ed aumenta il rischio di patologie cardiovascolari potenzialmente mortali. Per questo motivo è importante misurare la pressione periodicamente, specialmente superati i 40 anni ed anche prima se:

  • siete in sovrappeso o obesi;
  • siete fumatori;
  • avete livelli di colesterolo e trigliceridi elevati;
  • soffrite di diabete;
  • avete casi in famiglia di ipertensione arteriosa e/o di ictus e/o di infarto.

Molte persone tuttavia, non hanno a casa uno sfigmomanometro ed uno stetoscopio, cioè gli strumenti necessari per misurare la pressione arteriosa, e sono costrette ad andare dal medico per controllarsi periodicamente la pressione, il che si traduce nel fatto che spesso passa troppo tempo tra una misurazione e l’altra ed aumentano i rischi per la salute del paziente.

Sfigmomanometri manuali

La scelta dello strumento adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di strumenti attualmente sul mercato: a tale scopo il nostro Staff sanitario ha selezionato per voi i migliori sfigmomanometri manuali professionali, elencati in ordine di prezzo decrescente:

A tali strumenti dovrete aggiungere anche uno stetoscopio, i nostri preferiti sono:

Se invece preferite comprare in un’unica soluzione sia sfigmomanometro che stetoscopio, ecco i migliori prodotti selezionati per voi dallo Staff sanitario:

Sono quattro strumenti ben costruiti, venduti in tutto il mondo e, pur avendo un prezzo contenuto, sono estremamente precisi e professionali, inoltre includono nella confezione anche uno stetoscopio il che vi eviterà di doverlo comprare a parte.

Sfigmomanometri automatici digitali

Se non sapete come utilizzare uno sfigmomanometro manuale potete leggere la nostra guida, oppure acquistare uno strumento digitale che misura in modo automatico la pressione: è necessario solo indossare l’apposito bracciale e dare avvio alla procedura senza neanche avere lo stetoscopio, che è invece necessario con gli strumenti manuali. La scelta dell’apparecchio adatto a volte può risultare difficile, vista l’enorme quantità di prodotti attualmente sul mercato: a tale scopo il nostro Staff sanitario ha selezionato per voi i migliori  sfigmomanometri automatici sul mercato:

Sono cinque apparecchi ottimamente costruiti, facili da usare ed estremamente precisi e professionali: con essi misurare la vostra pressione arteriosa sarà facile come premere un tasto!

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