Differenza tra tè, infuso, tisana, decotto, caffè e camomilla

MEDICINA ONLINE TE THE CAFFE INFUSO TISANA DECOTTO MACERATO CAMOMILLA FIORE ERBA SPEZIE GIALLO BIANCO NERO ROSSO DOLCE LIMONE BERE ACQUA FREDDO CALDO PESCA LIMONE MIGLIORE.jpgInfuso

Un “infuso” è il prodotto che si ricava da un processo chiamato “infusione” cioè un particolare metodo utilizzato per estrarre i principi attivi o gli aromi da piante officinali o alimenti solidi che si attua immergendo tali piante o alimenti in un liquido (che può essere acqua, alcool, vino, latte freddo o caldo) per un tempo più o meno lungo. Un tipo di infuso estremamente diffuso nel mondo è il tè.

E’ la bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua, è saporito ed ha meravigliose proprietà, sto parlando del tè, anche chiamato meno correttamente the o thè (la normativa italiana sulla etichettatura degli alimenti, ammette tutte e tre le grafie). Il tè è un tipo specifico di infuso o decotto ricavato dalle foglie (a volte miscelate con spezie, erbe o essenze) di una pianta legnosa chiamata Camellia sinensis, la quale viene coltivata principalmente in Bangladesh, Pakistan, Cina, India, Indonesia, Sri Lanka, Giappone e Kenya. Il tè ha un sapore amaro e astringente e può essere servito caldo (in modo classico, con sei tipologie di base) o freddo (generalmente al limone o alla pesca).

Il tè contiene:

  • caffeina: un alcaloide stimolante del sistema nervoso centrale contenuto anche nel caffè  (la cui presenza differenzia il tè dalla tisana, priva di caffeina);
  • teanina: un amminoacido psicoattivo;
  • catechina: un antiossidante presente soprattutto nel tè verde e nel tè bianco;
  • teobromina e teofillina: due alcaloidi stimolanti;
  • fluoruri: sali che contengono uno ione fluoruro, disciolti a basse concentrazioni nelle acque e in alcuni cibi.

La presenza di questi componenti rende pericolosa l’assunzione di elevate quantità di bevanda da parte di bambini e cardiopatici gravi. Gli effetti della bevanda dipendono dal tipo di tè e dalle modalità di infusione (temperatura e durata). Un’infusione breve (circa 2 minuti) estrae dalle foglie di tè soprattutto caffeina e ha proprietà stimolanti. Un’infusione più lunga (3-5 minuti) estrae anche acido tannico, che disattiva la caffeina perché si combina con essa, attenuando l’effetto stimolante (L’acido tannico inoltre rende amaro il sapore del tè).

I sei tipi base di tè caldo sono:

  • il tè giallo,
  • il tè nero,
  • il tè verde,
  • il tè oolong,
  • il tè bianco,
  • il tè Pu’er o tè postfermentato.

Per approfondire, leggi: Differenza tra tè verde, nero, bianco, Oolong, Earl Grey e altri

Tutte le diverse varietà derivano dalle foglie della medesima pianta, ma sono create attraverso trattamenti differenti e presentano diversi gradi di fermentazione. I tè neri sono tè “fermentati”, i verdi sono tè “non fermentati” e gli oolong sono “semifermentati”. Una volta essiccato il tè può essere ulteriormente lavorato per dare vita a: tè aromatizzato, tè pressato e tè deteinato. Il termine “tè” è usato in modo improprio anche come sinonimo di “tisana”, per indicare infusioni preparate con piante diverse dalla Camellia sinensis. Il termine “tè rosso” si riferisce comunemente anche al carcadè o all’infusione di rooibos del Sudafrica, che non contengono Camellia sinensis.

La migliore selezione di tè, tisane e caffè

Qui di seguito trovate una lista con la migliore selezione di tè, infusi e caffè provenienti da tutto il mondo, di altissima qualità e scelti dal nostro Staff di esperti e appassionati. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca.

Camomilla

La camomilla è un particolare tipo di infuso ottenuto dai fiori di camomilla (Matricaria recutita) che viene assunto quando si ricercano effetti blandamente sedativi. I fiori di camomilla ha principalmente proprietà antispasmodiche, cioè produce un rilassamento muscolare, per la presenza nel suo fitocomplesso dei flavonoidi (eupatuletina, quercimetrina) e delle cumarine. Queste combinazioni di principi attivi rendono la camomilla un ottimo miorilassante, utile in caso di crampi intestinali, cattiva digestione, sindrome dell’intestino irritabile, spasmi muscolari e dolori mestruali, ma anche in caso di tensione nervosa e stress, perché provoca una sensazione di piacevole rilassamento con effetto calmante sul nervosismo e l’ansia. Al contrario del tè non contiene caffeina.

Tisana

La tisana è una qualsiasi preparazione liquida realizzata dall’infusione o dalla decozione di erbe o spezie in acqua calda, e solitamente non contiene caffeina, uno dei particolari che la differenza dal tè. Ciascun componente della tisana offre un principio di azione che mira ad ottenere un beneficio sull’organismo che la assume, come ad esempio azione calmante o diuretica. Nella preparazione di una tisana le erbe (fresche o secche) devono essere opportunamente sminuzzate (forma taglio tisana). Il grado di sminuzzamento è importante, in quanto può influire sull’estrazione dei principi attivi. In una tisana di più erbe le componenti devono essere tra loro omogenee. Non si devono mischiare tra loro le parti dure e quelle tenere delle piante. Esistono diversi tipi di tisana a seconda del metodo estrattivo cui si ricorre per ottenerla: infuso, decotto o macerato.

Caffè

Il caffè è una bevanda estremamente diffusa in tutto il mondo, ottenuta dalla macinazione dei semi di alcune specie di alberi tropicali appartenenti al genere Coffea. Il caffè più diffuso in Italia è quello espresso, che è ottenuto dalla torrefazione e macinazione dei semi della Coffea arabica e Coffea robusta, preparato a macchina secondo un procedimento di percolazione sotto alta pressione di acqua calda. Un altro tipo di caffè diffuso in Italia è quello decaffeinato, cioè un tipo particolare di caffè trattato in modo tale da privarlo del suo contenuto di caffeina e renderlo bevibile anche da chi deve evitare grandi quantità giornaliere di questo stimolante, come chi soffre di ipertensione arteriosa.

Decotto

Il decotto è un tipo di tisana prodotta tramite decozione. Quest’ultimo genericamente è un metodo utilizzato per estrarre i principi attivi o gli aromi, purché non siano termolabili, dalle parti di piante officinali o alimenti che risultano essere più duri, come radici, semi, corteccia o legno. Per preparare un decotto si utilizzano le parti d’interesse della pianta, opportunamente tagliate, e le si mettono nel recipiente di cottura insieme a dell’acqua, possibilmente distillata. Successivamente, il tutto viene portato ad ebollizione a fuoco lento e vi viene mantenuto per un periodo variabile, in genere tra i due ed i quindici minuti. Alla fine, lo si lascia stiepidire per circa quindici minuti, si filtra il liquido con un colino ed è pronto all’uso.

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Differenza tra ulcera e piaga da decubito

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Piede di Charcot in paziente diabetico

Ulcera

Il termine “ulcera” in medicina indica una soluzione di continuo (cioè una interruzione) del rivestimento mucoso di un tessuto/organo, di diametro maggiore di 3 mm e di forma generalmente rotondeggiante od ovalare con margini più o meno netti. La lesione ulcerosa ha inoltre tre caratteristiche:

  • ha una riparazione lenta, difficoltosa o addirittura può essere caratterizzata da assente cicatrizzazione;
  • ha scarsa tendenza alla risoluzione spontanea;
  • ha la capacità di penetrare a fondo nel tessuto fino ad arrivare alla completa perforazione della parete del viscere.

Esistono molti tipi diversi di ulcera in base alle sue caratteristiche morfologiche, al tessuto dove si verifica ed alle cause che l’hanno determinata. Tipici esempi di ulcera sono l’ulcera gastrica e l’ulcera duodenale, che prendono il nome di “ulcera peptica” e sono causate nella maggioranza dei casi da un’infezione dello stomaco provocata dal batterio denominato Helicobacter pylori; altra causa importante di ulcera peptica è rappresentata dall’uso cronico/abuso farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetilsalicilico contenuto nella classica aspirina. Nell’uso comune il termine ulcera è divenuto ormai sinonimo di ulcera peptica, anche se ciò è errato in quando, come già accennato, l’ulcera può colpire anche altre tessuti, come l’esofago o il retto.

Le cause di ulcera sono diverse e di differente natura: meccaniche, chimiche, infettive, trofiche (per scarsa irrorazione dei tessuti periferici come avviene nelle u. vascolari e in quelle diabetiche), avitaminosiche, neoplastiche (ulcus rodens) e fisiche (raggi X e radiazioni ionizzanti).

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Piaga

Con “piaga” in medicina ci si riferisce ad un tipo particolare di lesione, caratterizzata dall’interruzione di uno o più tessuti esterni del corpo e provocata dall’ischemia (interruzione dei vasi sanguigni) e conseguente necrosi (morte cellulare) della cute e, in caso di piaga grave, dei tessuti sottostanti. Spesso le piaghe sono definite “ferite difficili” proprio perché – al contrario di ciò che avviene nella maggioranza delle ferite – le piaghe tendono ad essere “ferite croniche”, ovvero che non guariscono entro i 60 giorni dalla loro comparsa. Sia le ulcere che le piaghe sono quindi entrambe:

  • lesioni che determinano soluzione di continuità del tessuto
  • lesioni con profondità diverse in base alla gravità
  • lesioni che difficilmente guariscono, sia spontaneamente che curate, specie se gravi  profonde.

La differenza è che nell’uso comune “ulcera” si riferisce ad una lesione “interna” al corpo (specie relativamente al tessuto dell’apparato digerente), mentre “piaga” è riferita a lesioni “esterne” che riguardano la cute, almeno nelle prime fasi della malattia.

L’interruzione del flusso sanguigno, che porta alla morte del tessuto ed alla formazione della piaga, può essere determinata da varie cause esterne ed interne al corpo, come ad esempio una pressione cronica in un dato punto del corpo, insufficiente apporto ematico da varie cause e diabete.

Una delle cause esterne più frequenti di piaga sono le lesioni da decubito, cioè ferite che compaiono gradualmente in seguito alla pressione del peso del corpo su uno stesso punto della pelle, che viene compressa tra la prominenza ossea, (esempi tipici: anca o tallone) contro il letto o una sedia a rotelle. Le lesioni da decubito sono tipiche di persone che per motivi di disabilità fisica o anche psichica, hanno mobilità limitata (specie degli arti inferiori) o sono costretti a letto per lunghi periodi (coma, paralisi, frattura di femore in anziano…). La causa eziologica principale della piaga in questo caso è la pressione cronica, tuttavia è innegabile che la lesione è favorita da altri fattori, come ad esempio l’età avanzata del paziente o patologie croniche della circolazione.

Altri esempi di causa di piaga sono le insufficienze di arterie e vene, per cui non arriva il corretto apporto di sangue nel tessuto cutaneo, specie negli arti, poiché sono zone dette “periferiche” e la pressione in essi è inevitabilmente minore rispetto alle zone centrali del corpo, più vicine al cuore. Ancora un’altra causa tipica può essere la patologia diabetica, la quale se non curata determina un danno nel microcircolo che porta ad ipoperfusione di parti del tessuto che vanno incontro facilmente ad ulcerazione, tipicamente ai piedi (vedi foto in alto).

La guarigione da una piaga è quindi molto lenta e spesso risulta difficile, se non impossibile, rimuovere la causa che l’ha determinata: ad esempio risulta difficile impedire la formazione di piaghe da decubito in un paziente tetraplegico. Per tale motivo l’attenzione del medico, dell’infermiere e dell’OSS dovrebbe essere focalizzata soprattutto nella prevenzione della comparsa di questo tipo di ferite (ad esempio mobilizzando passivamente periodicamente il paziente) piuttosto che nella cura, spesso molto complessa, specie se la piaga va in profondità e/o si infetta, mettendo in alcuni casi addirittura a rischio la vita del paziente.

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Ulcera a stomaco, intestinale, da stress, perforante e sanguinante

MEDICINA ONLINE ADDOME ABDOMEN DIGERENTE STOMACO INTESTINO COLON TENUE RETTO SIGMA DIGESTIONE ESOFAGO CIBO ULCERA STRESS PERFORANTE SANGUINANTE PEPTICA.jpgIl termine “ulcera” in medicina indica una soluzione di continuo (cioè una interruzione) del rivestimento mucoso di un tessuto/organo, di diametro maggiore di 3 mm e di forma generalmente rotondeggiante od ovalare con margini più o meno netti. La lesione ulcerosa ha inoltre tre caratteristiche:

  • ha una riparazione lenta, difficoltosa o addirittura può essere caratterizzata da assente cicatrizzazione;
  • ha scarsa tendenza alla risoluzione spontanea;
  • ha la capacità di penetrare a fondo nel tessuto fino ad arrivare alla completa perforazione della parete del viscere.

Esistono molti tipi diversi di ulcera in base alle sue caratteristiche morfologiche, al tessuto dove si verifica ed alle cause che l’hanno determinata. Tipici esempi di ulcera sono l’ulcera gastrica e l’ulcera duodenale, che prendono il nome di “ulcera peptica” e sono causate nella maggioranza dei casi da un’infezione dello stomaco provocata dal batterio denominato Helicobacter pylori; altra causa importante di ulcera peptica è rappresentata dall’uso cronico/abuso farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetilsalicilico contenuto nella classica aspirina.

L’ulcera può presentarsi in diverse forme e tipologie, come ad esempio:

  • ulcera fissurale (ragade): perdita più o meno estesa di sostanza che forma una fessura nel tessuto;
  • ulcera canalicolari (fistole): l’ulcera rappresenta lo sbocco di un tragitto fistoloso (u. canalicolari fistole).

Nell’ulcera si distinguono due parti: un fondo e i margini. Il fondo può essere:

  • appianato;
  • a forma di scodella;
  • a cratere;
  • rilevato;
  • formato da tessuto necrotico;
  • formato da tessuto granuleggiante.

I margini possono essere:

  • pianeggianti o rilevati;
  • introflessi o estroflessi;
  • aderenti al fondo o scollati.

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Classificazione in base al sito di insorgenza

L’ulcera può presentarsi in ogni parte del tratto digestivo, dall’esofago al retto. Le cause sono numerose e si differenziano in base alla sede della lesione.

  • L’ulcera esofagea è una delle complicanze del reflusso gastroesofageo non adeguatamente trattato; può manifestarsi con anemizzazione, dolore restrosternale, disfagia dolorosa o, in alcuni casi, con emorragia grave; più raramente l’ulcera esofagea è conseguenza della ingestione accidentale di caustici ed in quel caso prende il nome di ulcera da caustici.
  • Lulcera gastrica e quella duodenale (genericamente definite come ulcera peptica) sono causate nella maggioranza dei casi da un’infezione dello stomaco provocata dal batterio denominato Helicobacter pylori; altra causa importante è rappresentata dal consumo di farmaci antinfiammatori non steroidei unita al fumo di sigaretta ed allo stress prolungato. Per approfondire leggi l’ultimo paragrafo.
  • L’ulcera dell’intestino mesenteriale è un’ulcera che si presenta lungo la porzione più lunga dell’intestino che si estende dal duodeno fino al cieco ed è presente nel “morbo di Crohn“. Si caratterizza per la presenza di ulcerazioni intestinali associate ad aree rigenerative, spesso esuberanti (pseudopolipi); frequenti le adesioni tra varie anse, cui seguono le fistole interne e le raccolte ascessuali circoscritte.
  • L’ulcera del colon è presente nella “rettocolite ulcerosa” (con lesioni limitate alla mucosa che interessano primariamente il retto potendo estendersi a monte in modo continuo) e nel morbo di Crohn, nella quale le ulcere sono invece più frequentemente a distribuzione segmentaria, con ispessimento parietale e fessurazioni profonde.
  • L’ulcera del retto è un’ulcera in genere singola che si presenta al retto (il tratto di intestino che precede l’ano) ed è causata da cronica difficoltà nell’atto della defecazione, con traumatismo continuo della mucosa che porta alla formazione di una lesione ulcerativa vicino al margine anale (a circa 5÷10 cm).

Cause e cure di ulcera

Le cause sono diverse e di differente natura:

  • meccaniche,
  • chimiche,
  • infettive,
  • trofiche (per scarsa irrorazione dei tessuti periferici come avviene nelle u. vascolari e in quelle diabetiche),
  • avitaminosiche,
  • neoplastiche (ulcus rodens),
  • fisiche (raggi X e radiazioni ionizzanti).

Pertanto la cura delle ulcere differisce in rapporto alla loro natura, essendo ora di competenza medica (ulcere infettive) ora di competenza chirurgica (ulcere del tratto gastroduodenale).

Ulcera peptica

L’esempio tipico di ulcera è quella peptica, conosciuta anche come ulcera allo stomaco anche se in realtà può colpire anche il duodeno, cioè il segmento intestinale che è posto dopo lo stomaco. L’ulcera peptica è una lesione circoscritta che colpisce la mucosa (il rivestimento) dello stomaco, la prima porzione dell’intestino tenue o, occasionalmente, la parte inferiore dell’esofago. E’ tra le ulcere più diffuse, interessando il 5% della popolazione.

I suoi sintomi più comuni consistono nello svegliarsi improvvisamente di notte con dolore addominale superiore che tende a migliorare in seguito ad un pasto. Il dolore è spesso descritto come “sordo” o come un bruciore. Altri sintomi includono eruttazione, vomito, perdita di peso, scarso appetito. Tuttavia, circa un terzo degli anziani non presentano alcun sintomo.

Le complicazioni includono sanguinamento, perforazione e blocco dello stomaco. Il sanguinamento si verifica in circa il 15% delle persone e può determinare pericolose emorragie con ematemesi (sangue nel vomito) o melena (feci di colore molto scuro, tendente al nero, a causa della presenza di sangue digerito).

Le cause più comuni sono il batterio l’Helicobacter pylori ed i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS). Altre cause e fattori di rischio includono il fumo di tabacco, lo stress dovuto ad una grave malattia, come la malattia di Behcet, la sindrome di Zollinger-Ellison, la malattia di Crohn e la cirrosi epatica. Le persone anziane sono più esposte al rischio di ulcera peptica perché generalmente più sensibili agli effetti dei farmaci FANS.

La diagnosi viene sospetta quando si presentano i primi sintomi, per poi essere confermata tramite endoscopia o radiografie con bario ingerito come mezzo di contrasto. Le infezioni da Helicobacter pylori possono essere diagnosticate tramite gli esami del sangue per gli anticorpi, un test del respiro per l’urea o una biopsia dello stomaco. Altre condizioni che producono sintomi simili includono il cancro allo stomaco, la malattia coronarica e l’infiammazione del rivestimento dello stomaco o della colecisti.

Leggi anche: Breath test Helicobacter: come funziona, come si fa e valori

Il trattamento comprende lo smettere di fumare, evitare l’assunzione di FANS, di bevande alcoliche e assumere farmaci per diminuire l’acidità dello stomaco. Il farmaco usato per diminuire l’acidità di solito è un inibitore della pompa protonica (IPP) o un antagonista dei recettori H2 con quattro settimane di trattamento iniziale raccomandato. Le ulcere causate da H. pylori sono trattate con una combinazione di farmaci, come l’amoxicillina, la claritromicina e un IPP. La resistenza agli antibiotici è in aumento e il trattamento non può essere quindi sempre efficace. Le ulcere sanguinanti possono essere trattate mediante endoscopia o con la chirurgia a “cielo aperto” tipicamente utilizzata solo nei casi di insuccesso. Il tipo di dieta, contrariamente alla credenza popolare, non riveste un ruolo significativo sia nella prevenzione che come causa di ulcere, come anche la gastrite.

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Differenza tra ulcera ed erosione con esempi

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Con “ulcera” in medicina si intende una soluzione di continuo (cioè una interruzione) del rivestimento mucoso di un tessuto/organo, di diametro maggiore di 3 mm e di forma generalmente rotondeggiante od ovalare con margini più o meno netti. La lesione ulcerosa ha inoltre tre caratteristiche:

  • ha una riparazione lenta, difficoltosa o addirittura può essere caratterizzata da assente cicatrizzazione;
  • ha scarsa tendenza alla risoluzione spontanea;
  • ha la capacità di penetrare a fondo nel tessuto fino ad arrivare alla completa perforazione della parete del viscere.

Esistono molti tipi diversi di ulcera in base alle sue caratteristiche morfologiche, al tessuto dove si verifica ed alle cause che l’hanno determinata. Tipici esempi di ulcera sono l’ulcera gastrica e l’ulcera duodenale, che prendono il nome di “ulcera peptica” e sono causate nella maggioranza dei casi da un’infezione dello stomaco provocata dal batterio denominato Helicobacter pylori; altra causa importante di ulcera peptica è rappresentata dall’uso cronico/abuso farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’acido acetilsalicilico contenuto nella classica aspirina.

Erosione

Il termine “erosione” in medicina è usato genericamente per indicare una lesione superficiale e circoscritta della cute o delle mucose con soluzione di continuo del tessuto interessato, dovuta alla perdita parziale o totale dell’epitelio di rivestimento. Esistono molti tipi di erosione, in base alle sue caratteristiche morfologiche, al tessuto dove si verifica ed alle cause che l’hanno determinata. Sia l’erosione che l’ulcera sono entrambe lesioni che “interrompono” il tessuto, tuttavia l’erosione possiede tre caratteristiche che la differenziano dall’ulcera:

  • l’erosione ha generalmente una maggiore velocità di guarigione rispetto all’ulcera;
  • l’erosione mostra maggiore tendenza alla risoluzione spontanea rispetto all’ulcera;
  • l’erosione coinvolge soltanto la mucosa, al contrario dell’ulcera che ha una penetrazione più profonda, che può arrivare alla completa perforazione della parete del viscere.

In gastroenterologia in particolare il termine “erosione” indica una soluzione di continuo della mucosa degli organi dell’apparato digerente (ad esempio duodeno o stomaco) che non raggiunge, come invece l’ulcera, la muscularis mucosae, il sottile strato di cellule muscolari lisce che separa la lamina propria dalla sottomucosa. Ribadiamo quindi il concetto che l’erosione penetra meno in profondità dell’ulcera, che invece distrugge il tessuto fin negli strati più profondi dello stesso.

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Differenza tra tè verde, nero, bianco, Oolong, Earl Grey e altri

tè verde the obesità infarto cuore diabete drenare grasso celluliteE’ la bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua, è saporito ed ha meravigliose proprietà, sto parlando del tè, anche chiamato meno correttamente the o thè (la normativa italiana sulla etichettatura degli alimenti, ammette tutte e tre le grafie). Il tè è un tipo specifico di infuso o decotto ricavato dalle foglie (a volte miscelate con spezie, erbe o essenze) di una pianta legnosa chiamata Camellia sinensis, la quale viene coltivata principalmente in Bangladesh, Pakistan, Cina, India, Indonesia, Sri Lanka, Giappone e Kenya. Il tè ha un sapore amaro e astringente e può essere servito caldo (in modo classico, con sei tipologie di base) o freddo (generalmente al limone o alla pesca).

Il tè contiene:

  • caffeina: un alcaloide stimolante del sistema nervoso centrale contenuto anche nel caffè  (la cui presenza differenzia il tè dalla tisana, priva di caffeina);
  • teanina: un amminoacido psicoattivo;
  • catechina: un antiossidante presente soprattutto nel tè verde e nel tè bianco;
  • teobromina e teofillina: due alcaloidi stimolanti;
  • fluoruri: sali che contengono uno ione fluoruro, disciolti a basse concentrazioni nelle acque e in alcuni cibi.

La presenza di questi componenti rende pericolosa l’assunzione di elevate quantità di bevanda da parte di bambini e cardiopatici gravi. Gli effetti della bevanda dipendono dal tipo di tè e dalle modalità di infusione (temperatura e durata). Un’infusione breve (circa 2 minuti) estrae dalle foglie di tè soprattutto caffeina e ha proprietà stimolanti. Un’infusione più lunga (3-5 minuti) estrae anche acido tannico, che disattiva la caffeina perché si combina con essa, attenuando l’effetto stimolante (L’acido tannico inoltre rende amaro il sapore del tè).

I sei tipi base di tè caldo sono:

  • il tè giallo,
  • il tè nero,
  • il tè verde,
  • il tè oolong,
  • il tè bianco,
  • il tè Pu’er o tè postfermentato.

Tutte le diverse varietà derivano dalle foglie della medesima pianta, ma sono create attraverso trattamenti differenti e presentano diversi gradi di fermentazione.

I tè neri sono tè “fermentati”, i verdi sono tè “non fermentati” e gli oolong sono “semifermentati”. Una volta essiccato il tè può essere ulteriormente lavorato per dare vita a: tè aromatizzato, tè pressato e tè deteinato. Il termine “tè” è usato in modo improprio anche come sinonimo di “tisana”, per indicare infusioni preparate con piante diverse dalla Camellia sinensis. Il termine “tè rosso” si riferisce comunemente anche al carcadè o all’infusione di rooibos del Sudafrica, che non contengono Camellia sinensis.

Tè verde Tè nero Tè bianco Oolong
Appassimento . .
Cottura a vapore . . .
Arrotolamento .
Fermentazione . .
Cottura a fiamma viva .
Essiccazione . . .

Tè bianco

Il suo nome è dovuto al colore dell’infusione, giallo paglierino. Le foglie, a lavorazione ultimata sono argentate.  Viene prodotto in quantità minime in Cina. E’ la varietà più pregiata esistente in commercio. Contrariamente agli altri tè, quello bianco non subisce praticamente nessuna trasformazione: le foglie sono semplicemente fatte appassire e seccare.  Il suo gusto sottile richiede un palato esercitato, altrimenti si rischia di restare davvero delusi.

Tè verde

Il tè verde, profumatissimo e dalle foglie di un bel verde-grigio argentato, è il tè delle origini, conosciuto in Cina da cinque millenni.  Viene fatto seccare ed in seguito torrefatto (Cina) o cotto al vapore (Giappone e raramente anche in Cina) per permetterne la conservazione ed evitarne la fermentazione. A questo punto le foglie vengono arrotolate e selezionate, operazioni che in Cina si svolgono ancora per buona parte a mano.  I migliori tè verdi sono coltivati in Giappone, Cina e a Taiwan (che nel mondo del tè si chiama ancora Formosa) e sono la bevanda preferita di Giapponesi, Cinesi e molti paesi maghrebini. In Cina il colore dell’infusione è cristallino e varia dal verde-arancio al rosa pallido. In Giappone il tè verde viene polverizzato e preparato sbattendo energicamente con un frullino di bambù il tè nell’acqua bollente. L’infusione che se ottiene è più colorata che in Cina: va dal verde giada al giallo chiaro.
In Marocco e in altri paesi musulmani si usa per preparare il classico tè alla menta
Povero in teina, digestivo e tonico, questo tè è perfetto dopo pranzo e nel pomeriggio. Sconsigliato la sera per il suo alto tenore in vitamina C. Aggiungergli zucchero, o peggio ancora latte, sarebbe un’eresia. Rinfrescante è perfetto nei mesi estivi.

Tè nero

Il nome cinese di questo tè è “tè rosso”, ma sono gli Inglesi a dettar legge sull’argomento. E non hanno nessun dubbio, come attesta George Orwell nel suo articolo “A nice cup of tea”, il tè nero è l’unico degno di questo nome. In quanto tè preferito dagli Inglesi il tè nero impera in Occidente: nelle bustine che compriamo al supermercato non c’è altro che questo, non abbiate dubbi, e della peggiore qualità.  Sono stati gli Inglesi a introdurre la coltivazione del tè a Ceylon e in India (dove comunque cresceva allo stato selvatico) visti i problemi tecnici e politici dell’importazione dalla Cina. E sempre gli Inglesi hanno introdotto l’uso di berlo con latte e zucchero, per addolcire il suo forte gusto di tannino.
Il colore delle foglie, dato dall’ossidazione, varia da verde a rosso ramato, mentre il colore dell’infusione è bruno dorato. Di sapore ben più deciso, rotondo e dolce.
Il procedimento per preparare un tè nero ha il suo momento fondamentale nella fermentazione (ossidazione). Come avvenga chimicamente è più o meno un mistero: le foglie vengono lasciate semplicemente a contatto con l’ossigeno. Quando la fermentazione si considera completata, le foglie vengono torrefatte per arrestarne il processo di decomposizione che si avvia con l’ossidazione. Ultimo passo: la selezione delle foglie, che passano in enormi setacci che li selezionano in base alla grandezza. Ed è qui, nel tipo di foglia o di frammento con cui è stato preparato, che risiede la differenza (enorme) tra le centinaia di tè in commercio. Per scegliere dovremmo imparare a decifrare le sigle oscure stampate sul retro delle scatole.

Tè Oolong

L’Oolong, che vuol dire in cinese “Drago nero”, è un tè intermedio tra il verde e il nero: la fermentazione è solo parziale e viene arrestata con la torrefazione.
Coniuga quindi le caratteristiche di entrambi i tè: più gentile del nero, meno fresco e vegetale del verde.
L’Oolong cinese subisce una fermentazione pari al 12-20% della fermentazione del tè nero, processo che ne conserva abbastanza la freschezza e aromaticità. L’infusione di questo tè è di un giallo pallido e il sapore ricorda le erbe di primavera.
L’Oolong che viene prodotto a Formosa, invece, è fermentato fino a un 60% del totale, per cui si avvicina piuttosto al tè nero. L’infusione è dorata e ha un leggero gusto di orchidea.
Povero in teina, va bene a tutte le ore del giorno e per tutti i pasti, tranne forse la prima colazione per la quale sarebbe troppo dolce.

Tè Pouchong

Il Pouchong è una varietà intermedia tra l’Oolong a bassa fermentazione e il tè verde. Una fermentazione ridottissima conserva in buona parte le qualità di freschezza e profumo tipiche dei tè verdi.
Molti lo inseriscono tra gli Oolong.

Tè aromatici

Oggi ne esistono in commercio così tanti e improbabili, con profumazioni che vanno dal cocco al cioccolato, passando per i frutti i bosco, che si tende a dimenticare quanto sia antica l’arte di miscelare i tè con fiori ed essenze. Ecco alcuni dei tè aromatici più famosi al mondo:

  • Tè al gelsomino: popolare in Cina fin dalla dinastia Song (960 – 1279 d.C.) questo tè viene preparato con tè verde, nero o Oolong a seconda delle qualità, che sono moltissime. Il processo consiste nel tenere a contatto i fiori appena raccolti del gelsomino con le foglie di tè, dopodiché vengono nuovamente separati. Anche se oggi prevale la moda di lasciare alcuni petali.
  • Tè alla menta: è tradizionale dei paesi musulman, si prepara con tè verde e si beve molto zuccherato. E’ l’uomo a servire in tè, in bicchierini di vetro decorato, servendo si di due teiere. Il tè viene versato dall’alto, così da produrre una leggera schiuma.
  • Earl Grey: la storia dell’Earl Grey è più recente, risale alla prima metà del XIX secolo e fu chiamato così in omaggio ad un primo ministro inglese. E’ una miscela di tè neri, cinesi o indiani, aromatizzati, con olio essenziale di bergamotto.

La migliore selezione di tè, tisane e caffè

Qui di seguito trovate una lista con la migliore selezione di tè, infusi e caffè provenienti da tutto il mondo, di altissima qualità e scelti dal nostro Staff di esperti ed appassionati. Noi NON sponsorizziamo né siamo legati ad alcuna azienda produttrice: per ogni tipologia di prodotto, il nostro Staff seleziona solo il prodotto migliore, a prescindere dalla marca.

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Cibi ed alimenti che aumentano il calore del corpo e ti riscaldano

MEDICINA ONLINE Lenticchie proprietà benefici varietà calorie valori nutrizionali legumi fibre verdura lenticchie rosse bianche grigie nere gialle marroni colore ricette dieta fibra fibre cucina dimagrire stipsi feci gasAvete sempre freddo? L’ultimo week end vi ha costretto a tirare fuori tutte le sciarpe di lana che avevate rinchiuso mesi fa negli armadi? Sappiate che il freddo si combatte non solo con giacche e termosifoni: potete sconfiggerlo anche a tavola (entro certi limiti!). Legumi, carne, frutta e verdure di stagione, come spinaci, zucchine e broccoli, aiutano l’organismo ad alzare la temperatura. Questi cibi, grazie al loro apporto calorico, danno una marcia in più al metabolismo, che riesce a produrre più energia e più calore.

Leggi anche: Perché ho sempre le mani ed i piedi freddi? Cosa fare e cosa NON fare per scaldarli

No a diete eccessive e all’alcol

Per prima cosa bisogna fare attenzione alle diete troppo severe con pochissime calorie e pochi grassi: tali diete esagerate, fatte in periodi freddi, rallentano la capacità di regolare la temperatura corporea, ed anche per questo tendo a sconsigliarle ai miei pazienti. Attenzione anche all’alcol che, dopo una iniziale vasodilatazione che determina una sensazione di calore, lascia spazio ad una vasocostrizione che ti farà sentire parecchio freddo! Quindi NO a diete troppo ipocaloriche e troppi ipolipidiche e NO ad alcolici e superalcolici.

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Il termometro del corpo

Ora una breve parentesi scientifica per farvi capire quanto può essere soggettiva la sensazione di freddo. Il “termometro” del corpo è composto dai termorecettori cutanei, microscopici sensori in grado di rilevare il caldo e il freddo: percepiscono le variazioni di calore dell’ambiente e innescano la risposta. Che è affidata a neuroni termosensibili, posti nell’ipotalamo. Lo scopo è mantenere costanti i gradi corporei attraverso un meccanismo di termoregolazione, che disperde calore (se fa caldo) o ne favorisce la produzione (se fa freddo). La pura verità è che si sa ancora ben poco sulla struttura delle terminazioni nervose termorecettive, e ancora meno sulle modalità in cui gli individui percepiscono le sensazioni di caldo e freddo. Restano poco chiari i meccanismi per i quali, a parità di temperatura, alcune persone avvertono una sensazione confortevole e altre hanno freddo. Nelle persone “freddolose” la temperatura percepita dai termorecettori viene interpretata come gelida indipendentemente da un riscontro oggettivo, ossia anche in presenza di temperature abbastanza elevate. Non esistono farmaci o terapie: oltre a curare il regime alimentare, l’unica soluzione rimane coprirsi di più. Anche l’uso di farmaci vasodilatatori non ha giustificazione scientifica e può avere effetti negativi. Ma ora passiamo all’argomento “caldo”: quali cibi ci riscaldano di più?

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I cibi anti-freddo

Veniamo ora al cuore dell’articolo: quali sono i cibi “anti-fredddo” e ci proteggono dai malanni tipici dell’inverno?

LEGUMI
I cibi ricchi di ferro hanno un effetto anti-gelo. Questo minerale contribuisce infatti a creare una sorta di scudo nei confronti del freddo. Del resto, quando il ferro scarseggia e si ha l’anemia sideropenica, uno dei disagi accusati è proprio la scarsa resistenza alle basse temperature. Dove si trova il ferro assimilabile dall’organismo? Nei legumi e negli ortaggi a foglia verde (oltre che nella carne e nel pesce). A tal proposito, potrebbe interessarti questo articolo: Differenza tra verdura, legumi ed ortaggi con esempi

KIWI
Quando il termometro si abbassa, la pelle del viso comincia a tirare, arrossarsi e screpolarsi. Per difenderla, un aiuto arriva dal kiwi. Contiene ben 85 milligrammi di vitamina C ogni cento grammi di frutto (contro i 50 milligrammi di media degli agrumi). La vitamina C è importante per la produzione del collagene, che costituisce la struttura di sostegno dei tessuti connettivi in generale e del derma in particolare.

BROCCOLI
I carotenoidi, precursori della vitamina A, sono raccomandati dal ministero della Salute perché in grado di stimolare le difese immunitarie, più fragili in inverno. Dove si trovano? Oltre che nei broccoli (il cui sapore personalmente non mi fa del tutto impazzire) li possiamo trovare in abbondanza anche in in carote, zucca, patate, pomodori, spinaci, carciofi, barbabietole rosse, cavolfiori, peperoni.

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CARNE E UOVA
Consumare proteine sviluppa calore, quindi nel tuo menù dell’inverno non dovrebbe mancare un po’ di carne, ma anche latte, uova, pesce, prosciutto. Ottimi anche i legumi, anche se le proteine che ci forniscono hanno un valore biologico più basso rispetto a quello degli alimenti di origine animali. Attenzione però a non esagerare con le proteine: gli eccessi non sono salutari, perché appesantiscono il lavoro di fegato e reni. Per approfondire, leggi: Valore biologico: significato, alimenti con proteine ad alto e basso valore biologico

FRUTTA E VERDURA
Per tenere alla larga l’influenza e i mali invernali, porta a tavola frutta e verdura di stagione (l’OMS raccomanda 5 porzioni al giorno) di tutti i colori. In questo modo puoi rinforzare il tuo sistema immunitario, grazie alla grande quantità di vitamine e sali minerali che tali alimenti forniscono.

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NOCI
Per prevenire il raffreddore, mangia tutto l’anno cibi ricchi di zinco: oltre a noci, carne di manzo, uova (il tuorlo), ostriche, crostacei, cereali, legumi e verdure. E ancora: germe di grano, lievito di birra e lecitina di soia. Per approfondire: Classifica dei cibi con maggior quantità di zinco esistenti

SPREMUTE D’ARANCIA
Per prevenire il raffreddore le spremute d’arancia sono utili. Contengono una discreta quantità di vitamina C, di antocianidine (sostanze che hanno potere protettivo sulle cellule e anche sul sistema immunitario) e di altri antiossidanti. Per approfondire, leggi: Antiossidanti: alimenti ed integratori migliori contro i radicali liberi

YOGURT
Secondo una ricerca dell’Università degli Studi di Milano, pubblicata sul Journal of Clinical Gastroenterology, l’impiego costante di probiotici riduce i casi di infezione e rende le forme influenzali meno aggressive.

Leggi anche: Perché quando cambia il tempo fanno male le cicatrici e come far passare il dolore

MANDORLE
Il tocoferolo (vitamina E) è raccomandato dal Ministero della Salute nella stagione invernale perché in grado di fare da scudo contro raffreddori e influenze. È contenuto soprattutto in mandorle, nocciole e olio extravergine d’oliva.

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ACQUA, TISANE E TÈ
Pur se senti meno bisogno di bere rispetto ai mesi caldi – quando la maggiore sudorazione ci spinge ad assumere più liquidi – anche d’inverno devi idratarti: non farti mancare acqua, tè, tisane e minestre. Ricorda che anche la frutta è ricca di acqua. Ricorda che ben più della metà del tuo corpo è fatto di acqua: se il tuo organismo è ben idratato, si difende meglio dal freddo e dai malanni invernali. Per approfondire: Fabbisogno idrico giornaliero: quanta acqua bere al giorno?

ALCOL? NO GRAZIE
Come già prima anticipato, attenzione agli effetti degli alcolici: dopo una iniziale vasodilatazione, con sensazione di calore, possono lasciare spazio a una vasocostrizione con sensazione di freddo. Se hai problemi con l’alcol, forse potrebbe interessarti questo articolo: Dipendenza da alcol: come fare per smettere di bere alcolici e superalcolici

NON ESAGERARE COI DOLCI
Una cosa che mi è spesso successa è di trovarmi nello studio di fronte alla solita signora convinta che poteva combattere il freddo mangiando più dolci: “I dolci sono pieni di calorie che fanno aumentare il calore del corpo“. Ecco, mi spiace ma non è esattamente così che funziona! Fermo restante che – come prima affermato – una dieta fortemente ipocalorica ed ipolipidica è controindicata per difendersi dal gelo, mangiare una torta intera non può però aiutarti a sentire meno il freddo: gli zuccheri hanno anzi un basso potere termogenico e i grassi l’hanno ancora più basso. Ricordate che sono le proteine ad aver il più alto valore di  ”Termogenesi Indotta dalla Dieta”. Insomma, i dolci fanno aumentare le calorie ma non il calore!

I migliori prodotti per il benessere in caso di febbre, influenza e raffreddore

Visto che siamo in quel periodo dell’anno in cui siamo maggiormente a rischio di febbre, influenza, tosse e raffreddore, vi presento ora una lista di prodotti utilissimi per contrastare questi malanni stagionali::

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra acqua depurata e distillata

MEDICINA ONLINE LABORATORIO CHIMICA FISICA SANGUE ANALISI FECI URINA GLICEMIA AZOTEMIA DENSITA CHEMISTRY LAB VISCOSITA LIQUIDO GAS SOLIDO FLUIDO ACQUA PESO SPECIFICO SCUOLA RICERCA RESISTENZA ATTRITOAcqua distillata

L’acqua distillata è un’acqua non usata in ambito alimentare, priva non solo dei sali minerali (come avviene nell’acqua demineralizzata)  bensì quasi totalmente priva di impurità come gas disciolti, batteri ed altri microorganismi. L’acqua distillata si ottiene tramite un procedimento di distillazione, che consiste nel far bollire l’acqua, raccogliendo successivamente l’acqua condensata dal vapore acqueo per raffreddamento. I sali contenuti nell’acqua non evaporano per cui dalla raccolta del condensato si ottiene acqua con un contenuto di sali estremamente basso. Scartando la frazione iniziale di acqua evaporata, si ottiene inoltre un’acqua con un basso contenuto di gas volatili. L’acqua distillata presenta una conducibilità elettrica più bassa dell’acqua di partenza a causa di una più bassa concentrazione di ioni al suo interno, inoltre ha “meno sapore” rispetto all’acqua potabile e può essere definita insipida, dal gusto indefinito, metallico o amaro.
L’acqua distillata è utilizzata in laboratorio come reagente e per preparare soluzioni; in ambito domestico è usata, parimenti all’acqua demineralizzata, per alimentare i ferri da stiro a vapore, che con il calcare potrebbero a lungo andare danneggiarsi. In campo medico viene usata per le iniezioni e per la somministrazione di farmaci per via parenterale (per esempio, con l’utilizzo della flebloclisi), nonché per produrre la cosiddetta “soluzione fisiologica“, che è una soluzione di 9 grammi per litro di cloruro di sodio in acqua distillata, a sua volta usata nella produzione di soluzioni iniettabili e colliri. Un ulteriore requisito fondamentale per l’acqua distillata destinata a questi scopi è la completa sterilità, cioè la totale assenza di organismi viventi (batteri, protozoi, virus, spore). Tale sterilità è spesso ottenuta per esposizione dell’acqua già distillata ad una fonte di luce ultravioletta. L’acqua distillata per la preparazione degli iniettabili deve essere sterile ed apirogena e quindi sottoposta ad un processo di microfiltrazione atto ad eliminare il contenuto di residui di batteri e virus uccisi con la sterilizzazione in autoclave. Infatti, tali residui pur non risultando infettanti possono causare febbri anche alte a causa della reazione immunologica che comunque avverrebbe nei loro confronti.

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Acqua depurata

L’acqua depurata è un’acqua potabile destinata al consumo umano che ha subito dei trattamenti per migliorare le sue proprietà organolettiche (odore, colore, sapore). Tali trattamenti sono chiamati “depurazione” cioè un processo che permette di eliminare il cloro, di ridurre la concentrazione di calcio e magnesio e di eventualmente gassare l’acqua (aggiungere anidride carbonica). L’acqua depurata viene venduta in bottiglia o viene ottenuta a partire dall’acqua di rubinetto opportunamente trattata con apparecchi specifici chiamati “depuratori ad osmosi inversa” attrezzature piuttosto costose che alcuni esponenti della comunità scientifica temono possano depurare l’acqua così tanto da privarla anche dei sali minerali benefici per l’organismo in essa contenuti. Tale questione è tutt’oggi controversa e necessita di ulteriori studi per essere provata.

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Odore delle urine di pesce, zolfo o ammoniaca: cause e cure

MEDICINA ONLINE APPARATO URINARIO RENI URETRA URETERI URETERE DIFFERENZA URINA AZOTEMIA PENE VAGINA ORIFIZIO SCORIE VESCICA TUMORI TUMORE CANCRO DIAGNOSI CISTOSCOPIA ECOGRAFIA UOMO DONNAL’urina non ha certamente un odore che la maggioranza delle persone definisce “gradevole”, tuttavia ci sono alcune situazioni, condizioni e patologie che possono renderlo ancora meno gradevole del solito: vediamole insieme.

Bere troppa poca acqua

La prima cosa da valutare, in presenza di urina dall’odore sgradevole, è quanta acqua avete bevuto negli ultimi due giorni. Ricordate che l’ideale sarebbe bere da 1,5 a 2 litri di acqua al giorno (anche di più durante i mesi caldi e se fate attività sportive), ma se comunque avete bevuto meno acqua del solito, questa può essere una conseguenza. Se la causa del cattivo odore è la disidratazione, noterete che la pipì è di colore scuro o arancione e ha odore di ammoniaca. In questo caso il problema scompare semplicemente bevendo più acqua. Se il colore e l’odore intensi dell’urina si accompagnano ad uno stato di confusione mentale, debolezza, stanchezza estrema, potrebbe trattarsi di una grave disidratazione che richiede immediata attenzione medica.

Infezioni del tratto urinario

Un altro possibile motivo del cattivo odore dell’urina potrebbe essere un’infezione delle vie urinarie. I sintomi più frequenti sono:

  • Stimolo continuo ad andare al bagno.
  • Sensazione di bruciore durante la minzione.
  • Dolore al ventre.

Uno dei batteri che più comunemente ne sono responsabili è l’Escherichia coli. È importante recarsi subito dal medico per cominciare il trattamento il prima possibile. I migliori prodotti antibatterici per la pulizia dei genitali e la prevenzione di cattivi odori, prurito, smegma ed infiammazioni, selezionati, usati e raccomandati dal nostro Staff di esperti, li potete trovare qui:

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Diabete

Un odore particolare dell’urina potrebbe essere sintomo di diabete. Se già soffrite di diabete e state assumendo le compresse, assicuratevi di star seguendo la prescrizione del diabetologo alla lettera; un odore ad esempio dolciastro tipo potrebbe indicare che qualcosa nella cura non funziona come dovrebbe. Se invece il trattamento è a base di iniezioni di insulina e lo avete cominciato da poco tempo, chiedete al medico: potrebbe trattarsi di un effetto collaterale e non necessariamente di un alto livello di glucosio nelle urine.

Clicca qui per leggere i nostri articoli sul diabete.

Disturbi epatici

Un’altra causa di cattivo odore nella pipì può derivare dal fegato. In questo caso, l’odore si accompagna ad altri sintomi:

  • Nausea
  • Vomito
  • Dolore addominale
  • Occhi gialli
  • Debolezza
  • Perdita di peso

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Consumo eccessivo di alcuni alimenti

L’odore delle urine è alterato anche da determinati alimenti. Come ben sapete, gli asparagi e altri ortaggi a gambo verde, cambiano l’odore della pipì, ma in questo caso il fenomeno scompare in poco tempo. Tra gli alimenti che cambiamo l’odore dell’urina troviamo:

  • curry;
  • salmone;
  • alcool;
  • cipolle;
  • aglio;
  • cavoletti di Bruxelles;
  • caffè.

Il problema persiste senza aver consumato questi alimenti? Quanto sale aggiungete ai vostri piatti? Una dieta ricca di sale può causare una maggiore concentrazione delle urine, conferendo a queste un odore più forte del solito. Provate a diminuire la quantità di sale: ne guadagnerà la vostra salute e il vostro cuore.

L’uso delle lavande vaginali

Bisogna riconoscerlo, molte donne hanno problemi ad accettare le caratteristiche delle proprie parti intime. Per questo motivo spesso si ricorre alle lavande vaginali. Se dopo aver cominciato ad usarle notate un cattivo odore nelle urine, sarebbe opportuno interrompere quanto prima. Le lavande vaginali non si limitano a detergere la vagina, ma possono distruggere la flora batterica della zona genitale. Come risultato, il cattivo odore peggiora invece di sparire. Se avvertite cattivo odore provenire dalla zona genitale, invece di ricorrere a questi prodotti, chiedete al ginecologo. Vi saprà indicare se è presente un problema reale o se si tratta di una condizione fisiologica, e se sia necessario o meno ricorrere ad una cura specifica.

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Ormoni ed ovulazione

Gli stessi ormoni che intervengono durante il periodo di gestazione (estrogeni e progesterone) hanno anche il compito di regolare il ciclo mestruale. Questi ormoni alterano lievemente l’odore della pipì, ecco perché durante l’ovulazione potreste notare un odore tenue simile all’ammoniaca.

Consumo di alcuni farmaci, integratori e vitamine

Un’ultima causa di cattivo odore è legata agli aromatizzanti contenuti in alcune medicine ed integratori alimentari. Conferiscono al prodotto un sapore migliore, ma possono alterare il colore e l’odore delle urine. In altri casi, invece, potrebbe trattarsi di un effetto collaterale del farmaco. In ogni caso è sempre una buona idea parlarne con il medico per capire se si tratta di un effetto innocuo o meno.

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